martedì 27 luglio 2021

Giorgia Meloni : io sono Giorgia le mie radici le mie idee – recensione

 


E’ bene che per onestà intellettuale confessi subito al lettore che personalmente non ho mai abitato nell’universo culturale e politico proprio della Meloni, ma trovo altrettanto giusto aggiungere che proprio questo fatto ha costituito la molla che mi ha indotto ad affrontare le oltre 270 pagine dell’autobiografia di questa giovane leader politica italiana che i sondaggi danno addirittura come verosimile nuova Presidente del Consiglio, quando mai ci sarà concesso di sceglierci con le elezioni i nostri governanti.

Il mondo della destra non è il mio, questo non è un merito né un demerito, però è una situazione di fatto che fa si che conosca questo mondo solo in modo superficiale e quel poco, devo riconoscerlo è abitato da un sacco di luoghi comuni ,pregiudizi che vanno dalla sacralizzazione dell’antifascismo alla speculare demonizzazione di tutto quello che è di destra perché sarebbe destinato a scivolare nel fascismo, per definizione marchiato come il male assoluto.

A suo tempo ho studiato le migliaia di pagine nelle quali il De Felice ha scandagliato ogni angolo del fascismo, trovandoci come in ogni opera umana anche qualcosa di buono, ma questo come si sa per il pensiero unico ex-PCI è stato considerato una inammissibile bestemmia.

Non posso allora non cominciare a dire che la Meloni pur essendo giovanissima per essere la Presidente di un partito sa benissimo di soffrire del riflesso condizionato che il dogma fascismo-antifascismo ha imposto per decenni a tutti gli italiani e che quindi volenti o nolenti tutti ci portiamo dietro o meglio dentro.

E’ ovvio che l’autrice che si rivela una scrittrice spesso brillante, anche se come capita in tutti i casi dei libri firmati da politici avrà scritto solo una parte di questo testo, non può non dire che la sua vita politica è iniziata da una telefonata a Via della Scrofa sede dell’allora partito fondato da Giorgio Almirante, per poi tornare dopo anni quando il capo è divenuta lei in quelle per lei sacre mura.

Anche se argomenta in modo che mi pare convincente che col famoso Congresso di Fiuggi ai tempi di Gianfranco Fini c’è stata una definitiva messa a punto culturale ideologica che ha portato il movimento che ora è il suo a condannare in modo non equivoco la dittatura, le leggi razziali, la guerra e l’alleanza col nazismo.

Quindi per favore almeno su questo mantra piantiamola lì.

Il fascismo è caduto fra non molto da ottant’anni periodo più che sufficiente per ritenerlo irrepetibile e non resuscitabile.

Può bastare e la Meloni è una quarantenne.

Occupiamoci allora di cose più serie e cioè della sostanza.

Direi che la prima parte del libro è dedicata a presentarci Giorgia Meloni come persona umana con la sua storia.

E’ una parte interessante e di peso.

La Meloni nasceva in una famiglia decisamente agiata, ma questo non significa nulla se si pensa che il padre avviato commercialista non solo è intenzionato a spaccare la famiglia abbandonando la moglie, ma induce la moglie in cinta di Giorgia ad abortire.

Questo è l’inizio di tutto per il nostro personaggio, la madre che disobbedisce al padre e la fa nascere.

Il padre che se ne scappa in barca a vela per le Canarie lasciando dietro una famiglia spaccata e con mezzi di sussistenza all’osso, che potrà permettersi una vita decorosa ma appena appena per grande merito di una madre coraggio, capace di inventarsi ogni tipo di lavoro.

Grande quindi la riconoscenza di Giorgia che aveva anche una sorella maggiore molto legata a lei.

Incredibile l’episodio peggio che da Gianburrasca che avviene quando le due sorelle per un gioco maldestro riescono a far prendere fuoco alla loro casa, mettendo la famiglia ancora più nei guai.

E poi arriva quando è ancora addirittura nella prima adolescenza la cosa definitiva che occuperà tutta la sua vita, la politica, per scelta sua determinata.

Comincia quindi una vita dedicata in modo totale all’associazionismo giovanile nella destra militante.

Il libro ci riporta a tutti i passaggi fino all’unificazione col partito di Berlusconi nel nuovo partito unico della destra denominato Casa delle libertà mettendo insieme a Berlusconi Alleanza Nazionale di Fini e l’UDC di Ferdinando Casini.

A proposito mi accorgo che Casini e l’Udc nel libro non sono nemmeno nominati un sola volta, segno non certo di vicinanza.

Con Berlusconi, considerazione, stima anche riconoscenza per averla fatta addirittura ministra pur essendo giovanissima, ma un feeling che ci dice non c’è mai stato.

Con Fini grande considerazione, grande riconoscenza perché è lui che le ha steso il tappeto rosso verso i vertici della politica.

Ma totale incomprensione per la scelta che la Meloni ritiene sciagurata fatta da Fini quando da solo decise di rompere l’alleanza con i partner della destra, lei dice irretito dalle sirene del centro-sinistra.

A quel punto Giorgia si trova non solo senza ministero ma anche senza casa politica ed elabora la scelta più difficile della sua vita, quella di fondare un partito suo.

Trova non solo gli amici e i collaboratori di sempre, che le erano stati vicini in mille battaglie ma anche qualche figura di rilievo come LaRussa e Crosetto, che decidono di rischiare con lei il fallimento che arriva puntuale per Casini e Fini e si avvicina di molto anche al nuovo partito della Meloni quel Fratelli d’Italia che alla politiche pochi mesi dopo la fondazione si piazza su un insignificante 2%.

Prendere in mano un partito al 2% e portarlo nei sondaggi al 20% non è uno scherzo, bisogna avere un sacco di cose che non si improvvisano ed evidentemente la Meloni queste cose le aveva.

Descritta all’osso la vicenda politica, veniamo ora al nocciolo del problema, la politica vera, cioè chi è e cosa vuol fare la Meloni se si trovasse a Palazzo Chigi?

Dato che questa eventualità pare non sia campata per aria, confesso che mi sono letto con molta attenzione questa parte del libro, sperando come cittadino italiano di trovarci un po di polpa vera, cioè idee e progetti spendibili in questa epoca nella quale quel che valeva ieri potrebbe non valere più nulla domani mattina.

E cosa ci ho trovato? Una filosofia precisa puntuale e ben argomentata.

Quella che il Cardinal Ruini in vent’anni di occupazione della Conferenza Episcopale Italiana ha imposto ai fedeli di Papa Woitila.

I principi non negoziabili.

Difesa della vita fin dal concepimento, no all’aborto, tolleranza per i gay se se ne stanno rintanati, proclamazione delle presunte prevalenti radici cristiane dell’Europa da imporre a tutti, esaltazione della caduta del comunismo con la caduta del muro divenuta la data principale del secolo, grande nostalgia della cristianità rievocando Lepanto, il Family Day.

Ma perché una scelta così radicale e così volutamente retrograda, senza nessuna connessione col mondo moderno?

Me lo chiedo ma non trovo una risposta.

La Meloni forse con un po di arroganza di troppo sostiene continuamente nel libro di essere una che da sempre studia molto e che il suo è un partito di meritocratici.

Bah per sposare il dogmatismo ultraconservatore dei Biffi e dei Ruini non è necessario molto studio,ai dogmi imposti con autorità si può solo dire solo di si o di no ,ma non c’è spazio per argomentare alcunchè con chi pretende di porre principi irrinunciabili.

Se solo avesse letto qualcosa di una sociologia religiosa che ha prodotto opere puntuali anche da sedi confessionali come l’Istituto Toniolo della Cattolica , la Meloni saprebbe che se i cittadini rimasti “fedeli praticanti” in Italia sono ridotti a una percentuale inferiore a quella che i sondaggi attribuiscono al suo partito e che se andiamo ad una analisi ancora più mirata a quel mondo giovanile nel quale ha trascorso la gran parte della sua militanza politica, i numeri dei cattolici praticanti è veramente residuale, insignificante.

E allora perché sposare questa cultura dogmatica stantia, che gli studi accademici, non i sondaggi, definiscono senza avvenire?

Ma dov’è l’intelligenza politica di una simile scelta?

Passando dall’ispirazione filosofica alla politica mi sembra evidente la dimostrazione che si è realizzato in Italia un fenomeno paradossale e cioè che le idee una volta lanciate dal movimento no global prorpio in quella disgraziata manifestazione di vent’anni fa a Genova e il cui anniversario è stato celebrato in questi giorni si sono trasferite all’estrema destra.

Non voglio insultare chi allora a quel movimento aderiva, faccio solo un’analisi spassionata di cosa c’era dietro e alla base di quel movimento anche proprio nella sua ispirazione di fondo.

La paura per una globalizzazione che portava via posti di lavoro, che aumentava il potere di multinazionali sempre più grandi e sempre meno trasparenti e identificabili.

Da queste paure ben fondate nella realtà, passare nella psiche alle teorie cospirazionistiche e antiscientifiche identificando a torto scienza con big-farma e big web col Grande Fratello il passo molti osservatori ritengono che sia stato fatto.

Ed è ancora un fatto che la destra estrema è la parte politica che ritiene di fare una furbata difendendo di fatto queste frange minoritarie ma pericolose come i no-vax.

Anche questo è mai possibile considerarlo una mossa politica intelligente?

Ci sono cose nel programma politico di Fratelli d’Italia che personalmente condivido, come ad esempio una politica economica contraria al Fiscal Compact ed alle politiche di austerità.

Personalmente condivido anche la proposta di prendere in seria considerazione una seria modifica della Costituzione che ripudi il proporzionalismo che impedisce a chiunque di governare per passare a una repubblica presidenziale in regime maggioritario che consenta a chi vince le elezioni di governare veramente.

Personalmente non temo anche di confessare che ritengo realistica la proposta di fare una politica di contenimento dell’immigrazione seria che consideri scellerato l’abbandono dell’Africa da parte delle sue forze migliori, e che preveda una inevitabile ingerenza in quel continente se pure dietro al velo dell’Onu per sostituire gli indegni campi di concentramento libici con zone attrezzate dove si possano individuare i profughi veri per metterli su un aereo per l’Europa ma anche per mettere su un aereo per far tornare ai paesi di origine i migranti economici ai quali non potessimo offrire un futuro decente in Italia.

Sono due o tre cose di peso, ma penso che se per mandarle avanti mi dovessi sorbire l’oscurantismo clericale che costituisce la ispirazione filosofica di Fratelli d’Italia, come argomenta la Meloni non c’è partita, non la voterei mai e poi mai e non penso di essere solo.

Ma a che è servito il rinnovamento culturale di Fiuggi operato a suo tempo da Fini, per ricadere nelle idee della Vandea (che con molta furbizia la Meloni non nomina mai come non nomina mai la sua collega francese Marine Le Pen).

Mi sbaglierò ma in tutto il libro non è mai usata la parola scienza.

Meno che meno è usata la parola ricerca.

La parola illuminismo è usata una volta per schifarsene.

Ma se la Meloni è così studiosa come dice di essere possibile che non si sia mai letti che so io i libri dello storico Harari, del fisico Rovelli o dell’epistemologo Telmo Pievani per avere un ‘idea di che cos’è il mondo moderno e di quanto impresentabili siano le sue idee filosofiche e politiche?

Spero che quel 20% di Italiani che i sondaggi danno a favore della Meloni si leggano bene questo libro, perché forse è loro sfuggito qualcosa di importante.



lunedì 19 luglio 2021

Filippo Santelli La Cina non è una sola. Tensioni e paradossi della superpotenza asiatica – recensione

 




Dopo aver letto un ulteriore libro sulla Cina di oggi mi sono ancora più convinto del fatto che su questo paese sappiamo assolutamente troppo poco con l’aggravante che per avvicinarci ad alcuni punti fermi dobbiamo prima liberaci da una marea di pregiudizi e leggende metropolitane.

Se si vuole dedicare un po di tempo per capire chi sono i fabbricanti di praticamente tutto quello che da anni compriamo e usiamo, questo libro di Filippo Santelli è un ottimo strumento.

L’Autore è un giornalista di Repubblica, non un sinologo accademico.

E’ però una persona che ci dice di avere passato in Cina ben tre anni avendo anche avuto modo di colloquiare direttamente coi cinesi usando la loro lingua il mandarino che encomiabilmente ha studiato e imparato quanto basta per fare il suo lavoro.

Se poi in questi tre anni passati in Cina da Santelli è compreso anche qualche periodo di quarantena in albergo come è capitato ad ogni visitatore straniero in quest’epoca di pandemia e una degenza nell’ospedate anti-Covid di Nanchino quando è risultato positivo al virus, la full immersion nell’argomento diventa ancora più completa e interessante.

Un giornalista avrà certo delle lacune rispetto a un sinologo, ma diciamocelo pure, se è bravo e coscienzioso nel suo lavoro come dimostra di essere Santelli la sua narrazione risulta terribilmente più interessante e appetibile.

Come possono verificare i lettori di questo Blog, il mio percorso di accostamento all’argomento è iniziato dall’opera di un sinologo con tutti i crismi, e non per caso ne avevo esaltato l’opera recensendola.

Ed è proprio facendo tesoro delle nozioni di base che ho acquisito allora che ho potuto mettere alla prova la narrazione di un giornalista puro come Santelli, promuovendolo a pieni voti.

Il rischio che corre un non sinologo che parla della Cina è ovviamente quello di essere superficiale o peggio di fare da cassa di risonanza ai luoghi comuni ideologici o puramente propagandistici che la superpotenza Americana che soffre forse esageratamente la concorrenza cinese ci riversa addosso da anni con abbondanza ,senza rilevanti distinzioni fra democratici o repubblicani.

Santelli mi è sembrato sufficientemente obiettivo, capace di non cadere né nella trappola della propaganda americana né di lasciarsi sopraffare dall’ entusiasmo per le clamorosa avventura che sta vivendo la Cina superando in continuazione primati mondiali.

Come sempre uno scrittore serio si deve proporre di rifuggire da semplificazioni che possono attrarre i lettori meno esigenti, ma che tradirebbero realtà che sono fortemente complesse come è la Cina e che quindi vanno avvicinate e studiate senza nascondersi aspetti contraddittori o non facilmente definibili.

Perchè la Cina è un altro mondo con un una storia diversa da quella nostra europea occidentale e sopratutto è una civiltà millenaria fondata su filosofie molto diverse dalle nostre radici culturali.

Santelli è l’ennesimo interprete della Cina che è costretto a dissuadere chi fra noi è sinceramente convinto che quando la Cina avrà fatto ancora qualche passa sulla via dello sviluppo economico la sua sempre più vasta classe media costringerà il regime comunista autoritario attuale ad accettare a poco a poco i valori nostri della democrazia rappresentativa e il rispetto prioritario dei diritti umani.

E’ ben difficile che le cose possano andare cosi perché la Cina confuciana (non dimentichiamoci che Confucio era grosso modo contemporaneo di Socrate ) è da millenni basata sul concetto della priorità del valore della comunità rispetto a quello dell’ individuo.

Col che la libertà individuale va in secondo piano rispetto all’armonia ed alla stabilità della società.

In Cina c’è un regime autoritario è innegabile, ma sarebbe ben difficile dimostrare che questo regime impone il suo potere con la forza a un popolo che vorrebbe la democrazia all’Occidentale.

La quasi totalità dei sinologi o dei semplici osservatori della Cina contemporanea sostengono che il regime ha un consenso molto molto largo.

In Cina è vero ci sono sistemi di controllo della popolazione che qualcuno ha subito definito in modo azzardato da Grande Fratello orwelliano.

A parte il fatto che Santelli ci descrive come il gigantesco apparato burocratico partitico sappia usare questo sistema avanzatissimo dal punto di vista tecnico in un modo tanto approssimativo e pasticciato da non ricavarne un gran che.

In Cina c’è la censura che usa i più moderni algoritmi per vietare parole chiave che impediscano di discutere su temi sgraditi al regime.

Ma come si spiega allora che come ci dice Santelli i giovani cinesi non si provvedono affatto delle app. che consentirebbero loro di aggirare la censura accedendo ai nostri siti occidentali?

Evidentemente non sono poi così interessati.

Lo stesso autore ci informa sul fatto che la classe politica cinese non è affatto esente dal dovere passare attraverso la rigorosa trafila altamente meritocratica che ispira tutta l’istruzione cinese.

La classe politica a differenza delle nostre occidentali non è fatta di avvocati, ma da ingegneri e anche questo pesa.

Ultima osservazione importante che fa Santelli è quella addirittura riportata dal titolo la Cina non è una sola.

E’ talmente grande che per millenni i cinesi non sapevano di essere cinesi, nel senso che si percepivano a livello di etnie locali e non come un immenso paese.

Non è affatto secondario che per secoli siamo stati governati da imperatori Manciù, più mongoli che cinesi.

La narrazione di una nazione millenaria con una millenaria storia unitaria è la bella favola inventata dagli attuali dirigenti del Partito, ma non ha alcuna relazione con la realtà storica.

Questo significa anzitutto che la fobia dell’unità e della stabilità che ispira le direttive del Partito non sono campate per aria ma sono il riflesso naturale di una realtà complessa e solo apparentemente uniforme.

Ultimo paradosso.

I Cinesi sono orgogliosi come i loro dirigenti politici degli enormi successi che il loro paese ha conseguito, sanno che ogni giorno che passa staranno meglio di quello precedente, ma la felicità è un’altra cosa rispetto al conto in banca.

I Cinesi sono infelici e pieni di ansia per il futuro.