lunedì 20 dicembre 2010

Sono tornati i “comunisti”. Che fantastico regalo di Natale per Berlusconi.

I giovani studenti, dopo anni di apatia, si son messi a manifestare tutto il loro rancore più contro una società che non è loro amica che contro l’obiettivo specifico della riforma universitaria Gelmini.
Se c’è da stupirsi di qualcosa non è tanto del perché manifestino ma perché ci abbiano messo tanto a decidersi a rivoltarsi contro una società che li ignora, cioè che ignora il proprio futuro.
Il guaio è che la rabbia a lungo repressa li ha portati a venire allo scoperto con tempi e modi che non sono certo ispirati dalla raffinatezza politica di un Richelieu, anzi!
Prima di tutto è estremamente infelice la scelta del nemico contro il quale scagliarsi : la riforma Gelmini.
D’accordo che non tutti gli studenti studiano materie giuridiche e che quindi la maggioranza di loro avrebbe necessità che qualche collega spiegasse come funziona il processo di formazione delle leggi, e la differenza in una legge fra la parte normativa e la parte economica, però questo non toglie che sarebbe buona regola conoscere l’argomento del quale si parla.
Se avessero letto il testo della riforma avrebbero visto innanzi tutto che appunto si tratta di una riforma, cioè di un insieme di norme che cambiano in modo abbastanza deciso la struttura attuale dell’università e soprattutto di come viene gestito il potere all’interno dell’università in punti molto sensibili :
- il potere dei baroni nella gestione dei concorsi a livello locale che verrebbe sradicato mettendo in atto graduatorie a livello nazionale sulla base di criteri di merito stilati con procedure riconosciute a livello internazionale;
- il potere dei rettori di rimanere in carica anche a vita, che verrebbe limitato a due mandati;
- il potere di mettere insieme delle parentopoli ( è celebre una facoltà di medicina del Sud nella quale in una stessa materia sono impiegati come docenti otto parenti dell’ordinario) che verrebbe bloccato prevedendo delle incompatibilità tassative;
- una distinzione normativa che possa riportare a distinguere fra ricercatore e docente facendo ritornare in tempi ragionevoli i ricercatori a fare il loro mestiere, che non è quello di fare i docenti tappabuchi;
- il superamento della folle moltiplicazione delle sedi universitarie che ha fatto schizzare alle stelle la spesa abbattendo contemporaneamente il livello della qualità degli atenei;
- il superamento della moltiplicazione irresponsabile degli insegnamenti al solo scopo di aumentare a dismisura i posti della casta dei docenti senza nessun riguardo all’impianto formativo delle facoltà;
E così via. Questa legge ha dei difetti il primo dei quali, macroscopico, è quello della mancanza di finanziamenti adeguati. D’accordo questo governo non è stato capace di fare scelte politiche nella allocazione delle risorse elaborando delle scelte di priorità.
Ma perché essere tanto miopi di buttare via l’uovo oggi per avere domani una gallina che potrebbe venire chissà quando o non venire mai?
Perché non voler vedere la portata realmente riformatrice nella parte normativa di questa legge e tenersi questa università che oggi è tutta in mano alla casta baronale ?
E’ una riforma senza soldi è vero ma i soldi potranno venire con i successivi decreti attuativi o essere stanziati in futuro, magari da successivi governi diversi dall’attuale.
Certo che se questo governo invece di raccontare balle agli italiani dicendo che va tutto bene e che tutto è sotto controllo avesse detto responsabilmente la verità e cioè che il nostro debito pubblico è di tali proporzioni che se continuerà la non crescita del sistema Italia è obiettivamente a rischio bancarotta, si sarebbe potuto far capire perché i soldi non ci sono né per l’università né per niente altro.
Rimane il fatto però che nel merito la scelta del “nemico” contro cui manifestare è sbagliata e approssimativa.
Ma che i giovani si siano svegliati da anni di torpore e manifestino finalmente il loro dissenso da questa società così decaduta nell’etica civile è un’ottima notizia.
Peccato che i modi e i tempi espongano la loro protesta a grandi rischi.
Rischio infiltrazioni di sbandati o mestatori di ogni tipo. I cortei e le manifestazioni vanno studiate bene prima ed il passato dovrebbe insegnare che non si può andare allo sbaraglio se non si dispone di un minimo di servizio d’ordine interno capace di isolare ed estromettere gli infiltrati.
Rischio conseguente di fare a Berlusconi il migliore regalo di Natale possibile facendogli portare da Babbo Natale il ritorno del “comunismo” servito sul piatto d’argento delle citta messe a soqquadro da torme di violenti “casseures” spacca- tutto utilissimi per far schizzare immediatamente in alto i sondaggi favorevoli al Pdl.
L’altro pacco dono ambitissimo glielo ha già preparato la Fiom Cgil con l’affare Pomilgiano, gestito come se fossimo ancora negli anni 60 e non nell’epoca della globalizzazione, ancora perché anche il sindacato, come Berlusconi non ha il coraggio di dire la verità agli italiani e cioè che per avere il lavoro oggi bisogna rinegoziare i diritti e le regolamentazioni che tutto ingessano al ribasso sulla base dei parametri di questo attuale mondo globalizzato e non su quello del passato.
Auguriamoci che i giovani studenti sappiano organizzarsi , evitino di fare regali a chi non ne merita e soprattutto, almeno loro, non si raccontino le favole di vecchie e decrepite ideologie ma si sappiano raccontare prima di tutto la verità anche se sgradevole.

domenica 5 dicembre 2010

Come andrà a finire Berlusconi ? Probabilmente uscirà dalla porta per rientrare dalla finestra

Il Berlusconismo è in crisi davvero? Questa volta forse sì, ma gli anti- Berlusconiani più radicali aspettino a preparare lo champagne, non ci sarà troppo da brindare.
Il terzo polo moderato è nato,questo è vero.
E’ nata una alternativa al centro destra, che vuole rimanere nell’area politica del centro destra,
che però non accetta più la leadership di Berlusconi come si è presentata fin’ora
E’ una formazione politica composita e variegata, accreditata dai sondaggi a un potenziale fra il 15 e il 20% e quindi è una forza politica di tutto rispetto.
Però non è minimamente in grado di esprimere quello che, purtroppo per loro, è essenziale in un sistema bipolare, cioè una leadership univoca e non si può fare una alternativa politica a Berlusconi se non si è in grado di opporgli un leader unico e credibile.
Se gli elettori continuano a bastonare il PD perché non è in grado di esprimere una leadership unica e si presenta immancabilmente con il volto di sette o otto capetti, non si vede perché dovrebbero dare credito a questa nuova formazione se si presenta con gli stessi difetti.
Attenzione perché questo non è un particolare secondario,ma è il problema dei problemi, perché è schiacciando ripetitivamente questo tasto che il Berlusconismo ha campato per quasi vent’anni.
Il Terzo Polo ora esiste ma non è in grado di esprimere un leader unico antagonista a Berlusconi.
In ogni caso con il 20% non si può pretendere di essere da soli alternativi a Berlusconi, bisogna allearsi con qualcuno per raggiungere una maggioranza.
Cosa vorrà fare il terzo polo?
Ve li immaginate Casini e Rutelli alleati con Vendola con l’orecchino? E con DiPietro? Già sarebbe un problema.
Alleati col PD ? Dovrebbero passare prima mesi di trattative per imbastire un programma di venti mila pagine senza alcuna probabilità di andare da nessuna parte.
Tra l‘altro loro per adesso dicono che non vogliono andare alle elezioni anticipate e che vogliono solo trattare con Berlusconi per fare le riforme in un nuovo quadro politico, che tenga conto del loro peso che in realtà non sarebbe altro che formalizzare un contrappeso molto robusto alla Lega, con tutti i problemi di stabilità che ne deriverebbero.
Ed allora ?
Allora ,mi spiace per loro ma si dovranno tenere Berlusconi e probabilmente lo sanno benissimo.
Ancora come leader e presidente del consiglio potrebbe essere possibile nel quadro di un Berlusconi bis dopo una ridiscussione di tutto, organigramma governativo e programma.
Rimarrebbe per il terzo polo un problema non marginale di credibilità, dato che con Berlusconi c’erano già e da lui si sono staccati in tempi diversi contestandone appunto la leadership soprattutto perché lo ritenevano succube della Lega.
Tutto questo subbuglio allora per che cosa?
E’ più che verosimile e probabile che Fini Casini e Rutelli sappiano benissimo quale terribile rospo si dovranno ingoiare,solo che non hanno il coraggio di dirlo alla loro gente per non prendersi le uova in faccia.
Di che si tratta è presto detto. Berlusconi è sempre più che verosimile e probabile che sia disposto a mollare il mazzo solo per uscire dalla porta con la garanzia firmata dal notaio che rientrerà quasi immediatamente dalla finestra, e non da una finestra qualunque, ma dalla finestra dalla quale appena prima dell’Unità d’Italia si affacciavano benedicenti i papa- re, quella del Quirinale.
Un governo Letta o di questo stesso tipo o un Berlusconi bis per la seconda parte della legislatura con Berlusconi indebolito e ridimensionato, ma sempre dominus della situazione in una nuova posizione di capo padrone del partito di maggioranza relativa in attesa di trasferirsi al Quirinale alla scadenza del mandato di Napoletano.
Fini, Casini e Rutelli nella maggioranza in manovra costante cercando di allargarsi magari a qualche sostanziosa fetta del PD di matrice cattolico moderata.
Tutto questo non è particolarmente entusiasmante.
Forse era meglio che si tenessero il Berlusconismo così com’era, per la semplice ragione che almeno garantiva una stabilità mediocre e quasi immobile però sufficiente a tenere il paese al di fuori da rischi di disastri finanziari in una situazione internazionale nervosa e imprevedibile.
Che si vada o non si vada alle elezioni anticipate il problema penoso da digerire è che comunque si va incontro a un periodo non si sa quanto lungo di instabilità e che per ora comunque si rigirino le carte sembra proprio che solo con Berlusconi sia possibile garantire quel minimo di stabilità utile per non farci scatenare contro i mercati finanziari.
Allegra,allegria!

domenica 24 ottobre 2010

Il prossimo Concistoro di Papa Ratzinger : un altro duro colpo alla credibilità della gerarchia cattolica

Papa Ratzinger su questo blog lo abbiamo trattato tutto sommato bene nel senso che non ostante la poca simpatia che ispira lo abbiamo lodato quando ha fatto cose condivisibili (condanna ferma dei preti pedofili e dei vertici dei Legionari di Cristo; inizio di una stagione forse più pulita per lo Ior) e lo abbiamo castigato proprio quando non ne faceva una giusta dal famoso discorso sull’Islam in avanti.
Ora però ci ricasca.
Fanno tenerezza quei peraltro validi vaticanisti che da tempo fanno di tutto per difendere questo papa e sempre da tempo andavano dicendo : aspettate a parlare, vedrete che appena farà le sue scelte chissà che rivoluzione questo Papa farà nella curia romana,che non ha mai amato.
Purtroppo però è andata al contrario nel senso che nel prossimo Concistoro del 20 novembre verranno nominati cardinali tutti gli altri burocrati della Curia Romana.
Peggio di così non si poteva fare.
Già prima il così detto Sacro Collegio rappresentava un’istituzione che non sta né in cielo né in terra, essendo oltre che del tutto anacronistico, anche istituzionalmente lontano dalla chiesa vera quella di base, quella al servizio dei fedeli e non del potere.
Con in aggiunta queste nomine si ha la pratica certezza che il successore di Ratzinger sarà peggiore di Ratzinger stesso.
Lo Spirito Santo che secondo il Catechismo dovrebbe ispirare e guidare i Cardinali nella scelta del nuovo papa è stato messo in gabbia in modo che non potrà fare danni rischiando di fare eleggere papa uno che non sia interessato al potere prima di tutto.
L’istituzione è salva e rafforzata, la chiesa vera è fatta affondare ancora un po’.
Come sempre c’è l’eccezione che conferma la regola ed è quella di Ravasi.
Ravasi, biblista insigne, è troppo intelligente per poter essere qualificato, è sopra al teatrino progressisti- conservatori.
Il papa nel suo primo libro su Gesù dice senza mezzi termini di non dare alcun perso alla critica storica o all’esegesi troppo spinta dei testi, perché il lavoro scientifico in questo campo non avrebbe alcuna importanza dal momento che la gente crede nel Gesù come lo ha definito nei secoli la tradizione e di quello si accontenta ed anche questo papa a questa visione della tradizione si conforma.
Questo significa che se anche la critica e l’esegesi storica effettuate con criteri scientifici , come fa Ravasi, dovessero dimostrare che questa visione tradizionale non avesse in realtà alcun fondamento nulla cambierebbe, gli studiosi avrebbero speso le loro vite di ricerca per nulla.
E allora perché Ravasi viene promosso? Mistero.
L’uomo pur essendo estremamente preparato ed estremamente intelligente (tra l’altro parla e legge un numero incredibile di lingue moderne ed antiche) ha imparato negli anni che vestendo l’abito talare, a causa dei vincoli imposti ai chierici dal diritto canonico sulla libertà di ricerca, deve selezionare bene quella parte dei suoi studi che rende pubblica.
Tanto per fare un esempio pochi anni fa le sue ricerche lo hanno portato (come tutti gli studiosi che si occupano di critica e di esegesi storica) a mettere in dubbio il fondamento scritturale del dogma della divinità di Cristo e così ha avuto modo di rendersi conto che doveva scegliere o ritrattare in qualche modo e fare un periodo di ritiro penitenziale per rimanere a galla, o finire miseramente affondato non ostante tutta la sua scienza.
Se oggi stiamo parlando di galero rosso per lui è ovvio quale scelta allora ha fatto, ma è comunque sorprendente che fra tanto grigiore e torpore di porpore ci debba essere anche la sua.
Questo però non cambia nulla purtroppo.
Ai pochi fedeli del Gratosoglio a Milano o di Torre della Monica a Roma o di Scampia a Napoli, tanto per citare qualche periferia metropolitana questa cose interessano meno di niente.
Però tutti costoro si sono accorti che quel poco di chiesa che è rimasta ,perché qualcuno in abito talare o meno si è sperso per loro nel nome di Gesù Cristo, non ha nulla a che fare con porpore e palazzi vaticani, è un’altra chiesa, che un momento o l’altro forse deciderà di darsi la dovuta visibilità.

sabato 23 ottobre 2010

Ora B&B si giocano la faccia sulla spazzatura Questa grottesca commedia è l’icona della decadenza del paese Italia

Chiunque conosca l’ abc del trattamento dei rifiuti, cioè tutti noi , perché tutti noi dobbiamo esibirci nel rito quotidiano di portare la nostra spazzatura negli appositi cassonetti, sa che tutto il sistema si basa sulla separazione dell’umido dagli imballaggi.
Questo è il minimo per realizzare la così detta “raccolta differenziata”, però è un minimo che riduce la quantità di rifiuti da “sversare” in discarica fra il 60 e l’80 per cento del totale dei rifiuti, per la semplice ragione che gli imballaggi non si bruciano ma si riciclano con appositi processi economicamente vantaggiosi per la comunità.
Oddio nei paesi più evoluti in (vedasi Amburgo o i paesi nordici) in discarica non ci va più nulla perché anche l’umido viene usato non per essere bruciato negli inceneritori, ma per trarne combustibili alternativi.
Ma rimaniamo coi piedi per terra.
Per capire cosa succede a Napoli e quale indegna commedia politici corrotti o solo incapaci o corrotti e incapaci insieme stiano recitando a Napoli da qualche decennio bisogna partire obbligatoriamente da qui.
A Napoli va praticamente tutto in discarica perché le lobby monopolistiche che controllano le discariche e gli inceneritori hanno coalizzato i loro privati interessi per impedire la raccolta differenziata che ridurrebbe drasticamente il loro business.
Tutto qui.
Per risolvere il problema di Napoli non servono né san Gennaro né san Bertolaso, serve fare quello che si fa dappertutto nel mondo moderno e che noi tutti facciamo da decenni cioè mettere l’umido (meglio da solo o accompagnato il meno possibile) in un cassonetto e gli imballaggi (cioè carta e plastica) da un’altra parte (meglio se ognuno in un apposito cassonetto) il vetro in un’altra ancora.
Ma dove si è rimasti all’età della pietra e si mette tutto in un solo cassonetto .l’essenziale è almeno separare la raccolta dell’umido da quella degli imballaggi (che vengono calcolati nel 60 % del totale dei rifiuti).
Che significa tutto questo ? Significa che occorre cominciare dal posizionare cassonetti separati e per raccoglierli con due circuiti diversi e non dalle discariche, non dalle discariche che mescolando umido e imballaggi son comunque fonte di odori nauseabondi e della diffusione delle peggiori malattie.
Quando si faranno le dovute indagini epidemiologiche qualcuno dovrà pure rispondere delle orribili malattie che ha causato lo sversamento di veleni di ogni genere per alcuni dei terreni più fertili d’Italia.
Mettere la spazzatura sotto il tappeto del salotto non serve a nulla.
Degli esperti hanno sostenuto che basterebbe una ordinanza amministrativa per autorizzare o precettare da subito i commercianti a portare gli imballaggi in discariche apposite (individuate in aree esistenti e fruibili subito come quelle delle industrie dismesse che sono dotate quindi di strade e di illuminazione) incentivandoli con l’abolizione totale o parziale sulla tassa dei rifiuti, che pagano quegli esercizi commerciali per risolvere il 60% del problema.
Bella anche questa! Napoli sta sputtanando l’intero sistema Italia in tutto il mondo con le immagini dei mucchi di rifiuti per le strade e della guerriglia urbana, che ne deriva e contemporaneamente i cittadini di Napoli pagano pare la più alta tassa sui rifiuti del globo.
A questo punto attenzione a cosa faranno o non faranno B&B.
Bertolaso, ma soprattutto Berlusconi se falliscono questa è ben difficile che possano sopravvivere come personaggi pubblici.

giovedì 30 settembre 2010

Berlusconi si è salvato, ma come andrà a finire?

Qualcuno a caldo ha commentato l’atteso discorso di Berlusconi di ieri 29 settembre 2010 , etichettandolo come “un discorso democristiano” e in effetti sembra scritto più da Gianni Letta che dal Premier.
Berlusconi è uno strano animale politico, capace di continue uscite irritanti e sconcertanti, ma per quasi vent’anni ha regolarmente battuto tutti i suoi avversari interni (dato che quelli esterni sono sempre stati poca cosa) superandoli con un guizzo sul filo di lana.
Quasi tutti erano convinti che il sempre debordante “ego” del personaggio lo avrebbe costretto a dire quello che non doveva dire (contro i Finiani) e quindi a fare una irreparabile frittata politica,anche contro il suo interesse, decretando così la fine della legislatura.
Solo due giorni fa sul Corriere Gianni Letta non aveva nascosto il suo disappunto per le continue intemperanze del premier, la sua tendenza ad ascoltare a Palazzo Grazioli personaggi di dubbia levatura e addirittura aveva concluso con un “ma non so se resisterò ancora”.
E invece il gatto dalle sette vite è di nuovo venuto fuori con un discorso tanto “moderato” e “istituzionale” da fare strabuzzare gli occhi a chi lo leggeva.
Non c’è quasi nulla dello stile berlusconiano.
Ma il discorso è la ennesima controprova del fiuto politico del personaggio, che gli ha consentito di durare quasi vent’anni.
Il momento era difficilissimo per Berlusconi,perché non ostante i calcoli ancora una volta sballati di alcuni suoi consiglieri- camerieri al premier doveva apparire chiaro che i conti non tornavano affatto.
L’equazione semplicistica : fuori Fini dentro Casini, per la quale facevano il tifo i Berluschini di tutta Italia si è dimostrata impraticabile.
Una crisi di governo per andare alle elezioni in marzo comporterebbe rischi da brivido in campo internazionale consistenti sopratutto nella sempre incerta tenuta dei rinnovi dei Bot sui quali la speculazione è prontissima a riversare miliardi per affondare l’Italia e l’Euro guadagnandoci sopra.
Se si palesassero scenari di questo tipo, Tremonti diventerebbe presidente del consiglio nel giro di tre giorni con uno schieramento trasversale dato che l'argomento soldi è l'unico che tutti capiscono.
Ma anche nella situazione politica interna in caso di crisi di governo i preventivi e indispensabili passaggi parlamentari potrebbero presentare scenari altrettanto da brivido per il premier se si formasse una maggioranza quale che sia per un governo di transizione o per una nuova legge elettorale, con il palesarsi sempre più probabile del famoso terzo polo che va da Fini a Casini a Rutelli a Lombardo e chi più ne ha più ne metta.
Ma al momento decisivo Berlusconi ha ascoltato ancora una volta Letta è ha fatto probabilmente la scelta giusta non solo per sé stesso ma anche per il paese, allontanando almeno per un po' la prospettiva delle urne.
E’ noto che Berlusconi fa la prima colazione con cappuccino, brioche e sondaggi.
I sondaggi da tempo gli avevano dato notizie tutt’altro che rassicuranti.
I così detti “poteri forti” industria finanza, Vaticano ecc. da qualche tempo avevano ormai cambiato atteggiamento verso il berlusconismo e si erano messi per traverso.
Gli alleati di peso Bossi – Tremonti “semper fideles” come i Carabinieri sono ben attenti ai segni di smottamento e pronti a muoversi per prendersi la poltrona di Berlusconi all’occasione propizia,come si è già accennato, e questo è nelle regole del gioco.
Il terreno era ed è scivoloso,una mossa falsa e si era allo scacco matto.
E quindi provvisoriamente forse è andate bene, ma i problemi del paese sono ancora tutti lì.
I “poteri forti” si sono sentiti dire dal premier quello che si aspettavano di sentire e quindi per un po’ faranno tacere le artiglierie, a patto però che alle promesse segua l’azione ed alla svelta.
A mio avviso però sta maturando il problema dei problemi dell’Italia di oggi per risolvere il quale sia il Berlusconismo sia l’anti- Berlusconismo hanno una classe dirigente inadeguata per affrontarlo.
La ribellione di Fini e compagni è la punta dell’iceberg. Andrebbe guardare bene la montagna che c’è sotto.
Sotto ci sono ben altro dei rancori di un singolo politico frustrato, o altre questioni personalistiche, sotto c’è il Sud che reagisce al crescente potere della Lega, che Berlusconi deve subire per sopravvivere.
Ma soprattutto c’è un Nord che non sopporta più la convivenza con un Sud sempre più impresentabile e avvitato sulla propria decadenza,che appare irreversibile.
Né Berlusconi né Bossi probabilmente sono né saranno in grado di gestire un processo storico che sta maturando nell’ombra ma che ha una forza dirompente.
La politica al momento non è in grado di gestire il problema e addirittura non ritiene politicamente corretto nemmeno di parlarne apertamente.
La Lega sarebbe la naturale levatrice di un tale processo, ma l’aumento esponenziale del potere locale e nazionale che si trova a gestire con una classe politica ancora non sufficientemente preparata e matura,e i primi casi di corruzione fra le sue file la fanno barcollare.
C'è poi un crescente malcontento che comincia a serpeggiare fra le sue file a causa del prezzo ,troppo altro per molti,che Bossi ritiene di dover pagare a Berlusconi per aver un federalismo dai tempi troppo lunghi e dall’esito incerto.
Ora anche la Lega rischia.
Guadagnerebbe e molto ad eventuali elezioni se tenute oggi o domani, ma dopodomani probabilmente condividerebbe il peso del logoramento con il Berlusconismo.
Se non la Lega allora chi farà da catalizzatore per portare il Nord a diventare una Svizzera padana?
Chi realizzerà il sogno di Gianfranco Miglio,lo storico ideologo della medesima Lega sulle macroregioni?
Quando un fenomeno politico è maturo nel subconscio della gente, basta un personaggio ,magari esponente del mondo produttivo che lancia un referendum regionale o qualcosa del genere e si aprono le danze.
Staremo a vedere.

lunedì 27 settembre 2010

Il tormentone sulla casa di Montecarlo rivela tante cose

Prima considerazione : il fatto che i paradisi fiscali sono realmente il posto giusto per depositarvi capitali o società da occultare a fisco, inquirenti o ficcanaso di ogni specie.
Se con i potentissimi mezzi dei quali verosimilmente dispongono Berlusconi, Fini e i gruppo editoriali contrapposti (Mondadori,Giornale ecc. da una parte e Repubblica-Espresso dall’altra),se non addirittura i servizi segreti italiani o di amici del premier o dei nemici del premier non sono ancora riusciti a mettere le mani su un atto dal quale risulti quale è la persona fisica o le persone fisiche intestatarie della famoso appartamentino di Montecarlo, si capiscono tante cose.
E’ chiaro che se i paradisi fiscali sono così realmente impenetrabili, chi vuole “giocare sporco” (e sono molti) nella politica, nella finanza, nell’industria, nel crimine organizzato può fare tranquillamente i propri comodi.
E il cittadino comune, che non ha i mezzi materiali potere usufruire dei servizi “off shore” nemmeno se lo volesse, può solo fare da spettatore come un allocco.

Seconda considerazione : è deprimente constatare che il popolo degli allocchi riesce ad appassionarsi ai quotidiani rilanci su questa vicenda senza rendersi conto che comunque andranno le cose, la sostanza della vicenda consiste prima di tutto in una grandissima presa per i fondelli del Sig. Rossi, l’italiano tipo, sia che questi faccia il tifo per Berlusconi o per Fini o per nessuno dei due.
La sostanza della vicenda è nell’avere rotto il velo, che nascondeva cosa fa la politica reale, che non è il teatrino dei talk show o di Montecitorio.
La classe dirigente attuale, politica, imprenditoriale, finanziaria ecc. è cliente abituale dei servizi “off shore” ,alla faccia del medesimo Sig. Rossi, contribuente magari a reddito fisso e quindi onesto per forza.
Ma la destra- destra, alla quale apparteneva il famosissimo appartamentino di Montecarlo,non era quel partito del quale il suo fondatore, Giorgio Almirante, rivendicava la assoluta onestà e integrità, quando raccontava , che loro erano gli orgogliosi i figli di quel capo storico,che era stato appeso a testa in giù a Piazzale Loreto, ma che dalle sue tasche non era caduto per terra nemmeno un centesimo ?
Sarà anche vero letteralmente, ma se è vera anche la storia sussurrata, ma che tutti conoscono che il mitico oro di Dongo non sarebbe stato poi così mitico,tanto che sarebbe stato sequestrato dai partigiani comunisti per essere investito nell'acquisto del ben noto palazzaccio di via delle Botteghe Oscure, sede storica del PCI,allora proprio in questa storia sussiterebbe l'origine di quel consociativismo, che ha impedito alla politica in Italia di essere una cosa seria.
Ma se i nipotini politici del fascismo tengono tanto alle mani pulite,come mai ora si trovano invischiati in giri finanziari così torbidi?
E’ vero che loro hanno solo venduto quell’appartamentino, ma essendo un partito politico e con quelle pretese non potevano scegliersi un acquirente un po’ meno occulto, proprio per coerenza agli ideali professati?
Sappiamo benissimo però che è facile, ma inutile gettare la croce solo sopra Alleanza Nazionale, perché è risaputo che tutta la classe politica fa affari nello stesso modo.
Verrebbe da chiedersi per decenza se il premier è proprio così vergine in materia di uso di servizi “off shore” da poter scagliare la prima pietra su qualcun altro.
La miriade di partiti e partitelli dell’opposizione non è anche questa costituita da dirigenti politici, che hanno imparato da lungo tempo come riparare il tesoretto acquisito più o meno onestamente, i più tradizionalisti in Lussemburgo o proprio a Montecarlo, i più naif a Lugano, i più aggiornati nelle varie Isole Caraibiche ecc.?
Quello che non si capisce è come mai i Signori Rossi di tutta Italia continuino ad appassionarsi da quasi vent’anni allo sterile giochino : “Viva Berlusconi!” qualsiasi cosa faccia o “al diavolo Berlusconi !” , sempre qualsiasi cosa faccia, senza che gliene vada in tasca un centesimo, senza che in realtà la cosa li riguardi minimamente.
Possibile che non si siano ancora resi conto che tutto il gioco è fatto sopra la loro testa da una oligarchia consociata (“comunisti” e “berlusconiani” interessati a lasciare le cose di fondo così come sono) che ci spinge di giorno in giorno a diventare una qualunque alla repubblica della banane ?
Perché per reagire il popolo deve aspettare che “lor signori” ci riducano alla fame o pressappoco come è successo alla Grecia?
Questa vicenda è proprio emblematica di questa fase di decadimento finale del berlusconismo, perché mostra per la prima volta in modo abbastanza chiaro l’esistenza di due livelli di politica.
Uno finto e recitato per il pubblico nelle sedi istituzionali e nei talk show, un altro che è quello della potere reale nel quale la casta politica fa i propri affari in modo consociativo, trasversale e occulto.
Il popolo non deve sapere come stanno realmente le cose,salvo quando, come in questo caso, o quando compaiono intercettazioni compromettenti il velo si straccia e anche il popolo viene a sapere cosa fanno realmente i politici e che è nei siti “off shore” che si svolge il gioco del potere reale.
Abbiamo dietro di noi quasi vent’anni di stagnazione economica,civile e culturale della quale portano la medesima responsabilità centro destra e centro sinistra, che si sono alternati al potere senza che fossero capaci di cambiare nulla di sostanziale.
I problemi di fondo che il paese subiva e che gli impediva di crescere per modernizzarsi vent’anni fa sono ancora qui tutti e tutti irrisolti : lavoro che non c’è, stipendi e pensioni sempre più bassi e di molto rispetto a quelli europei, tasse alte che non corrispindono a servizi a livello europeo, sistema scolastico con risultati allarmanti, corruzione della classe politica a livelli extraeuropei, criminalità organizzata, che controlla intere regioni del sud e che è sempre più forte anche al nord.
Non basta per convincersi che occorre girare pagina?
Girare pagina,dovrebbe ora essere chiaro, non significa semplicemente far fuori Berlusconi per sostituirlo con uno qualsiasi degli anti- Berlusconi ora sul mercato,tutti vecchi arnesi,che hanno già ampiamente dimostrato di non essere capaci di fare nulla o quasi quando il potere ce l’hanno avuto.
Bisogna far uscire allo scoperto il nuovo, che nella società già c’è e che non riesce a farsi politica, perché la politica gli chiude le porte in faccia.
Per fare questo bisogna capire bene una cosa.
Il corto circuito che ha bloccato il paese in vent’anni di vuota contrapposizione Berlusconi si, Berlusconi no eludendo tutti i problemi del paese è stato figlio del peggio del costume nazionale, conservatore per pigrizia.
È comodo affidandosi ciecamente ai giornali o ai telegiornali confezionati apposta per confermare la validità dei propri pregiudizi contrapposti.
Guarda, avevo proprio ragione, si diceva il Sign:Rossi leggendo il Giornale o Repubblica oppure guardando il TG 5 o il TG 3, secondo in quale curva da stadio aveva militato in questi ultimi vent’anni, lo dice anche il mio giornale, la colpa è tutta di loro (i “comunisti” o i “berlusconiani”).
E invece la colpa era proprio nella pigrizia che il Sig. Rossi aveva respirato dal costume nazionale e aveva fatta propria.
Il solito gattopardesco far finta di cambiare tutto (la pretesa rivoluzione liberale del berlusconismo o il riformismo kennediano degli anti –berlusconiani, tutte pretese che si sono dimostrate del tutto fuori portata rispetto alle capacità di questa classe politica) per non cambiare nulla.
Perché il Sig.Rossi è stato al gioco e quindi perché deve prendersela ora prima di tutto con sé stesso per le cose che vanno male e non con i “comunisti” o con “berlusconiani”?
Perché gli faceva comodo lasciare le cose come stanno per non rischiare di intaccare le proprie rendite di posizione in quanto impiegato pubblico o fruitore di finanziamenti pubblici o pensioni di invalidità fasulle o altri sussidi.
Perché gli faceva comodo andare avanti a usufruire dei privilegi della sua casta , eludere il fisco il più possibile, fare i propri comodi contando sui condoni,far finta di non vedere che difendere solo il lavoro solo di chi ce l’ha già escludeva tutta una generazione da prospettive decenti di vita ecc. ecc.
Da questo marasma se ne esce solo uscendo da questa pigrizia e dai pregiudizi che ci si porta dietro, bisogna imparare a mettersi in discussione e rendersi conto che se il paese va di male in peggio la colpa non è solo di “lor signori” ma è di ognuno di noi e che se le cose vanno male occorre che ognuno di noi cambi non solo nelle idee ma anche nei comportamenti. Se non riteniamo di essere capaci di fare così non diamo la colpa ai politici.
Una nuova classe dirigente bisogna cercarsela guardandosi intorno.
I sociologi della politica e i politologi ci possono confermare che per creare veramente il nuovo si comincia inevitabilmente dalla partecipazione a forme associative, che si servano anche del web ma non mitizzando i nuovi media,che sono solo mezzi, poi ci vuole comunque la sostanza, gli incontri reali di persone fisiche da qualche parte per fare qualcosa.
I “grillini” in Italia cioè il popolo di Beppe Grillo a sinistra ,o i “tea party” ,che stanno sconvolgendo le vecchie gerarchie del partito repubblicano in America a destra, sono due esempi di come la società civile, se vuole ,può dare alla politica bloccata salutari scossoni.
Aria fritta sembra invece venire in Italia dalla miriade di fondazioni messe in campo dalle componenti dei partiti, che però almeno hanno avuto il merito di consentire a parecchi giovani intellettuali di buon livello di cimentarsi per la prima volta nell’arena della politica.
Penso che il Sig.Rossi l’abbia quasi capito che è ora di finirla di affidarsi al demiurgo di turno, che dice di essere diverso e più bravo di tutti gli altri, capace di risolvere i nostri problemi.
I nostri problemi ce li dobbiamo risolvere noi, mettendoci in comunicazione,condividendo idee e proposte, il nuovo modo di far politica, ce lo dobbiamo inventare, come del resto è sempre stato fatto in passato.
Chi ha il potere non lo molla mai né volentieri,né di sua iniziativa, bisogna organizzarsi per toglierglielo.

venerdì 24 settembre 2010

Il relativismo etico di papa Ratzinger

Papa Ratzinger tuona quotidianamente contro il relativismo etico, ma poi lo pratica pure quotidianamente con la teoria della ragion di stato ed altre teorie basate sullo stesso meccanismo logico : il fine supposto buono giustifica i mezzi disonesti usati per raggiungerlo.
Tutta la vicenda dei preti pedofili cos’è se non l’uso sistematico del relativismo etico? La pedofilia è (giustamente) considerata dalla chiesa uno dei peccati più gravi, ma se viene praticata dal clero meglio far finta di non vedere nulla perché lo scandalo che deriverebbe dal rendere pubblici tali comportamenti nuocerebbe al buon nome della chiesa.
Il Vaticano infatti si è deciso ad assumersi le proprie responsabilità su questi comportamenti di una parte del clero quando vi è stato costretto dai tribunali che hanno condannato preti pedofili o meglio le loro parrocchie o le curie dalle quali dipendevano e in alcuni casi il Vaticano stesso, a risarcimenti giganteschi in una miriade di cause in ogni parte del mondo.
La reazione cioè c’è stata quando la chiesa istituzionale è stata toccata nel portafoglio e questo non è stato bello.

Sullo stesso piano logico la pratica della teoria dei “vizi privati e pubbliche virtù”,praticata per millenni, per la quale se un cittadino comune conduce una vita privata non coerente con la rigidissima dogmatica sessuale e familiare cattolica, la sua vita viene bollata come “peccaminosa” e fuori dalla chiesa.
Ma se autore di tale comportamenti è un potente, allora i suoi “vizi” vanno ignorati se lo stesso potente è in grado di procurare delle utilità e dei privilegi alla chiesa nell’esercizio del suo ufficio e il potente stesso va accolto con tutti gli onori non solo in Vaticano ma anche nella chiesa.

In materia di soldi il copione si ripete. Se qualcuno o qualche istituzione finanziaria usa i denari che sono loro affidati non in modo trasparente per ricavarne forti guadagno con operazioni criminose come il riciclaggio di danaro sporco,la chiesa (giustamente) lo condanna come autore di peccati infamanti.
Ma se a praticare tali operazioni non è un cittadino comune, ma un prelato o un laico che amministra fondi della chiesa e da quelle medesime operazioni derivi aumento di ricchezza per la chiesa medesima (in pura teoria) “per esercitare opere di bene”, tutto va bene.
Lo Ior, la banca vaticana ha una storia criminale (ora ben documentata) agghiacciante.

Ancora la stessa logica viene applicata ad una questione assolutamente di fondo come la libertà di praticare la propria religione in qualsiasi paese, cioè alla questione della “libertà religiosa” o “libertà di coscienza”.
Peccato però che la medesima libertà di religione si basi sul fondamentale principio appunto della libertà di coscienza,in base alla quale per definizione l’individuo risponde delle sue scelte solo alla sua coscienza e quindi non è vincolabile a dogmi imposti dall’esterno da gerarchie ecclesiastiche di alcun tipo.
La chiesa evita l’impatto con questo corto circuito logico,che distruggerebbe il suo castello dogmatico parlando non di libertà di coscienza, ma di libertà di religione.
La chiesa infatti rivendica (giustamente) la libertà religiosa per i cristiani diciamo in Africa, ma in Italia addirittura invita alla disobbedienza civile se leggi dello stato introducessero istituti ad esempio come le unioni di fatto nel diritto di famiglia perché la chiesa medesima pretende di imporre la propria etica dogmatica anche a chi segue altre confessioni o nessuna confessione religiosa.
E così contesta (giustamente) l’applicazione della shaaria nei paesi a maggioranza islamica perché
così facendo non si riconosce più la libertà di coscienza a chi pratica altre fedi o non professa alcuna fede religiosa, salvo poi voler applicare la morale dogmatica cattolica anche ai non cattolici praticanti in Italia.

Non entriamo nel campo delle guerre di religione,praticate per secoli o della pena di morte, praticata dallo stato pontificio pure per secoli (e tutt’ora non del tutto esclusa dal catechismo) perché fortunatamente ,almeno per il momento, vi è stato da parte della chiesa una salutare revisione delle erronee posizioni, che aveva sostenuto in merito tenacemente in un passato non tanto lontano, ma fortuna comunque passato.
La guerra è una schifezza, ma se chi la pratica procura l’allargarsi del cattolicesimo nel mondo allora va bene ed anzi va benedetta.
Se le conversioni e i battesimi vengono fatti sotto la minaccia della spada di una qualsiasi potere, tutto va bene ed anzi quel potere va benedetto.
La storia è andata avanti così per secoli.
Ci sono stati vescovi che hanno benedetto i gagliardetti fascisti , le armate franchiste in Spagna, Pinochet in Cile, eccetera, eccetera.
Tutto passato per fortuna, ma tutto di proporzioni tali da farne un libro nero di grosse dimensioni,che certo non giova alla credibilità della chiesa.

C’è forse un difetto di origine in tutti questi casi di uso sistematico di due pesi e due misure da parte della chiesa cattolica, che condanna la sua morale al relativismo.
Ed è alla radice storica di tutti i mali della chiesa, la svolta costantiniana, quando la chiesa si è istituzionalizzata sottomettendo l’altare alla spada dell’impero.
Ed allora il libero spirito evangelico che si identifica nel concetto di misericordia, è stato nel corso dei secoli istituzionalizzato nel sacramento della penitenza, usato costantemente di facciata per “la Salvezza delle anime”, ma di fatto per servire la spada del potere, come il più potente strumento di controllo di massa mai trovato.
Il filone delle dottrine politiche clerical - reazionarie che ha in De Maistre il suo maggior teorico lo dice apertamente, ma in ogni caso oggi è possibile reperire studi storici di grande livello soprattutto relativi all’opera del Cardinale della Controriforma, Carlo Borromeo, ed all’inquisizione, che chiariscono questo aspetto del “sacramento” in modo difficilmente contestabile.
Ma quand’anche il fine vero della confessione non fosse il controllo di massa dei popoli per conto del potere del momento le cose non migliorerebbero di molto dal punto di vista del relativismo etico.
Infatti se il gran castello della dogmatica cattolica prescrive una via strettissima e scurissima,per rimanere nei confini di ciò che è permesso dalla morale stessa, poi nel confessionale la storia è tutta diversa e tutte le porte sono aperte.
Due pesi e due misure risulta essere quindi il fatto addirittura istituzionalizzato più rilevante della morale cattolica ufficiale.
Vengono alla mente i motti di Agostino "ama e poi fa quello che vuoi" (dal commento alla prima lettera di Giovanni 7,7-8)ed il corrispettivo ancora più radicale del suo discepolo Lutero “pecca sed crede fortiter”(dalla lettere a Melantone del 1521) che sono i vertici teorici del relativismo cristiano.
Non invidio papa Ratzinger che si propone in ogni intervento di predicare contro il relativismo, perché di fatto predica contro sé stesso.
Difficile fare proseliti o almeno bloccare il costante assottigliamento del “gregge dei fedeli” se non si riesce a fare un minimo di chiarezza nel proprio universo di pensiero.
Se il papa di una chiesa che si trova in una delle più gravi crisi della sua storia o i cristiani turbati e disorientati cercano una via di uscita credibile la cerchino non nelle istituzioni ecclesiastiche, ma nel semplice e puro messaggio evangelico.
Se si vuole farlo c’è però una “condizio sine qua non” da superare e temo che sia questo papa, sia tanti cristiani forse non sono ancora maturi per superarla e consiste nel buttare decisamente a mare la gran parte dell’istituzione ecclesiastica, della sua gerarchia e del suo castello dogmatico, conservando solo il vangelo, il messaggio.
Non c’è bisogno d’altro, certo però che studiarsi i testi con la responsabilità della propria coscienza è più faticoso che andare a sonnecchiare durante le peraltro non brillanti liturgie, che offrono oggi le nostre chiese, pensando così di essere riusciti a salvarsi l’anima con poco prezzo.
L’enorme patrimonio culturale, artistico e storico ispirato al cristianesimo rimarrebbe comunque una delle nostre radici fondamentali.
Ben inteso integrata dalle altre radici altrettanto fondamentali ,che lo sviluppo del pensiero umano ha donato alla nostra specie con la filosofia e con la scienza.

mercoledì 25 agosto 2010

Tentiamo di parlare del berlusconismo in modo civile

Parlare del berlusconismo in modo civile e distaccato senza fanatismi pro o contro è possibile,come è possibile per qualsiasi altro fenomeno politico
E così facendo è anche possibile cercare di capire di cosa si tratta e perché conserva il consenso della maggioranza degli italiani da quasi 16 anni, se pure non in modo continuativo.
Nel nostro paese si è poco abituati a parlare di fenomeni politici in modo civile e senza coinvolgimenti emotivi ed è un peccato perché è possibile farlo.
Nel nostro paese è difficile perché i media, dai giornali alle TV, sono quasi tutti schierati in modo più o meno settario , come se la politica fosse una sequela di partite di calcio della propria squadra del cuore.
La conseguenza è che molti,forse la maggioranza, non vogliono sentire parlare di politica perché pensano che sia tutta una schifezza , un teatro e che i politici siano tutti da disprezzare, di qualsiasi colore siano.
Altri e non pochi si schierano da una parte o dall’altra con lo stesso modo fazioso ,acritico ed “a prescindere” da qualsiasi documentazione seria, come vedono fare dai media.
Inviterei chi volesse verificare che esistono anche modi di fare giornalismo migliori di quelli in uso da noi, che servono per dare alla gente strumenti per documentarsi e non per fare i tifosi, a sintonizzarsi sulla BBC World,(che ora chiunque può trovare sul suo televisore nel normale menu del digitale terrestre come uno qualsiasi dei canali italiani) per seguire un qualunque telegiornale.
Anche chi non capisce l’inglese, se ha la pazienza di spenderci qualche minuto si accorgerà dai sottotitoli (che chiunque è in grado di decifrare usando il semplice inglese scolastico) che ci sono differenze radicali rispetto al modo come le nostre televisioni gestiscono le notizie del giorno
Ne elenco i più evidenti :
- quello che in gergo giornalistico nostro è definito il “pastone politico” cioè l’elenco di cosa hanno detto nel giorno i dirigenti di ognuno dei partiti italiani non esiste;
- l’approfondimento della notizia viene regolarmente fatto non dal giornalista conduttore ma da collegamenti con due esponenti qualificati ,cioè di livello accademico e quindi provenienti da facoltà universitarie o da fondazioni politico culturali, di orientamento diverso uno d’altro;
- I così detti “talk show” esistono ma nessuno è simile ai nostri, cioè non c’è il corrispondente del teatrino con più politici messi insieme per farli litigare e gridare il più possibile.
- Per esempio in “hard Talk” in onda alle 10,30 di sera,viene intervistato un solo politico, quasi sempre di alto livello da un giornalista che è pagato per strapazzarlo nei limiti della correttezza, ma senza nulla concedergli. Cioè ogni qualvolta il politico si lascia andare a slogan propagandistici o fa affermazioni non documentabili o false, il giornalista, che ovviamente si è preparato sull’argomento, tira fuori il fascicolo del caso e gli dimostra che quello che ha detto è falso ed è contraddetto dalla documentazione in suo possesso;
- La scaletta del telegiornale contempla sempre uno spazio maggiore per le notizie sui fatti internazionale più rivelanti, rispetto alle notizie di casa, non per snobismo, ma per educare alla lunga il telespettatore a valutare il peso del proprio paese nelle vicende del mondo.

Il telespettatore ha quindi la sensazione di essere trattato come un utente a cinque stelle, non come uno zombi che deve essere indottrinato da giornalisti leccapiedi del potente di turno ed è quindi portato giorno dopo giorno a considerare la politica come una cosa seria.
E’ quindi possibile parlare del berlusconismo senza fanatismi pro o contro.
Per i politologi il berlusconismo è un fenomeno di grande interesse, ma in genere lo vede affrontato di malavoglia da parte degli accademici.
Come mai?
Perché da un punto di vista teorico è un insieme di contraddizioni rispetto alle normali tipologie della scienza politica.
Allora dovrebbero esserci un sacco di saggi sull’argomento.
E invece no, forse perché l’argomento in Italia è talmente vissuto tutt’ora in modo emotivo,come si diceva sopra, che gli studiosi probabilmente temono il rischio di farsi etichettare rozzamente pro o contro, invece che di essere presi sul serio per quello che sono.
C’è un discreto numero di saggi sull’altro fenomeno politico nuovo degli ultimi anni la Lega.
Sul berlusconismo c’è un grosso scaffale di libri, quasi tutti da ascrivere alla categoria degli antiberlusconiani preconcetti o fanatici come i Travaglio, Barbacetto etc, più o meno legati al gruppo editoriale Repubblica- Espresso.
Libri confezionati per dimostrare tesi preconcette, ma comunque molto utili come fonte di documentazione (verbali di processi), se pure vistosamente di parte e tutti pesantemente denigratori del personaggio Berlusconi.
Oppure ci sono le poche trattazioni favorevoli ma non proprio di parte come i libri di Bruno Vespa, spesso ben documentati ,anche se per non dispiacere troppo il Cavaliere tende a dimenticare qua e là vari fatti spiacevoli, che rendono anche la sua trattazione non obiettiva.
Una caratteristica esclusiva del giornalismo italico è questa che non ci sono solo i “Vaticanisti”, ci sono anche i “berlusconisti”, cioè giornalisti che hanno dedicato la loro professione o a denigrare il nostro personaggio o a compiacerlo fino alla piaggeria.
La cosa curiosa è che questi professionisti (di una categoria che ripeto non risulta esistere negli altri paesi sono diventati milionari (preciso in € ) sia che siano pro o che siano contro.

giovedì 10 giugno 2010

In margine a una trasmissione televisiva di Raitre sulla grande storia

Una recente puntata della grande storia su RaiTre era dedicata alla propaganda di Mussolini e veniva proposta in qualche modo come rievocazione dell’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno 1940, nove mesi dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Ineccepibile quanto a documentazione e scelta dei documenti ha rappresentato una buona trasmissione di approfondimento storico, che però come tale non diceva niente di nuovo a chi abbia un interesse sull’argomento.
Di grande interesse era piuttosto la reazione a volte sconvolgente che veniva provocata nello spettatore dalle palesi analogie in certi comportamenti fra il capo popolo populista di allora e quello di oggi.
Detto questo, chiarisco subito che basta dare un’occhiata ai post che ho dedicato alle similitudini fra elementi del fascismo ed elementi del berlusconismo per sapere che non condivido affatto la semplicistica equiparazione fascismo = berlusconismo per le ragioni che ho più volte sottolineato.
Tanto per cominciare l’Italia attuale non ha persa nessuna delle libertà fondamentali.
Secondariamente Berlusconi si trova di fronte una opposizione costituzionale praticamente inesistente come consistenza politica ma all’interno della sua coalizione non è in grado di esercitare una vera leadership e qui di tanto meno può fare il dittatore.
Terzo argomento Berlusconi non ha fondato un partito vero e comunque il suo non è neanche lontanamente avvicinabile al PNF.
Nessuno storico ha mai pensato di qualificare il PNF come “partito di plastica” ,così come viene comunemente definito il partito di Berlusconi, semplicemente perché non avrebbe senso il farlo.
Quarto Berlusconi non ha una visione politica di medio lungo periodo, che vada al di la della pura sopravvivenza, mentre Mussolini aveva l’ambizione non solo di rivoluzionare l’Italia ma addirittura di forgiare un nuovo tipo di italiano.
Quinto il fascismo è finito in tragedia ma il berlusconismo non potrà mai andare oltre la commedia.
Fra fondare l’impero, il welfare, Cinecittà ,i littoriali che chiamavano a raccolta le migliori intelligenze e il contratto con l’Italia di Berlusconi c’è la differenza che separa due grandezze incommensurabili.
Sesto ritengo probabile non solo che Berlusconi non abbia la minima intenzione di fare il dittatore, ma che proprio non gliene importi nulla, non perché abbia il senso della misura o della modestia, ma perché è essenzialmente un furbo “salesman” di grande successo,che saprebbe vendere i frigoriferi agli esquimesi e per un tale tipo di uomo la politica è una sfizio piacevole e ricco di soddisfazioni, ma nulla di più.
E’ un paradosso, anzi è “il” paradosso del berlusconismo, ma sono convinto che al nostro della politica non gliene importi realmente un accidente, anche se occupa la scena in primo piano da 16 anni.
Quanto sopra perché trovo sempre fastidioso che persone intelligenti della sinistra continuino o per convinzione o per calcolo a rimenarla col rischio ,che correremmo col berlusconismo.
Chiusa la parentesi torniamo alla trasmissione dalla quale siamo partiti.
Comincia col famoso discorso dall’ancora più famoso balcone e dalle fatali parole d’ordine : “vincere e vinceremo!”.
E’ chiaro che il documento cinematografico ha i toni della tragedia dal momento che conosciamo tutti gli sviluppi avversi della storia.
Come si è detto il curatore deve aver scelto quei documenti per richiamare l’anniversario dell’entrata in guerra, ma intelligentemente anche per cominciare dalla fine per poi andare avanti con dei flash back.
Prima presentare Mussolini all’apice del suo potere (quale potere più grande può manifestare un essere umano se non comandare i suoi connazionali all’estrema manifestazione di lealismo nei confronti della società mandandoli tutti al fronte e senza suscitare rilevanti manifestazioni di dissenso) , per poi a poco a poco spiegare come mai il Duce avesse capitalizzato negli anni quell’immenso potere.
Primo obiettivo fondamentale per chi vuole acquisire il potere (sia che si parli di un sistema democratico sia che si parli di un sistema totalitario) è acquistare consenso.
Come si acquisisce il consenso? Con la propaganda, o per metterla in termini più digeribili, con la pubblicità del proprio programma e del proprio curriculum.
E per l’appunto il programma televisivo era incentrato proprio sulla macchina propagandistica mussoliniana definita geniale e senza pari.
Il giudizio è stato trovato eccessivo da Aldo Grasso, il critico televisivo del Corriere, ma è abbastanza generalmente condiviso dagli storici a cominciare da De Felice, che riconosceva a Mussolini prima di tutto il fiuto e il mestiere del giornalista di razza, che gli consentiva di essere sempre aggiornato sul “polso” degli italiani regolandosi di conseguenza.
La trasmissione ha riportato a questo proposito un motto mussoliniano estremamente significativo: ”le folle non hanno bisogno di sapere, ma di credere”.
Questa era la filosofia della propaganda fascista e se non era geniale era sicuramente da manuale, perché evidenzia i due elementi inscindibili della comunicazione politica : l’informazione, l’invito a ragionare, ma anche l’appello all’emotività, ai simboli, ai miti, ai sentimenti etc.
Nei regimi democratici si privilegia il primo aspetto, ma non senza includere anche elementi del secondo.
Nei regimi non democratici si gioca tutto invece sull’emotività, sui pregiudizi, oggi si direbbe sulla comunicazione alla “pancia” dei cittadini e le notizie si filtrano, facendole diventare elemento di propaganda e basta.
Ci è stato anche ricordato che Mussolini, ( tra parentesi ,quest’uomo non era affatto il rozzo ignorantone che si è voluto per polemica ideologica far credere), leggeva e rileggeva di frequente il testo fondamentale sulla psicologia delle folle del francese Gustave Le Bon, che sottolinea la tendenza delle folle a imitare i comportamenti del gregge subordinandosi ai media.
E qui siamo al cuore del problema : i media, Mussolini è stato maestro nel padroneggiare i media allora disponibili e ci è stato spiegato dettagliatamente come.
A cominciare dall’uso spregiudicato dell’Agenzia di stampa Stefani (oggi Ansa) divenuta megafono del regime, poi ancora più efficacemente affiancata nel ’37 dal Miniculpop,il ministero ad hoc per la cultura popolare, ma in effetti ministero per la propaganda, che aveva come compito istituzionale il controllo, cioè la censura dei media e l’elaborazione delle famosissime “veline” che dettavano la linea a tutti i mezzi di comunicazione.
Ci sono così stati riproposte le direttive più folcloristiche come il divieto di stampare foto del duce con preti accanto o il duce in luoghi colpiti da calamità.
E’ noto infatti l’elevato grado di dipendenza di Mussolini dal culto della superstizione più spinta.
Meno folcloristiche e più sostanziali le veline- direttive a trasmettere solamente notizie positive con il divieto per esempio di parlare di furti o di cronaca nera in generale per non alterare la vulgata che voleva che tutto fosse sotto controllo.
Chiaro, dittatura era e quindi non c’era alcun posto per qualsiasi voce di opposizione.
Però questa affermazione va valutata un po’ più approfonditamente nel senso che le opposizioni non avevano voce, ma questo non toglie che ciò non ostante la società era in grado di godere di istituzioni scolastiche e culturali di elevato livello, fondamentali per la formazione della classe dirigente e la sua selezione.
E’ noto a tutti infatti che la classe dirigente postbellica, partiti antifascisti compresi, è venuta in gran parte da lì.
Per capire il senso di questo discorso basta uscire dagli aspetti “folcloristici” del Miniculpop per non ignorare le altre branche di questo ministero : per esempio, Cinecittà inaugurata nel ’37 e il centro sperimentale di cinematografia, l’Istituto Luce,nato nel ’24 per la produzione tra l’altro dei documentari di informazione sul cui schema si sono ispirati decenni dopo i telegiornali, l’Enit per il turismo etc.
La creazione dell’Albo nazionale nel ’25, che poi divenne l’ordine nazionale dei giornalisti.
C’era istituzionalmente la dittatura, però questo non ha impedito alla cultura di esistere e di svilupparsi dando anzi impulso alle sue forme di espressione più moderne.
Ombre intollerabili, condannate irrevocabilmente dalla storia, ma anche evidenti elementi di luce, che ha ereditato l’Italia repubblicana, non sempre al corrente delle loro origini.
La trasmissione televisiva non si è sottratta al compito di evidenziare anche questi aspetti con giusto equilibrio e doveroso senso storico.
Altri elementi fondamentali della propaganda fascista, poi, furono i giornali a cominciare dal giornale del duce : il Popolo d’Italia,e tutti gli altri allineati con le veline.
Poi il cinema, allora agli inizi usato e sfruttato però con molta intelligenza sia con i i documentari Luce, sia con la serie dei film dei “telefoni bianchi” per lo svago e l’intrattenimento degli italiani ,per toglierli dalla durezza dei problemi quotidiani ed immetterli nel mondo di plastica dei ricchi e dei potenti.
Poi la radio agli albori, ma usata ,ancora con molta intelligenza, avendo ben capito che non c’era mezzo più efficace per raggiungere con la propaganda anche l’ultimo degli italiani direttamente nella sua casa.
Con la radio le canzonette riecheggianti più o meno direttamente le idee che il regime voleva fare passare.
Anche per la radio ricordo però che questa aveva comunque una sua valenza positiva, perché sviluppare le trasmissioni radiofoniche voleva anche dire dare alla cultura un mezzo formidabile di espressione.
Non dimentichiamo anche che la tecnica non ha colore e la stessa radio che era servita alla propaganda del regime servì poi per ascoltare a Radio Londra come andava effettivamente la guerra.
Secondo artificio fondamentale al quale ha ricorso il regime per fondare il suo potere sulle masse,che ci è stato riproposto da questa trasmissione : la creazione del mito.
L’Impero è stato proclamato nel ’36 ed è stato ovviamente uno dei culmini del potere del regime.
Per arrivare all’impero ,Mussolini, lo abbiamo visto dalle immagini d’epoca, doveva uscire dal grigiore di Palazzo Chigi, sede del governo e della sua abitazione privata per adottare la magnificenza di Palazzo Venezia, completo dell’enorme piazza antistante con vista di facciata sull’Altare della Patria (i simboli in qualsiasi regime politico contano moltissimo) per la sede del governo e di Villa Torlonia, sulla Nomentana per la sua abitazione privata.
Nel ’38 ci hanno fatto vedere il duce, che diventa primo Maresciallo dell’Impero alla pari di Vittorio Emanuele III e così si conclude il suo “cursus honorum”.
Mito significa anche culto della personalità, cioè, come si dice ogg, della fisicità del personaggio. Ecco allora il duce che deve essere sempre giovane ed al massimo della vitalità ,curioso ma significativo il fatto ricordato a questo proposito, che il personaggio non tollerava che si celebrasse il suo compleanno il 29 luglio perché era pur sempre nato nel 1883 e quindi non era giovanissimo soprattutto per allora.
Campione in tutte le discipline sportive.
Guidatore esperto di qualsiasi mezzo moderno (è stata esilarante la rievocazione del duce alla guida di un aereo col quale voleva trasportare un importante personaggio, senza avere pratica sufficiente di volo senza l’assistenza di un copilota esperto e della risoluzione del rebus con l’occultamento nottetempo di un valido pilota nascosto sotto un telone).
Grande amatore, ma con discrezione e col rispetto della sensibilità cattolica e piccolo borghese condivisa della maggioranza degli italiani.
L’immagine che la propaganda teneva a presentare era quella dell’uomo entrato nel mito e quindi dotato di virtù elevatissime, ma la stessa propaganda era anche ben attenta a coniugare il mito del condottiero con quella del buon padre di famiglia, che condivideva la vita di qualsiasi italiano.
Così anche il duce dopo una faticosissima giornata di lavoro tornava a casa circondato dai figli ed accudito dalla moglie.
E questo del “sono uno di voi” è un artificio che la scienza della comunicazione dimostra essere di grandissima utilità per chi ne fa uso perché significa insinuare nell’inconscio l’idea della condivisione della vita con il personaggio nella buona ma anche nella cattiva sorte, come si fa in famiglia e quindi alza di molto la soglia della tolleranza o della sopportazione del personaggio da parte delle masse.
Il programma televisivo finisce ribadendo il concetto che è condiviso dagli storici, ma che è anche il più diffuso giudizio popolare sul fascismo e cioè che il mito di Mussolini finisce con l’entrata in guerra.
Più sottilmente il programma ha evidenziato la fine a poco a poco della fascinazione delle masse per il duce sotto il peso delle sconfitte incalzanti.

Come si è visto, ho ricordato i punti principali del programma televisivo senza inserire nessuna insinuazione su paragoni col berlusconismo per evitare commistioni storiche non corrette e lasciare quindi fluire la storia del fascismo nella sua consistenza storica.
Ora però veniamo al dunque.
E’ innegabile che assistendo con interesse a quel programma televisivo ogni cinque minuti almeno, mi suonavano nella testa dei campanelli di allarme e presumo che la stessa cosa sia stata condivisa dagli altri telespettatori.

Mussolini asso della propaganda.
Che dire allora di Berlusconi , proprietario di Gran parte dei mezzi di comunicazione in Italia a cominciare di quelli di maggior peso: le televisioni e genio del business della pubblicità e delle tecniche di marketing e quindi la persona più dotata per padroneggiare i moderni mezzi di propaganda, che anche solo si possa immaginare in Italia.
Mussolini che impone al paese il suo mito riferito alla fisicità del suo personaggio.
Berlusconi che impone il suo mito di sempre giovane e di grande, grandissimo amatore.
Mussolini condottiero, ma soprattutto padre di famiglia di tutti gli italiani.
Berlusconi che costruisce il consenso a proprio favore giocando in gran parte sulla tecnica di comunicazione subliminale pretendendo di essere “uno di voi”, il padre di famiglia della grande famiglia italiana al quale affidare la gestione dello stato con fiducia, anzi con fede.
Mussolini che calibra la sua propaganda sul motto “le folle non hanno bisogno di sapere, ma di credere”.
Berlusconi che non esita a umiliare il suo ruolo istituzionale telefonando in diretta ai talk show per ribadire la “sua” verità.
Mussolini che inizia la giornata di lavoro informandosi sui comunicati della Stefani e sulle veline predisposte.
Berlusconi che non vive se non ha tratto conforto dall’ultimo sondaggio della sua agenzia di fiducia.
Mussolini che usa continuamente e con tutti i mezzi uno dei trucchi elementari della tecnica delle comunicazioni, cioè quello di ribadire messaggi semplici ripetendoli in modo quasi ossessivo facendoli scrivere anche sui muri di ogni paesino, fino a incassare la convinzione fra la gente che siano veri proprio perché ripetuti.
Berlusconi che usa lo stesso identico mezzo anche perchè è il cavallo di battaglia del suo business, cioè quello della pubblicità televisiva, che ripete lo stesso messaggio pubblicitario più volte nel giro di poco tempo perché si fissi nell’inconscio dello spettatore.
Voltato in politica, invece dell’”Omo che lava più bianco” ecco il : “Noi non metteremo mai le mani nelle tasche degli Italiani” tanto per fare un esempio.
Mussolini che col film “dei telefoni bianchi” si preoccupa di dare il dovuto “panis et circenses”, cioè programmi di intrattenimento agli italiani.
Berlusconi che produce solo intrattenimento sulle sue televisioni.
Mussolini che usa anche le canzonette per far passare certi messaggi.
Berlusconi che si serve di Apicella per intrattenere gli ospiti, per fortuna e questo è a suo favore, col buon gusto di non imporre agli italiani canzonette di regime.
E allora Berlusconi quasi fascista o avviato sulla strada di Mussolini?
Ho già detto che considero questo discorso del tutto privo di basi sul quale appoggiarsi perché le similitudini pur così evidenti, che si sono appena elencate in realtà non provano nulla.
Purtroppo i danni causati dal fascismo sono stati talmente tragici, da fare venire la pelle d’oca ogniqualvolta si ravvisano analogie.
Ma Berlusconi ,pur essendo anche lui un leader populista, credo che sia del tutto disinteressato non solo ad imitare il personaggio Mussolini, ma addirittura alla politica e questo solo lo distanzia radicalmente da Mussolini.
Secondariamente quand’anche lo volesse, lo dico chiaramente, per quanto la cosa sia ancora considerata politicamente scorretta, quand’anche volesse imitare Mussolini , non ne sarebbe neanche lontanamente all’altezza.
Le analogie che sono venute fuori evidenziano un’altra cosa sulla quale occorre riflettere ed è il fatto che la politica si serve da sempre, ma soprattutto nei tempi moderni delle tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica.
Un sociologo della politica e giornalista , che andava per la maggiore negli anni ’60 Vance Packard con il suo libro “i persuasori occulti” uscito nel ’57 negli Usa ,sosteneva in buona sostanza che una forza politica con i soldi e la determinazione necessaria, usando i mezzi di comunicazione moderni sarebbe stata in grado di eleggere uno scimpanzé presidente degli Stati Uniti.
Non è una buona notizia, ma occorre prenderne atto ed imparare a coltivare l’unico antidoto possibile in queste situazioni, cioè il proprio senso critico perché solo in questo modo si possono sconfiggere i persuasori occulti.

giovedì 29 aprile 2010

Bene, Papa Ratzinger ,ma a questo punto attento al caffè!

Scoppio improvviso di denunce di casi di pedofilia, perpetrati da sacerdoti decenni orsono.
La grande stampa internazionale, che dà ampia copertura alla vicenda e che grosso modo conclude dicendo : questo papa in cinque anni ha creato un sacco di imbarazzi alla chiesa e soprattutto ha dimostrato di non sapere governare la nave di Pietro e quindi ne tragga le conseguenze e si dimetta
(Maureen Dowd il 18 marzo sul NYT e Peter Wensierski sullo Spiegel il 25 marzo).
Poi nel giornale che ha seguito la vicenda forse con più puntualità e aggressività , il New York Times, cominciano a comparire articoli con analisi più articolate, come è normale in un foglio di quella tradizione e di quel prestigio (Ross Douthat il 12 aprile sempre sul NYT).
Si comincia a dire che questo papa ha sì combinato parecchi pasticci (offese agli Islamici ed agli Ebrei etc.) e che non è certo l’uomo che può traghettare la chiesa verso quel profondo rinnovamento, del quale avrebbe assoluto bisogno per non continuare a languire, ma che lo stesso papa Ratzinger è anche il protagonista di una vicenda paradossale.
Perchè se c’è un settore nel quale non è probabilmente colpevole ed anzi nel quale ha imboccato un strada diversa e in contrasto rispetto ai predecessori ed alla curia ,questo è proprio Ratzinger, che si è trovato sì a gestire come capo della Congregazione della Dottrina della Fede i fascicoli incriminati di preti accusati di pedofilia, ma se in quei casi non si erano presi provvedimenti l’insabbiatore non era stato lui, ma Giovanni Paolo II e la Curia.
Ora, non è facilissimo verificare queste affermazioni perché il grado di trasparenza del Vaticano è quello che è, però sembrano più che verosimili anche perché sono coerenti con le successive direttive di Benedetto XVI.
L’arcaica “governance” ,cioè il sistema di potere con il quale è retto il Vaticano ha più volte dato l’impressione di essere talmente anacronistica e inefficiente da lasciare trapelare quello che sembra una assolutamente squalificante guerra per bande fra le fazioni che si combattono per il potere all’interno della Curia.
Questa constatazione concorda con l’ipotesi dei probabili ostacoli che avrebbe trovato l’allora Card. Ratzinger a fare assumere provvedimenti concreti, che almeno isolassero i chierici riconosciuti responsabili di pedofilia, perché nella chiesa per secoli è purtroppo sempre prevalso l’imperativo categorico di difendere l’istituzione prima e di sopra ad ogni altra considerazione.
E’ superfluo osservare che questo non corrisponde al messaggio evangelico, e che anzi rappresenta il suo contrario, talmente la cosa è evidente a chi abbia mai preso in mano un Vangelo.
Ma non c’è solo una situazione di indecorosa guerra per il potere all’interno della curia, recentemente sono venuti alla luce pesanti casi di corruzione, che è lecito supporre siano stati in atto da decenni.
Il primo fatto scioccante è stata la pubblicazione dei diari dell’eminenza grigia, che ha gestito la banca vaticana negli ultimi decenni rivelando un universo di connivenze fra ambienti e vertici vaticani con capitali mafiosi e malavitosi, politici corrotti, all’ombra di conti correnti intestati in modo squalificante a finte fondazioni benefiche.
Poi il caso del corista della Cappella Giulia, bene inserito nel mondo vaticano ,con funzioni di maitresse per procacciare giovani maschietti disponibili per i vip che apprezzano queste tendenze sessuali, mettendo alla luce scenari disgustosi di corruzione a base di sesso mercenario omosessuale, in quel mondo curiale la cui reputazione era già ai minimi termini.
Ora però c’è un fatto nuovo ed è un fatto dirompente.
Colui che aveva stigmatizzato la “sporcizia presente nella chiesa”, cioè quel papa apparso un po’ pasticcione,che ora si apprende, quando era cardinale non aveva mai frequentato i colleghi anche se aveva abitato vicino a loro per decenni, dalla condanna verbale è passato ai fatti ed ha colpito con durezza inusitata e inaspettata.
Oggi forse sono emersi gli elementi per capire la vera ragione per la quale il Card. Ratzinger è stato eletto papa cinque anni fa.
Probabilmente è stato eletto lui, non perché si voleva che garantisse una linea ideologica rispetto a un’altra, come si era detto fino ad oggi.
E’ infatti probabile che a una curia della caratura morale, che si sta delineando dai fatti sopra ricordati, l’interesse ideologico per la tradizione o il progressismo sia del tutto secondario.
Probabilmente invece gli strateghi di curia che hanno indirizzato il Conclave immaginavano che il teologo conservatore, che non amava alzare la testa dai suoi libri , avrebbe continuato anche da papa a fare lo stesso, lasciando così gestire il potere reale a loro e quindi nella scelta a favore di Ratzinger le sue tendenze dottrinali tradizionaliste non sono state altro probabilmente, che una foglia di fico per nascondere i veri giochi di potere.
E per i primi cinque anni di pontificato sembrava che in effetti le cose stessero andando come auspicato dai presunti Machiavelli della Curia.
Ora però il papa teorico della continuità e della tradizione ha messo in opera uno degli atti di discontinuità più eclatanti della storia della chiesa, abbandonando la difesa del privilegio, che la chiesa stessa ha rivendicato per secoli di giudicare i chierici al suo interno.
La proclamazione da parte di Papa Benedetto XVI dell’obbligo per i chierici riconosciuti pedofili di autodenunciarsi all’ autorità civile ed ai loro superiori canonici di fare altrettanto, sconvolge una prassi plurisecolare.
La stessa prassi voleva che la gerarchia ponesse in primo piano l’istinto di conservare il proprio potere e quindi la lealtà istituzionale prima della difesa ,oggi si dice, dei diritti umani di chi dai chierici fosse stato offeso.
Di fronte ai fatti, cioè alla decisa e coerente azione di papa Ratzinger su queste vicende occorre che anche chi verso di lui ha sempre nutrito ben poca simpatia, come lo scrivente, riconoscano che finalmente questa sua azione ora è finalmente ispirata più al messaggio evangelico che a ragioni di potere.
E va benissimo, ma è certo che chi ora vede minacciato il proprio potere reagirà in modo rabbioso.
Per che non è al corrente della prassi vigente nel Vaticano e nei Vescovadi di tutto il mondo, la svolta operata da papa Ratzinger non farà grande impressione ed anzi sarà tutt’al più liquidata con un :”era ora” ,reazione per altro ineccepibile e giustificata.
Il problema però non è questo.
Il problema è che nel mondo della gerarchia cattolica lo stesso fatto è qualcosa che passando dai piani più bassi a quelli più alti viene percepito con effetti che vanno da quelli di un terremoto all’Apocalissi pura e semplice.
I Machiavelli, dei quali si parlava prima ,di fronte alle dimissioni immediatamente accettate di una decina di vescovi in neanche un mese (aprile 2010) per fatti connessi a vecchi episodi di pedofilia o comunque di abusi su minori ora tremano e non per la vergogna che ha offuscato l’istituzione alla quale appartengono, ma perché temono di vedere segate le gambe delle loro poltrone.
Tremano non perché siano tutti pedofili, ma perché Ratzinger ha scardinato il principio di autoconservazione della ditta, come dogma numero uno, in quel mondo molto più importante dei 2865 articoli del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Per loro l’Apocalisse è il recente combinato disposto della ramazza usata da Ratzinger per i casi di pedofilia, unita alla ramazza, per loro ancora più pesante, usata per estirpare il milieu di corrotti e corruttori, che gestivano la banca vaticana sostituendoli con banchieri professionisti, tenuti a stilare bilanci secondo i canoni di trasparenza della società civile.
Per questo papa Ratzinger a questo punto farà bene a fare assaggiare i cibi che gli verranno preparati ai suoi,( pare che siano),cinque gatti, prima di usufruirne lui stesso , per evitare spiacevoli scherzetti che sarebbero del resto in linea con il clima tutt’ora rinascimentale e barocco dei palazzi Vaticani.

domenica 28 marzo 2010

Il Venerdì Santo 2010 è il giorno adatto per le dimissioni di Benedetto XVI

La stampa internazionale da giorni sta scrivendo che questa volta la chiesa cattolica non riuscirà a uscire da questa terribile storia dei preti pedofili ricorrendo ai soliti trucchetti.
Questa volta l’hanno fatta troppo grossa e per troppo tempo ed a livelli troppo altri per uscirne indenni, a meno che non si producano in atti clamorosamente in discontinuità col passato , cosa che invece è proprio quello che la gerarchia cattolica odia fare.
Il più importante settimanale tedesco, non solo per tiratura, ma proprio per prestigio conquistato sul campo, Der Spiegel nell’ultimo numero ha pubblicato un editoriale scioccante per i cattolici italiani , abituati ad “obbedir tacendo” .
Per farla breve diceva che la papessa dei cristiani luterani tedeschi si era subito dimessa dopo essere stata trovata alticcia al volante, in quando aveva ritenuto che la sua autorità morale fosse ormai non più percepita come credibile dopo la contestazione di una infrazione stradale .
Ed allora che dovrebbe fare il papa romano che si vede contestato dal forse più importante giornale del mondo il New York Times, non una contravvenzione stradale ma l’ accusa di avere coperto le nefandezze di due preti uno Father Murphy negli Stati Uniti nel Wisconsin ,accusato di avere abusato di 200 ragazzi sordi, ai quali avrebbe dovuto badare,molti dei quali hanno scritto poi per anni decine di lettere al Vaticano senza avere risposta, ma peggio ancora l’ arcivescovo del Wisconsin aveva scritto al Card. Ratzinger chiedendone la riduzione allo stato laicale di quel prete, senza avere nemmeno lui avuto risposta.
Un altro caso clamoroso è emerso nel suo paese in Germania proprio a Monaco,città della quale è stato Vescovo,il caso di Don Peter Hullermann ,per il quale l’arcivescovo avrebbe ricevuto dalle 700 alle 1000 segnalazioni.
Purtroppo questo fiero difensore della purezza dottrinaria, seguendo per temperamento e convinzione la dottrina e la prassi più tradizionalista della chiesa si è impiccato con le sue mani, quando da titolare del Sant’Uffizio, divenuto Congregazione per la dottrina della fede ha scritto a tutti e vescovi dell’Orbe per imporre la norma che i casi di pedofilia venissero avocati alla esclusiva competenza della sua congregazione, esattamente come la Santa Inquisizione,quattro secoli e mezzo fa’aveva avocato alla sua esclusiva competenza i casi di presunta eresia.
Dal momento che quel documento è agli atti di Santa Romana Chiesa ,ora i tentativi della curia di coprire il vertice dicendo che i casi specifici non erano stati seguiti direttamente da Card Prefetto sono aria fritta.
In qualsiasi organizzazione dal circolo del tennis alla multinazionale il capo è il responsabile, e porta onori ed oneri della istituzione che rappresenta.
Di conseguenza diceva lo Spiegel a maggior ragione il Papa romano porta personalmente la responsabilità di almeno quei due casi di copertura di situazioni pesantissime.
Per di più aggiunge, essendo lo stesso papa nei suoi cinque anni di Pontificato caduto incautamente in una serie preoccupante di errori che hanno peggiorato di molto i rapporti fra cattolici ed ebrei, fra cattolici e islamici, dando comunque l’impressione di non essere in grado di governare la Chiesa, con queste ultime vicende ha distrutto la credibilità della sua autorità morale e quindi per fare uscire la istituzione che presiede da questa situazione può solo dimettersi.
Maurine Dawd, editorialista al vetriolo del medesimo N.Y.Times di oggi rincara la dose dicendo che il conclave, che seguirebbe alle dimissioni del papa se volesse salvare la chiesa dalla caduta di ogni credibilità causata da queste vicende dovrebbe dimostrare di avere capito la necessità di una radicale inversione facendo proclamare dal balcone di San Pietro non il rituale “habemus Papam” ma un più adatto “Habemus Mama” cioè abbiamo una Papessa.
Nel mondo anglosassone seguono la logica , sono pragmatici e quindi sono abituati i problemi a risolverli, noi purtroppo nel nostro piccolo mondo antico siamo abituati a gingillarci in vuote dispute dottrinali o ideologiche per coprire la volontà di lasciare le cose come stanno.
Temo quindi che Benedetto XVI il prossimo Venerdì Santo non si dimetterà e lascerà che la Chiesa si vuoti a poco a poco.

domenica 14 febbraio 2010

Una casa per i Cattolici sociali, (o democratici, o popolari, chiamateli come volete)

C'è un mondo cattolico di dimensioni ragguardevoli, che da tempo non ha pressoché alcuna visibilità.
All’interno della chiesa istituzionale e dei media da lei controllati nei decenni di governo di Ruini è stata emarginata completamente in quanto non gradita alle scelte politiche di sua Eminenza.
Avvenire per fare un esempio non si è mai peritato di riportare le opinioni plurali e pluralistiche che sono sempre esistite ed esistono all’interno del mondo cattolico, ma solo l’opinione dei vertici ruiniani, salvo ovviamente fare accenno alle poche voci progressiste presenti all’interno dell’episcopato.
All’esterno la perdurante piaggeria verso il potere in carica, quale che esso sia, e l’autocensura tipica dei media italiani li ha fatti allineare di buon grado con le direttive ruiniane.
Disgraziatamente la gran parte di questi cattolici politicamente fa riferimento al centro sinistra che in questi ultimi tempi ha goduto di pessima salute.
Ma chi sono questi fantasmi?
Non è difficile da definire questo popolo quanto a valori di riferimento, perché questi sono semplicemente quelli usciti dal Concilio Vaticano II.
Per essere concisi :
-riferimento al nudo messaggio evangelico piuttosto che all'ormai elefantiaco patrimonio dogmatico;
-alla carità ed al servizio del prossimo, piuttosto che alle istituzioni ,alle gerarchie ed alla ragion di stato del Vaticano;
-dialogo con tutte le culture e religioni piuttosto che alla proclamazione di una verità rivelata in esclusiva una volta per tutte e già preconfezionata con la risposta a tutto;
-scelta di campo in favore dei poveri, piuttosto che per la preventiva difesa degli interessi dei privilegiati;
-apertura e fiducia verso la scienza, la modernità, la laicità dello stato.
In parole povere i cattolico-sociali o democratici o popolari, chiamateli come vi piace di più,sono coloro che non si chiedono cosa lo stato non ha fatto abbastanza per difendere la loro “sicurezza”,i loro “valori di appartenenza”, le loro “radici”, ma si chiedono invece che cosa debbono fare loro per gli altri e per lo stato.
Sono coloro che amano mettersi in ascolto dei “segni dei tempi” per ricercare pazientemente con il dialogo e la tolleranza quella verità che non è mai acquisita una volta per tutte e che nessuno ha mai in tasca, lavorando insieme agli altri, non richiudendosi nelle mura di appartenenza.
Questa cospicua fetta del mondo cattolico non c'è dubbio che esista ma anche che non è visibile da parecchi anni.
Tralasciamo i riferimenti che questa cospicua opinione nel mondo cattolico ha nell’episcopato, nei “preti di strada” e nella cultura cattolica, anche perché sono noti a tutti e limitiamoci alla rappresentanza politica.
Purtroppo perso il riferimento con le grandi figure del passato, quando si parla di cattolici popolari, viene spontaneo dell’opinione pubblica il riferimento a Prodi.
Ora Prodi è una degnissima persona, un accademico di livello indiscutibile, un cattolico che ha una storia politica personale di grande peso e che ha avuto maestri del peso di Dossetti e di Andreatta, ma come politico ha fallito e non è sensato riproporre oggi una figura che nell’immaginario collettivo fa il paio con Jimmy Carter negli Stati Uniti,il perdente per definizione.
E’ ben comprensibile che fra la pletora di mezze calzette che costituiscono la classe politica italiana di oggi, Prodi appaia come una figura di ben altra levatura.
Ma pur avendo operato in situazioni più che difficili,quasi impossibili (come si fa a governare praticamente senza maggioranza e con alleati tipo Bertinotti e Pecoraro Scanio ?) non ha dimostrato capacità di leadership.
Però ritiratosi Prodi con molta dignità, il problema rimane più insoluto di prima.
A chi o a quale casa possono fare riferimento i cattolici popolari?
Gli ex comunisti avranno anche nelle loro file qualche elemento personalmente vicino alla cultura cattolica come lo stesso Bersani, ma insomma è inutile negare che sono altro, hanno un’altra storia alle spalle e il fatto che in maggioranza abbiano abiurato alle loro radici è anche peggio, perché ora non sanno nemmeno loro cosa siano e come si vogliano definire.
La pattuglia dei teo-con, che risiedeva nel Partito Democratico probabilmente aveva dall’inizio sbagliato indirizzo, giacché non si vede cosa c’entrassero l’Opus Dei e dintorni con chi fa riferimento a Dossetti e Lazzati.
E allora che rimane? Senza nulla togliere alla buona volontà ed all’impegno personale di Parisi , di Rosy Bindi, di Franceschini o di Letta ,siamo lontani da figure di sufficiente rappresentatività.
E allora si fantastica periodicamente su eminenti figure della società civile o del mondo cattolico, che si vorrebbe scendessero in politica : dal banchiere Bazzoli, ad Andrea Riccardi fondatore di Sant’Egidio. Varrebbe certamente la pena di provarci, dato il loro livello, ma non si può candidarli se loro non vogliono.
Fatto sta che più il tempo passa più si rischia di dover trovarsi davanti a situazioni che questi governi berlusconiani di dilettanti allo sbaraglio non saprebbero neanche da parte cominciare per affrontarle. Penso a un peggiorare di una situazione economico finanziaria già precaria col rischio di essere buttati fuori dall’Euro o a un risveglio se pure tardivo dell’opinione pubblica che quando dorme per troppo tempo poi al risveglio di solito reagisce in modo scomposto se non violento.
Una soluzione urgerebbe quindi.
Però anche questa parte del mondo cattolico della quale stiamo parlando pur avendo a sua discolpa il fatto di avere subito l’oscuramento nel quale è stata messa, tarda troppo a raccordarsi e a dare segnali di esistenza.

martedì 9 febbraio 2010

Chi vuole la Chiesa dei misteri.

Sono uscito sconvolto dall'aver assistito alla trasmissione di Gad Lerner di ieri sera su caso Boffo e finanze vaticane.
Si fronteggiavano un appesantito e invecchiato Vittorio Messori ,prima penna del giornalismo “cattolico”, fiancheggiato da un pimpante Luigi Amigone, direttore della rivista di C.L. da una parte e dall’altra Vito Mancuso, teologo progressista, fiancheggiato da Adriano Prosperi storico laico della Chiesa, accademico di prima grandezza.
Al centro Gianluigi Nuzzi autore del best seller Vaticano S.p.A, documentante le malefatte della finanza vaticana , che ha venduto la bellezza di 200.000 copie non ostante l’oscuramento e l’autocensura dei media italiani e un giornalista di Avvenire, difensore d’ufficio di Boffo.
La parte del coro era sostenuta dal tipico popolo di Padre Livio di Radio Maria, pie donne provenienti da gruppi parrocchiali o di preghiera di Padre Pio.
Il primo argomento sparato da Amigone è stato questo : non è successo niente.
Inutile fare illazioni su presunte fazioni vaticane in lotta fra di loro.
Il caso Boffo è stato generato solo dalla imprudente volontà di Feltri di iniziare la sua direzione del giornale di Berlusconi con uno scoop clamoroso, che avrebbe danneggiato lo stesso Berlusconi.
Il più scafato Messori, probabilmente trovando deboluccia l’argomentazione del ciellino, ha sostenuto che sì anche lui era inizialmente dello stesso parere, ma che poi visto come si mettevano le cose si è convinto che verosimilmente in Vaticano sia in corso una resa dei conti fra diverse fazioni e in particolare fra i ruiniani,(dal Card.Camillo Ruini ex presidente della Cei per gli ultimi decenni, autore, per farla breve ,della discesa in politica della chiesa italiana) , che erano il vero bersaglio del caso Boffo da una parte e dall’altra Segreteria di Stato (Bertone) e Osservatore Romano (Vian) con in mezzo il vaso di coccio della Cei (il timido Bagnasco).
Lerner ha chiarito che da credibili illazioni e dalla posizione dei fans delle parti (per esempio insistenti articoli di Ferrara sul Foglio) Feltri sarebbe in grado di documentare che la famosa falsa velina che accusava Boffo di essere omosessuale e di avere molestato telefonicamente una signora sarebbe a lui pervenuta da parte dello stesso direttore dell’Osservatore, lasciando intendere la copertura della Segreteria di Stato.
Il povero Messori, che sul Corriere aveva scritto articoli di rara perfidia a carico di Boffo, si è trovato a mal partito, incalzato da Lerner.
Ha cercato di sostenere la tesi inverosimile che si riterrebbe amico di Boffo, ma è caduto nel tranello tesogli dal volpone Lerner quando ha ceduto alla vanità di confessare che dopo i suoi articoli aveva ricevuto numerose mail di incoraggiamento da molti autorevoli personaggi vaticani.
Messo all’angolo è venuto fuori veramente il peggio.
Il mite ma lucidissimo Mancuso aveva osservato che il cristianesimo si basa sulla fiducia della gente sul messaggio di giustizia e di carità del Gesù Cristo storico e che i comportamenti incoerenti della attuale gerarchia della Chiesa danneggiano la chiesa stessa e dimostrano la sua inadeguatezza rispetto al ruolo che ricopre.
Non l’avesse mai detto.
Immediata è stata la reazione, quasi rabbiosa , all’unisono di Opus Dei Messori e di C.L. Amigone.
Basta coi moralismi!
Il cristianesimo non è una morale, anzi Messori ,esprimendosi in inglese come una volta i preti che cercavano di incantare gli incolti parlando in latino, ha detto testualmente la morale è un “follow up”, prima viene San Paolo e il mistero della passione e resurrezione di Cristo.
Il ciellino rincarava la dose dicendo che anche i buddisti tibetani del Dalai Lama predicano giustizia e carita, bravo! aggiungeva Messori e anche Confucio diceva le stesse cose.
Il mite Mancuso a questo punto tendeva a incavolarsi replicando a muso duro, se pensate al giorno d’oggi di tirare in ballo il mistero quando non riuscite a trovare argomenti spendibili, siete messi male.
Il laico Adriano Prosperi ha dato il suo contributo per passare da una pseudo teologia a considerazioni sulla realtà delle cose e ha detto in sostanza che in Italiano l’atteggiamento di coprire le malefatte morali di personaggi importanti per il solo fatto che sono importanti si chiama ipocrisia e mancanza di trasparenza, ma non è servito a molto.
Lerner furbescamente a questo punto ha pensato di raffreddare il dibattito interpellando il coro delle pie donne.
Queste si sono dimostrate parecchio disorientate dagli argomenti pseudo teologici sul tappeto, sui quali non si sentivano in grado di interloquire, ma con pacatezza osservavano che sì in effetti pareva loro che Gesù Cristo avesse detto le cose che riportava Mancuso.
Le cose non sono migliorate quando si è passati all’argomento finanze vaticane, gestite per decenni da avventurieri di malaffare, come documentato da Nuzzi.
Tutto giustificato.
Per Messori la chiesa ha bisogno di molti soldi per finanziare ospedali scuole ecc. in ogni parte del mondo, per il ciellino il nero lo hanno fatto tutti, anche i comunisti e nessuno ha fatto inchieste su di loro.
Singolare che messi alle strette la pseudo teologia di CL e la pseudocultura del berlusconismo ricorrano agli stessi argomenti.
E questi (Opus Dei e Ciellino) moderni apologisti pensano di essere i depositari della verità e della fede e di difendere la chiesa con questi argomenti ?
L’argomento principe usato da tutti e due è stato questo : in duemila anni la chiesa, istituzione basata sul mistero e che è visibile tramite il maestro della ortodossia che è il papa con la gerarchia, ha dimostrato che se è corroborata da pastori santi, meglio, ma anche se è retta da maniaci sessuali come papa Borgia, sta in piedi e va avanti lo stesso.
Evviva.
Avete capito pie donne? La vostra chiesa si reggerebbe su questa penosa verità esposta a suo tempo dal fine teologo Marchese del Grillo : “io so’ io e voi non siete un c….o”
Non è il comportamento morale o immorale delle gerarchie, che induce alla fede o induce a lasciare la fede secondo Messori.
E questo è veramente il punto.
Lor signori non si sono accorti che la chiesa retta da gente che la pensa come loro non ha provocato per reazione scismi, come accadeva un tempo, ma giorno per giorno è divenuta tanto ininfluente sulla vita della gente da scomparire praticamente di scena dal nord delle Alpi all’Est Europeo e non è poco.
Bravo l’inguaribile trionfalista Messori quando ricorda che il cristianesimo vuol dire un miliardo di persone nel mondo.
Peccato però che si dimentichi di citare il resto del mondo : totale popolazione mondiale aggiornato ad oggi 6.801.400.000.
Vogliamo fare la percentuale dei cattolici come dice Messori? Viene fuori il 14,7%.
Lo sanno Messori e compagni che gli asiatici rappresentano il 60% della popolazione mondiale e che l’Asia è tutt’ora praticamente impenetrabile al cattolicesimo e quindi se in Europa le cose vanno male, fuori vanno anche peggio?
Non sarà che la gente non è poi così ignorante come viene da loro giudicata e non si accontenta più dei misteri,come faceva nel medioevo, ma vorrebbe argomenti un po’ più verificabili razionalmente?
Non sarà che la gente la pensi esattamente all’incontrario di come la si pensa nei corridoi del potere ecclesiastico dove vanno a raccattare le ghiotte notizie i Messori e gli Amicone, fra zucchetti viola (vescovi) o porpora (cardinali) ?
Non sarà che la gente ne sa abbastanza per capire da sola che i prelati che si occupano solo di lotte di potere , di soldi e di privilegi non hanno nulla a che fare con quel che Gesù Cristo che aborriva potere soldi e sommi sacerdoti e giorno dopo giorno semplicemente se ne va via e li lascia soli nei loro vistosi appartamenti?
“Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli dei cieli i loro nidi, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Matteo 8,20).
Che parole formidabili,ma quanto lontane!