venerdì 13 dicembre 2013

I forconi ex ceto medio ridotto a vivere con 700 € al mese



I cassintegrati, per chi non lo sapesse, devono vivere con 7/800 € al mese e sono molti  più del 1.500.000 registrato nel 2012.
I precari erano 3.300.000 nel 2012 e navigano con stipendi attorno ai 900 € al mese .  
I pensionati sono 16.700.000, la pensione media è di 860 € , il 17% è sotto ai 500 €
I disoccupati sono oltre il  12%.
I giovani disoccupati sono il 40% + il 20%, che sono quelli che non studiano e non cercano lavoro, e arriviamo al 60% di inattivi, è un dato impressionante.
Le donne inattive sono il 48%, il dato più alto della UE.
Lo stipendio medio degli  italiani è di 1.300 € , 900 per i neo assunti, 1.040 per le donne, 1.000 per gli stranieri.
Le partite Iva sono 7.000.000, ma oltre 2.000.000 sono inattive, e delle 5 milioni rimanenti, ce ne sono un mare a reddito appunto da 800€, anche se la media è di 1.400.

E’ antipatico snocciolare dati, ma occorre farlo per capire come siamo caduti in basso, in poco più di vent’anni.
Se una marea di gente deve vivere  con  800 € o poco più, occorre ricordare, che a Milano l’affitto di un monolocale costa più di 600 €, più spese di condominio , poi ci sono da pagare le bollette delle utenze, dopo di che o si va a mangiare alle mense della Caritas, o ci si fa aiutare da familiari, che magari sono anche loro al limite.
Con i dati sopra riportati, non c’è da stupirsi che ci siano per le strade quelli dei forconi a protestare un po’ su tutto, ma c’è da stupirsi che quella stessa gente, sia stata buona fino adesso, in quelle condizioni.
Con questi dati, i politici, che tentano di inserirsi nella protesta ,come Berlusconi, che ha governato l’Italia per 20 anni, o Salvini della Lega ,che ha co-governato, o i vari movimenti fascisti, sono addirittura patetici, talmente sono del tutto privi di una minima credibilità.
Che fanno, protestano contro sé stessi?
Le forze presunte di sinistra, sono ancora più penose, quando commentano irritate, che si tratta solo di fascisti, dimostrando di ignorare il problema.
Rimane Grillo, che non è compromesso col passato, ma che è chiamato a un compito, forse superiore alle sue capacità.
Se prima aveva un compito difficile, ora è costretto a camminare sulla corda senza tenda sotto.
Non è neanche un anno che i 5Stelle sono stati eletti.
Avevano assoluto bisogno di tempo per capirci qualcosa e fare un veloce corso di addestramento.
Hanno spesso preso atteggiamenti penosi.
Non si sono però compromessi e non si sono venduti.
Ma forse non basta.
C’è la novità di Renzi, segretario del PD, acclamato per mettere all’angolo i vari D’Alema e gli altri mandarini dell’ex PCI, che si sono in questi anni comportati peggio del peggiore democristiano.
Ma basterà Renzi?
Ha un programma nascosto nelle nebbie e quel poco che è venuto fuori è più che preoccupante, come l’andare a spogliare le pensioni in corso, di quello che percepiscono più dei contributi versati.
Per aspetti come questi è perfino peggio di Berlusconi, che oltre alle note buffonate si è limitato a governare facendo assolutamente nulla.
Per il resto è indubbio che se vincesse le elezioni lui sarebbe   meglio Renzi di Berlusconi.
Sinceramente però continuo a diffidare del modo di fare politica di Renzi.
Non vedo perché si debba essere costretti a firmare in  bianco la fiducia a un personaggio molto bravo nella comunicazione , ma che nemmeno si degna di proporre le sue idee guida strategiche.
Non mi piace la politica ridotta a un personaggio, personalizzata all’estremo.
Non mi piace la politica fatta in televisione.
Non mi piace uno che governa un partito, che dovrebbe essere di sinistra, ma che è chiaramente  ancorato a idee di politica economica liberista.
Non mi piace chi è tutto per il privato e niente per lo stato.
Non mi piace uno che ispira a Tony Blair, che è stato un gigantesco mentitore su un argomento pesantissimo come la guerra in Iraq.
Non mi piace chi gioca tutto sull’apparire.
Tutto questo mi richiamo troppo il berlusconismo.

Vedrei bene Renzi in un caso solo, se fosse capace di dialogare con i 5 Stelle, ma non ne ha neanche in mente, anzi considera i 5 Stelle il suo avversario da spolpare.

giovedì 12 dicembre 2013

Domani il futuro, un futuro di progresso tecnologico ineluttabile



Sta per finire un anno e cominciarne un altro.
Allora la gente, noi,  siamo portati a fare bilanci.
Ma non è di questo che vorrei parlare, anche perché, in crisi eravamo, ed oggi, siamo in una crisi ancora peggiore, nonostante le ripetute panzane, sparate dai nostri indegni governanti.
Mi interessa molto di più, invece, guardare al futuro, ma non nel senso di cosa farò io o cosa saremo noi l'anno prossimo.
Quello che mi interessa è guardare al futuro, nel senso di ineluttabile e straordinario progresso tecnologico.
Forse, è anche per questo che i governanti, appaiono così incerti,  e i politici, così terribilmente inadeguati.
Perché, se fossero anche onesti e preparati,  e non lo sono,  troverebbero ugualmente parecchio difficile star dietro al progresso esponenziale della tecnologia.
Ho detto senza volerlo “stare dietro”,  perché,  se è palesemente difficile,  star dietro,  governare questi fenomeni è quasi inverosimile per uomini, che sembrano rimasti indietro di troppo.
Eppure il compito della politica, con la P maiuscola, sarebbe proprio quello di governare, cioè di indirizzare i fenomeni,  non di lasciarsi trascinare da loro.
Ci sono appena stati  servizi televisivi e paginate di giornali per ricordare il mito positivo di John F. Kennedy e di Nelson Mandela.
Kennedy aveva  dato a vedere di voler fare proprio questo tipo di politica con la P maiuscola.
Il suo messaggio, in sintesi, era questo:  siamo la nazione più potente del mondo, abbiamo risorse materiali tecniche e umane impressionanti.
Se vogliamo, noi siamo, per la prima volta nella storia dell'umanità, nelle condizioni di poter risolvere i problemi, che né i nostri padri, né i nostri  progenitori consideravano risolvibili,  perché erano convinti che le discriminazioni fra razze, classi e persone fossero ineluttabili per natura.
Invece noi siamo nelle condizioni di poter vincere, per esempio, la povertà nel mondo e ridurre drasticamente la mortalità per malattie endemiche soprattutto nei paesi emergenti.
Siamo nelle condizioni di vincere l'ignoranza , anche dove non esiste un sistema scolastico adeguato.
Ognuno ci mette la sua parte di impegno.
Non chiedetevi mai cosa l'America può fare di voi,  ma cosa voi potete fare per l'America e per il mondo.
Nelson Mandela è stata un’altra formidabile  icona  di cosa rappresenta la politica con la P maiuscola, realizzando l’abolizione dell’apartheid senza fare la guerra civile, un’impresa quasi impossibile.
Questa, la politica vera ed alta, oggi può proporsi obiettivi ancora più ambiziosi se si propone di studiare, conoscere e capire le impressionanti potenzialità delle moderne tecnologie, per usarle a favore del progresso e per il bene dell'umanità.
Ecco, è di questo che conviene parlare ora, vicino all’inizio di un nuovo anno.
Perché qualunque sia il livello delle classi politiche nel mondo, la tecnologia andrà avanti.
Almeno questa è una grosso motivo di soddisfazione : la stupidità, l’ignoranza, la corruzione, i pregiudizi, i fondamentalismi e i dogmatismi non potranno farci nulla contro il potere della tecnologia che ormai avanza di forza propria,  piaccia o non piaccia.
Il progresso in atto nella tecnologia è semplicemente impressionante  e tale da prospettare scenari da fantascienza, per il domani prossimo.
Propongo tre esempi, che tutti probabilmente conoscono, per averne  letto o visto, come anticipazioni di stampa, tre fantascientifiche applicazioni, studiate dai gruppi industriali più all’avanguardia come Google e Amazon.

-  I Google Glass,  gli occhiali ,dotati di telecamera incorporata e di un piccolo schermo televisivo, che  viene proiettato sulla retina, ovviamente connessi col Web.
È uno strumento detto di “realtà aumentata”, che consente a chiunque li porti di poter fare foto e filmati dagli occhiali, in qualsiasi momento e situazione e di inviare poi quelle immagini via Web ad altri, sui loro computer, tablet,  telefonini o altri Google glass.
Si potranno dettare messaggi e spedirli, si potrà vedere un notiziario televisivo o un qualsiasi filmato, sempre camminando o in qualsiasi situazione ci si trovi, con gli occhiali sul naso, si intende.
Roba da fantascienza, indubbiamente, ma acquistabile in America da qui a poco, e in Europa, pare, nella primavera prossima.
Ma comunque in giro per il mondo ci sono già un sacco di questi strumenti,  per poter testare il prodotto.
E pare che abbiano riscosso un primo grande successo fra i chirurghi, che così possono rivedersi le operazioni e valutarsi.
Si pensi all'utilizzo di questo strumento, non come cosa bellissima,  ma da  classificare fra i beni superflui, quanto invece per cosa potranno diventare ad esempio per molti disabili.
I sordi potranno vedere scritto sullo schermo, proiettato nei loro occhi dagli occhiali, quello che gli altri dicono e che prima non potevano conoscere, usando software già comuni oggi.
Si pensi, poi, a tutti gli sviluppi possibili, ad esempio :  parlare nella propria lingua e fare in modo che gli altri sentano nella loro lingua, perché includendo questo aggeggio, praticamente, un piccolo computer, questo può far girare diversi programmi, compresi quelli di traduzione.

-  Come se non bastassero i Google glass, Google ha impegnato capitali ingenti sul progetto dell’auto, che viaggia  senza pilota.
L'auto che viaggia senza guidatore umano,  in prova ha già fatto un numero enorme di kilometri, senza causare alcun incidente ed è lecito prevedere che di qui a non molto apparirà sul mercato.

- Anche se Amazon ha sfruttato le foto del “drone Amazon”,  per consegnare i pacchi al posto del postino, al momento giusto, per poterlo usare ai fini della propaganda di vendita prenatalizia,  è assolutamente chiaro, che la tecnologia dei droni per uso civile (elicotteri in miniatura) è già in uso da tempo.
Ad esempio per monitorare lo stato dei ghiacciai; per monitorare lo stato dei monumenti storici o lo stato delle infrastrutture;  per portare viveri ai rifugiati in aree di guerra o siti difficilmente raggiungibili; per semplice uso cine-fotografico nei deserti o altri luoghi inospitali, eccetera, eccetera.

Ma al di là delle meraviglie tecnologiche di Google e Amazon , i due settori, che cambieranno in modo assolutamente radicale la nostra vita, nel prossimo futuro, sono probabilmente  la bionica e le nanotecnologie.
Tutti abbiamo sperimentato l'enorme aiuto, che ci possono dare i computer per fare cose. ma soprattutto per usarli come espansione del nostro cervello, sia per accumulare dati su supporti informatici, sia per cercare e usare i dati archiviati in tempi velocissimi.
Ora, facciamo un altro passo in avanti, e pensiamo a cosa saremo, quando alcuni dei componenti dei computer saranno materialmente inseriti nel nostro corpo per migliorarne e allargarne le prestazioni.
Questa è la parte più intrigante della bionica.
Avrà impieghi formidabili , e già ne ha parecchi,  innanzitutto per far sì che disabili non siano più disabili.
Per far vedere i ciechi, o per far funzionare perfettamente un arto artificiale, come se fosse di carne ed ossa.
Inutile ricordare le gambe bioniche di Oscar Pistorius, che gli hanno permesso di fare atletica ai massimi livelli.
Non da meno  sono le nanotecnologie.
Possono usare  componenti dei computer, su supporti tanto piccoli, da risultare invisibili, aprendo scenari ancora più importanti e inesplorati e non tutti, tali da non impensierirci.
Infatti, è noto che moltissimi laboratori stanno lavorando per studiare congegni per i più disparati usi militari.
Un altro campo nel quale si sta lavorando alacremente nel campo delle nanotecnologie è quello della fabbricazione di tessuti di tipo del tutto nuovo, ad esempio tessuti totalmente idrorepellenti.
O vernici o altri supporti da usarsi negli edifici per impedire in modo assoluto alla polvere ed allo sporco di fissarsi, renderli autopulenti.
Non parliamo poi,  dei possibili impieghi in campo medico diagnostico, dove è evidente, che usare congegni microscopici,  da ingerire o da inserire nel corpo, in grado di trasmettere dati di ogni genere, con tecniche totalmente non invasive, significa essere vicini a disporre di strumenti diagnostici, non solo a dolore zero, ma anche a disagio zero, per il paziente.
Questo è  un campo nel quale perfino il termine fantascienza appare inadeguato.
Se Kennedy, cinquant'anni fa, poteva dire quello che ha detto, ed essere considerato credibile, con la tecnica di oggi, enormemente più potente, 'l'umanità è già ora in grado di vincere le sue battaglie,  per la prima volta nella storia, allargando di molto i limiti dell'umano.
Siamo, in questi campi, talmente ai limiti dell’umano, che la politica, ma anche le religioni, sono messi di fronte a realtà, che le sorpassano talmente di tanto, da essere costrette ad annaspare e ad accampare vere o presunti dilemmi morali, quasi sempre  per mettersi di traverso alle sperimentazioni ed alla ricerca.
Non è un caso ad esempio, che i paesi europei, nei quali la ricerca sulle nanotecnologie è più trascurata, diciamo per resistenze ambientali, sono l’Italia e l’Irlanda, cioè i due paesi ritenuti teoricamente più cattolici degli altri.
Del resto, già da parecchi anni, il decano dei filosofi italiani, Emanuele Severino, aveva studiato in profondità la questione del potere della tecnica e aveva sostenuto, che, ineluttabilmente, la tecnica ha preso il posto di Dio e nessuno è più in grado di cambiare questo rapporto di forza.
La tecnica non è né buona né cattiva.
È però una forza enorme, che l'uomo, forse, come dicono i filosof, non è già più in grado di controllare, anche per i limiti del nostro cervello, che non può raddoppiare di velocità ogni tot anni, come fanno i computer, a seguito del progresso tecnico.
La nostra natura,  però, ci spinge a provarci, diversamente non saremmo più umani.
Non dimentichiamo, che le nostre radici culturali, assorbite dall’evoluzione, sono pur sempre negli immortali miti classici di Prometeo di Icaro e di Ulisse.
Come ci ricorda Dante nei celebri versi del Cap. XXVI dell’Inferno riferiti al mito di Ulisse :         
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”
La riflessione filosofica va sempre presa in considerazione con il massimo rispetto anche in questo caso.
Va detto però, che la visione sopra riportata di Severino, risulta  eccessivamente prigioniera di una cosmologia geocentrica.
Cioè, la tecnica si è impadronita dell'umanità sulla terra , ma la scienza ha una prospettiva molto più  ampia.
La scienza moderna parla infatti di un universo infinito ed eterno.
Margherita Hack, diceva, che noi umani siamo dalle formichine, che si agitano nell'infinita vastità del cosmo.
E quindi, la nostra tecnica, pur potentissima, non può fare altro che solletico all'universo.
E’ antipatico da dirsi e da metabolizzare, ma l’universo è totalmente indifferente a noi ed a quello che facciamo.
Se è lui dio, è un dio che non ci ama e nemmeno ci odia, ma che ci è estraneo.
Lasciamo pure perdere i miti religiosi di tutte le latitudini geografiche, tutte le teologie e tutte le dogmatiche, utili solo per suggerire intuizioni,  ma non certo per spiegare alcunché, e nemmeno più per consolare l’uomo moderno.
Rimane però il fatto, che chiunque coltivi interessi di carattere spirituale, usando le più varie discipline, lo fa anche perché non può non rilevare la sensazione, l’intuizione, chiamatela come volete, che quello che il senso comune intende come dio, sia soprattutto dentro di noi.
Tanto da rendere tutt’altro che inverosimile la famosa frase di Feurbach, condivisa poi da Nietzsche  : non sono gli dei, che hanno inventato o creato gli uomini, ma sono gli uomini che hanno inventato gli dei.
E quindi,  pur prendendo come punto di partenza, per qualsiasi ragionamento, le acquisizioni della scienza, che allo stato ci dicono, che il mondo appare governato dal caso, e che quello che chiamiamo spirito, anima, pensiero finisce al finire del cervello, che con le sinapsi fra i neuroni genera fisicamente il pensiero, niente ci impedisce di cercare con decisione vie che possano rendere verosimile quelle intuizioni di cui si diceva sopra, in base alle quali sia possibile rendere verosimile l’esistenza autonoma del pensiero e dello spirito.
L’immortalità del pensiero e dello spirito.
Lavorando quindi sull’ ipotesi, portata avanti dalla riflessione filosofica e dalla teologia più avvertita, secondo le quali, quello che chiamiamo spirito o  pensiero,  si possa considerare veramente qualcosa di più e di diverso del prodotto fisiologico materiale del funzionamento dei neuroni cerebrali e quindi risiedente autonomamente su qualche supporto, ancora ignoto.
L’enorme vantaggio, che la scienza ha sulle cattive teologie, imbalsamate nei loro dogmi, è il fatto che, per definizione, la scienza stessa è in continua evoluzione, e le neuroscienze in particolare ci aprono di continuo a nuove conoscenze.
La tecnica informatica, ad esempio, ci spinge a ipotizzare nuovi orizzonti a questo proposito.
Oggi la memoria dei computer ha fatto progressi talmente rapidi e clamorosi, che ci consente oggi di archiviare quantità assolutamente enormi di dati, per quantità quasi illimitate.
È quindi tecnicamente possibile archiviare quello che ogni singolo essere umano ha pensato nel corso di tutta la sua vita.
Riflettendo su questo fatto, per analogia, è difficile non andare a coltivare delle suggestioni affascinanti.
Per esempio, si potrebbe ipotizzare, che ci sia già tutto il pensiero, elaborato dall'umanità  nei 200.0000 anni, da quanto è comparso l’homo sapiens sulla terra, archiviato da qualche parte, che la scienza non ha ancora rivelato.
Le nanotecnologie, poi, ci inducono a coltivare altre suggestioni.

Infatti, se l’astrofisica ci consente, oggi, di conoscere l’universo come infinito ed eterno, il nostro orizzonte, probabilmente, si dovrà allargare ancora di più,  perché abbiamo di fronte a noi il campo, dove c’è quasi tutto ancora da scoprire, dell’ infinitamente piccolo, oltre al livello atomico e sub- atomico, che già ci ha rivelato le sorprese della meccanica quantistica, che ha rivoluzionato la nostra cosmologia e le nostre leggi fisiche, già una volta.

venerdì 6 dicembre 2013

Mandela è morto ma era già nel Panteon dell’umanità



Diversi anni fa ho letto la bellissima autobiografia di Nelson Mandela, sull’onda dell’euforia, derivante dalla possibilità di acquistare per la prima volta sul web libri nel circuito internazionale, senza sovra- costi di intermediari e con spedizione di una celerità sconosciuta, diversi anni prima della sua uscita in Italia.
Il personaggio era già un mito nella cerchia dei sessantottini e affini, anche se ne avevamo solo una conoscenza superficiale, ma era ben poco conosciuto dal più grande pubblico.
Purtroppo  in Italia ha avuto troppa poca eco anche la figura, che è stata vicinissima a Mandela nella fase della pacificazione nel dopo- apartheid, quella del vescovo anglicano Desmond Tutu.
La figura di Mandela risultava estremamente accattivante .
Come leader politico carismatico era anomalo per la sua epoca e per il suo continente, perché non era affatto un ideologo fanatico ed ancor meno era un sobillatore della lotta armata.
Per il mondo culturale nel quale è nata e cresciuta la mia generazione (quella dei non più giovani baby-boomers), Mandela risultava affine perché aveva più di qualcosa, che richiamava le figure austere e pulite del nostro Risorgimento.
A me, come a chissà quanti altri lettori, ha colpito il numero impressionante di anni che il nostro ha passato nella galera di quella piccola isola, che da lontano faceva intravedere il Sud Africa.
Ventisette anni, al primo colpo pensavo fosse un errore di stampa.
Per noi si tratta di un numero di anni di galera addirittura superiore a quello che in media passano gli ergastolani.
E’ molto interessante il modo come Mandela in quel libro descrive la sua lunghissima vita carceraria.
L‘impegno quotidiano, sistematico  e caparbio di dedicare tempo per istruirsi, tenersi al corrente e fare, nei limiti delle restrizioni carcerarie, scuola di politica con i suoi compagni.
Si era costruita una cultura anglosassone classica, e questo ovviamente lo favoriva nel cercare di capirsi con i suoi avversari del governo bianco Sud Africano, che pure erano di cultura anglosassone.
Con lo stesso impegno e caparbietà si dedicava con metodo all’esercizio fisico.
Sarà sempre uno sportivo appassionato, che del calcio e del rugby si servì anche come di strumenti potenti per fare aggregazione, al di là delle differenze di colore della pelle, di cultura e di lingua.
Di stirpe reale, in una piccola etnia di quella regione, si era trovato nella condizione di essere un africano, che sentiva di portarsi addosso la responsabilità per la sua gente.
Era un po’ nella condizione, che in Europa avevano quei cadetti di famiglie nobili, un tempo potenti e poi decadute, che però avevano nelle loro radici la cultura della nobiltà in senso positivo.
E poi la lunga preparazione, e infine la lotta per abolire l’apartheid, senza scatenare la guerra civile, cercando contemporaneamente di non cadere nella trappola dei contrapposti schieramenti geopolitici, in quegli anni di piena guerra fredda.
Ebbe successo, anche perché aveva la qualità principale del diplomatico di razza: cioè la capacità e la naturale inclinazione a fare lo sforzo intellettuale per mettersi nei panni dell’avversario, per cercare di individuare le sue esigenze  e possibilmente anche per entrare nei meandri delle loro motivazioni inconsce, passionali.
Ma la battaglia più grossa, perché più difficile  e coinvolgente sul piano umano l’ha dovuta combattere con le diverse componenti del suo schieramento, nel quale militavano molti compagni, troppo “compagni” nel senso di filo-comunisti.
Mosca era interessatissima ad inserirsi in quelle lotte e non badava a spese, cosa questa pericolosissima per quella congrega di intellettuali squattrinati.
La storia,   è lunga ed è andata a finire come sappiamo.
Mandela, primo presidente africano del Sud Africa ex bianco, anche se a stragrande maggioranza nera e premio Nobel per la pace.
Anche se questa è una storia bella e, una volta tanto, a lieto fine, non è però certo stata priva di ombre.
Anzi, soprattutto oggi, si vedono ambre molto fitte, costituite da una diffusa corruzione e da una impreparazione, a volte sorprendente di quella classe politica.
Madela era nato per volare alto e non per scendere nelle quotidiane grane dell’amministrazione e dell’economia.
Immaginiamoci, per fare un paragone, a noi più vicino, cosa sarebbe stato, se la sorte avesse voluto, che a fare l’unità d’Italia fosse riuscito non a Cavour, ma a Mazzini.
Ora Mandela è nel Panteon dell’umanità, perché è stato con umiltà e con sobrietà abbastanza grande da essere percepito come un eroe universale.
La lotta contro le discriminazioni di ogni tipo avranno sempre nella figura di Mandela il loro punto di riferimento.

Diversi anni fa ho letto la bellissima autobiografia di Nelson Mandela, sull’onda dell’euforia, derivante dalla possibilità di acquistare per la prima volta sul web libri nel circuito internazionale, senza sovra- costi di intermediari e con spedizione di una celerità sconosciuta, diversi anni prima della sua uscita in Italia.
Il personaggio era già un mito nella cerchia dei sessantottini e affini, anche se ne avevamo solo una conoscenza superficiale, ma era ben poco conosciuto dal più grande pubblico.
Purtroppo  in Italia ha avuto troppa poca eco anche la figura, che è stata vicinissima a Mandela nella fase della pacificazione nel dopo- apartheid, quella del vescovo anglicano Desmond Tutu.
La figura di Mandela risultava estremamente accattivante .
Come leader politico carismatico era anomalo per la sua epoca e per il suo continente, perché non era affatto un ideologo fanatico ed ancor meno era un sobillatore della lotta armata.
Per il mondo culturale nel quale è nata e cresciuta la mia generazione (quella dei non più giovani baby-boomers), Mandela risultava affine perché aveva più di qualcosa, che richiamava le figure austere e pulite del nostro Risorgimento.
A me, come a chissà quanti altri lettori, ha colpito il numero impressionante di anni che il nostro ha passato nella galera di quella piccola isola, che da lontano faceva intravedere il Sud Africa.
Ventisette anni, al primo colpo pensavo fosse un errore di stampa.
Per noi si tratta di un numero di anni di galera addirittura superiore a quello che in media passano gli ergastolani.
E’ molto interessante il modo come Mandela in quel libro descrive la sua lunghissima vita carceraria.
L‘impegno quotidiano, sistematico  e caparbio di dedicare tempo per istruirsi, tenersi al corrente e fare, nei limiti delle restrizioni carcerarie, scuola di politica con i suoi compagni.
Si era costruita una cultura anglosassone classica, e questo ovviamente lo favoriva nel cercare di capirsi con i suoi avversari del governo bianco Sud Africano, che pure erano di cultura anglosassone.
Con lo stesso impegno e caparbietà si dedicava con metodo all’esercizio fisico.
Sarà sempre uno sportivo appassionato, che del calcio e del rugby si servì anche come di strumenti potenti per fare aggregazione, al di là delle differenze di colore della pelle, di cultura e di lingua.
Di stirpe reale, in una piccola etnia di quella regione, si era trovato nella condizione di essere un africano, che sentiva di portarsi addosso la responsabilità per la sua gente.
Era un po’ nella condizione, che in Europa avevano quei cadetti di famiglie nobili, un tempo potenti e poi decadute, che però avevano nelle loro radici la cultura della nobiltà in senso positivo.
E poi la lunga preparazione, e infine la lotta per abolire l’apartheid, senza scatenare la guerra civile, cercando contemporaneamente di non cadere nella trappola dei contrapposti schieramenti geopolitici, in quegli anni di piena guerra fredda.
Ebbe successo, anche perché aveva la qualità principale del diplomatico di razza: cioè la capacità e la naturale inclinazione a fare lo sforzo intellettuale per mettersi nei panni dell’avversario, per cercare di individuare le sue esigenze  e possibilmente anche per entrare nei meandri delle loro motivazioni inconsce, passionali.
Ma la battaglia più grossa, perché più difficile  e coinvolgente sul piano umano l’ha dovuta combattere con le diverse componenti del suo schieramento, nel quale militavano molti compagni, troppo “compagni” nel senso di filo-comunisti.
Mosca era interessatissima ad inserirsi in quelle lotte e non badava a spese, cosa questa pericolosissima per quella congrega di intellettuali squattrinati.
La storia,   è lunga ed è andata a finire come sappiamo.
Mandela, primo presidente africano del Sud Africa ex bianco, anche se a stragrande maggioranza nera e premio Nobel per la pace.
Anche se questa è una storia bella e, una volta tanto, a lieto fine, non è però certo stata priva di ombre.
Anzi, soprattutto oggi, si vedono ambre molto fitte, costituite da una diffusa corruzione e da una impreparazione, a volte sorprendente di quella classe politica.
Madela era nato per volare alto e non per scendere nelle quotidiane grane dell’amministrazione e dell’economia.
Immaginiamoci, per fare un paragone, a noi più vicino, cosa sarebbe stato, se la sorte avesse voluto, che a fare l’unità d’Italia fosse riuscito non a Cavour, ma a Mazzini.
Ora Mandela è nel Panteon dell’umanità, perché è stato con umiltà e con sobrietà abbastanza grande da essere percepito come un eroe universale.

La lotta contro le discriminazioni di ogni tipo avranno sempre nella figura di Mandela il loro punto di riferimento.

giovedì 28 novembre 2013

Per decifrare il berlusconismo la neuropsichiatria non spiega tutto, ma aiuta



Non mi sono affatto meravigliato quando tre giorni fa  ho visto che il giornale più letto d’Italia, Repubblica, ha fatto scrivere l’editoriale di approfondimento sugli ultimi fatti politici a uno dei più noti psichiatri, Massimo Recalcati.
Arrivati allo snodo fondamentale della cacciata dalle istituzioni per indegnità, a seguito di sentenza definitiva, del leader per vent’anni del centro-destra, le cose si sono chiarite definitivamente, come se fosse intervenuto un nuovo 25 aprile?
Non ci crede nessuno e hanno ragione a non crederci.
Perché l’instabilità politica attuale, non è più un fatto basato sull’aritmetica parlamentare, come dovrebbe essere, prova ne è che per anni, Berlusconi al governo ha beneficiato di maggioranze parlamentari strabocchevoli, che gli avrebbero consentito di realizzare anche i programmi politici e le riforme radicali più ambiziosi, ma non ci ha nemmeno mai provato.
L’instabilità politica attuale è forse armai diventata un dato psichico della società italiana, che è ormai esausta e non crede più in niente e in nessuno.
Come farebbe la gente a fidarsi dei berlusconiani, che come si è appena detto, quando hanno avuto per anni e anni il potere non hanno saputo combinare alcunché?
E dei nuovi “diversamente berlusconiani”, per vent’anni cortigiani del Cavaliere?
E quelli del PD, che, salvo le brevi parentesi di Prodi, tra l’altro così poco esaltanti, ha “inciuciato” di continuo col berlusconismo, contrastandolo solo a parole, ma nei fatti dividendo con lui potere e soldi, guardandosi bene dal fare l’unica cosa che li avrebbe qualificati come avversari credibili del berlusconismo che è la legge sul conflitto di interessi.
Gli italiani dovrebbero fidarsi dell’astro nascente Renzi, il cui sostenitore ed esperto economico finanziario, Serra ha proposto anche in televisione ad 8 e mezzo la sua idea geniale per far quadrare i conti : tagliare le pensioni praticamente a tutti, facendo restituire la differenza fra il percepito e i contributi pagati, è credibile questo nuovo tribuno della plebe?
Rimane una sola forza politica, che contrasta realmente il berlusconismo e la deriva conseguente per il paese e sono i 5 Stelle, senza i loro voti e determinazione Berlusconi sarebbe ancora sul trono, questo è certo.
Sono giovani e puliti, ma tutti da loro si aspettavano di più, non inciuci, ma neanche questo assurdo fondamentalismo, che vieta loro di dialogare e accordarsi su problemi concreti col PD o con chi ci sta.
Meno male che ci sono, ma sono anche loro fonte di irritazioni continue.
Ecco allora la giustificazione del ricorso alla psichiatria.
Prima di tutto, per cercare di capire come sia stato possibile il ventennio berlusconiano, per di più  contemporaneamente ora finito, ma non finito.
Sul berlusconismo mi sono  posta da anni questa domanda, che è rimasta senza risposte soddisfacenti.
Come mai i più convinti e coriacei dei berlusconiani sono state anche molte persone, che non sono puttanieri e che anzi sono cattolici tradizionalisti, perfino pudichi; che non hanno frodato il fisco, ma che anzi hanno sempre pagato il dovuto e si sentono convinti difensori della legalità in ogni campo; che non beneficiano del potere e dei benefici della ricchezza e che anzi sanno di non essere mai stati ricchi e di non avere alcuna probabilità di diventarlo.
Cioè, in poche parole, come mai Berlusconi è riuscito a rendere credibile il più falso e inverosimile dei suoi slogan : io sono uno di voi?
Lo psicanalista Massimo Recalcati, su Repubblica, cita come spiegazione il meccanismo mentale elementare della “identificazione proiettiva”.
Questo meccanismo innegabilmente c’è , ma a me sembra, che nel caso specifico, occorra fare un ragionamento ancora più complesso e profondo per trovare una risposta convincente e verosimile.
Perché la gente, che ha come categorie definitorie del proprio sé : l’essere casa e chiesa, la legge e l’ordine, il tradizionalismo e il conservatorismo, dovrebbero lasciare che si sviluppi nel loro intimo l’identificazione proiettiva nelle categorie opposte : di uso  smodato del sesso ; di uso e abuso dei privilegi e dell’ostentazione della ricchezza; di disprezzo della legalità, considerandosi sopra ai divieti, valevoli per i comuni mortali, ma non per sé ; disprezzo per le regole democratiche, basate sulla rappresentanza politica, da superarsi con il culto del capo, che ha sempre ragione, anche quando delinque?
Individualismo esasperato, stili di vita amorali, disprezzo delle regole.
Probabilmente la chiave interpretativa del successo del berlusconismo sta proprio in questo contrasto- opposizione di valori e di categorie.
La gente che lo adora, crede fermamente nell’altro slogan ultra-ripetuto : io sono diverso.
Ma certo, perché questa gente non vuole un politico, che la annoi con cifre , problemi e conti.
La sua gente non vuole razionalità e responsabilità, vuole il sogno, ma che sia credibile.
Il sogno di essere e di vivere quello che intimamente vorrebbero essere e che Berlusconi è, e quindi è credibile per definizione, ma che il sistema di inibizioni, che si sono imposti e che hanno subito nella loro educazione, impedisce loro e impedirà loro sempre di esternare.
Berlusconi ha offerto loro questo transfert onirico, un’esperienza da condividere con gli altri che praticano la stessa fede.
Del resto, tutti i leader hanno dovuto testare la veridicità e l’efficacia del loro carisma,  dimostrando la capacità o meno di fare identificare la gente nei sogni che proponevano, nella realizzazione di grandi ideali.
Kennedy : vincere la povertà, l’ingiustizia e l’ignoranza.
Mussolini : ridare agli italiani almeno una parete  dei fasti dell’impero romano.
Oggi, però, pare che bisogni accontentarsi di volare molto, ma molto più basso, se andiamo a vedere le categorie, che lo stesso Recalcati elenca e spiega in uno dei suoi ultimi libri, come quelle tipiche e di riferimento di questo tempo e di questa politica : desiderio, perversione, narcisismo, assenza del padre.

Non c’è da stare allegri, ma aprire gli occhi è il primo passo per risolvere i problemi, anche se questo è spiacevole.

mercoledì 20 novembre 2013

Enrico Letta : quousque tandem abuteris patientia nostra?



Mi pento amaramente di avere  descritto nei post precedenti Enrico Letta come il possibile leader del centro- destra italiano, al posto di Berlusconi,  pur avendo allora premesso l’ avvertenza che solo in un paese folle come il nostro un esponente del centro –sinistra, poteva aspirare a fare il leader del centro – destra.
Ma lasciamo perdere, è sulla caratura della persona, che ritengo di avere sbagliato il giudizio.
Perché uno che si tiene nel governo come ministro della giustizia l’amica dichiarata dei Ligresti, non sarà mai né un leader, né uno statista.
Letta ha fatto un errore colossale a non imporre da subito le dimissioni alla Cancellieri e uno ancora più grosso ne ha fatto imponendo ieri al suo partito di coprirla nel voto di sfiducia individuale.
Perché questa era l’occasione che la sorte gli forniva per cominciare a salire in dignità col suo governo, invece di continuare e discendere, invocando la ormai impresentabile tiritera della stabilità ad ogni costo.
Uno statista vero avrebbe dovuto capire che dopo avere fatto ingoiare alla gente un numero indegno di rospi, questo era il momento per dare un segnale forte di discontinuità, di cambiamento.
Uno statista avrebbe ringraziato gli dei di avergli dato l’occasione col caso Cancellieri di mostrare che ci sono valori che si difendono “senza se e senza ma”, come la dignità dei cittadini e dei servitori dello stato, in ossequio all’art. 54 della Costituzione, che recita : “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e dignità”.
Il caso gli aveva dato l’opportunità di marcare in modo anche istituzionale la novità che si era verificata con la scissione del Pdl,  mettendo in  atto subito un rimpasto di governo, che gli avrebbe consentito di per presentarsi alla gente come un Presidente non più succube degli ultimatum e delle imposizioni, derivanti della paura della galera di Berlusconi.
Avrebbe potuto cercare di giustificare una alleanza innaturale, che il paese non condivide e che sopporta con sempre maggiore fastidio, mostrando di avere portato a casa almeno due cose : l’uscita dell’Italia dalle procedura di infrazione della Comunità Europea e di avere allontanato il peggio della tutela di Berlusconi, con i suoi enormi problemi privati.
Non sarebbe stato certo un gran che, ma meglio che niente.
Invece no, ha fatto di nuovo pagare il conto della sua sopravvivenza, scaricandone il prezzo sul suo partito, che non sopporta più né le larghe intese, né il suo governicchio, né l’anomala tutela del colle.
Si sono appena contati i voti dei candidati alla segreteria del PD fra gli iscritti ed è venuto fuori che la stragrande maggioranza del partito votando per Renzi, Civati e Pittella ha dichiarato di essere  contraria alle grandi intese, alla tutela del colle ed alla permanenza come ministro della Cancellieri.
E cosa fa Letta? Impone allo stesso partito di votare a favore della fiducia individuale alla Cancellieri.
Adesso Renzi  Civati e Pittella cosa pensano di fare?
La gente li ha votati ieri con un mandato politico chiaro e loro oggi fanno l’esatto contrario.
Come potrà il Pd sopravvivere a questa ennesima follia?
La credibilità se la sono ormai giocata tutti quanti.
La gente, cioè noi, come elettori, ragioniamo inevitabilmente per linee semplici in questo modo.
Ci chiediamo cioè : se il governo delle larghe intese significa che su ogni questione che si pone deve regolarmente prevalere il punto di vista dei berlusconiani con preventivo e successivo monito del colle, facciamola finita con questa indegna sceneggiata e mettiamo al governo direttamente Berlusconi, sarebbe più onesto.
Inutile nasconderlo dietro alla barba dei Franceschini, i vaniloqui dei Renzi, i velleitarismi dei Fassina.
A che serve un segretario nuovo del PD per continuare a tenere su una Cancellieri, a suo tempo raccomandata a Berlusconi e ora sotto la tutela del colle ?
Ma che, siamo tornati al tempo dei baroni?
Il Pdl di Berlusconi, il più indegno dei partiti, nel senso di partito personale, padronale, da sempre dedito al più vergognoso culto della personalità, senza un minimo di democrazia interna ,pieno   di pregiudicati e di corrotti, non ostante tutto questo, riesce a trovare persone capaci di ribellarsi al capo- padrone.
Persone che si sanno prendere la responsabilità di fare gruppi parlamentari autonomi e staccati dal partito del capo, non ostante i continui ricatti, lusinghe e tentativi di infangarli usando i media della corazzata Berlusconi.
E il Pd invece non ha nemmeno il coraggio elementare di scoppiare e dividersi apertamente fra fazioni che stanno insieme solo nell’illusione di dividersi un potere, che non si vede come possa durare ancora.
Scusatemi se insisto, ma i 5 Stelle, che, secondo il pensiero unico della grande stampa con relative TV, non sarebbero capaci di fare nulla, che avrebbero perduto tutte le occasioni di far valere i molti voti ricevuti, che non avrebbero un programma :
- hanno presentato la mozione di sfiducia individuale contro la Cancellieri ed oggi la voteranno;
- hanno presentato un progetto di salario di cittadinanza, che è l’unica cosa che può interessare al purtroppo enorme popolo dei giovani senza lavoro e senza fiducia, accompagnati dall’esercito dei licenziati e rassegnati;
- sono l’unica forza politica che si presenta apertamente in polemica a questa Europa ed all’Euro, gestito come è oggi.
Andiamo avanti a farci guidare dai nostri pregiudizi, che fino ad oggi non ci hanno certo aperto scenari di gloria, o ci vogliamo rendere conto che l’unica alternativa a questo schifo sono loro?






martedì 19 novembre 2013

Il discorso di Berlusconi all’ Eur : ragazzi è stato bello, ma adesso non contiamo più niente. E chissà perché si lancia a giustificare tangentopoli.



Deve essere stato terribile per un megalomane come Berlusconi tentare un rilancio politico, nel quale non crede più nemmeno lui, dovendo nel contempo riconoscere l’impotenza della sua attuale posizione : “non siamo più in grado di far cadere il governo”.
Affermazione che in poche parole significa : non contiamo più niente.
La furbizia volpina, che era stata la sua forse unica virtù lo ha ormai abbandonato.
Il discorso del rilancio è stato di fatto il mesto discorso del commiato tutto diretto a mettere insieme i cocci per cercare di tirarci fuori la massa d’urto che nella sua allucinazione potrebbe, anzi deve evitargli la galera.
Il presunto grande leader populista che come Peron in Argentina aveva illuso tanta gente non c’è più.
L’armata di cortigiani –clienti che lo segue  ancora, ormai non può più nascondere si essere di caratura così bassa, da essere lì solo per raccogliere le ancora pur ricche briciole di potere, che il famigerato “porcellum” consentirà al padrone di elargire loro alle prossime elezioni.
Fanno molta più pena loro, del capo, perché il capo decaduto dal potere si porta dietro comunque una qualche aura di tragico, che gli conquista umana compassione.
Loro invece sono lì solo per raccattare i privilegi della casta.
Il berlusconismo è finito malamente, ma il potere televisivo, tutt’ora detenuto dal capo-padrone, una più che discreta manciata di voti la garantirà ancora per un po’.
Le due ore di discorso all’ Eur, penso che l’abbiamo seguito solo coloro che dovevano farlo per dovere di professione o per interesse storico alla materia.
Una noia mortale per tutti, ma in particolare una sofferenza pungente per gli ingenui, che avevano creduto al mito berlusconiano e che dall’occasione si aspettavano almeno di celebrare con nostalgia quelli che avevano equivocato come i fasti passati del grande condottiero.
Essendo stato sempre  fortemente ostile al berlusconismo, avrei dovuto gioire di vedere la sua fine, celebrata in un modo così penoso, ma, come penso la grandissima maggioranza degli italiani, sento di essere arrivato a un tale punto di saturazione, di fastidio fisico per queste sceneggiate e per queste corti anacronistiche, da avere raggiunto una posizione di assoluta estraneità.
Qualsiasi cosa fosse successo o Berlusconi avesse detto  in quella assemblea , non avrebbe suscitato in me alcuna emozione.
Mi ha solo stupito la sensazione di fragilità umana di fronte a certi implacabili meccanismi della psiche, che le neuroscienze oggi illustrano con sempre maggiore chiarezza.
Ad esempio era politicamente insensato, in quella occasione, andare a rivangare tangentopoli  e peggio ancora, costruirci sopra l’architrave del discorso per giustificarla.
Eppure Berlusconi lo ha fatto, probabilmente senza volerlo, costretto dal suo inconscio, che, come sul divano dello psicoanalista, costringeva il grande  faccendiere -corruttore a cascare nel meccanismo perverso della “excusatio non petita”, cioè di esporre la giustificazione di un peccato, del quale nessuno lo accusava, con ciò stesso confessando di sentirsi colpevole.
Il personaggio, come da copione, ha dedicato la parte centrale del suo discorso alla solita litania del pericolo comunista e dei meriti storici che si sarebbe conquistato difendendo l’Italia dai pericolosi comunisti, che lasciati soli avrebbero chissà come aumentato le tasse.
Argomento talmente trito ,irreale e per lui controproducente, che sembra impossibile, che venga ancora usato, in un paese nel quale la pressione fiscale è già oltre tutti i limiti, dopo vent’anni di berlusconismo, che avrebbe dovuto abbassare le tasse.
Ma la cosa veramente strana, se non strampalata, è che quel solito argomento l’ha usato per dire che il comunismo era nelle condizioni per andare al potere a causa dell’enorme flusso di rubli che arrivavano dalla Russia.
Di conseguenza cosa potevano fare le sane forze politiche, che facevano da barriera all’avanzata dei rossi, se non cercare capitali privati per organizzarsi politicamente e fare muto contro al rischio della tirannia comunista, ha argomentato il Cavaliere.
Ed ecco allora, uscita dal suo cappello di prestigiatore, la giustificazione, per ricoprire di  una aura di nobiltà  il sistema di ruberie di tangentopoli.
Bisognava mettere insieme capitali privati da dare al partiti anticomunisti per sbarrare la strada alla possibile dittatura bolscevica.
Perché una ricostruzione storica così strampalata?
Tutti sanno, che negli anni della guerra fredda, se da una parte arrivavano rubli puzzolenti, dall’altra arrivavano dollari, che non odoravano di roselline, ma soprattutto, che i soldi alla DC, arrivavano dalle imprese pubbliche Iri e non dai privati.
Ma  che senso aveva cercare di giustificare tangentopoli, proprio oggi, quando la gente è più che mai esasperata  per i privilegi delle caste e di quella politica in particolare?
Berlusconi ha veramente perso la bussola.



mercoledì 13 novembre 2013

Papa Francesco ormai si è imposto come leader di peso. Ora la gente si aspetta le vere riforme



Se anche i papi oggi si devono misurare a base di “share” (ascolti) televisivi , ebbene anche secondo questi indicatori, molto profani, papa Francesco non solo ha vinto la sua battaglia, ma sbaraglia tutti.
E’ poco noto ad esempio che la “televisione dei preti”, cioè quel canale 2000, che prima era frequentato prevalentemente da pie fedeli, che andavano in sollucchero a recitare il rosario, guidate dalla voce di papa Ratzinger in persona, e cioè era diretta a un pubblico molto di nicchia, oggi vanta ascolti, che sono cresciuti inaspettatamente in proporzione geometrica.
Addirittura le dirette dal Brasile, durante la visita del papa, hanno battuto gli indici di ascolto di qualsiasi altra televisione.
Forse papa Francesco ha goduto, diciamo, di un vantaggio competitivo, perché è arrivato sulla scena mondiale quando i leader politici ,riconosciuti come positivi, o stanno attraversando dei momenti poco felici, o sono per loro natura piuttosto modesti.
Papa Francesco è stato ancora più “fortunato” a succedere a un Benedetto XVI, in forte calo di popolarità, che decideva con un folgorante atto di evangelica umiltà di chiudere il suo non felicissimo pontificato con una procedura, quella delle dimissioni del papa in carica, inusuale e fortemente innovativa e quindi  fatta apposta per preparare la gente ad aspettarsi cose nuove dal suo successore.
In pochi mesi il nuovo papa si è imposto con uno stile del tutto nuovo, che nello stesso tempo dimostrava grande apertura al mondo moderno e grande voglia di fare tornare la corazzata chiesa alla autenticità dell’originario messaggio evangelico, nello spirito di quel Francesco, dal quale ha perso il nome con molto coraggio  e che da solo costituisce un programma.
Il messaggio di Francesco di Assisi, anche la prima persona che passa per  la strada e che non sa nulla di teologia è però ben sicura che tratta di tutto, meno che di potere e di soldi.
Ed allora, anche se ci fermassimo  solo qui, questo sarebbe più che sufficiente come programma : liberare il Vaticano e la chiesa dal potere e dai soldi per tornare a conoscere il Gesù palestinese di 2000 anni fa.
I gesti, più ancora dei discorsi e le interviste del papa, sono stati finora  coerentemente indirizzati su questa linea.
Le azioni di governo della chiesa lo stesso.
Basti pensare alla nomina del nuovo segretario di stato; alla nomina della commissione cardinalizia ristretta che lo affianca, in pratica by-passando la curia; agli interventi sullo Ior, la malfamata banca vaticana.
Sugli argomenti scottanti del ruolo della donna, dei diritti civili, compresi quelli dei gay, della libertà di coscienza, problema dei problemi questo, ha detto abbastanza da aprire nuovi scenari.
Sui problemi ancora più scottanti di potere, soldi e sesso riguardo ai chierici, religiosi  ed alle gerarchie è stato pure tutt’altro che reticente, anche se solo per accenni.
Sul piano dottrinario però non ha ancora toccato niente.
Ed è qui che lo aspettano tutti.
Se vogliamo dirla in modo molto diretto, o comincia, pure coi dovuti modi, a prendere alcuni dogmi, fra i più incompatibili con la logica ed il buon senso, e a gettarli nel cestino, o in realtà non ci sarà alcun rinnovamento effettivo e la chiesa sarà destinata a scivolare in una sempre più completa irrilevanza.
Viviamo, per nostra fortuna, in un mondo, che vuole dalla religione delle risposte sensate e appoggiabili su ragionamenti bene argomentati e convincenti e che non si accontenta più di dogmi indiscutibili, appoggiati solo sull’autorità di una mitologia- rivelazione, per di più messa in secondo piano, rispetto alla interpretazione che ne da una casta gerarchica eletta da nessuno.
E’ qui che lo aspettano al varco le varie componenti della chiesa.
E non è per caso, che le componenti più conservatrici, attaccate al potere o semplicemente attaccate ai loro preconcetti ed alle loro pigrizie ,con la abituale perfidia, hanno iniziato a sparare sui media un fuoco di sbarramento insidioso, perché mai trasparente e diretto, ma sempre impostato per vie traverse.
All’inizio, hanno cercato di fare lo stesso gioco, che avevano fatto col povero Giovanni Paolo I,  descrivendo papa Francesco come un populista sempliciotto, che non sarebbe stato in grado di inserirsi nei complicati meandri del governo vaticano.
Poi, quando i mesi hanno cominciato a passare, si sono resi conto che sotto alla bonomia esteriore c’era un poso di ferro, hanno avuto paura di prendersi delle scoppole e hanno cominciato a mettere in atto manovre di disinformazione sistematica.
Tirano fuori dagli archivi vecchi scritti o interventi di Bergoglio in Argentina, elaborati al tempo, per scopi diversi e in tutt’altro contesto storico, per cercare di dimostrare, che in realtà Bergoglio, sarebbe sempre stato un tradizionalista conservatore su qualsiasi argomento dogmatico e che quindi gli scoppiettanti interventi odierni sarebbero solo fumo per accattivarsi il consenso della gente e rendersi simpatico, ma che sui dogmi non toccherà una virgola.
Finora hanno avuto buon gioco, perché in effetti, papa Francesco, al momento, sul piano della teologia dogmatica ha fatto intuire idee parecchio innovative, ma non ha ancora cambiato una virgola.
Si tratta di puro buon senso ed elementare prudenza, che consigliano si muoversi con accortezza in un mondo dove i coltelli e i veleni sono di casa da sempre?
Probabilmente si, e questa ipotesi è avvalorata dalla recente iniziativa di richiedere il parere della “base” della chiesa, cominciando dalle parrocchie con un questionario a proposito dei problemi principali sul tappeto.
Non c’è niente di più populistico  o, se vogliamo, addirittura “socialista”, che il ricorso al popolo se non addirittura alla piazza, ma sarebbe consigliabile una lettura, anche elementare e frettolosa, degli atti degli apostoli, che fanno pure parte integrale dei Vangeli canonici, per renderci conto, che questa era la regola nella chiesa, quando questa era originaria e quindi storicamente molto più vicina al suo fondatore e quindi più vicina alla autenticità.
E’ una iniziativa innovativa e di grande impatto, anche se i precedenti relativi a più ristrette “consultazioni” papali,  fatte nella storia recente, hanno avuto esiti  del tutto negativi, nel senso che quelle rare volte che è successo (ad esempio la consultazione di Paolo VI sui contraccettivi) il papa ha poi fatto esattamente il contrario di quello che gli era stato consigliato di fare.
C’è poi un’altra cosa, che osta psicologicamente a fare cambiamenti dottrinari per un gesuita ed è il fatto che, disgraziatamente, il fondatore Ignazio ha lasciato insieme a cose profonde, anche scritti che oggi si riconoscerebbero proprie di un autentico “talebano”.
Come quello , cito a memoria, dove dice, che se si fosse trovato a dover scegliere fra quello che gli suggeriva la sua ragione e quello, ovviamente contrastante, che diceva il papa, avrebbe fatto senza esitazioni quello che diceva il papa.
Papa Francesco ha però il vantaggio, che forse Ignazio non aveva contemplato, nemmeno come ipotesi, di comporre nella sua stessa persona il gesuita e il papa regnante.
E’ talmente mal ridotta oggi, la barca di Pietro, appesantita fino a rischiare il naufragio da potere soldi , sesso e soprattutto da montagne di dogmi, che l’unico modo, almeno di tentare di non farla naufragare, è di gettare a mare l’enorme  carico superfluo.
Ci saranno, anzi ci sono già, strida ed alte grida a questa prospettiva, ma la via più opportuna per farlo, mi sembra proprio questa del ricorso al popolo.
Ma non al solo  popolo cristiano che è rimasto.
Il papa sarà veramente un grande della storia se riuscirà a prendere come suo interlocutore primario l’umanità, non la chiesa.
Da quello che si è intuito della cultura di papa Francesco, sembra che l’uomo abbia chiaro in mente questo concetto, che, come si è accennato più volte nei post precedenti, corrisponde al messaggio evangelico originario, che non contemplava una chiesa.
Il migliore Paolo VI usava spesso una espressione molto bella, che si colloca proprio su questa linea : “Noi osiamo parlarvi in quanto esperti di umanità”
Se non schianta o non lo faranno schiantare, sarebbe bello vederlo all’opera.
Purtroppo per lui ora vive praticamente in Italia e in questo paese prosperano, tra l’altro, le mafie che oggi, come tutti sappiamo, hanno messo le coppole nell’armadio e operano soprattutto nel campo asettico della finanza.
Hai! Questo è il problema.
Per imperizia, per ignoranza pressoché totale della materia o  per colpevole sottovalutazione del problema, i papi precedenti non si sono probabilmente resi conto che il Vaticano, gli ordini religiosi, diversi movimenti, forse la maggioranza delle parrocchie del sud, sono nel tempo diventati pericolosamente contigui alle mafie finanziarie.
Non c’è solo lo scandalo enorme dello Ior, la banca vaticana, che si è prestata per anni a fare da lavandaia ai soldi sporchi della mafia; ci sono gli ingenti patrimoni dei dicasteri di curia messi  a reddito per realizzare indegni progetti di lusso, vedi Propaganda Fide a Roma; ci sono gli ingenti patrimoni degli ordini religiosi, vedi le vicende finanziarie dei Salesiani e vedi le recentissime tragicomiche vicende dei Camilliani; c’è il terreno viscido della sanità vaticano-cattolica, dal San Raffaele, all’Istituto Dermopatico dell’Immacolata a Roma; c’è quella parte di CL, che ha prosperato sugli affari e sui faccendieri, per non parlare dei Legionari di Cristo; c’è una galassia dei gestori del turismo religioso, aduso a praticare un tutt’altro che evangelico vantaggio competitivo, evitando di pagare le tasse, che pagano i loro concorrenti.
Qui purtroppo non siamo al caso della mela marcia isolata, qui abbiamo un esercito di gente in gonnella pretesca o suoro- fratesca, che è da anni adusa a campare sul malaffare.
Fosse per loro, sarebbe ancora niente.
Il problema è che l’Italia è uno dei paesi più corrotti dell’occidente e quindi cos’è successo?
E’ successo che la mafia, che oggi, come si è detto, ha lasciato la coppola per la finanza, ha subito intuito le opportunità di questo nuovo business e si inserita ormai da anni nel ricco filone dei soldi, mal gestiti dal clero e affini.
Alla mafia ed alla ndrangheta, che agiscono nella finanza, nulla importa che il papa sia di destra o di sinistra, tradizionalista o progressista, a loro interessa che  i soldi, in quel settore, continuino a girare.
E  adesso hanno capito che a papa Francesco non sta bene che le cose vadano avanti in questo modo e che nel suo programma c’è il blocco di quel fiume di denaro.
I giornali, proprio oggi, hanno dato la notizia che la ndrangheta avrebbe messo il papa nel mirino.
Speriamo che si renda conto di quello che sta rischiando, ed adotti un minimo di contromisure  di sicurezza.
Sarebbe terribile se il primo papa progressista da decenni fosse fatto  fuori non metaforicamente dalle trame dei conservatori in abito talare, ma realmente da ndranghetisti dalla pistola facile, perché i suoi predecessori non sono riusciti a capire quanto sia potente il potere corruttivo del danaro.
Le battaglie per i valori non negoziabili della così detta bioetica, hanno nascosto, nei passati decenni, delle pericolose cloache, che quei crociati benpensanti non hanno saputo vedere, perché avevano la vista annebbiata dalla prospettiva di usare i soldi di qualunque provenienza per estendere il potere ecclesiastico.
Diamo loro, magnanimamente, il beneficio della buona fede, ma ora la frittata è fatta ed è difficile rimediare.
Il lavoro che spetta a papa Francesco è titanico, ma non deve farlo da solo.
Essenziale nella sua posizione è la scelta dei collaboratori in base alla capacità e non alla fedeltà incondizionata come si è fatto nei decenni passati.
Essenziale sarà la capacità di decentrare il potere alle conferenze episcopali nazionali ai sinodi eccetera.
Ma la vera cartina di tornasole per un innovamento effettivo sarà il coraggio o meno di usare la forbice sui dogmi.
La gerarchia per secoli ha coltivato l’idea sbagliata che per conservare il suo potere sarebbe stato essenziale difendere con le unghie e coi denti “la teoria del domino” in base alla quale se si negasse la validità anche di un solo tassello dogmatico, cadrebbe giù tutta la montagna.
E’ una teoria tutta ideologica e politica finalizzata esclusivamente alla conservazione del massimo potere possibile, che non ha fondamenti né logici né storici e che nel mondo moderno non ha più nessun credito.
Ma avendola praticata per secoli e secoli oggi dall’ultimo sacrista al papa ci si è convinti che sia essenziale.
Oggi però è venuto il momento di togliersi le fette di salame dagli occhi .
Perché quello che si è pomposamente definito con reverenza come il “depositum fidei”, cioè l’insieme dei dogmi non è affatto qualcosa di sacrale derivante se pure indirettamente da dio stesso.
Ma è in vece un insieme di teorie umane elaborate nei secoli dalla fazione della gerarchia che al tempo risultava di volta in volta maggioritaria.
Non è quindi per nulla un “corpus” dotato di una sua coerenza intrinseca, anzi molte definizioni dogmatiche, anche di prima grandezza, soffrivano fin dalla loro definizione della “eterogenesi dei fini” nel senso che non avevano affatto lo scopo primario di chiarire un aspetto fondamentale della fede, ma erano emesse per rafforzare in quel momento storico il potere ecclesiastico e siccome lo scopo vero era quello, gli estensori del momento non si curavano troppo che la presunta “verità di fede” presentasse teorie completamente strampalate.
Per fare tre esempi abbastanza recenti si pensi :
- alla definizione dogmatica della immacolata concezione di Maria proclamato da Pio IX 8 dicembre 1854;
- alla definizione dogmatica dell’infallibilità pontificia proclamato da Pio IX il 18 luglio 1870 ;
- alla definizione dogmatica dell’Assunzione di Maria al cielo proclamata da Pio XII il 1 novembre 1950.
Gli storici non hanno dubbi nell’ ascrivere i primi due alla volontà di Pio IX di rafforzare il potere papale appena prima ed appeno dopo la perdita del potere temporale, vissuto in termini apocalittici.
Così come per il terzo Pio XII alla fine della guerra intendeva riportare la chiesa a manifestazioni trionfalistiche di massa e quel dogma veniva incontro al desiderio di una parte del popolo  cristiano di riconoscersi nelle celebrazioni mariane di massa.
Si tratta di tre “storie” un tempo ritenute edificanti, prive di qualsiasi appoggio logico, storico o di mero buon senso e per di più del tutto estranee e irrilevanti sulla base del messaggio evangelico.
Occorre prendere atto che oggi la “base” della chiesa non è più costituita dalle masse contadine ignoranti del tempo di  Pio IX ,alle quali appunto si potevano raccontare storie edificanti.
Oggi la base rimasta è costituita da gente sempre più scolarizzata alla quale si possono sempre meno raccontare delle storie, per quanto esse pretendano di essere edificanti.
La gente in religione, come in qualsiasi altra materia, pretende che le cose che le si raccontano abbiano una qualche base logica e siano convincenti in quanto appoggiate su argomentazioni robuste.
Oggi la gente più scolarizzata e più avvertita è abituata ad usare il pensiero critico e quando comincerà a fare passare i dogmi al vaglio di una critica razionale minima saranno guai.

Chi è ancora presente, perché non considera irrilevante il messaggio evangelico, dopo essersi informato ed avere studiato almeno un poco la teologia finirà inevitabilmente per dire : caro papa o fuori loro (i dogmi più assurdi) o fuori noi.

mercoledì 6 novembre 2013

Il caso Cancellieri



Si era detto in diversi post precedenti, che presentare la stabilità di questo governo come una priorità assoluta per risolvere le emergenze nazionali era una solenne cavolata, anche se l’illustre patron di questa operazione politica era il Presidente della Repubblica in persona, sostenuto da praticamente tutti i mezzi di comunicazione nazionali che hanno ripetuto questo stesso messaggio per mesi e mesi di seguito.
Inutile ripetere le ragioni addotte per sostenere questa tesi.
I mesi passati dal governo Letta sono stati talmente riempiti di nulla, che non si vede come e perché si continui a ripetere questa canzone, che risulta sempre più insipida e stonata.
Nell’atteggiamento della grande stampa e dei telegiornali, quello che all’inizio poteva essere interpretato come un lecito errore di valutazione, oggi, diversi mesi dopo, appare sempre più un irritante atteggiamento supino e servile verso il potere, quale che esso sia.
A fronte dei risultati nulli dell’azione di governo è  risultato un prezzo altissimo da pagare per il suo  solo sopravvivere e questo è intollerabile.
E’ intollerabile, che gli operatori dell’informazione fingano di non vederlo e di non saperlo.
Il prezzo da pagare era ed è la assurda sopravvivenza in politica di un politico –pregiudicato, del quale, per di più, in tutto il mondo si parla da anni solo affibbiandogli battute di scherno.
Questo dato di fatto porta con sé delle conseguenze devastanti per l’immagine dell’Italia e conduce ad un continuo abbassamento del livello morale e civile di questo paese.
Il caso Cancellieri è l’ultimo gradino percorso in costante discesa.
Il freddo cinismo, con il quale il Pd ha, per l’ennesima volta, deciso di salvare l’insalvabile, pur di tentare di guadagnare ancora qualche mese ed avere approvata la legge di bilancio, oggi rinominata di stabilità, in ossequio al pensiero unico in vigore, rende questo partito ogni giorno di più impresentabile.
Con Renzi o senza Renzi, se il PD agisce con lo stesso cinismo e mancanza di moralità dei berlusconiani, senza  risolvere nessuno dei problemi del paese, non si vede dove possa andare a prendere i voti.
La storiella del partito, che si vota come meno peggio e turandosi il naso, dovrebbe essere assodato, che oggi non convince più nessuno.
Cinismo per cinismo, l’elettore disgustato da questo berlusconismo decaduto e dalla inanità dei suoi assurdi alleati per non fare nulla, può sempre votare un Grillo, non certo brillante nella sua rigidità fondamentalista , ma  che almeno l’opposizione al berlusconismo ed ai privilegi delle caste, la fa veramente.
Meglio i suoi giovani,  impreparati e pasticcioni, che i vecchi marpioni, corrotti fino al midollo.
Almeno Grillo è l’unico disposto a mettere in discussione questa versione malriuscita di Unione Europea e della relativa unione monetaria, riuscita ancora peggio.
Stiamo parlando di mettere in discussione, non certo di uscire dall’Europa e dall’Euro, anzi se mai di costruire quello di più sostanziale che finora non si è fatto.
La vicenda Cancellieri, a me sembra un segnale disastroso, non per il fatto che si tratti di un ministro, perché da questi siamo ormai preparati ad aspettarci di tutto, ma perché di tratta di una  esponete dell’ alta burocrazia.
Una persona, che ha percorso tutte le tappe della carriera prefettizia, dovrebbe essere non solo un operatore del diritto al massimo livello, come preparazione, ma anche un servitore dello stato, che ha acquisito negli anni, proprio quelle qualità di  prudenza e di senso dello stato, che dovrebbero caratterizzare quelle carriere.
Un politico, oggi può permettersi di tutto, purtroppo, lo sappiamo bene, un alto funzionario no, anche se, per nostra disgrazia, non  siamo più nell’impero austro ungarico, che avrebbe dovuto lasciarci in eredità una idea di alta burocrazia al massimo livello per competenza e moralità.
E in questo caso si è invece messo sotto la suola delle scarpe il principio principe, che regola l’attività della pubblica amministrazione, quello che tutti conoscono come “il principio di imparzialità”, che fra l’altro ha dignità costituzionale (art.97 comma 1).
Non parliamo poi del rispetto delle più elementari norme di prudenza e di buon senso, per le quali non è ammissibile che un così alto funzionario dello stato non veda l’assoluto dovere, dettato dalla dignità della sua carica, di evitare la frequentazione di familiari di pregiudicati, ben noti anche al grande pubblico per le loro ore opere non buone.
E’ questo il problema.
Che la classe politica sia quello che è, lo abbiamo assodato da tempo, ma guai se scopriamo, che anche la macchina dello stato è gestita al vertice  da personale che non rispetta le regole più elementari.
Perché, se anche per un miracolo, arrivassero al potere dei politici nuovi, puliti, preparati e per bene, e si trovassero a dover manovrare un apparato, che non gira, perché i tecnici preposti non sono adatti a quei posti, i loro anche buoni propositi finirebbero nel nulla.
Questo è il vero aspetto tragico messo in evidenza dal caso Cancellieri.