lunedì 21 marzo 2011

Garibaldi sarebbe già partito per Bengasi

Dai tempi di Garibaldi non sono passate tante generazioni da rendere incomprensibili quegli anni, basta tornare al bisnonno.
E’ vero che nel frattempo di cose ne sono successe veramente tante, ma con un po’ di senso storico non è poi così difficile cercare di immedesimarsi in quei tempi.
Proviamoci. La differenza più vistosa, lo vediamo subito non è che allora non c’era la televisione e la gente era più povera e meno istruita, la differenza fondamentale è nel modo di sentire le cose.
Probabilmente oggi abbiamo tanto di più ma è abbastanza evidente che non siamo all’altezza di Garibaldi.
Che di fronte alle rivoluzioni odierne in Medio Oriente un Garibaldi sarebbe già partito con altri volenterosi per andare ad aiutare chi sta combattendo per conquistare la libertà del suo popolo ci sono pochi dubbi.
Oggi al massimo si trova qualche giovane disposto a partire per qualche organizzazione umanitaria, ma non è concepibile ritrovare lo spirito dei Garibaldi.
Eppure fino alla guerra di Spagna (1936), non un secolo fa, c’erano gli Hemingway pronti a partire per combattere a favore della Repubblica Spagnola o sul fronte opposto giovani convinti degli ideali propagandati dal fascismo che sono partiti per sostenere i Franchisti.
Poco dopo ci sono stati i giovanissimi volontari arruolatisi per la seconda guerra mondiale e poi il fenomeno tutt’altro che marginale della Resistenza da una parte e dei giovani di Salò dall’altra.
In tutti questi casi si andava a mettere in gioco la propria vita per ideali sentiti e vissuti come alti, si era quindi pienamente nel solco dello spirito dei Garibaldi.
Ora quello spirito pare scomparso dalla faccia della terra.
Fatta questa constatazione non è facile giudicare fino a che punto è un bene e fino a che punto è un male, che oggi le cose stiano in questi termini.
Oggi i diritti umani sono molto ma molto più diffusi e difesi rispetto ad allora.
In pura teoria quindi dovrebbe essere più sviluppato lo spirito garibaldino del quale si parlava e invece questo oggi è scomparso.
Va anche detto che certi elementi dello spirito garibaldino nel senso di slancio dannunziano, di culto dell’atto eroico là dove tendono a rasentare il fanatismo, portano con sé anche elementi tutt’altro che positivi.
Ed allora la riprovazione che oggi comportano gli atti ad esempio dei fanatici religiosi è da accogliere come un fatto positivo.
Nello spirito di allora vi era anche un forte, forse troppo forte senso dell’onore.
Pensiamo ad esempio lo scherzo che questo senso dell’onore, nobile se razionalmente confortato da verifiche sulla situazione alla quale applicarlo, ha giocato a tanti “ragazzi di Salò” che sulla spinta di questo sentimento non hanno saputo valutare quanto quel regime fosse nato privo di ogni legittimazione e fosse fuori dalla realtà.
E’ nobile essere fedeli ai patti ed ai giuramenti di fedeltà, ma attenzione, patti e giuramenti hanno come controparte l’istituzione stato, nazione , patria ecc.questa solo permane nel tempo, non la persona fisica che pro-tempore e solo pro- tempore li rappresenta se e fin quando ne ha la legittimità.
Garibaldi , bisogna dargliene atto, era stato ancora più moderno di questi nobili giovani del nostro passato recente, e suoi posteri, che in parte ne avevano ereditato lo spirito.
Era stato ancora più moderno perché il suo spirito era sì animato dagli stessi ideali di difesa dell’onore della patria , ma aveva saputo andare anche oltre, ponendo questi ideali e sentimenti al servizio di principi razionali e filosofici universali molto vicini per intenderci a quelli dell’illuminismo, che poi sono diventati il fondamento delle dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo.
Garibaldi è spesso ricordato superficialmente come un leader carismatico facile ad infiammarsi, perfino un po folcloristico, ma questo contrasta con le solide basi filosofiche che ne hanno ispirato l’azione.
Garibaldi non era stato facile preda dei sentimenti giovanili, perché aveva saputo i sentimenti metterli al vaglio di una valutazione razionale legata ai suo principi.
L’enorme modernità delle idee che hanno ispirato la Repubblica Romana del 49 ne sono testimonianza.
Oggi quei principi sono dati per acquisiti in tutto l’Occidente (un po meno solo in Italia dove imperversa ancora ma forse per poco uno residuo di clericalismo altrove del tutto scomparso).
Qualcosa dello spirito garibaldino lo si può trovare nel coraggio civile di chi si spende in difficili e pericolose trincee per puro spirito umanitario, che sia animato da ideali religiosi ,come un Don Ciotti e molti altri “preti da strada”, o del tutto laici come un Gino Strada.
Oggi ha preso piede un forte spirito pacifista, ben giustificato dagli immani disastri vissuti nel secolo scorso.
Questo è senza dubbio un fatto positivo, perché essendo questo sentimento largamente diffuso a nessun governante può venire in mente di trascinare il paese in guerre di conquista come è capitato in passato.
A volte mi chiedo però cosa succederebbe nella eventualità di dover andare alle armi per fronteggiare una aggressione esterna.
L’eventualità è fortunatamente molto remota, ma non è certo inverosimile.
Garibaldi è stato per lunghi anni adottato dalle parti politiche di sinistra.
Oggi queste stesse forze politiche versano in una crisi senza precedenti che coinvolge la confusione delle idee sulla loro stessa identità culturale, che da tempo nelle espressioni più radicali, contempla un pacifismo assoluto, che tra l’altro è in contrasto stridente con il loro passato.
Ancora oggi facendo passare i commenti sulle vicende libiche che vede la sinistra radicale compattamente schierata contro l’intervento militare, viene da pensare cosa avrebbe fatto questa sinistra da salotto ai tempi della resistenza, avrebbe combattuto i repubblichini con le postole ad acqua?
Lo spirito di Garibaldi non è sopravvissuto nelle sue forme originarie lo abbiamo visto , è durato nel tempo poi si è trasformato in spirito umanitario perdendo del tutto la disponibilità di menar le mani, se necessario.
Per molti versi è un fatto positivo, purchè non vengano tempi che richiedano azioni più estreme.

venerdì 4 marzo 2011

Finalmente qualcosa comincia a muoversi all’interno del Berlusconismo

Il giornale Libero diretto da Feltri e Belpietro, che ne hanno acquisito recentemente la proprietà, sta da qualche tempo, prima cautamente, ora in modo più diretto preparando la base a un Berlusconismo senza Berlusconi.
E’ cominciata con una inusuale libertà di linguaggio nei riguardi del premier che negli editoriali di Belpietro è stato indicato ormai senza complessi di inferiorità come “il vecchio porco”, corroborata dalla pubblicazione integrale sul sito e quasi sul giornale delle famose 350 pagine della procura di Milano sul caso Ruby.
Poi con l’espicita richiesta fatta con il titolone di prima pagina : “via tutti” di andare subito alle urne, richiesta corredata da una elencazione impietosa di tutti i recenti interventi di Berlusconi per pretendere le elezioni, subito seguite dai più recenti :“contr’ordine compagni” “ il voto sarebbe pericoloso per il paese, ora bisogna governare”.
Poi sono cominciate le frecciatine a “quegli sciocchini del Giornale”, che devono suonare per forza la campana padronale.
Bossi e Tremonti sempre messi in buona luce anche se con discrezione.
Le procure criticate per la loro tendenza a debordare, ma senza più difendere l’indifendibile posizione del premier sul piano della credibilità.
Poi Belpietro ha scelto l’espediente mediaticamente riuscito di fare una specie di gioco delle parti mettendo in prima pagina diverse volte un editoriale doppio , uno firmato da Pansa abbastanza apertamente critico nei riguardi di Berlusconi , affiancato da uno dello stesso Belpietro, che ribadiva la fiducia in Berlusconi, però riconoscendo quello che la propaganda del Pdl voleva non fosse mai riconosciuto cioè che le serate di Arcore erano tutt’altro che eleganti, che le leggi ad personam, erano leggi ad personam, che le balle raccontate dal capo erano realmente balle ecc.
Infine trascorsi i tre mesi di sospensione, comminati a Feltri dall’Ordine dei Giornalisti per i suoi articoli sul caso Boffo è venuto ieri il suo lungo editoriale per riprendere il timone del giornale, che non lascia dubbi ed indica esplicitamente in punti articolati la linea del giornale.
Riporto titolo e sottotitoli perché riassumono il discorso : Gli errori del Cav Silvio, è ancora in sella ma è all’ultima spiaggia. Le sue colpe:
non ha ripristinato l’immunità parlamentare,
non ha gestito bene la nascita del Pdl e
non ha tagliato la spesa pubblica.
Poco dopo l’incipit il discorso diventa una impietosa requisitoria :
perché il Cavaliere avendone la possibilità non ha risolto neanche uno dei problemi che gli impediscono di lavorare?
Così facendo “prende schiaffoni anche dai suoi amici” e non riesce a governare. “Non cede ma agonizza”.
Poi arrivano le contestazioni precise e articolate :
1- perché invece di architettare assurde leggi ad personam per difendersi dai processi non ha reintrodotto l’immunità parlamentare ? Ora invocando il conflitto di attribuzione fra poteri dello stato si è messo in mano alla Consulta che è una pura follia.
2- perché pur essendo stato più volte parlamentare europeo non ha di nuovo seguito quella strada che gli avrebbe garantito una immunità a prova di bomba del resto già sperimentata da D’Alema, Di Pietro e DeMagistris?
E qui dietro a una argomentazione apparentemente tecnica, viene la prima bomba : non avrebbe potuto fare il Presidente del Consiglio per incompatibilità fra le due cariche, ma che problema è?
Sarebbe stato ugualmente il dominus della politica italiana come capo del suo partito, che ne avrebbe tratto solo vantaggio diventando così un vero partito invece che un comitato elettorale, non in grado di competere con la Lega che è invece un vero partito e per questo è radicata territorialmente come il Pdl non si sogna nemmeno.
A Palazzo Chigi ci sarebbe stato benissimo Gianni Letta come suo delegato.
3- Quando fu fondato il Pdl fra i due cofondatori avrebbe dovuto sorgere un patto chiaro e un progetto articolato, che invece non ci furono e quindi la rottura è venuta per responsabilità di tutte e due le parti.
4- non ostante tutto il governo non ha fallito e il paese ha retto, non ha fatto la fine di Grecia e Irlanda, ma le dimensioni del suo debito fanno sì che giri da tempo la voce che la Ue imporrà all’Italia una patrimoniale per rientrare in una dimensione più accettabile per i partner più virtuosi.
E qui viene la seconda bomba, ancora più micidiale della prima : nessuno è riuscito a ridurre il deficit nemmeno in tempo di ripresa, immaginiamoci adesso, ci vuole altro che la “sferzata” annunciata.
Questo governo ha perso la sua occasione storica di cavalcare lo shock della crisi per attuare riforme sistemiche:
-dall’aumento dell’età pensionabile ;
-alla riduzione degli sprechi della sanità (2/3 dei pazienti non ritirano i referti degli esami dimostrando che i medici se ne fregano dei conti);
-alla drastica riduzione di chi vive di politica (1 milione e trecentomila persone);
-al blocco dei finanziamenti a pioggia dati a imprese che esistono solo sulla carta;
-alla cancellazione degli enti inutili;
-alle liberalizzazioni vere.
Se si dimostrasse che si fa veramente sul serio la gente sarebbe disposta a fare dei sacrifici in via straordinaria, ma in mancanza (terza bomba e questa è un’atomiaca) Tremonti sarà costretto fra un anno a portare i libri in tribunale e Berlusconi perderebbe il consenso, se ne rende conto?
Fantastico! Dopo anni di delusioni e di pure “balle” agli elettori del centro- destra viene presentata la verità nuda e cruda.
Peccato che non esista una opposizione come in tutti paesi civili e che il partito di maggioranza, esattamente come era capitato a suo tempo con la Dc, sia costretto a fare anche la parte dell’opposizione di fronte a una situazione politica incartata.
Non lo si dice apertamente ma da tutto il discorso di Feltri traspare una evidente sfiducia sul fatto che possa essere lo stesso Berlusconi a raddrizzare la baracca.
Non lo si dice apertamente ma il senso del discorso appare diretto al centro destra nel suo insieme, esortando chi nel suo ambito ha responsabilità politica a tirare fuori quegli attributi che finora il timore reverenziale per il capo-padrone ha impedito che ne fosse notata l’esistenza.
Finora l’hanno fatto solo due persone : la ex moglie dello stesso Berlusconi e Vittorio Feltri, complimenti a tutti e due, ma ora sotto a chi tocca, o vogliono morire politicamente sotterrati dalla loro mediocrità?

mercoledì 2 marzo 2011

La rivoluzione in Libia la stanno facendo i giovani ma il paese ha una struttura sociale arcaica

In Libia è in corso una rivoluzione vera e propria animata dal popolo dei giovani come è successo in Tunisia in Egitto e in altri stati arabi e islamici , ma la situazione libica è del tutto particolare, perché la Libia ha avuto una storia diversa da quella dei suoi vicini.
Gheddafi, dopo aver preso il potere 41 anni fa, ha fatto una scelta particolare inventandosi un sistema politico che avrebbe dovuto essere di democrazia diretta ben delineato nel famoso (non Italia dove non ne esiste una traduzione italiana) Libretto Verde.
Il sistema politico descritto nel Libretto Verde ha una sua coerenza logica e una sua consistenza e quindi ritengo che meriti di essere trattato in un apposito post, però per farla breve è necessario dare almeno un cenno su di che cosa si tratta altrimenti risulta praticamente impossibile capire cosa è la Libia.
Secondo il Libretto Verde il sistema liberale rappresentativo, nato in Europa, sarebbe tutto un inganno che in realtà non consentirebbe affatto al popolo di governarsi.
Lo stesso sistema europeo si fonda sull’idea di rappresentanza gestita poi in pratica da diversi partiti, che dovrebbero fare gli interessi degli elettori, ma che in realtà non lo farebbero affatto ed anzi essendo in continuo litigio fra di loro impedirebbero di governare.
Ed allora che fare? L’idea del Colonnello è stata quella di costruire un sistema di democrazia diretta fondata non sulla elezione di rappresentanti del popolo, ma di assemblee popolari che a livello di base (villaggio, paese, quartiere di città) designano un Comitato Popolare, che non deve essere un rappresentante ma solo un organismo che presieda ai lavori dell’assemblea, la quale prende direttamente le decisioni.
Il Comitato Popolare, dice il Libretto Verde, una volta prese le decisioni dall’assemblea popolare deve solo far le funzioni di “postino” e portare quelle decisioni ad analoghi organi di livello territorialmente superiori.
Per fare un esempio, il Comitato Popolare di Municipio coordina le decisioni prese dalle varie assemblee popolari suddividendosi in Comitato popolare per l’Istruzione, per la Sanità ecc.
Le assemblee, denominate Congressi del Popolo, alle quali ogni cittadino partecipa in quanto “socio” si riuniscono a scadenza annuale.
Salendo di livello territoriale il Segretario Generale del Congresso Generale del Popolo corrisponde al capo dello stato ; il Comitato Popolare per le varie sezioni esecutive corrisponde al governo.
Attenzione però perché corrisponde solo vagamente se si tiene conto che non dovrebbe fare altro che coordinare decisioni che non prende lui, ma che sono già state prese e definite dai vari Congressi del popolo.
Questo è il sistema come avrebbe dovuto essere.
Limitiamoci a constatare non tanto quello che è a tutti evidente e cioè che quel sistema ambizioso è miseramente fallito, ma soprattutto che la pretesa di mettere in atto quel particolare sistema ha di fatto consentito a Gheddafi di costruirsi un sistema di potere personale unico al mondo per il semplice fatto che in Libia non esistono strutture statali come le intendiamo comunemente, parlamento, governo ecc., perché le strutture corrispondenti per analogia non sono la stessa cosa.
Quando il colonnello dichiara di non essere il presidente di nessuno stato non sta vaneggiando, come si è portati a credere ,stante anche il ben noto carattere eccentrico del personaggio, ma esprime quello che dovrebbe essere formalmente.
Di fatto il sistema politico, il regime è stato qualcosa di non facilmente definibile.
E’ stato una dittatura personale fondata su un clan familiare, ma non solo.
Uno degli inviati del Sole 24 ore ha osservato ieri che per capire qualcosa della Libia sarebbe utile rimettere mano a quell’aureo libretto (aureo per ricchezza di informazioni) che il Reale Touring Club aveva redatto all’epoca fascista e andare a ripassarsi la struttura tribale della società libica, perché la consistenza reale di chi detiene il potere in Libia si misura soprattutto usando questo metro, di quale gruppo tribale è espressione e come questo gruppo è schierato al momento, con quali alleanze.
Il medesimo giornalista, per rendere l’idea, faceva osservare che essere generale in Libia oggi non significa pressoché nulla se non si tiene conto del rango della tribù di appartenenza, essendo questo particolare che determina il reale livello del potere detenuto.
Le tribù hanno diversa consistenza numerica ,i Warfala sono i più numerosi pare un milione su cinque, altre meno Zintan, Rojahan, Orfella, Riaina, al Farjane, al Zuwayya, Tuareg Maqariha ,i Qadhadhifa sono la tribù di Gheddafi.
I Qadhadhfia sono poco numerosi, ma con i Maqariha pare che detengano tutti i posti di potere più importanti.
Gheddafi all’inizio pare che avesse inventato il suo singolare sistema politico proprio pensando di poter così emarginare i notabili delle tribù, ma poi a poco a poco ha dovuto prendere atto che la società libica era fondata prima di tutto sulla struttura tribale e da buon medio orientale si è giocato le tribù mettendole una contro l’altra o comprandone la fedeltà, con una complicata rete di alleanze.
La situazione oggi sul campo però delinea una importante linea di demarcazione fra le tribù più vicine a Gheddafi e quelle storicamente avversarie, perché legate alla confraternita senussita, che aveva espresso il precedente regime del re Idris territorialmente proveniente dalla Cirenaica.
Non è certamente un caso che oggi i “territori liberati” dal regime di Gheddafi in Cirenaica abbiano issato la precedente bandiera monarchica.
Il nostro ministro degli esteri si è lasciato scappare l’osservazione che il nostro governo in Libia conosce praticamente solo Gheddafi, se fosse così sarebbe un bel guaio, si spera che la diplomazia parallela dell’Eni sia più forte di quella ufficiale.
Non risulta però che nemmeno gli altri governi si siano preoccupati di tenere i contatti con le tribù libiche e questo sarà un problema.
In Libia non esistono partiti, nemmeno clandestini, non esistono giornali o altri media indipendenti, non esiste per ora una figura di anti-Gheddafi.
In queste condizioni è difficile capirci qualcosa.
Se vogliamo essere sinceri l’impressione che si trae dalla lettura dei giornali anche specializzati è che della Libia non se sappia abbastanza praticamente in nessun settore e questo è veramente sorprendente se si pensa che geograficamente con la Libia praticamente confiniamo.
Bisognerà umilmente fare dei corsi serali di aggiornamento per evitare di prendere delle cantonate macroscopiche, tenendo comunque presente che le caratteristiche pariticolari della Libia fanno sì che la soluzione del problema richederà comunuque tempi lunghi,anche per evidenti problemi logistici (da Tripoli a Bengasi c'è più o meno la distanza Milano- Palermo).