venerdì 28 novembre 2014

Col discorso al Parlamento Europeo di Strasburgo il 25 novembre scorso   papa Francesco ha dato il meglio di sé




Papa Francesco al Parlamento Europeo è stato accolto, come al solito, in modo quasi entusiastico se si guarda al numero degli applausi ed alle standing ovation che gli sono state tributate.
E'al momento il leader mondiale di maggior prestigio e questo in qualche modo gli consente di sfruttare il sua vantaggio competitivo, ovunque vada.
La mia impressione però è che questo papa renda al massimo quando incide mettendo in atto dei comportamenti che tutti riconoscono come contro corrente o quando lancia  delle battute con prospettive nuove, o meglio ancora, quando il suo discorso si connette direttamente e senza intermediazioni teologiche al puro messaggio evangelico, come ha fatto in una parte di questo discorso.
E' papa da un anno e mezzo abbondante (dal marzo 2013) e ormai ha lasciato il segno e si è fatto conoscere.
Ha il suo stile, che direi è più lieve di quello dei suoi predecessori e questo è il suo punto di forza.
La chiesa che guida è già troppo ingessata da dogmi, precetti e astrazioni teoriche e quindi un papa oggi potrebbe benissimo fare a meno di encicliche e di dichiarazioni corpose.
Non credo che sia un peccato o un segno di superficialità affrontare alcuni problemi senza dare risposte articolate, ma solo accennare a delle proposte di soluzione, perché il mondo di oggi non è più quello di ieri, è molto più complicato e sopratutto va troppo veloce per stargli dietro con una adeguata conoscenza.
Di conseguenza, l'arroganza che dimostravano i papi precedenti nel voler sempre  vendere come verità oracolari,  delle loro pure  supposizioni,che spesso si rivelavano  del tutto infondate, era un errore, che probabilmente, ha   contribuito non poco  a condurre la chiesa nel cattivo stato di salute nel quale si trova tuttora.
E' molto meglio che papa Francesco continui a fare tesoro della virtù  dell'umiltà, che è così trascurata nel costume della chiesa, tanto che, non per niente, non è elencata né fra le virtù teologali, né fra le virtù cardinali dai vecchi catechismi, pur essendo considerata una virtù importante, anche dalla tradizione cattolica  e dal senso comune.
Forse i teologi si sono resi conto che il mondo clericale proprio non ci sarebbe riuscito a praticarla e han lasciato perdere.
Si pensi, però, al fatto significativo, che i cattolicissimi e potentissimi Cardinali Carlo e Federigo   Borromeo avevano scelto per il loro stemma di famiglia proprio la parola "humilitas" e non altre.
"Chi sono io per giudicare?".
Quando ha detto questa frase papa Francesco è stato grandissimo, nella sua professione di umiltà.
E poi è giusto riconoscere che ognuno ha un suo stile e una sua formazione e con quelle è opportuno che si presenti, senza travestirsi con abiti diversi, secondo le circostanze.
Da quello che abbiamo visto fino ad oggi, appare chiaro che papa Francesco non avrà  magari del tutto, per esempio, la profondità culturale che induceva  un Paolo VI a definire e  pesare col bilancino ogni parola, ma questo, lo ripeto, potrebbe ai nostri tempi, giocare a suo favore, costringendolo ad essere più diretto e più "umano".
Al Parlamento di Strasburgo il papa ha detto molte cose, bene accolte a volte dalla intera assemblea, a volte solo dalla, pur corposa, minoranza (di centro-sinistra), perché di "cose di sinistra" ne ha dette veramente molte.
Il discorso è stato quindi molto diretto, come è nel suo stile, ma è stato anche corposo (sette pagine) e ben congegnato.
Per chi si occupa di queste cose, si poteva vederci dentro chiaramente il riferimento costante alla parte migliore della dottrina sociale contenuta nelle encicliche di Paolo VI.
- Ha lodato l'Europa come paladina della difesa della dignità della persona umana e questo nel modo di oggi risponde chiaramente alla realtà delle cose.
L'Europa sarà anche vecchia e acciaccata, come lui l'ha definita, in modo quasi scanzonato, ma è pur sempre il più visibile baluardo nella difesa dei diritti umani.
 Andando anche oltre Paolo VI, papa Francesco ha   ancorato il concetto della dignità della persona, da lui definita trascendente e quindi in un universo non riconoscibile per i laici, ai diritti umani, come si sono formati nella loro evoluzione storica e qui si è felicemente unito alla cultura filosofia e laica.
Non ha citato l'illuminismo, parola che i papi fanno ancora così fatica a pronunciare, sentendola in concorrenza col cattolicesimo, ma ne ha enunciato implicitamente il senso e questo è già tanto, superando
così le fisime dei suoi predecessori.
- ha invocato la difesa della dignità della persona nella necessità di trovare posti di lavoro e poi di difendere la loro stabilità, indispensabile per consentire ai lavoratori medesimi di programmare la vita della propria famiglia.
Come si è detto sopra, ho avuto l'impressione che i suoi collaboratori che, gli avranno verosimilmente fornito il materiale, per trattare questa particolare materia, siano stati molto abili a confezionare un efficace e fedele riassunto della dottrina sociale di Paolo VI;
- ha invocato maggiore attenzione e solidarietà per i migranti che attraversano il Mediterraneo;
- ha finalmente accennato il dramma delle comunità cattoliche perseguitate in modo sistematico in certe parti del mondo.
Finalmente, perché, e anche con qualche ragione, molti suoi critici si sono fortemente attaccati ai suoi precedenti preoccupanti silenzi in materia;
- è entrato, addirittura a testa bassa, nella critica corrente della natura eccessivamente tecnocratica e burocratica dell'Unione Europea, che sembra avere perso una visione strategica di più lungo respiro, ispirata ai valori originari;
- ha fatto perfino un accenno all'Europa, maestra di scienza, ma non solo, nell'elencare le materie nelle quali l'Europa è stata maestra ha elencato addirittura scienza arte e musica, prima della fede.
C'è veramente da trasalire pensando all'arrogante pretesa di egemonia culturale, che, in confronto, predicavano in materia i suoi predecessori.
E' solo un accenno, ma è meglio di niente.
Che peccato che i papi predecessori di Francesco abbiano un rapporto in genere , così cattivo e limitato da vecchi pregiudizi sulla scienza, della quale sembrano vedere solo i presunti pericoli, ma trascurano contemporaneamente le enormi conquiste fatte della scienza moderna, che hanno migliorato la vita del genere umano in modo  impressionante, come è sotto gli occhi di tutti.
Non posso a questo proposito non citare ancora Paolo VI, che nelle sue encicliche sociali, è stato l'unico papa, capace di  manifestare addirittura  genuino entusiasmo per le conquiste della scienza e della tecnica.
Ma dopo di lui era stato il vuoto e si erano visti e segnalati solo pericoli, dai quali mettere in guardia con ingiustificata paura.
- c'è stato l'accenno di prammatica alle radici cristiane dell'Europa, ma fatto senza calcare troppo la mano, cioè non citandole  come le uniche radici, come avevano fatto Wojtyla e Ratzinger, ma   come punto di partenza sul quale costruire il futuro e non come punto di arrivo, e non senza avere correttamente elencato il valore della tradizione greca e romana e addirittura di  quelle celtica e germanica, oltre a quella cattolica.
Va bene, non ha citato Voltaire, ma poco ci mancava.
Non dimentichiamoci ,poi, del  fatto che papa Francesco non è un europeo ,ma è un sudamericano e questo conta moltissimo.
Essere abituati a vedere l'Europa dal di fuori e non dal di dentro, è un punti di vista molto differente dal nostro.
Chi si informa su casa pensano e come ragionano le diverse componenti di questo nostro mondo globalizzato, sa che nel così detto mondo in via si sviluppo, al quale appartiene anche l'America Latina, non solo non c'è più da tempo il vecchio timore reverenziale verso la vecchia Europa, ma c'è invece un senso di fastidio ed anche un qualche rancore e papa Francesco nel suo discorso ne ha fatto un breve cenno : l'Europa ha cessato di essere un riferimento invidiato, perché ha perso la spinta e l'ispirazione dei suoi ideali.
Questo spiega la disinvoltura con la quale il papa non ha esitato ad entrare nel merito dei temi politici più caldi della politica europea del momento : sviluppo, occupazione , flessibilità e stabilità del lavoro, visione a lungo periodo e non arroccamento su limitanti orizzonti burocratici- tecnocratici, emigranti.
Come detto sopra, questo papa sui temi internazionali è molto criticato dai suoi oppositori interni  che gli rinfacciano la "colpa" :
- di non reagire con determinazione nei confronti di chi perseguita le comunità cattoliche;
- di dimostrare di non avere una linea per contrastare in particolare l'islamismo violento dei tagliagole dell'Isis e compagni;
- di essere troppo "buonista" nel predicare l'accoglienza degli emigrati che cercano rifugio in Europa.
E in effetti è stato visto con sorpresa il lungo silenzio di papa Francesco su questi temi.
Lo si era detto anche su questo blog,  sembra che abbia paura di parlare male dell'Islam perché, se lo facesse, sarebbe costretto a parlare di "guerra di religione".
E se nominasse quelle due parole, rischierebbe l'autogol,  perché la gente non potrebbe non pensare subito alle crociate ed alle stragi di presunti eretici praticati dalla chiesa cattolica nei secoli, con non meno ferocia di quanto fanno oggi i Jihadisti.
E infatti molto gesuiticamente, papa Bergoglio si è difeso attaccando, quando ,con !" un'excusatio non petita", accennava agli errori e addirittura ai peccati commessi dalla chiesa in passato nei rapporti con i non cattolici o con i cattolici di altre confessioni, e bene ha fatto a mettere le mani avanti.
Nessuno degli oppositori di Papa Begoglio ha ancora invocato la chiamata a una nuova crociata, ma certo l'argomento è delicatissimo, anche perché gli animi della gente si stanno sempre più scaldando a questo proposito e la posizione attuale del papa appare obiettivamente ancor un po' troppo debole, ma forse si sta evolvendo.
La sua linea in proposito che ha ribadito non nel discorso, ma durante il viaggio in aereo al ritorno in  Vaticano, è che per difendersi da un attacco ingiusto non sarebbe lecito agire usando la forza direttamente, ma occorrerebbe sempre cercare la copertura dell'Onu.
Ineccepibile sul piano teorico, ma nella realtà di un Onu, lentissimo a muoversi, con una "governance" macchinosa e bloccata dai veti, e sopratutto senza disporre di una forza militare sua propria, è un po' come lasciare le vittime in balia di sé stessi, cosa che risulta intollerabile.
Si tratta di una linea, che va sicuramente rivista e rielaborata con una maggiore dote di realismo.
Non è che gli altri papi abbiano fatto di meglio in una materia così delicata e per sua natura divisiva, ma fin quando con cambierà, questa linea  è  veramente un grosso punto di debolezza di papa Francesco, che sarà usato e amplificato dai suoi critici interni, con l'abituale cattiveria.
Ma dove questo il papa dà il meglio di sé stesso e diventa convincente a tutti è quando si limita al discorso evangelico puro.
E quindi il cuore vero del suo discorso è stata la parte sulla solitudine dell'uomo moderno, che viene sofferta in modo più pesante,  sopratutto nel mondo più sviluppato, come nella nostra Europa, perché qui la famiglia è spesso meno attrezzata a fornire assistenza, presenza e copertura.
Contemporaneamente ha  stigmatizzato la connessa "mentalità dello scarto" che papa Francesco cita spesso.
E' un'espressione talmente diretta, da poter essere considerata inopportuna, o addirittura volgare, se usata anche nei riguardi dei più deboli e bisognosi degli uomini, come fa appunto regolarmente questo papa.
Quando usa queste espressioni dà delle autentiche frustate, ma questa è la sua vera forza.
E' questo suo essere diretto, senza preoccuparsi di poter ferire delle suscettibilità particolari,  che la gente ama di più.
E lo amano perché, quando parla in questo modo, evoca, nell'immaginario della gente medesima, direttamente il fondatore del cristianesimo, senza invischiarsi nelle costruzioni e prescrizioni astratte della teologia , e quindi, come papa, non potrebbe fare nulla di più e di meglio.



mercoledì 26 novembre 2014

Elezioni del 23 novembre : anche in politica la gente lascia le vecchie chiese



Facile per chiunque dire chi ha perso le regionali del 23 novembre scorso.
Berlusconi ha perso in modo catastrofico e Grillo gli andato dietro, poi, come di consueto, nè l'uno nè l'altro riconoscono la portata della sconfitta, che per loro potrebbe significare il fatto di essere all'ultimo giro e che i loro movimenti non hanno la garanzia di sopravvivere alla sconfitta del fondatore.
Facile anche , specularmente, individuare i vincitori, dato che i numeri non mentono.
Ha vinto Renzi, che si ritrova col suo partito a governare tutte le regioni italiane meno Lombardia  Veneto e Campania.
Ha vinto, e in modo clamoroso, Salvini che raddoppia i voti e dimostra di avere ormai una base nazionale e non più solo locale.
Stiamo parlando di quattro movimenti politici, che di fatto rappresentano la quasi totalità delle forze politiche italiane ,e che hanno tutte una caratteristica peculiare, radicalmente diversa  rispetto al passato.
Hanno tutti  tagliato i ponti col partito -chiesa del passato, nel quale ci si riconosceva, come in un fattore identitario e che per questa ragione non si abbandonava mai se non da parte di frange marginali.
L'ideologia , i così detti valori fondanti, erano i vangeli che non era lecito mettere in discussione.
E questa situazione era durata fino a molto di  recente, perché il PCI , associazioni collaterali e classe politica era di fatto sopravvissuto costituendo la spina dorsale del PD.
La DC nella sua parte moderata, che era la maggioranza, non  ha fatto fatica a riconoscersi nel berlusconismo, mentre la sinistra democristiana era sopravvissuta entrando nel Pd, se pure in posizioni di minoranza.
La consapevolezza di queste origini per molti era la garanzia rassicurante di essere sempre nel  partito -chiesa di sempre.
Per i berlusconiani ex democristiani, in particolare, perché il leader  è stato omaggiato da papi, segretari di stato e presidenti della Cei, fino al recente cadutone causato dalla condanna penale.
Non di meno per gli ex- comunisti, che di comunista o anche solo di socialista non avevano più nulla, ma che per necessità si trovarono costretti a venire incontro alla volontà della base di tenere vive le radici almeno nella memoria dei leader del passato più presentabili come Enrico Berlinguer o dei segretari generali storici della CGIL.
Poi è arrivato Renzi, che per il suo partito era un marziano, in quanto la sua giovane età gli consentiva praticamente di non essere politicamente figlio di nessuno e quindi di inventarsi un suo, se pur generico, universo di riferimento, che va da Tony Blair a Barak Obama, ma che trascura quello che era l'intero Pantheon del suo partito.
Questo salto in avanti sarebbe stato assolutamente impensabile in altri tempi ed è stato possibile oggi solo perché ,chiaramente, l'elettorato ha dimostrato di essersi sganciato, forse definitivamente, dalla "fede" nei partiti- chiesa, e di chiedere alla politica la risoluzione dei problemi, che avverte come più urgenti di volta in volta e i "valori fondanti" li sostituisce con un sano e forse eccessivo pragmatismo.
Lo stesso fenomeno si avverte nel caso dei Grillini.
Non hanno radici in forze politiche storiche e se ne vantano, di conseguenza non hanno il riferimento a "valori fondanti", ma assemblano di volta in volta la loro offerta politica se pure tenendo ferme alcune linee guida come difesa dell'ambiente, lotta ai privilegi della casta, salario garantito per i giovani ecc.
In casa di Berlusconi le cose vanno un po' peggio, perché anche se i giudici hanno inspiegabilmente scelto di cambiare indirizzo e da qualche tempo assolvono tutti, la vecchia volpe è rimasta irrimediabilmente presa nella tagliola di una condanna definitiva e quella se la tiene.
Di conseguenza è costretto ad andare a patti con Renzi, col cappello in mano, per chiedergli in cambio "l'agibilità politica", cioè la grazia.
Come possa pensare seriamente di potere condizionare un atto sovrano del prossimo presidente fornendogli in cambio i voti necessari per la sua elezione, lo sa solo lui.
Vada a chiedere a un vaticanista quanti papi anno rispettato le promesse che avevano fatto ai cardinali che li hanno eletti in conclave, avrà delle risposte molto scoraggianti.
Quello di Berlusconi è un   partito in disfacimento, per il quale, alla parte residuale che rimarrà in vita Berlusconi non è una risorsa ma un problema.
I numeri dimostrano che la "fede" nelle imperiture fortune del capo non è stata condivisa dalla metà del suo elettorato.
Un partito poco oltre il 10% che  nei momenti d'oro del '94 e seguenti raccoglieva  il 40%, che futuro può avere?
Per la Lega di Salvini si può fare un discorso in parte analogo  a quello di Renzi.
La giovane età gli consente di  saltare ben oltre l'acciaccato fondatore e il suo disastroso "cerchio magico".
La sua Lega, della vecchia Lega ha solo il nome ed anche questo probabilmente è destinato a cambiare, perché l'attuale bacino nazionale trasforma radicalmente la fisionomia del vecchio  movimento.
Finiti i riferimenti fondativi al federalismo ed all' indipendenza del Nord, si passa ad adottare l'ideologia lepenista, che come in tutte le ideologie di destre  è tutto il contrario e cioè è statalista, in quanto nazionalista.
Qui nella Lega, il ripudio del vecchio partito -chiesa, di rito celtico è ancora più radicale che negli altri partiti.
Salvini, giustamente dal suo punto di vista, è come Renzi e Grillo  un assemblatore di offerta politica, che mette insieme le situazioni di disagio e di rabbia sociale, che sono molte e consistenti.
E' destinato a mangiarsi le altre formazioni di destra, Berlusconi compreso in un sol boccone.
Ed alla stabilità del sistema e quindi anche a Renzi, giova tutto sommato avere di fronte, incarnata da Salvini, "l'opposizione di sua maestà", all'inglese, che ora non c'è, se non per la presenza più goliardica, che politica, dei 5Stelle.
Siamo quindi in uno scenario nuovo, completamente nuovo, che come sempre offre grandi opportunità ed anche il pericolo di decadere nel populismo, dove vince chi la spara più grossa.
A Renzi il compito di portare a casa al più presto delle riforme vere, approfittando della singolarità del momento per essere ancora più coraggioso.
Berlusconi e Renzi sono in gravi difficoltà, a Renzi quindi l'opportunità di giocare la carta dei due forni, secondo le convenienze del momento.
Ha l'enorme vantaggio di essere lui a dare le carte, lo sfrutti.



Il film televisivo su Altiero Spinelli ha reso un ottimo servizio



La Rai, dopo avere inseguito per vent’anni Mediaset sul terreno dei “programmi di evasione”, ci aveva da un pezzo disabituati a vedere qualcosa di culturalmente consistente.
Per la verità la trasmissione, qualche mese fa, del film televisivo sulla figura di Adriano Olivetti, aveva aperto uno spiraglio, che la trasmissione sulla vita di Altiero Spinello dell’altro giorno ha confermato.
Non sembra vero, perché programmi di questo tipo rispondono chiaramente  a quella che era stata, nella prima repubblica, la filosofia di Amintore Fanfani e di Bernabei, il suo uomo alla Rai, direttore generale per un lungo periodo.
Filosofia che, constatando il fatto che gli italiani non erano un popolo coltissimo e soprattutto non avevano troppi strumenti per coltivare la cultura e arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, individuarono nella Rai un potentissimo mezzo per fare anche didattica.
Il berlusconismo, e prima di lui il craxismo, si sono preoccupati di snobbare la televisione di quegli anni, descrivendola come grigia e oscurantista, ma si sono sbagliati di grosso e infatti vediamo quale deserto culturale si sia abbattuto sulla Rai dopo la cura da loro imposta.
Altiero Spinelli, geniale utopista, è riconosciuto universalmente come il padre fondatore dell’Europa come federazione, che superi gli egoismi degli stati nazionali, tanto che l’ala principale del palazzo di Strasburgo, dove ha sede il parlamento europeo, è a lui dedicata (l’altra è giustamente intitolata ad onorare Henri Spaak, il politico belga altro padre dell’ ideale europeo).
Spinelli non è difficile accostarlo ad Olivetti, perché ambedue sono personaggi di sovrabbondante intelligenza, con una visione del futuro, che andava di gran lunga al di là della visone dei loro tempi.
Un’altra caratteristica li accomuna : geni visionari, ma allergici all’arruolamento nei partiti , quindi considerati di fatto “figli di nessuno” e per questa “colpa”,di fatto, abbandonati a sé stessi dalle istituzioni e dalle forze politiche.
Ambedue con saldi radici e riferimenti alla filosofia illuminista.
Ambedue intellettuali di grande spessore, ma nello stesso tempo tenaci uomini di azione.
Ambedue, non dico dimenticati, perché almeno nei programmi scolastici ci sono oggi accenni ad entrambi, e ci mancherebbe che non fosse così, ma certo quasi mai citati dalla nostra, poco colta,  e inconcludente classe politica.
E’ abbastanza penoso vedere sulle pagine dell’Enciclopedia digitale Wikipedia,oggi ultraconsultata, qualificare grossolanamente Altiero Spinelli come comunista, anche se nella biografia si dice chiaramente, che al Partito Comunista si era iscritto da ragazzo, ma che fu ben presto espulso, perché in quel partito non erano graditi i liberi pensatori.
E’ vero che fu eletto a Strasburgo col concorso del Pci, ma come indipendente di sinistra, per il semplice fatto, che le regole del gioco in politica non contemplano l’esistenza di “figli di nessuno”.
Bella la descrizione dell’ambiente dei confinati antifascisti sull’isola di Ventotene, dove Spinelli passò gli anni, che vanno dalla sua uscita dal carcere, dove aveva trascorso dieci anni, per reati di opinione in quanto antifascista, alla caduta di Mussolini il 25 luglio ’43.
Bella perché gli autori sono riusciti a privilegiare gli aspetti umani di quelle persone, resistendo alla tentazione di esaltare figure, ivi presenti, poi assurte quasi al livello di “padri della patria” ,come ad esempio Sandro Pertini.
Buona, anche perché inevitabilmente corrispondente alla realtà storica, la presentazione della figura di Ernesto Rossi, come l’amico del cuore di Altiero Spinelli.
I due erano fatti per intendersi, proprio perché battitori liberi tutti e due.
A Ventotene , a parte i socialisti, del calibro di Pertini, c’erano diversi personaggi, che pochi anni dopo, avrebbero occupato le poltrone di mezza direzione nazionale del Pci, e di conseguenza si era in un ambiente, nel quale la voglia di accentuare la propria identità politica era una tentazione continua, anche a causa della congenita volontà egemonica dei comunisti ortodossi.
E quindi bene hanno fatto gli autori a mettere in evidenza questo, che era stato  un dei guai quotidiani per chi si univa alla Resistenza senza essere comunista.
La durezza della vita nella resistenza militante e pericoli corsi quotidianamente, alla fine, faceva prevalere  le ragioni dell’insieme, sull’arroganza dei fondamentalismi comunisti.
Come avvenne puntualmente a Ventotene, dove il “commissario del popolo” in carica non poté fare a meno di comunicare a Spinelli, che essendo lui uno che non si conformava alla linea del partito, doveva considerarsi buttato fuori.
Ma la tenacia della gente come Spinelli e la loro fiducia nella superiorità assoluta del pensiero critico su quello dogmatico, fu fondamentale per spingere quei  deportati a non aver paura di criticare in pubblico il punto di vista dei vari “commissari del popolo” contribuendo così a trovare un indispensabile terreno di intesa e a riflettere sulla insensatezza dei dogmi imposti dall’alto, anche quando erano senza fondamento logico.
Ma torniamo al sopra citato Ernesto Rossi, anche lui intellettuale di grande calibro, ma poco noto al grande pubblico, perché con Spinelli condivideva il peccato originale di essere tenacemente “figlio di nessuno”.
Radicale e illuminista liberale, efficacissimo e bruciante polemista.
I libri di Ernesto Rossi, che dimostravano la collusione del Vaticano col fascismo e poi i pamphlet contro alcuni personaggi celebri della finanza e dell’industria italiana, gli hanno creato nel dopoguerra una montagna di nemici.
Per la verità, la tv di Bernabei, che all’inizio abbiamo esaltato, era in quegli anni di stretta osservanza vaticana, e quindi mai e poi mai avrebbe dedicato tanto spazio a un personaggio come Ernesto Rossi.
Ma oggi per fortuna tanta acqua è passata sotto i ponti del Tevere e il Vaticano non fa più tanta paura, anche se, va detto, in questo caso a suo onore, la Signora Tarantola, attuale presidente della Rai, si ritiene, che avrebbe ottenuto a suo tempo quella carica sulla spinta della segreteria di stato vaticana.
Quindi i tempi sono si cambiati, ma siamo pur sempre in Italia e certe cose cambiano lentamente.
Spinelli, abbiamo detto, è il padre dell’idea di Europa come federazione e padre rimane, perché come è ben noto le idee non può ucciderle nessuno.
Ma l’Europa, sua figlia, come la voleva lui , purtroppo, non è mai nata,perché gli stati hanno avuto paura di fare la federazione, rinunciando agli egoismi nazionali.
Ed è notorio che è a causa proprio di questo, che ora l’Europa rischia di dissolversi.
La gente ha perso fiducia in un Europa, che arriva nella vita delle singole persone, prima di tutto, come esattore di tasse sempre più esose, come banca, che non concede crediti, come un potente fantasma, che vuole privarci del Welfare.
Di buono l'Europa ci lascia solo l’Euro, che fa molto comodo avere in comune con gli altri partner dell’Unione Europea ,che hanno aderito alla moneta unica, perché è l’unica cosa importante, che ci fa sentire allo stesso livello degli altri.
Ma in pratica non può esistere una moneta comune fra stati che non vogliono mettersi in comune, perché non sopportano l’idea elementare di condividere i debiti degli altri.
Come si fa a fare una comunità, basata sull’idea : quello che guadagno io me lo tengo io, e chi guadagna meno del necessario, si aggiusti?
Spinelli aveva concepito una figlia ideale un po’ più intelligente e lungimirante.





giovedì 20 novembre 2014

Papa Francesco si avventura a parlare di  bioetica e  tornano inaspettatamente  in auge le argomentazioni più logore di papa Woytila



Il Papa sceglie inusitatamente di dare visibilità all’Associazione dei medici cattolici , che, come quelle analoghe,  è un organismo di dubbio significato,  fatto sorgere dopo la guerra da  Pio XII in risposta  al motto “istaurare  omnia in Cristo” sul quale fu rifondata l’Azione Cattolica, nelle sue varie branche, comprese quelle rivolte alle varie categorie della società.
Già qui siamo in un passato che non si vede che senso possa avere nel mondo moderno.
Non bastano i guasti fatti  nei passati decenni dall’affarismo  di Comunione e Liberazione nel mondo della sanità per screditare l’ispirazione evangelica del cattolicesimo,  bisogna proprio tornare all’Azione Cattolica, settanta anni dopo, in un mondo, che non ha più niente da spartire con quello di allora?
I medici cattolici, i giuristi cattolici, i veterinari cattolici, ma che senso possono avere?
Se qualcuno ha proprio la necessità  irrefrenabile di irreggimentarsi in organismi che promuovano l’identità cattolica, per lo più al fine di acquisire relazioni, utili al fine di far  carriera più in fretta, ha sempre la possibilità di  rivolgersi  alla massonerie bianche appunto di  CL e dell’Opus Dei, senza andare  a rivangare vecchi attrezzi  di un passato che non tornerà mai.
A mio avviso è incomprensibile il solo fatto che Papa Francesco  di sia fatto coinvolgere  nel  tentativo di rianimazione di un movimento di scarsissimo significato e di non verosimile attualità.
Servirsi di quell’occasione per esaltare l’obiezione di coscienza, come  un  presunto atto  di coraggio che sarebbe controcorrente, dimostra solamente il fatto che questo papa non ha nessuna conoscenza del  mondo degli ospedali italiani.
La matematica fortunatamente non è un’opinione, e non sarebbe male che anche in Vaticano ci se ne servisse di più, per usare i  concetti più elementari di  quella  branca della matematica applicata che è la statistica.
Ora, se tutte le rilevazioni di  sociologia  religiosa  sono concordi nello stimare, per eccesso,  intorno al 20% il numero dei cristiani praticanti in Italia e del 5% il numero dei medesimi cristiani praticanti nelle città metropolitane  e nei capoluoghi di provincia, dove appunto hanno sede i maggiori ospedali ,come si spiega l’ 80% in media nazionale di medici  e infermieri, che si  dichiarano obiettori di coscienza  nei reparti di Ostetricia?
Non c’è proporzione, c’è chiaramente qualcosa che non quadra.
Non sarà il caso di pensare a pura piaggeria nei confronti di primari baroni, che ritengono utile ai fini di carriera proclamarsi  ultra cattolici di stretta osservanza?
Esaltare la piaggeria e il carrierismo come atti di coraggio controcorrente non sembra una  cosa sensata.
Questo papa, che viene dal  Sud America, ha tutto il diritto di essere disinformato sulla condizione delle cliniche ostetriche  italiane  , sulla storia dell’Azione Cattolica Italiana e dei successivi movimenti,  che l’hanno soppiantata ,ma la scelta di ribadire le argomentazioni più logore del tradizionalismo cattolico  sui temi di bioetica è stata  una pessima scelta.
Può essere verosimile, come appena detto, che l’elogio ingiustificato dei sanitari obiettori sia da  additare a disinformazione,  fornitagli da cattivi consiglieri.
Ma la scelta di ribadire le debolissime argomentazioni di Woytila in tema di bioetica , che sono perfino più retrive di quelle di  Pio XII, credo che non sia un infortunio , ma invece il frutto di una scelta  sua personale, consapevole e deliberata.
Papa Francesco viene  e si riconosce,  nel così detto Terzo Mondo e quindi nel cattolicesimo  di quella parte.
Quel cattolicesimo è  l’unico oggi ad essere in relativa buona salute e questo  fatto viene amplificato in Vaticano.
E’ chiaro che il papa pensa soprattutto a quel cattolicesimo, non a Roma   all’Italia o  all’Europa.
Questo papa sa che dalle sue  parti il cattolicesimo va relativamente col vento in poppa fra popolazioni molto poco scolarizzate, con tassi di natalità da far paura.
L’aborto lo  praticano in massa dalle mammane, ma vivendo in universi culturali molto più aperti al magico, che alla scienza , avvertono, erroneamente, il controllo delle nascite come un fatto “innaturale”.
E’ innaturale il controllo delle nascite o è  del tutto irragionevole  la pretesa della chiesa cattolica di vietarlo,  mettendo sullo stesso piano preservativo, pillola e aborto, come ha sempre ribadito il peggiore Woytila, lasciando di stucco chi pretende un minimo di ragionevolezza anche nei papi?
Nel terzo mondo, anche se non avessero il prete che  bolla ogni tipo di controllo delle nascite come peccato, sarebbe la  cultura arretrata ivi vigente a favorire la “vita” qual che sia ,e non la più sofisticata “qualità della vita”.
Non posso fare a meno di vedere in questo atteggiamento di papa Francesco una  scelta di potere, che contraddice l’ispirazione evangelica fin qui da lui manifestata sui temi “sociali”.
Una scelta di potere identica a quella delle sette evangeliche, ancora più in espansione del cattolicesimo nelle parti meno  sviluppate del  Brasile, per esempio, largamente finanziate dalla destra americana alla ricerca di un controllo sulle  coscienze e di  gente omologata alla loro cultura  perché siano pronti a consumare il “made in Usa” .
Il Vaticano non ha da vendere nessun prodotto materiale, per fortuna, e si accontenta di aumentare a vista d’occhio il numero dei battezzati, senza curarsi  troppo della qualità.
Ma è un calcolo miope.
Di fronte alla presa di posizione di papa Francesco sui temi etici, il commento più comune è stato : ma non poteva fare diversamente, il papa deve fare il papa.
Questo ragionamento è semplicistico e trascura l’intiera storia della chiesa nella quale si rinviene, contrariamente  a quello che dice la propaganda ufficiale e l’opinione più comune, una continuità di giri di padella.
Poco più di un secolo fa Pio IX tuonava in documenti ufficiali contro democrazia e diritti civili (stampa, espressione ecc.) qualificandoli addirittura come opera del demonio in persona.
Poi la chiesa medesima, sempre in documenti ufficiali al Vaticano II, ha girato la frittata ed ha stabilito  l’esatto contrario.
Quindi il papa non è e non è mai stato obbligato a ribadire sempre gli stessi principi.
Se la chiesa esiste ancora ,questo avviene soprattutto per la sua capacità  di adattarsi ai tempi, assorbendone l’ evoluzione culturale e vendendo, con una buona dose di cinismo, le nuove posizioni come una migliore attuazione degli eterni principi e non come una discontinuità nella dottrina.
Del resto, nel mondo globalizzato, lo dicono  le statistiche., ancora pochi anni, e nei  paesi in via di sviluppo si formeranno classi di ricchi  e straricchi, ma anche una classe media sempre più vasta.
Costoro accederanno a un’istruzione sempre più elevata e poi avranno delle pretese culturali, e quindi non accetteranno più prescrizioni di etica sessuale strampalate e fondate sul nulla, come quelle sulle quali insiste  irragionevolmente  la chiesa cattolica.
E’ un calcolo miope quello che sta facendo questo papa nelle materie di bioetica.
Purtroppo, siamo sempre allo stesso punto, nel senso che anche papa Francesco, come i suoi predecessori, dimostra di avere un pessimo rapporto con la scienza.
Probabilmente, non se ne è mai occupato o non si è preoccupato di darsi una cultura sufficiente a capirci qualcosa.
Ma soprattutto sembra anche lui portatore del pregiudizio diffusissimo nel mondo clericale in base al quale della scienza e degli sviluppi tecnologici si temono e si amplificano  i presunti pericoli e specularmene si sottovalutano le conquiste e le prospettive per  migliorare la vita umana nel suturo.
La scienza viene vista come un pericoloso concorrente.
Peccato perché il problema della bioetica cattolica è tutto qui.
Dopo Darwin e la sua teoria dell’evoluzione,  che ha trovato continue e concordanti conferme non è più possibile sostenere il  mito della creazione, ma nemmeno è possibile sostenere la pretesa che l’evoluzione stessa segua un finalismo come sua regola fondamentale, che rappresenterebbe appunto ” il disegno intelligente” di dio.
E’ inutile girarci intorno, per la scienza  c’è spazio per un qualcosa, che le filosofia definirebbe come dio, ma non c’è più spazio per un dio creatore.
I papi, anche quelli più “progressisti” ed aperti come papa Francesco, non vogliono prenderne atto, perché temono che se si uscisse dall’affermazione del mito della creazione  cadrebbe tutto l’edificio e cercano di sostenere argomenti debolissimi per salvare capra e cavoli, ma questo non è possibile.
Solo con la scienza si produce conoscenza e la fede in qualsiasi  mito religioso non può contraddire logicamente questa conoscenza perché se lo si fa, ci si arrende all’irrazionale e cioè si cade nella superstizione.
Peccato che il  fondamento del discorso  tradizionalista della chiesa cattolica sulla bioetica,  fatto proprio da papa Francesco, si basi solo e unicamente sul concetto di dio creatore, che come tale, sarebbe l’ unico legittimato a dare e togliere la vita, per il fatto appunto di essere il creatore.
Come se Darwin non fosse mai esistito.
Questa adesione di papa Francesco alle tesi tradizionaliste sui temi della bioetica sta a dimostrare che la visione progressista nel campo del cattolicesimo non è probabilmente sufficiente per tirare fuori la chiesa da una crisi epocale.
Si è infatti notato, giustamente, che  il grande successo mediatico e di consensi, riscosso da papa Francesco, non ha per niente influito nel  migliorare l’accoglienza del cattolicesimo nel mondo attuale.
Cioè, in altre parole,  lo svuotamento delle  chiese continua, non ostante le aperture di questo  papa.
Continuo a guardare con tristezza ai responsabili delle religioni, che si impiccano con le loro stesse mani.
Perché anche se ritengo che la scienza, la filosofia e l’arte siano di maggior aiuto all’uomo delle religioni, mi sembra insensato lasciar decadere il patrimonio culturale legato alle religioni.
Purché queste siano capaci di allontanarsi sempre di più dalla gestione del potere, col quale hanno mirato per secoli ad esercitare il controllo esclusivo sulle coscienze dei fedeli, esercitando  così un potere più forte di quello temporale-civile, e  si indirizzino invece a utilizzare la secolarizzazione che le investe tutte, come una occasione per uscire dalle scorie delle loro diverse mitologie.
Perché  indirizzino le loro teologie a individuare le intuizioni, che sono la ricchezza delle loro medesime mitologie per andare oltre e discernere solo sull’essenziale che unisce.
Non si può non pensare alla verosimiglianza di una religione universale, che però può stare in piedi solo se tutti si decideranno a riconoscere le loro mitologie, appunto come mitologie e non come rivelazioni esclusive, ma come  pure intuizioni, pure metafore, utili per ragionarci sopra e verificarne la  validità, con gli strumenti della scienza e della logica.




mercoledì 12 novembre 2014

Renzi si allei anche col diavolo, ma deve farcela, per evitare che ci venga imposta la disastrosa cura della Troika



E' singolare che su questo blog si siano dette peste e corna su Berlusconi per anni.
Che quando è spuntato Renzi, lo si sia tacciato di essere un'ulteriore anomalia della politica italiana, in sovrappiù rispetto a Berlusconi.
Che quando i due si sono alleati nel patto del Nazareno, a coronamento dell'ossessione del Quirinale per le "grandi intese", si sia detto che quella era la peggiore delle soluzioni possibili.
E' singolare che, con quelle premesse, ci si senta costretti oggi, se non proprio a fare il tifo per Renzi, ma almeno ad augurargli di tenere duro, per strappare delle riforme significative.
Perché a Bruxelles lo hanno detto ben chiaro, o l'Italia mostra di essere in grado di realizzare le riforme subito o si aprono le procedure in infrazione, cioè in pratica arriva la troika a farcele fare, in forza della cessione di potere a suo favore, che le conferiscono i trattati, distrattamente firmati dai grandi politici, che hanno preceduto Renzi.
Dove la troika è arrivata, si è insediata ed ha operato (Grecia, Portogallo e Irlanda), i risultati sono lì da vedere : conti più in ordine ,ma welfare state al lumicino , disoccupazione fuori controllo, ceto medio distrutto e impoverito.
Si può e si deve evitare questo ulteriore impoverimento del paese.
L'Italia non è un piccolo paese, come quelli sopra elencati, è il terzo più  grande paese dell'Europa.
Oggi indebolito da decenni di stagnazione e di mal-governo , del tutto sfiduciato, e con una società al limite della sopportazione.
E infatti, nelle strade e nelle piazze  sembrano improvvisamente materializzarsi i malefici fantasmi degli estremismi violenti.
L'abile giovane leader della Lega, Matteo Salvini, sta furbamente ponendosi come credibile esponente del Lepenismo all'italiana, capace di catalizzare malcontenti, indignazioni e umiliazioni subite.
E questo lo fa volare nei sondaggi.
Del resto lo spazio della destra in Italia, dopo il disfacimento del Movimento Sociale, era rimasto vuoto e senza una rappresentanza di un qualche rilievo,e  quindi lo spazio c'è per un movimento lepenista.
Renzi, di sinistra, ha veramente pochino, pochino, ma questo alla gente sembra interessare sempre di meno, perché a questo punto, quello che interessa è vedere le cose cambiare veramente.
E se allora, per trovare i numeri necessari in parlamento, per fare le riforme, la strada più facile è quella di tenere politicamente in vita un Berlusconi, che sembra in forma come il Mussolini, fatto prelevare da Hitler dalla prigionia del Gran Sasso, lo si faccia, tanto ne abbiamo già viste di tutti i colori.
Se poi i deliri narcisistici di Renzi e Casaleggio, consentiranno di fare uscire dal frigorifero il secondo partito italiano, cioè i 5Stelle, per farlo partecipare al rinnovamento, questa sarebbe una gran cosa, perché farebbe intravedere un futuro un po' più pulito.
Contano poco le piazze riempite, a comando, da sindacalisti capaci di fare scattare l'orgoglio di vecchie identità ed idealità, nei padri dei giovani operai, ma che non sanno dire nulla ai giovani operi medesimi.
Parlare al passato, in un mondo globalizzato, che ha appena schierato in Cina il 60% dell'economia mondiale. costituita dalla somma delle economie dei paesi del Pacifico, è una operazione patetica.
Oggi il mondo corre e chi si attarda sugli articoli 18, pensando di salvargli l'anima, sta perdendo il treno.
Bisogna fare riforme radicali per liberare un paese vecchio e ingessato, in modo da dare lavoro a una generazione di giovani che è stata tradita.
Ci vogliono dei risultati concreti entro l'anno.
A Renzi manca, e lo abbiamo detto e ripetuto nei post precedenti, l'anima, che i veri grandi leader politici assumono da una visone strategica a lungo periodo, basata su una cultura politica condivisa.
Non mi sembra però trascurabile il periodico ricorso che fanno Renzi e i suoi seguaci, alla "Leopolda", cioè a seminari dove si va non per far propaganda, come alle vecchie feste dell'Unità, copiate e ripetute in fotocopia da tutti gli altri partiti.
Ci si va per ascoltare il contributo, che possono dare intellettuali e manager, proprio per decifrare un futuro complicato e difficile e per fare delle proposte.
E' importante recuperare il ruolo degli intellettuali per la politica.
Oggi questo ruolo è stato perso o svilito.
Fa decisamente pena vedere nei mille talk show televisivi, tutti uguali o quasi, per fare un esempio, un intellettuale di vaglia, come Cacciari, capace di discettare in una sede accademica sul concetto di alterità di dio in Agostino per due ore, fingere disgusto per doversi confrontare con le banalità ripetitive, che solo può produrre una Santanchè, quando sapeva benissimo in partenza, che in quelle sedi televisive, non si può fare altro che riscaldare il solito minestrone, che alla fine non sa più di niente.

Renzi può darsi l'anima, che non ha, se imparerà, fra le altre cose, ad ascoltare chi può pensare anche per lui, che non pensa molto, con la scusa che ha molto da fare.

venerdì 7 novembre 2014

Le religioni spingono alla fraternità o alle guerre ?



Pensiamo a un luogo considerato altamente  simbolico per la sua singolarità : la spianata delle moschee a Gerusalemme.
Qui le tre religioni abramitiche dovrebbero incontrarsi e invece sono periodica e  costante fonte di odio.
Appena spento il focolaio di Gaza, ecco che basta il gesto inconsulto del solito mentecatto di turno, in cerca di visibilità, che sia un rabbino ultraconservatore o un estremista islamico , per rischiare di riaccendere l’incendio della lotta di religione.
Voltaire sorriderà dalla tomba, con quel suo sorriso sardonico, come per dire : ve l’avevo detto che  per vivere  in pace nella modernità, occorre superare i pregiudizi delle religioni.
Non vi bastano la scienza , la filosofia e l’arte e la cultura?
Se andassimo a cercare il giudizio obiettivo della storia sull’influsso delle religioni sullo sviluppo  o sul  degrado della civiltà , sarebbe difficile non osservare che la bilancia pende vistosamente a sfavore delle religioni.
Nessuno può negare le buone intenzioni, insite in tutte le mitologie –  rivelazioni , sulle quali si fondano le religioni della terra.
Le religioni nascono dalla forte domanda di senso della vita e prima ancora di superamento- contenimento della paura ancestrale della morte e dalla posizione debole dell’uomo di fronte alle forze di una natura spesso matrigna.
Ci sono  biblioteche di analisi antropologica che hanno appurato queste radici.
Oggi i forti progressi che ha avuto  la  ricerca nelle neuroscienze, hanno consentito di fare ulteriori passi avanti nella spiegazione delle ragioni della  tendenza umana a credere nelle religioni .
Usando gli strumenti potentissimi che la tecnologia ha messo a disposizione degli scienziati per studiare il cervello umano mentre opera e quindi anche quando viene impiegato per esprimere giudizi morali o negli atti di ritenuti di dialogo con la divinità.
Ci sono macchine in grado di fare specie di fotografie, definite neuroimmagini di particolari funzioni cerebrali che conserntono di verificare a livello  orami sperimentale situazioni e fenomeni assolutamente inaspettati.
Innanzi tutto i concetti di personalità e di libero arbitrio vengono seriamente ridimensionati.
Nel senso che si è appurato che noi non prendiamo decisioni dopo avere esaminato in modo analitico situazione e alternative, come eravamo convinti che  fosse pacifico.
Le cose non funzionano così e non sono mai funzionate così.
Il nostro cervello invece regolarmente  ci precede imponendoci reazioni ed azioni sulla base di impulsi ancestrali e “pregiudizi”, archiviati nel data base del nostro cervello.
E questi pregiudizi si sono archiviati non sulla base di analisi razionali, ma sulla base dei sentimenti  - emozioni, che  abbiamo provato.
Questo non significa che l’uomo sia schiavo di un meccanicismo assoluto.
Siamo pur sempre dotati di un margine di libertà dovuto alle acquisizioni culturali ed al nostro interagire con l’ambiente, ma rimane il fatto che il nostro grado di libertà è  parecchio più  limitato di  quello che credevamo.
Chi volesse approfondire questo formidabile argomento può  ad esempio consultare  il testo di Corbellini e Sirogiovanni : “tutta colpa del cervello” Mondadori Università.
Essendo però il processo sopra descritto del tutto contro- intuitivo, noi ci costruiamo continuamente “autoinganni” sotto forma di narrazioni con le quali falsificando il processo reale, ci rappresentiamo di essere  arrivati ad un determinato giudizio o alla giustificazione di  una particolare azione a seguito di un procedimento di analisi razionale,  che in realtà non c’è mai stato.
La religione è uno dei meccanismi principe usati per elaborare quelle auto- narrazioni.
Le conseguenze di queste acquisizioni scientifiche sono estremamente consistenti.
Ne elencherò alcune.
Innanzitutto siamo di fronte alla dimostrazione usando il metodo scientifico che la tendenza alla religione non può essere assunta come un merito o un demerito, perché fa parte di un meccanismo inconscio, cioè automatico, sul quale non abbiamo controllo se non a posteriori.
Per molte religioni, compresa quella cattolica, l’avere creduto è considerata come il massimo  dei meriti  per conquistare la vita eterna.
Si vede quindi  quale formidabile scossone queste acquisizioni causeranno agli apparati della teologia.
La fede religiosa si basa secondo la teologia  cattolica non su  possibili dimostrazioni empiriche come succede nel campo della scienza.
Ma esisterebbero due ambiti diversi di  speculazione una appunto quella empirica sulla quale si basa la scienza moderna, e poi un altro tipo di ragionamento basato sull’autorità di una rivelazione divina, non dimostrabile con gli strumenti del metodo scientifico.
Il discorso delle due vie , non per niente da sempre Basato anche su una visone del mondo dualistica materia- spirito, casca completamente sulla base delle acquisizioni delle neuroscienze delle quali si è sopra parlato, perché queste dimostrano che esiste una base naturalistica del pensiero, di sentimenti eccetera, che può essere indagata dettagliatamente con gli strumenti della scienza moderna, cosa che una volta di più sta a dimostrare che di conoscenza ce né una sola ed è quella acquisibile  col metodo scientifico
Al di fuori di quella non c’è nulla che sia sensato prendere per credibile.
Le religioni sono quindi degli “autoinganni” ai quali ricorriamo non per nostro merito e demerito ma perché a questo ci induce il funzionamento del nostro cervello, ma questo non significa affatto che sia una cosa positiva e utile e che non vada invece contrastata, una volta che avessimo preso coscienza del fatto che si tratta di un auto-inganno.
Intendiamoci, queste scoperte sono molto recenti e probabilmente non sono ancora nemmeno conosciute o studiate dalle gerarchie delle varie chiese.
Ma come era stato a suo tempo per la rivoluzione darwiniana anche questa dovrà essere metabolizzata.
Del resto se torniamo al punto di partenza e cioè alla spianata delle moschee a Gerusalemme,  qui siamo ancora di fronte ad auto- inganni di altro tipo.
Chi può dimostrare che quei luoghi abbiano un  qualche legame reale con le narrazioni che le mitologie religiose  loro attribuiscono ?
Nessuno, anzi l’avanzamento dell’archeologia regolarmente sconfessa quanto a luoghi e monumenti le religioni hanno caricato : dal muro del tempio a tutto il resto.
E dunque perché cessi la  follia delle guerre di religione occorre inevitabilmente che la gente si secolarizzi e superi i pregiudizi religiosi.
Gli israeliani  contrariamente a quel che si pensa comunemente ci sono già arrivati.
La gioventù delle grandi città israeliane è fra le più secolarizzate.

Molto più difficile il discorso fra gli  islamici.