mercoledì 26 giugno 2013

Il “leader perpetuo” nella sua vita privata può fare quello che gli pare. L’Arcivescovo Fisichella e il Card. Ruini benedicono ancora?



L’unico o quasi intellettuale della destra, oltre a Marcello Veneziani, cioè l’elefantino Giuliano Ferrara si è esibito ieri in Piazza Farnese in una manifestazione in appoggio di Berlusconi, nella quale si dava la linea, del resto prevedibile, perché gia espressa e ripetuta per  anni, dopo che sono divenute pubbliche le “marachelle” notturne dell’anziano ex premier.
La vita privata e lo stile di vita di un sedicente uomo di stato non avrebbero alcuna rilevanza per il giudizio che la gente da su di lui, anzi, se qualcuno si azzarda a giudicarne le travalicazioni è un codino moralista.
Quindi sanatoria assoluta per i vizi privati.
E se poi spuntassero anche dei vizi pubblici, ancora nessun problema perché il fatto che il presunto uomo di stato sia stato investito del suo potere da una regolare votazione politica, questo sana tutto, perchè significa che se anche fosse un ladro matricolato e colto in fragrante, il fatto che l’elettorato
fosse a conoscenza di queste sue singolari pulsioni e lo avesse votato lo stesso, significherebbe che gli va bene così com’è.
Snocciolate le litanie di cui sopra, l’elefantino è esploso nel pezzo di teatro : e poi diciamocela tutta : siamo tutti puttane!
Applausi scroscianti da parte dell’eletto e selezionato pubblico di politici berlusconiani di specchiata moralità, ma gravati dal fastidio di spiacevoli pendenze giudiziarie, come il loro capo, accompagnati da alcune dalle amazzoni di punta per fare colore.
E va bene, tutto scontato, ma quando si va in piazza, si corre sempre qualche rischio e infatti le telecamere hanno mostrato implacabili  grossi cartelli e striscioni vistosi  con su scritto: Berlusconi leader perpetuo.
Commovente dimostrazione di affetto.
Nelle chiacchiere della piazza aleggiava non il fantasma del leader perpetuo, in via di imbalsamazione, ma quello incombente della infanta della real casa, pronta alla successione dinastica appena avverrà l’abdicazione di re Silvio.
Se si verificherà questa operazione, data da molti bene informati come sicura, nessuno capirà che già nel lontano ’94 la mitica discesa in campo del salvatore della patria era effettivamente diretta non a un qualunque interesse per il paese, ma alla salvaguardia degli interessi privati di un gruppo imprenditoriale privato, per di più gestore di un servizio basato sulla concessione delle frequenze televisive pubbliche e quindi ineleggibile, per  una legge ignorata vergognosamente per vent’anni.
Questo elenco di immoralismi, snocciolato al comizio di piazza Farnese dal  più noto degli “atei devoti” come Ferrara, è stato coltivato da chi per decenni ha detenuto il potere presso la Conferenza Episcopale Italiana e il Vaticano.
Per decenni la linea Ruini ,applaudita dalle truppe cammellate di CL era la medesima.
Che Berlusconi frequentasse tutti i bordelli che voleva in privato, purchè nella sua azione da “uomo di stato” sganciasse soldi abbondanti alle medesime gerarchie ecclesiastiche e assecondasse nell’azione legislativa il divieto assoluto all’attuazione piena dei diritti civili, che tutti gli altri cittadini europei fruivano da anni, in ossequio alle secolari fisime del Vaticano.
Berlusconi ha eseguito e Ruini e compagni hanno benedetto.
Dopo vent’anni quei “pastori” raccolgono quello che hanno seminato, con un livello di fiducia nei sondaggi ormai pari a quello dei politici e diretto verso il fondo scala.
Ma la notizia che più mi entusiasma è quella della prossima discesa in campo di Marina Berlusconi, da tutti i commentatori avvicinata alla successione a suo tempo verificatasi in Francia di Marine Lepen al posto del padre.
Sono mesi che dico e scrivo che lo spazio politico del PDL è ormai quello di coprire l’area para-fascista che in Francia è coperto dalla omonima Lepen.
Ma non si può dirlo, nel pensiero unico del giornalismo italiano è vietato.
Si può dire dietro a Berlusconi gli epiteti più infamanti, ma non gli su può dare del fascista, nemmeno nella accezione di rappresentate dell’area politica, che dà voce alla cultura “para- fascista”, come avevo chiarito in numerosi post precedenti  (16 maggio 2013 ecc.).
Qui da noi il fascismo è ancora una fobia intrattabile, come il sesso e le donne per i preti, non si può nemmeno parlarne.
Eppure mi sia consentito dire almeno che la comparsa di cartelli inneggianti al “leader perpetuo” suonano un evidentissimo registro fascista.
Continuare a sottovalutare queste cose ridendoci sopra non è saggio.
L’Italia è in una situazione di crisi drammatica, che può sfuggire di mano da un momento all’altro e avvitarsi su sé stessa.
In questi momenti ,quando ci sono  i referenti dell’area para- fascista, per di più in una situazione di decrepitezza e di degrado, ma dotati di mezzi quasi illimitati , di entrature molto rilevanti e soprattutto, confortati da un’ampia area elettorale di coloro che non vogliono cambiare nulla perché sull’esistente ci campano e sarebbero invece minacciati dal nuovo, questo Berlusconi, ormai ferito e in formato che richiama il Mussolini di Salò è tutt’altro che fuori gioco.

Se l’elettorato si vedesse chiamato alle urne, fra un Berlusconi (Padre o figlia) che conosce e che sa che non farà mai nulla per minacciare i loro privilegi, le loro corporazioni, le loro caste, prebende, evasioni,  elusioni, comitati d’affari e magari anche di malaffare, e con contrapposto niente altro di ben definito come alternativo, cioè  fra Berlusconi e un Letta o chi per lui e quindi fra l’originale e l’imitazione, sceglierebbe per l’ennesima volta l’originale.

mercoledì 19 giugno 2013

I partiti personali sono un’anomalia dalla quale bisogna uscire, con robuste rottamazioni dei padri -padroni.




L’autorevole Financial Times, bontà sua, questa volta non ha dato del buffone o dei clown ai nostri principali esponenti politici, ma si è limitato a definire il governo Letta come “lethargic, che con una traduzione benevola potrebbe indicare “addormentato”.
E va bene, difficile dargli torto, anche se sarebbe facile ritorcergli contro lo stato non certo brillante dell’attuale governo inglese Cameron, ai limiti storici, quanto al consenso popolare in costante calo.
Noi però, come sempre in questi ultimi anni, battiamo tutti i record mondiali di “strampalatezza”  politica.
Abbiamo cominciato vent’anni fa con l’anomalia del partito personale- padronale di Silvio Berlusconi.
Non ancora contenti di questo,  abbiamo accettato di dare ampi consensi ,come spalla nordica di Berlusconi, al partito personal- padronale di Umberto Bossi.
Poi si è tifato per il partito personale del famoso pubblico ministero di Tangentopoli Antonio Di Pietro.
E via di questo passo fino al più anomalo di tutti, il partito non partito, però sempre partito personale -padronale di Beppe Grillo 5 Stelle.
Ultimo nato in questi giorni, il partito personale di Antonio Ingroia.
Con questi partiti personal –padronali, dimostriamo di essere culturalmente indietro di 500 anni.
Continuiamo cioè a rigirarci nel mito- pregiudizio, secondo il quale dal cinquecento in poi sembrava più facile affidarsi al potere assoluto delle varie signorie, piuttosto che fare la fatica di esercitare la propria partecipazione politica nei liberi comuni.
Cosa c’era dietro a quelle signorie?
Una famiglia allargata, divenuta abbastanza potente nella proprietà terriera, nell’esercizio dei traffici mercantili o dei traffici marittimi, da tentare l’avventura politica.
Dietro al partito personale non c’è mai altro che un puro e semplice “avventuriero” più o meno dotato, che ci prova.
In quest’ottica, il popolo non esiste come soggetto, ma solo come oggetto, come massa di manovra se non come carne da cannone.
Nulla di più lontano dal concetto di democrazia, che è caratterizzato da più elementi:
- uno ,necessario ma da solo non sufficiente ed anzi inefficiente, é il voto, le libere elezioni,
- du, fondamentale in tutti i sensi, il concetto di partecipazione e di esercizio di responsabilità. Prima. dopo e oltre l’esercizio del voto,
tre- la presenza sempre della possibilità di innestare la “marcia indietro” revocando in casi particolari o bocciando alla normale scadenza i politici prima votati, che non si sono dimostrati idonei.
Nel caso del partito personale -padronale si tende ad annacquare, se non proprio a contraddire ognuno dei tre elementi prima elencati.
Esempio.
Il partito di Berlusconi è vissuto per oltre 15 anni, senza fare i congressi per eleggere i quadri dirigenti su liste contrapposte.
Le vicende tragicomiche, che hanno coinvolto il “cerchio magico” della Lega, hanno dimostrato quanto basso fosse il quoziente di democrazia in quel movimento.
Le scelte scriteriate, relative alle nomine del personale politico e dalla gestione finanziaria, hanno distrutto il movimento di Antonio Di Pietro.
Non sarebbe potuto accadere se il quoziente di democrazia fosse stato più elevato in quel movimento.
Ultimo arrivato, Grillo Movimento Cinque Stelle, dove si viene cacciati con un processo tragicomico se si critica il capo.
Niente da fare, il difetto sta decisamente nel manico, prima che nell’eventuale inadeguatezza delle persone e dei leader.
Il partito personale -padronale é una anomalia, che forza la forma, la sostanza e le tradizioni storiche dei grandi partiti democratici dell’Occidente.
Per un popolo come il nostro, che ha subito vent’anni di fascismo é una illusione storica sciocca, prima ancora che tragica il continuare a cullarsi nell’illusione di delegare il proprio cervello politico all’avventuriero politico di turno, pensandolo capace di levarci le castagne dal fuoco, con i suoi quattro   slogan, generalmente a livello di asilo infantile.
Occorre convincersi, invece, che chi vuol fare politica, deve obbligatoriamente “farsi il mazzo”, cominciando dal consiglio della bocciofila, al comitato di quartiere ,al consiglio comunale e così via.
Se si saltano queste tappe, grigie finché si vuole, ma altamente formative, non si avrà mai una classe politica adeguata, ma solo una sequela di avventurieri populisti con le loro più o meno squallide corti.
I partiti tradizionali si sono suicidati quando hanno impedito il ricambio delle vecchie nomenclature, trasformandosi anche loro di fatto in partiti padronali.
Bisogna uscirne, e l’unico modo per farlo è quello di rottamare il padre -padrone.


giovedì 13 giugno 2013

Gli elettori hanno votato ancora per il cambiamento, ma in un modo terribilmente intricato.




Probabilmente gli elettori sono più intelligenti o più pratici dei politologi, perché, per esempio,, in queste elezioni amministrative hanno saggiamente votato ancora per il cambiamento, ma lo hanno fatto in un modo ben strano.
Per chi voleva esprimere un voto per il cambiamento le opzioni erano più di una.
Gli elettori hanno scelto un’opzione che hanno giudicato come quella più vicina al “possibile”, più “realizzabile” nell’immediato, premiando il Partito Democratico.
Dal punto di vista dell’indagine teorica della scienza politica è stata una follia, un non senso.
Infatti hanno premiato il partito che aveva tradito il mandato da loro affidato alle elezioni politiche del febbraio scorso, facendo un governo con chi rappresenta il contrario di quello che pensano i progressisti, e che avevano promesso appunto che non avrebbero fatto mai.
E poi, il Partito Democratico che garanzia può dare per il futuro?
È un partito in balia di diverse correnti e tribù in feroce lotta fra di loro, non vi comanda nessuno e chiaramente non è in grado di esprimere una linea politica riconoscibile.
E infine ha il più grande dei difetti è un partito di centro- sinistra, nel quale le idee di sinistra non hanno più alcuna considerazione.
Come detto e ripetuto su questo blog, gran parte della sua classe dirigente è più tagliata per formare i quadri in un nuovo grande partito moderato di centro e cioè di una nuova maxi DC, capace di sostituire il partito di Berlusconi oramai al capolinea, che rappresentare gli elettori progressisti.
Non c’entra più nulla con la sinistra, né con quella di provenienza PCI,  né con quella di provenienza cattolico sociale.
E se poi vogliamo non risparmiarci niente, ecco anche quest’osservazione : è retta da una classe dirigente, corrotta oltre al tollerabile, vedasi le vicende del Monte Paschi di Siena, il sistema Sesto- Penati, la finta opposizione fatta a Formigoni in regione Lombardia ecc.
Eppure gli elettori hanno premiato il Partito Democratico come normali.
Possibile?
Possibile sì, perché hanno seguito tutto un altro tipo di ragionamento, meno sottile, ma più diretto e forse più efficace.
Appunto questo: privilegiare le scelte del “possibile qui ed ora”, e “su questo territorio”.
Elementare Watson ! avrebbe detto  Sherlock Holmes.
In questa ottica Grillo e il Movimento cinque Stelle sono stati bastonati, perché riconosciuti come incapaci di essere credibili come realizzatori di qualcosa.
Sono stati invece percepiti come venditore di fumo.
Però aspettiamo per dire che Grillo e Cinque Stelle sono morti, prima di tutto perché esistono da soli tre mesi , poi perché sono una forza dello stesso livello numerico di PD e PDL, e poi ancora perché il PPI , esiste da decenni, ma non risulta molto in buona salute e la sua malattia non è certo curabile con un’aspirina.
Il Movimento Cinque Stelle ha da risolvere il suo problema principale, che consiste nel trovare un assetto di potere fra i gruppi parlamentari e Grillo.
Di conseguenza o Grillo capisce che deve cedere il potere effettivo ai gruppi medesimi, oppure questi il potere se lo prenderanno.
L’elettore ha fatto un ragionamento molto pragmatico e su una cosa il suo agire è risultato pienamente comprensibile e lineare, anche ai cultori della scienza politica : ha rotto le ossa alla destra dalle Alpi alla Sicilia, su questo non ci piove.
Complessivamente è stata quindi una buona scelta, perché è stata diretta sul possibile qui ed ora, ma è stata operata obiettivamente in un modo terribilmente intricato.
Ad esempio, in quelle che erano le piazze più significative in lizza, l’elettorato ha portato trionfalmente in Campidoglio uno dei più anomali esponenti del PD, quel Marino, che in quasi solitudine aveva espresso la sua assoluta contrarietà al governo con Berlusconi e che nella città, che ospita il Papa è un laico dichiarato e per questo ferocemente osteggiato dalla Curia e dal Vicariato. Personalmente non posso che rallegrarmi della vittoria di Marino, dal momento che  nelle   primarie del Partito Democratico del 2009, avevo ritenuto di essere fra i pochi che hanno votato per lui e non per i più noti Franceschini  o Bersani.
Marino però non è l’unico nuovo sindaco, che è ha vinto, proprio perché era noto  sul territorio ma aveva legami o molto allentati, o addirittura era in aperto contrasto, con la dirigenza nazionale del partito.
Cose che evidentemente l’elettorato sembra avere apprezzato come fattori di merito.
Un’ultima osservazione : per decenni i segretari della Democrazia Cristiana, partito dominante della prima Repubblica, sapevano che dovevano fare le valigie quando alle elezioni il loro partito perdeva percentuali dell’ordine dello zero e cinque o dell’1%.
Oggi invece, da un po’ di tempo, succede che partiti e movimenti politici lascino sul campo addirittura la metà dei loro elettori precedenti.
È chiaramente cambiata un’epoca, nel senso che è saltato l’ingessamento della società che era durato per decenni e quindi , probabilmente, la cosa è tutt’altro che finita, e anche in futuro sarà lecito aspettarsi dei forti movimenti, fino a quando l’elettorato non riterrà di avere visto soddisfatte le proprie esigenze.

E questo è un indubbio fatto positivo.

giovedì 6 giugno 2013

Il governicchio Letta vorrebbe fare la riforma costituzionale più importante di sempre



Su questo blog si è parlato più volte della cronica debolezza degli esecutivi in Italia e si è spiegato, che questo deriva dal fatto che i costituenti, dopo l’esperienza del fascismo, hanno scelto una forma costituzionale di tipo parlamentare, che di per sé non dà al governo poteri particolarmente ampi, perché il potere vero lo affida al parlamento, pur nell’ambito del bilanciamento dei poteri con gli altri organi dello Stato.  
Infatti negli anni della costituente era ben chiaro il senso di una ripartizione dei poteri fatta in questo modo.
Passati svariati decenni da allora sarebbe stato sensato mettere mano a questa situazione, per trovare un sistema più funzionale, che consentisse ai governi regolarmente eletti di potere realmente governare.
Nel sistema di potere voluto dalla costituente, l’idiosincrasia che impediva di dare una posizione preminente fra  gli organi costituzionale al governo era talmente forte che addirittura nella scelta semantica delle parole, si è accuratamente evitato il termine di capo del governo, cioè si è volutamente evitato di creare la figura del premier, che c’è in tutte le altre democrazie occidentali.
Si è anche detto nei precedenti post che un illustre costituzionalista degli anni 60, Giuseppe Maranini, aveva però interpretato la attuale costituzione,  redatta da diverse mani con filosofie diverse, come  un compromesso, che però lasciava intravedere anche elementi di tipo presidenziale   che si possono dedurre dai i poteri che la costituzione attuale fornisce al presidente della Repubblica, che sono tutt’altro che formali, e che invece entravano nell’ambito dei poteri di governo : ad esempio il fatto di presiedere il consiglio superiore di difesa, il fatto di presiedere il consiglio superiore della magistratura, il potere di nominare dei senatori a vita, il potere di grazia, e così via.
Fatto sta però, che la storia di tutti questi decenni ha ampiamente dimostrato il fatto che  questo bilanciamento dei poteri sbilanciato sul parlamento non è in grado di produrre dei governi che durino e che siano nelle condizioni di potere realizzare delle riforme o comunque  un qualunque programma di governo a lungo respiro.
Di conseguenza è assolutamente evidente che c’è una esigenza di razionalizzazione del sistema dei poteri che dovrebbe portare a un assetto diverso dall’attuale, allargando e rafforzando i poteri del governo, come nelle altre democrazie occidentali.
Nel giro dei decenni, però, si era manifestata una posizione estremamente rigida di difesa dell’esistente da parte dei costituzionalisti, diciamo così di orientamento vicino alla democrazia cristiana, e in particolare di Leopoldo Elia, posizione rafforzata dall’atteggiamento  dei comunisti, che non  essendo nelle condizioni di potere arrivare al governo per la nota “convenzio ad excludendum”, durata per tutto il periodo della guerra fredda, non potevano fare altro che giocare tutte le loro carte sul loro peso in Parlamento e nel  governo nei territori con presidenti di regioni, sindaci, assessori per gestire il potere locale potendo così dimostrare di essere persone ragionevoli, capaci di governare anche bene, come dimostra ad esempio la situazione delle cosiddette regioni rosse.
Seguendo questa strategia, hanno cercato di creare, riuscendoci, un regime, nel quale si sbandierava alle elezioni una contrapposizione frontale fra democristiani e comunisti, ma in realtà poi vi era una sostanziale e continua contrattazione che nei decenni ha portato alla nascita di un regime di tipo consociativo, che ha avuto una importanza fondamentale nella recente storia d’Italia.
Caduta la prima Repubblica, dopo le vicende di Tangentopoli non si è toccata la costituzione, ma si è prodotto un marcato mutamento dell’assetto dei poteri precedente, introducendo una legge elettorale chiaramente costruita per spingere il sistema verso il bipolarismo
Cioè si è pensato, forse ingenuamente, di potere dare più forza ai governi superando il sistema proporzionale, che aveva costretto per anni i governi medesimi, tutti di coalizione, a contrattare le maggioranze anche con delle forze politiche piccolissime, che però diventavano in grado di esercitare un potere di interdizione, pur rappresentando una fetta minima dell’elettorato.
Gli anni del bipolarismo, hanno coinciso con i quasi vent’anni del berlusconismo.
Risultato?
Nulla, nel senso che il sistema bipolare ha funzionato solo in teoria,  se lo giudichiamo esclusivamente guardando ai numeri, che sempre in teoria ci sono stati a favore dei governi Berlusconi, che hanno usufruito di maggioranze bulgare fino al 60%.
È nell’esperienza di tutti noi, però, il sostanziale fallimento di questo sistema, perché pur con maggioranze bulgare, questi governi non hanno combinato praticamente nulla di sostanziale se non vivacchiare.
Questa è la dimostrazione, che il grado di democrazia o di funzionalità di un regime politico non sta tanto nelle alchimie delle leggi elettorali o della architettura costituzionale, ma sta nella cultura politica e nel livello di partecipazione della gente.
C’è una democrazia forte esclusivamente dove la gente ha l’abitudine di associarsi per raggiungere degli scopi : questo è un assioma fondamentale, assolutamente pacifico nel campo della scienza politica.
Si è detto dunque, che ci sarebbe una necessità e una giustificazione obiettiva nel mettere mano a una riforma costituzionale, che consentisse di dare ai governi una maggiore stabilità e una maggiore funzionalità.
E questo sta bene.
Non sta bene affatto, ed anzi è al limite del ridicolo, che si pensi di fare riscrivere la costituzione stravolgendo completamente l’equilibrio dei poteri esistente dal governo più scombinato della storia repubblicana.
Scombinato, perché tenuto insieme da due forze politiche, che rappresentano ognuna un terzo dell’elettorato e che sono state elette dopo avere giurato ai propri elettori che mai e poi mai si sarebbero alleati l’una con l’altra, ritenendo di essere forze politiche assolutamente alternative l’una all’altra.
Questo stranissimo governo Letta ha trascorso la metà del periodo dei famosi 100 giorni, che vengono indicati come il periodo, che normalmente l’elettorato concede a dei nuovi governanti perché realizzino le riforme più significative del loro programma.
Ebbene, finora questo governo non ha fatto assolutamente nulla.
Per di più, tutti sappiamo, che dal 19 giugno in avanti verranno al pettine i nodi dei famosi processi di Berlusconi, che potrebbero portare alla distruzione morale e politica di questo individuo.
Tutti sappiamo anche che questo individuo è il capo incontrastato di uno dei due partiti da un terzo, che sostengono questo governo e che quindi ha il potere continuo di veto, di interdizione e di ricatto sullo stesso.
Che in questa situazione politica si pensi di affrontare una riforma radicale della costituzione è semplicemente ridicolo.
In una situazione economica molto seria, che può degenerare da un momento all’altro, creando una situazione di disfacimento sociale  se non di vera e propria guerra civile, è chiaro che ci sono dei problemi assolutamente prioritari e che questi sono il problema del lavoro.
Questo governo si trova di fronte una opinione pubblica disorientata, sfiduciata, estremamente irritata e sul punto di rivoltarsi.
Il cittadino medio interpreta questa impuntatura del governo a voler discutere di repubblica presidenziale come una presa per i fondelli, perché se c’è una cosa che la gente non capisce anzi della quale si sente disturbata, proprio perché non ne capisce il senso, è quella di mettersi a discutere sulle fumosità dell’assetto costituzionale, che l’esperienza dimostra non essere risolutivi di nessuna situazione.
Se poi pensiamo che per dare corso alla riforma presidenzialista si è insediata  una pletorica commissione dei costituzionalisti, scelti in modo cervellotico e quindi non rappresentanti nemmeno delle correnti di pensiero più diffuse nel campo della dottrina giuridica del diritto pubblico, si vede. che  ci si sta muovendo in modo da aumentare ancora di più l’irritazione della gente.
Nella esperienza di tutti noi c’è la battuta che dice:  ma quello si comporta da arrogante, non perché è cattivo o perché voglia fare il duce, ma solamente perché, poverino, è un timido di carattere.
E infatti è a tutti noto, che quando uno si trova a mal partito o in posizione di debolezza, si illude di migliorare la sua posizione facendo il duro o sparandole grosse.
E quindi, si può anche capire l’atteggiamento psicologico di questo poveraccio di presidente del consiglio, che non è ancora chiaro se si è accorto o non si è accorto di avere fatto una follia accettando l’incarico, in questa situazione, ma questo non giustifica per niente l’atteggiamento spavaldo e arrogante di un Letta, che viene a dire che pensa di durare cinque anni.
Certo è che gli elementi di debolezza, che abbiamo sopra elencati sono talmente tanti, che viene da chiedersi : ma allora, questa gente, cosa sta lì a fare in un governo che non ha nessun senso e vengono dei brutti pensieri.
Che questi si rendono conto, o non si rendano conto, di essere completamente fuori dal mondo, cioè di aver perso totalmente il contatto con la realtà e con il sentimento della gente, obiettivamente non ha nessuna importanza, perché quello che conta è il risultato.
Questi non hanno realizzato nulla, ma si stanno imbarcando in una riforma costituzionale di grandissimo peso, che aumenta di molto i poteri del Presidente della Repubblica, che diventerebbe anche capo del governo,  in un sistema presidenziale.
E si sa che un certo Silvio Berlusconi è ancora a piede libero e che fra i prossimi giugno e luglio potrebbe essere caricato da numerose sentenze di condanna penale.
Si constata che il gruppo dirigente attuale del PD ha scelto di rimanere al potere a qualsiasi costo pur sapendo, che di fatto il vero capo del governo non è il loro compagno di partito Letta, ma che colui che tira le fila nella realtà è il medesimo Silvio Berlusconi, vicino a divenire un condannato in  più procedimenti penali  ed allora ci si spaventa.
Perché è ovvio che tutta questa discussione o è fatta solo per perdere tempo, per sviare l’attenzione della gente dai problemi gravissimi, che gli attuali governanti si trovano davanti e che non sanno come affrontare, oppure c’è veramente dietro un disegno politico, per creare un regime politico completamente diverso dall’attuale, nel quale venga formalizzata l’andata al potere vero di un Berlusconi, nelle condizioni morali, mentali , comportamentali e giudiziarie, ben note di quella persona.
Si è detto più volte nei post precedenti che questo ultima fase del berlusconismo, da un’analisi obiettiva, dimostra, che questa forza politica interpreta la volontà e la cultura di una base elettorale para-fascista di tipo Lepenista.
Ebbene,  allora, se con  tutte le considerazioni fatte sopra facciamo 2 + 2, c’è veramente motivo per  spaventarsi.

Come si è già detto in precedenti post non è necessario l’avvento delle camice nere per perdere la democrazia, basta sfilacciarla per anni, fino a renderla irrilevante negli interessi della gente.