giovedì 25 maggio 2023

Alessandro Aresu : Il dominio del XXI secolo Cina Stati Uniti e la guerra invisibile della tecnologia Feltrinelli Editore – recensione

 




Continuo a stupirmi del formidabile livello raggiunto dagli analisti di geopolitica ,che lavorano intorno a Limes ed ora anche a Domino.

Livello culturale scientifico.

Non è un caso che ambedue le riviste abbiano lanciato con successo “le scuole di Limes” e di Domino, che consentono oltre che agli studenti, anche a chi ne è interessato e proviene dal mondo dei media, della diplomazia o dell’economia finanza , di acquisire una formazione sistematica sulla visione portata dalla geopolitica.

Peccato che chi, per dovere e vocazione istituzionale ,dovrebbe portare avanti il discorso e cioè il mondo accademico – universitario, non dia ancora segni di vita di un qualche spessore in questi ambiti di discipline.

E’ singolare che negli eventi che sistematicamente e meritoriamente organizza Limes nel corso dell’anno, e che oramai sono diventati di routine ,non compaiano praticamente figure accademiche.

Non mancano invece figure che nel nostro paese erano prima totalmente ignote e trascurate , e cioè quelle dei tecnici militari, che a volte sono anche, ma non necessariamente, degli alti gradi.

E questi danno un contributo di primissimo piano.

Quante chiacchiere al vento si sentono provenire dagli spesso presunti esperti, invitati nei talk show televisivi, per cercare di dare informazioni o giudizi sensati sulla guerra in Ucraina.

Sarà un caso, ma non mi è mai capitato di sentire un esperto militare dire cavolate o banalità a proposito di Ucraina.

Perchè ho fatto questa forse troppo lunga premessa?

Perchè l’autore del libro che propongo alla vostra lettura ,e cioè Alessandro Aresu, è un tipico esponente del mondo dei geopolitici di Limes.

Occorre definirlo come “analista”.

Ma, lo ripeto, è veramente incredibile che uno studioso di questo livello non venga cercato per ricoprire una posizione accademica.

Il libro di Aresu ,del quale stiamo parlando, ha l’effetto sul lettore, come spesso capita a chi legge i saggi di geopolitica, di una doccia fredda.

Le nozioni consolidate nonchè i pregiudizi, che involontariamente ci portiamo dietro in materia vengono subito buttate nel cestino.

Questi autori sempre ci dicono che il loro mestiere non è quello di fornirci verità più o meno a buon prezzo, ma un metodo di analisi rigoroso per cercare di capire i “fondamentali” più rilevanti di situazioni molto complesse, da affrontare oggidì con un approccio necessariamente interdisciplinare.

Di cosa stiamo parlando?

Il titolo di questo libro è assolutamente limpido e trasparente.

La parola più rilevante è guerra.

La seconda parola che circoscrive e specifica la prima è tecnologica.

La terza è potenza.

Che significa?

Significa che la Cina e l’America stanno lottando per prendersi il titolo di egemone mondiale nel campo della tecnologia a fini di potenza.

Punto ,non c’è altro da dire, c’è solo da specificare nei particolari quanto detto sopra, che esprime la sostanza.

Allora leviamoci dalla testa le solite prediche mainstream sull’Occidente bravo e civile, che vorrebbe compiere la missione salvifica di esportare la democrazia e i valori occidentali (intesi dogmaticamente come i migliori in assoluto) in tutte le parti del mondo, che ancora non avrebbero la fortuna di beneficiarne.

Cominciamo come al solito col primo schiaffo risvegliante, che assesta la geopolitica più elementare ,a chi vi si accosta, informandolo che sul mappamondo l’Occidente conta per un ottavo e che il resto del mondo, guarda un po, è enormemente più grosso e pesante del nostro amato Occidente.

Secondariamente, forse anche la seconda giaculatoria più ripetuta, secondo la quale le democrazie occidentali rappresentano i buoni e che il resto nel campo della governance può raggiungere solo il ruolo di autocrazia, che per definizione è da aborrire insanabilmente, come il male da estirpare.

Se c’è un modo per non capire niente della situazione attuale del mondo è usare criteri dogmatici e manichei, ci dice e ridice la geopolitica.

Perchè se impariamo a fare analisi serie ,udite, udite, arriveremo a scoprire che il Partito Comunista Cinese per la Cina e le agenzie dello stato profondo negli Usa, sopra e contro tante ciance di liberismo , hanno plasmato un tipo di governance che sono incredibilmente simili nella sostanza.

Se questa affermazione vi disturba , questo è proprio la reazione che volevo suscitare nel lettore, per invitarlo e invogliarlo a leggere il saggio di Aresu, che è un vero pozzo di scienza sull’argomento.

Ritengo ci sia tutto quanto serve a chi cerchi l’autorevolezza di una trattazione a livello accademico ,beninteso con la indispensabile dotazione di note e biografia.

Vedremo che la guerra per l’egemonia fra Usa e Cina non si combatte per fortuna a cannonate ma a colpi di sanzioni ,che impediscono alle aziende americane di compare certi prodotti cinesi ed ancora di più di vendere alla Cina molti altri prodotti.

Ma non ci si ferma qui perché poi ci sono le pressioni tutt’’altro che soft alla UE ed agli alleati dell’America medesima, più o meno volenterosi o riottosi, a non comprare né vendere le medesime cose.

Accettare che la Cina investa per costruire o sviluppare magari utilissime infrastrutture per l’interesse nazionale italiano o tedesco eccetera, non si può ,si va a cozzare contro un veto americano ben sostenuto dagli apparati, compresi quelli finanziari e per paesi indebitati come il nostro sarebbero dolori.

Eccetera eccetera.

Ma chi è ancora più interessato ai richiami all’attualità ed alle biografie, anche costui troverà parecchio pane per i suoi denti nelle numerose citazioni biografiche dei formidabili personaggi che hanno inventato o semplicemente sviluppato le tecnologie che fanno parte delle nostre vite, da Morris Chang a Selcuk Bayraktar, e parecchi altri ,ce n’è per tutti.






venerdì 5 maggio 2023

Cinzia Bianco Matteo Legrenzi Le monarchie arabe del Golfo Nuovo centro di gravità in Medio Oriente - Editore Il Mulino – recensione

 


E’ singolare dover constatare che i due autori una Senior Analyst di diversi istituti di ricerca europei con obiettivo di analisi centrato sul Medio Oriente e un docente di Scienza Politica di Ca Foscari confessino nella prefazione di avere lavorato a questo volume con il preciso scopo di fornire sopratutto agli addetti ai lavori in tutti i campi ma sopratutto ai decisori politici ad ai loro consiglieri il primo manuale a livello universitario sulle monarchie arabe del Golfo.

Singolare perché questo non significa altro che rendere pubblico prima di tutto il fatto che addirittura non esistessero prima manuali del genere in italiano e secondariamente fare capire , se pure indirettamente, che i decisori politici ,verosimilmente, ben poco sanno di una zona di importanza strategica di primo piano per il nostro paese e per l’Europa.

Andiamo bene!

Estremamente positivo però almeno il fatto che ,per chi vuole superare questo vuoto cognitivo, ora lo strumento c’è ed è a portata di mano.

Devo dire che fortunatamente questo saggio è concentrato in un numero di pagine accettabile e sopratutto è scritto in uno stile leggibile, che non da per scontate verità esoteriche e quindi che spiega situazioni e vicende con molta chiarezza.

Siamo sinceri ,un problema con i paesi del Golfo temo che ce l’abbiamo tutti.

Personalmente confesso che più di una volta ho fotocopiato la pagina dell’atlante di casa. perché mi risultava ostico ricordare dove diavolo si trovassero in quella esotica penisola del golfo quegli stati dei quali tanto si parlava e le loro capitali diventate il sogno turistico di molti : Dubai, Abu Dabi, Doha, eccetera.

Il super grattacelo, le isole galleggianti dove si trovavano a Dubai o ad Abu Dabi?

Quanto alla collocazione politica ,ancora peggio, nel senso che essendo tutti arabi e tutti della stessa regione ,ci riesce difficile capire perché al momento delle primavere arabe ,ma sopratutto dopo, si trovavano schierati su fronti diversi e avversi.

Questo libro, ovviamente molto ben documentato con note e bibliografia, mi sembra che, senza che debba semplificare troppo, fornisce un po’ la chiave di volta per individuare la ragione di fondo per la quale si sono formati e consolidati nel tempo schieramenti diversi.

Un criterio se non il criterio fondamentale consiste infatti ,come ribadiscono gli autori, nell’atteggiamento che le diverse monarchie del Golfo hanno nei confronti dell’Islam politico e sopratutto dei Fratelli Musulmani.

Per ragioni storiche o magari semplicemente casuali, la casa regnate del Qatar si è trovata a dare ospitalità ad alcuni dei primi notabili della gruppo fondato da Al Banna dopo gli anni della grande crisi del 29 e quel legame ha pesato sugli orientamenti futuri.

Così mentre il Qatar ,quasi sempre in sintonia con la Turchia) plaudiva alle primavere arabe e spingeva perché i regimi interessati fossero sostituiti da nuovi governanti ispirati proprio dai Fratelli Musulmani.

Sul fronte opposto ,il colosso della Regione, l’Arabia Saudita con quasi sempre a ruota gli Emirati Arabi Uniti ed il Baharein ,diventavano lo schieramento che vedeva come il fumo negli occhi l’Islam politico , dipinto come contiguo col terrorismo, vedendolo come il nemico numero uno della stabilità della regione ,ma sopratutto delle famiglie reali alleate.

Per conto loro il Kuwait e l’Oman che regolarmente nei problemi della regione prendevano posizioni più defilate ,meno assertive, e più inclini al dialogo.

L’Arabia Saudita, in ragione delle sue dimensioni ,ha le carte in regola per aspirare ad assumere una posizione se non proprio di egemone regionale almeno di naturale attrazione per i paesi di minore peso.

Ovvio quindi ,che nel gioco geopolitico del Golfo ,i Sauditi siano regolarmente in rotta di collisione con l’altro gigante l’Iran, che non tanto aspira ,ma dati i suoi precedenti storici con i quali si sente in linea di continuità ,ritiene che, come erede dell’impero persiano, tale ruolo sia il suo di diritto.

Il gioco geopolitico degli egemoni e dei satelliti è diventato ancora più evidente nel Golfo quando gli Stati Uniti hanno “spostato il pivot” della loro strategia politica dal Medio Oriente all’Asia.

Non è stata cosa da poco infatti per l’Arabia Saudita scoprire che la garanzia securitaria che per decenni aveva loro garantito la grande potenza globale ,progressivamente, veniva meno.

L’accordo sul nucleare con l’Iran già era indigeribile, ma quando poi gli attacchi missilistici alla regione meridionale dell’Arabia Saudita, straricca di petrolio ,perpetrati dall’Iran se pure usando la foglia di fico della proxy war facendo fare da tramite agli Houthi dello Yemen diventarono abituali, senza che gli Usa muovessero un dito ,allora divenne chiaro che tutto era cambiato e che le alleanze regionali andavano formalizzate per garantirsi il futuro direttamente.

Non sto ad anticipare le mosse delle Monarchie verso la situazione in Libia, in Siria ed oggi in Sudan, perché tutto si connette e tutto ha una sua logica, se si seguono le coordinate che questo chiarissimo saggio ci consentono di acquisire.