domenica 28 febbraio 2016

Commenti dei “cattoliconi” tipo Vittorio Messori alla scomparsa di Umberto Eco



Vittorio Messori che tra l'altro aveva usufruito del privilegio di essere spesso ospite a cena di Papa Woytila in Vaticano, è stato per decenni uno dei più noti e quotati intellettuali cattolici.
Nato culturalmente con uno spirito relativamente libero, la sua parabola culturale è finita poi per impigliarsi irrimediabilmente nelle reti dell'Opus Dei, quando già aveva una certa età e da lì non si è praticamente più mosso.
Da allora i suo contributo al dibattito all'interno del mondo cattolico è diventato via via più monocorde e senza spessore, perché quando un'intelligenza fa l'errore di istituzionalizzarsi finisce per produrre sempre e invariabilmente la ripetizione della stesso copione e diventa prevedibile come le veline dei partiti.
Da allora i suoi pezzi avrebbero potuto portare invece della sua ,la firma di uno qualunque degli altri membri del ristretto salottino intellettuale del tradizionalismo cattolico, che so io : Socci, Scaraffia, Amicone, o dei così detti “atei devoti” alla Ferrara, che non sarebbe cambiato nulla.
La canzone è sempre quella : “noi” (di CL o dell'Opus Dei eccetera) siamo gli unici veri cattolici certificati, tutti gli altri, questo Papa compreso, sono assimilabili a quello che soni i kafir e gli apostati, per gli islamici più o meno radicali che hanno “tradito” la causa e che quindi quello che pensano non merita la minima considerazione.
L'articolo che Messori ha dato al Corriere tre giorni fa per ricordare Umberto Eco dalla visuale di quel tipo di cattolicesimo, ricalca quindi proprio quello schema.
In sostanza dice Messori : Umberto Eco era uno dei nostri, anzi era uno dei nostri migliori elementi nell'Azione Cattolica Giovanile degli anni 50. poi di colpo ha tradito.
Non lo dice formalmente così, ma quello riportato è il senso del discorso.
Il mondi di Messori è ormai ridotto a questi parametri elementari : noi e loro, i nostri nemici, perché solo noi tradizionalisti e quindi ortodossi certificati professiamo di avere ricevuta tutta la verità intera e definitiva, mentre “loro” anche se si travestono da “cattolici adulti”, in realtà si sono messi fuori.
Loro osano leggere e discutere tutto, dogmatica e scrittura compresa con spirito critico.
Loro cercano delle ragioni, ma noi le ragioni le abbiamo già trovate tutte e quindi non abbiamo necessità di ricercare nulla, noi professiamo e basta.
Messori quindi si chiede più o meno retoricamente come mai, a un certo momento Eco sia uscito dalla chiesa istituzionale.
La risposta che si da la trovo di un farisaismo indegno.
Dice infatti Messori di avere posto quella domanda direttamente a Eco stesso che gli avrebbe risposto che il suo atteggiamento verso la Chiesa sarebbe mutato di colpo a un dato momento, senza una ragione particolare.
Sorvoliamo sulla nebbia culturale che risiede nel mettere insieme Chiesa e Dio, come fossero la stessa cosa (errorino teologico questo, nel quale quella componente cattolica cade abitualmente).
Può darsi che Eco in una conversazione abbia detto a Messori quelle cose, ma mi rifiuto di credere che il senso della conversazione intera non fosse di ben più vasto spessore e portata.
E' una terribile semplificazione affermare che un cattolico qualificato, al punto di essere stato per anni dirigente di associazioni ufficiali della Chiesa, decida di lasciare la chiesa istituzionale da un momento all'altro, lasciando così credere che la cosa fosse avvenuta per caso o per capriccio.
Formalmente è comune che una decisione di quel tipo venga presa di colpo, ma a ragione di una montagna di argomentazioni che uno accumula in anni di elaborazione personale o anche pubblica.
E' inaccettabile che Messori metta insieme un “fervorino”, come dicevano i vecchi parroci, tutta chiaramente finalizzata a dare dell'”ateo” a un presunto avversario per trovare l'occasione di picchiargli una clava sulla testa, sapendo di non essere in condizione di dargli la possibilità di replicare.
Dividere il “credente” dall'”ateo” con l'accetta è un'operazione indegna per un intellettuale di un qualche spessore e ancora peggio se la vittima designata è uno spirito complesso e sottile come era Eco.
Forse che i due fascinosissimi personaggi, che costituiscono i due frati “eretici” messi sul rogo dall'inquisitore :Remigio da Voragine e Fra Salvatote, che si spacciava per scemo, ambedue dolciniani e l'ultimo, descritto come culturalmente ancora più dotato,anche con simpatie catare sarebbero qualificabili come “atei” e non come cristiani non ortodossi?
E lo stesso raffinato protagonista, il francescano Roberto di Baskerville, che già una volta era sfuggito dalla condanna dell'Inquisizione a causa della costante applicazione del suo pensiero critico, che oggi si definirebbe “metodo scientifico”, si dovrebbe definire “ateo”?
Non credo che si possa concedere il beneficio della buona fede al tipo di ragionamento che fa Messori su Eco, perché non è verosimile che un intellettuale del suo calibro non si ponga seriamente il problema del “perchè” Eco ha lasciato la chiesa istituzionale andando a cercare argomentazioni articolate.
E non trovi come ovvie le risposte che si osno cercate di dare nel post precedente e cioè che a un giovane dirigente cattolico dotato come era Umberto Eco non si potevano propinare come buone le idee del cattolicesimo di Luigi Gedda e del Cardinale Ottaviani.
Forse che Messori è stato preso da una improvvisa amnesia e non si ricorda più che in quei tempi oltre ad Eco e Vattimo, avevano lasciato l' Azione Cattolica in polemica con le direttive della gerarchia personaggi della statura umana e culturale che pure si sono citate nel post precedente?
Forse che anche loro erano diventati “atei”?
E' così difficile riconoscere che chi decide a un certo momento dopo lunga riflessione e sulla base di una montagna di solide argomentazioni di lasciare la chiesa istituzionale non intende affatto proclamarsi “ateo”, ma semplicemente intende andare “oltre” una teologia ormai vuota e senza significato per il mondo moderno?
Nella moltitudine di costoro c'è anche un elevato numero di cristiani che rivendicano di avere acquisito un livello di spiritualità più solido ed efficace di quella che frequentavano prima.
Umberto Eco è noto che non gradiva prendere di petto il discorso :credi o non credi in Dio?
Non certo perché avesse difficoltà a rispondere,, come insinua Messori, ma semplicemnte perché il livello della sua intelligenza e della sua riflessione culturale lo costringevano a risposte articolate e complesse.
Forse troppo complesse per Messori e compagni.
Quando ero un ragazzino negli Scout, era costume stabilito dalla pedagogia del fondatore, che il Capo Scout chiedesse a fine giornata ai giovani : tu hai fatto oggi la tua “buona azione”?
Pare che gli adepti dell'Opus Dei abbiano girato quella domanda in modo più impegnativo, secondo il loro modo di vedere nel senso : tu hai praticato la tua “apologetica” quotidiana?
Se è così Messori può stare tranquillo, potrà rispondere un bel sì, l'ho fatta.

Peccato che di questo passo finirà per trovarsi a predicare i suoi articoli di pura propaganda – apologetica a fianco di Padre Livio Fanzaga.

mercoledì 24 febbraio 2016

Umberto Eco era di formazione cattolica, ma per la gerarchia clericale era troppo intelligente e quindi era pericoloso



Pochi probabilmente sanno che il più grande intellettuale laico italiano, recentemente scomparso, aveva avuto una formazione cattolica e che nel movimento cattolico aveva militato negli anni giovanili.
Era addirittura transitato e non di passaggio nei locali della presidenza nazionale della GIAC, la Gioventù Italiana di Azione Cattolica, in via della Conciliazione assieme al suo coetaneo, anche lui piemontese e compagno alla facoltà di filosofia di Torino, Gianni Vattimo.
Lo stesso Vattimo lo ha opportunamente ricordato in un articolo del 22 scorso sulla Stampa.
E in effetti si rimane sconcertati a realizzare che il più importante degli intellettuali italiani, ben noto per il suo pensiero laico, avesse portato negli anni giovanili quel medesimo distintivo col sole a raggi, che è sempre stato sul doppio petto del Presidente Scalfaro, personaggio difficilmente accostabile ad Eco.
Eppure questa è stata una parte non certo marginale della formazione di Umberto Eco, fresco di laurea in filosofia con una tesi inevitabilmente sull'estetica in San Tommaso.
Era nato culturalmente come medioevalista.
La storia del Movimento Cattolico italiano annovera gli anni 50 fra quelli più interessanti, perché in essi sotto l'apparente torpore degli ultimi anni di pontificato di un Pio XII che cercava di far dimenticare la sua posizione più che imbarazzante negli anni del nazi-fascismo, facendo ricorso a continue manifestazioni di massa trionfalistiche, i fermenti dei tempi nuovi venivano raccolti e diffusi da grandi figure come Mario Rossi, Don Arturo Paoli,Carlo Carretto.
Per Pio XII il ruolo dei giovani cattolici era quello di marciare in lunghe e affollate processioni eucaristiche, cantando piamente “Noi vogliam Dio”, seguiti, ma senza mescolarsi, dalle ragazze delle Figlie di Maria, in ciador d'ordinanza, costituito da un velo, preferibilmente bianco giglio.
Eco, come ricorda Vattimo, era un cultore di Emmanuel Mounier e di Jaques Maritain, che ebbe la prima traduzione italiana per opera di un certo Giovan Battista Montini.
E come ancora ricorda Vattimo, quell' Umberto Eco degli anni 50 sosteneva sulla base di quei due grandi ispiratori che Dio non poteva essere che di sinistra, perché la creazione continua è per sua intrinseca natura un dinamico superamento di situazioni precedenti.
Ma in quegli anni non c'era solo un Pio XII, ormai completamente distaccato dalla realtà delle cose, c'era un Card. Ottaviani, Prefetto ultra-conservatore del Sant'Uffizio, e il laico più noto e più osannato in Vaticano era quell'incredibile figura del Prof. Gedda, l'inventore dei Comitati Civici, visceralmente anticomunisti e antisocialisti.
Il Vaticano non si fidava nemmeno della DC, voleva occupare la scena politica direttamente, nascondendo le tonache, ma non troppo, proprio dietro i Comitati Civici, con sedi proprie, ma che lavoravano in tutte le parrocchie.
Difficilissimo, se non impossibile, per giovani brillanti convivere con questo tipo di cultura cattolica, che era proprio l'antitesi della cultura, che è libera ricerca o non è cultura.
Il Movimento Cattolico era visto dalla gerarchia di quel tempo come un'enorme macchina di propaganda delle solite idee antiquate e confliggenti in modo insanabile con la cultura e la scienza moderna.
Chi voleva rivedere almeno alcuni aspetti della dogmatica, usando il vaglio del pensiero critico e della libertà di ricerca veniva messo ben presto alla porta.
E così il cattolicesimo degli anni 50 si è tenuto Gedda e compagni, ed ha costretto ad andarsene menti del calibro di Umberto Eco , di Gianni Vattimo e di tanti altri.
Umberto Eco, come tutti i grandissimi ,era un genio che si sapeva esprimere in più settori, filosofo, scrittore, semiologo, storico, con interessi vivissimi in storia dell'arte, eccetera, eccetera.
Tutto il mondo lo conosce almeno per “Il nome della rosa”ed è giusto che sia così ,perché in questo romanzo di straboccante successo, Eco ci ha messo sé stesso, ci ha messo la complessità del suo genio.
Da subito tutti i critici avevano notato che quel romanzo non era solo un romanzo e che comunque poteva essere letto e riletto seguendo diverse chiavi di lettura.
Ed allora come non vedervi la riflessione di Eco su quegli anni giovanili alla Giac.
La figura ,che nell'ombra incombe su tutte le vicende di quel convento benedettino, caratterizzata come l'incarnazione dell' incultura oscurantista, che vuole fare andare le lancette della storia al contrario.
Quel cupo frate, vecchio e cieco, ma con in mano ben saldo il bastone del comando, pur non essendo formalmente il priore del convento, il venerabile Jorge da Burgos, sarò malizioso, ma quando ho letto il nome della rosa, me lo sono subito raffigurato come il Cardinale Ottaviani, anche lui vecchio e quasi ceco ma con in mano il bastone del comando.
Con quella sua folle e fanatica determinazione nel voler nascondere nella libreria qualsiasi opera che orientasse al riso, alla gioia, alla bellezza.
E il suo competitore, nella figura del frate ospite di brillante intelligenza critica, Gugliemo di Baskerville, nel quale l'autore trasmette tutta la sua non celata simpatia.
La lotta fra il pensiero critico e l'apparato clericale, che in realtà non difende una dottrina tradizionale, perché ci crede, ma perché sa che su quella è basato tutto il suo potere sul controllo delle coscienze, e quindi il più grande e pervasivo dei poteri.
Leggendo il nome della rosa, chiunque è in grado di capire l'essenziale sul medioevo, e meditare sulle storture della dogmatica cattolica e della storia della chiesa.
Non fosse altra l'eredità culturale di Eco, basterebbe anche solo questo.


venerdì 19 febbraio 2016

Ma che bravo questo Papa salvo quando parla in modo avventato e approssimativo





Papa Francesco al tradizionale appuntamento con i giornalisti  a bordo dell’aereo che lo riportava in Italia dall’America Latina è caduto nella trappola di immischiarsi nel dibattito politico relativo alle elezioni presidenziali americane.
Chi innalza i muri invece di buttare ponti non è cristiano, ha tuonato contro Trump, candidato repubblicano attualmente vincente, che non è favorevole a facilitare ulteriori ingressi di massa di immigrati messicani negli  Stati Uniti.
Questo intervento del Papa è sbagliato e inopportuno per una serie di ragioni.
Soprattutto nel merito.
Come si fa ad accusare di chiusura verso gli immigrati quegli stessi Stati Uniti, che ne hanno già preso e inseriti talmente tanti ,che, come tutti sanno, ma il Papa non ci ha riflettuto, fra 2020 e 2025 la maggioranza della popolazione  statunitense si prevede che sarà di origine sud-americana?
Prendere a bersaglio come insensibili alle ragioni degli immigrati sud-americani, gli americani, è veramente un sintomo di scarsa prudenza e di ancora più scarsa padronanza del dossier immigrazione negli Usa.
Entrare a gamba tesa nell’arena del dibattito politico elettorale americano, poi, è una ingerenza ,che rivela ancora cedimenti alla leggerezza ed all' approssimazione, purtroppo tipici di questo Papa.
Gli americani hanno una loro storia, durante la quale si sono dati istituzioni e una cultura politica laica, che fa riferimento a una divisione netta fra religioni e istituzioni, pur rimanendo un popolo, che mantiene una sua religiosità ancora più radicale e diffusa di quella europea.
Che il Papa non conosca bene queste tradizioni o peggio, che abbia deciso, a ragion veduta, di non rispettarle, presumo che abbia dato una sensazione sgradevole agli americani ed ancor più agli americani cattolici.
E poi un conto è parlare del problema immigrazione in linea generale, un conto è parlarne in risposta ad una domanda sulla posizione specifica di un candidato alle elezioni presidenziali americane, Donald Trump.
Donald Trump, immobiliarista di successo e neofita della politica ,si presenta con idee parecchio discutibili, ma  partecipa all’arena delle primarie con molta foga, non ostante l’età non proprio  verde.
In quell’arena, chi vuole andare, ci va ,spendendo cifre esorbitanti e fa il suo gioco, nel rispetto di regole, abbastanza strette per assicurare il tradizionale “fair play” ed il rispetto degli avversari.
Ed è su questo punto che Donald Trump si è giustamente risentito ed ha replicato al Papa.
Un leader religioso ritiene di intervenire nel dibattito spicciolo delle primarie americane e mi attacca direttamente.
Ma questo Papa, cosa ne sa delle mie argomentazioni a favore delle tesi che sostengo?
E come mai mi attacca scorrettamente senza contrapporre argomenti ad argomenti, ma arrogantemente spara sentenze?
A mio avviso ,l’errrore di merito e di  forma di Papa Francesco è stato più grande di quello che riteniamo in Europa, perchè ha contraddetto la sensibilità, la cultura e la prassi politica degli Stati Uniti.
Ha reso un pessimo servizio ai cattolici americani.
Trovo  assolutamente corretto invece il tipo di argomentazione che Trump ha usato per replicare al Papa.
Non è corretto che un leader religioso si avvalga del suo prestigio nella sfera religiosa per inserirsi nel dibattito elettorale americano, ma se proprio avesse voluto farlo, avrebbe dovuto entrare nella logica dei dibattiti politici ed appoggiarsi ad argomentazioni articolati, non limitarsi a sparare slogan, come l’oracolo di Delfi, oggidì non sono più  quei tempi.
Se vuoi sostenere una tesi, ti devi sforzare di documentarla con argomentazioni appropriate.
Ed è qui che anche questo Papa casca più  pesantemente.
Non si è credibili se si ci si presenta  come innovatori alla mattina e si ritorna a pontificare al pomeriggio.
Questo Papa dà a vedere di avere scelto la tattica di procedere nel suo pontificato continuamente dando un colpo al cerchio e uno alla botte.
Non è nè serio nè producente.
Così non andrà da nessuna parte, perché sono talmente gravi i ritardi accumulati dalla Chiesa che o sceglie di mettere in pratica mutamenti epocali o perde il suo tempo.
E’ strano che ai vertici della Chiesa istituzionale non ci si renda conto, o addirittura che non ci se ne curi, del fatto che la benedetta “dottrina dogmatica” sbandierata continuamente è fondata su contraddizioni e antinomie logiche insostenibili nel mondo moderno, dove il livello culturale e di scolarizzazione è in costante aumento.
Come fa il Papa a dire, quando gli fa comodo, : “chi sono io per giudicare” e poi sparare un giudizio su un singolo candidato delle elezioni americane, bollandolo addirittura con un “non può essere cristiano”, senza alcun rispetto, nè considerazione per le sue argomentazioni?
Trump ha avuto buon gioco a replicare al Papa innanzi tutto se si rende conto dell’influenza dei numeri in gioco.
Come mai il Papa ha ritenuto di poter trascurare completamente l'argomento cardine di Trump e cioè quello dei problemi legati alla abnorme diffusione della criminalità più ferina fra i messicani, sopratutto in quelle  zone di confine?
A che serve il solito bagno di folla, proprio in quell’inferno inimmaginabile di Ciudad Juarez, che più che essere il confine fra Messico e Usa, appare ancor più verosimilmente il confine con le bolge dantesche?
Non credo che ci sia posto peggiore al mondo, dove viene praticato il disprezzo più sistematico di ogni principio morale.
Ci sono inchieste, documentari, libri, film, ci vuole poco per documentarsi.
Ma il Papa ritiene che basti una bella messa per esorcizzare l’inferno di posti come quelli, dove dopo cinque minuti continueranno assassini, torture, stupri e tuttto quanto in adorazione degli dei droga e denaro?
Non sarebbe più sensato tenersi ben lontani da quei posti, che sono  purtroppo la prova provata del fallimento storico del cristianesimo e magari farsi un esame di coscienza per individuare le cause si quel fallimento?
Oppure questo Papa è umile solo a parole e quando ostenta alcuni gesti controcorrente?
Forse è opportuno cominciare a chiederselo.
In questo caso degli immigrati dal Messico, è evidente a tutti che non si tratta di richiedenti asilo in fuga da zone di guerra, ma di “normali” flussi migratori, basati su disuguaglianze economiche.
Non sarebbe il caso per il Papa  di fare qualche celebrazione in meno con folle strabocchevoli di poveracci, e qualche atto concreto per riformare in modo drastico quella strampalata morale sessuale della Chiesa, ancora vigente in tutta la sua assurdità, in modo da limitare all’origine le folle di poveracci, riducendone il tasso di natalità?
Il messaggio evangelico ha conservato per duemila anni il suo fascino non solo e non tanto perchè “è commovente”, ma sopratutto perchè è razionale, è conforme alla ragione ed alla logica.

Non sarebbe male che questo Papa cominciasse a limitare le contraddizioni insanabili della dottrina dogmatica cattolica, evitando almeno di cadere in contraddizione con sè stesso, quando si preoccupa troppo di “piacere” alla gente.

giovedì 18 febbraio 2016

I partiti personali saranno anche il nuovo della politica, ma stanno vistosamente andando in pezzi





Nel post precedente si era parlato del renzismo che dà ormai l’impressione di avere esaurito gran parte della sua carica originaria.
E se esaurisce quella purtroppo non sembra in grado di offrire altro.
Renzi si è costruita addosso quell’immmagine di attivismo, vitalismo, giovanilismo, nuovismo, trasversalismo,  che paiono essere le sue sole ragion d’essere.
Non ha ideologia, non ha mai coltivato riferimenti storici precisi.
Può far comodo presentarsi come il nuovo  assoluto, che per definizione “rottama” tutto il “vecchio”.
Ma questo atteggiamento, come tutte le medaglie ha due  facce.
Una volta riscossi i voti di chi non ne poteva più ,e a ragione,  della inconcludenza dei vecchi partitoni italiani, se ti identifichi come un figlio di nessuno, quando passi due anni al governo, come ha ormai fatto Renzi, ed in questi due annni esaurisci la carica vitalista-decisionista in poche riformine ed ancor minori risultati pratici per la gente, non ti rimane letteralmente più nessuna carta in mano.
Tutti capiscono che sei un leader personale senza idee e strategia e che sei vissuto e vivi alla giornata tanto per rimanere in sella.
E’ vero che la crisi dei partiti storici aveva ridotto vent’anni fa la  vita politica ad una palude, nella quale le forze politiche  si muovevano con la velocità dei bradipi.
Ma oggi quando i partiti storici : Democrazia Cristiana, Partito Comunista, Partito Socialista sono stati sostituiti da altrettanti “partiti personali” : il PD di Renzi, i 5 Stelle di Grillo-Casaleggio, la Lega di Salvini, Forza Italia di Berlusconi e partitini di contorno ,siamo diventati un “porto delle nebbie”, nel quale la circolazione è ancora più difficoltosa e confusa di quella che era nella precedente palude della prima repubblica.
Il berlusconismo si è appassito progressivamente, dimostrando la totale inconsistenza del suo leader personale.
E’ stato sostituito da un Renzi, che pare avere avuto l’unico disegno politico di portar via a Berlusconi la sua base elettorale, conservando solo qualche pezzo del vecchio PD di centro-sinistra.
Pare che ci sia riuscito abbastanza bene, ma che pro ne è venuto per il popolo italiano?
Un giornale on-line di grande levatura cone “la Voce.it” redatto da economisti in gran parte della Bocconi, ha cominciato a pubblicare una serie di analisi impietose sui più che modesti risultati di due anni di governo Renzi.
All’opposizione di Renzi oggi si trova non più una destra ,da tempo in disfacimento, ma il Movimento 5Stelle che ancora più di Renzi rivendica di essere il portabandiera del nuovismo, del trasversalismo, dell’anti-ideologismo , dell’anti-partitismo, e via di questo passo.
Ma il tempo passa anche per i pentastellati e i risultati stentano penosamente a materializzarsi.
Grillo maturava da tempo la sua marcia indietro verso il ritorno alla sua professione di provenienza e almeno lui ne aveva una di professione, verrebbe da dire.
E quindi sembrava che la transizione del Movimento dal brillante ma discusso capo storico ai “giovani” parlamentari, alcuni dei quali avevano trovato modo di farsi apprezzare come l’istituzionale DiMaio, avrebbe in qualche modo “normalizzato” l’immagine del Movimento rendendolo sempre più appetibile per il  solito  corpaccione dell’elettorato moderato.
Ma i “colpi di ingegno” dell’altro leader storico, il tenebroso Casaleggio che ama tirare le fila rimanendo nell’ombra davanti ai monitor del suo armamentario   informatico, stanno terremotando il Movimento.
Inutile dire che il repentino dietro-fornt dei 5Stelle sulla legge per le unioni civili, si dice ordinato proprio da Casaleggio, potrebbe provocare un vero disastro, perchè la gente capisce benissimo che quella mossa, invece di essere il parto intelligentissimo dell’intelligentone al vertice dei 5Stelle, non è altro che una penosa mossa da vecchia politica per impedire a Renzi di intestarsi il merito di aver fatto approvare una legge sulle unioni civili,che nel resto d’Europa era già entrata da anni in tutti gli ordinamenti dei nostri partner nell’Unione Europea.
Ecco quindi un altro segno di disfacimento delle ragion d’essere dell’altro “partito personale” più importante d’Italia, dopo il PD di Renzi.
Il “partito personale” ,per tanto  che cerchino di imbelletarcelo ,è una grandissima cavolata, perchè non risolve alcuno dei suoi peccati di origine, come dimostra la clamorosa crisi dei due principali partiti italiani il PD di Renzi e il Movimento 5Dtelle, che sono appunto “partiti personali”.
Questa tipologia di partito non risolve per nulla il problema dei problemi  per qualsiasi movimento politico, cioè quello di definirsi se non in una precisa ispirazione ideale, almeno in una ben definita strategia di lungo periodo.
Facciamo finta di credere che sia ammissibile che un partito oggi non sappia con chiarezza definirsi nè di destra nè di sinistra, perchè la socità odierna è molto complessa, c’è la globalizzazione ,è necessario trovare nuove forme di aggregazione politica, eccetera, eccetera.
Ma non si può vendere come sano pragmatismo la totale mancanza di idee, perchè se l’opinione pubblica accettasse una simile assurdità, finirebbe per condannarsi ad essere eternamente presa per i fondelli, da politici improvvisati ,che vivono alla giornata e che quindi si ritengono autorizzati a cambiare parere un giorno si e uno no.
E’ indispensabile pretendere dai partiti l’enunciazione di una ispirazione ideale precisa, da tradurre in una altrettanto precisa strategia e in un programma dettagliato, senza di che non c’è partito.
Il secondo peccato capitale al quale non sfuggono i partiti personali è una democrazia interna definita e garantita da uno statuto ben articolato.
L’opinione pubblica e lo stato devono pretendere almeno questo.
Non ha senso che debba avere uno statuto un qualunque circolo sportivo di paese, e che possa non avere alcuno statuto  il secondo partito politico italiano che sono i 5Stelle, perchè  la cosa metterebbe in difficoltà Casaleggio, che sarebbe costretto ad uscire dalla comoda ombra nella quale si è nascosto finora per definirsi in una casella precisa  e trasparente.
I 5Stelle la devono piantare di nascondersi dietro al giochino non verificabile del voto dei pochissimi iscritti sul Web e darsi delle regole trasparenti e verificabili almeno appunto come quelle del circolo sportivo di Canicattì.
E Renzi la deve piantare di umiliare la tradizione culturale e ideologica del PD erede dei due principali partiti storici italiani sottomettendo quel partito al così detto “giglio magico” dei suoi amici personali, spesso dalle idee strampalate come quelle del suo guru economista Gutgeld, e di modestissima caratura.
Prova ne è la più che modesta qualità politica media del governo Renzi, che emula quella del peggiore berlusconismo.
Rimaniamo a vedere come evolverà la situazione, ma è un fatto che nel  PD, c’è talmente tanto caos e disagio che cominciano a materializzarsi congiure di palazzo per far fuori Renzi e questa è l’ennesima prova che un “partito personale” non riesce a gestirsi secondo le normali linee democratiche.
Specularmente i giornali cominciano ad avere delle prove tangibili dell’esistenza di una prima forma di dissenso interno ai 5Stelle ,che si manifesta nella forma classica delle “soffiate” ai giornali stessi, anche questo fenomeno è il sintomo della mancanza di un reale meccanismo di funzionamento della democrazia all’interno dei 5Stelle, già duramente provato da un numero abnorme di espulsioni di dissidenti.
Oggi però  i nostri partenrs europei e peggio ancora i mercati non hanno alcuna intenzione di stare pazientemente ad aspettare l’evoluzione democratica di PD e dei  5Stelle e sono pronti a legnarci appena se ne presenta l’occasione.




martedì 9 febbraio 2016

Renzi traballa, e se cadesse?





Le indubbie qualità di Renzi come comunicatore  e come  venditore dell’immagine che vuole far percepire alla  gente, hanno  creato  sapientemente una  specie di  turbine entro il quale si muoveva il personaggio Renzi,capace di   dare l’impressione di  essere il motore di un grande attivismo, da interpretarsi  come rinnovamento.
In questo modo ci è parso  che i due anni di governo renziano  fossero passati con la velocità di un  fulmine.
La gente, e quindi tutti, noi avevamo bisogno di essere rassicurati  nel senso  di  vedere un governo che  finalmente facesse qualcosa per fare uscire l’Italia da un sonno  mortale, nel quale era caduta, ritrovandosi sempre ultima o quasi  in tutte le classifiche.
Renzi qualcosa ha fatto.
La settimana scorsa il Wall Street Journal, giornalone della finanza  globale, non  abituato a fare sconti  a nessuno, aveva pubblicato un articolo nel quale si diceva addirittura che Renzi aveva fatto di più in due anni dei suoi predecessori nei venti anni precedenti.
Qualcosa  di vero c’è
La riforma costituzionale che con l’abolizione del potere di veto del Senato, renderà il lavoro legislativo molto più spedito, aumenta grandemente il potere di indirizzo del governo  e quindi  a mio avviso va nel senso giusto dando al governo medesimo i mezzi per fare veramente le riforme passando sopra a lobby, corporazioni e privilegi .
Il jobs act tende a incentivare il lavoro stabile e questo non è sufficiente ma va nel senso giusto.
Qualche taglio fiscale (sulla prima casa esempio) va nel senso giusto.
Il quasi totale riassorbimento dei precari nella scuola e il potenziamento dei poteri dei presidi va nel senso  giusto.
L’introduzione per legge delle unioni civili, ammesso che passi senza eccessivi stravolgimenti,
ci farebbe fare qualche passo avanti rispetto a come figuriamo nella  classifica degli stati europei.
Rimangono però tutti i difetti di origine del “renzismo”, cioè la sostanza di un partito personale, per di più, gestito  con piglio da un personaggio che dimostra di non avere mai avuto una vera strategia di lungo periodo, non avendo mai avuto  un riferimento di cultura politica ben definito,  porta Renzi ad agire praticamente giorno per giorno.
La mancanza di un riferimento ad una cultura politica ben chiaro, comporta come inevitabile conseguenza il fatto che Renzi non è mai  riuscito ad instaurare un  dialogo decente con la pur numerosa  minoranza del suo partito, perchè non è in grado di riferirsi  a una  cultura politica  storicamente consolidata e quindi condivisa per definizione  anche dalla minoranza, che non è figlia di nessuno, ma che ha una tradizione politica che non può essere ignorata.
Questo peccato originale del renzismo rischia di farlo deragliare perchè per sopperire ed a volte addirittura per umiliare la sua minoranza, Renzi ricorre ai fuoriusciti di tutto lo schieramento parlamentare, dai Verdiniani, ex di Forza Italia, ai fuoriusciti dal 5 Stelle ,ed  a chi capita.
Una cosa è agire in politica con pragmatismo ed elasticità, un’altra cosa è, per parlare liberamente, imbarcare “cani e porci” fregandosene allegramente di ogni criterio morale.
Ed infatti si è costretti a constatare con amarezza che i gruppi parlamentari del pd ,seguendo questi criteri  di morale politica a fisarmonica, sono arrivati a contare un numero di inquisiti percentualmente maggiore del record che detenevano i berlusconiani, quando erano potenti.
Questo è il contrario di quello che gli elettori del centro-sinistra vorrebbero vedere dal partito che votano.
Non avere una cultura politica chiara di riferimento porta anche Renzi ad affrontare in modo confusionale un tema in Italia ancora delicato come quello dei rapporti col mondo cattolico.
E’ penoso che Renzi si trovi come interlocutori di fatto del mondo cattolico parlamentari con una cultura politica sotto zero come i Giovanardi, I Formigoni, i Lupi, i Quagliariello, i Fioroni.
E i cattolici democratici che si rifanno per esempio ai “cattolici adulti”, dei quali a suo tempo aveva parlato Prodi?
Renzi non è in grado di discernere fra i rappresentati screditati da gran tempo del vecchio oscurantismo clericale alla Ruini, che straparlano su tutti i media come fossero solo loro i cattolici italiani, e i cattolici democratici alla Prodi ,che hanno il demerito di non farsi abbastanza sentire, pur essendo evidente che dovrebbero essere loro i rappresentanti del cattolicesimo nella linea di Papa Francesco.
Quando c’è da dimostrare di possedere un qualche spessore culturale, Renzi non c’è mai e viene sorpassato nel dimostrare coerenza  a una qualche idea, persino dai 5 Stelle, che si pongono come paladini dell’anti-politica nel senso di anti- ideologie.
Senza una strategia precisa legata a una qualche cultura politica Renzi naviga malamente a vista anche  in economia,  settore chiave questo, e banco di prova per qualsiasi politico, a causa della complessità dei problemi economici nel mondo globalizzato.
In questo campo se uno non ha le idee chiare e non fa delle scelte coerenti, va a sbattere.
Prova della confusione di idee di Renzi in materia è il continuo balletto di esperti economici che chiama alla sua corte e che poi allontana se lo contraddicono, prima l’ottimo Cottarelli e poi il bocconiano RobertoPerotti.
Morale della favola una vera spening revue non si fa e quindi mancano i soldi per fare investimenti che sarebbero indispensabili per far lavorare i giovani senza occupazione.
In politica estera le cose non vanno per niente meglio.
In questi giorni tutti hanno avvertito quanto l’Italia risulti isolata in Europa a causa di una politica senza nè capo nè coda.
In questo settore le cose vanno anche peggio perchè appare ormai evidente che lo staff tecnico e probabilmente anche diplomatico sul quale dovrebbe contare il governo italiano in Europa non sia affatto all’altezza delle necessità.
A questa conclusione si arriva quando ci si trova a constatare che i nostri governi hanno firmato documenti dei quali non avevano affatto studiato i relativi dossier e dei quali quindi ignoravano le conseguenze, vedi normativa sui “bail in” (risparmiatori chiamati a sostenere le perdite delle proprie banche).
Non parliamo del prossimo coinvolgimento militare italiano  in Libia, che fa rizzare i capelli in testa a qualsiasi esperto.
A questo punto è chiaro che basta una qualsiasi casuale anche banale buccia di banana per far fare a Renzi uno scivolone disastroso.
Osservano gli analisti politici più avvertiti che prima Renzi si avvaleva della fiducia che suscitavano i suoi propositi di cambiamento e di rottamazione della vecchia e  inconcludente classe politica.
Poi, quando  la  scarsa consistenza politica del renzismo  cominciò a palesarsi, come abbiamo descritto sopra, il suo vero ed unico punto di forza divenne la  sensazione tuttora diffusa che  il renzismo non avrebbe alternative  credibili.
Non rientro personalmente fra coloro che condividono questo genere di  ragionamento, perchè in politica un’ alternariva c’è sempre per definizione.
La destra è in condizioni tali da non poter ragionevolmente pensare di potere essere un'alternativa verosimile.
Lo sono invece i 5 Stelle.
Non sottovalutiamoli, hanno avuto il tempo di esercitarsi e di imparare.
I sondaggi che hanno indotto Casaleggio a lasciare libertà di coscienza nel voto sulle unioni civili, sopratutto per quanto riguarda le adozioni del figlio del compagno, sono il segno che il movimento è molto cresciuto e che il suo potenziale di attrarre elettori che si pensava fossero bloccati da pregiudizi nei suoi confronti, è fortemente aumentato.
Quei sondaggi dicono che i 5Stelle ora attraggono una buona fetta di elettorato moderato e una buona fetta di cattolici praticanti.
Sono quindi sempre più vicini ad essere “adatti a governare”.
Credo di aver sempre scritto che ritenevo tutto sommato auspicabile che Renzi ce la facesse a governare e a fare alcune riforme, ma non a tutti i costi.
Mi sembra adesso che i suoi difetti di origine ,mai da lui compresi e quindi mai corretti, stiano per fargli rischiare il grande scivolone.

E quindi forse è il caso di non preoccuparsi più di tanto, visto che l'alternativa c'è, come sempre.

mercoledì 3 febbraio 2016

Pochi “paperoni” posseggono tanto quanto metà degli abitanti della terra questo blocca il capitalismo e spinge l'economia mondiale alla recessione permanente





Un recente rapporto dell'Oxfam denominato “working for the few” ha rilevato che 85 “paperoni” nel mondo posseggono beni equivalenti a quelli della metà della popolazione mondiale (sette miliardi e 400 milioni diviso due uguale a 3 miliardi e settecento milioni).
Oppure, detto in altri termini, l'1% delle famiglie di fortunati nel mondo possiede la medesima ricchezza del restante 46% , stiamo parlando di 110.000 miliardi di dollari. (http://www.oxfamitalia.org/oxfam-news/la-grande-disuguaglianza) (http://www.infodata.ilsole24ore.com/2014/10/15/chi-controlla-la-ricchezza-nel-mondo-l1-della-popolazione-possiede-il-44-delle-risorse/ ).
Se la ricchezza fosse distribuita in modo uniforme ogni abitante della terra avrebbe un patrimonio di 56.000 dollari ed ovviamente nessuno morirebbe di fame, eccetera eccetera.
Questo significa che oggi la ricchezza è distribuita in modo da creare disuguaglianze tanto forti da bloccare i meccanismi di funzionamento del capitalismo in modo talmente grave da costringere l'economia mondiale a una recessione permanente.
Questa conclusione non è il portato di ideologie marxiste, ma è ormai accettata tranquillamente da un numero sempre maggiore di economisti, perché è l'ovvio risultato al quale porta l'aritmetica.
La ragione di questo blocco dei  meccanismi intrinseci del capitalismo è assolutamente elementare.
Ed è anche incredibilmente paradossale perchè consiste in questo: poche persone ricchissime per tanto che  si impegnino  non riescono a consumare abbastanza per fare girare l’economia tanto quanto girerebbe se la loro medesima ricchezza fosse posseduta da una  numerosa classe media.
A questa conclusione si arriva col puro buonsenso e sulla base dell’esperienza individuale, ma sopratutto ci si arriva applicando  una delle leggi  principali della teoria economica, la “legge dell’utilità marginale decrescente”, che è la prima riportata da qualsiasi manuale di economia.
Quello che dice questa legge è semplicissimo : se mangiamo una fetta di torta questa avrà per noi un’utilità mariginale poniamo di 100, se poi decidiamo di mangiarne un’altra fetta, questa avrà per  noi un’utililità marginale decisamente inferiore, se poi decidessimo di mangiarne una terza  questa avrebbe un’utilità marginale tendente allo 0 e questo meccanismo ci impedirebbe di fatto di continuare a consumare quella  torta.
Lo stesso meccanismo si applica a qualsiasi tipo di consumo.
Torniamo un momento alle cifre che abbiamo riportato all’inizio : 85 super ricchi possiedono tutte le ricchezze della metà della popolazione mondiale cioè 130.000 miliardi di dollari.
Andiamo alle classifiche dei paperoni, che aggiorna annualmente la rivista Forbes :
i primi 100 paperoni hanno un patrimonio che va dai circa 80 miliardi del fondatore di Microsoft Bill Gates ,che è l'uomo più ricco del mondo, ai 12 miliardi di patrimonio di Richard Kinder n.100 della classifica.
Abbiamo quindi un patrimonio medio di 8 miliardi.
Ragioniamo allora sul super ricco medio, che possiede 8 miliardi di patrimonio.
Se costui  ha bisogno di frigoriferi per le sue abitazioni, può decidere di comprarne, che so io, uno per ogni cucina e uno per ogni camera da letto,e quindi  può arrivare a due in qualche camera, ma difficilmente andrebbe oltre perchè la legge dell’utilità marginale glielo impedirebbe.
In totale quindi comprerebbe dai 10 ai 100 frigoriferi, se possiede più abitazioni.
Ora, l’americano medio ha un reddito annuo fra i 40 e i 50.000 dollari  e un patrimonio di 80.000.
Di conseguenza se facciamo 8 miliardi (patrimonio medio dei 100 supe ricchi secondo Forbes) diviso 80.000 (patrimonio dell'americano medio) ricaviamo 100.000 e quindi deduciamo che un riccone solo fra i primi 100 di Forbes possiede il patrimonio che avrebbero 100.000 persone della classe media.
Bene, torniamo  all’esempio dei frigoriferi.
Se un riccone può “consumare” , cioè comprare al massimo e per eccesso 100 frigoriferi, 100.000 persone della classe media ,con la sua medesima ricchezza complessiva, ne potrebbero comprare mille volte di più e lo sviluppo dell’economia sarebbe enormemente aumentato.
Un economista si  sentirebbe in dovere di dire che però i ricconi contribuiscono allo sviluppo economico pagando molte più tasse dell’americano medio.
Vero ,ovviamente, in termini assoluti, ma non in termini relativi.
Ed anche in termini assoluti ci sarebbe molto da discutere perchè  i super ricchi usufruiscono molto più dei meno ricchi dei paradisi fiscali e quindi il meccanismo di equiparazione fiscale funziona miseramente.
Quello che è peggio però è dato dalle conseguenze di queste diseguaglianze crescenti hanno su funzionamento della politica.
Cioè, il fatto che le analisi, come quelle sopra citate, dimostrano, è che è in atto un meccanismo perverso per il quale la tendenza a fare i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri è in costante progressione e di conseguenza la classe media non solo si vede progressivamente impoverire, ma capisce che nel futuro è destinata a stare ancora peggio di oggi.
Questo fatto, se non governato, non solo porterà l’economia mondiale a una recessione permanente, cioè blocco e regressione nelle condizioni di vita,  ma causerà anche il  blocco e in prospettiva il ripudio del sistema  democratico, perchè le classi medie di tutto il  mondo si stanno ribellando , sentendosi le vittime sacrificali della situazione.
E quindi reagiscono rifiutandosi di votare per i partiti tradizionali e i loro  establishment e premiano invece i movimenti nuovi e i partiti personali.
E questo non è un bene di per sé ,perché se è giusto cambiare le classi dirigenti ,che nono hanno dato buona prova di sé, è anche vero che le classi dirigenti non si improvvisano, il cambiamento richiede del tempo,il tempo necessario per preparare e selezionare dei nuovi dirigenti.
Il problema delle diseguaglianze crescenti, va quindi preso molto  sul  serio.