giovedì 28 marzo 2013

Grillo è come un funambolo che si esercita senza rete




Oggi le forze politiche determinanti in parlamento sono tre PD,PDL,5Stelle e tutte tre della stessa consistenza intorno al 30% ciascuna.
Nel post di ieri si era visto che Bersani, messo alle strette da una situazione senza precedenti ha portato il suo partito a innovazioni mai viste prima.
Ma in tema di innovazioni Grillo è stato veramente come uno tsunami che ha sconvolto tutto e tutto a rimesso in discussione, ha usufruito di una occasione storica e l’ha saputa interpretare.
E’ però opinione comune che se non soddisferà le aspettative dei suoi elettori il Movimento 5Stelle potrebbe disfarsi con la stessa velocità con il quale è sorto, perché ha caratteristiche e debolezze particolari.
Una recente analisi del politologo statistico Ilvo Diamanti ha infatti messo in evidenza che la natura composita e trasversale del 5Stelle è molto più accentuata di quello che si pensava.
I suoi militanti provengono dal centro sinistra in maggioranza, ma l’altra parte che proviene dal centro destra è molto più consistente del previsto.
Se poi si va più a fondo per individuare gli orientamenti di coloro che seguono la linea, per ora ortodossa, di intransigente non collaborazione con i partiti esistenti e quelli di coloro che invece sono orientati a giudicare le singole persone e quindi a distinguere senza posizioni pregiudiziali, si scopre addirittura una divisione a metà.
Questa natura così composita dei militanti, che già ora si comincia ad avvertire anche nei gruppi parlamentari non si vede come non possa non convincere Grillo a spostarsi su posizioni meno fondamentaliste e più realistiche.
E’ stato detto giustamente che l’ascesa del 5Stelle richiama molto l’altrettanta improvvisa ascesa della Lega nei primi anni ’90, ma anche che la Lega era sostenuta da una identità politico –ideologica ben pronunciata , da un radicamento territoriale forte, da un leader carismatico, circondato da un gruppo dirigente coeso e visibile.
Per ora e per sua sfortuna il 5Stelle non dispone di nessuno di questi quattro elementi, che sono indispensabili per far stare in piedi una forza politica ,se non del leader carismatico, che però non essendo eletto è in qualche modo dimezzato.
Grillo un programma ce l’ha ed è anche buono, però con i limiti di genericità che hanno inevitabilmente tutti i programmi politici.
La Lega aveva un sogno da offrire ai suoi militanti della prima ora della valli bergamasche, del Veneto e della Brianza, quello della Padania autonoma e proiettata verso la possibile costituzione di una macroregione europea con la Baviera, la Renania e l’Alsazia seguendo l’immaginifica visione del suo ideologo Prof. Miglio.
Grillo francamente non ha da offrire un sogno di simile portata in positivo.
Tutto il suo programma potrebbe riassumersi nello slogan : a casa tutti i vecchi politici e poi gestiremo noi il cambiamento con la democrazia diretta sul web.
Va anche bene, ma non basta se non verrà al più presto vestito di contenuti coerenti con una visione a lungo periodo, senza la quale non c’è politica.
La democrazia diretta sulla rete ha dei limiti anche tecnici che la fanno apparire una ingenuità a chi sulla rete ci vive, immaginiamoci poi cosa può dire a quella purtroppo larga fetta di italiani che con la rete hanno scarsi o nessun rapporto.
Ma i punti di debolezza non finiscono qui.
E’ evidente a tutti che diventa sempre più irritante, anche ai suoi elettori, questo perdurante atteggiamento di Grillo continuamente insultante, turpiloquiante, pregiudizialmente ostile alla stampa e soprattutto l’atteggiamento del : noi puri gli altri tutti da buttar via.
Questo atteggiamento è già durato più del necessario e assomiglia troppo all’arroganza berlusconiana per essere digerito dal suo elettorato per definizione anti- berlusconiano.
Non può continuare poi il non chiarimento della  posizione precisa di Grillo e ancor più di  quella di Casaleggio, troppo potente per stare nascosto nel partito che fa della trasparenza la sua bandiera, al punto da pretendere che tutto avvenga in streaming, cioè visibile in trasmissione video diretta sul web.
Quell’esercito di eletti sono stati eletti perché si assumano le loro responsabilità nelle istituzioni.
Grillo non può illudersi di ripetere il giochetto due volte.
Cioè non può illudersi di stravincere in nuove elezioni, lucrando sul vantaggio competitivo nei confronti degli altri partiti, perché il gioco funziona solo se gli altri rimangono con le mani in mano senza rinnovarsi e senza cambiare, ma le cose stanno andando diversamente, come abbiamo visto anche per opera di un uomo della vecchia guardia come Bersani.
E in caso di nuove elezioni Grillo non troverebbe più il vecchio Bersani  ma un giovane Renzi, che sul rottamare ed innovare qualcosa da dire e da fare di credibile ce l’ha già.
Sull’altro fronte, quello berlusconiano, d’accordo non troverà nulla di nuovo, ma il vecchio è già abbastanza temibile, tanto che il vecchio Caimano, in incredibile risalita, sta furbescamente cavalcando proprio alcuni punti del programma 5Stelle come la messa in discussione di Euro e connessa austerità nonché le famose tasse sulla casa ecc.
Se gli elettori di centro destra che hanno votato Grillo tornassero a casa, votando con il porcellum, il Caimano tornato primo partito si beccherebbe una bella maggioranza e addio sogni di gloria.
Grillo è disposto a rischiare prolungando il suo intransigente rifiuto di distinguere tra gente di malaffare e persone per bene ?
Ora Greggio, Casaleggio e i gruppi parlamentari si devono studiare e in velocità il modo di mostrare ai loro elettori un modo di assunzione di immediata di responsabilità, perché se domani mattina la grande e potentissima speculazione finanziaria si abbattesse sull’Italia il suo repertorio di invettive contro tutti e quasi nulla a pro di qualcosa, avrebbe di colpo la stessa forza delle pistole ad acqua nei giochi dei bambini.
Bisogna che si sveglino, da soli non potranno combinare un bel nulla, devono trovare alleati fra le forze politiche che ci sono, il resto sono favole e la gente sta per incavolarsi anche contro di loro, se vanno avanti a dire di no a tutti e a tutto ,come se fossero cardinali del sant’uffizio.

mercoledì 27 marzo 2013

Bersani l’hanno sempre dipinto come un grigio burocrate, ma ora sta dimostrando un coraggio e una determinazione prima sconosciute




Ha effettivamente vissuto una vita, si diceva una volta nei suoi ambienti, da “apparatichnik” il vocabolo russo per indicare il burocrate di partito dedito alla causa e in quella veste ha seguito tutto il più tipico cursus honorum  previsto dal Pci : da assessore del paesello di origine, su su per la Provincia e la Regione fino al governo nazionale.
Checché se ne dica la carriera politica nei grandi partiti di massa della prima repubblica produceva una classe politica ben più solida e affidabile di quella attuale.
Prova ne è il fatto che le statistiche e le indagini sociologiche certificano che i servizi migliori in Italia si trovano proprio nelle “regioni rosse”.
Anche se la gestione del potere ininterrotta porta inevitabilmente con sè la degenerazione in clientelismi e malaffare.
Travolto dagli eventi il Pci, il Pd si è costruito intorno alla colonna vertebrale degli uomini di apparato ex Pci e D’Alema è sempre stato il referente del “partito degli assessori “ all’interno del Pd.
Questo fa capire quanto sia stata coraggiosa la scelta di Bersani di non candidare più D’Alema, in quanto icona della vecchia guardia, che aveva bloccato per anni l’evoluzione del Pd,  ma che era portatore all’interno di quel partito del potere reale.
Non meno coraggio e determinazione ha dovuto tirar fuori il segretario per mettere il riga la corte delle seconde linee dai numeri due Franceschini, Letta e Marino, alla Presidente Rosi Bindi, ai due capi corrente di peso D’Alema e Veltroni, alla pattuglia dei cattolici moderati di Fioroni.
Tutta gente abituata da anni ad oscurare la figura del segretario con loro continue narcisistiche apparizioni su ogni tema.
Bersani a un certo momento li ha stoppati ed è stata un’ impresa non da poco.
Poi è apparso Renzi, personaggio abbastanza ambiguo, ma di grande seguito e accreditato di un grande avvenire.
Bersani ha avuto l’intelligenza di accettare la sfida e di fare delle primarie aperte e trasparenti.
Ha portato il suo partito al livello più alto di gradimento ed ha quasi cancellato il berlusconismo.
E’ stata una grande impresa, ma è durata poco.
Renzi ha perso di misura, ma si è incoronato come ovvio delfino.
Diventato candidato premier, però, Bersani ha evidenziato tutti i suoi limiti.
Un buon amministratore non è affatto per definizione un buon politico.
La politica è altra cosa.
Per far politica a quel livello ci vuole anzitutto una “vision”.
Non basta assolutamente un buon programma.
Il programma deve essere comunicato nella forma di un “sogno” ,dotato di una prospettiva ideale e sentimentale o più terra a terra deve saper parlare alla  pancia della gente.
Deve saper toccare delle  corde profonde.
E qui Bersani manca di quasi tutto.
Nato nel cattolicesimo sociale, ben assimilato  fino a elaborare una tesi di laurea sulla dottrina sociale della chiesa, che appare in nuce nella patristica cattolica, ha poi aderito al Pci e qui ha fatto carriera come abbiamo detto sopra.
I riferimenti ideali non gli sono quindi certo mancati, ma se ne ha ancora, purtroppo oggi non si vedono o non li sa comunicare.
Altra pecca non da poco per un politico a quel livello, Bersani non sa parlare per niente e meno che meno sa comunicare, non si rende conto di apparire come un personaggio tetro e noioso.
In America prosperano i corsi di retorica nelle università e i politici non si vergognano affatto di dedicare lunghe ore a provare davanti allo specchio discorsi e atteggiamenti.
Da noi purtroppo l’hanno capita solo Berlusconi e Renzi che il modo di presentarsi conta anche più della sostanza, perché se anche la sostanza ci fosse ma non si riuscisse ad esternarla non servirebbe a nulla.
Ha però avuto ancora grande coraggio quando ha sparigliato le carte indicando per le presidenze di Camera e Senato due figure alle quali non si poteva dire di no, scelte scontentando tutta la sua corte, ma mettendo così in difficoltà ad esempio i 5Stelle.
Ha avuto il coraggio di costringere il Presidente Napolitano, notoriamente fautore di una grande coalizione a dargli l’incarico di formare il governo, pur sapendo che Bersani era ed è contrario a fare maggioranza con Berlusconi.
Non è cosa da poco, perché ha fatto superare al suo partito un ennesimo tabù, quello di seguire comunque la politica del presidente proveniente dalle sue fila.
Ora si è imbarcato in una tattica dilatoria ampliamente derisa dai potenti media del centro destra, seguiti da praticamente tutta la stampa, Corriere in testa,  tutti schierati per il governassimo.
Corre effettivamente grandi rischi perché se è vero che questa tattica mira a causare l’esplosione delle contraddizioni delle altre forze politiche, cioè all’interno del 5Stelle, fra Pdl e Lega, fra Monti e i suoi, rischia però di fare esplodere anche lo stesso Pd.
Bersani però ha di fronte un Caimano in incredibile rimonta, ma che è obiettivamente sempre più un vecchio trombone senza fiato e soprattutto che si trova alle calcagna gli inquirenti sempre più vicini.
Bersani sembra debole, ma è lui ad avere nelle sue mani l’asso vincente, che è la scelta di un presidente non avverso al Caimano.
Per Berlusconi il resto non conta niente, la priorità assoluta è un presidente che sia verosimilmente disposto a procrastinare il suo redde rationem con la giustizia e che quando inevitabilmente verrà il momento di condanne implacabili, che sia disposto a dargli la grazia, potere sovrano solo del presidente.
E’ una carta pesantissima in cambio della quale il Caimano è disposto a concedere qualsiasi cosa, a pagare qualsiasi prezzo.
Bersani ce l’ha in mano.
Se saprà giocarla bene sta a lui.



mercoledì 20 marzo 2013

Un governo a tempo per restaurare la legalità ferita dalla lunga connivenza col berlusconismo




C’è un problema prioritario di dignità da riconquistare.
Sembrava che il serio bocconiano Monti potesse essere l’uomo giusto  per farlo,ma non lo è stato perché non poteva esserlo.
Come avrebbe potuto ristabilire la legalità reggendosi sui voti dei berlusconiani ,che la avevano violata in continuazione e delle finte opposizioni PD ecc che non hanno mai realmente stoppato il berlusconismo, perché avevano trovato conveniente stipulare con lui continui patti spartitori, vedasi per ultima la vicenda del Monte Paschi.
Ristabilire la legalità  significa in poche parole abrogare tutte le leggi ad personam e ad aziendam fatte passare dal berlusconismo.
C’è stato per vent’anni in Italia un cittadino più uguale degli altri, che non era nemmeno eleggibile in quanto gestore di aziende concessionarie di servizi pubblici, ma che ha fatto il presidente del consiglio; che non poteva ricoprire cariche politiche in un paese civile perché  aveva in mano tutti canali televisivi del paese meno uno e quindi poteva fare disinformazione e indottrinamento quotidiani a difesa dei suoi interessi privati; che ha affrontato una sequela di processi in condizioni di disparità assoluta a confronto dei comuni cittadini, perché era in grado addirittura di adattare il codice penale e di procedura penale alle sue convenienze facendo sparire ad esempio il reato di falso in bilancio e aumentando a dismisura i termini di prescrizione eccetera, eccetera.
Quindi prima di tutto un governo responsabile deve abrogare tutte le leggi che hanno contraddetto l’articolo 1 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza e la uguale dignità di tutti i cittadini di fronte alla legge, perché negli ultimi vent’anni l’Italia è stata una signoria non una repubblica.
Una signoria di potentati (banche, industriali senza manifatture, ma gestori di servizi pubblici, preti e prelati che non si vergognavano della parte in commedia) intrecciati fra di loro da interessi privati senza bisogno di farsi rappresentare da nessun gran maestro, perché l’apparato dei poteri era diventato tutto una immensa P2.
E quindi devono rendere conto tutti coloro che sono stati attivi conniventi con questa signoria, a cominciare prima di tutto dalla casta dei politici professionisti  a vita, buoni per tutte le stagioni e portatori di tutte le casacche, che avevano un compito solo, evitare di governare perché il potere reale era trasferito altrove e infatti per vent’anni non hanno governato.
Dire oggi tutti a casa (salvo rendere conto alla magistratura dove  questa riesce ad arrivare) a tutta questa brava gente è proprio un trattamento generoso per chi ha condotto il paese allo sfascio.
Bene fa quindi Grillo a chiarire ai suoi numerosi neo parlamentari che non è moralmente accettabile dare la fiducia a chi si è reso responsabile del disastro.
Grillo però sa anche che prima di tornare alle elezioni è indispensabile appunto trovare una soluzione tecnicamente accettabile per fare passare alcune leggi non rinviabili come quelle sopra accennate, accompagnate da una legge anticorruzione, che ristabilisca un trattamento premiante per chi della corruzione è stato vittima, incentivando così la denuncia del malaffare.
Irrinviabili, ovviamente, misure di peso in campo economico, a cominciare dal pagamento delle imprese fornitrici dell’apparato pubblico, per tenere in piede una miriade di piccole imprese in gravissima difficoltà e lavori pubblici e nel sociale a manovella per fare lavorare i disoccupati, checché ne pensino gli arroganti bocconiani, che le loro disastrose ricette liberiste le hanno già fatte sperimentare abbastanza.
A Bruxelles e Strasburgo ci deve andare solo qualcuno capace di picchiare i pugni sul tavolo per rimettere tutto in discussione, altrimenti fuori dall’Euro per riconquistare la sovranità finanziaria.
In sintesi le urgenze assolute sono archiviare il berlusconismo e questa versione di Europa, dove come nel berlusconismo, non ci sono partner  in condizioni di parità, ma qualcuno è molto più uguale degli altri.
O ci si riesce o il declino italiano si esprimerà politicamente nel procrastinarsi di un berlusconismo alla disperazione, che giocherà la carta di rappresentare una base, che non ha mai saputo emanciparsi veramente da una cultura politica fascista se pure ovviamente in forme nuove.
E’ sperabile che Grillo non sottovaluti la diabolica capacità di Berlusconi di annusare l’aria e di mettersi alla guida di questa base cripto- fascista, lepenista, populista di destra, che c’è ed  è numerosa e  composta da tutti quelli ai quali sta bene rimanere così, senza cambiare nulla, perché sono convinti di difendere dei loro  privilegi reali o più probabilmente immaginari, che vent’anni di indottrinamento e disinformazione sono riusciti a fare loro percepire come reali.
Grillo, comunque vadano le cose, ha acquisito un merito storico innegabile : è stato il primo politico che in vent’anni di declino è riuscito a convincere  un alto numero di italiani che alzare la testa era possibile, che il sopruso non va subito ma va contrastato e che è possibile farlo.
Ed è riuscito a farlo prima che le strade si riempiano di gente alle quali prudono le mani da tempo

giovedì 14 marzo 2013

Papa Francisco primero, è troppo bello per essere vero




Dopo decenni di cattiva politica, teologia  ancora peggiore, corruzione, affarismo e malaffare dilaganti, la gerarchia della chiesa ha fatto una cosa evangelica.
Ha eletto un papa che ha esordito nel suo pontificato con un “buona sera” , cioè parlando come una persona normale ed è stata la prima cosa scioccante, perché se uno parla come una persona normale c’è il rischio che la gente lo capisca subito e magari riconosca in lui chi deve riconoscere.
Non parliamo poi della scelta del nome.
Addirittura quel Francesco, talmente evocativo di un programma legato al radicalismo evangelico, da essere stato accuratamente evitato per ben 800 anni.
Che terremoto, ancor più gradito, perché totalmente inaspettato.
Inevitabile il richiamo allo stile di quel mite e umile papa Luciani entrato e uscito dalla storia come una meteora.
Quindi l’augurio di lunga vita a papa Francesco, ne avrà bisogno in quell’ambiente, dove più che del pastorale  avrà bisogno di una robustissima scopa.
Papa Bergoglio è nuovo in tutto.
Essendo sudamericano sposta l’asse della chiesa dall’altra parte del mondo e questa non è una cosa di poco conto.
Finisce così lo strabismo eurocentrico , anacronistico in un mondo globalizzato.
E poi, diciamolo anche se è sgradevole, in Europa questa chiesa aveva perso i fedeli perché aveva perso la faccia, cioè non era più credibile come agenzia morale.
Occorreva una svolta radicale anche in senso fisico e quindi benvenuto un papa proveniente dall’altra parte del mondo.
Molto bello nel primo approccio, dopo il saluto e la presentazione di sé la richiesta di una preghiera sul papa e ancora più bello, fatta in silenzio.
In questo mondo perennemente intronato da distrazioni rumorose volgari e banali, è venuta l’antica evocazione del ritrovare sé stessi e il proprio senso nel silenzio.
Formidabile, molto ben scelto e coerentemente assolutamente francescano.
Riferirsi a Francesco vuol dire tante cose oltre ovviamente alla scelta prioritaria a favore dei poveri e quanto meno per la sobrietà dei costumi e dei consumi.
Francesco invocava il ritorno al riferimento prioritario verso la parola del Vangelo, usando un aggettivo radicale e significativo, che mi ha sempre impressionato, Francesco parlava del  Vangelo “nudo”.
E’ chiaro il significato profondo.
Francesco non ha mai praticato la teologia perché non l’ha mai amata, perché vedeva in quei libroni pieni di dogmi inventati ed elaborati degli uomini anche con le migliori intenzioni, dei limiti al dispiegarsi del messaggio evangelico e non un aiuto alla sua migliore comprensione.
Francesco non ha mai amato il potere e le strutture del potere.
Di più, non ha mai amato le strutture delle istituzioni, più o meno pesanti.
E’ ben noto che la Regola gli era stata imposta, che aveva dovuto accettarla, ma che non era per niente farina del suo sacco.
Dette queste tre cose si capisce perché il richiamo a Francesco fa esultare molti, compreso chi scrive, ma getta nella costernazione tanti altri.
Il riferimento a Francesco è un atto di discontinuità poderoso.
Un papa che si richiama a Francesco è il papa  dei preti da strada, dei don Ciotti, dei Don Colmegna dei Don Rigoldi, dei Don Gallo, dei Padri Zanotelli.
Sinceramente ero convinto che quel collegio cardinalizio scelto per essere di un uniforme grigio conservatore al fine primario di conservare sé stesso non avrebbe fatto altro che eleggere uno dei loro.
Non è stato così ed anzi ne è venuta fuori otto anni dopo la vittoria postuma del compianto Cardinal Martini. Otto anni persi fra scandali passi falsi e nessuna decisione su temi importanti.
Ma meglio tardi che mai.
La crisi della chiesa deve essere ben profonda se quel consesso ha deciso, rinnegando sé stesso, che fosse inevitabile cambiare completamente rotta.
Ora le aspettative sono enormi perché da ieri sera ha ricominciato a spirare il benefico venticello del Vaticano II, sopito, tradito e contraddetto per decenni.
E’ un grande momento.
Papa Bergoglio sarà consapevole dell’enormità del compito che ha accettato?
La storia della chiesa ricorda un altro momento nel quale era stata messa alle corde proprio da scandali, affarismo e malaffare.
Eravamo nel 1554 e la riforma di Lutero era stata la reazione giusta a tutta quella incoerenza.
La risposta della chiesa è stata allora non la necessaria riforma cattolica, ma una contro- riforma tutta dogmi regole divieti e scomuniche.
All’ordine del giorno di quel concilio c’era anche la riforma della curia. Ma il concilio fu rinviato più volte a causa di guerre sopravvenute, ed alla fine fu concluso legiferando su tutto ma non sulla riforma della curia.
Sono passati cinquecento anni e papa Bergoglio si troverà fra le mani quegli stessi fascicoli e quegli stessi problemi, con una curia più potente e strutturata di allora, che gli si metterà per traverso fin dal primo istante.
Sarà giudicato su questo in particolare, perché se nella vita civile italiana la gente è furente verso una classe politica inetta e corrotta, la stessa cosa si verifica fra i fedeli rimasti e le alte gerarchie cattoliche, alle quali si imputa lo stato penoso nel quale hanno ridotto questa chiesa.
Non sarà tutto rose e fiori il cammino di papa Francesco I.
Il cattolicesimo latino americano ha sensibilità molto diverse dalle nostre, ad esempio fa un gran ricorso a santi, madonne e miracoli in modo urtante per la nostra mutata sensibilità.
Lo stesso nuovo papa non ha mai chiarito alcuni momenti oscuri della sua vita durante la dittatura militare in Argentina al tempo dei desparecidos.
Probabilmente non ha collaborato, ma di certo ha taciuto e i media saranno impietosi nell’andare a scavare.
Ma staremo a vedere, non roviniamoci la festa.
E non dimentichiamoci di andare ad accendere una gran candelona a ringraziamento per il pericolo scampato.
Scola rimane a Milano  Scherer rimane in Brasile e in Vaticano c’è Francesco I.
Ancora faccio fatica a crederci.

lunedì 11 marzo 2013

Prorogatio. Ecco la parola magica. Tranquilli dunque, un governo c’è sempre



Chi ha dimestichezza con la pubblica amministrazione a qualsiasi livello sa che esiste questo toccasana, quasi come quegli elisir che da tempo immemorabile si vendevano alle fiere dei paesi, capaci di curare  pressoché tutti i mali.
Non è scritto da nessuna parete, ma questa è proprio la sua forza, essendo un principio generale del diritto pubblico per il quale nessun organo istituzionale investito di potere rappresentativo può soffrire di soluzioni di continuità, e quindi rimane in carica per il disbrigo della normale amministrazione fino all’insediamento dell’organismo eletto o nominato successivamente.
In ottemperanza a questo principio non scritto, per esempio, il Presidente per prassi non firma il decreto di accettazione delle dimissioni del governo precedente,  prima che giuri quello nuovo in attesa di acquisire la fiducia.
Il nostro sistema costituzionale è notoriamente sbilanciato in senso parlamentare, cioè è il parlamento a detenere la maggior fetta di potere
Berlusconi, pur avendo una sua visione superficiale e sbrigativa degli assetti costituzionali ha ben sperimentato nel corso degli anni questo fatto e se ne è sempre lamentato, dicendo che il presidente del consiglio non conta nulla, esagerando ma non troppo.
Lui era forse sinceramente convinto che i governo del paese corrispondesse al consiglio di amministrazione di una Spa come la sua.
Nella situazione odierna di stallo istituzionale grave a causa di un esito elettorale, che non ha prodotto alcuna maggioranza politica  reale, lo strapotere che la costituzione affida al parlamento può essere di grande utilità.
I partiti tradizionali e i media della carta stampata e delle tv che li rispecchiano fanno finta di non averlo capito, perché la vedono come il fumo negli occhi, ma questa della prorogatio è la soluzione più praticabile.
Guarda caso Grillo, imboccato dal suo consigliere giuridico per queste faccende che è il Prof Paolo Becchi dell’Università ovviamente di Genova, fino da appena dopo le elezioni aveva chiaramente detto che non avrebbe votato la fiducia ad alcun governo e indicato la proroga del governo in carica come la soluzione di suo maggiore gradimento.
Non richiede passaggi di voto di fiducia (anche se alcuni costituzionalisti lo vorrebbero, ma a torto) e per lui sarebbe l’ideale nel senso che dal parlamento potrebbe essere la forza politica che gestisce l’iniziativa politica che conta, cercando di fare approvare alcune delle leggi nel programma del 5Stelle , continuando a sbeffeggiare i partiti tradizionali e lo stesso Monti, che però essendo ridotto al solo così detto disbrigo degli affari correnti, non avrebbe modo di farsi criticare più di tanto.
Ovvio che la posizione del PD non sarebbe certo ideale essendo nella posizione del partito di maggioranza che si trova il calendario politico dettato da un’altra forza politica (il 5Stelle) che non vuol nemmeno sentire parlare di alleanza o di concertazione di un percorso comune.
Oddio, siamo vaccinati e ne abbiamo viste di tutti i colori per cui l’esperienza parlamentare insegna che se le cose andassero così, dopo tre mesi, in qualche scantinato le concertazioni prima occulte e poi palesi fra PD e 5Stelle ci sarebbero eccome, perché così si lavora in parlamento.
In aula, ma soprattutto nelle commissioni i 5Stelle solo per il fatto di esserci e di dover imparare e muoversi, saranno costretti a costatare che il diavolo non è poi così cattivo, cioè che i loro vicini saranno dei colleghi coi quali si dialoga dalla mattina alla sera e quindi si concerta cioè si programmano interventi comuni.
E Grillo sarà lontano e non potrà imporre un regime di controllo stalinista a 160 giovani rampanti.
Come in qualsiasi regime parlamentare dopo poco tempo saranno loro a comandare e i problemi col loro “portavoce” con annesso guru saranno un bel rebus.
Ma Grillo non è uno sciocco e queste cose sa che deve metterle in conto.
Certo che usare della prorogatio non è proprio il massimo.
Questa è più un escamotage che una soluzione politica, pur essendo praticabile e perfettamente legittima in una situazione assolutamente singolare come la presente.
Mai il sistema è stato incartato in un modo così totale.
Con i guai giudiziari di Berlusconi, che vengono a sentenza uno dietro l’altro, con sentenze di condanna alle porte corredate dalla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici o peggio con richieste di arresto e questa volta senza che in parlamento ci sia una verosimile maggioranza disposta a coprirlo, il PdL è fuori gioco completamente ed è destinato allo sbando anche a causa della penosa qualità del suo personale politico, che ha già dimostrato una volta di non sapere sopravvivere se non c’è il capo al comando.
Comunque una volta realizzato che il problema ora è di sbarazzarsi di quel personaggio arrivato al capolinea, per sopravvivere politicamente, più di qualcuno avrà bisogno di tempo per mettere in piedi qualcosa.
Il PD da parte sua, ammesso che non decida di suicidarsi, ha anche lui  assoluto bisogno di tempo perché ora è chiaro che non gli basta semplicemente rottamare alla Renzi, ma ha bisogno di cambiare radicalmente alla ricerca di capire cosa vuole essere.
I 5 Stelle hanno bisogno di tempo per strutturarsi e quindi più ne avranno , più saranno soddisfatti.
E allora prorogatio.
Ma siccome la nostra politica non cesserà mai di stupirci in peggio, non mi posso esimere dall’ illustrare un escamotage politico, ancora più singolare e fragile politicamente di quello della proroga di un governo in carica, perché il nuovo parlamento non è in grado di produrre una maggioranza.
È il caso incredibile, ma che potrebbe anche verificarsi se qualcosa andasse storto.
Il presidente avvia le consultazioni di rito. Da queste ricava la convinzione, sulla base delle dichiarazioni ricevute, che una maggioranza sia possibile, allora dà un incarico e lascia che si formi un governo, che presterà giuramento.
Per prassi il presidente a questo punto firma il decreto di accettazione delle dimissioni del governo Monti.
Qualcosa va storto perché la situazione è al limite o perché qualcuno alle consultazioni esprime un pare e poi cambia idea ed alle camere il voto di fiducia non arriva.
A questo punto il governo Monti non c’è più e quello nuovo ha giurato ma non ha la fiducia cioè è un governo di minoranza sfiduciato.
Il presidente potrebbe incaricarlo della gestione degli affari correnti.
Situazione bizantina, ma possibile. Si spera che non si arrivi a tanto.

venerdì 8 marzo 2013

E’ presto per trinciare giudizi, ma il tempo è poco, occorre sbrigarsi e non fare stupidaggini





E’ presto per giudicare e la situazione è complessa e intricata.
Sono presenti contemporaneamente elementi di novità radicale, che sconcertano tutti perché non siamo preparati a confrontarcisi e rigidità del sistema politico bicamerale che non consentono lampi di fantasia più di tanto.
Il tutto aggravato dal fatto che il sistema politico tradizionale è tuttora ingessato in partiti il PD e il PDL, che si richiamano formalmente a tradizioni politiche storiche e solide, ma che hanno conservato nella realtà solo una piccola parte di quelle eredità e quindi hanno una identità politica vaga se non evanescente.
Il PD ha  rinnegato la tradizione comunista ,ma non ha mai chiarito cosa c’era da buttare e cosa da conservare.
La sua componente cattolica ha mescolato un po’ della tradizione cattolico –sociale con una parte del moderatismo cattolico, un po’ liberista e un po’ clericale e come era prevedibile ne è venuto fuori un ibrido senza identità quasi un aborto e comunque un progetto politico ormai fallito.
Il PDL non sta certo meglio, perché nella sua storia ventennale è partito come liberale e liberista, ma nell’azione di governo non ha mai realizzato niente di coerente con i suoi presunti riferimenti ideali.
Si è limitato a difendere gli interessi personali del suo leader e padrone e delle corporazioni che ingessano il paese, e quindi tutto il contrario che il libero mercato.
Per di più è sempre stato bloccato dalla complicata situazione delle pendenze giudiziarie del suo tutt’altro che limpido leader, che hanno conidizionato pesantemente la sua azione politica, come da ultimo dimostra la disgustosa vicenda della presunta legge anticorruzione, varata dal governo Monti.
Solo ora si capisce come ennesimo salvacondotto giudiziario di B. con l’allungamento dei termini di prescrizione in modo da togliere parzialmente dai guai lo stesso B. e, guarda caso, quell’altro gentiluomo di Penati, sempre difeso dal PD, anche contro ogni evidenza e convenienza politica.
Questo fatto peserà come un macigno sui tentativi di mettere insieme un governassimo, come pare vorrebbe fare il Presidente , il Pdl e una parte non piccola  del PD, perché una maggioranza di questo tipo non potrebbe prescindere dal presupposto basato sulla concessione di un ennesimo salvacondotto giudiziario, cioè una nuova legge ad personam più o meno mascherata bene che tenga B. fuori da San Vittore.
E’ chiaro che un PD disposto a questo atto si esporrebbe al suicidio politico definitivo.
E dall’altra parte un PDL incapace di rottamare Berlusconi a causa della pochezza del suo personale politico non ha alcun avvenire.
Berlusconi non è più spendibile in alcun modo.
La favola della sua rimonta è un non senso, se si pensa che ha perso oltre i 15% dei voti che aveva prima.
Come è noto quella favola è stata indotta dal tonfo contemporaneo del PD, che ha perso la bellezza dell’8 % rispetto ai voti che aveva prima, e se uno inaspettatamente e improvvisamente crolla, da l’impressione che l’avversario avanzi.
Fuori dai due partiti tradizionali più grossi, il terzo incomodo, Monti ha già fallito la prova anche lui.
Ha avuto l’occasione di guidare un centro destra più caratterizzato del PDL sul piano programmatico e con una guida spendibile, ma ha sbagliato tutte le mosse a causa evidentemente della sua esperienza politica troppo improvvisata.
La gente, indubbiamente sbagliando di grosso, gli ha preferito ancora l’usato sicuro del centro- destra, raffazzonato,  anomalo e impresentabile di B., ma più accattivante rispetto all’uomo delle rigore, cioè delle odiatissime tasse.
Eppure non ci voleva un genio per capire che il discorso lacrime e sangue era stato cedibile sulla bocca di un leader della statura di Churchill e in ben altre circostanze, non certo su quella di un supponente professore di economia, abbastanza pasticcione da mettere in scena un disastro tipo esodati e così poco autorevole da non riuscire nemmeno a liberalizzare taxi e farmacie.
Difficile che l’elettorato gli conceda dei tempi supplementari a meno che il PDL e il suo capo non commettano errori macroscopici o non vengano travolti dagli scandali, cosa non del tutto inverosimile.
E’ovvio che la palla ora ce l’ha Grillo e che tutti gli altri aspettino le sue mosse.
E’ presto, anzi è prestissimo per giudicare, però sinceramente non posso esimermi dal constatare che le prime mosse o meglio i primi sproloqui di Grillo non mi hanno affatto entusiasmato.
Si avverte la sensazione che Grillo non si renda conto di un fatto peraltro ovvio e che cioè le enormi aspettative, che la sua performance elettorale al di la di ogni previsione  ha generato, sono strettamente condizionate a vedere al più presto dei fatti.
Non può assolutamente permettersi di arrivare a nuove elezioni senza aver portato a casa niente.
Ci sono un sacco di esponenti significativi della società civile e della cultura progressista, come Dario Fo, Margherita Hak, don Gallo che escono allo scoperto per esortarlo a cercare di strappare almeno qualcuna delle leggi che ha messo in programma, alleandosi provvisoriamente con il meno peggio.
Sarebbe un disastro se i partiti tradizionali si avvitassero su sé stessi, come del resto  stanno già facendo  e Grillo si mettesse predicare alla luna di necessità di vittorie al 100%; di partito non partito; di statuto non statuto; di Gaia, una uova società tutta basata sulla democrazia diretta da gestire sul web.
Ora io sono un iscritto della prima ora fra i maniaci digitali, ma penso da avere abbastanza senno ed esperienza per giudicare queste cose pure e semplici sciocchezze, se esposte in modo così fondamentalista.
Grillo non è e non sarà mai il Khomeini italiano.
Prima se ne renderà conto e meglio sarà.
Non mi pare che il nostro paese, che ne ha già viste anche troppe, sia disposto a prendere sul serio un sedicente nuovo guru, che sia Grillo stesso o il famoso Casaleggio.
La gente vuole un politico nuovo, cioè non compromesso, non ricattabile e non ladro che sappia fare alcune riforme fondamentali e i 20 punti programmatici di Grillo vanno bene.
La gente però  ha fretta, perché la crisi morde senza fare sconti a nessuno.
I discorsi e gli sproloqui d’ora in poi se li può anche risparmiare, ora è il momento dei fatti e il più presto possibile.
Diversamente non è possibile che la parte più attaccata alla realtà fra gli elettori del 5Stelle e cioè disoccupati, giovani senza lavoro e piccole ditte che rischiano il fallimento non si cerchino qualcun altro più produttivo.
Penso a chi è rimasto fuori da questo giro elettorale, ma che avrebbe un seguito immediato.
Penso ad esempio a Landini della Fiom, l’ultima risorsa credibile della sinistra.
Penso a don Ciotti, perché no, era prete anche Don Sturzo ed ha lasciato il segno.
Quando si è sull’orlo del precipizio tutti devono rendersi disponibili.

domenica 3 marzo 2013

Che gran casino. Opportunità esaltanti e rischi da brivido tutti insieme e tutti possibili





Questo blog, non è un mistero, ha sostenuto la opportunità di votare per la vera e unica novità della politica italiana , cioè per i 5Stelle.
Archiviata una vittoria strabiliante i problemi da risolvere ora sono tutti lì e chi ha votato ora vuole soluzioni ed anche in velocità, perché la situazione economica è quella che è.
Grillo ora si trova a dover affrontare un percorso di guerra tipo quello da addestramento delle teste di cuoio dei Marins.
I suoi punti deboli purtroppo ci sono e sono grossi.
Primo e gigantesco : la “governace” del Movimento, che è talmente leggero, da non avere nemmeno uno statuto minimo, almeno tipo Canottieri Olona o pescatori Voghera.
Oddio, tutto è relativo ad esempio il PDL ha un regolare statuto formale precisino e patinato, che però di fatto è carta straccia perché tanto tutti sanno che c’è un suolo uomo al comando, che fa quello che gli pare, gli altri dicono di si.
Purtroppo al momento anche nel Movimento c’è un uomo solo al comando e questa situazione va affrontata e risolta al più presto.
Oggi si vedranno per la prima volta i 108 deputati e 54 senatori eletti nel Movimento.
Sono una enormità, veramente scioccante nella loro novità e diversità assoluta.
Sono i rappresentanti eletti dal popolo.
La loro stessa esistenza cambia tutto anche all’interno del Movimento.
Grillo automaticamente non è più quello di prima, per la considerazione elementare che se fra di loro maturasse un’opinione diversa da quella di Grillo e Casalegno quest’ultima  nei fatti sarebbe cassata.
Il potere dell’uomo solo al comando da oggi è drasticamente ridimensionato.
E’ una situazione radicalmente diversa da quella del Pdl perché nel Pdl i parlamentari eletti sono vecchi o giovani clinetes del capo ed in molti casi sono addirittura   dipendenti diretti o indiretti della galassia Mediaset e quindi qui l’uomo solo al comando rimane sempre solo, circondato da grigi signor sì, che applaudono appena il capo apre bocca, quello che dice non interessa nemmeno a loro.
E’ sperabile che al di là della simpatia umana e della riconoscenza politica per quello di enorme che ha fatto politicamente Grillo, non facciano i timidi e si pongano subito il fondamentale  problema della catena di comando.
La voglio dire tutta, le poche cose che Grillo e Casaleggio hanno detto sul partito- non partito, Grillo da intendersi non come leader, ma solo come porta voce del Movimento, tutto da gestire in democrazia diretta, hanno una valenza innovativa esaltante perché il web ha realmente una capacità di aggregazione e di partecipazione politica nuovissima e reale, ma porta con sé anche il rischio di essere una cortina fumogena, che nasconde la centralizzazione assoluta del potere.
E’ antipatico dirlo, ma quando sento  parlare come si è detto sopra,  mi viene subito in mente la teoria politica della Jamahilia che qualche brillante politologo aveva confezionato per Geddafi.
Come costruzione teorica era innovativa e fantastica, in pratica è finita in una farsa.
Attenzione quindi, il problema c’è e deve essere affrontato in modo trasparente . diretto e con urgenza.
Grillo non è necessario che si metta il doppio petto o il loden, ma non può esimersi dall’assumere una veste istituzionale, della quale è stato investito dal voto.
Tutti si aspettano che lo faccia, ma la sta tirando in lunga.
Vinte le elezioni il look da “comico” va messo in naftalina al più presto, questo bisogna capirlo subito se no alle prime elezioni sarebbero guai.
Questo vuol dire che i  punti programmatici ora vanno attuati ma con la testa.
Chi vede le cose tutte bianche o tutte nere non è mai un buon politico.
Ad esempio il finanziamento pubblico della politica va radicalmente ridimensionato per ragioni di buon senso ed a causa della degenerazione del sistema finita in scandali squalificanti per tutto un popolo italiano, però stiamo attenti a non lasciare la politica ai soli ricchi, che possono permettersela.
Una quota di finanziamento come stipendi ragionevoli e come rimborso di spese sostenute per l’esercizio della funzione ha una giustificazione obiettiva.
Grillo purtroppo, sarà anche stanco per i tour massacrante che ha fatto, ma sta commettendo degli errori clamorosi di immagine presentandosi nelle sue varie villone.
Non è necessario che vada a vivere in un monolocale, ma l’esibizione di ricchezza richiama a tutti un altro personaggio ed è sgradevole per l’elettorato 5Stelle.
E poi sbeffeggiare e snobbare la stampa ad elezioni finite è un altro errore di comunicazione clamoroso che non si può più permettere.
Presentarsi mascherato è un errore di comunicazione addirittura da dilettante perché tocca un universo simbolico che ha una grande potenza, manda un messaggio di confusione.
Ma che sta combinando?
Ma impari da Berlusconi, personaggio orribile, ma maestro di comunicazione.
Con il giochetto della restituzione dell’Imu e con le battute sulla “culona ecc.” ha mandato due messaggi elementari ma chiari e forti : la casa non si tocca, meno tasse, sull’Euro e l’Europa tutto va messo  in discussione.
Purtroppo Berlusconi, anche se dice e smentisce la stessa cosa più volte nello stesso giorno, su quelle due o tre cose casa, tasse ed euroscetticismo si è reso credibile.
Guai se Grillo si mettesse ora,  a risultato acquisito, a mandare messaggi contradditori,  confusi o incerti, peggio ancora lasciando trapelare alcune delle sue caratteristiche che lo avvicinano a Berlusconi (ricchezza, l’uomo solo al comando, idee vaghe, recitazione invece che politica).
Il sistema costituzionale e di legge elettorale non lascia grandi spazi alla fantasia, ma occorre  ora studiarle tutte per non vanificare il voto.
Non mi sembra possibile che Grillo possa giocare al tanto peggio, tanto meglio e puntare alle nuove elezioni come priorità assoluta, trascurando il fatto che la gente ha oggi delle aspettative immediate.
Il Movimento 5Stelle deve assolutamente portare a casa l’approvazione di almeno qualcuna delle sue proposte programmatiche anche perché la gente capisce benissimo che Grillo è in posizione di forza e che gli altri sono costretti a cedere.
Quando sei smarcato davanti alla porta devi segnare il tuo goal, perché una  seconda occasione potrebbe non presentarsi più.
Sia in Grecia che in Spagna la gente, messa alle strette dall’aggravamento della crisi, non ha avuto il coraggio di scegliere strade nuove ed ha rivotato per quei medesimi conservatori che erano gli artefici del loro disastroso passato e presente.
Cioè in quei paesi ha prevalso la stanchezza e la rassegnazione.
Attenzione che la ripetizione di nuove elezioni senza alcuna realizzazione non crei lo stesso effetto anche da noi.
Il fatto che il Caimano invochi elezioni subito, come  Grillo,  è un pessimo segnale.
Si è mangiato Bersani a colazione e Monti a pranzo, attenti che non si mangi Grillo a cena.
E’ pericolosissimo sottovalutarlo.

venerdì 1 marzo 2013

C’è qualcosa di bacato nella filosofia politica di noi italiani





Ho sempre sostento che quando c’è qualcosa di spiacevole che ci colpisce non serve a nulla guardare dall’altra parte. Al contrario la miglior difesa è sempre l’attacco.
Il qualcosa di spiacevole è presto detto.
Il 27 febbraio scorso il leader del partito socialdemocratico tedesco, verosimile nuovo cancelliere a novembre è sbottato dicendo sprezzantemente che gli italiani avevano scelto alle elezioni di farsi governare da due clown (Berlusconi, già detentore del titolo sulla stampa straniera da anni e Grillo, new entry).
Quasi in contemporanea il più importante settimanale economico finanziario del mondo l’Economist di orientamento liberista e quindi dell’opinione opposta a quella del leader socialdemocratico tedesco riportava quello stesso bel pensierino come titolo, apertamente derisorio e veramente molto poco british, per eccesso di mala educazione.
Nel post precedente si era citato il NY Times che commentava anche lui l’esito delle elezioni italiane con un editoriale molto più accademico e sottile, scritto da due giovani politologi e ispirato proprio alla analisi della filosofia politica che è sottesa alla scelte  elettorali.
Più profondo quell’editoriale ma non meno inquietante perché concludeva che gli italiani in maggioranza finiscono per votare di pancia e così facendo votano per quello che percepiscono come l’uomo forte del momento.
Ci risiamo, siamo ancora a quello che Umberto Eco, in un celebre saggio di anni fa, aveva definito il “fascismo eterno”, cioè una filosofia politica di fondo che perdura e che è sopravvissuta alla caduta del fascismo, perché al di là degli abiti che può indossare il fascismo in un dato periodo storico, non scompare perché è una categoria dello spirito.
Nello stesso filone di indagine o di lettura si inserisce l’altra clamorosa novità di questi giorni, le storiche dimissioni del papa, di un papa debole e mediocre, che ha fatto perdere alla sua chiesa otto anni, senza risolvere un solo problema.
Fiumi di inchiostro , sdolcinate commozioni ritenute doverose per l’occasione , ma sotto sotto un malcelato disprezzo per un  debole che aveva accettato incautamente di sedere su un trono riservato ai forti, anzi ai forti eroici, come sono definiti i santi.
Si è detto e ripetuto più volte su questo blog che le neuroscienze hanno ormai spiegato nei minimi particolari ,che per il solo fatto di essere umani tutti condividiamo le medesime pulsioni inconsce, che portano alle zone decisorie del cervello soluzioni immediate per consentirci di rispondere istantaneamente a pericoli o problemi esterni, con pulsioni non controllabili  appunti perché inconsce.
Per consentire l’immediatezza della risposta il cervello preleva in archivio la soluzione adottata in un caso precedente nostro o acquisita culturalmente da casi analoghi.
Cioè abbiamo dentro di noi tutti quanti un meccanismo praticamente fisiologico che sta alla base del  conservatorismo, del conformismo e del perseverare nei pregiudizi.
Questo è il meccanismo che il subconscio ci offre come soluzione di prima battuta.
Poi subentra il ragionamento, l’educazione eccetera ma solo se lo vogliamo noi ed in seconda battuta.
E’ importante  questa recente acquisizione scientifica perché ci  ha chiarito che essere conservatori non è un peccato, è la nostra natura , che nel meccanismo dell’evoluzione ha garantito la sopravvivenza della specie anche con questo singolare meccanismo, siamo tutti conservatori per natura, in prima battuta.
Il medesimo meccanismo inconscio come in tutte le specie animali  ci porta a rispettare il maschio dominante e da qui deriva la pulsione dell’affidarsi all’uomo forte in prima battuta.
Poi si può andare oltre.
Una considerazione inevitabile alla quale non  possiamo sottrarci è che di questa fase piuttosto infantile di affidamento all’uomo forte  non ancora superata soffriamo oggi in particolare noi italiani, anche se sentircelo dire in faccia ed in malo modo da parecchio fastidio.
Andiamo in Germania. La cancelliera Angela Merkel è tutto l’incontrario di  una Margareth Tatcher, cioè è stata scelta e riscelta per le sue caratteristiche di grigiore, di donna capace, ma moderata in tutto.
Portiamoci in Francia, il presidente Hollande è notoriamente denominato nella sua patria con un termine che si traduce in italiano con “budino” per indicare una personalità molliccia.
Rajoy in Spagna è un moderato uomo grigio.
Nel Regno Unito Cameron è l’icona del grigiore ed è ora molto criticato proprio per questo.
Fatto questo giro d’orizzonte forse ci riesce più comprensibile capire perché i vicini ci considerano un po’ picchiatelli quanto votiamo personaggi alla Berlusconi o Grillo.
Fatto sta che  siamo rimasti solo noi, che quando andiamo a votare ricorriamo ancora ai riferimenti del gallo e del pollaio, gli altri si dimostrano un po’ più sofisticati, anche se nel loro passato avevano sofferto dello stessa nostra  malattia infantile.
Come mai.
Hanno due o tre cose importanti  in più rispetto a noi.
Informazione di migliore qualità , un processo educativo più rigoroso e pensiero critico più diffuso.
Noi siamo l’unico paese occidentale sviluppato a soffrire di una libertà di stampa limitata a causa di una concentrazione di media televisivi nelle mani di un uomo solo al comando e di editori di carta stampata che non sono non editori di mestiere.
Abbiamo un sistema di media da indottrinamento, non da informazione, questo è un limite micidiale.
Se i cittadini non sono in grado di raccogliere informazioni obiettive e pluraliste, votano di pancia, non c’è da meravigliarsi.
Abbiamo un sistema educativo buonista e straccione e questo è un altro limite micidiale.
C’è in giro e  soprattutto nella classe dirigente troppa gente ignorante come le galline.
Il risultato è un deficit di pensiero critico, che è poi la stessa cosa del votare per il gallo del paese.
Rifacciamoci il palato.
Ripensiamo ogni tanto all’invenzione della democrazia in quelle agorà della Grecia di Pericle 450 anni prima di Cristo.
Ogni cittadino poteva andare ad ascoltare fior di filosofi, ma anche gente qualunque  ad esporre i propri punti di vista.
Non facciamo però errori di valutazione clamorosi, non erano talk shaw televisivi.
Non era teatro, era tutta testa, vinceva il ragionamento più solido, chi andava a far teatro veniva cacciato a calci nel sedere.
Ed eravamo 2.500 anni fa.
Possiamo farcela.