venerdì 27 maggio 2011

Il Berlusconismo è allo sfascio, cerchiamo di non farci travolgere

Sta ormai succedendo quello che molti temevano e altrettanti auspicavano.
Chi segue questo blog sa che sono stato da tempo molto cauto sul Berlusconismo.
Ho fatto di tutto per cercare di capirne le ragioni e il perché di un seguito anche fra persone serie che mi riusciva del tutto incomprensibile.
Ho tenuto conto della capacità del personaggio Berlusconi di risorgere infinite volte anche se più per demerito degli avversari che per merito suo.
Ora però occorre arrendersi all’evidenza.
Il Divo Silvio sta naufragando come politico e, purtroppo per lui, anche come persona.
I poteri forti l’hanno apertamente mollato.
Durante la sessione della Conferenza Episcopale ancora in corso il commento a questa politica più riportato era la parola “disgusto”.
Non sappiamo come andrà a finire il dopo Berlusconi, ma basta con questo degrado quotidiano, questo è attualmente il pensiero della grande maggioranza dei Vescovi.
Sappiamo bene che non era così nemmeno poco tempo fa e sappiamo anche che le conseguenze di questo nuovo atteggiamento ci saranno non solo sul piano politico ma anche in casa cattolica.
Per farla breve ad esempio i gerarchi ciellini dovranno stare attenti d’ora in avanti a chiarire bene che quello che dicono è l’opinione di una corrente del Pdl, e quindi si dovranno guardare bene dal lasciar credere di parlare a nome della chiesa , come hanno fatto finora, diversamente saranno smentiti.
Il tempo dei “cattoliconi” non autorizzati sta finendo ed era ora.
L’assemblea generale della Confindustria che solo due anni fa si spellava le mani per applaudire il divo Silvio,ora non solo lo ha scaricato ma non gli ha neppure risparmiato l’invettiva e il rancore.
Venivi dalle nostre file ma non sei stato capace di fare nulla per noi e noi” i ricchi” ora piangiamo come i nostri operai, perché le cose non ci stanno andando affatto bene e il futuro non lo vediamo per niente chiaro.
Questi i poteri forti che in Italia sono più forti che altrove.
Ma a casa sua le cose non vanno meglio.
Nel suo partito i ministri più in vista hanno cominciato a fare prove d’orchestra senza il solito direttore e hanno visto che ci possono riuscire.
Frattini è addirittura riuscito a costringerlo ad accodarsi all’intervento militare in Libia che mai e poi mai Berlusconi avrebbe fatto di sua iniziativa.
La Gelmini non ha bisogno di Berlusconi, anzi.
L’età, i pregiudizi culturali e la ben nota incapacità a governare decentemente le proprie pulsioni hanno giocato un brutto tiro a Berlusconi che nella convinzione che la donna bella per definizione deve essere anche scema e prona ai voleri del maschio dominante ha messo in posizioni di potere anche alcune belle figliole che per sua sfortuna hanno dimostrato di non essere affatto sceme e di essere dotate di un carattere di ferro che potrebbe anche consentire loro di essere le prime a mettersi in proprio, scaricando un capo che non comanda più niente.
Saranno loro Bruto in questa commedia?
Che sorrisetto si farebbe Dante nel vedere confermata la sua pena del contrappasso e Dante di politica se ne intendeva eccome per averne viste ai suoi tempi ben di peggio del Berlusconismo al tramonto.
Ma andiamo ancora più all’interno del Berlusconismo e passiamo dal partito ai giornali di famiglia per verificare a quale punto è giunto lo sfascio.
Da tempo quel personaggio particolare che è Vittorio Feltri dopo avere suonato per anni la grancassa della propaganda berlusconiana con il piglio l’abilità e la spregiudicatezza che non gli mancano certo, una volta passato alla direzione editoriale di Libero ha iniziato un percorso nuovo, che su questo Blog ho più volte evidenziato.
In poche parole ha cominciato chiaramente a prendere le distanze concedendosi la inusitata libertà di linguaggio che comprendeva anche la qualifica di “vecchio porco” riferita a sappiamo chi e via di seguito.
Apertamente simpatetico verso la Lega e quasi ossequioso nei confronti di Tremonti.
Potrebbe bastare ma non basta.
La cannonata è arrivata due giorni fa dall’intervista che l’attuale direttore del Giornale Sallusti ha rilasciato a Vanity Fair.
Sallusti è ritento direttore uscente in quanto pare sia stato individuato come capro espiatorio per la disfatta di Milano e questo consente di capire in parte la ragione del suo sfogo, nel quale però ne dice delle belle.
Moratti perdente in partenza, insofferenza nei riguardi della Lega, insofferenza nei riguardi dei cattolici ambrosiani e via di seguito.
Il succo sembra essere questo : vi abbiamo raccontato un sacco di storie, ma perdonateci, quest’uomo è un genio che ammalia tanto che a volte mi chiedo se non sia pazzo.
Il lettore giudichi lui.
Ma lasciatemi concludere con una impressione personale.
Il fatto che mi ha fatto di colpo capire che l’idolo è andato in pezzi è stato il filmato del colloquio estorto a Obama ieri.
Si era detto che in ogni caso Berlusconi era un uomo di grande valore con un curriculum scolastico di tutto rispetto, imprenditore di grande successo, uomo di notevole spessore.
Ora a vedere nel 2011 il premier della quinta potenza mondiale, il grande imprenditore che con un ghigno terreo gira dietro al Presidente americano, va a chiedere a un fotografo italiano di seguirlo, ritorna dietro ad Obama seduto, pacca sulla spalla, “How are you?” vedere l’educatissimo Obama che si alza per rispetto e poi il nostro premier che non riesce a spiaccicare nemmeno quattro semplici parole in inglese scolastico per dire la semplicissima frase : “ho recuperto la maggiorana, ma devo fare la riforma della giustizia perché in Italia c’è la dittatura dei PM” e deve ricorrere all’interprete.
Non mi interessa ora il giudizio sul merito che si giudica da solo, Mi interessa e molto il fatto della lingua.
Mi è caduta tutta una costruzione intellettuale alla quale avevo dato fede.
Allora costui non ha mai saputo l’inglese se non per le quattro cose che imparava a memoria e ripeteva a macchinetta.
Ma uno che non sa l’inglese oggi non è più buono nemmeno per fare il portiere immaginiamoci il premier di un grande paese o l’imprenditore.
Ma allora se la conoscenza dell’inglese non c’era mai stata il Berlusconismo era tutto una balla, come ci hanno contato quella chissà quante altre ce ne hanno contate.
Questa è stata la mia impressione personale.

venerdì 20 maggio 2011

Silvio se ci sei batti un colpo, ma non propinarci la solita minestra riscaldata



Se fossi sciocco e imprudente scriverei di getto che questa volta Silvio non ce la può fare, ma mi trattengo.
Quest’uomo è risorto più volte di Lazzaro e in teoria ce la potrebbe fare ancora.
Ora però ci sono due fatti nuovi, tutti e due sintomi di processi solo al loro inizio, è vero, ma ambedue di rilevanza notevole.
Prima di tutto ora risulta evidente da mille segnali che per la prima volta da quasi vent’anni il “mondo cattolico” comprese quelle sue componenti, che finora si erano schierate compattamente dietro al Berlusconismo sentono ormai manifesta ripugnanza addirittura per la persona del premier e per un leader populista questo è il peggio del peggio.
In più cominciano a segnalare il loro disgusto col voto, scoprendo per la prima volta che anche nello schieramento opposto militano dei cattolici con i quali è possibile dialogare politicamente, cominciando dal piano personale e che con loro trovare un terreno comune è assolutamente naturale.
In queste elezioni amministrative la cosa si è verificata un po’ dovunque.
Viene perfino da ridere a scrivere delle cose così pedestri, ma è successo per esempio che i prodi ciellini soprattutto di base, ma non solo, si siano accorti, dopo avere mangiato cento chili di polenta di centro destra, che nel volontariato e nelle parrocchie dove c’è da rimboccarsi le maniche per intervenire nel sociale non si incontrano mai né le gran dame dell’alta borghesia alla Moratti ,né gli industrialotti corteggiati dalla loro Compagnia delle Opere,né i molti manager e sotto manager para pubblici , targati Formigoni, ma guarda un po’, l’ìmpegno sociale sembra estremamente diffuso in particolar modo fra chi poi politicamente si sente naturalmente portato più verso il centro sinistra, che verso il centro- destra.
Meglio tardi che mai.
Formigoni, hanno scritto i giornali, che quando si è accorto delle decine di migliaia di voti ciellini che sono mancati all’appello dalle urne di Milano e non solo,abbia proferito esclamazioni del tutto sconvenienti per un confratello dei Memores Domini e più abituali invece sulla bocca dei “Lumbard”.
Chiunque conosca anche solo un po’ il mondo cattolico sa che tutto era cominciato col “caso Boffo” e che questo a sua volta non era che la punta di un iceberg che si stava muovendo lentamente ma inesorabilmente nelle profondità di quel mondo che non riusciva a capire perché i loro preti non si ribellassero con indignazione alla vulgata politica corrente che voleva confinare nei diritti del “privato” le ormai non più occultabili volgarità del così detto stile di vita del premier.
I medesimi poveri preti sono stati costretti ai più spericolati contorsionismi, a causa della sconcertante non reazione delle gerarchie , senza però che il loro irritato disagio potesse sfuggire ai laici a loro vicini.
E poi si è andati avanti di male in peggio con la ninfetta di Napoli fino alla ninfettopoli targata Ruby ecc.
Va bene tenere conto dei vantaggi che potevano arrivare a madre chiesa da un governo sempre pronto con l’ assegno in mano purché si stesse buoni e si facesse aria di nulla.
Però cominciavano a circolare anche altre riflessioni.
Va bene (ovviamente solo per le componenti cattoliche per le quali va bene, non per quelle che la vedono molto diversamente) essersi trovati compagni di strada nella difesa dei temi bioetici i così detti atei devoti, i Ferrara e compagnia,anche se costoro col mondo cattolico e la sua storia non hanno nulla, ma proprio nulla da spartire.
A un certo momento però le improbabili credenziali cattoliche di costoro e la palese pochezza di gran parte del personale politico del centro destra ,che si qualifica cattolico o cattolicissimo, venivano sempre più in evidenza.
La storia del movimento cattolico, anche nelle sue componenti tradizionaliste, è stata fatta da personaggi di ben altro calibro e questo provocava e provoca crescente disagio.
Ora il disagio cattolico è sfociato anche nelle urne, ha come abbiamo visto un fondamento obiettivamente più che giustificato ed è lecito pensare che sia solo l’inizio di un processo che probabilmente spazzerà via non solo Berlusconi, ma anche i cattolici in politica che Berlusconi hanno sostenuto senza fiatare ben oltre la decenza a cominciare dallo stesso Formigoni.
Inutile ora andare a vedere se è nato prima l’uovo o la gallina, cioè se , come ho scritto nel post di due giorni fa si è mossa prima la gerarchia, che ora e finalmente non punta più sul cavallo Berlusconi o se è la base che dai primi mormorii è passata ad agitare le acque fino a fare ondeggiare pericolosamente la barca di Pietro, che si è giustamente spaventato ed ha reagito di conseguenza.
Secondo punto non meno rilevante.
Cominciano a circolare analisi demoscopiche che evidenziano un fatto del tutto inaspettato : nel mondo delle libere professioni e delle partite Iva la minestra riscaldata di Berlusconi basata sulle riforme e le liberalizzazioni annunciate da vent’ anni e mai arrivate hanno ormai rotto e si è già formata una maggioranza consistente che è determinata a non rivoltare Berlusconi, non dandogli più credito.
Questi due fatti nuovi cioè il voltafaccia di parti consistenti del mondo cattolici e delle professioni liberali nei confronti di Berlusconi bastano e avanzano.
Poi però si deve aggiungere la sempre più evidente crisi della Lega, che potrebbe essere non un fatto congiunturale ma sistemico a causa di una base che comincia a non credere più alle promesse del capo.
Poi è successo che “il grande comunicatore” ha sbagliato clamorosamente comunicazione, forse per la prima volta, ma con conseguenze che potrebbero diventare catastrofiche per lui.
L’attacco frontale e sguaiato alla magistratura e a tutti i poteri dello stato diversi dal premier hanno messo sul chi vive gran parte dei moderati.
Ma l’errore capitale, imperdonabile per il premier, è proprio l’errore di comunicazione.
Dipingere il mite e pacato alto borghese Pisapia come un quasi terrorista estremista poteva andare bene a Palermo, dove non sanno di cosa si stia parlando, ma a Milano, dove tutti o quasi lo conoscono, è stata una “autentica e beata minchiata” come Camilleri farebbe dire al Commissario Montalbano.

giovedì 19 maggio 2011

Si può essere ricchi anche senza ostentare la sguaiata volgarità di certi personaggi.

Stephen Sakur ieri sera ha intervitato per la BBC Bill Gates.
Grande giornalismo e un personaggio per il quale è difficile trovare aggettivi adatti.
Poche persone hanno cambiato il mondo in modo radicale come Bill Gates, l’autore del sistema operativo col quale gira quasi la totalità dei computers del pianeta.
Comprensibile quindi il nervosismo del pur tostissimo giornalista, che quasi quotidianamente mette sulla graticola politici e personaggi di primo piano di tutto il mondo.
Sarà che di fronte a certi uomini mito si viene in qualche modo presi da particolari suggestioni, ma il singolare sorriso ironico di Bill Gates ,che richiamava fortemente quello della Gioconda, mi dava l’impressione di assistere a quella che avrebbe potuto essere l’ intervista appunto a Leonardo, se fosse stato un nostro contemporaneo.
La suggestione veniva favorita oltre che dal fatto ovvio che il personaggio è uno dei più grandi geni dei nostri tempi, da certe sue particolari caratteristiche.
L’uomo è schivo, ha dato pochissime interviste.
Il fatto che sia ritenuto praticamente la persona più ricca del mondo non suscita la minima meraviglia né invidia perché è considerato assolutamente ovvio, stante quello che ha fatto.
Altra suggestione sul tema, come è noto Bill Gates si è potuto permettere di comprare quel capolavoro simbolo che sono i Codici Atlantici di Leonardo, come se il fatto di esserne divenuto proprietario avesse potuto consentirgli di scambiare sinapsi neuroniche col più grande genio dell’umanità.
Come è noto da tempo Gates ha lasciato la conduzione operativa della sua creatura la Microsoft per dedicarsi a tempo pieno alla sua fondazione benefica che spende in un anno il corrispondente dell’intero capitale di Silvio Berlusconi (sottolineo, capitale, “assets” non reddito).
Limitandosi a una ovvia considerazione che viene ragionando sul puro ammontare delle ricchezze viene inevitabilmente da rilevare come sia incolmabile la differenza fra la sguaiata volgarità di certi personaggi e la tranquilla grandezza delle persone veramente grandi, che sono tali non perché sono seduti su un mucchio o un mucchietto di soldi, ma perché, come diceva un saggio, gli uomini si misurano dalla testa in su.

mercoledì 18 maggio 2011

Chi ha cantato per primo il "de profundis" per Berlusconi come leader

Mi piace commentare la clamorosa caduta di Berlusconi nelle elezioni amministrative dell'altro ieri, che lui stesso aveva trasformate incautamente e con la solita arroganza nell’ennesimo referendum pro o contro lui stesso con un taglio parecchio inusuale.
La penosa “fregola” che da quasi vent’anni ha costretto gli italiani ad essere prigionieri di una dichiarazione di fede pro o contro questo anomalo personaggio, che ho scritto e ripetuto, è tutto meno che un grande leader carismatico e che, a bocce ferme, risulterà un ben modesto uomo di governo, è ora che si faccia tutti qualcosa per farla finire, prima sarà e meglio sarà per la dignità di questo paese e nostra personale come cittadini.
Mi sbaglierò,ma mi sembra documentabile che il “de profundis” al Berlusconismo lo abbia cantato con la consueta veste delle prese di posizioni curiali ,ma con cristallina chiarezza il Pontefice in persona nei discorsi che ha fatto a Venezia meno di dieci giorni fa e che la stampa ha praticamente snobbato.
A un cattolico poco o niente ortodosso e comunque tutt’altro che tradizionalista, come chi scrive, costa dover lodare colui che viene descritto come la personificazione del tradizionalismo, ma tant’è questa è l’evidenza delle cose e l’evidenza bisogna riconoscerla.
Ratzinger a Venezia, davanti a una folla inconsueta e inaspettata ha parlato su argomenti di dottrina sociale cristiana, riecheggiando le posizioni del migliore e più coraggioso Papa Montini, che per intenderci e semplificando le cose fino a rischiare la banalità, fu “il più a sinistra” dei papi in questa materia :
- no alla paura degli immigrati e invece apertura verso la loro accoglienza;
- rispetto verso di loro, basato sulla mutua conoscenza e fondato sul porre con loro relazioni di amicizia;
- lavorare per costruire un futuro migliore, con la fiducia di essere in grado di farlo, purché lo si voglia e ci si impegni su questa strada;
- essere aperti verso la modernità, che vuol dire non chiudersi di fronte al diverso, ma dialogare con lui,unico modo per conoscerlo, superando i propri pregiudizi, facendosi guidare dall’impulso a comprendere le ragioni del cuore dell’uomo moderno;
- fare tutto questo significa riscoprire le radici cristiane, basate sulla lotta all’ingiustizia, alla sopraffazione dei più deboli, vincendo la paura degli estranei e dei lontani;
- ritornare alla logica della comunione, della solidarietà e della condivisione per ritrovare slancio missionario, fervore apostolico, dinamismo pastorale;
- L’autentica realizzazione dell’uomo non di trovano nel potere, nel successo, nel denaro, ma solo in Dio;
- La chiesa si deve impegnare per superare la mentalità individualista e relativista;
- Non cedere mai alla cultura edonistica e consumistica;
- Il fenomeno immigrazione e le situazioni del tutto nuove prodotte dalla globalizzazione possono essere il punto di partenza per rinsaldare l’unità spirituale del genere umano;
- Le aspirazioni alla giustizia ed alla pace spingono a superare le divisioni che le vanificano (mi sembra di interpretare correttamente se traduco questo ultimo concetto, espresso in modo un po involuto, come hanno fatto spesso i papi per non parlare come i socialisti, sostituendo la parola “divisioni” con “disuguaglianze”,del resto comune nella dottrina sociale della chiesa).
Non sto a commentare i singoli concetti sopra espressi, ma ritengo che anche il lettore meno portato alle analisi del linguaggio sottile e complesso dei papi e in particolare di un papa intellettuale di professione come papa Ratzinger si accorgerà con chiarezza che la dottrina sociale sopra enunciata è l’esatto contrario della filosofia sociale e politica, nonché sopratutto della prassi del Berlusconismo.
Ma diranno i Berluscones di turno,ammesso che si curino di leggere i discorsi del Papa, il Papa pensava a ben altro, lui parla sempre al mondo, della politica italiana non si ne cura.
“Ma vai raccontarlo a tua sorella!”, dicono i romani in questi casi.
E’ sicuramente un’espressione poco elegante ma rende l’idea, anche perché è noto che i papi non parlano mai a caso né senza avere misurato accuratamente le parole.
Se la chiesa è durata due mila anni è anche perché chi la rappresenta nella storia più o meno degnamente, sa fare con la massima naturalezza di queste cose un po’ kafkiane.
Pensiamo infatti che la chiesa italiana fino all’altro ieri aveva sostenuto apertamente il Berlusconismo, cominciando a criticarne l’inadeguatezza dell’azione di governo e personale di Berlusconi, solo con sommessi sospiri, paga della sostanziosa contropartita ricevuta sotto forma di privilegi e finanziamenti, fino a che lo “governo” del paese e lo stile di vita le premier non hanno costretto il Vaticano a dire una volta per tutte :ora basta! o con il Berlusconismo in declino andiamo a bagno anche noi.
Non meno kafkiano il fatto che il papa abbia sempre parlato a Venezia di fronte al più autorevole porporato di origine ciellina, cioè di un movimento cattolico la cui denominazione Comunione e Liberazione, ora è da molti letta ,con dileggio, storpiata in “Comunione e Fatturazione” per sottolineare la sua degenerazione in una specie di massoneria più dedita all’accaparramento dei posti di potere che all’apostolato e che in ogni caso è schierata tutt’ora col Berlusconismo senza se e senza ma, nonché senza la minima crisi di coscienza o il minimo senso critico.
Anzi la dottrina sociale, che viene fuori dalle sue pubblicazioni appare come una sorprendente e quasi ingenua riscoperta tardiva de :”il capitalismo è bello, essere ricchi non è peccato”.
Ma fortunatamente la chiesa non è CL, tanto che il medesimo porporato, cioè il Card.Scola, essendosi messo da tempo a studiare da papa, non può certo negare le sue origini cielline, ma è obiettivamente aperto per esempio alle problematiche dell’immigrazione e della globalizzazione seguendo una filosofia sostanzialmente vicina a quella sopra enunciata da papa Ratzinger, come dimostrano le pubblicazioni del Patriarcato di Venezia.
Filosofia ben lontana dal Berlusconismo, compreso quello con la casacca di CL, come dimostra la sua ormai lunga attività non solo culturale per promuovere il dialogo con il mondo islamico.
E’ da tempo ormai che la chiesa ha fatto le sue scelte,si potrebbe obiettare forse un po’ tardive,ma le ha fatte.
Berlusconi non è più il suo cavallo, questo è certo. Saranno arrivati un po’ troppo in ritardo è vero, però comunque hanno anticipato l’elettorato, questo è un fatto.
Uno a zero per il Vaticano sulla politica italiana.

giovedì 12 maggio 2011

Silvio sempre più inadeguato, ma dopo di lui il diluvio ,sarà vero?

Fino a una o due settimane fa Silvio era dato politicamente per morto (per l’ennesima volta) a causa della palese incapacità dimostrata nel produrre atti di governo in qualsiasi materia di rilievo uscendo dalla politica degli annunci rimasti regolarmente senza seguito.
- Lo spettacolo indegno dei così detti responsabili provenienti da ogni angolo politico che hanno cambiato targa con arrogante spudoratezza;
- accompagnato dall’eco delle notti di Arcore definite dall’interessato “eleganti” ,non si vede con quale costrutto;
- gli ondeggiamenti in politica estera talmente vistosi da far discutere anche il popolo dei bar sport per definizione non interessato alla politica estera;
- la situazione economica di lungo stallo per il miglioramento della quale si avverte una completa mancanza di qualsiasi iniziativa;
- le sempre più evidenti prese di distanza della Lega;
- l’attivismo delle correnti all’interno del Pdl quasi universalmente interpretate come preparazione e posizionamento per il dopo Silvio;
- la rissa fra i poteri dello stato e l’insistenza nella delegittimazione di qualsiasi altro potere che non sia quello del Presidente del Consiglio, ignorando il fatto che le istituzioni sono democratiche solo se sono in posizione di equilibrio fra pesi e contrappesi fra di loro in modo che nessun potere travalichi sugli altri;
- la stanchezza anche negli ambienti del Centro Destra nel vedere l’inattività e la mancanza di iniziativa del governo accompagnate dal ripresentarsi di leggi ad personam.
La leadership berlusconiana sembrava arrivata al capolinea per logoramento.
Invece come è già capitato un’infinità di volte a due passi dal baratro il gatto dalle sette vite quando trova l’occasione di mettere gli italiani di fronte a un referendum o con me o contro di me ha visto nelle amministrative di domenica prossima il suo terreno preferito , ci si è buttato a capofitto e forse è riuscito a salvarsi ancora la poltrona.
Che vinca o che perda il fatto è che per l’ennesima volta i suoi avversari non hanno capito che se il furbacchione nazionale riesce a trascinare gli altri a giocare questo tipo di gioco : il referendum pro o contro: non c’è partita, come è moda dire oggi , perché per fare una partita bisogna assolutamente essere in due e invece tutt’oggi Berlusconi sa come tutti che il suo avversario visibile e accettato dalla coalizione avversaria non c’è.
Berlusconi non ha bisogno di agitarsi troppo né di fare particolare propaganda, basta che dia segni di esistere con pochi interventi che il gioco è fatto : i media per asserviti che siano alle rispettive corazzate editoriali non possono fare altro che trasmettere non tanto il “messaggio” che a questo punto appare irrilevante, quanto il “fatto” che Berlusconi c’è e parla come leader riconosciuto di uno schieramento e che invece l’altro schieramento ha cinque o sei volti e discorsi diversi e comunque non ha un leader. Fine del gioco.
Ho scritto una banalità che tutti sanno di già?
Forse, però proviamo a pensare perché gli italiani, che non sono fessi, da questa apparente banalità finora hanno continuato a dedurre degli atteggiamenti sostanziali, compreso il loto voto.
Proviamo a pensare cosa succederebbe o sarebbe successo se Silvio non ci fosse o se non ci sarà più.
- ve la immaginate la politica estera verso il conflitto in Libia di Bersani o di chi per lui, condizionati dall’8% dei pacifisti per ideologia Vendoliani più gli altri pacifisti trasversali nell’area del centro-sinistra ?
Darebbero ai piloti delle direttive talmente contorte e contradditorie che questi per non rischiare di sbagliare andrebbero a sganciare missili in pieno deserto cercando di evitare di far male anche ai cammelli;
- politica economica e del lavoro.
Resisterebbe Bersani o chi per lui a introdurre una bella patrimoniale a carico soprattutto di quello che è rimasto del ceto medio?
Saprebbero smarcarsi dalla linea della Fiom diretta a difendere tutti i diritti acquisiti anche a costo di perdere le fabbriche e il lavoro?
- sicurezza e immigrazione.
Sarebbero più severi ed efficaci nel limitare il flusso immigratorio ? Andrebbero avanti a chiudere i campi rom?
Non ci crede praticamente nessuno.
- gli italiani, anche gli elettori del centro destra, si sono rotti delle leggi ad personam e delle invettive contro la magistratura, ma sono disposti a digerire il giustizialismo senza se e senza ma alla Di Pietro e a non poter criticare la vistosa incapacità della magistratura a organizzarsi in modo da celebrare processi in tempi sensati?
- il ricordo del povero Prodi ,tanto Pierino bravo bambino che poteva vantare addirittura una cattedra alla prestigiosa London Scool of Economics, una Presidenza della Commissione Europea, condotta dignitosamente e tanta altre cose, ma che tutto era meno che un leader, che sapesse mettere in riga almeno i suoi ministri, è stato causa di uno shock ancora non metabolizzato dalla memoria collettiva.
Gli italiani finora hanno dato prova di non volerci ricadere e hanno premiato Berlusconi che non ha nulla dei titoli nobiliari in senso culturale di Prodi, anzi che ne fa di tutti i colori, ma che i suoi ministri ha sempre saputo metterli in riga.
Quando sarà possibile parlare con obiettività del Berlusconismo si vedrà che ha combinato ben poco, probabilmente meno della sufficienza.
Ma forse è proprio quello che gli italiani medesimi volevano, non essere troppo disturbati in attesa di trovare in sé stessi le energie per rifare correre l’economia e tutto il resto.