mercoledì 31 agosto 2022

Michael Connelly : The late show – introducing Detecntive Reneèe Ballard – Ed. Orion – recensione

 




Inutile dirlo sono da sempre un affezionato lettore di Michael Connelly e credo di non essermi perso quasi nessuno dei racconti dedicati al Detective Bosch e quindi sono fra coloro che avevano accolto con disappunto la decisione dell’autore di interrompere quella serie per provare altri tipi di “novel”.

Pur rimanendo di quell’idea devo dire che nel delineare la figura di un detective del tutto nuovo e diverso, non a caso si di tratta di una donna, l’autore ha dimostrato tutta la sua abilità.

Nella serie dedicata a Bosch, Connelly era stato abilissimo nel creare un personaggio assolutamente singolare.

Non il solito detective bravo ed efficace ma in perenne disaccordo con l’apparato gerarchico a causa della sua tendenza a fare di testa sua finendo sovente per scambiarsi per una sorta di vendicatore che esce fuori dalle regole.

Bosch era inserito inserito nell’apparto ma in veste si direbbe di consulente a contratto, e infatti aveva fatto conoscere al grande pubblico la figura del “profiler”, lo psicologo applicato alla criminologia per risolvere per lo più casi di serial killer diabolicamente capaci di colpire e finire nel nulla.

Invece il nuovo personaggio del Detective anzi della Detective Renèe Ballard è costituito da una “cop” a tutti gli effetti e indovinate un po’ a quale dipartimento appartiene?

Ma al Los Angeles Police Department , come d’uso.

La ragazza però ha dei tratti singolari anche lei.

Tanto per cominciare è addetta al “Night shift” al turno di notte dove finiscono o i novellini o i Fantozzi che rimarranno tali a vita, o i bravi caduti in disgrazia.

Ovviamente la Detective Ballard appartiene a quest’ultima categoria, ma per sapere il perché dovrete leggervi il libro perché io proprio non ve lo anticipo.

Cosa fa dopo il suo turno di lavoro?

Anche questo suo lato privato è molto singolare e quindi ancora rifiuto di anticiparvelo per non togliervi il piacere della scoperta.

Come si addice a un navigatissimo autore di gialli, un tempo si diceva da noi, la storia narrata vi intrigherà sovrapponendo contemporaneamente la “time-line” di almeno tre inchieste contemporaneamente.

Mi voglio rovinare e prima di chiudere mi lascio andare ad anticiparvi che la soluzione dell’intrigo sarà veramente una geniale invenzione degna di Agatha Chriestie.

Ultima chicca, ma lo sapete già tutti immagino, alla fine del libro è riportato il primo capitolo di quello successivo che udite udite riprende la saga del Detective Bosch, come chiedevano da tempo i suoi fan compreso chi scrive.






giovedì 25 agosto 2022

Domino – rivista sul mondo che cambia – n 5 - 2022 -L’Italia sospesa -Mentre aspetta le elezioni, il nostro Paese rinvia le sfide strategiche , Mediterraneo, demografia, crisi internazionali segneranno il nostro futuro – recensione

 


Di nuovo ho affrontato con il massimo interesse la lettura di questo quinto volumetto di Domino la rivista diretta da Dario Fabbri ed edita da Enrico Mentana.

Dopo averlo letto e ascoltato più volte nelle sue apparizioni televisive non riesco a non stupirmi dello stile veramente singolare di Dario Fabbri, giovane ma di preparazione che non riesce a nascondere, con un eloquio più colto degli altri che gli fa rischiare di fare la parte antipatica del primo della classe..

Sono sempre ammaliato dal modo di presentarsi di Lucio Caracciolo, che gli è stato maestro nei suoi anni con Limes , ma certo l’articolo-editoriale di Fabbri su questo numero supera forse il maestro perché è un vero gioiellino che riesce a concentrare in poche pagine il succo della geopolitica.

Purtroppo che ci fa le spese è l’opinione sul nostro paese, al quale è dedicato il volume, che per tanto che possiamo amarlo se guardato attraverso il prisma dei parametri geopolitici ne esce veramente malconcio.

Oddio, come sempre non è tutto oro quello che luccica.

La macchina concettuale che Fabbri sviluppa è ben rodata e ben funzionante.

Da una parte l’autore mette un paese e fuori ne viene il giudizio geopolitico analitico dopo essere passato attraverso gli ingranaggi della materia.

Perfetto, ma fino a un certo punto.

Non riesco infatti a spiegarmi come un autore del livello di Fabbri, ma in compagnia degli altri analisti di geopolitica diventati noti al grande pubblico complice la inaspettata guerra in Ucraina, non riescano a realizzare che il loro punto di vista porta a far passare a pieni voti l’esame di geopolitica al paese che persegue gli obiettivi che elenco :

- spinta verso la potenza e non all’economicismo, puro benessere etc. alimentata da un forte incremento demografico che produca una grande popolazione giovane e quindi :

- incline alla violenza compresa l’attitudine a fare la guerra, alimentata da esuberanza e nessun timore del rischio e del futuro, apertura alle grandi imprese;

- conseguente attitudine a fare sacrifici per conseguire i propri obiettivi che appunto privilegeranno la posizione internazionale del proprio paese (ricercata come grande ed egemone) mettendo in secondo piano la pura ricerca del benessere economico;

- dopo avere acquisito una forte consapevolezza della grandezza passata o della missione futura richiesta dal patrimonio etnico-culturale, accumulato nel proprio passato, che va quindi ristudiato per costruire una pedagogia nazionale che sostenga il desiderio di potenza;

- per realizzare questa strategia non è fondamentale trovare politici o un politico che guidi il paese con questi criteri perché la politica è patria dell’arbitrio, mentre il desiderio di potenza di una nazione è il risultato di un obbligo scritto nell’analisi del passato e quindi tenderà a realizzarsi per forza propria indipendentemente dai regimi politici, alimentata dagli apparati dello stato profondo;

- solo perseguendo questi obiettivi ci si svincola dalla posizione subordinata verso uno straniero egemone e si ritorna nella storia in forma assertiva.

Lo stesso Fabbri quando nelle sue conversazioni-lezioni cerca di spiegare cos’è la geopolitica premette regolarmente che tutto il suo ragionamento prescinde da qualsiasi giudizio morale.

Va bene, come è stranoto a tutti quanti, quando Macchiavelli ha fondato la così detta scienza politica ha dovuto precisare se pure indirettamente che lui studiava freddamente le leggi costanti della politica e quindi non si preoccupava di premettere giudizi morali.

Ecco non credo di essere un fenomeno se dico che l’elenco degli obiettivi strategici sopra elencati mi rinvia la mia mente automaticmente a periodo storici quantomeno infelici.

Lo ripeto, non capisco come fanno i molti colti analisti tipo Fabbri a non percepire che il pubblico verrà disorientato dalle infelici assonanze che ho sopra accennato e che quindi il loro ragionamento meriterebbe di farne menzione in modo trasparente.

E ancora, se i parametri su cui è costruita la geopolitica sono quelli,d’accordo.

Accettiamo pure provvisoriamente il criterio che la ricerca geopolitica prescinda da considerazioni etiche per consentire la libertà di ricerca senza paraocchi di nessun tipo né preconcetti ,ma dopo che si è elaborata una analisi è ovvio che il giudizio etico prende subito quota, ci mancherebbe altro.

E a questo punto però non si può più non parlarne.

Per esempio analizzando il fattore strutturale strategico di primo piano in geopolitica come è la demografia ,perché non si allarga da subito l’analisi al peso oltre che della quantità numerica, anche alla qualità del fattore umano ?

Tra l’altro quando i geopolitici invitano a collaborare alle loro analisi degli esperti militari succede che quasi sempre questi affermano che per valutare la potenza di un esercito oggidì è indispensabile analizzare bene non tanto e non più solo i numeri, ma anche se non sopratutto, il livello tecnologico e di addestramento acquisiti, nonché il grado di motivazione delle truppe, la guerra in Ucraina docet.

Così pure perché devono essere quasi ridicolizzati i tentativi di imbrigliare le politiche di potenza in ambiti di strutture internazionali e sovranazionali, per quanto queste non abbiano fino ad oggi dato grande prova di sé?

Mi sembra che la geopolitica tenda a sottovalutare l’enorme peso che ha oggi un progresso tecnologico in avanzata velocissima.

In particolare tutto l’universo concettuale reso noto al grande pubblico ad esempio dai best sellers dello storico israeliano Yiuval Noah Harari che ha delineato addirittura i tratti dell’ “homo deus”, o le visionarie ,ma fino a un certo punto, visioni dei teorici della “singularity” cioè di quando l’intelligenza artificiale supererà la potenza della nostra mente e diverrà auto alimentante ,come Ray Kurzweil.

E’ chiaro che queste visioni cambieranno tutto o quasi, e quindi perché non prenderle nemmeno in considerazione?

Spero che la geopolitca che è una materia molto giovane trovi la capacità di dare risposte a questi quesiti.

Detto questo, non vorrei però che le carenze che a mio parere ci sono nell’attuale approccio alla geopolitica vengano interpretare come come un rifiuto del metodo geopolitico usato per analizzare la realtà della politica internazionale.

Anzi tengo a precisare che ritengo utilissimo questo approccio perché ad esempio nell’analisi della guerra in Ucraina è l’unico che permette di uscire dalla piatta propaganda delle due parti per cercare di capire veramente cosa succede e chi tiene i fili del sacrificio dei poveri diavoli ,cinicamente trattati come carne da cannone da tutte e due le parti.

L’analisi geopolitica è l’unica che insiste nella necessità di studiare per capire l’altra parte in conflitto.

Non basta dire che la Russia è nella ovvia posizione della parte del torto essendo l’invasore.

Per venirne fuori occorre studiare per capire anche le motivazioni dei Russi, che bellamente invece vengono ignorate dalle comode posizioni aprioristiche dei media.

Per questa ragione invito alla lettura di questo volume che è altamente interessante direi sopratutto per gli articoli dedicati a capire una Russia che ci è largamente ignota, anche se il titolo riguarda l’Italia.

Riguardo all’Italia però segnalo che è una vera chicca il piccolo saggio a firma dell’editore Enrico Mentana, che è notoriamente uomo di televisione e non di carta stampata.




sabato 13 agosto 2022

Lee Child and Andrew Child : Better of Dead – a novel - Dell Editore - recensione

 





Siamo al secondo libro scritto a quattro mano dalla copia costituita dai fratelli Child e già, come nell’uso dell’editoria americana è pronto all’uscita il prossimo ottobre il terzo libro sempre su Jack Reacher ,che sarà intitolato “No Plan B”, come ci dicono le ultime pagine del libro in recensione che riporta come consuetudine le prime pagine del previsto libro successivo.

Devo ammettere che quando si arriva al 27° libro sulle avventure di Jack Reacher anche il più abile degli scrittori difficilmente riesce a schivare gli elementi ripetitivi.

Però è evidente che la cosa ha due facce come le monete, cioè se da una parte si rischia di rendere troppo prevedibili certi comportamenti del protagonista, dall’altra non si può deludere il lettore che rimane affezionato al personaggio proprio perché lo conosce già bene e quindi si aspetta che si muova e reagisca come lo conosce e non diversamente.

L’incipit di questo racconto è fortemente sconcertante per il lettore comune ed ancor più per quello già affezionato al personaggio di Jack Reacher perché dopo la prima violenta scazzottata nella quale il nostro eroe come d’uso si trova ad affrontare almeno dai quattro ai sei avversari da solo senza il minimo timore di non riuscire a metterli a terra s,e a loro va bene, tutti quanti, succede l’impensabile e l’impossibile, quando un colpo di pistola uccide proprio lui che era sempre uscito vivo da mille altre risse.

A questo punto il lettore rimane molto scosso e non sa più cosa pensare.

Si chiede come la fantasia fervida degli autori riuscirà a mettere le cose per salvare capre e cavoli, perché far morire Richer, vorrebbe dire chiudere la saga.

Come è possibile si chiede il lettore,se fosse così i lettori rimarrebbero delusi.

Poi, passato il momento di emozione e di sconcerto il lettore diventa più razionale e smaliziato e si domanda, ma come è possibile che questi autori deludano i loro lettori e di fatto si precludano la continuazione della loro carriera ,che “last but not least” è per noi fonte di divertimento, ma per loro loro rappresenta la gallina dalle uova d’oro?

E infatti le cose andranno diversamente.

La trama come sempre è coinvolgente e tiene alto l’interesse fino all’ultima pagina.

Arrivato a questo punto della recensione di solito do’ almeno un cenno alla trama per sommi capi.

Ma in questo caso mi trovo in difficoltà perché la trama di questo particolare avventura di Reacher è talmente complicata e intricata che non saprei come sintetizzarla.

Ecco forse questa complessità è la la voluta risposta ricercata dagli autori per sfuggire al rischio di cadere nel ripetitivo, che si era sopra accennato, ma costringe il lettore a leggersi il racconto il più possibile di seguito per non rischiare di perdere il filo.

L’abilità degli autori sta nello spingere verso il limite le abilità investigative e operative dell’ex maggiore Reacher rimanendo però nei limiti del verosimile.

Nel caso specifico mi sembra che ci riescano.

Casualmente non mi sono perso l’occasione, mentre leggevo questo libro di rivedere su Prime Video la riproposizione della serie dei film sul famosissimo agente dell’MI5 007.

E quindi è stato giocoforza fare un confronto nella mia mente fra i due personaggi e devo dire che i fratelli Child ne escono meglio di Fleming, l’autore di 007,o almeno degli sceneggiatori delle versioni cinematografiche che molto spesso si lasciano prendere la mano e i limiti del verosimile li superano decisamente.

Se poi volessimo parlare di ripetitività, le cose andrebbero nello stesso senso ma anche peggio, perché se ricordo le bene 25 versioni cinematografiche di 007 spesso sembrano proporre delle trame fotocopia delle precedenti.

Le trame dei racconti su Jack Reache mi sembrano invece decisamente più varie e imprevedibili.




mercoledì 3 agosto 2022

Lee Child e Andrew Child : The Sentinel – Ed. Penguin Books– recensione

 




Ho letto una bella fila di recensioni negative su questo libro, tipo : non è più il Jack Reacher di prima; la narrazione è stiracchiata;il libro è noioso; la trama è troppo intricata; eccetera.

Ebbene non sono d’accordo.

Capisco benissimo che dopo 26 libri della serie su Jack Raecher ci possa essere qualche calo di tensione anche negli autori più quotati, ma questo non mi sembra il caso del titolo del quale stiamo parlando.

Gli anni passano per tutti e Lee Child uno dei più fortunati autori di thriller del mondo diciamo così non è più giovanissimo ed ha cominciato a farsi aiutare dal fratello minore Andrew nella stesura dei suoi romanzi.

La cosa come è comprensibile ha lasciato perplessi una parte dei suoi numerosissimi lettori.

Personalmente devo dire che sono un lettore affezionato di Lee Child.

Credo di avere letto pressoché tutti i libri della serie Jack Reacher.

Per chi non lo conoscesse questo personaggio molto ben caratterizzato è descritto come un ex maggiore dell’Esercito americano molto singolare.

Prima di tutto per la sua struttura fisica, tendente al gigantesco, poi per la sua personalità.

Ex militare sì ,ma con un ruolo professionale molto particolare, Reacher infatti faceva l’investigatore in quella branca dell’Esercito, speculare alla NCIS, per la marina ,divenuta famosa grazie alla serie televisiva di successo con la stessa sigla.

Come investigatore era bravissimo.

Il ragazzo ha delle caratteristiche caratteriali singolari, che mi guardo bene dall’elencare perché il lettore se le deve scoprire da solo leggendo il libro.

Aggiungo che due dei titoli della serie sono stati presi a base per farci due film.

Lee Child a volte diventa specifico nel descrivere le tattiche militari e di difesa personale che usa Reacher andando proprio nei dettagli.

A volte mi richiama lo stile di Tom Clancy ,altro autore di grandissimo successo nei thriller di spionaggio.

Clancy nei suoi romanzi spesso si fa trascinare dalla sua passione per le armi e i sistemi d’arma tanto da dedicare diverse pagine alla descrizione meticolosa di un certo tipo d’armamento.

Child è più moderato ma non risparmia i particolari sulle armi ,che ai lettori affezionati dei thriller certo non dispiace leggere.

Tanto che dopo avere letto qualche libro del genere ogni lettore anche se di fede pacifista assoluta non può più ignorare la differenza ,che so, fra una Glock ,una Beretta una Colt, una Smith and Wesson eccetera.

Il libro del quale parliamo è una storia che parte da un ransomware cioè da un ricatto informatico praticato da hacker molto professionali a danno del municipio di una piccola città di provincia americana con lo scopo nascosto di impossessarsi del suo archivio appena digitalizzato.

Apparentemente la storia sembra non stare in piedi, infatti il lettore si chiede, ma come fa a interessare a hacker di livello professionale ai massimi livelli il modesto archivio di una ancora più modesta cittadina americana del Tenessee ?

Vedrete vedrete che sotto c’è molto ma molto di più di quello che vi potreste aspettare.