giovedì 28 giugno 2012

La pubblicazione dei così detti documenti riservati del Vaticano





"appena una moneta gettata nella cassetta delle elemosine tintinna, un'anima se ne vola via dal Purgatorio", diceva Johann Tetzelv,predicatore e inquisitore domenicano  del 1500e  mentre sponsorizzava con successo la campagna di indulgenze di Leone X per acquisire i fondi necessari ai lavori di costruzione di San Pietro, Tetzel sostenne la dottrina secondo cui, per l'acquisto dell'indulgenza a favore dei defunti, fosse sufficiente l'offerta in danaro, a prescindere dal pentimento dei peccati.
Sono passati 500 anni da quando quel predicatore si prendeva gioco dell’ignoranza delle classi popolari per riempire le casse della chiesa. Oggi incorrerebbe forse nel reato di abuso della credulità popolare, ma non è affatto sicuro.
Quando si legge il contenuto del libro di Pier Luigi Nuzzi “Sua Santità –le carte segrete di Benedetto XVI” ,che riporta alcuni documenti transitati sulla scrivania di papa Ratzinger (molti in originale e quindi non contestabili dal Vaticano che, infatti non ne ha mai messa in dubbio la veridicità) non si crede letteralmente ai propri occhi.
Brutto spettacolo per chi è ancora cattolico, ma anche per chi non lo è più o per chi non lo è mai stato, ma riconosce il valore della cultura cattolica come fattore non secondario del patrimonio culturale dell’umanità.
Per chi vuole essere ancora cattolico credo che nascano dei problemi pressoché insolubili ad esempio questo : come è possibile accettare che questa gente (papa, cardinali vescovi ecc.) possa pretendere di dettare la morale ai fedeli se i loro riferimenti sono quelli che si evincono senza ombra di dubbio dai documenti dei quali stiamo parlando  e questi loro riferimenti non hanno nulla a che fare con il messaggio evangelico?
Ma vediamo di fare un indagine più in profondità.
Innanzi tutto vediamo di cosa si parla, cioè di che cosa parlano i documenti in questione.

Nuzzi nel libro li ha raccolti con questo ordine :
- il carteggio relativo al caso Boffo, l’ex direttore di Avvenire e delle TV dei vescovi che si era dovuto dimettere quando il Giornale aveva ricevuto dal Vaticano e pubblicato un documento autentico (un certificato del casellario giudiziale da cui risultava una condanna di Boffo per molestie) e un documento rivelatosi falso presentato come un'informativa della polizia che diffondeva la voce sulla presunta omosessualità dello stesso Boffo;
-il carteggio relativo al caso Viganò, l’arcivescovo che dopo una lunga carriera in diplomazia era stato nominato segretario del Governatorato del Vaticano con l’espresso compito di cercare di fare pulizia in un ambiente che si sapeva corrotto da sempre e che dopo che questi aveva addirittura riportato in attivo il bilancio stroncando il malaffare si è visto cacciare in malo modo e spedito alla Nunziatura di Washington;
-il carteggio relativo alla raccolta delle offerte contestuali alle udienze private papali, che la stragrande maggioranza dei fedeli ignorava del tutto che esistessero;
-il carteggio relativo alle manovre per cercare di fare continuare i privilegi fiscali del Vaticano compreso quello dell’Ici ;
-il carteggio su alcuni casi di ingerenza dei servizi segreti del Vaticano, talmente segreti che ufficialmente non esistono nemmeno ma operano;
-carteggi in merito alla incontrollabile ambizione di potere di Bertone dal caso Toniolo agli strampalati progetti per istituire il polo sanitario vaticano in Italia;
-il carteggio relativo alle non felici vicende di Cl, Legionari di Cristo, Lefebriani;
-carteggi relativi al singolare panico del Vaticano quando si accorge in ritardo che  l’Asia nel mondo globalizzato è destinata ad assurgere ad una posizione di primo piano se non di leadership e che la Cina purtroppo per il Vaticano medesimo è il più grande paese ateo della terra;
-concludono alcune carte relative ad episodi oscuri portati all’attenzione del Vaticano.

Istituzioni vissute dal popolo come simboli spirituali usate prevalentemente per gestire e rafforzare il potere e incrementare le entrate
Qualcuno di questi documenti era già noto genericamente nel contenuto, ma non manca di colpire la carta intestata con i simboli che ai fedeli incutono ancora reverenza e peggio ancora con quel burocratico timbro rettangolare “visto dal Santi Padre il…”
Peccato che di santo in queste corrispondenze che sono pure state una parte non secondaria del lavoro quotidiano di papa e curia di santo non ci sia proprio nulla, anzi.
Prima di tutto Inviterei cordialmente il lettore a leggere questo libro del quale stiamo parlando ne vale la pena per capire cos’è il Vaticano anche perché le occasioni per cercare di valicare le così dette mura leonine è pressoché impossibile per chi non è addetto ai lavori e la politica della casa prescrive da sempre che non deve uscire nulla se non quello che si vuole fare uscire.
Se una bella raccolta di documenti ora è uscita significa tante cose, tutte negative.
Questo papa, se mai ha comandato, ora conta ben poco dato che prevale pressoché regolarmente la volontà del Segretario di Stato  Bertone, che a sua volta pur avendo nominato solo suoi uomini ovunque si trova a dover fronteggiare una opposizione feroce pronta alla lotta per bande con qualunque mezzo.
Ma questo era  più o meno noto da anni.
Il valore fondamentale di questo  libro è quello di dare la possibilità a qualsiasi cattolico o no di accedere a documenti, che ci dicono cosa fanno nel loro lavoro quotidiano papa e curia (cardinali vescovi e monsignori), di cosa parlano, in che tono ne parlano, quali sono le loro reali preoccupazioni, quali sono i loro punti di riferimento, cioè in cosa credono e per cosa impegnano tempo ed energie.
E qui nasce la reazione nel lettore che da papa cardinali vescovi e monsignori si aspetta di vederli dediti a lavorare per certe cose (quelle che anche un bambino sa, inerenti alla loro missione) e invece si accorge che lavorano con passione per certe altre, che nulla centrano con la loro missione.
Dai carteggi sopra elencati emerge una addirittura sorprendente assoluta mancanza per la quasi totalità dei documenti stessi di riferimenti di carattere religioso- spirituali, nemmeno nella forma che negli ambienti clericali si definisce come argomenti pastorali.
Gli unici due casi fra decine di documenti pubblicati nei quali gli estensori hanno fatto lo sforzo di inserire le loro argomentazioni in un contesto religioso, come ci si aspetterebbe, gli autori sono due personaggi secondari e squalificati.

Managers, burocrati di una grande corporation, non autorità religiose
Questa corrispondenza non ostante la carta intestata dei massimi dicasteri di curia ,come dicevamo, è assimilabile a quella di managers del mondo economico, che si rivolgono non al papa o al segretario di stato vaticano, che sono pur sempre le massime autorità spirituali di un miliardo e 180 milioni di cattolici, ma  al presidente del consiglio di amministrazione ed all’amministratore delegato di una qualunque corporation dedicata a conseguire massimo profitto e nulla più.

Amministratori incapaci di seguire le più elementari regole di organizzazione aziendale
Superato il primo shock di vedere che il papa e i cardinali non fanno il papa e i cardinali ma fanno gli amministratori di una grande corporation dedita al massimo profitto ci si imbatte nella sorpresa assoluta di vedere che le strutture vaticane, se anche tentano di abbellirsi con le trine e merletti dell’informatica e delle televisioni moderne, funzionano con un struttura amministrativa talmente arcaica da garantire il maggior grado di corruzione e di non funzionalità possibili.

-il carteggio di Mons Viganò
Soprattutto il Carteggio del povero Mons Viganò, Arcivescovo , Segretario Generale del Governatorato,  fotografa per chi ha una qualche esperienza di amministrazione il fatto che le strutture vaticane ,che siano il governatorato, lo Ior, o quelle analoghe, sono dei mostri di cattiva amministrazione.
Si apprende che gli appalti non vengono assegnati con gare seguendo criteri di convenienza economica, ma si ridanno sistematicamente sempre alle stesse ditte, non si conosce ancora la pratica degli stati di avanzamento in uso già nel periodo dell’assolutismo del Re Sole per evitare di infognarsi in spese pazze.
Meno che meno usa il collaudo finale prima di pagare.
Si rimane alla fine  raggelati dall’apprendere che anche quando il povero Viganò era riuscito a bloccare gli sperperi e la corruzione più vistosa introducendo appunto le “nuove tecniche” sopra accennate ( elenco fornitori, gare di appalti, stati di avanzamento, collaudo) tutto poteva essere vanificato dalla decisione ultima “ad libitum” spettante al cardinale responsabile.
Lo stesso Viganò, come è noto è stato cacciato in malo modo coprendo l’allontanamento con un incarico apparentemente prestigioso ma senza senso come la nunziatura negli Usa.

C’è totalitarismo e totalitarismo, però gli sceicchi arabi sono stati più accorti e moderni del Vaticano nel caso Viganò
E’ sorprendente che a parità di totalitarismo degli stati, tutti ricordano, che quando gli Emirati Arabi si sono trovati con i conti che non tornavano più ,pur essendo governati da satrapi orientali ,questi hanno fatto quello che era ovvio fare nel mondo di oggi, cioè si sono rivolti al colosso delle società di consulenza Deloitte perché studiasse i loro bilanci e facesse proposte per venirne fuori.
Ma il Vaticano no.
Il povero Viganò non aveva capito che la sua era una missione di pubbliche relazioni per potere dire al di fuori del Vaticano che ci si stava applicando in una operazione trasparenza, che doveva rimanere evidentemente di facciata.
Se avessero voluto stroncare il malaffare e modernizzare la loro amministrazione avrebbero chiamato anche loro Deloitte non un diplomatico , sottomesso alle porpore.
Il Vaticano fa lavorare ovviamente avvocati, commercialisti ingegneri ecc, ma per affari limitati e sopratutto non strategici e in ogni caso non in materie per le quali possano uscire “dati sensibili” sulla reale consistenza dei patrimoni, la loro gestione e i flussi di danaro.
La dimostrazione di questa ferrea strategia sta nel fatto che dai recenti interrogatori di Gotti Tedeschi, capo dello Ior fino a ieri e come Viganò moralizzatore troppo solerte è emerso che la medesima Deloitte era stata ingaggiata dallo Ior per  utilizzare i suoi servigi al fine di delineare una nuova struttura della banca in linea con le norme europee antiriciclaggio.
Ma si è appreso anche che poco tempo dopo l’inizio dei lavori, il contratto di consulenza era stato troncato “per il costo elevato”. Non si sono nemmeno cercata una scusa appena decente per non mettere in mostra quello che non volevano mostrare.

Il caso Viganò esempio eclatante di un papa che non fa il papa, cardinali che non fanno i cardinali e preti che non fanno i preti
Viganò da quando la sua vicenda è diventata di pubblico dominio è conosciuto come la vittima dello strapotere della curia e in particolare del suo capo, il Segretario di Stato:
E questo è indubbiamente vero.
Ma pur essendo Viganò indubbiamente nella parte della vittima, che inevitabilmente suscita simpatia e comprensione da parte della gente, il suo comportamento è ben diverso da quello che un cattolico si aspetterebbe da un prete.
I più probabilmente pensano che un prete non sia un impiegato di una istituzione ma una persona che ha scelto una missione non facile e diversa da ogni tipo di lavoro “mondano”.
E questo stile si aspetterebbero di vedere applicato anche in Vaticano dove quasi tutti vestono la tonaca.
Questo libro dimostra che così non è e fa venire il dubbio che così non sia mai stato, nel senso che una istituzione elefantiaca e gestita in modo totalitario per un vizio di origine non sia al servizio di entità spirituali superiori ma solo di sé stessa.
E’ significativo vedere nel caso Viganò che quello che appare coma la vittima    si comporta e agisce con dei riferimenti culturali distorti e consolidati esattamente come il “cattivo” della situazione cioè il Segretario di Stato.
A parte il fatto incomprensibile che un top manager (come Viganò) sia talmente incauto da rivolgersi al Presidente della corporation (il Papa) per parlare malissimo dell’amministratore delegato, invitando il presidente a cassare una sua direttiva, quando tutti sanno che il potere vero lo gestisce l’amministratore delegato, mentre il presidente è solo una figura di rappresentanza.
Ma passando dalla tecnica aziendale a quello che uno si aspetterebbe da un prete, ripeto che i più sono a tutt’aggi convinti che l’antico appellativo per il Papa di “servus servorom Dei” valga per tutta la catena del clero regolare e secolare e che questo implichi il fatto che se un prete viene destinato ad altra missione, se è un prete autentico nella sua vocazione, trangugia magari una delusione come uomo, ma come prete fa prevalere il valore primario della missione non mondana e quindi non si fa una piega a cambiare il suo impegno in un alro luogo ,dove, dovrebbe  credere che “lo condurrà lo Spirito”.
Questa è l’idea del prete (o monsignore o cardinale o papa che sia).che ha la gente.
Ma non è con questi valori che si vive in Vaticano, perché ad esempio Viganò non ha proprio pensato un secondo allo Spirito che soffia ma al capo ufficio che gli ha fatto un sopruso, che non solo non riconosce la sua bravura e i brillanti  obiettivi di budget raggiunti che anzi gli dovrebbero fruttare benefit straordinari, ma copre gli incapaci e i corrotti.
E’ significativo perché questo manager accenna solo di passaggio è talmente preso nell’universo solo mondano e aziendale che scrive al papa- presidente ed al segretario di stato –amministratore delegato facendo appello alla logica aziendale e quindi tutta mondana. In questo ambito la sua perorazione è per dire :ma come non vi rendete conto del danno che arrecare alla misson ed al brand aziendale facendo fuori un manager come me che ha conseguito e superato gli obiettivi di budget che mi avevate assegnati?
Se lasciate andare le cose così, niente più profitto e niente più dividendi per gli azionisti.
Fantastico e terrificante insieme vedere a che punto è arrivata la degenerazione affaristica del Vaticano.
Ma forse è inevitabile, forse è la struttura istituzionale ad essere inevitabilmente destinata alla deriva affaristica e alla mera gestione del potere, forse è il fatto che il Vaticano abbaia preteso de essere uno stato la distorsione di fondo. Ne parleremo più avanti.

Il danaro anche in Vaticano appare il punto di  riferimento dell’apparato e dei singoli
Emerge dai carteggi dei quali stiamo parlando che l’uso del danaro è concepito dai titolari di spesa vaticana, cioè della chiesa cattolica, come “diritto di uso e abuso” ,esattamente come era l diritto di proprietà ai tempi dell’assolutismo, che ha preceduto al rivoluzione francese del 1789.
Apprendiamo, che non esiste in molti settori nessuna necessità di rendicontazione analitica, essendo il papa sovrano assoluto e come tale titolare diretto della gestione di somme ingenti.
Le pezze giustificative sono quindi considerate inutile carta straccia, se si tratta dei fondi chiamiamoli riservati in ragione del livello gerarchico del titolare.
In poche parole la struttura arcaica e preindustriale di quella amministrazione è fatta apposta per lasciare dilagare il “magna magna”, essendo sconosciuta ogni misura di trasparenza e di corretta amministrazione.
Non che nelle diocesi vada molto meglio ,se è vero che il vescovo non è nemmeno tenuto ad avere il suo conto corrente  personale distinto da quello della diocesi (vedesi il caso eclatante del Card Giordano a Napoli).
L’impatto col  danaro, con tanto danaro, che circola in Vaticano è forse la cosa più urtante di tutta la storia.
Faccio un piccolo esempio. Non era noto nemmeno fra le persone di solito bene informate che le udienze private del papa sono in pratica a pagamento e che come tali fruttano un bel patrimonio alla  fatica papale.
Non era noto e il solo saperlo è cosa di sapore veramente sgradevole. Si calcola una entrata da 40 a 150.000 euro per giornata.
Il papa dispone di depositi presso lo IOr che fanno riferimento direttamente alla sua persona o tramite il segretario papale delegato e sono di importo naturalmente segreti.
ll  tutto reso ancora più sgradevole dai passaggi di denaro da quel conto a un altro sempre segreto intestato a una fondazione intestata a Ratzinger stesso a Monaco  di Baviera.
E anche questo non era noto, si pensava che il papa ritenesse di salvaguardare la sua posizione di prestigio spirituale mettendosi al di sopra della metaforica piscina piena di dollari nella quale nuotava Paperone, ma purtroppo risulta altro.

Il popolo, anche se poco o nulla  informato, comincia però a dare segni di disagio
Il danaro circola a fiumi ma il popolo comincia da tempo a dare segni di disagio e disapprovazione, che si monetizzano ben presto, infatti l’obolo di San Pietro che nel 2009 era di 82 milioni, l’anno dopo è  sceso di colpo a 67.
Il famoso se non famigerato Ior dispone di un patrimonio conosciuto di 5 miliardi di €.
Se qualcuno volesse approfondire l’argomento è giocoforza che faccia riferimento al precedente libro di Nuzzi “Vaticano S.P.A.” nel quale si parla del riciclaggio della maxi tangente Enimont, del conto Spielman che faceva capo ad Andreotti, ec ecc. anche in questo libro producendo documenti autentici, che nessuno in Vaticano ha potuto contestare, per il semplice fatto che vengono dal Vaticano medesimo.
Via vai di prelati, preti frati e suore, come ovviamente non stupisce.
Quello che stupisce è che ne escono anche personaggi conturbanti come la superiora delle Brigidine Tekla Famiglietti di casa allo Ior dove  porta somme incredibili di “elemosine” da decenni.

Le enormi dimensioni dei risarcimenti che la chiesa ha pagato alle vittime della pedofilia
Rimanendo sull’argomento soldi ,credo che pochi sappiano della dimensioni enormi che ha assunto il danno che la chiesa ha dovuto ripagare alle vittime della pedofilia clericale nei soli Stati Uniti per sentenze dell’autorità giudiziaria o per concordati con le singole persone.
Si tratta della bellezza di 3 miliardi di dollari per chiudere le pendenze, più altri due miliardi di “punitive damages”, ma non è finita perché poi vanno aggiunte anche le somme erogate per accordi raggiunti dalle singole diocesi, alcune delle quali sono andate in bancarotta a causa di queste uscite inusitate.
Si va oltre l’intiera raccolta dello Ior anche se di questo in Italia si preferisce non parlare.

Il peso soffocante dei “movimenti”
Potere, soldi e anche sesso

CL
Pare che i punti di debolezza della chiesa stiano venendo al pettine tutti in blocco.
La situazione per lo  meno anomala dei “movimenti” all’interno della chiesa è ignota ai più, tanto per cambiare.
Cominciamo dal movimento più pesante per il potere che ha occupato in Italia e per la cattiva stampa che si è procurato, CL.
La lettura della lettera che il successore di Don Giussani e attuale responsabile della “Fraternità di CL” ha scritto al nunzio in Italia sulla conduzione della diocesi di Milano è per un cattolico direi terrificante.
In quella lettera ci imbattiamo infatti nel linguaggio e nel tono che qualsiasi politicante usa per trattare con il capo del suo partito per convincerlo (anche con gli argomenti allusivi tipicamente mafiosi-ricattatori comuni nella politica partitica di oggi) che in quel settore vanno cacciati i dirigenti della corrente avversaria alla sua, per essere sostituiti in blocco da elementi tutti della sua corrente.
Naturalmente senza apportare a sostegno delle proprie pretese  nessuna critica di fatto precisa e nessuna argomentazione razionale, a meno che non si consideri una argomentazione  la tesi di fondo che consiste nell’affermare la necessità di ritornare sic et simpliciter alla  teologia e alla pastorale del Concilio di Trento di cinque secoli fa,che la gestione della curia di Milano negli ultimi decenni avrebbe contraddetto.
Questa tesi ha la profondità intellettuale di una barzelletta, se consideriamo i risultati disastrosi che quella vecchia teologia ha realizzato svuotando chiese seminari e conventi. 
Colpisce molto l’ arroganza di chi crede di essere nella condizione di poter dire: ora nella chiesa comandiamo noi e quindi tutti gli  altri devono essere buttati fuori .
Colpisce poi  vedere che quelli che Don Carron considera come gli esponenti delle correnti politiche avverse alla sua siano personaggi del livello, del prestigio  e delle opere di un Martini e di un Tettamanzi.
L’arroganza,l’ incultura, la villania, l’astio per chi la pensa diversamente dai  pregiudizi della sua setta non erano mai venuti alla luce in modo così chiaro e infatti questa lettera non era per niente destinata ad essere  mai conosciuta nemmeno dagli adepti di C.L.
Viene da pensare : cosa c’è dietro a un modo di parlare così anomalo?
Magari niente, magari solo l’esternazione di una persona  accecata dall’euforia nella gestione di troppo  potere, ma le partite a scacchi in Vaticano si giocano da sempre mai in modo casuale.
Ed allora tanto per cominciare perché la scelta dell’interlocutore nel Nunzio in Italia?
Un diplomatico di rango.
l capo di CL ritiene allora di essere in grado di parlare allo stato Vaticano come farebbe Napolitano?
E come mai l’uso di quel linguaggio tutto politica e niente fede, senza nessun infingimento o mascheratura?
E soprattutto, cosa faceva pensare a Don Carron di poter parlare fuori dai denti cioè anche troppo apertamente di occupazione di tutto il potere nella diocesi di Milano come se si trattasse del consiglio regionale della Lombardia?
Viene fortissimo il sospetto che in quella lettera ci sia una premessa implicita non scritta, ma data per conosciuta dall’interlocutore : a suo tempo abbiamo fatto eleggere questo papa e quindi come è giusto ora pretendiamo l’incasso della cambiale, se Ratzinger non l’avesse ancora capito , sembra voglia dire Carron al suo interlocutore, vedete di svegliarlo e di chiarirgli le idee.
E questo spiegherebbe anche la scelta apparentemente anomala  e inappropriata dell’interlocutore.
Anche per chi ha sempre pensato male di CL, questa lettera è scioccante e irritante.
Un altro punto adombrato dai carteggi di questo libro si inserisce bene in questa conturbante lettera di Don Carron.
Possibile che l’attuale papa, che ha vissuto i suoi ultimi decenni in Vaticano (senza abitarci e ci sarà una ragione) sia stato tanto poco accorto da “mettersi in casa” ben 4 adepte dei “Memores Domini” di CL?
Apprendiamo infatti che il numero totale dei Memores sarebbe in Italia di solo una quarratina di persone e che i medesimi fanno capo come figura ecclesiastica al solo Don Carron, il capo in testa.
Il papa aveva proprio bisogno di un numero così abbondante di “cameriere” oltre al personale del Vaticano?
Non è che anche le “cameriere” saranno state messe li in una posizione ultra- strategica per far sapere al capo della setta delle quale sono adepte tutto quello che si  muove nei sacri palazzi e che magari anche questo rientrasse negli accordi che gli hanno garantito a Ratzinger l’elezione che era stata inconsuetamente “facile”, evidentemente perché qualcuno abile e influente aveva organizzato il tutto per tempo.

Ma davvero questi quattro decenni di vita dei così detti “movimenti” che avrebbero dovuto rianimare la fede flebile che sopravvive nelle parrocchie hanno prodotto così poco dal punto vista della crescita di una vita spirituale nella chiesa?
Quello che risulta visibile appare essere un insieme di sette che si ignorano fra di loro, governate per consentire a delle elites dirigenti di rotolarsi  fra le soddisfazioni materiali del potere e dei soldi.

I Legionari di Cristo
Ma non solo potere e soldi, se andiamo a vedere le  poco edificanti vicende per le quali il Vaticano fuori tempo massimo ,come d’uso, ha azzerato i vertici del potentissimo movimento dei Legionari di Cristo, vedremmo che la causa dell’intervento è stata la sfrenata fame di sesso del suo fondatore, il carismatico Padre Marcial Maciel.
Sarà poco elegante dirlo, ma il potente movimento gestiva con gran pompa anche l’Università Pontificia che aveva fra i suoi docenti il famoso Mons. Georg Gaenswein, segretario del Papa,  questo per chiarire quanto il Movimento stesso fosse bene introdotto nel potere vaticano.
Il fondatore carismatico ne aveva fatte veramente di tutti i colori, ma come tutti i furboni a conoscenza delle debolezze umane era ben attento quando andava in Vaticano o trattava con porpore e monsignori di curia a non presentarsi mai a mani vuote.
E il buon ricordo lasciato nei potenti da quelle mani mai vuote aveva fatto sì che quando il suo segretario aveva giudicato che il troppo fosse diventato troppo e si era recato lui in vaticano per vuotare il sacco non aveva trovato nemmeno un cane disposto ad ascoltarlo,così il giochetto del suo capo aveva potuto continuare ancora per  anni lasciando figli non spirituali ma in carne ed ossa ad ogni angolo del mondo non ostante il voto di castità.
Non stiamo parlando di un movimento esotico o folkloristico, come possono essere ad esempio i carismatici, che si agitano, cantano e celebrano presunti miracoli, ma di un movimento che ostentava uno stile di vita estremamente austero.
Ricordo di essermi trovato una volta nella loro chiesa in piazza Navona, proprio di fronte all’ambasciata brasiliana e di essermi imbattuto in una schiera di giovani pretini del movimento che mi avevano impressionato per il loro numero inconsueto e per il modo di muoversi, molto vecchio stile. Mai avrei potuto immaginare una deriva di quel tipo.
Se torniamo ai documenti del libro colpisce come sempre in modo spiacevole il tono della relazione sulla crisi dei Legionari stesa dall’alto prelato scelto dal papa per fare pulizia che al di la della deplorazione di rito sulla caduta di immagine e sugli effetti della ricaduta dello scandalo sulla credibilità generale della chiesa, non riesce a nascondere che la sua preoccupazione più grande sia per  il subitaneo e forte calo di offerte e donazioni che avevano fatto fino ad allora dei Legionari una gallina dalle uova d’oro per il Vaticano.
Si dilunga addirittura a deplorare il fatto che la crisi economica in atto ha causato una diminuzione del valore degli immobili che potrebbero essere alienati per sopperire al forte calo di entrate dei Legionari.
Almeno un  accenno a chi fatica ad arrivare alla fine del mese a causa della crisi per decenza avrebbe dovuto esserci ma non  pare ci sia.
Sembra proprio che in Vaticano non sappiano pensare ad altro  se non al biglietto verde come dicono in America.

 La fraternità di San Pio X
I cattolici non sanno o fanno finta di non sapere che essendo stata ritirata la scomunica per i Vescovi Lefrebiani,  negatori dell’aggiornamento teologico del Vaticano II, questi sono di fatto un regolare movimento della chiesa anche se l’ipocrisia e l’ambiguità del modo di procedere del vaticano in questa materia raggiunge vertici mai visti prima per cui si può dire a ragione sia che ora siano nella piena comunione della chiesa , sia che ora non ci siano.
Per farla breve, Paolo  VI nel 1976 aveva sospeso a divinis Mons. Lefebre perché negava in blocco tutti i documenti del Vaticano II , che lo stesso papa aveva fatto tanta fatica a concludere.
Papa Montini era stato coraggioso o aveva commesso, senza accorgersene, un errore micidiale scomunicando Lefebre?
Propendo per questo secondo giudizio perché così facendo Papa Montini contraddiceva l’apertura del Vaticano II al pluralismo, senza averne bene valutate le conseguenze.
Sono infatti del parere che la vera discontinuità della teologia elaborata dal Vaticano II avrebbe dovuto essere messa in pratica facendo convivere più indirizzi teologici, culturali, e liturgici.
Questa era la vera novità del Vaticano II che avrebbe fatto superare la vecchia teologia del Concilio di Trento.
Se la linea ultra-tradizionalista lefebriana, che altro non era che proprio la riaffermazione del Concilio di Trento di cinque secoli prima (tra l’altro condivisa largamente fra i tradizionalisti di oggi) avesse allora avuto possibilità di esprimersi in dialettica ad esempio con la teologia della liberazione e le comunità di base, la chiesa probabilmente avrebbe colto la possibilità di rinnovarsi veramente.
Non lo ha fatto e così è probabile che abbia perso l’ultimo autobus utile per non sfarinarsi nell’irrilevanza come avviene oggi.
Tornando al libro di Nuzzi.
La scomunica nella quale erano incorsi i vescovi scismatici lefebriani è stata tolta da Benedetto XVI nel 2009.
Il caso però era finito in prima pagina su tutti i giornali del mondo per il fatto che uno di questi vescovi, un abbastanza sconosciuto Mons Williamson, poco prima dell’annuncio dell’atto di remissione della scomunica ,si era esibito in una dichiarazione pubblica delirante con la quale si diceva convinto che l’olocausto ebraico fosse tutta una invenzione.
Il fatto fece giustamente molto scalpore perché i media si chiesero: ma chi comanda in Vaticano? Come è possibile che il papa non fosse stato avvisato di quella dichiarazione? E’un papa che in realtà non controlla quasi niente o qualcuno degli uomini di punta della curia gli hanno servito una pozione velenosa, senza che potesse rendersene conto, facendo in modo che la notizia non arrivasse alla scrivania papale?
La figuraccia era stata talmente grossa che il papa  stesso aveva dovuto dichiarare che nessuno lo aveva avvisato. Ma la cosa toccava un argomento talmente sensibile proprio nella sua Germania che scoppiò un incidente diplomatico quando niente meno che la cancelliera Merkel in una dichiarazione pubblica disse che il papa doveva dissociarsi in modo chiaro dalla negazione dell’olocausto, non ritenendo sufficiente le dichiarazioni in proposito di Benedetto XVI.
Che strano uomo questo papa, dalle carte pubblicate risulta  che Benedetto XVI ,invece di prendersela con chi gli aveva fatto fare una figuraccia storica, se la prese con il nunzio a Berlino, che a suo parere avrebbe dovuto fare fuoco e fiamme contro la cancelliera.
Eppure da tedesco avrebbe dovuto sapere che gli ecclesiastici, papa compreso, in Germania non possono fare i loro comodi come in Italia, ma devono tenere conto di un’opinione pubblica più evoluta e abituata al suo diritto di critica.
Come d’uso la questione fu lasciata lì sperando che la gente la dimenticasse, come in parte realmente avvenne, ma questo non è  certo un punto d’onore per il Vaticano.
Dicevamo sopra che il fatto che i Lefebriani siano ora un movimento al pari di C.L.; Neocatecumenali ecc. è un’altra vicenda tipica delle ambiguità vaticane.
In curia esponenti autorevoli dissero che per diritto canonico presbiteri e diaconi Lefebriani per essere “riammessi alla piena comunione” avrebbero dovuto fare un atto esplicito di richiesta.
Altri, seguendo il solito sistema dei due pesi e due misure dicevano invece che il problema del pieno ritorno era tanto importante per evitare che alla seconda generazione di preti lefebriani non importasse nulla del ritorno, che non era il caso di formalizzarsi in ulteriori richieste.
E avanti così con lo stesso metodo, i conservatori cioè quasi tutta la curia ,deve avere pensato : non parliamone più che tanto quando ne riparleremo tutta la chiesa dopo la cura Ratzinger la penserà più o meno come i Lefebriani e quindi non ci sarà più nulla da discutere.

Il sacerdozio femminile secondo Ratiziger è stato definito impossibile con dichiarazione “infallibile e per sempre”
Nuzzi è un bravo giornalista baciato dalla fortuna che gli messo nelle mani degli scoop incredibili, ma probabilmente, anche se avrà cercato di fare dei corsi serali di aggiornamento in teologia, non credo si trovi troppo a suo agio su questi argomenti.
Pensavo a questo leggendo il carteggio riportato dal libro che parla del caso del vescovo australiano Mons William Morris di Toowoomba, vicino a Brisbane, diocesi che si estende per un territorio gigantesco.
Il carteggio riporta il fatto che nel 2006 il Vaticano ha cominciato ad interessarsi di questo sconosciuto monsignore non perché interessassero qualcosa delle enormi difficoltà che questo presule trovava nel portare avanti la sua missione in un territorio di dimensioni impressionanti con un numero sproporzionatamente insufficiente  di preti, ma perché il medesimo trovandosi in una situazione insostenibile aveva pensato con senso pratico che anche in Vaticano avrebbero capito che a mali estremi, estremi rimedi sono la risposta appropriata.
Aveva ragionato quindi in termini puramente  razionali : se qui i preti proprio non ci sono né ci saranno, occorre rivolgersi all’altra metà della luna e consacrare preti delle religiose o delle laiche preparate.
Ma dato che anche queste non basteranno a risolvere il problema, occorrerà superare le fumosità dogmatiche che ci dividono e fare squadra con i luterani, perché non fare dire messa in queste lande sperdute a pastori protestanti?
E poi come fanno i preti da queste parti, avendo pochissimo tempo da dedicare alle singole presone a dilungarsi in mezze giornate di confessioni auricolari singole?
Non sarebbe più ragionevole da queste parti procedere con riti di confessione e di assoluzione di massa?
Che fanno in  Vaticano? Terrorizzati dalle audacie del Monsignore spediscono in quel posto sconosciuto l’arcivescovo americano di Denver perché controlli e riferisca sulla situazione di quella diocesi.
A questo punto ci si  chiederà, cosa mai centra Denver, Colorado, città florida per i suoi servizi di logistica e di vasto impiego pubblico, senza alcuna relazione con una cittadina del Qeeinsland australiano, conosciuta come grande produttrice di fiori.
La relazione non va cercata quindi nelle eventuali vicinanze di condizioni economiche o sociali ma nella pura ideologia quasi partitica.
Si viene infatti a sapere infatti che una organizzazione americana dell’ultradestra religiosa e politica la “Temple  Police” si era preoccupata con notevole tempismo di denunciare al Vaticano quel “prete disobbediente” essendo dedicata a questa missione, trovando subito evidentemente attenta e interessata eco in Vaticano.
Ma il  peggio deve ancora venire.
La cosa finisce sui giornali e Mons Morris che non è un agnellino si difende, il Vaticano si spaventa e la cosa passa alla Congregazione per i vescovi.
Nel carteggio appare  una dettagliata lettera di istruzione alla Congregazione sull’argomento redatta niente di meno che dal papa in persona, che così dimostra di essersene occupato direttamente.
Quello che spaventa è non solo la totale chiusura del papa a qualsiasi argomento di fatto che possa incoraggiare una qualche eccezione a una dottrina (quella sul sacerdozio femminile) che è orami accettata solo in Vaticano, ma la rigida e categorica affermazione  del papa regnante che dice “il Santo Padre Giovanni Paolo II ha deciso in modo infallibile e irrevocabile che la chiesa non ha il diritto di ordinare donne al sacerdozio”
L’affermazione, Nuzzi non lo coglie, ma è di una gravità estrema.
Prima di tutto perché contiene in due righe almeno quello che la maggior parte dei teologi considererebbe banali errori teologici.
1-pure accettando la dottrina dell’infallibilità pontificia (cosa in realtà non accettata da un elevato numero di teologi) questa è notoriamente limitata a pronunce ex cathedra “ che si verificano  quando viene proclamato un nuovo dogma o affermata una dottrina in modo definitivo come “rivelata” con ciò stesso richiedendo una solida base di appoggio nei Vangeli.
Accenno solo perché se non si può capire il senso, solida base significa in ermeneutica una affermazione univoca e non equivoca; ripetuta in più passi ; da più Evangelisti; non in contrasto con lo spirito unitario del messaggio evangelico.
Purtroppo  Papa Woytila aveva invocato nella sua dichiarazione la solennità della pronuncia ex cathedra e il San’Uffizio di Ratzinger l’aveva avvallata, ma questo non toglie che un gran numero di teologi continua a ritenere che il fondamento scritturale di una tale affermazione  sia troppo evanescente o non esista del tutto per basarci sopra una dichiarazione ex cathedra;
2-la materia è ritenuta non solo dalla teologia, ma soprattutto dalla storia della chiesa, come niente più di un uso, condiviso in certe epoche si, e in certe epoche no, e quindi al di fuori dal campo delle pronunce dogmatiche proprio per il fatto che il fondamento preciso univoco e vincolane nella scrittura proprio non c’è, a meno di arrampicarsi sugli specchi come aveva fatto appunto Papa Woytila quando fondò la sua pronuncia sul solo e debolissimo argomento che Cristo non  risulta avesse chiamato donne fra gli apostoli.
Non si era chiesto qual’era il ruolo della donna in una società pastorale di duemila anni fa e se fosse sensato lasciarlo a quello stadio ?   
Come si vede il ragionamento non sta in piedi, peccato però che gli ultimi due papi lo abbiano fatto proprio son sicumera e con l’intenzione esplicita di chiudere in tal modo il discorso.
Poi è successo quello che accade sempre in Vaticano, senza dare nell’occhio si invita il prelato giudicato inguaribile nelle sue posizioni non –ortodosse a dimettersi, se non lo fa interviene il papa di autorità.
Del tutto poi si da meno notizia possibile.
I Vaticanisti,però, che ovviamente conoscono  i loro polli, sanno che il metodo più sicuro per rilevare quanti vescovi sono stati buttati fuori in un anno più o meno alla chetichella è confrontare la stampa annuale più recente dell’Annuario Pontificio, con quella dell’anno prima e vedere nell’elenco dei vescovi quanti nomi sono scomparsi, pur non essendo defunti per niente.
Con Mons. Morris è successo proprio così,espulso per eccesso di progressismo.
Va detto per completezza che non vengono buttati fuori solo i progressisti, ma a volte anche gli ultra-conservatori.
Chi non è in linea è messo fuori che sia a destra o a sinistra, con buona pace del principio del pluralismo culturale emerso dal Vaticano II.

Arrivati a questo punto mi pare che le cose essenziali elencate nel libro di Nuzzi siano state indicate, ora è opportuno ragionare sulle conseguenze.
A me sembra che da documenti dai quali emergono le gravi discrepanze che sopra abbiamo segnalato fra quello che ci aspetta dai preti e invece quello che succede tutti i giorni al vertice istituzionale della chiesa occorrerebbe trarre delle riflessioni molto più radicali di quelle che si sono fate finora lasciando le cose come stavano.

La questione di fondo è quella del vertice della chiesa che ha voluto essere uno stato.
Ha ancora un senso questo fatto?
Tutti sappiamo e non da oggi che il cattolicesimo in Italia ha delle caratteristiche uniche nel senso che esistono solo nel nostro paese e non hanno corrispondenti negli altri paesi che per comodità indichiamo come “cattolici”.
La peculiarità più evidente è  il peso sproporzionato che le pronunce del vaticano e della chiesa hanno nelle televisioni e nei giornali italiani.
A questo peso mediatico corrisponde come conseguenza speculare un peso altrettanto sproporzionato a  livello politico.
Ripeto un dato estremamente significativo : dai dati della curia di Milano risulta che a Milano città la percentuale dei cattolici praticanti sia scesa al 10%.
Di conseguenza non è affatto azzardato dire che la chiesa in  Italia conta ora o è destinata a contare nel più prossimo futuro appunto niente di più di quel misero 10%, ma un peso nella politca e nei media come se superasse il 50% e fosse maggioranza.
Questo rende in Italia i rapporti con la chiesa istituzione particolarmente complicati, perché quelle sproporzioni sono ovviamente sfruttate all’osso dalle gerarchie ecclesiastiche che fingendo di contare per oltre il 50% di fantasia e non per il 10% reale, impongono i loro punti di vista per lo più medioevali e non condivisi neppure dalla maggioranza dei cattolici praticanti esigendo leggi  dello stato italiano che li facciano propri.
Stesso discorso per il perdurare di un finanziamento statale alla chiesa basato su un sistema piuttosto truffaldino, quello dell’8% ,che con il 35% di adesioni espresse sul modulo 730 portano alle casse della chiesa italiana il 90% del monte premi, un miliardo e solo il 20% di quel miliardo,e quindi ben diversamente da come appare dalla pubblicità televisiva, va a iniziative caritatevoli.
C’è poi l’assurda situazione di uno stato che paga gli insegnanti di religione per fare un’ora di propaganda religiosa cattolica sempre come se i cattolici fossero la quasi totalità della popolazione mentre sono attorno sempre al solito 10% senza avere alcuna voce in capitolo sulla loro selezione che è di competenza delle curie, quando le altre religioni in un mondo ormai inesorabilmente multiculturale ed a maggioranza non occidentale le altre confessioni rimangono sconosciute.
Ci sono poi le esenzioni dell’Ici ecc. ecc.
C’è poi lo Ior la banca vaticana che l’Unione Europea ha elencata nella Black list dei paradisi fiscali aperti al riciclaggio di danaro sporco invitando l’istituzione ad adottare regole di minima trasparenza per poterla togliere da quella lista infamante per una istituzione religiosa.’
C’è l’incredibile situazione della sanità in gran parte occupata o direttamente dal vaticano con sue strutture o governate dal potere di CL, una setta minoritaria in grado però di costringere al  conformismo ad esempio la quasi totalità dei ginecologi italiani, abusando del diritto di obiezione di coscienza per impedire l’attuazione di quanto prescritto da leggi della Repubblica come la 194 sull’aborto.
Si verifica così che una setta di una confessione religiosa che risulta avere il 10% di praticanti spinga il 90 % e rotti dei ginecologi a diventare improvvisamente devoti cattolici contro ogni evidenza statistica.

E infine c’è la cosa principale che è la filosofia di fondo di una chiesa che vuole essere stato.
Come diventa stato una chiesa accetta l’inaccettabile per una chiesa : l’immoralismo, cioè i due pesi e due misure nel criterio morale : un giudizio come quello imposto all’osservanza di ogni mortale qualunque di fede cattolica, e un altro giudizio morale  magari di segno opposto, dettato e giustificato dalla ragion di stato, non “ad maiorem dei gloriam”  come dovrebbe essere , ma solo per la sopravvivenza ed il prosperare dell’istituzione.
E  infatti non esiste un’altra chiesa o religione al mondo che abbia mai preteso di non potere esistere se non attraverso la gestione di uno stato.
E’penoso doverlo dire ma solo gli islamici sunniti di confessione talibana operano per avere uno stato, ma sono milizie a conduzione laica ed elettiva anche se inseguono il disegno arcaico e anacronistico di ricostruire il califfato.
Il caso dell’Iran è particolare nel senso che contempla elementi del clero negli organi costituzionali, ma con pesi e contrappesi e con un potere di controllo di elezione e di destituzione anche della Guida Suprema da parte di organi collegiali eletti non  clericali, tutti elementi di bilanciamento del potere e di garanzia sconosciuti in Vaticano.
Come mai nel così detto mondo cattolico non si sviluppa un dibattito su questo argomento ?
Perché la patata bollente interessa non  solo i cattolici italiani, ma certo più loro che gli altri.
Tedeschi, Francesi ecc sono interessati in modo più lontano e platonico perché in casa loro il vaticano può fare e conta ben poco e quindi che abbia o non abbia uno stato in Italia li lascia abbastanza indifferenti.
Come mai allora in Italia non se ne parla affatto anche se ci si indigna per le incoerenze che emergono dai documenti dei quali ci siamo occupati sopra?
Eppure non è difficile fare due più due e rilevare che se il papa non fa il papa, i cardinali non fanno i cardinali, i preti non fanno i preti perché sono occupati in presunti affari di stato cioè di politica soldi e affari la ragione di fondo sotto la quale si possono nascondere è quella : lo stato che tutto giustifica.
Sorprende che in Italia anche la parte adulta del cattolicesimo, che pure esiste, non si ponga questo problema di fondo, come se fosse una cosa normale che la chiesa sia uno stato, cosa che collide in modo radicale con il messaggio evangelico.
Si può dire tutto quello che si vuole su chiesa istituzione e il rapporto fra chiesa e potere, ma che la posizione di Gesù di Nazaret sul potere sia evidente e in netto contrasto con la chiesa - stato che il vaticano ha preteso per sé è innegabile.
Ma qui non c’è teologia che tenga, questo non è un problema che si possa risolvere con delle alchimie dialettiche.
Su questo problema non sono possibili soluzioni alla vaticana, su questo problema o si è  di quì o si è di là.
Come i lettori sapranno nemmeno il concilio di Trento, è riuscito ad approvare dichiarazioni vincolanti per limitare il potere della curia.
Eppure si trattava di quel concilio che ha elaborato la teologia sistematica tutt’ora  vigente, cioè quella montagna di dogmi e di regole  che hanno ingessato le istituzioni ecclesiastiche per gli scorsi cinque secoli  , dogmi, gran parte dei quali non hanno mai avuto né alcun reale sostegno nei Vangeli, né sopratutto non hanno mai avuto un avvallo sostenibile a livello di argomentazioni logico- razionali (dalla Trinità al peccato originale ai sacramenti e sopratutto la confessione, studiati per ragioni di controllo sociale e politico invece che per ragioni spirituali) .
Se sono riusciti a difendere coi denti il loro potere per più di cinque secoli,non saranno mai papa e cardinali e vescovi a chiedere di essere alleggeriti dalla camicia di forza dello stato vaticano,con tutte le sue propaggini, perché la presenza dello stato,come detto sopra ,apre la strada al doppio binario , alla doppia morale ed all’uso ed abuso dei soldi, di tanti soldi.
Questa sembra una situazione analoga a quella dei partiti italiani.
Sono decotti, chiaramente anacronistici, guidati da una casta che non riscuote più il consenso e la fiducia di nessuno, ma non saranno mai le loro caste dirigenti ad emendarsi.
O li si caccia via o rimarranno lì per sempre.
L’analogia sembra azzardata o irriverente?
Non credo.
La storia insegna che il gioco del potere dura fin quando il popolo riveste di sacralità la figura del principe.
Omnis potestas a Deo. Questa strampalatissima massima di san Paolo, che non ha nulla di cristiano né di evangelico, è stata capace di condizionare la storia dell’Occidente fino alla Rivoluzione Francese.
Allora si è imposto con la modernità l’altro e opposto principio : la potestà appartiene al popolo.
La chiesa da allora ha subito, ha concesso il minimo indispensabile per poter sopravvivere, ma non si è mai confrontata culturalmente con la modernità e la democrazia.
Gli stati sono sopravvissuti alla modernità ed alla democrazia perché i loro popoli hanno fatto propri quei principi imparando ad autogoverni.
La storia ci dice che non sono stati per niente i sovrani assoluti ad aprire le porte alle democrazie, facendo concessioni.
Sono stati i popoli a cacciarli per autogovernarsi.
Il linguaggio sarà anche duro, ma mi sembra ben difficile poter contestare le argomentazioni svolte.
E allora con la chiesa non si vede per quale ragione le cose debbano  andare diversamente.
O sarà il popolo cristiano a decidere di autogovernarsi dal basso o tutta la montagna si sfarinerà anno dopo anno per consunzione.
C’è consapevolezza di tutto ciò nel popolo cristiano? In Italia non si direbbe, se non in realtà di base veramente “di nicchia”.

Ma tutti quelli per cui “un’altra chiesa è possibile” sapranno mai fare rete per autogestirsi?

Oggi accorerebbe avere il coraggio di andare avanti fino allo scisma pur di liberasi da un apparato gerarchico che sta portando la chiesa ad estinguersi

E’ certo dalle rivelazioni di sociologia religiosa che i cattolici aduli o progressisti anche in Italia esistono e sono un numero rilevante.
Ma non sanno fare rete. Non sanno farsi coraggio, soffrono ancora troppo il peso di una gerarchia, che vedono ancora rivestita di una sacralità, che obiettivamente ha perso e da un pezzo.
Possibile pensare che i manager, che vengo fuori dal libro di Nuzzi possano essere visti come  coloro che detengono  ancora “le chiavi del regno”?
Possibile ragionare ancora in un modo così infantile, senza esercitare un minimo di senso critico.
E soprattutto perché perdonare e condonare quelli che in prima fila e sotto le telecamere di tutto il mondo tradiscono ogni giorno i più elementari precetti evangelici?
Capisco le difficoltà che si incontrano in Italia, ma cominciano ad irritarmi anche quei coraggiosi “preti di strada” i don Rogoldi, Don Ciotti,  Don Gallo, Don Colmegna e moltissimi altri meno noti ma al lavoro tutti i giorni che a un certo punto, che ritengo ormai arrivato, non sanno anche dire : ora basta, ora facciamo da noi.
Ci buttano fuori? Pazienza se la nostra gente è con noi.
Hanno avuto questo coraggio i Lefebriani e non ce l’hanno i più vicini allo spirito evangelico?
Ma come si  spiega questa anomalia?
Arriverebbe la scomunica ?,  ma certo che arriverebbe, ma  è più importante la legge o la verità?
Capisco e rispetto al massimo grado un Card. Martini che pur nelle condizioni  di salute nelle quali si trova da tempo aveva perfino rischiato il linciaggio mediatico della curia buttando là l’idea di convocare un concilio di rinnovamento radicale, sapendo che sarebbe finita come è finita, ma consapevole di rendere un servigio alla verità.
Dopo una vita da biblista, passata per consolidare il metodo storico critico dei testi, a fine carriera ha dovuto trangugiare il boccone amaro di un papa che ritiene di avere qualcosa di importante da dire scrivendo una vita di Gesù impostata esplicitamente per dire che il metodo storico critico (accettato in tutto il mondo cristiano) cioè il metodo usato dai biblisti per individuare chi era veramente il Gesù di Nazareth storico, non avrebbe la minima importanza, perché il Cristo vero sarebbe quello delineato dalla dogmatica tradizionale,quand’anche da un punto di vista storico risultasse completamente inventata.
Martini quindi ha già dato.
Ma gli altri? I mille e mille pretini di parrocchia, di oratorio e di Grest, che si rendono conto benissimo del fatto che la chiesa gerarchica predica alla luna, non riescono almeno a sognare un atto di coraggio?
E i teologi progressisti?
Certo onore a loro sia sul piano intellettuale sia sul piano del coraggio personale.
Ma a questo punto non basta più.  Da loro è venuta una revisione radicale della vecchia teologia, ma oggi non basta più se non fanno il passo successivo capace di dare una base teorica a chi dovrebbe costruire “l’altra chiesa possibile”.
Non bastano più le pur coraggiose prese di posizione ad esempio di un Hans Kueng che denuncia la teologia di Ratzinger come responsabile della crisi della chiesa senza denunciare l’insostenibilità di questa struttura gerarchica che vuole essere  addirittura anche stato.
A che serve continuare a ripetere che la gerarchia deve emendarsi.
E’ tutta la struttura che va abbandonata.
Come  non capisco Mancuso.
A lui il mondo cattolico italiano deve la massima riconoscenza per avergli dato il quadro teorico per affermare l’orgoglio di chi ora può dire che anche i cattolici sono in grado di usare della razionalità per affermare sé stessi.
Ma non gli viene ancora il colpo d’ali che consenta di dire che questa gerarchia va lasciata da sola e che occorre costruire una’altra chiesa possibile dal basso.
E i veri responsabili del disastro, cioè i laici, che ancora ci credono e sanno dal Vaticano II che la chiesa sono loro?
Se un’altra chiesa è possibile in teoria che la si crei dal basso, se non si fa nulla allora vuol dire che non si è troppo convinti.
A Milano abbiamo detto che i cattolici praticanti sono al 10%, a Parigi sono al 4% a Copenhagen non ci sono più.
Non c’è più molto tempo, come si vede.
Ai tempi della Riforma per fare la rivoluzione nella chiesa occorse il coraggio del  frate agostiniano Martin Lutero, perché la società allora era in pieno assolutismo e il grado di scolarizzazione escludeva in modo categorico che si potesse mettere insieme un movimento dal basso.
L’iniziativa poteva venire solo da un membro del clero in questo caso regolare.
La Rivoluzione Francese era allora lontanissima.
Oggi rispetto ai tempi di Lutero è cambiato tutto sia nel campo civile, sia in quello culturale ed in piccola parte anche su quello clericale.

Ad esempio l’idea veramente innovativa del  Vaticano II dei laici con la dignità di “popolo di dio” , corrisponde alla evoluzione in campo civile  dal concetto di “suddito” a quello o di “cittadino”.
Di conseguenza  se oggi manca il coraggio a vescovi monsignori preti e frati , sono i laici che potrebbero e dovrebbero gestirsi, se hanno una fede appena appena adulta.
Certo se sono ancora cattolici per i quali la principale motivazione della fede consiste nel contrastare col  loro atto di fede la paura dell’inferno, allora non resta molto da discutere.

Veniamo allora al dunque : perché una persona oggi cerca la religione e si dice credente?
E la chiesa come sa rispondere alle esigenze più di base di un credente?
Non è poi così difficile rispondere a questa pur ponderosa domanda, perché i sondaggi e le analisi di sociologia religiosa vengono incontro.
Oggi, come ieri la molla principale che spinge ad una religione non è tanto la generica necessità di cercare quelle che si definiscono le risposte di senso” sulla vita (chi sono, dove sono e dove vado) perché a queste domande da risposte all’uomo d’oggi  forse più articolate e convincenti la filosofia. La motivazione prevalente che spinge verso una fede religiosa risulta essere  molto personale e meno teorica : il desiderio di poter rivedere i propri cari che non ci sono più sulla terra.
Questo è assodato.
In ben venti secoli la teologia cattolica tradizionale ha costruito delle montagne di dogmi di teorie e di norme ma a questa che è la madre di tutte le domande non è andata oltre che una elementare   risposta : Cristo ci ha detto che li rivedremo e quindi sulla sua autorità noi fondiamo la speranza cristiana di rivederli.
In venti secoli non si è trovato di meglio e di un po’ più convincente.
Andiamo a vedere la più coinvolgente delle liturgie alla quale si possa assistere per le particolari condizioni psicologiche della circostanza . quella dei funerali.
Il discorso è sempre e solo quello, ampliato o attualizzato secondo le capacità del sacerdote celebrante.
E’ impressionante che nel momento del massimo bisogno il cattolico  si trovi a sbattere la testa contro un discorso così misero.
L’argomento “ad auctoritatem” ha esaurito la sua spendibilità con l’avvento del mondo moderno.
Pensiamo alla garbata ma radicale ironia del cattolicissimo Manzoni sull’uso dell’argomento “ad auctoritatem” impiegato dal famoso Don Ferrante per disputare sulla peste.
Nel mondo moderno cioè da oltre due secoli a questa parte si è convenuto che qualsiasi affermazione va basata su una sua coerenza logica e sulla possibilità di argomentarla con evidenze di tipo razionale.
Una affermazione appoggiata sul  solo ricorso “ad auctoritatem” non è più considerato sensato.
Ma la chiesa nel momento di massimo bisogno non sa offrirci di meglio e questo   è un puto di debolezza pesantissimo.
Un qualunque difensore d’ufficio del cattolicesimo a questo punto proporrebbe una obbiezione ovvia, dicendo, ma la scienza sa fare di meglio?
La risposta è no per certi aspetti e si per certi altri.
Ma è chiaro che l’obbiezione sopra riportata largamene usata in campo clericale non è corretta perché è fondata su un salto  logico inaccettabile dal piano delle scienze umane a quello della scienza sperimentale.
Occorre rimanere sul piano delle scienze umane (filosofia ecc) e in questo ambito trovare argomenti razionalmente convincenti, quello che propone la chiesa da secoli senza ulteriori elaborazioni non  è affatto convincente.
Questo discorso lo approfondirò in altra sede, qui lo ho accennato per dire che la risposta che da la chiesa alla madre di tutte le domande non è convincente ed è quindi un punto  debolezza pesante.

 Conclusione e considerazioni finali
Abbiamo visto quindi nello sviluppo del discorso quanto segue:
-la situazione attuale della chiesa è di crisi e in via di peggioramento costante sul piano di fatto (chiese vuote, seminari vuoti, preti sempre meno, praticanti in calo continuo)
- questa chiesa che sta attraversando una crisi  sistemica si trova per di più a subire scandali continui che ne minano in profondo la credibilità (pedofilia, corruzione, carrierismo)
-la gente comincia a non sopportare più l’inadeguatezza della gerarchia e ancora di più la sua vistosa incoerenza rispetto alle più elementari prescrizioni del messaggio evangelico.
- la gerarchia non viene ancora fischiata dalla gente (salvo i casi per ora limitati nei quali questo avviene di già) perché gran parte di chi è ancora cattolico basa la sua fede su argomenti infantili acritici e continua a tributare alla gerarchia un ossequio per abitudine rivestendola di una sacralità che collide con i problemi prima elencati.
-a questo punto non sembra bastino più i preti di strada o i tanti volonterosi preti di parrocchia che operano senza curarsi più di tanto dell’orientamento dottrinale della gerarchia o i teologi progressisti per salvare questa chiesa dalla deriva, occorre che dal basso si formi e si delinei un’altra chiesa possibile anche in posizione di scisma rispeto a questa gerarchia non emendabile né riformabile
-dire se questo succederà non è facile soprattutto in Italia ma appare ceto che l’alternativa sarebbe solo la deriva della attuale chiesa verso una sempre più assoluta irrilevanza
-sarebbe sensato di fronte a prospettive così radicali evitare di buttare il bambino con l’acqua sporca e cioè salvare la parte autentica del messaggio evangelico e di tutto quello che in due millenni l’ispirazione cristiana ha portato di positivo nel progresso della civiltà umana
-oggi però anche una chiesa che si salva se si avrà il coraggio di costruire una nuova chiesa possibile dal basso, dovrà riconoscere che si potrà più riproporre il discorso di tipo la mia fede è l’unica vera ed è migliore di tutte le altre.
Oggi chi avrà la capacità di argomentare le ragioni per dirsi ancora cristiano non potrà che dirsi cristiano ,ma non solo cristiano, perché sarebbe folle nel complesso mondo di oggi fare a meno dell’apporto anche della elaborazione delle altre tradizioni religiose , della scienza e delle scienze umane.






  

domenica 3 giugno 2012

No caro Papa,avanti così mandi la chiesa a fondo

Nei felici giorni del Vaticano II si era discusso a lungo sulle “manifestazioni trionfalistiche” della chiesa, dai congressi eucaristici alle varie giornate, come quelle appena concluse fra Milano e Bresso. Non mi pare che quel Concilio sia pervenuto a dichiarazioni formali in materia vincolanti per il futuro, ma certo aveva registrato un cambiamento di sensibilità abbastanza radicale. Le parole chiave di quel concilio : scelta di campo a favore dei poveri e apertura al verso un pluralismo culturale erano antitetiche a quel tipo di manifestazioni. Sappiamo purtroppo come le cose sono andate dopo, quando a un Paolo VI papa ascetico è succeduto un Giovanni Paolo II, papa attore, grande attore, ma sempre attore e la chiesa è diventata un grande teatro con al centro lui. Con papa Ratzinger le cose sono andate da subito di male in peggio. Una serie di mosse sbagliate dal discorso di Ratisbona contro i musulmani; al blocco di un vero dialogo ecumenico con le altre religioni, proprio quando ovunque si registrava il nuovo fenomeno di migrazioni epocali; alla gestione dello scandalo dei preti pedofili affrontato fuori tempo massimo e in modo ambiguo; alla gestione dei soldi aperta a nefandezze incredibili, venute alle luce insieme alle carte dello Ior; a una linea dottrinale ferma sulla difesa di posizioni dogmatiche intrinsecamente bacate, alle quale non crede più nessuno; al non voler mettere mano nemmeno almeno a una riforma radicale di una morale sessuale insensata che impedisce il riconoscimento della parità della donna nel clero, al matrimonio dei preti ecc; ciliegina sulla torta in Italia all’appoggio dato dalla chiesa a un berlusconismo sconcio nel suo vistoso immoralismo per ben diciotto anni; all’insistere sulla priorità della così detta bioetica, dimostrando una totale distanza da come la pensa la gente. Partendo da questa storia di sconfitte e di quasi disastri si arriva al finimondo della pubblicazione di una parte della non edificante corrispondenza di papa e curia che mette in evidenza l’esistenza di lotte al coltello all’interno della curia vaticana nei giorni scorsi. In questo contesto si celebra l’ennesima giornata trionfalistica per dar da bere alla gente il messaggio di una chiesa in ottima salute pronta ancora a osannare quello stesso papa e codazzo di cardinali, come se niente fosse successo e tutto andasse bene. San Siro e Parco Nord pieno di bimbetti coi loro genitori, che successo! strombazzano televisioni e giornali, con lo stesso spirito critico dei tempi di Benito Mussolini. Mi permetto di fare due piccoli “conti della serva”, come si diceva una volta, dando fiducia all’aritmetica che non mente mai. La mia diocesi ha portato a Milano 300 persone. Nella mia diocesi ci sono 100 parrocchie. Ora mi chiedo, dal momento che 300 diviso 100 fa notoriamente 3, si può dire che è stato un grande successo reperire tre pie donne per parrocchia e portarle a Milano per applaudire il papa, qualsiasi cosa dica? Direi di no. Se si vuole dimostrare di essere forti anche quando non si conta più un gran che ma si dispone ancora di soldi e di organizzazione sul territorio il gioco è facilissimo. Si pensi alla famosissima adunata oceanica della Cgil al Circo Massimo con Cofferati qualche anno fa. Una prova di forza mediatica impressionante ma tutti sanno che il sindacato conta sempre meno, e la manifestazione oceanica non sposta il problema di un millimetro. Quella di Milano non è stata affatto una manifestazione oceanica. San Siro lo riempiva anche Tettamanzi quando riuniva i cresimandi come ordinaria amministrazione, tutti gli anni. Milano sarà in crisi ma non è un paesino. I problemi che il raduno di Bresso non ha nemmeno affrontato sono ancora li e pesano. Prima di tutto la presa di coscienza di quanto conta oggi la chiesa, cosa che dovrebbe sconsigliare per l’avvenire il ricorso a queste manifestazioni trionfalistiche che mostrano una realtà che non esiste più e quindi indirettamente ingannano i fedeli e fanno arrabbiare i non fedeli. Dai dati reperibili anche sul modernissimo sito della diocesi di Milano si evince che i cattolici praticanti oggi a Milano sono il 10% della popolazione. E’ sensato che quando questa minoranza decide di farsi una bella autocelebrazione si blocchino per giorni le comunicazioni di tutte le aree a nord di Milano addirittura con divieto di circolazione? Non è che con queste manifestazioni imposte a tutti saranno più i cittadini incavolati di quelli contenti e partecipanti? Ancora l’aritmetica è nettamente a favore di questa affermazione, saranno molti di più gli incavolati, che oltre tutto sono già incavolati per la crisi economica. Questa manifestazione per la “consecutio temporum” degli eventi che abbiamo elencato sopra sottolinea poi il problema non risolto e nemmeno messo in discussione della gestione della chiesa, che la gente dentro di sé non può non sentire come irrimediabilmente anacronistica, ingiusta e inaccettabile. Il medio evo e l’età dell’assolutismo sono finiti da secoli, non si può far finta di niente. La chiesa non può continuare ad essere governata senza nessun meccanismo di controllo, di partecipazione del popolo alle decisioni, di garanzia per le minoranze, cioè di chi la pensa diversamente. Il papa è arrivato a Milano in un momento di bassa assoluta del “consenso” a lui favorevole, si direbbe se fosse un politico. Però la manifestazione impone di applaudire una persona con la quale, se rimaniamo coi piedi per terra affidandoci all’aritmetica, il 90% di Milanesi, non cattolici praticanti, è indifferente o ostile. Del rimanente 10% (cioè dei cattolici praticanti) si stima la metà, ma probabilmente di più non condivide quasi nulla della teologia e comunque della linea di questo papa. Però la chiesa è organizzata in modo che il dissenso non è previsto e quindi non ha né spazio, né voce, anche se probabilmente è metà e metà, se non addirittura maggioritario nel mondo cattolico. Il papa si può solo applaudirlo qualsiasi cosa dica. E’ possibile che al giorno d’oggi, in una delle metropoli più avanzate di questo mondo si pretenda di fare accettare una simile assurdità? Certo che si può e infatti lo si è fatto, ma se questa linea sarà portata avanti, a Milano la chiesa fra non molto arriverà dal 10% attuale di cattolici praticanti al 4% attuale di Parigi, cioè non avrà più alcun peso pratico nella vita sociale. Onore al sindaco Pisapia che non ha avuto paura di dire in faccia al papa che occorre salvaguardare ogni forma di unione familiare. La borghesia milanese con la sua elezione si è svegliata da un sonno mortale. Ma la chiesa continua nel suo sonno mortale. Sopravvive grazie ai non pochi preti e laici che rifacendosi direttamente a Gesù di Nazareth invece che alle gerarchie ecclesiastiche si dannano a favore della gente che ha sempre più bisogno e bisogni. Onore anche a loro, ma così non si può andare avanti, bisogna uscire allo scoperto e contestare questo andazzo e queste gerarchie che assomigliano sempre più ai politici, non rappresentano più niente e nessuno. Il giochetto di ammantare di sacralità il papa cardinali vescovi e preti è durato finora ma non durerà a lungo esattamente come è successo in politica. A un certo momento il bambino, come nella favola di Andersen, griderà la verità : “il re è nudo” e tutta l’impalcatura del potere sarà crollata. Che la gerarchia si occupi di potere e non di spiritualità è sempre più evidente. La “sacralità” dell’autorità finirà nel nulla, non sarà più riconosciuta dal popolo. L’impalcatura è giusto e salutare che crolli perché è marcia, ma attenzione a non buttare via il bambino con l’acqua sporca. Diciamolo chiaramente la gente, soprattutto in Italia, non ha una cultura adeguata per sostituire i preti con filosofi e scienziati come fanno già le élite avanzate del mondo moderno globalizzato. Se abbandonasse i preti cadrebbe nell’adorazione del nulla televisivo-consumistico, servito dall’anti cultura berlusconiana. L’enorme ricchezza culturale e spirituale che il cristianesimo ha lasciato nei secoli va ripulita, non buttata via perché è tutt’ora una ricchezza formidabile. Sia chiaro non è l’unica a disposizione, ci sono infatti anche filosofia, scienza e le altre tradizioni religiose, che sono a disposizione dell’uomo moderno, ma la gente non è ancora preparata a ragionare in questo modo in Italia. Se però la cecità e l’incapacità di questa gerarchia cattolica, accompagnata alla speculare incapacità di reagire e a farsi sentire di chi dissente nella chiesa, porteranno a continuare sulla stessa strada sbagliata il risultato sarà quello che dicevamo di Parigi 4%.