giovedì 25 settembre 2014

Renzi : non mi piaci e mi sei anche un po' antipatico, ma se non ce la fai tu, arriva la Troika.
Però io non so se tu sei migliore della Troika



In un panorama di informazioni grigio, grigio, tutto occupato da un pretestuoso dibattito sull'art 18, ieri è successo l'impensabile.
Il compito e misurato direttore del principale giornale italiano, il Corrierone di Via Solferino, ha scritto un articolo di fondo contro il presidente del consiglio in carica, di una tale violenza, che nessuno ricorda di avere mai visto pubblicato da tale giornale nulla del genere.
Poche righe, ma ogni parola era una stilettata.
Tutti sanno ,che DeBortoli sta per lasciare la direzione di quel giornale, dopo parecchi anni di più che onorato servizio, ma se voleva togliersi i sassolini dalle scarpe, come si usa dire, di sassolini ne aveva veramente parecchi.
Oggi, praticamente tutti i giornali hanno parlato di quell'articolo, come fosse la più importante notizia della giornata di ieri.
Il guaio è che le affermazioni che ha fatto, sono praticamente tutte da sottoscrivere, perché  sono di tutta evidenza e infatti le avevamo già elencate e valutate in questo blog in  diversi articoli precedenti ed in particolare in quelli del 9 agosto;13 agosto e 10 settembre scorsi.
Affermazioni di  tutta evidenza, salvo due.
La previsione, che all'inizio del prossimo anno si dovrà eleggere il capo  dello stato, che appunto è solo una previsione.
E la qualifica del patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi, come una presunta opera di vecchia e stantia massoneria.
Come si diceva, non è possibile dimostrare che l'una e l'altra affermazione abbaino una qualche evidenza, perché la cosa è indimostrabile.
Ma proprio per questo, qui sta il massimo dell'interesse.
Se DeBortoli decide di mettere in gioco la reputazione e  il grande prestigio, che si è conquistato alla vigilia della sua dorata pensione, che sicuramente sarà accompagnata da qualche altro incarico, di adeguato livello,
è perché l'autore è ben sicuro di quello che ha scritto.
Ma allora, è vero, che il patto del Nazareno contiene molte più clausole, di quelle, che i firmatari dell'accordo stesso vogliano far sapere, anzi che proprio non ci vogliono far sapere.
Ci sarebbe dentro anche il nuovo Presidente della Repubblica.
E se c'è quello, che è il vertice della piramide, volete che non ci sia anche tutta la piramide?
Ed allora, altro che accordo verbale, per fare in fretta e furia una legge elettorale e l'abolizione del senato elettivo , tutto lì, e poi, ognuno per la sua strada.
Allora, non hanno torto i pochi giornalisti, sempre fuori dal coro, alla Travaglio, che da mesi parlano di "partito unico di Renzusconi".
Ma se è così, gli italiani, cioè noi, dobbiamo sapere, come chiede appunto DeBortoli.
Dobbiamo sapere cosa c'è scritto nel patto del Nazareno, ed anche, ammesso che non ci sia scritto nulla, e cioè che non si sia verbalizzato nulla, sebbene la cosa sia piuttosto improbabile, dobbiamo sapere cosa si è concordato in quegli incontri.
E se si è concordato di non farci sapere le cose più succose, allora sarà bene, che cominciamo ad agitarci ed a reagire, perché in democrazia queste cose, semplicemente, non si fanno, non perché non sta bene, ma perché se si facessero si uscirebbe dal sistema democratico.
DeBortoli, da una vita,  parla con la compostezza verbale di un monsignore di curia , questa  volta, pur nulla togliendo, appunto,  alla compostezza ed all'eleganza del suo eloquio, parla da monsignore di curia un po' incavolato.
Ma ,anche senza voler andare a leggere fra le righe, e rimanendo al puro testo, l'allusione alla massoneria è cosa di una pesantezza impressionante.
Del resto, il solito "cattivo ragazzo" del giornalismo italiano, e cioè sempre Marco Travaglio, sono mesi che va scrivendo che i "Renzusconi" stanno attuando, punto per punto, il "Piano di rinascita democratica" della Loggia P2, di Licio Gelli, sequestrato nel testo integrale a M.Grazia Gelli nel 1982.   (http://it.wikipedia.org/wiki/Piano_di_rinascita_democratica) e  (http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2010/07/Il-Piano-di-rinascita-democratica-della-P2-commentato-da-Marco-Travaglio.pdf).
DeBortoli non parla di P2, ma l'allusione è evidente.
Lo stesso DeBortoli conclude il pezzo, augurandosi che Renzi riesca, perché se fallisse, falliremmo anche noi.
Vero.
Ma questa conclusione, che formalmente appare come un'apertura di credito a Renzi, in realtà è anche l'agghiacciante constatazione, che il fallimento di Renzi, aprirebbe la porta all'arrivo immediato della Troika.
Non so se BeBortoli sia stato gesuiticamente tanto  sottile, da usare la parola fallimento, nascondendo in  una figura retorica, l'allusione al  reale significato di fallimento dello stato italiano, ma certo la situazione è proprio questa.
La Troika sancirebbe definitivamente il fallimento di tutta la classe politica italiana e questo sarebbe un terribile incentivo a spingere la gente a prendere, per la prima volta, in considerazione anche soluzioni autoritarie, pur di uscire da una condizione, che sarebbe umiliante per tutti.
Si dice che gli italiani non sarebbero né nazionalisti né sciovinisti, ma aspettiamo a dirlo, se fossero messi alla prova.
E la prova della Troika sarebbe veramente severa.
Sarebbe un salasso di pensioni e salari.
Avremmo a Palazzo Chigi un tecnico o un politico qualunque, messo lì a fare da garante ai diktat di tecnocrati senz'anima, ai quali la svendita indecorosa del nostro elevatissimo patrimonio immobiliare e artistico, non farebbe nè caldo nè freddo.
Il tutto, sotto lo sguardo indifferente e un po divertito, dei tedeschi, che troverebbero così l'occasione, per  "raddrizzarci la schiena", occasione che aspettavano da tempo e forse a ragione.
Peggio la Troika o peggio Renzi?
Veramente difficile dirlo.
Verrebbe da dire : meglio Renzi, se non altro perché questo eviterebbe di farci amministrare da stranieri.
Ma per rispondere, dovremmo sapere cosa c'è scritto nel patto del Nazareno.
Se fosse davvero la versione aggiornata del piano Gelli, per farci governare da una congrega che abbia come unico programma la gestione del potere senza tante storie e tanti saluti alla democrazia, meglio la Troika.
Concludo con una osservazione più live, ma significativa.
Spopolano sul web gli spezzoni dei discorsi di Renzi in America, che mettono in evidenza quanto sia insufficiente la sua conoscenza dell'inglese.
Però, pur accorgendosi dei suoi vistosi limiti, il ragazzo ci da dentro e questo  è sgradevole, perché sottolinea un aspetto molto negativo del suo carattere.
Quest'uomo è arrogante, approssimativo e non abbastanza preparato.
Quando il tutt'altro che brillante D'Alema, si era trovato a fare il ministro degli esteri e il Presidente del Consiglio,  consapevole del suo inglese non abbastanza spendibile ha fatto la cosa più ovvia : si è fatto dare delle lezioni sistematiche, spendendoci ore su ore, fino a poter colloquiare quasi ogni giorno con Condoleezza Rice direttamente.
Romano Prodi, che parla un inglese scorrevole, quando fu nominato presidente della Commissione Europea, ha, altrettanto umilmente, dedicato ore ed ore per perfezionare il francese all'Università per stranieri di Perugia.
Ma Renzi pensa di essere superiore e inanella figuracce su figuracce.

Sembra proprio di essere tornati a Berlusconi.

venerdì 19 settembre 2014

Il libro dei cinque cardinali contro la linea di papa Francesco



Finalmente sono venuti alla luce apertamente, alcuni degli gli oppositori più blasonati della linea di papa Francesco.
Manifestare alla luce del sole le proprie posizioni è di per sè un fatto altamente positivo, anche se del tutto inusuale in Vaticano e dintorni.
Da quelle parti non è mai stato normale dire di si o di no, ma in vece di quei semplici monosillabi,  usati nel resto del mondo, si faceva largo impiego delle mille e mille sfumature del grigio, e in ogni caso, non era considerato pensabile, contraddire il papa regnante.
Intendiamoci, anche in questo caso, cioè nel libro del quale stiamo parlando, nessuno degli autori contesta apertamente il papa.
Tutto il discorso riguarda le tesi del cardinale Kasper, incaricato della preparazione del sinodo sulla famiglia, che ha divulgato una sua opinione favorevole alla comunione ai divorziati, a certe condizioni, anche sulla base di una larga consultazione, che è risultata appunto largamente favorevole alla comunione ai divorziati.
Il papa, al momento, non ha ancora espresso il suo parere, ma si da per scontato che sia favorevole.
Di conseguenza, i cinque cardinali autori del libro, formalmente, criticano il confratello Kasper e non il papa, anche se, salvate le apparenze, è evidente che vogliono condizionare in qualche modo la decisione dl papa, ed è giusto che lo facciano, anche perché si fanno portavoce di opinioni, che erano largamente maggioritarie ai tempi di Wojtyla e di Ratzinger, e i cinque devono la loro considerevole carriera appunto a Ratzinger .
Stiamo parlando :
-del Card. Mueller, Prefetto dell'ex Sant'Uffizio, ivi nominato da Ratzinger nel 2012 e quindi di pezzo da novanta della Curia;
-del  Card.Caffarra, arcivescovo di Bologna, Ciellino doc, nominato a Bologna da Woityla e cardinale da Ratzinger, dimissionario a Bologna per raggiunti limiti di età, dopo essersi distinto per avere cavalcato tutte le battaglie tradizionaliste;
-il Card Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, una specie di corte di Cassazione e Costituzionale insieme, sul quale circola la voce che stia per essere giubilato pesantemente, col trasferimento all'Ordine di Malta;
-il Card. Brandmueller, ex Presidente   del Pontificio Comitato di scienze storiche, ora pensionato, del quale ci siamo occupati su questo blog, e non certo per esaltarlo, nell'articolo del 24 luglio 14 dal titolo "Il Card. Brandmueller contesta quello che il Papa ha detto a Scalfari sul celibato dei preti, con un lungo intervento sul Foglio" . Questo quindi è anche recidivo;
- Il Card. Velasio De Paolis, Presidente  della prefettura degli affari economici, ora pensionato, dopo non essersi coperto di gloria, per esempio come delegato pontificio per il controllo dei Legionari di Cristo, movimento nel quale si è trovato di tutto , e tanto meno come responsabile del controllo degli affari economici.
La tesi sostenuta dal quintetto è drasticamente semplice :   " il Nuovo Testamento ci mostra Cristo che
proibisce senza ambiguità divorzio e successive nuove nozze sulla base del piano originale di Dio sul matrimonio disposto da Dio in Gen. 1,27 e 2,24".  
Come sempre l'arroganza e la sicumera con la quale i tradizionalisti pontificano, contrasta drammaticamente con l'estrema povertà, quasi infantile, delle argomentazioni che producono e  con la debolezza delle citazioni scritturali sulle quali vorrebbero appoggiare le loro tesi.
Senza entrare nel merito, basti notare che, come sanno bene i cultori di queste materie, le citazioni scritturali non risolvono un bel nulla, perché è facilissimo trovarne sia a favore di una tesi, sia contro.
Ricordo di avere sentito, fra la costernazione della platea,  il preside dell'istituto biblico ebraico di Gerusalemme, massima autorità in materia, riconoscere che la Bibbia offre pezze di appoggio sia per una tesi, che quella contraria.
E' solo la liturgia cattolica che continua a servirsi della azzardatissima espressione "parola di dio" dopo ogni lettura biblica, quando i biblisti cattolici sanno benissimo che le cose stanno molto diversamente.
Di conseguenza, lanciarsi in una discussione sulla teologia morale cattolica servendosi dell'armamentario della teologia, non risulta essere un esercizio proficuo.
E questa è la ragione per la quale un papa, culturalmente preparato (e come potrebbe non esserlo un alto esponente dell'Ordine Gesuita), ma anche ispirato da spirito evangelico e ben al corrente di cosa sia il mondo moderno, favelas comprese, cerca di tenersi ben alla larga dalle definizioni dogmatiche  e si riferisce invece a quell'Evangelo "sine glossa", che era la stella polare del Santo del quale porta il nome, per sua scelta deliberata.
La tesi del quintetto è drastica come tutte le prese di posizione dei fondamentalisti di tutte le confessioni.
Questo (la comunione ai divorziati per esempio) non si può fare assolutamente, perché Cristo, cioè dio,  non lo vuole.
Anzi, nel loro linguaggio, caratteristicamente ratzingeriano, questi cardinali dicono : questo non si può fare perché "la verità di Cristo" non lo vuole.
Tradotta in italiano,la loro affermazione diverrebbe : questo non si può fare perché la nostra interpretazione della verità rivelata non lo vuole.
E' importante sottolineare che il quintetto e chi la pensa come loro, basano la validità della prescrizione, che vorrebbero imporre (non si può dare la comunione ai divorziati) a due premesse pesantissime :
- la loro interpretazione coerente con la teologia morale cattolica tridentina (secolo sedicesimo) e
-la verità completa e definitiva rivelata da dio nella scrittura.
Inevitabile notare che per il mondo moderno nè la prima , nè la seconda affermazione hanno alcun senso, per il fatto, che il mondo moderno, che si fonda sulla filosofia illuminista e sul pensiero critico della scienza moderna, prende per buone solo affermazioni sostenute da argomentazioni, che conducano a evidenze, basate almeno su una  concatenazione logica.
E questa è la ragione per la quale le chiese sono vuote e in via di progressivo svuotamento.
Questo papa sembra avere ben capito, che se vuole salvare il cuore del cristianesimo, deve attaccarsi al Vangelo sine glossa e tenersi alla larga dai dibattiti teologici, per le ragioni che si sono ripetute più e più volte su questo blog e cioè che dell'enorme edificio teologico, costruito nei secoli, ben poco, ma veramente ben poco sta in piedi.
Ma anche che, proprio per questo, non può un papa andare a dire alla gente che le cose sulle quali sono stati indottrinati fin da bambini e da ragazzini sono da buttar via in larga parte, perché la gente reagirebbe male, abbandonando ancora più le chiese o  rivolgendosi ai movimenti-setta tradizionalisti- miracolisti.
Papa Francesco, per riuscire nel suo intento, deve far capire alla gente che quelle cose che sono state loro insegnate come dogmi e come verità assolute, non sono loro la verità, ma erano stati strumenti, un tempo pensati, per avvicinarsi alla verità.
Ma che i medesimi strumenti oggi hanno una utilità molto relativa e che quindi non vanno coltivati, vanno lasciati lì in attesa che vengano dimenticati.
Tanto più, che sono di fatto ignorati dai fedeli nella teoria.
Perché questi fedeli hanno sempre ritenuto di non avere necessità di studiarsi la teologia, e tanto più sono ignorati e contraddetti nella vita pratica quotidiana dalla quasi totalità dei cattolici.
Per conservare e ravvivare la fede nei credenti occorre quindi fare una rivoluzione copernicana, che papa Francesco non si stanca di enunciare e di ripetere, (senza chiamarla rivoluzione copernicana).
La chiesa non va intesa come un fortino da difendere, e nel quale rinchiudersi.
Lo ha ripetuto non più tardi di ieri in un  discorso ai vescovi, ordinati di recente ,di molto peso, che sintetizza bene la sua linea pastorale.
(http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/september/documents/papa-francesco_20140918_nuovi-vescovi.html).
Gli uomini di chiesa hanno senso se escono dalle chiese per andare a vivere  in mezzo al popolo.
Ma non per convertirlo a tutti i costi e trascinarlo nel fortino, ma solo per cercare di fargli intravvedere "la luce del risorto".
Non l'elencazione di una presunta verità, già tutta acquisita e arrogantemente imbalsamata e ingessata nei "dogmi", sfornati nei secoli.
Ma per cercare di percorrere insieme al popolo una ricerca.
Nell'omelia di ieri, sopra citata, papa Francesco ha detto:
"Dialogate con rispetto con le grandi tradizioni nelle quali siete immersi, senza paura di perdervi e senza bisogno di difendere le vostre frontiere, perché l’identità della Chiesa è definita dall’amore di Cristo che non conosce frontiera.
Pur custodendo gelosamente la passione per la verità, non sprecate energie per contrapporsi e scontrarsi ma per costruire e amare".
"senza lasciarvi assopire o conformare con il lamento nostalgico di un passato fecondo, ma ormai tramontato.
Scavate ancora nelle vostre sorgenti, con il coraggio di rimuovere le incrostazioni, che hanno coperto la bellezza e il vigore dei vostri antenati pellegrini e missionari, che hanno impiantato Chiese e creato civiltà".
Occorre per il papa tornare a riferirsi al "Vangelo nudo, o sine glossa" di Francesco d'Assisi.
Il nucleo del messaggio evangelico, quello sì, che è ancora amato e rispettato da cristiani e da non credenti.
E' quello che va recuperato, accompagnato da una chiesa, che si faccia umile e povera.
La chiesa, molto più dello stato italiano, ha bisogno di una gigantesca "spending review", senza sconti per nessuno.
I cardinali del quintetto, autori del libro del quale stiamo parlando, hanno l'insanabile mentalità del fortino da difendere con i denti.
Nel loro modo di ragionare, se nessuno vuole più entrare nel fortino, rischiando di trovarselo vuoto, pazienza.
Mai che si chiedano : ma non saremo noi che abbiamo sbagliato e che stiamo sbagliando?
Loro sono prima della rivoluzione copernicana.
Loro interpretano scorrettamente la teologia tradizionale, forzandola fino a far diventare la chiesa non un mezzo, ma il fine supremo.
La chiesa come servizio e come chiesa dei poveri per loro son parole pericolose "populiste" e "pauperiste".
La rivoluzione copernicana nella mentalità della chiesa, papa Francesco la sintetizza spesso nel proporre la priorità della "misericordia".
Quelli del quintetto l'hanno ben capito ed infatti è su questa prospettiva che sparano cannonate.
Nel libro infatti si legge :  «La soluzione “misericordiosa” al divorzio, sostenuta dal cardinale Kasper, non è sconosciuta nella Chiesa antica, ma di fatto nessuno degli autori giunti a noi e che noi consideriamo autorevoli la difende.
Anzi, quando la accennano, è piuttosto per condannarla come contraria alla Scrittura.
Non c’è niente di sorprendente in questa situazione: gli abusi ci possono essere occasionalmente, ma la loro mera
esistenza non garantisce che non siano abusi, tanto meno che siano modelli da seguire».
Ma allora misericordia che significa?
Siamo al solito blocco logico.
Se si parte dalla presunzione di possedere una verità definitiva e infallibile, dalla quale dedurre dettagliate tutte norme di comportamento , allora siamo al fortino da difendere, con infiniti elenchi di divieti e  possibilmente con la spada.
E' questa distorsione teologica, che ha portato la chiesa al disastro.
Ma quelli del quintetto non se ne renderanno mai conto.
Per fortuna che, anche fra i tradizionalisti, ci sono, come sempre, gli opportunisti, che fiutano l'aria del potere che cambia e si  regolano di conseguenza.
E' stato sorprendente sentire l'altro ciellino doc con porpora, il cardinale Scola, affermare : la comunione ai divorziati? Perchè no!
E lo stesso autore più blasonato di quel libro, il card. Mueller, forse per evitare di fare la stessa fine del collega cardinale Burke (mandato a benedire i gabbiani di Malta, come si è detto sopra, si è affrettato a precisare, che il suo testo, riportato nel libro, era stato scritto l'anno scorso, e quindi molti mesi prima, che iniziasse  il lavoro del Cardinale Kasper e che quindi lui non polemizzerebbe con nessuno.
E poi, con la tipica furbizia  farisea dei curiali, ricorda l' accenno, contenuto nel suo testo, a un possibile rimedio, che salvi capra e cavoli : la vita moderna porta la gente a sposarsi spesso col rito cattolico, anche quando nella mente o nelle intese fra i coniugi vi sono gli elementi, che il diritto canonico considera sufficienti per individuare la nullità del matrimonio.
E quindi se il matrimonio è nullo, è fatta, diventa lecito il divorzio e un nuovo matrimonio.
Era così semplice!
Fra Scola e Mueller, non si saprebbe dire chi risulta più opportunista,
Ma questi sono segnali, che ci dicono, che papa Francesco forse ce la farà.










mercoledì 10 settembre 2014

Renzi quest'estate non ha fatto alcuna riforma, ma i sondaggi lo danno in ulteriore aumento
Possibile che abbia ragione lui ?



Secondo l'ultima indagine di opinione fatta da Nando Pagnoncelli pubblicata sul Corriere di due giorni fa risulta che Renzi dopo la vetta del 70% di gradimento appena dopo le europee, e la discesa al 60% a fine primavera, risulta ora essere risalito al 65%, che è sempre un livello altissimo.
E' addirittura impietoso paragonare queste cifre con il  13% del povero Hollande   o al 30 scarso di Cameron.
Renzi non ha realizzato ancora  nulla di concreto, ma è indubbio che stia viaggiando col vento in poppa, addirittura invidiato dagli altri leader europei.
Dopo le esperienze penose degli anni della decadenza di DC, PSI e PCI e poi il ventennio di Berlusconi, finito nel disastro proprio sul piano della caduta di immagine  e tralasciando le troppo brevi  parentesi si Monti e Letta, sono decenni che  non succedeva una cosa del genere.
Non possiamo che arrenderci  a questa evidenza  e rallegrarci, perché è nell'interesse del paese che il premier goda di così larga stima in Italia ed all'estero.
Questo larghissimo consenso non risolve però nessuna delle debolezze intrinseche di  questa prima fase della gestione di Renzi.
Continui annunci, ma ancora nessuna riforma.
Mancanza di una vera strategia, cioè di un quadro di insieme, di una ispirazione di fondo, di un disegno politico coerente e ben delineato, questo governo da costantemente l'impressione di vivere alla giornata.
 Ma forse più grave di tutti è il problema che Renzi di fatto non ha una maggioranza in Senato, e che di conseguenza è costretto ad andare ad elemosinare i voti di Berlusconi, inaccettabili per la grande maggioranza della base del suo partito, il PD, non solo per le così dette riforme costituzionali, ma anche per le misure economiche eccetera.
In più la sua leadership nel partito deve fronteggiare una minoranza  molto consistente ed agguerrita, sempre tentata di farlo saltare nel segreto dell'urna appunto in Senato.
Poi il suo esecutivo è si fatto di giovani e di donne di bella presenza, ambedue importanti per dare l'immagine di un effettivo cambiamento rispetto al passato, ma il loro grado di preparazione si è spesso rivelato terribilmente inadeguato, a livello da 5Stelle.
Rimane poi il problema irrisolto e forse irrisolvibile, per ora, di Renzi gestore di in partito come se fosse un partito personale, alla Berlusconi o alla Grillo, perchè la tipologia del partito personale risulta inaccettabile, in quanto prescinde da una visione politica chiara  alla quale anche il leader si deve sottomettere e non fa di conseguenza riferimento ad alcuna tradizione politica precisa di una qualche consistenza.
Basta guardare ai partiti di Berlusconi e di Grillo, per evidenziare tutti i difetti insuperabili del partito personale.
Non facciamo poi l'errore di voltare la testa dall'altra parte o di  reagire con un'alzata di spalle, quando qualcuno mette in guardia contro i rischi obiettivi di acquisire elementi di regime autoritario nel caso in cui a un leader che gode di così ampi consensi venissero attribuiti con riforme costituzionali o anche solo con innovazioni nella prassi poteri molto più ampi di quelli oggi previsti, senza introdurre contemporaneamente i dovuti contrappesi.
Insomma ad un'indagine razionale Renzi esce molto malconcio.
Ma la stragrande maggioranza degli italiani lo sostiene.
Perchè?
Evidentemente gli Italiani valutano molto più che i risultati, lo stile e l'immagine del premier.
I giornali anglosassoni spesso parlano di Renzi come "The energetic italian Prime Minister".
E' chiaro allora che anche all'estero le espressioni di vitalismo dannunziano che esprime Renzi, vengono valutate con interesse.
All'interno, come risulta anche dall'indagine di Pagnoncelli, sopra citata, ha avuto un grosso impatto positivo il piglio dimostrato da Renzi nell'imporre la candidatura della Mogherini a Lady Pec, (Alto rappresentante dell'UE) quasi  ministro degli esteri dell'Unione, non ostante l'opinione  contraria dei paesi ex comunisti (Polonia e Baltici in primo luogo) e la posizione fredda della Germania.
E' chiaro che l'orgoglio nazionale, da decenni frustrato dal fatto di essere rappresentati o da personaggi poco presentabili o da governicchi, esiste ancora ed è parecchio sentito dalla gente.
Forse come italiani siamo diventati poco patriottici per disperazione, ma non perché quel sentimento sia scomparso.
Renzi poi, non dimentichiamolo, ha costruito la sua posizione politica con la fama attribuitasi di "gran rottamatore" dei ras delle prima repubblica, sopratutto all'interno del suo partito.
Evidentemente la gente valuta parecchio questa posizione, anche se in realtà i vecchi notabili sono stati messi in disparte solo parzialmente e non sono ancora rassegnati a mollare l'osso del tutto, vedi D'Alema.
La giovane età, il suo modo di parlare diretto, la sua aria da bulletto, evidentemente piacciono.
Il suo atteggiamento diretto spesso a sfidare pubblicamente   in modo canzonatorio i "poteri forti" e le lobby  intoccabili  è piaciuto e piace a molti.
I lavoratori, i giovani, i disoccupati, dovrebbero essere imbestialiti contro qualsiasi governo in questa situazione di crisi .
Ma Renzi non sarebbe al 65% dei consensi se gran parte di queste categorie non lo appoggiasse.
I giovani che rappresentano una percentuale impressionante di disoccupati, non dovrebbero amarlo.
Ma evidentemente il fatto che Renzi faccia di tutto per presentarsi come  uno di loro ad esempio con l'uso ormai compulsivo di twitter, eccetera, ha giocato a suo favore.
Probabilmente gode di quel credito e di quella fiducia, che il personaggio politico ,realmente "nuovo" riesce ad accumulare, come era riuscito al Berlusconi del '94 ed al primo Bossi.
Nessuno poteva dire che c'entrassero qualcosa col regime a loro precedente.
Questo è un grosso vantaggio, nessuno può imputare a Renzi gli errori o le debolezze della DC o del PCI, semplicemente perché lui non c'era, anche e sopratutto per ragioni anagrafiche.
Renzi, è inutile nasconderlo, è riuscito ad imporre , consciamente o inconsciamente ,la sensazione che lui sia l'ultima spiaggia per evitare il diluvio.
Il famosissimo 40,8% che Renzi ha preso alle europee, in misura assolutamente inaspettata,  anche da parte di tutti gli analisti, è la misura matematica di questa diffusa sensazione.
Che Renzi sia riuscito a "fabbricare"  con una strategia sua questo sentimento non lo credo, se fosse vero dovrebbe essere un vero fenomeno , talmente intelligente e capace, da mettere paura.
Più probabilmente le cose sono andate così per caso, e lui sarà stato probabilmente il primo a stupirsi di una incoronazione così consistente.
Fatto sta però che la stragrande maggioranza della gente lo ha considerato e lo considera l'ultima spiaggia.
Lo ripeto, si tratta di sentimenti, perché nella politica reale non esiste mai alcuna ultima spiaggia, ma i sentimenti in politica contano da sempre molto più delle analisi razionali.
Potremmo dire purtroppo, ma non servirebbe a nulla, perché  la nostra mente funziona così e non diversamente.
C'è solo da augurarsi che al più presto agli annunci comincino a seguire dei fatti.
Marchionne sarà antipatico, ma che ci sappia fare lo dimostra l'incredibile incremento delle vendite di auto realizzato  recentemente dalla sua ditta ,la Fiat Crisler  (del 20%), negli Usa.
Ebbene Marchionne pragmaticamente gli ha consigliato di concentrarsi su tre sole cose, ma quelle di farle veramente e di farle quanto prima.
Non si può che associarsi a questa esortazione, perché  checché  ne dicano gli espertoni,  anche questo fenomeno di Renzi comincerà a logorarsi se continua a non fare nulla.



mercoledì 3 settembre 2014

Ci sono crisi guerre e guerricciole da tutte le parti e nessuno tiene più le fila di niente



Se non altro per l'età, chi scrive dovrebbe ascriversi fra gli ex sessantottini, che per anni si sono esercitati nel coltivare un  anti- americanismo, più o meno radicale.
Abbiamo deplorato per decenni la posizione degli Usa che si comportavano come se fossero i legittimi poliziotti del mondo.
Qualsiasi cosa succedesse, si faceva un bel corteo nel quale non mancava mai lo slogan :"Yankee go home!".
Non avremmo mai immaginato, che ad un certo momento, se pure qualche decennio dopo,  gli Yankee se ne sarebbero veramente andati a casa e per di più decisi a rimanerci.
Ed ancor meno, avremmo mai immaginato allora, che il venir meno della posizione di poliziotto del mondo da parte degli Usa avrebbe portato ad una situazione  geopolitica molto più instabile e pericolosa di qualsiasi periodo precedente nella storia contemporanea.
La storia è veramente imprevedibile.
Se nel sessantotto, qualcuno avesse detto, che quarant'anni dopo gli Usa avrebbero avuto un presidente Afro-Americano, democratico, capace di formidabili discorsi, ispirati ad una vision che avrebbe incantato le giovani generazioni e sopratutto quelle latino americane e di altre etnie, l'avremmo ritenuto un sogno e niente più.
Oggi però al risveglio del sogno, ci troviamo a constatare che quel presidente, così bravo a fare discorsi ispirati, è peggio di Amleto quando deve prendere decisioni.
Il vero grande leader mondiale del momento, papa Francesco parla addirittura lucidamente di guerra mondiale spezzettata, per svegliare le coscienze, ma il presidente democratico Usa, sembra comportarsi seguendo nei fatti il più cupo isolazionismo repubblicano.
Da tempo ha sbagliato quasi tutte le mosse nei vari settori di crisi.
Non ha quasi mai messo piede in Medio Oriente.
Ha volutamente dato la priorità assoluta ad un impegno degli Usa sullo scacchiere asiatico, e questo ha un senso inconfutabile nell'attuale assetto geopolitico, nel quale l'Asia si prende sempre più, di forza propria, il ruolo di principale grande potenza del mondo attuale.
In questo settore, però, conduce prioritariamente una politica di contenimento della Cina di molto dubbia efficacia.
Il problema è questo : che Obama non sa mai cosa vuol fare, perché non ha una strategia geopolitica ben definita.
Per esempio, se volesse portare avanti coerentemente una politica estera prioritaria  di contenimento della Cina, dovrebbe coltivare buoni rapporti con l'altro gigante di quella regione  , cioè quella Russia, che è condannata dalla sua posizione geografica ad avere un piede in Europa e un altro in Asia.
E invece sta gestendo malamente la crisi Ucraina, ignorando la storia di quella regione, nella quale è piuttosto arduo concepire un' Ucraina staccata dalla Russia, alla quale la legano indissolubilmente l'etnia e la lingua, almeno di tutte le regioni dell'Est .
Obama seguito dall'Europa appoggia acriticamente, almeno  a parole, il debole e confuso regime di Kiev, basandosi sul  solito principio formalistico , secondo il quale,  se si tratta di un governo eletto democraticamente ,allora, deve andare bene per forza.
Obama è uomo espresso da un elite anche culturale e quindi avrà pure letto la Repubblica di Platone, che chiarisce ottimamente quali sono i limiti della democrazia.
E cioè che la forma democratica non garantisce affatto di per sé né la bontà né la razionalità delle decisioni.
Gli attuali governanti dell'Ucraina sono più le volte che straparlano, di quelle nelle quali dicono cose sensate.
Usa ed Europa dovrebbero essere con loro molto più duri, e chiarire, che nelle regioni russofone, per evitare il distacco verso l'indipendenza, occorre, quanto meno, una forma statuale federale con la più ampia autonomia possibile.
E che in ogni caso, la  posizione geografica, la storia e l'economia richiedono che questo paese viva in pace ed armonia con l'orso russo, dal quale dipende in modo assoluto per l'approvvigionamento energetico, ma anche fortemente per il normale interscambio commerciale.
L'Ucraina è uno stato praticamente fallito per i debiti che ha con la Russia per le forniture di gas non pagate.
Sui giornali di oggi si può leggere che i generali della Nato considerano l'insana guerra di Kiev contro i così detti  "ribelli russofili"  già persa da un punto di vista di tecnica militare.
Ed allora perché continuare a fare del teatro con indegne sceneggiate, promettendo chissà quali appoggi a Kiev e chissà quali terribili sanzioni a Putin, che avrebbe violato il diritto internazionale.
Se proprio si vuole ragionare di diritto internazionale in termini formalistici ideologici, Cameron e Obama non si ricordano più che gli scopi di guerra della seconda guerra mondiale sottoscritti dai loro padri della patria : Roosevelt e Churchill ponevano ai primissimi  posti il diritto all'autodeterminazione di popoli?
 In base a questo sacrosanto principio dovrebbero allora, per coerenza, costringere Kiev a indire un referendum sulla forma che desiderano avere gli abitanti dell'Ucraina dell'Est, esattamente come quello che si terrà il prossimo 18 settembre in Scozia, dove la gente potrà scegliere l'eventuale indipendenza dall'Inghilterra.
E poi perché mai anche i nostri mezzi di informazione ignorano da tempo il fatto che ben 800.000 persone dall'Ucraina sono state dislocate in Russia, perché hanno ritenuto più sicuro per loro vivere da sfollati in Russia, che nell'Est Ucraina?
E coloro che fanno la voce grossa con Putin, come la Merkel, sono disposti a pagarsi  loro i debiti di Kiev verso Mosca? E' ovvio che no.
Italia e Germania dipendono ambedue per circa il 30%, che è una percentuale altissima, dagli approvvigionamenti di gas dalla Russia.
Se Putin chiude i rubinetti, dicendo che è colpa degli ucraini, come ci scaldiamo quest'invero, tenendo anche conto del fatto, che ci siamo inventata due anni fa la furbata di fare fuori Gheddafi,  in modo, che ora nessuno ci può garantire l'altro 30% di idrocarburi ,che ci viene dalla Libia?
L'ideologismo democratico, vuoto di contenuti precisi, e sopratutto non calati abbastanza nella situazione attuale, sta facendo fare all'America una serie di figure barbine, uniche nella sua storia.
Forse l'unica mossa azzeccata di Obama, se pure tardiva, è stata quella di cercare un avvicinamento con l'Iran, non ostante gli starnazzi di Israele.
Quella mossa  ora viene molto utile per gestire la disastrosa situazione in Iraq, dove pure si era commesso l'errore di prendere per buono quell'incapace assoluto di Nuri al Maliki, difeso e stradifeso, perché regolarmente eletto, quando notoriamente i sunniti non erano nemmeno andati a votare e quindi non è mai stato realmente rappresentativo di tutto il paese, anche se "regolarmente eletto".
In Egitto, dove il generali Al Sisi si era provvidenzialmente liberato dei Fratelli Mussulmani, gli Usa erano in posizione molto critica, perché il precedente premier , defenestrato da Al Sisi, e cioè  Morsi, se pure a capo dei tagliagole dei Fratelli Musulmani, era stato "regolarmente eletto", salvo ora rinsavire e appoggiare al Sisi come essenziale mediatore  nell'affare di Gaza.
Non parliamo poi della situazione siriana,  destabilizzata anche dalla mossa, regolarmente sbagliata di Obama,  che ha preteso il rovesciamento di Assad, senza sapere in anticipo quale fazione fra quelle anti- Assad fosse opportuno appoggiare, o chi avrebbe preso il potere dopo di Assad, se questi fosse caduto.
Assad è un freddo tiranno sanguinario, ma ben peggio  sarebbe, per il mondo, se al suo poste ci fossero quelli del califfato dell'IS.
Obama ha sulla coscienza il sorgere, l'addestrarsi e l'auto finanziarsi  di questi folli dell'IS, che hanno approfittato del tempo perso dall'America mentre Obama non riusciva a  gestire i suoi dubbi amletici.
Non parliamo dell'Africa dove imperversano quegli altri pazzi di Boko Haram nelle regioni centro africane, che condividono le stesse visioni fanatiche e oscurantiste di quelli dell'IS.
E l'Occidente si è commosso per il rapimenti delle trecento ragazzine, per poi lasciarle al loro terribile destino.
Il papa può e deve dire che le mille crisi vanno affrontate anche militarmente, se necessario, ma solo con deliberazioni dell'Onu, perché il papa deve prima di tutto richiamare tutti al rispetto dei principi, che in questo caso sono i principi illuministi dei diritti dell'uomo.
Ma i politici sanno benissimo che rinviare queste pratiche all'ONU significherebbe in pratica buttarle semplicemente in archivio, perché l'Onu ha una struttura nella quale le deliberazioni sono lentissime ed a volte semplicemente impossibili a causa dei veti in Consiglio di Sicurezza.
E quindi i politici devono agire ed agire con l'urgenza del caso.
Il massimo che possono fare per rispettare i sacri principi è quello di cercare ampie coalizioni.
Di più non è possibile.