venerdì 26 novembre 2021

Miska Ruggeri : Apollonio di Tiana Il Gesù pagano. Prefazione di Luciano Canfora. Editore Mursia – recensione

 




Come recita il proverbio :l’appetito vien mangiando.

E infatti dopo avere potuto saccheggiare l’infinità di notizie sui miti greci esposti da Giorgio Ieranò in “Demoni, mostri e prodigi, l’irrazionale e il fantastico nel mondo antico” precedentemente recensito mi ero annotato di approfondire la figura di Apollonio di Tiana, grosso personaggio del primo secolo d.c.

Nato nel 15 dopo Gesù e morto nel 100, anche se le date non sono affatto certe a Tiana , attuale Turchia.

Filosofo, che non compare colpevolmente nei testi scolastici, ma anche conferenziere,profeta, taumaturgo.

Facciamola breve perché si tratta di un personaggio di primissima grandezza, anche se poco conosciuto?

Perchè con Simone Mago aveva di fatto conteso ai suoi tempi la fama a Gesù di Nazaret.

Che ne sappiamo noi lettori non specializzati in quel periodo storico, ed in particolare del perché allora prevalse il cristianesimo e non altre correnti spirituali?

Perchè il solo Gesù di Nazaret aveva l’esclusiva di fare miracoli e di predicare un coerente messaggio di umanità come ci dicono gli scrittori apolegiti cristiani?

La risposta che la storia è in grado di dare, pure di fronte a una situazione complessa e a fonti da prendere con le molle è semplice : il cristianesimo ha vinto perché Costantino ha deciso che quella fede e solo quella dovesse vincere per sue considerazioni di potere politico.

L’impero si stava disgregando.

L’influsso della filosofia greca una volta ritenuta graniticamente solida e in grado di descrivere il reale, come nella storia capita nei momenti di crisi e di cambiamento si mescolava a spinte irrazionali che inducevano a dare credito con uguale fiducia agli influssi magici orientali.

Il risultato era che in quel periodo dell’espansione del primo cristianesimo i personaggi come Gesù di Nazaret erano molti ed erano seguiti con fiducia e interesse.

Fra loro del nostro personaggio del quale ci sono pervenuti diversi scritti ne sappiamo parecchio sulla base sopratutto della “Vita di Apollonio di Tiana” scritta da Lucio Flavio Filostrato (170-245 d.c.), che il nostro autore Miska Ruggeri giudica attendibile nella sostanza pur contenendo anche aspetti diciamo così romanzati.

Ecco l’interesse per questo studio su Apollonio è in gran parte proprio nel consentirci di scoprire le molteplici e incredibili similitudini fra quello che sappiamo del Gesù storico, non il Cristo che hanno costruito i primi cristiani da San Palo in poi e le vicende di Apollonio.

Apollonio ci dice Ruggeri è molto simile a un santo cristiano.

La sua formazione pitagorica lo spinge a praticare l’ascesi come i primi monaci eremiti.

Questo significa imporsi una vita fortemente austera che comporta rinuncia alle ricchezze, un regime alimentare vegetariano stretto ed estremamente morigerato, auto-imposizione di una rinuncia a esercitare il sesso, pratica costante della meditazione.

Da Pitagora Apollonio ricava la convinzione che questo stile di vita di per sé porta l’uomo ad avvicinarsi agli dei o al dio che lo ricompensa fornendogli poteri sovra-umani.

L’abilità di guarire gli storpi, i ciechi.

Addirittura la facoltà di resuscitare un morto o affetto da morte presunta.

La capacità di comparire contemporaneamente in due luoghi diversi.

Al processo al quale lo sottopone Domiziano nel momento clou evita l’umiliante punizione scomparendo semplicemente.

Parla le lingue e comprende il linguaggio degli animali potendo così interagire con loro.

Ma legge anche il pensiero degli uomini.

Appare dopo la morte ad alcuni discepoli.

Ha capacità profetico-divinatorie.

La sua nascita avviene accompagnata da un prodigio.

Da appena adolescente comincia a studiare Pitagora e inizia a praticare uno stile di vita austero accompagnato a privazioni se pure non esagerate.

Si spoglia dei suoi beni e pratica fra l’altro il voto pitagorico del silenzio per lunghi periodi.

Fa il primo discepolo Damis e si reca in Mesopotamia dove apprende i culti orientali ed il significato dei sogni.

Ma il suo viaggio verso l’Oriente del quale evidentemente sentiva il fascino lo porta direttamente in India dove incontra i Brahmani, che praticavano una spiritualità legata al culto del sole, usavano un bastone con effetti magici e praticavano forme di levitazione.

Come Gesù ,dimostra di possedere una forte sensibilità sociale e predica in favore dei poveri.

Più volte si scaglia contro specie di “mercanti nel tempio”.

Non ha buona opinione dei potenti ed ancor meno delle gerarchie religiose.

Vuole riformare le religioni esistenti

Ecco però Apollonio tiene a chiarire di non essere un mago o uno stregone, anzi condanna questi atteggiamenti come dovuti a pura ignoranza che va superata, ben sapendo come sia diffusa fra il popolo credulone e invita allo studio della filosofia.

Non vado oltre perché il libro va gustato nella sua interezza.

E’ un libro scritto da persona coltissima.

Confesso che mi ero accinto a leggerlo contando sul fatto che l’autore è un giornalista se pure specializzato e non un accademico e quindi mi aspettavo appunto una trattazione giornalistica.

Non è così anzi questo libro è ancora più ricco e documentato di come usano gli accademici di professione, ma è leggibilissimo.

Ha anche il vantaggio di illustrare senza dirlo in modo esplicito le caratteristiche fondamentali dell’epoca quei secoli primo e secondo dell’era cristiana così impregnati di irrazionale e di magia.

Oggi dopo due millenni la religione cristiana come anche le altre religioni istituzionali sono vittime di uno spirito dei tempi che non trova più in loro le risposte ai propri problemi e quindi sono probabilmente destinate a estinguersi.

Ma dopo la lettura di saggi su quei famosi due secoli nei quali il cristianesimo è stato riforgiato e si è istituzionalizzato a poco a poco guardando anche solo alle solenni liturgie si rilevano evidentissime le radici non del pensiero del fondatore ma le derivazioni da quella spiritualità magica irrazionale, miracolistica.

Tanto per dirne una il tempo di Asclepio ricorda Ruggeri non era altro che una Lourdes moderna.






lunedì 22 novembre 2021

Luciano Storia vera, Editore Bur classici greci e latini. Traduzione Quintino Cataudella – recensione

 





Recensendo pochi giorni fa “demoni, mostri e prodigi” di Giorgio Ieranò ho riscoperto il mondo dei classici greci e latini che la scuola mi aveva costretto a non amare a causa di traduzioni datatissime e assurde.

Ed è proprio leggendo il libro di Ieranò che mi ha molto incuriosito la figura di Luciano, scrittore singolarissimo del secondo secolo d.c., dico in greco, perché greco di nascita non era esseno nato a Samosata che si trova nella parte sud orientale della Turchia sull’Eufrate.

Retore e conferenziere di grande successo oltre che scrittore, Luciano premette fin dalla prima pagina di “Storia vera” di scrivere storie volutamente fantastiche per consentire al lettore di recuperare momenti di “relax” dice l’ottima traduzione del Prof. Cataudella, insigne grecista.

Diciamolo subito la straordinarietà di questo libro di Luciano sta nel fatto che il primo libro de la “storia” si lancia immediatamente in un racconto che sarà di ispirazione agli autori che secoli e secoli dopo si cimenteranno nel genere fantasy da “guerre stellari”.

Luciano ricorre all’espediente classico del viaggio per mare oltre alle Colonne d’Ercole.

Naturalmente dopo pochi giorni di navigazione sopravviene una tempesta con un vento di violenza mai vista che fa letteralmente prendere quota alla nave che diviene così di fatto la prima astronave della letteratura pronta ad approdare non su un’isola ma su una terra sferica che non sarà altro che la Luna.

Qui si innescherà una guerra fra abitanti della Luna e abitanti del Sole a causa della reciproca volontà di colonizzare la Stella del Mattino che si troverebbe a mezza strada fra le due sfere.

La guerra inizierà su una vasta pianura costituita dalla tela costruita appositamente da immensi ragni fra Luna e Stella del Mattino.

Ecco i primi elementi della geniale invenzione fantastica di Luciano.

Certo sorprende non poco scoprire che questo racconto precede quello analogo di Gulio Verne di quasi duemila anni.

Ecco teniamo conto di questo vertiginoso spazio di tempo, perché se da una parte l’autore si conquista tutta nostra meraviglia, dall’altra ci chiede venia per l’uso abbondante di un tipo di umorismo adeguato a quei tempi ma non ai nostri.

Voglio dire per esempio che l’artificio retorico di usare misure numeriche più che esagerate oggi non fa ridere più nessuno, ma questo non sorprende affatto, se si usa un minimo di senso storico.

Del resto rimane in piedi invece la verve ironica che è uno dei punti di forza del modo di scrivere di Luciano.

Ci sono per esempio le pagine de la “Storia” nelle quali Luciano prende elegantemente per i fondelli la seriosità e la prosopopea dei filosofi quando parla dell’Isola dei Beati nella quale soggiornano oltre agli eroi appunto anche i grandi della filosofia.

L’autore ci dice ad esempio che Platone non c’era perché era andato ad abitare nella città ideale che aveva descritto nelle sue opere lasciando intendere che gli abitanti dell’isola dei Beati si aspettavano che potesse tornare se le cose in quella città non avrebbero funzionato.

Formidabile poi la stoccata agli Accademici cioè ai seguaci di Aristotele che non si erano ancora presentati ,perché trattenuti non si sa da quanto tempo dal disquisire preliminarmente sul fatto dell’esistenza o meno dell’isola.

Chissà se il Manzoni si è ispirato a questo passo quando fa fare al nobile Don Ferrante il celeberrimo sillogismo aristotelico sulla natura di “sostanza” o “accidente” della peste che non essendo né di un tipo né dell’altro era dimostrato che non esisteva.

Anche gli Stoici non c’erano perché erano ancora attardati a salire il monte della virtù.

Gli Epicurei invece c’erano sull’isola e qui non si può non rilevare una aperta simpatia di Luciano per loro, anche se la sua intenzione è quella di non apparire seguace di nessuna corrente filosofica in particolare.

Altra invenzione fantastica è quella del soggiorno nella pancia di una enorme balena, invenzione questa volta un po meno originale dato che questo tipo di storia era già stata proposta dal libro di Giona della Bibbia datato nel 500 circa a.c.

Originale l’ambientazione in una enorme selva che troverebbe spazio nella pancia di quella balena ed ancor più originale lo stratagemma inventato per uscire dalla balena medesima dando fuoco alla selva.

L’intero libro è assolutamente godibile e questo spiega il fatto che secondo gli studiosi ha avuto un enorme seguito nel Medioevo quando si posizionava fra le opere più lette.

Occorre tener conto del fatto che quest’opera risale al secondo secolo d.c. che è quello della più forte espansione del Cristianesimo e che nelle sue opere Luciano addirittura non fa cenno ai cristiani.

Questo forse se da una parte l’ha salvato dalle mani dei monaci copisti più fondamentalisti, non l’ha nemmeno “spinto” nella diffusione perché secondo gli studiosi la sua opinione sui cristiani non era affatto positiva, pare che ritenesse quella setta priva di interesse essendo quel secolo pieno di racconti di guaritori e profeti simili a quelli su Gesù e questo atteggiamento non lo rendeva certo simpatico, immagino che nelle biblioteche dei conventi si trovasse se c’era all’ultimo piano.

Oggi però meriterebbe migliore fortuna tenendo conto del fatto che tutto il filone “fantasy” e non solo quello gli deve veramente molto.











giovedì 18 novembre 2021

Giorgio Ieranò : Demoni mostri e prodigi : l’irrazionale e il fantastico nel mondo antico Editore Sonzogno – recensione

 



Come mai ho affrontato la lettura di un libro così singolare che per di più si trova nelle biblioteche dal 2017?

Lo confesso per ragioni molto personali nel senso che per me questa lettura costituisce qualcosa come la riparazione di una falla che mi ero reso conto si era formata nella mia formazione scolastica.

Aggiungo però che propongo la lettura di questo libro perché sono convinto di non essere l’unico che è stato costretto ad avere avuto un pessimo rapporto con i capolavori di Omero a causa della lettura al liceo di questi classicissimi che ci veniva imposta nella impossibile e indigestissima traduzione di Ippolito Pindemonte, leggo su Wilkipedia nato nel 1753, che nulla aveva in comune con l’italiano contemporaneo.

Peccato perché acquisire una adeguata conoscenza della storie della mitologia antica e classica è essenziale per le implicazioni che queste nozioni hanno in campi che vanno dalla antropologia alla filosofia, religione e neuroscienze.

Voglio dire che nella formazione culturale di un adolescente sarebbe per esempio di fondamentale importanza avere la possibilità di individuare l’estrema equivalenza appunto fra i miti classici e quelli delle religioni istituzionali ,che tra l’altro spesso e volentieri questi antichi miti hanno copiato di sana pianta facendo comprendere subito allo studente che la presunta superiorità dei miti religiosi è soltanto frutto di propaganda e indottrinamento, non certo di pensiero critico.

L’autore apprendiamo che è professore di letteratura greca all’Università di Trento e che è uno specialista dell’argomento che ha già trattato in lavori precedenti ed analoghi.

Fatta la dovuta premessa sul mio particolare personale interesse devo dire che di conseguenza ho grandemente apprezzato il fatto che l’autore dopo una breve presentazione del personaggio mitico lascia parlare per uno spazio ragionevole la fonte più autorevole di quel mito medesimo riprodotta in traduzioni italiane molto recenti che finalmente usano l’italiano corrente.

Un ulteriore qualità di questo volumetto è la capacità dell’autore di riuscire a presentarci una platea sterminata di personaggi mitici servendosi di una essenziale antologia di scritti classici ,come si è sopra accennato rimanendo nei limiti di sole 162 pagine.

Stiamo parlando di miti che sono né più né meno delle nostre radici culturali.

Devo dire che leggendo questo libro sono arrivato al massimo della sorpresa quando pur avendo seguito il curriculum scolastico fino alla laurea in materie umanistiche col dovuto profitto ho dovuto constatare di ignorare praticamente del tutto ad esempio l’opera di Luciano di Samosata autore greco del II secolo d.c. evidentemente giudicato troppo politicamente scorretto da chi imponeva i programmi scolastici nei primi anni del dopoguerra.

Quest’autore aveva avuto una tale straordinaria capacità di proiettarsi in un futuro fantastico da avere anticipato classici della fantascienza tipo guerre stellari, come ha fatto nella sua “storia vera”.

Del resto il Prof. Ieranò ci dice che proprio il regista di “guerre stellari” George Lucas ha dichiarato in una intervista a Time magazine di essersi ispirato anche alla mitologia classica studiata dal suo amico Joseph Campbell.

Consiglio la lettura di questo libro perché verrà trovato di sorprendente attualità in questo momento storico quando il progresso tecnologico è diventato così rapido e straordinario da avere consentito a molti scienziati di parlare in modo verosimile di “transumanesimo” imminente per il semplice fatto che la condizione umana sta per essere modificata.

Se una tale prospettiva viene giudicata da molti come qualcosa di inquietante, può essere fortemente di conforto ricordarsi che menti geniali già due millenni fa avevano costruito storie che anticipavano un futuro che oggi ci appare molto più vicino.


sabato 13 novembre 2021

Goffredo Buccini Il tempo delle Mani Pulite . Edizione Laterza – recensione

 



A ben trent’anni da Mani Pulite siamo come è noto nel periodo nel quale si è manifestato nell’opinione pubblica il livello più basso di fiducia nella magistratura della storia repubblicana.

Su questa base non si può che confermare quello che è più di una congettura verosimile e cioè che quel periodo che prometteva sfracelli :”rivolteremo l’Italia come un calzino”, una vera rivoluzione per via giudiziaria con lo scopo di moralizzare il paese non ha mantenuta nessuna delle sue promesse.

Questa sensazione è diffusa in tutto il paese da un bel pezzo, ma proprio per questo è utile rifarsi raccontare Mani Pulite dal cronista che nel bene e nel male l‘ha vissuta in diretta ed ha intessuto la prima narrazione dalle colonne del maggior giornale italiano il Corrierone di Via Solferino.

Goffredo Buccini giovane napoletano proveniente dal migliore Liceo Classico di Roma era sbarcato a Milano per fare la Scuola di Giornalismo ed aveva iniziato la professione appunto da Via Solferino, la sede storica del Corriere della Sera, partendo dalla più classica delle gavette :cioè seguendo la “nera” per poi passare alla “giudiziaria”.

Il suo racconto è straordinario perché la trama è indirettamente anche una biografia dell’autore in quegli anni, essendo proprio lui che firmava con altri colleghi le cronache da palazzo di Giustizia da San Vittore e dagli altri non ameni luoghi simbolo di quel periodo.

Il libro di Buccini ci costringe a fare mente locale a quegli anni che sono stati contemporaneamente molte cose insieme.

All’inizio degli anni ‘90 si era appena celebrata la caduta del muro di Berlino e del comunismo sovietico con implicazioni geopolitiche formidabili a cominciare dalla fine della “guerra fredda”.

Da allora la “rendita di posizione” sulla quale l’Italia del dopo guerra era vissuta di rendita come la più fedele figlioccia della democrazia imperiale americana era arrivata a termine lasciando quasi al verde la Balena Bianca cioè la Democrazia Cristiana e insieme il più forte Partito Comunista d’Europa che si era venuto a trovare orfano delle valigiate di rubli che arrivavano prima da Mosca.

Buccini non trascura di informare i lettori che il Povero partito Craxiano il PSI si è trovato con Mani Pulite nei guai più grossi anche perché se i due colossi politici che facendo finta di essere nemici incompatibili ma che di fatto avevano governato l’Italia dal dopo guerra con infiniti accordi sottobanco, erano vissuti facilmente su finanziamenti esterni, i socialisti si erano arrangiati a quanto pare senza troppa fatica facendosi mantenere diciamo dalle sponsorizzazioni delle aziende di stato.

Mani Pulite è stata quindi anche un “danno collaterale” dovuto alla fine della Guerra Fredda.

Non dimentichiamoci però che quei primi anni ‘90 sono stati anche quelli che hanno portato l’Italia sul baratro del fallimento del sistema economico.

Il famoso prelievo forzoso operato dal Governo Amato il 10 luglio del ‘92 nottetempo sui conti correnti degli italiani è stato una tipica operazione emergenziale quasi da tempo di guerra per salvare il salvabile.

Ma non basta ancora perché è proprio in quegli anni abbastanza funesti che la mafia di Totò Riina ritenendo a quanto pare di avere perso quelli che riteneva i suoi precedenti referenti politici aveva dato corso alla sua strategia stragista prima con l’incredibile agguato mortale al giudice Falcone e poi a Salvatore Borsellino per poi concentrarsi su attentati bombaroli rivolti a monumenti che non risparmiarono affatto vittime innocenti.

E’ proprio nel racconto sempre in diretta di uno di questi avvenimenti, quello milanese di Via Palestro, che ho trovato le pagine a mio parere più efficaci e drammatiche del libro.

Ovviamente non anticipo nulla, il lettore potrà godersele leggendole.

Che dire poi delle Mani Pulite vere e proprie?

La caratterizzazione dei singoli componenti del famoso “pool” che ne fa Buccini mi sembra riuscitissima e il più aderente possibile a quanto avvenimenti ormai passati alla storia ci hanno lasciato con una relativa ponderosa documentazione.

Questo giornalista che da ragazzo è diventato uomo in quegli anni, come lui stesso ci lascia capire è uno che le promozioni se le è guadagnate scarpinando senza sosta come è doveroso per chiunque pratichi quella professione, poi perché era professionalmente bene impostato, infine perché si è ritrovato capi e colleghi di prim’ordine.

Ma riconosciamolo i famosi “scoop” vengono anche in grazia di una bella dose di fortuna, fortuna che a Buccini si direbbe non sia proprio mancata.

Ci vuole però un misto di tutti gli ingredienti sopra menzionati per far carriera.

Formidabili le pagine che descrivono uno di questi scoop veramente clamorosi, quando appunto Buccini accompagnato dal collega Alessandro Sallusti (che come tutti non era nato direttore ma aveva dovuto anche lui cominciare dal basso) a Santo Domingo aveva dovuto ricorrere ai trucchi più incredibili per costringere uno dei più noti “latitanti” della Tangentopoli di allora un certo Giovanni Manzi per dieci anni presidente della Sea, la società che gestisce degli aeroporti milanesi, grande elemosiniere del Psi a rilasciare loro una intervista ovviamente esclusiva, che deflagrerà come una bomba, e che sarà un bel trampolino di lancio professionale per i due giornalisti che hanno avuto l’abilità di realizzarla.

Direi invece che fu abilità professionale più che fortuna immagino quella che ha fatto sì che proprio Buccini e non altri sia stato scelto dal Capo indiscusso del pool, Francesco Saverio Borrelli per rilasciare le sue interviste.

Tonino Di Pietro, Pier Camillo Davigo, Gherardo Colombo,Gerardo D’Ambrosio, Franceso Greco, Tiziana Parenti, Ilda Boccassini, Armando Spataro tutti personaggi che non hanno bisogno di presentazioni, ma fra loro se Tonino di Pietro era quello che per carattere faceva sempre il botto, il personaggio più personaggio di tutti era il proprio il capo, Borrelli.

Gentiluomo dell’ottocento era aristocratico in tutto.

Ma era anche personaggio complesso e contraddittorio, e questo ovviamente ne aumentava il fascino.

Per natura incline alla riservatezza non poteva però evitare flash e telecamere che a Palazzo di Giustizia stazionavano 24 ore su 24.

Poteva però evitare i giornalisti e infatti lo faceva con piacere, ma un qualche misterioso feeling aveva fatto sì che decise di fidarsi di Bettini ed a lui si rivolse più volte regalandogli altri scoop uno dietro l’altro.

Nel libro c’è anche godibile e mi sembra molto verosimile anche la storia del personaggio più simbolo di tutti di Mani Pulite, quel ToninoDi Pietro che da umile contadino meridionale dopo aver fatto un po’ tutti i lavori è approdato in Magistratura con la toga di Pm ed era divento tanto potente nel ruolo di centravanti di sfondamento di Mani Pulite come narra Buccini da far mormorare a un Berlusconi Neo Presidente del Consiglio del ‘94 che sarebbe stato sulla strada per toglierli la poltrona e insediarsi al suo posto.

Varrebbe la pena di leggersi questo libro anche solo per cercare di capire chi è questo personaggio dalle mille facce, dato che sappiamo oggi che la sua successiva carriera politica non è stata proprio brillante.

Per l’ennesima volta la storia ha dimostrato che gli aspiranti Maximilien Robespierre, l’incorruttibile per definizione dovrebbero essere più cauti quando si vedono osannati, perché quegli osanna non durano mai più di un mattino, come si dice.

Buccini molto onestamente non risparmia più di un accenno di autocritica rivolto non solo a sé stesso ma anche ai suoi colleghi che allora su quegli osanna avevano soffiato sotto, ma si erano probabilmente troppo spesso dimenticati di chiedersi in pubblico se quella che era divenuta la consuetudine delle manette facili per provocare pronte confessioni fosse giuridicamente ortodossa.

Non dimentichiamoci che il “tintinnar di manette” di quegli anni ha provocato anche un numero inaccettabile di decessi fra gli indagati o fra quelli che temevano di diventarlo.

Buccini non mi pare che lo dica esplicitamente ma dato che la matematica non è un ‘opinione a condannare storicamente l’ubriacatura di Mani Pulite rimane la percentuale ben esigua di condanne definitive incassate dal pool rispetto agli avvisi di garanzia spediti.

Buccini secondo mè giustamente sostanzialmente di tutto il pool salva solamente quel Gherardo Colombo che ha partecipato, ma per formazione aveva capito fin da allora che non è per via giudiziaria che si può debellare la corruzione, ma che ci vuole un umile e lungo processo di educazione al quale dall’uscita dalla magistratura si dedica da anni girando per le scuole e collaborando a case editrici.

Buana lettura



sabato 6 novembre 2021

Simone Pieranni La Cina Nuova .Editore Laterza – recensione

 



I lettori di questo Blog ricorderanno che il 14 maggio 21 avevo recensito un’altro libro di Simone Pieranni : Red Mirror ,il nostro futuro si scrive in Cina.

Quest’altro lavoro mi sembra tanto un integrazione del primo scritto assemblato con la stessa filosofia, stile giornalistico tipo reportage, molto agile e di scorrevole lettura.

Il libro riporta sostanzialmente il racconto di situazioni realmente vissute dall’autore vivendo in Cina.

Direi niente di meglio per entrare in un mondo che sempre di più invade ed invaderà le nostre vite.

Chi scrive come milioni di connazionali aveva già acquisito l’abitudine di comprarsi gran parte dei prodotti non alimentari col sistema dell’e-commerce su Amazon, abitudine confermata e allargata durante il lockdown causa pandemia.

Ebbene è singolare che con questi sistemi si compra su un sito di dimensioni colossali, tutto “made in Usa”, ma che i prodotti sono quasi esclusivamente “made in Cina”.

Solo in questo modo la Cina è entrata nelle nostre case da un pezzo e anche da questo fatto nasce un forte desiderio di chiarirsi le idee anche per capire perché la Cina è entrata nelle nostre case in modo tanto invasivo.

Ecco perché consiglio di leggere questo libretto.

Pieranni è di professione giornalista, ha vissuto in Cina lunghi periodo ed ha confidenza con il mandarino.

Il libro dato il taglio che gli dato l’autore come abbiamo detto sopra non pretende di offrire alcuna trattazione sistematica , ma non ostante questo riporta le sue narrazioni in modo ordinato proprio per aiutare il lettore a ragionare sulle nozioni che sono quelle essenziali che si ricaverebbero dalle trattazioni accademiche dei sinologi.

Come altri libri di questo genere si comincia col descrivere i progressi immensi che ha fatto questo enorme paese in un tempo incredibilmente limitato.

Per rendersi conto quanto questi progressi siano importanti basta pensare i presidenti americani di destra o di sinistra moderata che siano danno letteralmente fuori da matto quando parlano della Cina minacciando sfracelli come se fossimo ancora negli anni della Guerra Fredda quando il mondo era diviso in due blocchi contrapposti che con osarono farsi la guerra perché le armi nucleari che i due schieramenti disponevano in gran quantità avrebbero distrutto il pianeta insieme all’avversario.

Questo succede evidentemente perchè non riescono ad metabolizzare il fatto di non essere più gli imperatori del mondo in ragione della loro superiorità non solo militare ma sopratutto finanziaria e tecnologica.

Gli Usa sono ancora la massima potenza militare anche se la Cina sta progressivamente recuperando terreno, ma hanno praticamente già perso la guerra nel campo delle tecnologie avanzate e questo per loro è indigeribile.

Da questa indigeribilità deriva una martellante e potente campagna mediatica per descrivere agli occhi del resto del mondo la Cina come una potenza pericolosa che vorrebbe dominare il mondo.

Ecco i libri come quelli di Pieranni sono utilissimi per capire per quanto possibile cos’è veramente la Cina di oggi e rendersi conto che quasi sempre è qualcosa di molto diverso da come ce la presenta la propaganda americana che riesce a influenzarci pesantemente senza che nemmeno riusciamo a rendercene conto.

Il mantra del discorso propagandistico ha buon gioco nel far partire qualsiasi discorso sulla Cina da una affermazione categorica che formalmente è corretta : la Cina non è una democrazia.

Attenzione però che si gioca largamente sull’equivoco perché se è vero che appunto formalmente la Cina non segue le regole della democrazia liberale rappresentativa occorre fare seguire all’affermazione di base un minimo di analisi.

Le turbe vocianti di fanatici sostenitori di Donald Trump guidati da un tizio addobbato alla Toro Seduto con corna al posto delle piume che assaltano e spogliano il Congresso degli Stati Uniti il 6 gennaio di questo 2021 sono la dimostrazione iconica di qualcosa di più di un malessere del quale soffre la democrazia americana.

Se poi aggiungiamo le denunce che un gruppo di giovani membri del Congresso dei quali la personalità più nota è Alexandra Ocasio Cortez fanno e documentano da tempo circa l’influenza sempre più soffocante che le lobbies finanziarie e industriali statunitensi esercitano sui rappresentanti del popolo americano per pagarsi leggi a loro favore vediamo che le condizioni di lavoro dell’organo simbolo e motore della democrazia americana è giunto a un punto di crisi piuttosto seria.

Terzo argomento : che vanno a votare in America sono sempre meno elettori al punto che viene da chiedersi quanto possano essere considerati rappresentativi gli eletti.

A questo punto prima di pontificare su chi è democratico e chi no diventa necessario non fermarsi alla forma e chiedersi invece quanto vasto è il consenso di chi governa, assumendo questo come un criterio probabilmente prioritario.

E allora seguiamo questo criterio anche per ragionare sulla democrazia o meno presente nel sistema cinese.

Ebbene sulla base anche solo dei libri redatti da sinologhi o da semplici giornalisti qualificati che abbiamo recensito in questo Blog, e sono un bel numero, non abbiamo trovato un solo lavoro che non dichiari in modo chiaro e non equivoco che l’attuale dirigenza cinese gode del più ampio favore di quell’immenso popolo di un miliardo e mezzo di persone.

Non nascondo il fatto che questa constatazione ci lascia abbastanza di stucco vivendo noi nell’ambito di una certa storia e di una certa cultura che per istinto siamo portati ad usare per decifrare il resto del mondo.

Ecco, per capire qualcosa della Cina bisogna necessariamente partire da qui : la Cina non è un monolite ma è diverse cose insieme, ma di sicuro è basata su una filosofia e una storia culturale parecchio diversa dai nostri riferimenti abituali.

Confucio e Lao Tze sono magari anche contemporanei dei nostri filosofi classici ma hanno prodotto linee di pensiero del tutto diverse.

Tanto per cominciare nessuno dei loro filosofi ha mai scritto un’opera intitolata alla metafisica per la semplice ragione che non credevano nella metafisica né in un Dio, con un significato come lo intendiamo noi.

La filosofia cinese è da sempre laica.

Solo questo cambia tutto.

Il nostro primato dell’individuo non ha posto nella scala dei valori cinese non perché la Cina non è retta da un sistema politico liberal rappresentativo, ma perché nella loro visione del mondo non esiste la priorità dell’individuo (mantra dell’ideologia liberal-liberista) che è invece sostituita da quella della società o meglio dell’armonia della società.

Non vado oltre ma invito il lettore a tenere ben presente questa diversa scala di valori per capire la Cina.

Il libro di Pieranni mette per ultimo il capitolo dedicato alla filosofia, forse non ne parla prima per non spaventare il lettore immagino, ma non tralascia affatto di chiarire che senza utilizzare questa diversa scala di valori è impossibile capire la Cina.

Come si diceva sopra il gusto della lettura di questo libro sta nel fatto che è in sostanza una raccolta di reportage e di impressioni acquisite sul campo ordinate però seguendo l’ordine tipico di chi parla della Cina e vuole fare acquisire al lettore le nozioni di base : meritocrazia, alto livello di pragmatismo, alto livello di sperimentazione, capacità di esprimere una visione condivisa che si concretizza in piani d’azione pluriennali articolati ma sempre aggiustabili, sistema politico che fa riferimento al partito unico, ma con una viva dialettica con le realtà locali dove sono presenti forme di democrazia, lotta continua alla corruzione.

Lo ribadisco, il punto di forza di questo libro è la narrazione costantemente sul campo che finisce per forza a sottolineare cosa è peculiarmente cinese.

Faccio un esempio forse banale ma significativo: è tutto da godere il capitoletto dove ci viene spiegato come chi cinese non è si trova fortemente in difficoltà quando gli capita di dover sedersi magari anche solo in un ristorante con commensali cinesi attorno ad un tavolo rotondo e si rende conto che esistono regole precise per sottolineare il “ranking sociale” delle singole persone che i Cinesi conoscono tutti ma che lui ignora completamente.





martedì 2 novembre 2021

Cristoforo Spinella : Erdogan Storia di un uomo e di un paese Meltemi Editore – recensione

 






Leggendo questa puntuale biografia di Recep Tayyip Erdogan ho provato le medesime impressioni che avevo avvertito quando mi ero accostato alla Cina moderna tramite la lettura dei primi libri che poi avevo recensito su questo Blog.

Sorpresa di saperne troppo poco sulla Turchia e sorpresa di apprendere che quel poco che sapevo altro non erano che un bel mix di pregiudizi, luoghi comuni, leggende metropolitane, propaganda che gli Americani riescono regolarmente a propinare ai media e che questi pedissequamente ritrasmettono urbi et orbi come assoluta verità, che guarda caso cambia al cambiare del colore delle presidenze americane ed ai loro mutevoli interessi.

Peccato essere così male informati se si pensa che la Turchia ha numericamente i medesimi abitanti della Germania 80 milioni in un territorio che è quasi il doppio della medesima Germania e che l’estensione delle sue coste marittime su Mediterraneo e Mar Nero ne fa un paese a vocazione navale superiore addirittura all’Inghilterra.

Quando ho cominciato ad cercare di recuperare le nozioni che mi mancavano sulla Cina moderna ho dovuto mettere le mano tanto per cominciare ad un mappamondo e ad un Atlante, tra l’altro senza troppo successo perché il vertiginoso sviluppo della Cina faceva sì che città ultramoderne non fossero ancora riportate su strumenti cartacei non aggiornatissimi.

Nel caso della Turchia mi sono trovato ancora peggio perché ho dovuto constatare che quando l’Autore mi proponeva il nome delle città maggiori del Paese al di là della solita Istambul che coi suoi 12 milioni di abitanti almeno mi era nota ho dovuto riconoscere che quei nomi li sentivo nominare per la prima volta.

Temo però di dover condividere abbastanza ampliamene la mia ignoranza, perché parlando con parenti ed amici constatavo che della Turchia le uniche località che venivano universalmente alla mente erano quelle bibliche che so io Tarso, città natale di San Paolo, Antiochia,Efeso,fin qui tutto bene a parte Efeso della quale esistono solo delle rovine, ma se parliamo di Antalya, Bursa, Adana ,Gaziantep ci troviamo a vagare nella nebbia.

L’Autore , giornalista inviato speciale dell’Ansa e collaboratore dell’Espresso ha preso sul serio il suo lavoro e tanto per cominciare ha imparato il turco.

Il libro del quale parliamo riporta una introduzione-presentazione piuttosto lunga di Alberto Negri, firma del Sole 24 ore ed ora del Manifesto, riconosciuto universalmente come il più accreditato esperto di Medio Oriente che scriva sui giornali italiani.

Il lavoro che ne esce è quindi confezionato da chi ha tutte le qualifiche per poter colmare le nostre lacune.

La prima cosa che viene da dire su Erdogan è che fra i grandi della Terra è uno di quelli che ha passato il periodo più lungo al timone del suo paese.

Nella recente carrellata di premier al G 20 appena concluso a Roma 31 ottobre/1 novembre ‘21, la pluri -festeggiata Angela Merkel che si congedava per avviarsi alla meritata pensione era l’unica a poter condividere con Erdogan un periodo di governo così lungo.

Al di là delle ipocrisie con le quali i media ci inondano, prigionieri del pensiero unico politicamente corretto a traino americano, tutti hanno notato che lo stesso Erdogan al medesimo G20 è stato se non il più coccolato,certamente il più richiesto per avere con lui un bilaterale.

Ricordiamoci che il medesimo personaggio guida tuttora un paese membro della Nato e che per anni la sua richiesta di entrare nella UE è stato all’ordine del giorno per l’evidente interesse geopolitico dell’Unione ad essere presente nell’area strategica del Medio Oriente con un paese che in area islamica era visto come quello che poteva rappresentare la versione moderata, riformista e più aperta alla modernità di quel mondo.

Ecco su questo bisogna soffermarsi perché la storia della Turchia diverge molto da quella degli altri paesi di quella regione esattamente su questo punto.

Come è abbastanza noto la Turchia moderna è strettamente legata alla figura del suo fondatore Mustafà Kemal Ataturk che dopo la dissoluzione e smembramento dell’Impero Ottomano alla fine della Prima Guerra Mondiale ha creato un regime democratico ma sempre sotto lo sguardo attento e severo dei militari che faceva della laicità dello stato il primo principio da osservare ed al quale ispirarsi.

Ne conseguiva che non era permesso ad alcuna forza politica fare riferimento alla religione.

In poche parole mentre due dei maggiori paesi che avrebbero creato l’Unione Europea la Germania e l’Italia furono governati per decenni da due partiti che addirittura riportavano la dizione “cristiano” nella loro sigla in Turchia regnava la laicità più occhiuta che si ricordi.

Se uno avesse tentato di creare un partito di ispirazione islamica sarebbe finito in galera.

Ecco perché la storia del nostro Recep Erdogan è particolarmente interessante, perché lui testardamente fin dal primo coinvolgimento in politica aveva avuto l’idea fissa di fondare un movimento politico che si ispirasse ai valori dell’Islam.

Attenzione però, all’Islam in salsa ottomana, ricordiamo infatti che gli ottomani che arabi non erano le popolazione arabe in nome della loro visione dell’Islam le avevano sottomesse puramente e semplicemente per fondare il loro impero.

Di conseguenza pensare ad Erdogan come uno che nell’universo Sunnita consideri per fare un esempio i capi attuali dei Talebani come suoi fratelli in senso anche politico è un non senso.

Da quello che ho letto a me pare che il significato del suo richiamo al mito dell’impero Ottomano sia qualcosa di assimilabile al “sogno americano” e più recentemente al “sogno cinese”, cioè a un qualcosa di idealizzato e già assurto a simbolo ma dal lato pratico molto generico e difficile da articolare.

Questo per dire che se è vero che Erdogan è stato coerente per tutta la sua vita politica nel fare riferimento a certi valori tradizionali dell’Islam per non prendere lucciole per lanterne è opportuno andare a vedere cosa lui intende per valori dell’Islam e se questi non sono magari più assimilabili al semplice conservatorismo etnico e politico che ai precetto della Shaaria.

Ma non basta ancora perché dalla lettura di questa ottima biografia si evince che se è vero che il nostro personaggio ha sempre coniugato in politica la sua visione strategica di spingere la Turchia ad un rinnovamento che la riportasse verso la riconquista del prestigio goduto ai tempi dell’Impero Ottomano, ha anche sempre regolarmente alternato questa visione con l’uso spregiudicato di un fortissimo pragmatismo, connaturato al suo modo di fare politica.

E’ un politico al quale non si può rimproverare di avere una “visione” strategica a lungo termine, ma è anche un abile tattico che se vede che un obiettivo non riesce a conquistarlo perché gli costerebbe troppo è pronto anche a fare dietrofront per rimandare il suo raggiungimento a tempi migliori.

Terza caratteristica che si evince dalla carriera politica di Erdogan è quella di avere capito che il popolo non è disposto a chiudersi gli occhi quando vede esempi di corruzione veri o presunti troppo vistosi.

Esempio clamoroso è stato il siluramento in tronco di suo genero Berat Albayrak, ministro delle finanze un anno fa quando una serie di insuccessi economici hanno suggerito al capo supremo di cercare un capro espiatorio anche se molto vicino a lui.

Ultima caratteristica del personaggio messa in evidenza dal libro è la sua capacità di far ricorso a tecnici rispettando in qualche modo criteri meritocratici.

Come tutti i politici che durano Erdogan confida su un “inner circle” di fedelissimi, ma il suo fiuto politico gli anche sempre suggerito l’opportunità di far girare i potenti perché non rischino di diventare troppo potenti fino a pensare di poter sostituire il capo.

L’Autore naturalmente non sorvola sugli errori anche clamorosi nei quali il pur abile nostro personaggio è caduto non ostante la sua abilità di fondo.

E gli errori più grossi ci dice appunto Spinella sono venuti per una non sufficiente conoscenza del dossier, come il caso Siria.

Erdogan si è gettato nella guerra di Siria commettendo un clamoroso errore di valutazione quando si era dimostrato convinto che sarebbe bastato un robusto scrollone per far cadere Assad.

Evidentemente non si era studiato bene la situazione locale pur essendo la Siria un suo vicino, non aveva capito che un regime non è riducibile alla persona che lo rappresenta ma è un coacervo di interessi consolidati nel tempo che non avevano nessuna intenzione di farsi scalzare dal Rais di Istambul.

Trovatosi a mal partito ha deciso di giocare spregiudicatamente la carta dell’Isis, come del resto avevano fatto in passato e più volte anche gli Americani ed anche questa non è stata una buona idea, per i rischi che comportava.

Ma qui si vede ancora una volta quanto poco per lui contano i miti identitari islamici nel senso che dell’Isis si è servito per combattere Assad ma sopratutto i Curdi di Siria per quanto bastava per poi lasciare lo stesso Isis al suo non glorioso destino, trattandolo in pratica come non più di un aggregatore di milizie mercenarie.

La stessa tattica ha adottato più recentemente in Libia.

Il secondo errore che gli è costato lo stop per ora definitivo all’ingresso nella UE è lo scivolamento graduale passo dopo passo verso un regime personale anche se formalmente ancora democratico.

Bavagli alla stampa di opposizione, perseguitati a singhiozzo i Curdi, manipolata in parte la magistratura, ma di fatto le elezioni si tengono alle scadenze e il consenso attribuito ad Erdogan è in discesa.

Gli Americani lo stanno denigrando perché non è del tutto democratico o perché ha aperto alla Russia, dalla quale tra l’altro ha un vitale bisogno di gas e petrolio ?

Ma per i particolari e un’analisi attenta vi lascio alla lettura del libro invitandovi ad andare ad approfondire il nuovo slogan efficacissimo e un po' misterioso la “Turchia blu”.

Buona lettura.