mercoledì 25 aprile 2012

Attenzione a non evocare una Merkel con i baffi

Le presidenziali francesi hanno dato il primo colpo al fragilissimo equilibrio europeo, ma non sarà l’ultimo. In contemporanea con la prima vittoria di Hollande al primo turno sono venute le dimissioni del premier olandese perché la sua maggioranza di destra sostenuta addirittura con l’appoggio esterno dell’estrema destra non lo segue più sulla strada dell’austerità esasperata. Ai primi di maggio toccherà ai Greci votare e lì saranno dolori molto seri. Poi l’Italia e la Germania. Dalle prime avvisaglie è chiaro che uno spettro si aggira per l’Europa, uno spettro che per ora è confuso e piuttosto informe ma che sta crescendo. In Italia lo si denomina l’antipolitica per ora rappresentata politicamente solo dal movimento di Beppe Grillo che si trova in costante ascesa. In Francia i due schieramenti radicali della Le Pen e di Melanchon sono al 30% e non è uno scherzo. In Germania è il movimento dei Piraten che nelle elezioni regionali si è attestato su un 7/8% ma che ha una base potenziale ancora più ampia, oggi è dato al 12%. In Olanda il movimento di destra radicale di Geert Wilders è stato decisivo per costringere il governo alle dimissioni di ieri. Si tratta di movimenti che sono sorti cavalcando la reazione della gente al boom dell’immigrazione, che in certi momenti era apparsa selvaggia e incontrollata. Poi però si sono affinati e sotto il peso della crisi finanziaria che è diventata economica hanno capito che era quello l’evento che apriva per loro ampi scenari. Molti hanno quindi cambiato pelle anche in modo abbastanza radicale come il movimento di Marine Le Pen che era partito sotto la leadership suo padre imitando il Msi italiano, ma che ora si può veramente dire che sia diventato abbastanza diverso. Lo slogan che si sono scelti cioè quello di rappresentare politicamente gli invisibili è azzeccatissimo in questa situazione economica e sociale. Questa caratterizzazione “sociale” è divenuta talmente prioritaria che il rimescolamento di temi di destra radicale con altri tipici invece della sinistra radicale lasciano di stucco. E il risultato è che per la Le Pen hanno votato in prevalenza operai, giovani e la Francia rurale, i nostalgici filofascisti sono una minoranza non più determinante, anche se ci sono ancora. Il manager del movimento, nominato dalla Le Pen è un giovane tecnocrate uscito dalla solita Ena, la facoltà di scienze politiche elitaria che dà alla Francia il meglio della sua classe dirigente. Il programma è a base di investimenti pubblici, conservazione dello stato sociale e del welfare, salario minimo garantito per i giovani e uscita dall’Euro se non fosse possibile bloccare la attuale politica economica di austerità senza sviluppo, il tutto condito da una spruzzata di xenofobia con controllo o blocco dell’immigrazione. Attenzione però a un fatto estremamente significativo : a Marsiglia capitale degli immigrati, moltissimi di costoro hanno votato Le Pen, abbandonando Sarkozy e socialisti. Come si vede. questi movimenti non sono poi tanto facili da decifrare. In politica economica i Lepenisti propongono una ulteriore spruzzatina di autarchia e di protezionismo , ma in salsa moderna, più vicina alle ragioni portate avanti oggi ad esempio dalla rampante Argentina che non da quelle della destra fascista di un tempo. E in Italia? Da noi si ha la sensazione che la pentola stia ribollendo ma le linee non sono ancora del tutto chiare. Al momento di fronte alla crisi forse irreversibile dei partiti tradizionali il solo movimento beneficiario sembra sia il movimento di Beppe Grillo, che i media nazionali snobbano o apertamente sabotano ma che potrebbe avere potenzialità molto ampie. E’ nato a sinistra, ma non disdegna ora di cavalcare argomenti tipici della destra, si pensi alle recenti batture contro l’invasività dell’agenzia delle entrate. Grillo ha capito che quella anomalia della politica italiana che è stata la Lega sta affogando e con grande tempismo di appresta ad aprire le porte ai giovani dalle belle speranze che la Lega ha deluso sfoderando tutto l’armamentario dei movimenti che possono credibilmente presentarsi come anti sistema. Grillo se ci saprà fare potrebbe ricoprire lo spazio che altrove hanno coperto Melanchon, la Le Pen e i Piraten tedeschi e quindi appare del tutto fuori luogo il disprezzo che per lui nutrono gli attempati editorialisti della grande stampa nostrana. La sinistra radicale in Italia con Vendola, anche lui in via di affondamento insieme alla sanità pugliese, apre un altro bacino che si può aprire per Grillo, anche se nel Sud questo movimento è più debole che al Nord. La grande stampa che fa? Ripete la solita tiritera secondo la quale il voto ai movimenti alla Grillo a nulla gioverebbero perché i Grillini non determinerebbero alcuna maggioranza. E bravi. Ma questa è propria la forza di questi movimenti. La Le Pen si è candidata come capo dell’opposizione, non come spalla di un futuro governo di destra né di sinistra e la stessa è la prospettiva dei Grillo d’Europa. Nelle tavole rotonde di France 24 si sono visti i sostenitori di Sarkosy che chiedevano ai dirigenti Lepenisti : ma voi permettereste ai socialisti di arrivare al potere? I Lepenisti imperturbabili rispondevano che Sarkosy il potere ce l’ha avuto e che non l’ha usato per fare quello che avrebbe dovuto e che ora ripromette a vanvera di fare, lasciando intendere che sì! a loro non dispiacerebbe affatto vedere i socialisti al governo e Sarkosy a casa. Questo modo di ragionare risulta indigesto ai nostri Sartori, Della Loggia, Scalfari ecc. Fare politica per ” non” andare al governo per chi ci sa fare non è affatto una cattiva idea. Se impareranno il mestiere, al governo ci andranno non domani, ma dopo domani, però ci andranno puliti. E non è questo che vorrebbero le persone serie? Vedremo cosa maturerà a casa nostra. Quello che è veramente importante rilevare in tutto questo sommovimento in Europa è vigilare che l’evoluzione porti avanti movimenti nuovi che sappiano dare una rappresentanza politica ai giovani ed a chi viene punito dalla crisi economica e sociale in un certo alveo. Va benissimo vedere in Germania nascere dal nulla e crescere a vista d’occhio il giovanissimo e modernissimo movimento dei Pirati. Non c’è da spaventarsi del nuovo anche se radicalmente nuovo come in questo caso. Perché in politica la protesta ha assolutamente bisogno di esprimersi politicamente nelle forme dovute. Non a caso, la Merkel , tanto critica dalle nostre destre, ha con grande eleganza riconosciuto l’opportunità che i Piraten rappresentino le loro istanze nelle istituzioni. Bisogna però anche cercare di capire il terribile fardello che la storia del suo paese le ha messo sulle spalle. La Cancelliera sembra spesso muoversi sulle uova, ma occorre tenere presente che la storia la costringe a stare bene attenta a non lasciare spazio alla sua destra, perché se alla sua destra si aprisse uno spazio per una formazione capace di assorbire la protesta , allora l’Europa rischierebbe di ritrovarsi a fare i conti non con la mite Merkel ma ancora con un personaggio con i baffi ed i suoi eredi.

venerdì 20 aprile 2012

Grande caos ma anche grandi opportunità

Stiamo vivendo in un momento di grande tensione. Il panorama politico è talmente in burrasca che si avverte chiaramente la sensazione che domani niente potrà essere più come prima. I vecchi politici fanno finta di non capire ma sanno benissimo di essere condannati ad uscire di scena quanto prima. Chi scrive ha vissuto in diretta la caduta degli dei negli anni intorno al ’92 e può assicurare che chi ricopriva cariche politiche nella Dc e nel Pci sapeva benissimo che si era negli ultimi giorni della caduta dell’impero romano,ancora prima che esplodesse tangentopoli, però semplicemente non sapeva assolutamente cosa fare e quindi quella classe politica era condannata. Molti di quei politici che già erano decotti allora si sono riciclati nel berlusconismo e nel PD e questa è stata una delle ragioni per le quali si sono persi vent’anni a far nulla lasciando incancrenire i problemi e lievitare la corruzione. Ora pare proprio che si sia al vero redde rationem. Sembra accertato che la gente non accetterà più di andare a votare turandosi il naso i soliti cataplasmi, in politica da una vita senza avere combinato nulla di rilevante. Il governo Monti è stato un’espediente per uscire dall’anomalia del berlusconismo, ma sta mettendo sempre più in evidenza i suoi limiti. Il problema di Monti non è affatto quello sollevato continuamente dalle destre e cioè che non essendo eletto avrebbe dubbia legittimità e rappresentatività perché essendo la nostra una repubblica parlamentare nella quale i governi si possono formare e disfare in parlamento non esiste l’elezione diretta del premier. Il problema vero è che il governo Monti è praticamente nato su nessun programma se non un genericissimo salvare la baracca dal naufragio sui mercati finanziari. Riuscito solo in parte e temporaneamente quel salvataggio si comincia a rendersi conto che non basta se non c’è un indirizzo programmatico chiaro per il futuro. Ormai non hanno più nessuna rilevanza né i vecchi schieramenti ideologici né i costosissimi carrozzoni politici esistenti. Quando si andrà a votare e prima sarà, meglio sarà, è fondamentale che gli italiani siano messi in grado di votare per la politica economica che ritengono più appropriata. Bisognerebbe poter far capire alla gente che il voto a questo punto deve essere un referendum pro o contro la politica economica delle destre e specularmente pro o contro la politica economica neo-keynesiana dei progressisti. Che significa tutto questo in pratica? Significa avanti con l’austerità fiscale lacrime e sangue, come vogliono tutte le destre liberiste, oppure una politica neo-keynesiana di sviluppo come dovrebbero volere i progressisti. Il resto sono sostanzialmente tutte balle, il nucleo del problema è questo e solo questo. - denunciare, cioè uscire dagli accordi europei esistenti sul “fiscal compact”, cioè sul vincolo di bilancio ecc. per potere fare una politica di espansione, di consistenti lavori pubblici e investimenti sempre consistenti in infrastrutture e manutenzioni strutturali (scuole, ferrovie beni culturali) ; - liberalizzazioni reali che aboliscano gli steccati protettivi di alcune categorie professionali (abolizione degli ordini professionali ecc. privatizzazione degli enti economici locali utili solo per foraggiare politici di nessuna qualità ecc.); - una reale politica di revisione della spesa pubblica per esempio accentrando gli acquisti di beni per la sanità evitando così finalmente di pagare 50 una siringa a Trento e 100 a Palermo, ecc. - chiedere alla BCE di sostenere la politica di espansione con forte immissione di moneta che arrivi alle imprese e in caso di impossibilità di trovare un accorso incamminarsi per l’uscita dell’Italia dalla zona euro. Tutte bestemmie? Fino a poco tempo fa si sarebbe detto di sì, perché prevaleva il pensiero unico bocconiano ideologicamente liberista, che viveva assolutamente incontrastato e senza contradditorio. Oggi non è più così. Si pensi al parere più che autorevole del premio Nobel per l’economia Krugman, che ha espresso le stesse idee (Repubblica del 20-4-12 e NY Times di due giorni prima) o di Nouriel Rubiny della N.York University già capo economista di Clinton (Repubblica del 20-4-12) del tutto sulla stessa linea. In Italia si pensi a Giulio Sapelli a Boeri a Mario Pianta ecc. Forse l’imminente probabile vittoria di Hollande in Francia darà un po’ di coraggio a chi in Italia la pensa in questo modo.

venerdì 13 aprile 2012

In un paese di ladri per ora si salva solo la magistratura

Per chi ha vissuto durante il periodo di tangentopoli, ed è la maggioranza degli italiani (sono passati vent’anni) è impressionante vedere come la storia si ripete, come se allora non fosse accaduto nulla.
Eppure era stato uno tsunami che aveva sconvolto tutto il quadro politico di allora.
Oggi ci risiamo.
Di teste ne sono cadute finora pochine, oserei dire molto meno del necessario, ma siamo solo all’inizio.
Oggi, come allora, si ripresenta in tutta la sua asettica ineluttabilità la prima legge della politica secondo la quale il potere non ammette vuoti : se dei potenti perdono consenso e legittimazione, immediatamente altri vengono investiti del potere reale.
Il problema è che la legge sopra enunciata esiste da quando l’Homo sapiens abitava le caverne e cacciava i mammut, cioè da quando la democrazia non era ancora stata inventata e quindi la medesima legge non tiene minimamente conto della democrazia medesima e affida il potere a chi vi si aggira intorno senza badare minimamente al fatto che sia stato eletto o meno.
Il nuovo titolare del potere reale potrebbe essere una casta sacerdotale, una casta militare, una casta di magistrati, una casta tecnocratica, una casta di avventurieri, di demagoghi, di aspiranti alla dittatura.
Spetta ai cittadini ed alle istituzioni di garanzia riportare le cose nel giusto alveo.
Vent’anni fa, caduta la credibilità dei partiti di allora, ci fu un momento di grave confusione e si arrivò fino ad ipotizzare cose che giudicate oggi a freddo sembrano inverosimili come l’affidamento temporaneo del potere alla casta della magistratura : si vadano a rivedere alcune criptiche, ma non troppo, dichiarazioni dell’allora capo del pool di magistrati della procura di Milano Borrelli.
Mi è tornato alla mente quella situazione leggendo la notizia che il capo della procura di Milano Bruti Liberati sta facendo di tutto per evitare di mettere insieme un coordinamento delle procure attive sul fronte della corruzione dei politici, perché essendo un magistrato di esperienza sa benissimo a quale enorme pressione sarebbe e sarà sottoposto quando la cosa si dovrà fare, esattamente come successe al suo predecessore Borrelli vent’anni fa.
Caduti di fatto i partiti esistenti nella fiducia e nel consenso dei cittadini, per adesso tiene ancora un governo gestito da una casta di tecnocrati, tenuti lì perché percepiti come meglio dei politici eletti, ma immaginiamoci cosa succederebbe se lo spread coi titoli tedeschi salisse ancora senza controllo.
Mi ha fatto sensazione il fatto che questi foschi pensieri non frullano solo nella mia mente, se è vero che non più tardi di tre o quattro giorni fa il compassato ambasciatore Romano nella sua rubrica sul Corriere ha affrontato un argomento quanto mai politicamente scorretto, quello dell’esito che hanno avuto nella storia gli episodi di militari andati al potere in situazione di emergenza, concludendo con un giudizio fin troppo distaccato : possono capitare militari incapaci oppure militari capaci.
Giudizio in teoria perfino lapalissiano, ma nella pratica terribile perché il solo parlarne testimonia del fatto che siamo pericolosamente vicini alla zona rossa.
Credo che sia doveroso da parte nostra ringraziare la magistratura per quello che sta facendo, non certo fra il giubilo e la collaborazione della casta politica, che non ha ancora sentito tintinnare le manette, come era successo vent’anni fa, ma che sa benissimo che ora la corda è tesa al limite di rottura e che quando il consenso cade per lei spostandosi a favore dei magistrati può benissimo verificarsi l’inimmaginabile cioè proprio lo spiacevole ma necessario tintinnare della manette.
Fatto sta però che è già una situazione di emergenza avere un governo formato da tecnocrati non eletti dai cittadini e peggio ancora un parlamento nel quale gli indagati sono talmente numerosi da rendere inesistente il suo prestigio e credibilità.
Si pensi che la terza carica dello stato, il presidente del senato è indagato per mafia e uno dei suoi vice è niente meno che la leghista del cerchio magico Rosi Mauro.
Se passiamo ai governatori regionali ed alle relative giunte le cose vanno ancora peggio.
Da appassionato e studioso di politica di lungo corso mi meraviglia il fatto che in una tale situazione non sia ancora avvenuto in Italia quello che sarebbe ovvio in situazioni del genere, cioè il comparire all’orizzonte dell’uomo forte populista che si autoproclama salvatore della patria, come del resto era capitato vent’anni fa quando è comparso Berlusconi coadiuvato da Bossi.
Tutto è finito in una buffonata, anzi in due buffonate, quella berlusconiana e quella leghista, ma allora (1992-94) era difficile prevedere un simile esito, quando gli orfani democristiani socialisti e in più piccola parte, comunisti non aspettavano altro che qualcosa di nuovo che li rappresentasse.
Il berlusconismo è riuscito senza volerlo ad evirare la destra radicale, facendola di fatto scomparire politicamente, ma uno spazio per una forza di quel tipo c’è per definizione, si pensi al fatto che, per esempio, in Francia la Martine Le Pen è accreditata alle prossime presidenziali di almeno un 15%, che gli analisti ritengono composto soprattutto da giovani incavolati e non da vecchi nostalgici fascisti.
Da noi non c’è ancora all’orizzonte niente del genere e forse è un bene, ma sta di fatto che la protesta crescente non sembra adeguatamente rappresentata dal movimento 5 stelle di Grillo né dalla deludente gestione pugliese del Sel di Vendola.
L’Idv di Di Pietro presenta sì elementi di intransigenza e di coerenza contro la corruzione dilagante, ma è pur sempre un partito personal –padronale, come il Pdl di Berlusconi con tutti i limiti e i difetti di simile strutture, basti pensare all’incredibile e imperdonabile scelta fatta a suo tempo di mettere in lista e fare eleggere gente come l’ex sen De Gregorio e l’On Scilipoti.
In conclusione, ci rendiamo conto che siamo al limite di rottura, che c’è un’atmosfera apertissima al cambiamento ed al nuovo, ma ancora non si vede nessuno in grado di gestire la situazione né nel bene né nel male.
A meno che il Prof. Monti…..ma se è così, che batta un colpo, non può pensare di vincere la corruzione con i voti dei corrotti, deve prospettarsi e prospettare al paese una proiezione che vada oltre l’attuale parlamento, se non ne avrà il coraggio saranno guai seri.

lunedì 9 aprile 2012

Suor Pascalina e Pio XII

Inutile negarlo Pio XII non gode da tempo di buona fama e quindi tentare con uno sceneggiato televisivo (quello messo in onda la sera di Pasqua ) di riabilitarlo era impresa quasi impossibile.
Se poi la sceneggiato stesso era costruito con il palese intento appunto di fare apparire bianco quello che era stato nero, senza il minimo rispetto per la storia, la cosa diventa irritante perché finisce per essere l’ennesimo caso nel quale lo spettatore viene considerato ignorante a priori e quindi degno di vedersi propinare qualsiasi versione dei fatti, dando per scontato che tanto non si accorgerà di nulla.
Tralasciamo la scelta degli attori principali (quelli che fanno le parti di Pio XII e di Suor Pascalina) che sono lontanissimi dal tipo fisico dei personaggi che avrebbero dovuto impersonare.
Pio XII come tutti sanno era magro di altezza normale e con un naso simile a quello di Dante, che ne accentuava il carattere distaccato e austero, mentre l’attore scelto era tutt’altro tipo.
La Suor Pascalina vera,dalle fotografie rimaste era tutto meno che carina.
Ma veniamo alla sostanza. Gli svarioni riporati sono stati tanti che c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Diavolo, possibile che regista e sceneggiatore non abbiano pensato che il pubblico tipo per uno sceneggiato del genere era naturalmente fatto di persone di una certa età e di anziani cattolici osservanti o comunque pratici di chiesa, che di conseguenza hanno ricordi diretti dei tempi di Pio XII o comunque ci capiscono abbastanza di queste cose ?
L’incoronazione col triregno fatta dal balcone di San Pietro è cosa mai vista, dal momento che “l’incoronozione” si svolge o meglio si solgeva con una solenne e complessa liturgia nella Basilica in vista dell’altare di San Pietro, ma non ancora lì che prevede prima dell’imposizione del triregno stesso lo svolgimento della liturgia pentenziale del giorno delle ceneri.
Per tre volte il capo scoperto del papa eletto viene cosparso di cenere al canto di “memento homo, quia pulvs est et pulvem reverteris”.
Solo dopo questo forte atto di umiltà avviene l’imposizione del triregno contemporanamente al prorompere del canto del “Tu es Petrus”.
Prima della gloria l’estrema umiltà della condizione umana per suggellare il fatto che anche il papa è e rimane uomo, come tutti gli altri.
La chiesa ha inanellato nei secoli innumervoli errori, ma guardiamoci dal cancellare frettolosamente dalla memoria le vertiginose grandezze simboliche di certe sue millenarie liturgie.
Lo sceneggiato è tutto pervaso dall’idea di fondo di presentare un intreccio fra la vita di papa Pacelli alle prese con le intemperanze di una simpatica perpetua che si sente spinta a impicciarsi negli affari di stato del suo padrone.
Ma è grottesco riportare il rapporto Don Abbondio – Perpetua al livello di un Pio XII.
Ad esempio che Pio XII avesse bisogno, infrangendo il protocollo, della sua perpetua per scrivere in tedesco, come mostrava lo sceneggiato, è semplicemente ridicolo.
Tutti sanno che papa Pacelli era uomo di vasta cultura e che comunque parlava correntemente tedesco, avendo passato gran parte degli anni della sua formazione nella Segreteria di Stato non in Vaticano ma nella nunziatura tedesca in Germania.
Ma la sceneggiatura veramente più sballata è stata quella che ha riscritto la famosissima uscita di Pio XII dal Vaticano dopo i bombardamenti al quartiere San Lorenzo.
Nella foga di rivalutare la figura di Papa Pacelli lo sceneggiatore lo ha trasformato ingenuamente in un Papa Giovanni ante litteram che esce dalla macchina senza scorta e senza corteo per andare ad abbracciare la gente.
Papa Pacelli, tutti lo sanno del resto, era persona austera e distaccata, non insensibile, ma distaccata, come voleva anche la sua educazione di rampollo di una nobile famiglia.
Le cronache del tempo lo hanno sempre qualificato come “ieratico” (il dizionario dei sinonimi a questa voce recita : solenne e appunto distaccato, austero).
Questo era il vero Pio XII che apparve si a San Lorenzo e sul piazzale del Verano dopo i bombardamenti del ’43, benedicente sì ,ma ieratico, cioè quasi nascosto in una nube di polvere, come fosse stato una apparizione celeste, perché questo era quello che voleva essere e che corrispondeva alla sua personalità.
Veniamo infine ai molti maldestri tentativi di affrontare la vexata questio della mancata difesa degli ebrei e dell’altrettanto mancata condanna da parte di papa Pacelli dei campi di sterminio nazisti.
La verità storica (che è sempre una verità relativa legata in gran parte alla documentazione disponibile) è lungi dall’essere stata raggiunta sull’argomento in gran parte per responsabilità del Vaticano, che non solo ha rifiutato e rifiuta l’accesso degli studiosi della documantazione diretta di archivio,ma addirittura è stato scritto che siano stati sottratti i documenti più importanti che sono la corrispondenza fra il papa e il vescovo di Berlino.
Viene presentato nello sceneggiato un Pacelli che spinge Pio XI a scrivere e poi scriverebbe per lui l’enciclica “mit brennende sorge”, che condanna gli aspetti pagani del nazismo ma che non affronta direttamente la “questione razziale” e l’antisemitismo.
Da quello che è storicamente accertato si può dire solamente che il Pacelli ha collaborato a quell’enciclica come imponeva il suo ruolo in Segreteria di Stato, ma nulla più ed è comunque sicuro che l’iniziativa dell’enciclica fu di un sanguigno Pio XI letteralmetne infuriato del fatto che Hitler, firmatario del concordato lo avesse preso per il naso infischiandosene della sua applicazione, come fosse stata carta straccia.
Ancora bambinesca poi e storicamente inverosimile la scena del papa che va nelle cucine per bruciare la famosissima enciclica, mai uscita, fatta preparare da Pio XI sul problema razziale e dell’antisemitismo, che rimase sul suo tavolo, ancora non pubblicata, al momento della sua morte improvvisa ed ereditata da papa Pacelli, che non ne fece nulla.
Inverosimile prima di tutto è pensare al papa Pacelli vero, sarebbe venuto in mente di andare nelle cucine per compiervi affari di stato, cosa che per lui sarebbe stato per lo meno umiliante.
Poi in ogni caso è grottesco il fatto che lo scenegitore non abbia realizzato il fatto che un palazzo storico con qualche secolo sulle spalle, come quello che ospita gli appartamenti papali, è dotato di almeno un camino per camera ed è ancor più grottesco che si possa immaginare che un papa, di professione precedente diplomatico, sarebbe andato a bruciare il documento più importante della sua epoca alla presenza di uno stuolo di testimoni per di più lavoranti di cucina.
Il Vaticano era ed è una corte, lo sappiamo bene oggi quando compaiono periodicamente diversi “corvi” che spediscono veline e libelli ai giornali.
Immaginamoci in tempo di guerra quando diversi monsignori o semplici impiegati per motivazioni ideologiche, o per semplici soldi si tramutano in “spie”.
Il Vaticano ne era infestato, immaginamoci il cautissimo, misuratissimo, staccatissimo papa Pacelli, che attraversa tutti gli appartamenti con delle carte in mano per andare a bruciarli nelle cucine, che sicuramente non sapeva nemmeno dove si trovassero.
Questi sceneggiatori e registi vanno bene per girare le storie delle famiglie televisive di Nino Banfi, ma sarebbe bene che non si allargassero più di tanto.

venerdì 6 aprile 2012

Venerdì santo per i cristiani, Pesach (esodo dall’Egitto) per gli ebrei,Quingming (festa dei morti) per i musulmani

La mattina del Venerdì Santo cristiano mi è capitato di ascoltare in sequenza su Radio rai 1 il sermone di un rabbino che celabrava Pesach e poi di una pastora valdese che commentava il racconto evangelico dei due ladroni, ai musulmani nessuna voce.
Molto interressante.
Prima considerazione : era ora che la televisione di stato prendesse atto del fatto che i cattolici sono diventati una minoranza fra minoranze, ancora la più grossa, ma nulla di più.
Nel nostro paese c’è ormai la conoscenza del fenomeno di una secolarizzazione diffusa che riconosce il fatto che la religione è divenuta ininflente nella vita normale della gente, anche perché i grandi giornali ogni tanto pubblicano i risultati degli studi di sociologia religiosa che sono chiarissimi nel delineare una situazione e una linea di tendenza (si veda per fare un esempio il numero appena uscito del Corriere Sette).
Non avendo però il nostro paese usufruito della condivisone delle idee della Riforma, come i nostri vicini al di là delle Alpi, non c’è mai stata l’abitudine al confronto fra posizioni diverse nemmeno nell’ambito delle medesime confessioni cristiane.
Nei rapporti con gli ebrei la situazione non è più rosea nonostante il peso della vergogna per le leggi razziali fasciste.
La chiesa cattolica dal Vaticano II ha fatto parecchio anzitutto chiedendo perdono per avere per secoli coltivato l’antisemitismo e quidi per ristabilire la verità storica dando finalmente una lettura obiettiva dei vangeli che non sono libri di storia e che quindi non proclamano affatto nessuna presunta verità storica sulla responsabilità del popolo ebraico nella condanna di Gesù.
Il popolo ebraico deicida è un clamoroso falso storico che qualsiasi antichista da qualsiasi cattedra univarsitaria considera come un giudizio acquisito, dal momento che la ricerca storica ha da tempo appurato che nel territorio dell’impero romano nessuno era in grado di comminare una condanna a morte se non la diretta autorità romana.
Di conseguenza né il popolo ebraico né le sue gerarchie religiose potevano avere alcuna voce in capitolo in un processo celebrato sotto il potere romano e quindi non ne ebbero.
L’unico responsabile della condanna a morte del palestinese Gesù di Nazaret o meglio di Yeoshua Ben Joseph e’ stato storicamente il potere romano e solo il potere romano, questo dice la storia anche sulla base del “titulum crucis” : “Hic est Jesus Nazarenum Rex Iudeorum” che conferma quanto gli storici sono concordi nel riconoscere da tempo e cioè che la condanna a morte di Gesù avvenne per la imputazione di un reato politico e non religioso.
Gli ebrei non c’entrano nulla quindi, anzitutto perché non avrebbero comunque avuta alcuna possibilità di orientare il potere giudiziario romano e poi perché il racconto evangelico non ha valore storico, ma solo teologico e per di più la moderna critica storica ritiene probabile che i testi della passione siano stati manipolati dagli scriba prima e dai copisti poi per adattarli alle necessità teologiche della fazione cristiana risultata vincente nel quarto secolo quando fu stabilito il canone dei quattro vangeli, scegliendo appunto i quattro e tralasciando gli altri 28.
Perché mi sono addentrato nel discorso della critica storica ormai acquisita anche dalla chiesa cattolica?
Perché la chiesa cattolica anche per scrollarsi di dosso la spaventosa responsabilità di avere alimentato per secoli l’antisemitismo che ha portato dove sappiamo tutti ha fatto sostanzialmente quello che doveva e che non poteva più decentemente evitare a livello di magistero, ma non si è mai preoccupata troppo di informarne o di fare la dovuta pedagogia nei confronti della base che è rimasta così convinta del fatto che il popolo di israele sarebbe stato deicida.
Sentendo l’allocuzione del rabbino che celebrava la Pesach sono rimasto abbastanza scosso, dovendo constatare il fatto che le caste sacerdotali in tutte le religioni hanno il vizietto di continuare a diffondere i propri pregiudizi tradizionali senza preoccuparsi delle acquisizioni della critica storica che li contraddicono.
Infatti il rabbino ha ripetuto in modo sconcertante più volte l’affermazione che l’esodo dall’Egitto del popolo di Israele sarebbe stato un fatto storico.
Possibile che il rabbino non abbia letto per fare un esempio il libro del suo correligionario Prof. Israel Finkelstein dell’Univrsità di TelAviv “sulle tracce di Mosè” che dichiara in modo netto che l’esodo dall’Egitto non c’è mai stato, perché non esite la minima evidenza né archeologica né storia di quell’evento e che quindi quell’episodio, come tutta la narrazione della bibbia ha valore teologico ma non storico.
Perché allora continuare a raccontare delle fandonie? Possibile che le caste sacerdotali non si rendano conto che il loro pubblico armai è sempre più scolarizzato e che quindi è sempre meno disposto a perdonare queste cadute, che dimostrano di considerare i fedeli un gregge di ignoranti ai quali si può propinare quel che si vuole?
Chiese vuote, ma anche sinagoghe e moschee vuote, non dimentichiamocelo.
Nei due sermoni ascoltati, come dicevo all’inizio, l’unica che si è salvata e alla grande è stata la pastora valdese, che ha più volte ribadito che il racconto evangelico ha valore teologico, ma non storico.
Evviva, peccato che i telegiornali ci sommergano da quotidiane dichiarazioni del papa, per lo più banalucce proprio perché quotidiane, ma di cosa dicano i così detti protestanti in Italia non siamo mai informati di nulla.Di cosa dicano gli ebrei idem.
Quanto ai musulmani peggio che peggio, pare che faccia testo l’equazione indecente musulmano = terrorista senza nemmeno sapere di cosa si stia parlando.
E’ ora di svegliarsi.
Il teologo cattolico oggi più conosciuto, anche se non il linea con papa Ratzinger, che però è quello che vende più libri lui di tutti gli altri allineati a papa Ratzinger messi insieme e che si chiama Vito Mancuso ha scritto a consclusione del suo ultimo libro di teologia fondamentale che proclama di essere cristiano cattolico, ma non solo cristiano, ritenendo che in tutte le religioni debba essere cercata quella verità che nessuna religione possiede in esclusiva, ben inteso senza trascurare la scienza e la filosofia.
Sarebbe ora di pensare seriamene a questa prospettiva.