martedì 26 dicembre 2023

Raffaele Morelli Si piange una sola volta Come smettere di rimuginare sul passato e ricominciare a vivere . Ed : Mondadori – recensione

 





Era parecchio tempo che non affrontavo libri di neuroscienze, anche se l’argomento è sempre stato per me di grande interesse.

Raffaele Morelli oltre a impegnarsi in apparizioni televisive e sopratutto nella direzione di Riza Psicosomatica la rivista,che ha fondato e che è divenuta un gruppo editoriale, ha scritto decine e decine di piccoli saggi sul tema della psicoterapia, volti ad aiutare a vincere i più diffusi disagi psichici del nostro tempo.

Ansie, panico, problema di elaborare lutti, abbandoni, o traumi, che ci si porta dietro dall’infanzia, ecco un elenco piccolo, ma nel quale gran parte di noi si possono ritrovare, perché così è la vita.

Il libro essendo scritto da uno psicoterapeuta con l’esperienza dell’autore è leggibilissimo.

Fin dalle prime pagine però, pur ritrovandomi fortemente interessato mi è venuto di dover constatare che questa materia non è una scienza esatta e che di conseguenza esistono diverse impostazioni e quindi approcci molto diversi fra chi pratica la psicoterapia.

L’autore infatti ,praticamente da subito, stoppa il possibile paziente, che si aspetta di sedersi sul divano del Dr.Freud, di sua scelta, e di sentirsi domandare e ridomandare di raccontargli la propria vita, fin dall’infanzia, per collegare il problema psichico, che lo fa soffrire ,con una possibile causa che viene da lontano.

Errore madornale, da non fare secondo l’autore, che propone, al contrario, un approccio assolutamente opposto.

Del resto addirittura il sottotitolo del libro enuncia la filosofia, che sottende la tesi argomentata nel saggio : “come smettere di rimuginare sul passato e ricominciare a vivere”.

Sinceramente ero convinto ,che la psicoterapia fosse ancorata alle procedure mentali ,che abbiamo acquisito leggendo Freud, cioè spingere il paziente a farsi una autoanalisi ,che conducesse a rilevare il trauma psichico residente regolarmente nel passato.

Ma Morelli ci dice : se non vuoi uscire dalla tua sofferenza vai pure avanti a flagellarti ,rimuginando di continuo su quello che ritieni che sia la causa del tuo male , vedrai che starai sempre peggio.

E’ un bello sberlone in faccia alle credenze comuni, magari supportato anche da non pochi colleghi del Morelli.

Ma sinceramente la sua proposta terapeutica mi è apparsa da subito basata su argomentazioni estremamente verosimili e funzionali alla pratica moderna del “problem solving” ,invece che alle precedenti abitudini mentali dirette ad andare a cercare tutte le possibili soluzioni ai nostri problemi nelle religioni, ideologie eccetera, portatrici di presunte verità più o meno assolute.

Morelli lo confesso, oltre che per l’impostazione “pratica” ,sopra accennata, ha man in mano guadagnato la mia simpatia e fiducia ,appoggiando le sue argomentazioni sul pensiero dei grandi filosofi greci, sopratutto presocratici, ma non solo ,e ad alcune tradizioni della saggezza orientale come i Veda, molto lontane dai nostri schemi mentali occidentali, ma di grande profondità.

Siamo troppo abituati a matematizzare il mondo.

Fenomeno, ricerca della causa, soluzione del problema.

Ma il mondo e sopratutto noi, siamo troppo complessi per essere riducibili a questo schema logico.

Non siamo solo razionali, anzi!, ci dice Morelli.

In noi, nella nostra psiche ,convivono addirittura più persone.

Il momento di disagio o di vera e propria sofferenza ci porta dolore, che va preso come fosse il dolore del parto, argomenta Morelli, con un paragone efficacissimo.

Cioè quel momenti di sofferenza va utilizzato per venirne fuori il più presto possibile con una vita nuova.

Dobbiamo essere capaci di partorire un altra parte del nostro essere ,che da sempre conviveva con noi, ma della quale non avevamo avuta ancora consapevolezza.

Ecco una altra delle parole chiave di questo libro acquisire la consapevolezza di una parte nuova del nostro sé.

Usciamo dall’illusione di poter razionalizzare tutto, non servirebbe ,perché il nostro essere non è soltanto il visibile.

Per risolvere un nostro problema psichico, che ci fa soffrire bisogna anzitutto finire di rimuginarci sopra.

Bisogna decisamente allontanarlo da noi, obbligarci ,quando ci viene in mente, a pensare ad altro.

A guardare le cose da un altro e diverso punto di vista.

Smetti di pensare a tè stesso e pensa ad altro!

Avrai pure degli interessi, coltivali!

Queste parte dell’analisi di Morelli ,mi fatto tornare in mente le argomentazioni di Seneca, nelle Consolazioni, che mi avevano molto colpito.

Alle amiche ed amici ,che avevano subito un lutto e che non sapevano come elaborare la sofferenza, legata a quel lutto, Seneca ,sorprendentemente ,consigliava di mettersi a studiare una materia che fosse di qualche interesse.

Anche questa era una proposta molto pratica e funzionale che mi pare sulla stessa linea: tieni la mente occupata di tutt’altro, rispetto a quello che ti fa soffrire.

Una volta si parlava di “filosofia perennis”, e beh se non è perennis questa...









mercoledì 20 dicembre 2023

Francesco Semprini : Trincee e segreti .Ed Magog – recensione

 


 



Mi sono parecchio dedicato negli ultimo tempi a libri di riflessione sulla guerra.

Prevalentemente geopolitica o storia, o andando più in profondità ,anche analisi militare.

Ora invece, propongo la lettura di un libro che parla della guerra come avviene sul campo.

E la guerra sul campo significa quella vissuta dalla gente come noi, che da qualunque parte si trovi, quando sarà finita, sarà costretta a stra-maledirla.

Al diavolo belle parole e fulgidi ideali.

Leggetelo questo libro sulla guerra vera ,non quella sui giornali e sui media, viste dalla nostra poltrona senza rischiare nulla.

Stiamo parando della guerra reale ,quella che costringe invasori e invasi a una vita impossibile nelle trincee, come se il tempo si fosse fermato alla prima guerra mondiale e come se non si fosse capito da un bel pezzo, che quella era stata una grande follia.

Bel risultato quello ottenuto dall’ex presidente francese George Clemenceau che ha spinto tutti alla conferenza di Versailles che scrisse “la pace” a umilare la Germania dando così fiato al nazifascismo.

La guerra di oggi è anche quella dei moderni condomini delle grandi città che in un istante vengono polverizzati da un missile ,a o un obice di artiglieria, o da una bomba sganciata da un aereo.

O innumerevoli paesini ucraini, distrutti casa per casa, perché per loro disgrazia, si trovavano vicini a strade strategiche, per sostenere la logistica di uno dei due eserciti.

Città di 70.000 abitanti come Bakmut o addirittura di 450.000 persone come Mariupol ,bombardate a tappeto.

Con la conseguenza più vistosa di costringere milioni di persone a sfollare per emigrare all’estero o in altre parti del paese.

L’Ucraina ha perso un terzo degli abitanti, solo per questo non sarà mai più come prima.

Conseguenza ultima già da ora la sua possibilità di funzionare come stato non c’è più, è e sarà in balia dei finanziamenti dell’Occidente (se la attuale situazione di stallo, rimarrà com’è), è uno stato fallito.

Qualcuno ,si spera per loro, tirerà fuori i soldi per loro in loro vece, ma la gente non la risarcirà nessuno delle sofferenze patite.

C’è chi ha perso la vita, e non sono pochi, ma c’è chi ha salvato finora la pelle ma ha perso tutto, casa, lavoro, amici.

C’è chi ha ancora la spinta interiore, che lo induce o gli permette di combattere e lo fa magari con incredibile determinazione, fino a quando non crollerà per sfinimento.

E infatti c’è chi lo fa ancora, ma sente sempre più il peso del logoramento.

Ci sono in situazioni, così umanamente degradate, meravigliosi volontari, sopratutto fra le milizie territoriali, ma anche fra i civili ,sopratutto più anziani, che non risparmiano ulteriori sacrifici per aiutare feriti o semplicemente gente affamata e rimasta ad aver bisogno di tutto.

Noi che viviamo in società “avanzate” ci lamentiamo del fatto, che pur vivendo magari non nell’opulenza, ma nel relativo benessere sì, soffriamo sempre più spesso di crisi di panico, perché percepiamo un senso generale di insicurezza.

Immedesimiamoci anche per poco nella sofferenza, anche psicologica, di chi ha perso o potrebbe perdere sé stesso, i propri cari, la sua casa e tutto quanto serve per vivere.

Senza sapere quando finirà.

Questi sì hanno ben diritto di vivere crisi di panico o forse sono stati costretti ad andare oltre avendo acquisito ferite interiori non più rimarginabili.

Ecco, questo ottimo libro di Sensini, responsabile dell’ufficio esteri della Stampa a New York, è una raccolta di storie di come si vive in Ucraina ,dalla prima linea, ai pochi posti relativamente tranquilli, ma mai veramente al sicuro, perché nessun posto è sicuro.

Storie raccolte rigorosamente “sul campo”, trincee comprese, nel corso di due periodo di permanenza in quel paese realizzati dall’autore durante la guerra.

Ho molto apprezzato lo stile e l’onestà intellettuale di Semprini.

Come praticamente tutti i reporter di guerra, per poter avvicinarsi alle prime linee, ha dovuto chiedere di andarci “embedded” all’esercito ucraino.

Ma questo ,ho verificato, che per quello che c’è scritto in questo libro, mai, ma veramente mai, l’autore si lascia andare a dare giudizi di valore, ideologici o personali e tanto meno a incensare le forze armate ucraine, che l’hanno accompagnato, anche nelle trincee in prima linea, a distanza visiva ad occhio nudo, dalle corrispettive linee dell’armata russa.

In una guerra in corso è pressoché impossibile guadagnarsi la garanzia di una assoluta imparzialità, scrivendo reportage a volte da una parte, a volte dall’altra, perché ben difficilmente, se scrivi da una parte del fronte, le autorità e sopratutto i servizi dell’altra, di danno il pass per andare vicino alle loro linee.

Ottimo quindi questo libro anche e sopratutto per l’abilità dell’autore di ritagliarsi una narrazione obiettiva quanto più possibile.

Del resto l’argomento è da tempo coperto da nugoli di giornalisti di livello altalenante.

Confesso che ho scelto il libro di Semprini perché l’avevo visto comparire ospite a una delle live del “Parabellum” dell’ottimo Mirko Campochiari e mi aveva convinto proprio per la sua obiettività di giudizio.

Detto questo, non posso non rilevare il mio personale disappunto, per la prefazione di Minniti, politico del PD, che si era distinto, quando era al governo, per iniziative originali nel campo dell’immigrazione, ma che in questo caso ,in alcune pagine, poche per fortuna, propina l’assolutamente ovvio del pensiero mainstram e politicamente corretto sull’argomento.

Potevano risparmiarci quella prefazione.

Ma per il resto consiglio vivamente la lettura del libro.










giovedì 14 dicembre 2023

Domino rivista sul mondo che cambia n.11/ 2023 Fronti di guerra globale . Dopo l’Ucraina s’è aperta la breccia mediorientale per il vantaggio di cinesi e russi. E il tormento degli americani – recensione


 


L’inevitabile “stanchezza” dell’opinione pubblica sull’andamento delle due guerre principali in corso ,per via del prevedibile effetto assuefazione, si ripercuote anche su fonti di informazione ben più elevati ed affidabili dei normali media generalisti.

E quindi anche le riviste specializzate come Domino o Limes ne risentono anche perché, non dobbiamo nascondercelo, sono nati nel frattempo ,blog sopratutto di youtuber ancora più specializzati ,come quelli gestiti da analisti militari, che danno veramente il massimo possibile, usando usando ovviamente i mezzi delle comunicazioni digitali più aggiornate ,che consentono di acquisire materiale di prima mano e di testarne l’autenticità con lo strumento della geo-localizzazione, il tutto pressochè in tempo reale.

Per chi segue anche questi nuovi strumenti, quando esce la rivista mensile di geopolitica ,il quadro degli evento è già sostanzialmente noto e quindi una parte del fascino della stessa viene un po scalfito.

Ma se il livello degli analisti delle riviste di geopolitica è elevato, la loro analisi dei fatti rimane sempre di particolare interesse.

In particolare in questo numero di Domino, se l’editoriale di Fabbri, come dicevo sopra, lo ho trovato un po meno brillante del solito, non per colpa sua, ma perché il pubblico che segue queste riviste ha già avuto modo di farsi un’idea.

Ho trovato però particolarmente brillanti due saggi.

Quello dello storico militare Virgilio Ilari e quello del filosofo Zeno Goggi.

Se ci sono lettori, e ce ne sono di sicuro, che non amano la solita minestrina del mainstream già fornita dai media generalisti, ma il suo esatto contrario, sono serviti.

A titolo di esempio, Ilari illustra la sua riflessione ,secondo la quale la madre del cambiamento epocale dell’equilibrio mondiale bipolare, che è stato costituito dal crollo dell’Urss, invece di portare al definitivo affermarsi dell’egemonia globale dell’impero americano, ha sancito proprio l’inizio della decadenza del “secolo americano”.

Altri analisti, su questo stesso numero, confermano che la strategia di fondo delle agenzie americane è ora diretta non proprio a tirare i remi in barca, ma a cercare occasioni per puntellare la Russia ,alla quale Putin ha procurato una inevitabile vittoria tattica (la conquista almeno di una parte non irrilevante dell’Ucraina), a prezzo però di una più importante sconfitta strategica (si è infatti incrinato il sogno della “terza Roma” di ristabilire il prestigio imperial- zarista).

La strategia degli Usa, come è ben noto, ha come priorità la difesa dell’egemonia americana sui mari dell’Indopacifico e l’eccessivo indebolimento della Russia ,che la costringe, se non a genuflettersi a Pechino, certo a chiederne come minimo un sostanziale sostegno, collide con il quadro degli obiettivi di sicurezza americani.

Gli Usa quindi, nella realtà, non nelle litanie della propaganda, sono impegnati a far sapere alla Russia che è venuto il momento di trattare un modus vivendi ,che consenta a quel paese di ritrovare ancora dall’Occidente, quello che è considerato pericoloso, che vada a elemosinare in Cina.

Dicevamo poi del filosofo.

Geniale Fabbri, tanto per cambiare, ad andare a interpellare un filosofo.

Del resto, lo stesso Fabbri, nel suo recente libro sulla “geopolitica umana”, dice tra l’altro che la geopolitica permette di guardare alla storia da una posizione elevata, per poter subire meno le influenze di tutti gli sviluppi di breve periodo.

Ecco perché dal cappello di Fabbi esce il filosofo.

Filosofo ,che come Ilari, non si fa proprio riguardo a contraddire e magari scandalizzare i placidi seguaci del pensiero mainstream e lo fa sviluppando questo pensiero di fondo : come mai ci stupiamo dell’odio che “l’altro mondo” riversa su di noi ?

Ammesso che di questi arriviamo ad accorgercene.

Basterebbe dare un’occhiata alle risoluzioni ed alle votazioni recenti dell’Assemblea Generale dell’Onu, per capire che siamo ancora magari stra-potenti, ma nel mondo siamo in minoranza.

Minoranza culturale e questo proprio non riusciamo a metabolizzarlo, perché non ci riesce di comprenderlo, talmente ci eravamo invaghiti dell’idea di essere i migliori ,in inevitabile missione messianica.

Il numero di Domino ,del quale stiamo parlando, si occupa ovviamente anche della guerra a Gaza.

Come nel caso dell’ Ucraina ci siamo istintivamente divisi a fare il tifo per una delle due parti ,siamo italiani, e quindi forse irrimediabilmente ammalati di tifo calcistico, che tendiamo ad applicare impropriamente ad eventi più seri.

Prima, colpiti dalle efferatezze di Hamas, quasi tutti schierati pro Israele, poi ,man mano che la stessa Israele perdeva clamorosamente la guerra mediatica ,con il bombardamento delle immagini televisive ,quasi tutte provenienti da Al Jazeera, praticamente unico media presente a Gaza, tutte orientate sui pronto soccorso degli ospedali di Gaza ,con immagini di gente maciullata ,che molto spesso erano bambini, eccoci voltarci a condannare Israele.

Ma la geopolitica, come sappiamo ,si pone sopra al Bar Sport ,non per arroganza, ma perché è fatta così, per cambiare punto di vista e superare ciò che è influenzato dall’emotività e dalle conseguenze di corto periodo.

Ci dice che l’interesse nazionale strategico delle Monarchie del Golfo è volto a contrastare, prima di tutto, la proiezione imperiale dell’Iran e che, sarà contro-intuitivo fin che vogliamo, ma a causa di questa prioritaria impostazione strategica ,sono costrette ad allearsi con Israele ,come del resto hanno fatto con gli accordi di Abramo.

Conseguenza : a loro dei fratelli Palestinesi non importa molto, li vedono più come fonte di turbamento dei loro piani che altro, se non addirittura come perenne elemento di disturbo e di minaccia.

Attenzione allora a coltivare simpatie verso di loro solo perché sono indegnamente mal-trattati.

E’ molto dubbio infatti che loro amino noi, ed ancor peggio la nostra cultura e il nostro modo di pensare.

Loro sono sempre discepoli di Hasan Al Banna e di Sayyd Kutb, che per noi vedono bene solo una bella conversione col metodo della Jihad.

Del resto, non è che noi a cominciare dalle crociate e dalla “reconquista” in Spagna, abbiamo fatto di meglio nel passato.



martedì 12 dicembre 2023

Marco Mancini - Le regole del gioco Dal terrorismo alle spie russe : come il controspionaggio offensivo ha protetto gli italiani - Ed.Mondadori – recensione

 



Ottimo libro, basato sulla narrazione di una vicenda umana singolarissima.

Addirittura colui che è stato il capo di una sezione del Sisde, cioè i servizi segreti italiani, che si racconta, e già questa sarebbe una notizia, perché, se c’è una cosa del tutto contro-intuitiva, è proprio questa.

Infatti, per quanto poco possiamo conoscere questo mondo, ci appare ovvio che una spia può fare tutto meno che raccontarsi.

Immaginiamoci poi il capo delle spie.

E’ ovvio quindi che il racconto ci presenta alcune cose essenziali, ma senza rivelare ovviamente né segreti di stato, né situazioni che potrebbero mettere in pericolo o far “saltare la copertura” ad agenti ,che fanno o hanno fatto questo lavoro.

Ci vengono rivelati autentici episodi da thriller d’azione e, solo per questo, varrebbe la pena leggersi il libro.

Ma il discorso si allarga e diventa molto, ma molto più serio, quando ci viene snocciolata una lungo fila di azioni-missioni ,compiute dal reparto speciale dei Carabinieri del Generale Dalla Chiesa e dal Sisde , che ci fanno capire che non è per uno straordinario colpo di fortuna, né per la particolare lungimiranza (ma quando mai!) dei nostri governanti politici, che siamo stato l’unico paese importante dell’Occidente ,che non ha dovuto subire il suo 11 settembre.

Non è stato un caso, è stato per merito di coraggiosi e preparati servitori dello stato, che si sono inventato e costruito il “controspionaggio offensivo” per individuare per tempo le cellule del terrore e bloccarle in tempo.

A che prezzo?

A un prezzo molto caro, per loro, prima di tutto in termini di costante rischio della vita propria e quel che è peggio di quella delle loro famiglie.

Ma non basta, purtroppo.

Perchè questo libro riporta anche, nella sua trama ,di fatti che fanno parte ormai della storia nazionale, intessuta insieme ,le vicende di uno spiacevole ,chiamiamolo “affaire Mancini”.

A volte può capitare ,che ,come nei film ,il valoroso servitore dello stato, che sventa pericoli orribili, che mettevano a rischio la vita di suoi concittadini, si ritrovi in un percorso lineare , che inevitabilmente accontenta le aspettative del pubblico, che si aspetta almeno la consegna di una luccicante medaglia, in segno di dovuta riconoscenza, musichetta e fine del film.

Troppo spesso però, nella vita reale,le cose vanno diversamente o più precisamente vanno storte.

A Marco Mancini sono andate per un po’ dritte, ma verso la fine di carriera, decisamente storte.

Il lettore colga la “consecutio temporum”, che non può essere casuale.

Quando i suoi successi “sul campo” diventavano troppo eclatanti, gli sono capitati tra capo e collo, non semplicemente due incidenti giudiziari, da chiarire velocemente, ma due arresti ,seguiti da due diversi periodi di detenzione ,in attesa di giudizio.

Giudizi che hanno scagionato “con formula piena” l’interessato, che però avrà avuto ampio modo di chiedersi se valeva la pena aver rischiato tante volte la pelle, per essere ripagato in quel modo.

Ma torniamo alla sopracitata consecutio temporum, che spiega abbondantemente, come la meschina invidia, di individui meschini, che magari ti lavorano accanto ,possa nella vita ,risultarti più pericolosa della canna puntata di uno o più kashnikov ak47, esperienza che Mancini ha fatto in più occasioni.

Il libro finisce ,giustamente a mio avviso, con una lettera aperta al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, perché si studi un momento il dossier e, capita l’importanza di ricostruire la rete del “controspionaggio offensivo” ,che aveva tessuta il Mancini ,compia atti solleciti per mettere più al sicuro noi cittadini italiani.

Purtroppo infatti il libro ci fa capire, che la più che verosimile invidiuccia di mediocri concorrenti aveva costretto il Mancini medesimo a un “pensionamento forzato”, guarda caso proprio quando gli era praticamente già stato annunciata la promozione alla sedia più alta, del servizio nel quale aveva lavorato, riportando risultati tanto consistenti.

La conseguenza ,però non è stata solo una questione riferita a un privato cittadino, che subisce un ‘ingiustizia subendo un siluramento invece di una promozione , ma il pratico smantellamento della rete che lo stesso aveva costruito, con paziente lavoro per anni, con conseguenze molto pesanti e pericolose per tutti noi.

Ma leggetelo questo libro, capirete tante cose.

Per esempio che non è per caso ,che l'afflusso dei migranti coi famosi barconi è deflagrato improvvisamente.


martedì 5 dicembre 2023

Paola Caridi : Hamas dalla resistenza al regime - Feltrinelli editore – recensione

 



 

Dalla pagina a lei dedicata su Wikipedia, apprendiamo che l’Autrice è giornalista, blogger, scrittrice e storica.

Probabilmente il suo ruolo di maggior prestigio è quello di analista di riferimento per il Medio Oriente di Limes.

Ha vissuto anni in quella parte del mondo e quindi è fra gli studiosi che hanno avuto il privilegio di poter valutare “in diretta” e sul campo la validità delle analisi prodotte.

Il libro potrebbe essere inteso come un buon manuale accademico sulla storia del conflitto arabo-israeliano nella zona di Gaza.

Ma ,come sopra accennato, può vantare una marcia in più dovuta proprio alla dimestichezza dell’autrice con i fatti che narra ed i luoghi nei quali quei fatti sono stati vissuti.

Questa è forse la ragione principale che induce ad affrontare un libro di ben 450 pagine,che si lascia leggere benissimo, anche perché la sensibilità giornalistica dell’autrice rende più scorrevole la lettura.

Ma non ostante tutti gli aspetti accattivanti che ho appena accennato non posso nascondere che la lettura di questo libro lascia quanto meno turbati e sconcertati, perché sembra di leggere una storia che si è già ripetuta più volte e che prosegue senza che ci sia sotto una minima trama di ragione obiettiva ,che giustifichi avvenimenti e comportamenti caratterizzati dal fatto che i contendenti sono quasi sempre riusciti a dare il peggio di sé.

Gli analisti di geopolitica ,lo sappiamo, quando cercano di spiegare l’efficacia della loro “cassetta degli attrezzi” ,per decifrare il mondo nel quale viviamo ,fra i primissimi parametri di analisi che propongono c’è la distinzione fondamentale fra tattica e strategia.

In parole povere, un buon tattico può anche vincere tutte o quasi le battaglie, ma perdere la guerra, perché manca di strategia a lungo termine.

La strategia è scoprire e chiarirsi cos’è l’interesse nazionale di un popolo, così come si è venuto a stratificarsi e consolidarsi nei tempi più lunghi della storia.

Ebbene ,ho fatto questa puntualizzazione ,perché l’autrice, che geopolitica lo è da tempo si rifà continuamente la stessa domanda : ma Hamas che strategia ha seguito per fare questa sortita e ,dall’altra parte, Israele, quale strategia ha seguito per mettere insieme la sua reazione a quella sortita?

La risposta che Paola Caridi si dà è semplicemente terribile : né l’una né l’altra parte ha dimostrato nei fatti di non avere mai avuto una strategia degna di questo nome e ,quello che è peggio, in vicende che durano da decenni.

In una situazione del genere, se facciamo due più due, e dobbiamo farlo, non possiamo che ritrovare sempre lo stesso risultato : il caos, senza né capo né coda.

Cioè sono decenni che in quella sfortunatissima fascia di terra si mette in scena il caos ,nella più lampante mancanza di un ricorso ad una ragione.

Se volete aggiungere una ulteriore nota di orrore a questa ,che più che una storia, è un vero racconto gotico-horror, andate a dare una anche veloce lettura al capitolo 15 ,del libro di Giosuè (primo dei così detti libri storici della Bibbia).

Con vostra grande sorpresa vi troverete, la bellezza di circa 3200 anni fa, di fronte agli stessi identici nomi nomi geografici, la palestinese Gaza, le israeliana Askelon e Ashdod ,con sola differenza che allora a Gaza c’erano i Filistei ,che si scannavano con gli Israeliti di Askelon e Ashdot. con grande gioia del loro dio, che a tanto li spingeva senza esitazione, né remore etiche.

Ma leggetelo, il libro della Caridi ,perché vi descrive tutto con estrema chiarezza, anche se questo tutto vi farà diminuire la fiducia nei nostri simili.

Era tutto già scritto ,perché tutto era già avvenuto e non una volta sola, sembra incredibile.

E L’ elemento di continuità ,oltre alla mancanza di ragione e di strategia, è la ferocia.

Hamas ,è un movimento islamista, costola dei Fratelli Musulmani.

Consentitemi una ulteriore parentesi ,a questo punto, per sottolineare l’estrema utilità di un libro come quello della Caridi.

Perchè constatiamo tutti ,che la situazione politica del Medio Oriente è di difficile comprensione ,perché complicata alla massima potenza, però, come si spiega ,che l’autore di riferimento del pensiero contemporaneo dei Fratelli Musulmani che si chiama Hassan Al -Banna non è tradotto in italiano ed è di difficile reperimento anche inglese se non in modo parziale?

Come fa la gente di buona volontà a documentarsi?

Il pensiero di Al Banna è la chiave di volta per interpretare l’ispirazione di Hamas e dei movimenti islamici della regione.

E ve lo assicuro se non si ha l’opportunità di leggere il pensiero di Al Banna non si può avere idea di come per gli islamisti, come i seguaci di Hamas, non ci sia possibilità di conciliazione con il pensiero e la cultura occidentale.

Con la conseguenza che non si può capire che ad esempio anche quello che ci propinano i media in merito al perentorio impegno della presidenza americana di cercare interlocutori palestinesi “moderati” ,difficilmente ha un qualunque fondamento nella realtà dei fatti.

A complicare le cose poi, è il fatto che Hamas non è neanche lontanamente un’entità politica uniforme, ma è un coacervo di milizie e di clan tribal-familiari ,che mirano al potere.

Anche se sono abilissimi a sfruttare le mille charity e noi diremmo Ong ,che ,per altro, consentono agli sfortunati abitanti della striscia di sopravvivere.

Ma da sempre, e il libro analizza nel tempo questo fatto fondamentale, permane una lotta più o meno aperta fra l’ala politica e l’ala puramente militare.

Purtroppo è del tutto privo di senso immaginarsi un fronte unito do Palestinesi, contro un fronte unito di Israeliani.

Se guardiamo ai Palestinesi ,vedia,o che da sempre la ferocia è di casa nel modus operandi delle varie fazioni che lo compongono.

Sia ad esempio il fatto che quando Hamas ha vinto le elezioni del 2006 ed ha trovato un accordo con l’OLP e Al Fatah di Cisgiordania, per instaurare un governo unitario a Gaza, dopo pochissimo è successo l’impensabile nei tempi moderni quando gli uomini di Hamas hanno letteralmente scaraventato giù dal decimo piano della Gaza Tower alcuni degli esponenti della componente dirigenziale di al Fatah.

Ma non illudiamoci che Israele si sia comportato nella questione di Gaza in modo etico o almeno razionale.

Ci sono i rapporti dell’Onu e delle Commissioni ,che si sono succedute nel tempo per giudicare se le reazioni israeliane di allora avevano o meno rispettato i diritti umani più elementari e sono più che sconfortanti.

Per di più, tuttora, Israele non sta meglio di Hamas quanto a strategia ed ancor peggio a coesione interna.

A cosa serve ,infatti ,avere l’esercito più potente della regione, per di più sotto l’ombrello protettivo dell’impero americano, se non si sa dove si vuole andare e forse nemmeno cos’è Israele?

I volumi di Limes o di Domino più recenti ,dedicati al Medio Oriente, sono una documentazione inoppugnabile di questa perdurante situazione.

Soluzioni?

Siamo ben lontani.

L’autrice tra l’altro sembra convinta che la presunta soluzione che appare la più corretta eticamente, e cioè ,quella dei due stati ,non abbia più alcuna base nella realtà di oggi.

Ultima ma necessaria annotazione ,questo libro si fa leggere bene non ostante la crudezza degli eventi descritti, anche perché l’autrice si è chiaramente molto impegnata a tenere completamente celate le sue inevitabili simpatie o antipatie personali verso le parti in guerra, tenendo ferma la barra su una narrazione guidata dal rigore tipico dello storico.