lunedì 26 dicembre 2011

Se ne vanno i giganti, rimangono i nani

Era una vita che leggevo Giorgio Bocca, a cominciare dal Giorno di Italo Pietra per non dire di Enrico Mattei, quando ero ancora al liceo.
Almeno un articolo a settimana e per decenni.
Avevo imparato a conoscerlo come fosse un amico.
Questo Natale una persona cara mi ha regalato la ristampa degli scritti salienti di Don Primo Mazzolari, icona del cattolicesimo sociale e del cattolicesimo antifascista militante.
Questo grande prete, che sapeva di esprimere una opinione e una testimonianza purtroppo fortemente minoritaria ai suoi tempi, ci ha lasciato un messaggio semplice, come era semplice il suo mondo di umile prete di campagna : cercate di essere uomini veri, se ne siete capaci, rifiutate i conformismi e la vita gregaria, pensate con la vostra testa.
Quale lettura migliore per inquadrare la vita di Giorgio Bocca.
Difficile trovare un altro esempio così definito di quello che si dice un uomo di carattere.
Aveva coltivate tutte le caratteristiche tipiche delle sue valli cuneesi : intransigenza fino alla durezza.
In questo paese di voltagabbana e apprifittatori, oggi fascisti, domani comunisti e via di seguito, lui aveva dimostrato che l’anitfascismo se uno lo sceglie a ragion veduta è una filosofia di vita, che quindi va ben oltre le contingenze storiche.
Ho avuto la ventura di trovarmi nella mia professione a stretto contatto con un mio superiore poi devenuto mio collega e amico, anche lui nativo delle stesse valli e coetanteo di Bocca che però invece del fazzoletto rosso di Giustizia e Libertà in quegli anni ancora ragazzo, indossava la divisa nera delle Brigate dello stesso colore.
Così potevo prima leggere le rievocazioni della battaglie partigiane sui libri e articoli di Bocca e poi cercare la controprova nella cronaca fatta del mio collega che si trovava allora dall’altra parte del fucile negli stessi luoghi e negli stessi giorni.
Bocca è diventato un grande del giornalismo anche per la sua capacità di spendersi come “gioralista da strada” cioè nelle inchieste sul campo.
Sono rimasti memorabili i suoi reportages sulle condizioni di vita del Meridione, del quale senza la minima traccia di razzismo ha però sempre dato un giudizio estremamaente pesante.
Per tutto quello che aveva visto e documentato Bocca era praticamente convinto che il Meridione non ce la farà mai perché è rimasto troppo distante, troppo lontano.
Ritornava anche qui la visione dell’antifascimo come filosofia di vita. Quando constatava il perdurare della mentalità dell’ossequio al barone di turno, disperava della possibilità del mondo meridionale di evolversi verso la modernità.
Nel periodo degli anni di piombo, cioè del terrorismo era stato mal giudicato da molti per la durezza con la quale considerava quei governi di gommapiuma, che non solo sembravano non saper reagire a una violenza inaudita, ma lasciavano che si potesssero ritenere verosimili trame scurissime, provenienti anche dai luoghi del potere.
Per dirla in due parole Bocca non ha creduto per anni all’esistenza delle Brigate Rosse come organizzzazione autonoma con una sua testa direzionale e politica perché vedeva con disgusto come i presunti leader Br fossero troppo poca cosa per lo sconquasso che operavano e quindi li vedeva in realtà guidati dai servizi segreti più o meno deviati e più o meno italiani.
Del resto anche se ne siamo per fortuna venuti fuori a tutt’oggi la verità sulle stragi è ancora nel buio più assoluto.
Ma oltre che giornalista di grande qualità, Bocca ragiungeva in molte pagine anche un’ autentico alto livello letterario.
Per esempio mi sono sempre rimaste impresse quelle pagine nelle quali descriveva la cronaca e l’ambiente delle battute di caccia riservate a pochi eletti nella tenuta della Contessa Crespi, occasioni inusuali per lui, uomo schivo lontanissimo da salotti e cose del genere, ma naturalmente e culturalmente vicino alla grande borghesia illuminata milanese.
Sono godibilissime quelle pagine nelle quali descriveva la sua avventura di bastian contrario che come gli vengono imposti itinierari fissati dai guardia caccia, si sente subito la voglia di andare per conto suo ad esplorare quel paradiso naturalistico rimasto incontaminato alla Zelata di Bereguardo.
La contessa di teutonici principi avversava gli ospiti che non accettavano le regole della casa ed era solita punirli con sottile perfidia facendoli seguire da un guardiacaccia, che aveva però disposizione di rendersi invisibile in modo che il malcapitato che immancabilmente si perdeva nella giungla o ancor meglio finiva impantanato in un punto di sabbie mobili in riva a una lanca da sogno arrivasse alla più nera disperazione prima che il guardia caccia salvatore si materializzasse per tirarlo fuori.
La gioia per la salvezza veniva però subito offuscata per l’enorme imbarazzo di dovere comparire alla vista dell’eletta schiera riunita a pranzo, completamtente fuori tempo massimo e infangati fino al collo.
Arrivando agli anni recenti è ben nota la radicale avversione di Bocca per il Berlusconismo, ma ancora una volta a onore della sua apertura mentale va ricordato che il primo Berlusconi del ’94, che cavalcava ancora quel pool di Mani Pulite che voleva voltare l’Italia come un calzino e fondare la seconda repubblica era stato visto con interesse da Bocca, che sperava si fosse trovato uno capace di modernizare il paese.
Sappiamo come è finita, ma allora era ben difficile prevederlo.
Anche nel giudizio di Bocca sul Berlusconismo occorre tornare al concetto dell’antifascismo come filosofia di vita.
Innumerevoli volte Bocca ha scritto e ribadito che non vedeva alcun pericolo di involuzione autoritaria nel berlusconismo, ma aveva anche altrettante infinite volte manifestato il suo disgusto per i tratti del Berlusconismo che si trovavano già nel fascismo : la ricerca e valorizzazione degli atteggiamenti conformisti, gregari se non addirittura servili.
La voglia di vestire una casacca se non una livrea.
Il culto alla persona del capo.
La manipolazione sistematica delle notizie e l’uso spregiudicato dei mezzi di comunicazione di massa.
L’adesione formale alla chiesa per avere l’altare al servizio del potere, praticando poi una morale pagana.
Bocca era duro e intransigente nella denuncia ma non era un pessimista a senso unico.
Al fondo di ogni suo ragionamento emergeva sempre lo stesso messaggio di Mazzolari : siate uomini se ne siete capaci e salverete voi e il vostro paese.

venerdì 23 dicembre 2011

Papa Ratzinger almeno predica bene,ma Scola è troppo ambiguo con la politica

Non sono mai stato entusiasto di un papa come Benedetto XVI , ma non posso non constatare con piacere che spesso e volentieri interviene in materia sociale e politica con dichiarazioni puntuali e in linea con la migliore dottrina sociale della chiesa.
Nell’allocuzione per gli auguri natalizi a cardinali e vescovi ha ancora riproposto temi di buon livello invitando a rinunce e sacrifici in nome “di valori come la solidarietà, l’impegno per gli altri, la responsabilità per i poveri e i sofferenti che sono in gran parte indiscussi, ma non perseguiti con la dovuta volontà”, esortando poi a distinguere fra interesse personale o di gruppo e bene comune.
Nella proclamazione del 2012 come anno della fede poi aveva addirittura privilegiato la citazione della lettera di Giacomo, che è una delle fonti più radicali della dottrina sociale.
“il ricco passa via come un fiore di campo quando si alza il sole il suo calore fa seccare l’erba e il fiore cade.. così anche il ricco cadrà con le sue imprese”
“Dio ha scelto quelle che agli occhi del mondo sono poveri, per farli diventare ricchi nella fede…..Voi invece avete disprezzato i poveri”…..”la fede da sola se non si manifesta nei fatti è morta…..date (al prossimo) quello che gli serve per vivere altrimenti a che valgono le vostre parole?”
Questo non è sicuramente un testo consultato da quella parte di CL che da anni ha scoperto la canzone “capitalismo è bello e la ricchezza non è peccato”.
Nel post del 6 dicembre scorso avevo commentato favorevolmente le prime prese di posizione di Scola in campo sociale se pure sottolineando il fatto che si muoveva rigorosamente sul piano dei principi standosene lontano dalle applicazioni pratiche.
Nell’intervista che pubblica oggi il Corriere vedo riproposto lo stesso atteggiamento di formale adesione alla dottrina sociale della chiesa ma vedo anche delle clamorose cadute sui giudizi concreti, sulle applicazioni pratiche.
Come può pretendere di cavarsela sul Berlusconismo dicendo che è ancora troppo presto per giudicarlo?
Come può un esponente della gerarchia del suo livello ignorare la reazione disgustata di gran parte dei suoi fedeli? Come può fingere di non conoscere le prese di posizione di docenti illustri della facoltà di economia della sua Università Cattolica che hanno definito pubblicamente “irresponsabili cretini” i politici dell’ultimo governo Berlusconi nella conduzione degli affari economici?
E la ribadita apertura di credito al politico ciellino più noto e discusso che è Formigoni dicendo che se lo hanno votato per tante volte deve essere proprio bravo, quando non passa giorno che non saltino fuori frequentazioni più che inquietanti?
E non una parola sul prode Don Verzè non è un po’ pochino?
Come la mettiamo con la lettera di Giacomo e il suo radicale assunto per il quale non esiste fede senza opere, cioè testimonianza coerente?
C’è coerenza fra quei personaggi sopra citati e lo spirito evangelico?
Va bene la prudenza ma scivolare sui giudizi pratici che la gran parte dei cattolici ambrosiani danno già per scontati rischia fortemente di compromettere la credibilità.
Visto che siamo in argomento di dottrina sociale e di crisi economica seria mi ha colpito l’accenno di Scola alla sua età che non gli consentirà di conservare la carica troppo a lungo.
Se poi penso all’età del papa a ragione maggiore mi viene da pensare : ma questi alti prelati che hanno sicuramente dimestichezza quotidiana con le fonti scritturali, non si sono mai soffermati a riflettere sull’abissale differenza fra la loro età e quella di quei primi apostoli là nella valle del Giordana duemila anni fa’?
Eppure quelli li aveva scelti Lui e non certamente a caso.
Magari lasciare i posti operativi ai giovani non sarebbe uno dei modi più ovvi di fare dottrina sociale con le opere come ci ha esortati a fare Giacomo, citato da Benedetto XVI ?

venerdì 16 dicembre 2011

La democrazia che scricchiola

Avevo dedicato più di un post negli ultimi tempi all’argomento che nei titoli avevo un po sbrigativamente nominato come “fascismo morbido”, rischiando di esser preso un po come uno che vaneggia, per il fatto che al momento non sono alle porte in Italia visibili movimenti neofascisti di una qualche consistenza, come quando il prode Berlusca ritira in ballo i comunisti morti e defunti da oltre vent’anni,.
Chi ha letto quei post però sa che parlavo più direttamente d’altro e cioè del fatto che la enorme potenza della tecnica consente oggi delle manipolazioni dei mezzi di comunicazione una volta impensabili e che queste manopolazioni possono mettere in pericolo la democrazia se i mezzi che le producono sono messi in mani sbalgliate.
Per fortuna sono venuti in mio aiuto questa settimana due pezzi da novanta che hanno sostenuto la mia medesima tesi.
L’ 11 scorso sul New York Times il Nobel Krugman ha scritto un articolo dal titolo “Depressione e democrazia” al quale rimando i lettori
(http://www.nytimes.com/2011/12/12/opinion/krugman-depression-and-democracy.html?_r=1&scp=1&sq=Krugman%20%20Depression%20and%20Democray&st=cse)
nel quale elencava puntigliosamente i movimenti neofascisti che stanno prendendo piede in Europa sottolineando il fatto che in un paese europeo l’Ungheria vi è addiruttura da poco in carica un governo di chiara matrice neofascista nell’indifferenza generale.
Krugman evidenziava il fatto che la crisi economica porta con sé anche instabilità e contrasto sociale che possono sboccare a soluzione populiste e autoritarie se non c’è la vigilanza di tutti.
Sul 7 del Corriere della Sera, Severgnini con molta più leggerezza e disinvoltura di discorso in risposta a una lettera di un lettore prendeva il toro per le corna affrontando il problema della democrazia che scricchiola da un altro lato non meno pericoloso.
Il problema è questo. Il mondo di oggi è fortemente più complicato di quello di ieri e di conseguenza presenta problemi sempre più complessi e difficili da risolvere.
Le classi politiche forse per una strana ironia della storia saranno anche peggiori come livello culturale e morale di quelle precedenti, ma comunque l’impressione generale è che non sappiano nemmeno da che parte prendere per afforontare i problemi che si trovano di fronte.
L’elettore da parte sua ha l’onere di consegnare il potere a un gruppo di politici invece che a un altro con l’arma del voto, ma ha le informazioni e la conoscenza dei problemi adeguati alla bisogna?
La risposta è un chiaro no, un po perché come si diceva sopra molti mezzi di comunicazione televisioni in testa sono manipolate a volte in modo talmente scoperto da cadere nel ridicolo, vedi la direzione del TG1 da parte di Minzolini, ora rimosso fuori tempo massimo.
Un po perché i cittadini per una percentuale elevata cadono nella trappola di bersi le notizie abilmente confezionate da intrattenimento che suonano sempre la stessa canzone “tutto va bene” anche quando il Titanic sta offondando per la semplice ragione che per pigrizia amano sentire confermate i propri pregiudizi invece che fare la fatica di documentarsi.
Immaginiamo poi quando i problemi sul tappeto sono tecnicamente complicati come quelli della finanza internazionale a base di derivati, swap, call, short eccetera.
Quasi tutti i commentatori non hanno potuto non osservare che agli ultimi referndum su nucleare ed acqua la maggioranza degli elettori non aveva una idea neanche vaga di quali fossero tecnicamente i problemi sul tappeto.
Al precedente referndum sulla procreazione assistita si sa che l’allora capo dei vescovi italiani aveva cinicamente sfruttato la difficoltà ad informarsi sugli aspetti tecnici del problema per convincere la gente a stare a casa vincendo così di fatto il medesimo referendum per non raggiungimento del quorum.
Il lettore al quale Severgni risponde in quell’articolo sopra citato dopo avere argomentato più o meno queste cose si chiedeva se non è il caso di abolire il suffragio universale visto che non sembra avere senso fare votare un gran numero di persone che materialmente non sono in grado di capire veramente cosa stanno facendo quando vanno a votare.
Per completezza di informazione fornisco un ulteriore elemento di giudizio sull’argomento, ancora più inquietante.
Recenti dati pubblicati ed elaborati dall’Ocse (Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione in Europa) ci dicono addirittura che il 33% degli italiani adulti, che non praticano forme di educazione permanente, sono diventati in pratica analfabeti di ritorno cioè pur essendo in grado di leggere tecnicamente non sono però in grado di capire il significato di un testo anche solo giornalistico.
A questo punto lo scricchiolamento della democrazia diventa del tutto evidente.
A che serve avere il diritto e la facoltà di votare se poi una percentuale enorme di persone non è consapevole di quello che va a fare?
Severgnini elegantemente ribatte che non è nemmeno pensabile tornare indietro restringendo il diritto di voto perché si finirebbe per riaffidarlo solo a chi è più forte per censo e questo privilegio non sarebbe affatto ispirato a un criterio di meritocrazia.
E allora? Risponde Severgni allora occorre che i cittadini siano informati.
Non è una gran risposta visto lo stato e soprattutto il possesso dei mezzi di informazione in Italia, ma probabilmete è l’unica razionale.
E’ verissimo che per esempio il berlusconismo ha prosperato per la semplice ragione che la gente che lo sosteneva non voleva essere informata, ma voleva che fosse eccitata la propira emotività, la famosa pancia. Severgni dice : volevano essere eccitati, aizzati, divertiti, vezzeggiati, rassicurati nei loro pregiudizi.
Tutto vero, ma allora è anche dura stare un po cinicamente ad aspettare che a causa della brillante non politica degli ultimi governi i berlusconiani debbano aspettarsi di vedere le proprie pensioni e salari tagliati del 30% come è capitato in Grecia e come probabilmente capiterà anche da noi questa primavera per capire che non hanno fatto una cosa intelligente a sostenere quella classe politica a causa della loro non volontà di informarsi sul reale stato delle cose.

venerdì 9 dicembre 2011

Fascismo morbido l’eccessiva intrusività delle tecniche di comunicazione

Assistiamo in questi giorni a una situazione surreale.
Il governo del paese per opera tenace del presidente della repubblica è stato assunto da un gruppo di tecnici perché i politici avevano ormai perso la faccia e da due decenni macinavano aria fritta invece che governare.
I più importanti giornali finanziari del continente danno per scontato che l’Italia sia fallita nel senso che in un modo o nell’altro dovrà “ristrutturare” il debito perché in ogno caso non è in grado di onorarlo. I giornali di oltre oceano queste cose le dicevano già dall’anno scorso.
Il precedente governo è uscito formalmente di scena poco più di due settimane fà dopo aver detto e confermato che tutto andava bene, che gli italiani sono ricchi e che quindi non c’era alcuna crisi.
Il nodo della questione è il fatto che il presidente del consiglio precedente era un individuo che nella sua persona sommava il politico e il proprietario o il controllore di quasi tutti i mezzi di comunicazione del paese.
Risultato gli italiani dopo vent’anni di cura (cioè di avere ascoltato pressochè la sola voce del padrone in quanto unica udibile) sono convinti di essere ricchi e che non esista alcuna crisi.
La priorità per il nuovo governo era dunque quella di dire agli italiani la verità che era stata loro taciuta così a lungo e infatti lo ha fatto.
Gli italiani non hanno affatto recepito le cattive anzi pessime nuove.
Siamo in uno scenario nel quale è ritenuto da alcuni probabile da altri inevitabile un complessivo impoverimento di tutti gli italiani dal il ceto medio in giù con all’orozzonte sgradevolissime cose che vanno da abnormi aumenti di tasse se tutto va bene a tagli consistenti di pensioni e salari con periodi di ritardi nei pagamenti per un periodo di tempo difficilmente quantificabile quando cominceranno le procedure di “ristrutturazione” del debito.
In una tale situazione è ovvio che esploderebbe o più probabilmente esploderà la rabbia sociale.
Quella cura di “sobrietà” che la chiesa cattolica italiana con imperdonabile ritardo ha indicato come linea da seguire si realizzerà purtroppo non come comportamento virtuoso scelto dalle coscenze, ma come modo di vita imposto dai fatti.
Ci sono responsabilità politiche e morali ben chiare e individuabili che ci hanno condotto a questo punto e tutti quanti sapremmi indicarle.
Quello però che mi preme approfondire ora è che c’è un meccanismo di fondo nella società moderna che possiede una enorme potenza e il caso italiano, che sopra abbiamo descritto lo dimostra in modo straordianariamente evidente.
Cioè gli italiani non hanno aderito alla favola bella che ha raccontato il berlusconismo perché sono più stupididi o ignoranti degli altri (oddio, in parte un gap, un differenziale di accultramento c’è come hanno evidenziato gli studi di DeMauro ma questo è un altro discorso sul quale torneremo).
Quello che in italia ha colpito più che altrove per una serie di ragioni locali è la enorme potenza delle moderne tecniche di comunicazione e il fatto che la gente, noi, di questa potenza non siamo ancora consapevoli e quindi rimaniamo scoperti, rimaniamo rilassati con la guardia abbassata, nche oggi non ci rendiamo ancora conto che questi mezzi potenti possono e sono usati, perché questa è la loro ragion d’essere, per manipolare non solo il consenso in politica, in economia ecc.,ma anche le coscienze, l’intiero modo di pensare.
Non ci rendiamo conto che dietro al nostro televisore, dietro a quello che dicono i politici, dietro al modo come si vestono, al modo come si presentano eccetera c’è un dr. Frankenstein anzi ci sono molti dr.Frankenstein, occupati a tempo pieno e pagati per farci recepire le cose in modo da agire in un modo invece che in un altro.
E’ per questo che nel titolo ho usato l’espressione di fascimo morbido.
So che è storicamente inappropriata, però credo che il termine fascismo sia quello che nell’immaginario collettivo italiano sia capace di richiamare più immediatamente l’idea di oppressione, di imposizione, di dovere accettare un modo di vita non per scelta, ma perché insitillato quotidianamente da un potentissimo e intrusivo apparato di propaganda, che è riuscito a fare il miracolo di raggiungere almeno per metà del ventennio fascista uno strabocchevole consenso.
Oggi i tempi sono molto diversi, tutto è diverso, ma questo è il punto, quegli apparati di manipolazione della comunciazione, al tempo del fascismo storico erano artigianali, ma oggi nelle mani del progresso della tecnica e delle neuroscienze, sono divenuti ultrapotenti e potrebbero essere utilizzati per gli stessi fini di allora con estrema facilità, se non ci armiamo di antidoti adeguati.
Bastino pochi piccoli esempi piuttosto significativi.
Per quello che avete visto finora, vi pare che il Prof. Monti ,la piangente ministra Prof.Fornero , il super-tecnocrate Dr. Grillo siano gente da comparsata a Porta a Porta, Ballarò e cose di questo genere?
Mi pare che siano adirittura tutto il contrario, eppure a quelle trasmissioni ci sono andati, perché?
La metà abbondante degli italiani ai quali il berlsuconismo è sempre risultato indigesto e che quindi avevano in cuor loro festeggiato l’avvento di Monti, si sono molto irritati a queste sortite che hanno interpretato come un inaccettabile scadere di immagine inspiegabile.
E invece era spiegabile, perché ci è stato chiarito da alcune notizie giornalistiche, il nuovo governo ha affidato la gestione della propria immagine a un super esperto di comunicazione che è stato fatto addirittura sottosegretario e che si chiama Dr. Peluffo.
La scelta quindi non era loro, ma probabilmetne pur riluttanti se non schifati, si sono arresi alle tecniche di comunicazione scommetendo sulla loro potenza ed efficacia.
A livello inferiore è stato interessante scoprire che uno fra i pochi giovani emergenti nel Pd, il sindaco di Firenze Renzi, quando ha deciso di lanciarsi a livello nazionale due mesi fa, ha messo insieme una manifestazione che aveva la forma, ora è di moda dire “il format” diciamo di uno spettacolino nel quele ovviamnete lui era “l’attore” principale dientro al quale ci ha informato la stampa erano state ingaggiate addirittura tre agenzie di comunicazione.
Oggi qualsiasi politico, ma non solo, calciatore, cuoco o personaggio di una certa notorietà sforna il suo pezzo in libreria e la gente si chiede, ma questo, che non mi sembra un grande intellettuale, dove ha imparato a scrivere un libro?
Ovviamente non ha imparato affatto perché non è necessario, lui nella maggioranza dei casi non ha scritto nemmeno una riga perché alla bisogna hanno provveduto quelli che si chiamano “gostwriter”
scrittori fantasma ,fantasma perché per definizione non devono comparire.
Ma come sempre questo è il segreto di Pulcinella se sappiamo addirittura che il loro compeso medio di mercato è di 15.000 euro per libro e senza ricevuta fiscale.
Si dice, anche perché è assolutamente vero, che la politica è sempre più lontanta dalla realtà di tutti i giorni.
Ma allora come mai la politica ricorre più che mai e in modo massiccio a tecniche che la rendono ancora più “artificiale”, artefatta?
Attenzione perché fra l’artefatto, il non sincero e il falso, nel modo di sentire comune la strada è breve.
Se noi ci accorgessimo (e come abbiamo detto, non ne siamo ancora abbastanza consapevoli) che il politico Tizio dice una cosa non perché è vera, non perchè ci crede, non perché la pensa così, ma solo perché un esperto gli ha detto di dirla, allora ci verrebbe da dire : ma questa è tutta una buffonata, questi recitano una commedia, questi ci prendono in giro.
La pervasività nell’uso delle tecnice di comunicazione è arrivato a una tale potenza da mettere a rischio il funzionamento corretto della democrazia, anche perché noi spettatori ci caschiamo, non abbiamo ancora cominciato a contestare l’uso di tutto questi strumenti artificiali.
Abbiamo sempre creduto che un cretino non potrà mai diventare intelligente.
Ora non è più vero, perché ci sono mezzi per venderlo come intelligente e questo è pericoloso

mercoledì 7 dicembre 2011

Catastrofe evitata forse, ma così proprio non va


Che con questa manovra si sia evitata la catastrofe lo si può sperare ma non è affatto sicuro.
Di sicuro ci sono i numeri che almeno loro non possono mentire e i numeri ci dicono che questa è la manovra più iniqua e classista che si sia mai vista.
La Cgia di Mestre, benemerito istituto di ricerca degli artigiani di Mestre, affermatasi come il più attento analista degli indicatori economici riguardanti il ceto medio ha elaborato una proiezione delle misure economiche adottate dal governo Monti che dimostra in modo incontrovertibile quanto questa manovra sia sballata sul piano dell’equità, sballata al punto da avere messo in atto un sistema di prelievo progressivo all’incontrario nel senso che i meno abbienti pagheranno di più dei ricchi.
Le cifre sono queste : la famiglia con un reddito annuo di 30.000 € pagherà per la manovra una cifra corrispondente all’1,6% del suo reddito; la famiglia con reddito di 50.000 € pagherà una cifra corrispondente all’1,58% del suo reddito; la famiglia con un reddito di 150.000 € pagherà un cifra corrispondente allo 0,98% del suo reddito.
Come si vede c’è progressività all’incontrario.
Per l’ennesima vota mi viene da pensare che mai e poi mai i vecchi e a torto deprecati democristiani avrebbero fatto una corbelleria del genere, perché la storia ultracentenaria del cattolicesimo sociale, presente nel loro Dna glielo avrebbe impedito.
Perché Monti e soci l’hanno fatto? Perché sono l’espressione della lobby dei banchieri?
Ma no. L’hanno fatto perché sono stati ricattati dal solito Berlusca che si è messo di traverso per impedire l’aumento dell’Irpef oltre i 70.000 € e altre serie misure contributive a carico dei più abbienti.
Il Berlusconismo meriterà una attenta analisi da parte dei politologi, perché se è vero che non è corretto da un punto di vista strettamente metodologico qualificarlo come fascismo morbido, di certo è riuscito a manipolare le coscienze e le azioni degli italiani in modo sorprendente e questo episodio postumo lo dimostra in modo eclatante.
Il berlusconismo si è dimostrato una forza politica coerente e determinata nel difendere gli interessi di classe dei più ricchi (ivi comprendendo in primis quelli delle sue aziende), cioè di una classe, o se il termine non è più politicamente corretto, di un ceto estremamente minoritario ed è riuscito nei suoi intenti per quasi vent’anni.
La manipolazione delle coscienze che ha operato Berlusconi usando spregiudicatamente i mezzi di comunicazione di massa e le sofisticate tecniche connesse va ricercata nel fatto che è riuscito a convincere chi ricco non è mai stato e mai lo diventerà che lui era il suo uomo, lui era il difensore del ceto medio dal nemico individuato in un fantomatico comunismo, quando invece i suoi quasi vent’anni di governo o di egemonia politica hanno in realtà impoverito gravemente il ceto medio, come è dimostrato cifre alla mano da mille analisi sociologiche.
Per carità, visti i risultati, sia dato onore al merito del finto non – politico, che nei fatti si è dimostrato politico tanto navigato da riuscire a “fregare” per vent’anni tutta la vecchia classe politica, garantendole la sopravvivenza fisica, ma come Mefistofele rubando loro l’anima.
Ma sia anche riconosciuto che “fregare” insieme alla vecchia classe politica anche l’enorme insieme di persone, che si riconosce nel ceto medio, operando sistematicamente contro i suoi interessi, mentre si presentava come il suo referente politico, senza che questi nemmeno se accorgessero è stata una operazione “fascista”.
Mussolini aveva conquistato il potere difendendo in modo deciso e sistematico i grandi agrari (si veda l’opera in merito del Tasca) e quindi una classe sociale estremamente minoritaria, ma riuscendo a presentarsi come il difensore delle classi popolari usando il marchingegno del coinvolgimento personale e totale del popolo in una isteria nazionalista.
Berlusconi è tutto meno che un grande, ma la sua operazione politica è stata una grande operazione politica.
Ci ha portati alla catastrofe.
Certo, ma per lui e per i ristrettissimi ceti che ha tenacemente rappresentato come abbiamo visto, cosa significherebbe questa catastrofe?
Se io ho una industria con stabilimenti in Romania, in Serbia o in giro per il mondo oppure comunque ho la possibilità di trasferirveli con vantaggi immediati cosa me ne importa se domani il governo italiano non fosse in grado di pagare stipendi e pensioni agli statali, andasse in default e uscisse dall’Euro?
Avrei momentaneamente da spingere sulle vendite fuori d’Italia dove del resto sono già da tempo posizionato per la maggioranza.
Per capire che Berlusconi per loro non è il referente politico ma è un alieno, per il ceto medio che lo ha votato e osannato ci vuole proprio il disastro ? Sappiamo benissimo la risposta, non basterebbe nemmeno il disastro perché la adesione al berlusconismo è stata una fede ceca e non una scelta politica razionale.
Questo non è “fascismo”, morbido e aggiornato come si vuole ?
Ci pensate che negli ultimi giorni della sua presidenza, cioè pochi giorni fa aveva detto che la crisi non c’è, che i ristoranti sono pieni, che negli alberghi non c’è un posto libero e via delirando?
E oggi il suo successore ci dice che non ci sarebbero più stati i soldi per pagare gli statali.
Ma il popolo in questa situazione ,se non fosse stato anestetizzato dalle sue televisioni lo aspetterebbe fuori di casa per menarlo e invece non succede nulla di tutto questo.
Detto questo torniamo alla manovra.
L’impressione è che Monti ci abbia messo la faccia, ma che Berlusconi ci abbia messo del suo più di quanto non si veda.
Monti ha tempo per esprimersi meglio se vuole o se può.
Cartina di tornasole sarà l’asta per l’assegnazione delle frequenze televisive lasciate libere dal passaggio al digitale che se non si interviene andrebbero tutte a Finivest e Rai, guarda che caso.
E poi misure vere per lo sviluppo cioè per l’occupazione dei giovani.
E poi misure vere anticorruzione e anti-casta.
Povero Monti, mi ha impressionato il fatto che lui cattolico “liberale” cioè qualificabile non come parte del mondo cattolico, dopo il primo consiglio dei ministri sia andato in chiesa a pregare, come se si fosse proprio all’ultima spiaggia.

martedì 6 dicembre 2011

Il presunto arcivescovo ciellino alla prima occasione si è smarcato alla grande

Aspettavo che Scola parlasse anche perché dall’insediamento come Arcivescovo di Milano non aveva ancora pressoché detto nulla di sostanziale e Scola ha atteso come di rito la ricorrenza di Sant’ Ambrogio per fare un discorso di peso.
Lo stile è particolare, non è più il parlare col cuore in mano alla Tettamanzi, Scola è un intellettuale e questa sua formazione esce evidente nel modo di esprimersi.
L’uomo è prudente e si porta dietro la militanza giovanile ed oltre in quella CL che in questi ultimi anni non si è proprio coperta di gloria nel denunciare coraggiosamente la volgarità del berlusconismo imperante, ma al contrario ha lasciato che fosse addirittura percepita come una forza collaterale al berlusconismo.
Per queste ragioni temevo che imbarazzato dalla posizione per esempio dei due esponenti politici lombardi più in vista, riconosciuti come esponenti di CL Formigoni e Lupi, oggi divenuti indifendibili , si sarebbe tolto d’imbarazzo rifugiandosi in qualche fervorino legato al culto dei santi o mariano.
Fortunatamente non è stato così.
Il discorso viene preso da lontano e soprattutto non va a parare in impegni concreti o nell’individuazione di scelte sul campo, ma pure rimanendo nel campo dei principi non elude i problemi del momento in campo politico e sociale.
La sostanza sta nel declinare quello che era già stata la linea delineata dal Card. Bagnasco all’assemblea della conferenza episcopale, che molti e non a torto hanno allora interpretato come la pronuncia della fine del berlusconismo.
Bagnasco aveva parlato esortato a riacquistare il senso della sobrietà.
Scola non nomina la sobrietà ma ne delinea il significato con ancora maggiore chiarezza. : capacità di attendere per la realizzazione di un desiderio; limitazione dei propri bisogni; cura delle cose invece che sostituirle; allargare lo sguardo al complesso della propria vita; solidale condivisione dei bisogni degli altri e soprattutto degli ultimi.
Abbastanza sorprendentemente conclude dicendo che non sono non si tornerà ai modi di vita di prima della crisi, ma che non è nemmeno auspicabile che ci si torni e che quindi occorre un radicale cambiamento degli stili di vita.
Non voglio buttare in politica un discorso alto,ma stili di vita a me. ,ma credo più o meno a tutti richiama con forza quella medesima espressione usata e ripetuta dal precedente Presidente del Consiglio per dire e ribadire che non aveva alcuna intenzione di cambiarli, per deplorevoli e scandalosi che fossero.
C’è la deplorazione del consumismo spinto fino alla tendenza ad indebitarsi pur di non farsi mancare nulla.
C’è e non poteva mancare la condanna del mettere l’operare per l’aumento della ricchezza come fine delle proprie azioni.
C’è chiaro il riconoscimento del fatto che il mondo cattolico per ingenuità o scarsa attenzione ha finito per essere corresponsabile di questo stato di cose.
Non credo di tirare per i capelli le intenzioni del Cardinale, se provo a tradurre in italiano questa ultima affermazione ricordando che la componente più ,se non anche troppo visibile del mondo cattolico in questi ultimi anni è stata proprio CL e quindi mi sembra che non si possa non vedere questa affermazione , che non è affatto un elogio, come diretta proprio a CL.
CL in questi ultimi decenni aveva dato una sua interpretazione alla dottrina sociale della chiesa in questi termini che riassumo in modo un po’ brusco ma senza forzature : essere ricchi è bello e sopratutto non è peccato.
Il richiamo del personaggio della gerarchia cattolica più alto in grado di provenienza ciellina mi sembra ora più che opportuno e sopratutto non equivocabile.
Come si diceva all’inizio non ci sono indicazioni incarnate nella dura realtà del presente : l’aumento sempre più preoccupante della povertà in strati sociali che non la avevano ami conosciuta, il disagio dei giovani senza occupazione, il modo poco commendevole col quale spesso sono accolti gli immigrati , senza avere in considerazione i pericoli che hanno affrontato per arrivare in Italia e le spesso spaventose situazioni di vita nei paesi di origine, il loro attuale diritto a praticare i loro culti; i problemi enormi legati al non rispetto dell’ambiente; il rischio di scontro sociale al quale ha portato l’incapacità di governare di questa classe politica ecc.
Tutte queste situazioni sono appena accennate.
Scola ha scelto la strada a lui congegnale di partire dai principi.
Tutto sommato si tratta di una scelta corretta ed onesta.
Speriamo che prosegua sulla medesima strada andando però via via più nel concreto

venerdì 2 dicembre 2011

L’arroganza del potere

Da Don Verzè mi sarei aspettato questo commiato : ho riletto con emozione il Riccardo III di Shakespeare e ho capito che l’esercizio del potere mi ha divorato, ho commmesso errori imperdonabili, vi chiedo scusa, per dimostrare la mia buona fede metto a disposizione tutti i miei beni personali ai creditori del San Raffaele e mi ritiro in un chiostro mettendo la mia veste, che temo di non avere onorata a disposizione della chiesa, ora dimenticatemi.
Purtroppo il copione è stato di tutt’altro tenore se non addirittura opposto.
La reazione di Don Verzè è stata assurdamente ispirata alla filosofia del “dopo di me il diluvio”, assurda e contro natura per un uomo di 92 anni.
Sorprendente, veramente sorprendente la reazione o meglio la non reazione assoluta della chiesa.
Quando capita un prete, anche intellettuale di notevole livello (e ce ne sono stati parecchi) che ritene di non poter più amministrasi la sessualità distorta che predicano le sue gerarchie e si lega con una compagna, viene immediatamente buttato fuori in malo modo e perseguitato in ogni modo,bollandolo e impedendogli di trovare un lavoro.
In questi casi la gererchia applica alla lettera la radicale reazione evangelica allo scandalo che qualsiasi fedele ha sentito leggere e rileggere dai vangeli festivi.
Ma nel caso di questo prete di grande potere che ha avuto la inusuale capacità di mettere insieme un buco, un debito, di un importo ,che servirebbe da solo a sfamare un paese africano di piccole dimensioni, non una parola di rimprovero e la conservazione della veste.
Con queste stridenti contraddizioni e infedeltà la gerarchia cattolica sta minando alla radice la credibilità della chiesa italiana.
A che servono gli spot a favore dell’8 per mille che presentano preti che spendono la loro vita a favore degli altri se poi allo stesso livello viene messo uno che sperpera un patrimonio immenso in lussi indecenti, mala amministrazione e, la magistratura lo sta vagliando, probabile corruzione per acquisire favori dai pubblici poteri ?
Eppure c’era stato un alto anzi altissimo esponente della gerearchia cattolica ed era l’allora arcivescovo di Milano Montini che al giovane pretino Don Verzè dopo essersi sentito illustrare il progetto di fare un nuovo grande ospedale a Milano gli aveva detto con parole di puro buon senso che non vedeva la necessità di un altro ospedale a Milano e che in ogni caso non vedeva perché avrebbe dovuto costruirlo un prete e quindi che si occupasse d’altro, più consono alla sua veste.
Si vede che non era stato convincente.
La caduta di Don Verzè avventa negli stessi giorni della caduta di Berlusconi non può non fare comparare i due personaggi. Eppure Don Verzè non è Berlusconi.
Don Verzè è stato drogato dall’uso smodato del potere del denaro, come Belrusconi, ma è stato anche qualcosa di molto diverso.
Don Verzè come Berlusconi ha perseguito in modo spesso fanatico e da megalomane la realizzazione dei suoi sogni personali e diciamo azienedali, però aveva in sé anche una visione che Berlusconi non ha mai avuto. Ha perseguito anche progetti culturali di alto livello e di lungo respiro che Berlusconi non ha mai avuto né l’intelligenza né la cultura per poterli elaborare.
Cosa lascia Berlusconi all’Italia? Meglio evitare di rispondere, ognuno sa bene cosa rispondere.
Don Verzè cosa lascia all’Italia, lascia il San Raffaele in fallimento è vero, ma lascia anche le istituzioni culturali e di ricerca di primissimo livello dell’Università Vita e Salute che hanno consentito di mettere insieme intelligenze di assoluta eccellenza che hanno prodotto attività scientifica di assoluta eccellenza.
Che Berlusconi stia affogando nel marsma di vilgarità che ha creato non me ne importa sinceramente un fico secco, ma che don Verzè stia facendo la stessa fine mi dispiace parecchio perché Don Verzè aveva l’intelligenza e la cultura per riscattarsi con un colpo di reni che non ha sputo produrre.Peccato.

venerdì 25 novembre 2011

La controinformazione della Pravda berlusconiana











Credo valga la pena di insistere sul peso che può esercitare la controinformazione sistematica su un pubblico che non ama informarsi in modo decoroso.
L’illustrazione accanto al titolo penso che parli da sola.
Sono due giornali di oggi con due titoli che dicono uno il contrario dell’altro.
Facilissimo verificare chi ha ragione e chi mente al giorno d’oggi, basta accendere il computer o leggere un qualsiasi giornale di qualche prestigio professionale.
Facilissimo, ma l’elettorato berlusconiano, come hanno detto e ripetuto fino alla noia i più fini analisti amano sentirsi dire solo la favola bella della quale si sono invaghiti e se la realtà è un’altra, basta ignorarla sistematicamente.
Il titolo del Giornale di oggi è l’icona del berlusconismo. Non esiste, è talmente falso da fare tenerezza.
E’ vero che il Giornale lo leggono in pochi fedelissimi, ma come succedeva una volta con la Pravda, l’Unità e il Popolo d’Italia dà la linea.
È chiaro che i Tg, che sono il vero mezzo di apprendimento delle notizie per la stragrande maggioranza degli italiani, non possono lasciarsi andare a dichiarazioni così volgarmente sbracate, come fa l’organo di propaganda dell’ex regime berlusconiano, ma ne seguono la linea cercando di renderla appena appena appetibile in modo insinuante e indiretto.
E gran parte della gente se le beve perché il berlusconismo si è fondato ed è prosperato su questo assioma : dire alla gente solo quello che desidera sentirsi dire : va tutto bene, non vi metteremo mai le mani nelle tasche, fate i soldi con i mezzi che vi pare, non toccheremo mai i vostri privilegi, non contraddiremo mai i vostri preconcetti, divertitevi e perdetevi nell’intrattenimento infinito, sognate con la droga televisiva che vi fornisce la casa senza nemmeno chiedervi il canone.
Ma la crisi economico –finanziaria ha travolto il berlusconismo e la sua falsa filosofia.
Ed ora il conto verrà implacabilmente presentato a tutti gli italiani compresi i fedelissimi del caimano, che pensavano di avere blindato le proprie tasche con la acritica adesione alla bella favola berlusconiana.
Hanno finto di essere convinti delle panzane più ridicole come quella della nipote di Mubarak, quella delle cene eleganti, quella della persecuzione giudiziaria e del complotto dei poteri forti.
Per chi ha la memoria corta la macchina della propaganda berlusconiana ha perfino tirato fuori dagli armadi recentissimamente la maledizione mussoliniana contro le potenze plutocratiche della perfida
Albione che sarebbero dietro alla vendita dei titoli di stato italiani (in linguaggio più moderno ora li chiamano i peridi gestori degli hedge fund anglosassoni) ,ma la sostanza è sempre quella, dare agli altri la colpa delle proprie incapacità ed errori.
La Merkel sarà anche un po’ più tedesca del necessario, ma la sua logica è assolutamente intaccabile quando dice : avete aderito all’Euro firmando un patto col quale vi impegnavate a portare il debito al 60% del Pil, se pure gradualmente.
Ora son passati ben 11 anni e il vostro debito è al 120%,ed era al 113 al momento dell’entrata in vigore dell’Euro, cioè non avete fato nulla per ridurlo, anzi è aumentato.
Per quale ragione oggi i tedeschi dovrebbero aiutarvi, se lo facessero voi continuereste a fare più debito, ora tocca a voi ad essere più seri e ad onorare i patti.
Ora che la buffonata berlusconiana è finita è ora che chi lo ha appoggiato si svegli.
Sarà dura, come è stata dura per i lettori della Pravda dover verificare che in occidente si prosperava e da loro si moriva di fame, ma la favola comunista andava superata.
Prima cosa da fare ridimensionare il potere televisivo del pifferaio magico per evitare di finire nel burrone.

giovedì 24 novembre 2011

Passate le alluvioni sarebbe ora di fare quello che andava fatto prima per contenerle








Cinque Terre, Genova, Messinese ecco l’elenco dei disastri prodotti dalla alluvioni di questo finale di autunno 2011.
Colpa della fatalità o di epocali cambiamenti climatici? Ma figuriamoci. Facciamo sono un po’ di mente locale : alluvione del Polesine novembre 1951 (quella che compare nei film di Don Camillo); alluvione di Firenze novembre 1966 e siamo sempre in novembre.
Chi scrive abita a Pavia, splendida e antica città attraversata dal Ticino, che da sempre va in piena due volte all’anno in maggio e in novembre e proprio in novembre mediamente ogni 35 anni si produce in piene che allagano alcuni quartieri cittadini e di conseguenza ha una certa pratica di alluvioni.
E’ chiaro che se nessuno fa niente da un’alluvione all’altra il fenomeno si ripete.
Se poi oltre a non fare nulla su costruisce o in aree golenali o direttamente sul letto dei torrenti è ancora più ovvio che si va a cercare grane.
Se in sovrappiù nelle zone montane (e l’Italia è un paese prevalentemente montano ) non si sostituisce la manutenzione del territorio, che una volta facevano i contadini nei territori abbandonati dalle attività agricole, con opere adeguate tutto va in malora e le alluvioni colpiranno sempre più pesantemente.
Gli Egizi hanno costruito le piramidi disponendo di una tecnologia primitiva e noi dopo millenni con una tecnologia da brivido non siamo capaci di imbrigliare le acque?
Si diceva che l’Italia è un paese orograficamente montano ed allora il termine imbrigliare è tecnicamente corretto, perché per tutto il corso dei torrenti montani occorre realizzare quelle semplicissime opere che si chiamano appunto briglie idrauliche da disporsi a distanza di poche centinaia di metri una dall’altra formando così un numero elevatissimo di piccolissime dighe, capaci di trattenere le acque in caso di precipitazioni diffuse, come sa bene chi abita o frequenta questi territori, se mantenuti decentemente.
La manutenzione del territorio montano richiede poi quelle altre opere tecnologicamente elementari che sono i terrazzamenti da usarsi per rendere coltivabili terreni in pendenza o in forte pendenza, oppure, mancanza di attività agricole silvo – pastorali, usati per riforestare quei tratti che per qualsiasi ragione siano stati deforestati.
Non si tratta né del ponte di Messina, né dell’alta velocità ferroviaria, si tratta di cose banalissime, che qualunque impresetta di costruzioni è capacissima di fare.
Hanno un costo però e questo è ovvio.
E’ però un costo molto limitato rispetto a quello delle così dette grandi opere, ma ha un enorme handicap per un paese come il nostro nel quale il cittadino è stato da decenni rimbambito dalla cultura dell’apparenza.
Le opere per modeste manutenzioni, addirittura nella maggior parte dei casi non si vedono nemmeno a meno di avventurarsi per territori scoscesi e disagevoli.
E allora perché farle? Se nemmeno si vedono sicuramente non portano voti né consensi e quindi si preferisce usare i soldi per sistemare la piazza del paese piuttosto che il corso dei torrenti.
Sarà umano ma è molto poco intelligente.
L’Italia è fortunatamente un paese molto plurale e allora molti cittadini, divenuti turisti nei mesi estivi, non avranno creduto ai propri occhi nell’incontrare per esempio lungo i sentieri delle valli trentine o bolzanine dei baldi impiegati pubblici, addetti a ripulire periodicamente da ghiaia e fogliame le griglie di scolo dell’acqua, che attraversano quegli stessi sentieri.
Chi si ricorda di danni per alluvioni da quelle parti? Ovviamente nessuno.
Più complicato e molto più costoso costruire bacini di laminazione o canali scolmatori in pianura, anche se questi di vedrebbero eccome.
L’alluvione che ha duramente colpito la piattissima pianura veneta nel novembre 2010 ha però chiarito le idee delle popolazioni colpite che si stanno muovendo per spingere all’azione i loro politici.
Per non parlare della necessaria regolazione di Olona e Seveso di grande e sempre attuale interesse per i milanesi.
Occorre che la gente impari a punire i politici incapaci di fare le cose più elementari.

venerdì 18 novembre 2011

Il “governo tecnico” sospensione della democrazia ?

L’avevamo detto solo nel post di ieri. O si pone come priorità politica togliere il potere televisivo a Berlusconi o tornerà tutto come prima usando la solita potentissima arma della disinformazione sistematica a reti pressoché unificate.
E infatti addirittura proprio ieri il caimano in persona ha provveduto a confermare il nostro assunto dichiarando davanti alle telecamere che il governo tecnico di Monti rappresenterebbe una sospensione della democrazia.
Il suo primo gazzettiere in carica, Sallusti gli ha fatto eco con ancora maggiore chiarezza sul Giornale di oggi : la sospensione della democrazia consisterebbe nel fatto che il governo Monti non è un governo eletto dal popolo.
Berlusconi e Sallusti sanno benissimo di dire una balla colossale, ma chi se frega, il loro scopo è sempre lo stesso : fare una affermazione falsa, ripeterla per mesi fino a quando la gente che li segue non si sarà convinta che sia la pura verità.
Perché la storia del governo non eletto dal popolo è una balla?
Perché come sa bene chiunque abbia sfogliato le prime pagine di un testo di diritto pubblico anche solo al livello di diploma di ragioniere (ora diploma di Istituto Tecnico Commerciale) la Costituzione Italiana descrive una repubblica parlamentare nella quale eletto è solo il Parlamento.
Il governo non è affatto eletto dal popolo, ma è nominato con le procedure descritte per ricevere la fiducia del Parlamento, unico eletto al quale risponde costantemente.
Per favore spendete un minuto e andate a rileggervi l’art. 92 della Costituzione e poi tenetevi sempre la stessa Costituzione a portata di mano perché questo è solo l’inizio, la campagna di disinformazione è appena partita.
E qual è la puerile pezza d’appoggio delle affermazioni berlusconiane?
La solita lagna che nelle schede elettorali del 2008 nel contrassegno del Pdl di sarebbe stato scritto il nome del caimano e questo sarebbe stato sufficiente per cambiare la costituzione con il 30% dei voti raggiunti dallo stesso caimano.
Ci sarebbe da ridere, come sempre quando parla lui, ma sappiamo bene come anche le pure sciocchezze possano essere accolte come verità se ripetute all’infinito a reti unificate.
Come da vecchio democristiano, se pure di sinistra, rimpiango quella che nella prima repubblica era stata la sempre incombente presenza dei mastini del PCI, da Paietta a Fortebraccio, che sapevano bene fare una opposizione istituzionale di ferro.
Se allora quelli che per me erano “i nostri” avessero detto anche solo una balla insostenibile come quella sopra riportata il giorno dopo l’Italia sarebbe stata inondata di manifesti che quella balla l’avrebbero smascherata pesantemete.
Oggi la disinformazione sistematica dei media berlusconiani risulta così efficace anche perché l’opposizione sembra un coro di voci bianche, altro che di mastini.
Stiamo attenti però perché il pericolo è doppio.
Nelle università americane, che come è noto sono sempre avanti qualche anno rispetto a noi, l’emergente filosofo della politica Slavoj Zizek nei suoi corsi cita il berlusconismo come l’esempio paradigmatico se non proprio di fascismo, di autoritarismo declinato in una veste nuova ed esattamente nelle forme di “edonismo liberale e di autoritarismo soft”.
Non ne abbiamo abbastanza di guai, dobbiamo proprio essere noi a sperimentare un nuovo tipo di regime politico, già citato nei corsi universitari che contano come deplorevole?

mercoledì 16 novembre 2011

Politica : prima cosa da fare togliere il potere televisivo a Berlusconi

È successo l’impensabile. L’ingombrante protagonista della politica italiana negli ultimi diciotto anni se ne è andato per sempre dal governo fra le grida di “buffone”, “buffone”.
Per sempre? Questo non è un dettaglio da poco.
I gazzettieri dei suoi giornali di famiglia hanno già rispolverato la fortunata espressione che il grande Montanelli aveva inventato per descrivere le capacità di reinventarsi di Fanfani “il rieccolo”.
Loro sognano un Berlusconi dietro le quinte che si ritempra per ritornare alla ribalta nel 2013 con i trucchetti di sempre: la voce del padrone che ripete giorno per giorno le solite lagne della disinformazione sistematica.
In un altro paese non sarebbe un problema, ma in Italia lo è.
In Inghilterra, Francia, Germania i cittadini nella quasi totalità leggono quotidianamente un giornale, per lo più “indipendente” nel senso di non di partito o tanto meno di proprietà di un esponente politico.
In Italia il quotidiano di informazione (esclusi quindi quelli esclusivamente sportivi) viene letto da una stretta minoranza ed il mercato dell’informazione è per di più occupato anche da quegli oggetti misteriosi per i nostri cugini europei, che sono i giornali di partito, che sopravvivono esclusivamente perché usufruiscono del finanziamento pubblico, o ancora peggio una parte del mercato è occupato da fogli di proprietà di un solo esponente politico.
In Italia la stragrande maggioranza dei cittadini ha scelto di essere informata, si fa per dire, pressoché esclusivamente dai tg televisivi, controllati per cinque settimi da quel medesimo esponente politico.
Allora, parliamoci chiaro, il governo tecnico del Prof. Monti non è altro che una foglia di fico per fare alcune cose impopolari senza assumersene direttamente la responsabilità e facendo finta che le abbia fatte lo spirito santo.
Questa la forma, ma la realtà di fatto non cambia di un millimetro perché il parlamento è sempre quello e quelli che votano sono sempre quelli, da Berlusconi a Bersani a Scilipoti.
Con tutto questo ben venga questo espediente per fare di corsa in pochi mesi quello che non si è stati capaci di fare per anni o per decenni, ma evitiamo di ingannarci, la politica non si è affatto ritirata, è e sarà sempre lì incombente con tutti i suoi difetti irrisolti, compreso l’anomalo Berlusconi.
Pronto, anzi prontissimo a tornare se i non berlusconiani non si decideranno a capire che bisogna togliergli dalle mani lo strapotere televisivo.
Esercitare un’attività imprenditoriale anche nel campo televisivo è una cosa, controllare la quasi totalità dell’informazione è un’altra e in nessun paese del mondo democratico i cittadini potrebbero tollerare che un politico assuma nei confronti dei concorrenti il vantaggio competitivo di controllare i mezzi di informazione, perché in questo caso non ci sarebbe competizione.
Nessuno ne parla ma questo è il nodo della politica italiana, che non potrà ma diventare “normale” fino a quando non avrà risolto questo gigantesco problema.
Se non si sarà capaci di risolverlo nel 2013 Berlusconi avrebbe moltissime probabilità di tornare per rifarsi gli affari suoi trascurando del tutto i problemi del paese come ha fatto per quasi vent’anni.

venerdì 11 novembre 2011

Mario Monti, uomo di buon livello, ma non è Padre Pio

Ieri Radio 24, la radio del Sole 24 ore, prima di cena ha trasmesso parte delle interviste delle Iene a parlamentari italiani, rincorsi fuori dal Parlamento, secondo lo stile di quei giornalisti d’assalto : la domandina era facile, facile, elementare : lei sa cos’è lo spread?
Uno si è nascosto dietro al paravento di “io non conosco l’inglese”, per evitare di rispondere.
Un altro ha sproloquiato sulla crisi anche lui per evitare di dare la risposta, che evidentemente non conosceva.
Un altro ancora, forse il più acculturato, ha detto che lo spread è la differenza fra entrate e uscite, cioè ha confuso il deficit del bilancio annuale con il debito pubblico accumulato ( come temo faccia gran parte degli italiani).
E questo basterebbe per disperare, ma non basta.
L’altro ieri nella rubrica economico finanziaria del Tg 24 di Sky, Luigi Abete, ex presidente di Confindustria ha dichiarato candidamente di essere preoccupatissimo perché secondo lui i politici chiamati a votare l’ennesima manovra non erano in grado di capire per mancanza di adeguate conoscenze di cosa si trattava.
E beh, allora ecco perché il titolo evoca Padre Pio.
In questa situazione si direbbe che non c’è Monti che tenga.
Ieri Paul Krugman premio Nobel e autore del più diffuso manuale universitario di macro-economia ha scritto sul NY Times quella verità che agli italiani è stata sempre negata : l’Italia entrando nella zona Euro, pur essendo un paese relativamente ricco, si è trovata nella stessa situazione che mette in ginocchio i paesi in via di sviluppo quando richiedono prestiti in valuta straniera.
E’ questo, che Krugman chiama il peccato originale, che allora (1 gennaio 1999) non si era valutato come si sarebbe dovuto, entrando nell’Euro l’Italia trasformava il suo già enorme debito pubblico accumulato in un enorme prestito in valuta straniera, molto più forte dei suoi fondamentali.
Una classe politica avveduta ne avrebbe preso atto e di conseguenza avrebbe da subito introdotto misure a scadenza poliennali per riportare quel debito alla metà come richiesto per essere membri della zona Euro, ma non lo ha fatto, non ci ha nemmeno provato se non in misura risibile.
Ora potrebbe essere troppo tardi, con una classe politica di molto peggiore di quella di allora.
Non nascondiamoci l’evidenza : quale altro paese europeo avrebbe preso sul serio un Berlusconi padrone o potenziale controllore di tutti i media televisivi come capo del governo?
Il nostro purtroppo è un deficit di cultura generale e politica, perché quei parlamentari, dei quali è stata messa a nudo la allarmante ignoranza, rispecchiano un paese che come loro ha ritenuto l’istruzione, la formazione, la cultura, l’informazione libera una pratica troppo noiosa da praticare, meglio annegare nell’intrattenimento.
Questo atto di irresponsabile pigrizia ora, comunque vada, lo pagheremo tutti in moneta sonante.
E auguriamoci di poter pagare ancora in Euro, perché se dovessimo tornare a pagare in Lire, gli analisti hanno già fatto i calcoli, il conto sarebbe del 60% più caro.
E’ possibile venirne fuori ora che nel baratro ci siamo di già, come ha detto la Presidente in carica di Confindustria?
Questi partiti sono degli scatoloni, degli enormi e costosi contenitori con dentro niente.
Nel momento dell’Italia nel baratro ognuno fa per sé.
Ma questo atteggiamento cinico e immorale alla Guicciardini, come si era detto nel post precedente, ora potrebbe persino giovare, perché la ricerca del male minore potrebbe favorire il tentativo di Monti.
Meglio approdare sull’isola di Monti oggi, che finire naufraghi nel mare aperto domani.

giovedì 10 novembre 2011

Berlusconi “nuovo” non è mai stato, anzi il Berlusconismo l’ha inventato Guicciardini cinque secoli fa

Il più elegante epitaffio del berlusconismo l’ha scritto la filosofa De Monticelli nel suo libro sulla possibilità di fondare una morale sulla ragione, quindi in un contesto di tutt’altro genere e livello rispetto alla bassa politica italiana.
Nel primo capitolo dedicato all’atavica immoralità che alberga nella cultura civica e politica italiana la De Monticelli fornisce lunghe citazioni tratte dai famosi “Ricordi politici e civili” del Guicciardini.
Leggendoli si capisce perché il Guicciardini lo citano tutti per rifarsi alla sua individuazione della cura del “particulare” come la vera anima dell’italiano, ma quasi nessuno lo ha letto.
E infatti oltre ad essere le sue tesi francamente spiacevoli, il suo italiano è parecchio ostico e contorto, tale comunque da non invogliare alla lettura.
Le lunghe citazioni della De Monticelli sono comunque di interesse straordinario perché sembrano scritte per commentare gli anni grigi del berlusconismo e non quelli del cinquecento, ad ogni frase nella testa del lettore di oggi suona una campana che lo costringe a dire : ma non è possibile, questa è la fotografia del berlusconismo!
Ne elenco un florilegio :
“Pregate dio di trovarvi dove si vince”
Però attenzione, essere dalla parte giusta, alleati con un tiranno potrebbe essere pericoloso :”sotto un tiranno è meglio essere amico sino a un certo termine…godi anche tu della sua grandezza ..e nella ruina sua puoi sperare di salvarti”.
Questo l’hanno ben capito i suoi “traditori” palesi ed occulti.
“Chi sta a corte dei principi…stia quanto può loro innanzi agli occhi, perché nascono spesso faccende”.
Qui Guicciardini ha usato un termine oggi tanto attuale :infatti della pratica delle faccende se ne occupano i “faccendieri” di corte, vi viene in mente qualche nome?
E ora ne viene una proprio bella :
“Una delle maggiori fortune che possano avere gli uomini è avere occasione di poter mostrare che a quelle cose che loro fanno per interesse proprio , siano stati mossi per causa di pubblico bene”.
È incredibile, sembra proprio che questa frase sia stata scritta seppure cinque secoli prima per un personaggio oggi a noi ben noto.
“guardatevi dal fare quelli piaceri agli uomini che non si possono fare senza fare equale dispiacere a altri : perché chi è ingiuriato non dimentica…e chi è beneficiato non se ne ricorda”.
Ecco perché quella stessa persona della quale parlavamo in diciotto anni non ha fatto pressoché nulla di rilevante, non voleva dispiacere ai suoi elettori-sudditi.
“molti uomini si lasciano aggirare con le parole in modo che etiam non facendo tu quello che non volevi o non potevi, s’ha spesso, con quella finezza di rispondere , occasione di lasciare bene satisfatto colui al quale se da principio avessi negato, restava in ogni caso mal contento di te”
Attento a dire la verità, come a negare recisamente, meglio non essere di parola, meglio usare “finezza di rispondere” proprio come il personaggio che conosciamo, che di questa finezza ha usato ed abusato tanto spesso.
Ecco poi il colpo più secco del vero “immoralista” convinto : “fate ogni cosa per par buoni, che serve a infinite cose”.
E poi :”chi è in maneggi grandi o tende a grandezza, cuopri sempre le cose che gli dispiacciono , amplifichi quelle che gli sono favorevoli”
L’Osservatore Romano ha sotto i caratteri della testata i motti latini “uncuique suum” e “non praevalebunt” degni di tanto giornale.
I Tg di proprietà e quelli controllati dalla persona che conosciamo potrebbero mettere sotto la testata quella frase di Guicciardini, che riassume così bene in una riga la filosofia della casa.
E poi ancora :“el farsi fama che le cose ti vadano prospere ti giova, el contrario tu nuoce”
E infatti che in Italia siamo in crisi nera non si può dire e tanto i la persona in questione non ce l’ha mai detto se non ieri, sull’orlo del baratro.
“Lo affermare o negare gagliardamente mette spesso a partito el cervello di chi ti ode”
Fantastico Guicciardini, ha inventato la filosofia di “colui” : se ripeti una balla mostruosa “gagliardamente” e in continuazione alla fine apparirà vera.
“non si può tenere stati secondo coscienza perché chi considera la loro origine tutti sono violenti…e da questa regola non eccettuo manco e preti, la violenza dei quali è doppia perché ci sforzano con le arme temporali e con le spirituale”
E bravo Guicciardini ci voleva anche l’altro mantra del berlusconismo : se una porcata la fanno tutti non è più una porcata, la doppia morale è servita.
“lasciare un bene presente per paura di uno male futuro è el più delle volte pazzia….altrimenti ti perdi il bene che tu potevi avere” ,
Cioè abbuffati oggi e lascia debiti e guai a che verrà dopo di te.
“non crediate a costoro che predicano sì efficacemente la libertà, perché quasi tutti, anzi non è forse nessuno che non abbia l’obiettivo agli interessi particulari”.
E finalmente l’ha detto: pensate ai vostri interessi “particulari”, aziende , casi giudiziari, affari. Come “colui” l’ha imparata bene la lezione di Guicciardini, non è mai uscito da questi ristretti binari, mai un colpo d’ala, troppo rischioso secondo la filosofia dell’ “immoralista”.

mercoledì 2 novembre 2011

Il sogno dei giovani migliori : essere pagati per pensare il futuro

La decadenza del nostro paese si misura anche su queste cose che hanno poca visibilità, ma che contano enormemente.
Non si costruisce un futuro migliore se i giovani non hanno gli strumenti per elaborarlo ed allora si rimane avvitati su un eterno presente fatto di pensiero unico, di pregiudizi e si ristagna mentre altri corrono veloci davanti a noi.
Negli anni del boom economico e civile in Italia i “pensatoi” esistevano eccome.
Pensiamo a tutto quello che aveva messo insieme l’industriale visionario Adriano Olivetti, agli intellettuali che coltivava la Banca Commerciale di Raffaele Mattioli, alle intelligenze raccolte dalla Mediobanca di Cuccia, e soprattutto, per dimensioni e mezzi, ai grandi uffici studi che hanno dato linfa e strategie all’Iri.
Perfino gli oggi tanto disprezzati grandi partiti della prima repubblica avevano uffici studi e scuole di formazione di livello tutt’altro che disprezzabile.
Stesse cose hanno fornito i principali sindacati nazionali e le associazioni di categoria per non dire della sempre presente e incombente chiesa cattolica italiana con le sua galassia di associazioni.
E poi la più istituzionale Banca d’Italia che da sempre è stata una affidabile scuola di formazione di classe dirigente.
Oggi di tutto questo è rimasto ben poco.
Se la politica è ora gestita da screditati mestieranti e dilettanti allo sbaraglio è anche a causa di questo vuoto nelle istituzioni culturali e formative.
Pochi giorni fa il mondo ha reso omaggio al genio dello scomparso Steve Jobs, il fondatore e creatore della Apple.
E’ stata questa una occasione per fare riflettere la gente sul significato reale di una “istituzione” tipicamente americana, da noi poco conosciuta e cioè i milioni di box-garage inclusi o di lato alle famose villette che compongono le citta americane, tutti di dimensioni extra large, non solo perché le automobili in quell’immenso paese sono lunghe una volta e mezza le nostre, ma soprattutto perché ogni box in America è usato come il laboratorio di Archimede Pitagorico, il personaggio di “Topolino” disegnato con la lampadina accesa sopra la testa quando ne ha pensata una.
La cultura pragmatica americana, la società aperta hanno favorito questo fenomeno sociale di massa : ognuno pratica da sempre il “fai da te” almeno nei week end ed è quindi culturalmente predisposto a ricercare soluzioni nuove.
Non è quindi casuale che tutti i fenomeni informatici che ora quotano a Wall Street quanto le grandi compagnie petrolifere siano tutte nate in garage per opera di giovanissimi ragazzotti fiduciosi nelle potenzialità dei loro cervelli.
Sono stati facilitati anche dall’esistenza in loco di un sistema di finanziamento privato delle “start up” cioè delle nuove piccole ma promettenti piccole imprese (i venture capital) che in Italia non è mai esistito, ma prima ci hanno dovuto mettere del loro, cioè delle buone idee con prospettive di sfruttamento tecnologico e commerciale verosimili.
E con dietro un sistema paese che schiera tutt’ora le migliori università del mondo e, guarda caso, i migliori “pensatoi” del mondo.
Le fondazioni artistiche e culturali americane sono un serbatoio gigantesco di idee, di strategie di soluzioni alternative, in poche parole di studio e programmazione del futuro.
I grandi industriali da sempre in America si fanno perdonare le loro sterminate ricchezze investendo in fondazioni culturali e qui evito il troppo facile disastroso paragone con i costumi del nostro “imprenditore” aspirante statista.
Questa l’America che è sempre l’America nella sua capacità di innovare.
Ma se è vero che l’ago della bilancia dell’equilibrio e del potere mondiale si è ormai spostato in Asia il discorso non cambia.
Siamo prevenuti su questo fatto, che sotto sotto non ci piace : dovere ammettere la incombente superiorità delle millenarie civiltà asiatiche che consideravamo a noi inferiori per sviluppo, ma che ora vediamo viaggiare a ritmi impressionanti, vicinissimi a superarci in ogni campo.
L’enorme Cina ci piace ancora meno perché non è retta da un sistema politico clonato dal nostro, che riteniamo il migliore, o più realisticamente come diceva Churchill, il meno peggio.
Ma vinciamo la naturale diffidenza per un mondo del quale conosciamo ancora troppo poco, studiamocelo prima e vediamo per esempio se non è sensato ipotizzare anche per il nostro futuro un sistema politico che lasci spazio anche a organi di governo di tipo tecnocratico (largamente presenti in Cina) forse più adatti ad affrontare i problemi di un mondo sempre più complesso e complicato.
Fatto sta che i giovani cinesi ed asiatici non si sentono ingabbiati, spaesati e scoraggiati come i nostri, ma hanno fiducia nel futuro e voglia di viverlo da protagonisti.
Non è un caso. Hanno dietro istituzioni costruite sulla cultura millenaria degli “esami imperiali” . Traduciamo in italiano questa loro istituzione ben poco conosciuta da chi non si è mai occupato di cose cinesi. In italiano si traduce con la cultura del merito.
E’ detto tutto ed è quello che più ci manca in Italia.

lunedì 31 ottobre 2011

L’eredità di Berlusconi : ora l’Italia è pronta anche per il fascismo

Manganello e olio di ricino? ma no,sappiamo tutti che non è questo il caso, non c’è pericolo.
Pingue portafoglio sempre aperto e non a favore della migliore umanità, questo invece sappiamo tutti che è il “core business” del berlusconismo.
Il potere il berlusconismo non lo esercita con la violenza del manganello, ma con l’uso spregiudicato e straripante del danaro.
I fatali discorsi dal balcone di Piazza Venezia trasmessi su ogni piazza d’Italia dalla radio, il TG di allora?
No, nel berlusconismo non c’è niente di fatale, perché non c’è niente di grande perché è il movimento dei mediocri al potere, il suo colore è il grigio assoluto.
Ma è un grigio che ha i mezzi per mordere molto più della radio delle camice nere anni 20 e 30.
La corazzata televisiva che trasmette a reti unificate, meno una, gli stessi slogan e la stessa disinformazione è uno strumento di potere molto ma molto più potente e temibile.
Mussolini era temuto e stimato dalla maggior parte delle cancellerie in tutto il mondo ,Berlusconi si è visto rifiutare quello che in diplomazia si dice “il bilaterale”, cioè in altre parole nessuna cancelleria straniera lo ritiene più un interlocutore abbastanza stimabile da perderci del tempo.
Peggio ridono di lui e ancora peggio a causa sua ridono di noi.
Mussolini non ha mai fatto ridere nessuno.
Ma in Italia c’è la democrazia, si va a votare anche troppo.
Bella scoperta! Il problema è proprio questo, oggi la gente si accorge che questa è una democrazia da operetta se è fondata sugli Scilipoti e comincia a dubitare di tutto.
Si va a votare va bene, ma se non c’è un governo in grado di governare, se non c’è un’opposizione credibile, se non c’è un sistema di informazione (televisivo si intende perché è quello che fa opinione pubblica in Italia) indipendente, se non c’è un capo dello stato che si sappia avvalere dei poteri di sciogliere delle camere assolutamente screditate, avvalendosi dei poteri che gli da la Costituzione, se si va sempre di più verso lo scontro sociale, se la giustizia è sotto attacco da anni e poi ci mette anche del suo per essere poco credibile, se la chiesa …..lasciamo perdere, a cosa si possono attaccare gli italiani?
Il berlusconismo in diciotto anni ha arato sistematicamente a poco a poco le istituzioni e il credo della democrazia italiana, lasciando il vuoto.
E’ significativo quello che sta facendo il portabandiera dei giornali “indipendenti” italiani il Corriere delle Sera quasi regalando i testi sacri sui quali è fondata la nostra democrazia : De Gasperi, Sturzo, Dossetti, Croce, Gobetti, Einaudi, Amendola, Foa…..
Quanti italiani hanno in casa un solo testo con gli scritti dei padri della Patria ?
Quasi nessuno ed è colpa loro, ma anche di un berlusconismo che per quasi un ventennio ha umiliato tutto ciò che è cultura per la semplice ragione che in questo settore non poteva schierare praticamente nessun simpatizzante, nemmeno aprendo il portafoglio, come d’uso per il suo mondo.
Si potrebbe andare avanti così elencando macerie per un bel pezzo, tanto che le librerie italiane sono piene di saggi e di dossier che raccontano queste amare verità.
Il berlusconismo non chiama le folle nelle piazze a osannare il ducetto.
Non chiama i giovani a far ginnastica paramilitare il sabato.
Non offre ai migliori giovani intellettuali l’opportunità di misurarsi nel littoriali.
No il berlusconismo usa la tattica della camomilla o del cloroformio : rincoglionitevi davanti alla mia televisione, che gli affari li faccio io, se voi siete nelle condizioni di non sentire e di non sapere tanto meglio.
Berlusconi è l’icona del grande sonno italiano.
Ma la Cina corre e gli svegli saltano sul treno trainato dalla locomotiva.
C’è per fortuna un’Italia che vorrebbe correre e quindi c’è speranza.
Ma c’è anche un’Italia che ha voluto Berlusconi perché preferisce dormire.
Oggi Berlusconi non è più nessuno anche se ha la maggioranza in parlamento.
Ma ci sono i berlusconiani senza Berlusconi in cerca di un nuovo qualcuno, che li rappresenti.
E non è finita, c’è il popolo padano senza Bossi che pure non è più nessuno anche se continua a recitare penosamente da capo e il suo popolo però cerca disperatamente un altro capo.
E poi c’è il popolo degli ex comunisti guidati da un Bersani che non è più nessuno, in cerca di qualcosa o qualcuno.
C’è il popolo dei cattolici democratici guidati da una Bindi che ….lasciamo perdere, in cerca di qualcosa o qualcuno.
Enormi opportunità, ma anche enormi pericoli.
Una folla enorme di gente in cerca di rappresentanza è una formidabile opportunità per un vero leader moderno.
Ma è anche una terribile attrazione per un populista credibile.
Va bene tenere accesa la speranza, è legittimo e doveroso farlo, ma non sottovalutiamo gli enormi rischi di una situazione come questa che nel passato ha quasi sempre aperto la porta ai fascismi.
A mio avviso il rischio è ancora più grande perché dopo Mussolini e Almirante l’Italia non ha mai più avuto un leader di destra credibile.
Ora purtroppo c’è uno spazio immenso da coprire per chi ci sapesse fare, ci ha pensato Berlusconi ad arare il terreno, che ora è pronto.
Forse l’euro è l’ultimo baluardo simbolico, abbandoniamo quello ed avremo abbandonato l’ultimo aggancio con le democrazie.
Non è casuale che l’ultimo attacco all’euro sia venuto proprio dalla ormai perfino comica incapacità politica di un Berlusconi allo sbando.

lunedì 24 ottobre 2011

E’ ufficiale : con Berlusconi premier ci facciamo ridere in faccia

C’è poco da ridere.
Il filmato della conferenza stampa di Merkel e Sarkosy il 23 ottobre scorso è a disposizione di tutto il mondo sul web http://www.youtube.com/watch?v=rPSJoPbG8Oc e quindi tutto il mondo ha visto il sorrisino di compatimento scambiato fra i due e tutti hanno potuto sentire la contemporanea risata di tutta la sala gremita di reporter alla domanda : “Berlusconi vi ha dato degli impegni da parte dell’Italia?”.
Come tutti coloro che seguono su fonti attendibili le vicende politiche avevo più volte segnalato su questo blog che il clima in Europa e nel mondo verso l’Italia era cambiato.
Prima ridevano del “buffone d’Europa”, ora ridono di tutti noi che non siamo capaci o non volgiamo proprio cacciarlo.
Chi di noi per lavoro o per studio è all’estero o è abitualmente in contatto con l’estero si trova in una condizione di minorità sempre più imbarazzante.
Ora non si può più negare che Berlusconi è il primo problema.
Ovvio che risolto questo prima problema con la cacciata di Berlusconi la strada rimarrebbe sempre in salita perché la situazione attuale è veramente critica.
E’ significativo che i grandi giornali di opinione nei loro supplementi economici, fingendo, per amore del politicamente corretto, di fare una semplice cronaca, diano istruzione dettagliate di come portare i soldi in Svizzera in modo assolutamente legale, fin quando si è in tempo, per non rischiare di rimanere con un pugno di mosche in mano quando dovesse verificarsi il patatrac.
Sarkosy nella risposta a quella domanda nella conferenza stampa sopra citata ha esplicitamente detto di confidare nel senso di responsabilità dell’insieme delle autorità italiane politiche, economiche e sociali.
Ormai Berlusconi, qualora malauguratamente nessuno riuscisse a levarlo di torno, sarebbe comunque commissariato dalla diarchia franco tedesca, non per tutelare noi, che evidentemente non ci siamo meritati la loro attenzione ,ma per tutelare la stabilità delle loro banche, che si erano imprudentemente appesantite di titoli italiani.
Gli stranieri evidentemente non si rendevano conto quando compravano i nostri bond del fatto che l’Italia sarebbe finita prigioniera di un governo Berlusconi – Bossi – Scilipoti.
E’ inutile commentare, i tre nomi sono da soli “un nome una marca e una garanzia”, come diceva una nota pubblicità commerciale di qualche anno fa.
Bene fanno Merkel e Sarkosy a fare appello a Napolitano, Confindustria e sindacati.
Napolitano è l’unico figura istituzionale che salva il salvabile diciamolo pure della onorabilità italiana.
Sinceramente però non è per temperamento suo personale quella figura forte che sarebbe servita in queste circostanze di navigazione così perigliosa e di caos politico completo.
Napolitano ha avuto una occasione d’oro alla bocciatura della legge di assestamento del bilancio per sciogliere le camere e non lo ha fatto.
C’è poco da discutere ognuno di noi sa che se un amministratore di condominio si vede bocciato il bilancio consultivo si deve dimettere e passare la palla al suo successore.
L’interpretazione del problema che da il Quirinale, cioè che se c’è una maggioranza parlamentare il presidente non potrebbe sciogliere le camere è appunto non più di una interpretazione basata si e no sulla prassi ma non univoca.
La dottrina in materia è come sempre non unanime, ma da Maranini in poi si ritiene che l’art 88 della Costituzione non metta alcun vincolo alla facoltà del Presidente di sciogliere le camere o una di esse, perché così hanno scritto i costituenti alla lettera.
La situazione è talmente oscena che l’unico modo verosimile per venirne fuori se Berlusconi non verrà cacciato dalla Lega è che l’opposizione faccia una sua offerta sul mercato dei parlamentari.
Cosa possibilissima dal momento che ben in 120 dall’inizio della legislatura hanno cambiato casacca ed alcuni più di una volta.
Se il Quirinale continua a sostenere quella tesi trincerandosi dietro a un formalismo molto debole , ignorando la sostanza del degrado poveri noi, chissà cosa ci toccherà di vedere.
Strano, molto strano che da noi non sia ancora apparso un credibile giovanotto con la mascella volitiva.
Temo che con questa destra da operetta si sia aperto un grande spazio per una destra populista vera.
E se dovesse essere contrata da quella sinistra ancora più da strapazzo che conosciamo bene, i nostri guai sono solo all’inizio.
A meno che le tante forze sane che ci sono non si decidano ad uscire allo scoperto per fare rete.
Il tempo però è chiaro che gioca contro.

venerdì 21 ottobre 2011

Temo sia vero : non siamo stati capaci di andare oltre al tempo delle signorie

Confesso che quando ho letto il libro di Severgnini su Berlusconi ho trovato interessante la sua tesi
centrale che giustificava la quasi ventennale fascinazione degli italiani per Berlusconi, come un ricorso storico di una delle nostre radici storico-culturali, che non abbiamo mai saputo tagliare come hanno fatto francesi, tedeschi, spagnoli, inglesi ecc.
Si tratta dell’ossequio alla signoria rinascimentale basata su un patto non scritto : io ti riconosco, ma tu mi dai questo e quell’altro.
Siamo ben lontani dalla cultura della democrazia moderna dove il patto sociale non è più fra barone e suddito ( se pure giustificato da interesse reciproco), ma è fra cittadino e stato in un quadro di diritti ai quali qualsiasi autorità è sottomessa, anche quella eletta dal popolo.
Tornando a Severgni, dicevo sopra che pur riconoscendo che la sua tesi era intelligente, acuta e verosimile, non potevo nascondere un senso di fastidio, perché finiva per costringere tutti noi a riconoscerci in uno status di minorità politica , culturale, morale difficilmente giustificabile nel 2011.
Severgnini è molto bravo a inserire in un discorso apparentemente scanzonato e qualche volta goliardico giudizi tremendi per renderli accettabili.
L’altra sera all’Infedele di Gad Lerner un’ospite della trasmissione ha detto una cosa veramente incredibile che mi ha fatto pensare che Severgni col discorso delle Signorie avesse veramente fatto centro ipotizzando una diagnosi terribile fin che si vuole ,ma difficilmente contestabile.
Quell’ospite dell’Infedele ha detto che i nomi dei primi dieci contribuenti della Firenze di oggi corrispondono ai nomi di famiglia di altrettanti personaggi citati nelle opere di Dante Alighieri (1265 – 1321).
E’ sconvolgente.
Una tale constatazione di ingessamento, di immobilismo della società farebbe veramente pensare che occuparsi di politica in Italia sia tempo perso, perché se non cambia mai nulla, non ci sono speranze di recuperare le distanze che abbiamo accumulate rispetto allo sviluppo degli altri paesi nostri partner.
Fortunatamente però le cose non sono mai tutte bianche o tutte nere e questo specialmente nelle questioni politico – sociali.
C’è indubbiamente una pesante arretratezza culturale, c’è una società bloccata che vuole conservare i propri privilegi, che ostacola la modernità e il pensiero scientifico.
Ci sono però anche sintomi di segno diverso.
Ne elenco alcuni.
Anni fa ce li sognavamo sull’allora patinato e “terzista” Corriere della Sera, che era ed è il principale giornale italiano, giornalisti di inchiesta incisivi e coraggiosi come Stella e Rizzo.
Ci sognavamo giornalisti di inchiesta televisivi come la Gabanelli, Iacona o la squadra di Santoro.
Oggi se qualcuno vuole sapere come stanno realmente le cose con l’aiuto di queste inchieste è in grado di saperlo.
Ci sono giovani frastornati da una situazione sociale ,economica e politica che mette le loro generazioni per la prima volta da decenni nella condizione di vivere condizioni peggiori di quelle dei loro padri.
Sembravano pericolosamente silenti, ma ora stanno risvegliandosi e cominciano a farsi sentire.
Hanno almeno una carta di vantaggio nel senso che padroneggiano le nuove tecnologie come nativi e quindi con disinvoltura.
Si è sempre detto e scritto che la tecnologia di per sé è neutra.
E’ vero in generale ma nel caso delle nove tecnologie informatiche lo è molto meno, ne senso che queste sono un formidabile mezzo di trasparenza e di democrazia.
Le odierne rivoluzioni arabe, per esempio, senza i telefonini e i social network non avrebbero avuto grandi prospettive.
I giovani purtroppo hanno avuto ai nostri giorni una educazione politica orrenda dall’esempio che viene da una classe politica inetta e corrotta fino al midollo.
Ma possono imparare presto se usano i mezzi che abbiamo nominato “per fare rete” intorno a idee nuove e funzionali.
Il recente ribaltone avvenuto nella politica milanese ne è un ottimo esempio anche perché i giovani hanno avuto una parte molto importante.
Manca e sarebbe invece di incredibile utilità e urgenza qualcosa di simile a livello nazionale.
Ma forse accanto alla decomposizione del berlusconismo c’è qualcosa di ancora inespresso che sta nascendo che comincia a muoversi e che potrebbe dare buoni frutti.
La chiesa che ha cominciato a vergognarsi di quasi due decenni di collateralismo a un regime politico indecente.
Le associazioni professionali, la galassia del volontariato si sono espresse per il cambiamento.
Speriamo che si affrettino.

venerdì 14 ottobre 2011

Olmi : la domanda di assoluto e la chiesa che non sa rispondere

Anche con il suo film più recente Ermanno Olmi torna a volare altissimo.
Non farà cassetta ma che importa, mica tutti sono omologati al pensiero unico corrente per il quale dio sono i soldi.
Olmi è credente non ci sono dubbi.
Come sempre però quando uno dice di credere in dio in realtà non ha detto molto.
Il problema vero è quale dio, ovviamente non nel senso pedestre di Cristo Budda o Visnù, che se siamo seri sappiamo dipendere solo e unicamente da dove siamo nati.
Da anni le indagini di sociologia religiosa dicono che sono talmente tante le credenze personali nei paesi così detti cattolici che gli studiosi hanno ormai definito la cosa come definendo le effettive credenze attuali come quelle di un “dio à la carte”, nel senso che ognuno si crea un suo universo di credenze, che hanno poco in comune con le costruzioni dogmatiche ufficiali.
E questo non sarebbe un male se fosse il sintomo di un diffuso pensiero critico.
Purtroppo però c’è un altro dato di cui tenere conto ed è quello che ci fornisce sempre la sociologia religiosa secondo il quale in Italia a fronte di un 25% di italiani definibili cattolici nel senso che si conformano alla formalità della messa domenicale, si riscontra un oltre 30% che si rivolge a maghi chiromanti sette varie e cose del genere.
E questo fa pensar male nel senso che occorre probabilmente includere nella grande maggioranza dei credenti di un dio à la carte molti che si sono creati un patchwork di credenze per ignoranza.
Ho iniziato il discorso con questi dati per evidenziare alcuni fatti difficilmente contestabili:
1- comunque se la passi la chiesa cattolica anche in Italia è da tempo una minoranza non ostante i periodici allestimenti di manifestazioni “trionfalistiche”.
Del resto questo papa avrà altri difetti ma su questo punto è sempre stato chiaro se non addirittura spietato e nei suoi recenti viaggi nel nord europa ha invitato i cristiani ad essere una minoranza viva e quindi ha sempre data come acquisita la consapevolezza di questa realtà.
2- credere in dio non vuol dire automaticamente credere nei dogmi strutturati della chiesa gerarchica.
Questa premessa è un po’ lunga ma credo sia indispensabile per capire chi sono gli uomini, gli intellettuali gli artisti e le persone comuni che la pensano come il regista Ermanno Olmi.
Sono persone che non hanno difficoltà e dirsi credenti, non atei e nemmeno agnostici, ma esplicitamente dicono di non sentirsi rappresentati di questa chiesa.
Sperano che questa chiesa possa finalmente ritornare ad essere la chiesa di Gesù di Nazaret, ma anche se non ci riuscisse non ne farebbero un dramma essendo loro non contro ma “oltre”.
L’ultimo film di Olmi “Il villaggio di cartone” racconta la storia di un vecchio parroco che assiste alla trasformazione della sua chiesa, dismessa perché non serve più, la sua chiesa è semidistrutta, ma una notte arriva una moltitudine di persone, sono immigrati clandestini che hanno bisogno di aiuto ancora di più proprio perché per la legge sono clandestini. Clandestini che si ritrovano a costruire un vero e proprio piccolo villaggio con dei semplici cartoni all’interno della chiesa, svuotata di tutto sotto gli occhi del prete che per anni ha detto messa al suo interno. Inutile dire che il prete torna a fare il prete e finalmente si sente veramente utile.
Come in tutti i film di Olmi ci si imbatte in mille metafore e simboli, che però non sono certo di difficile lettura.
E’ evidente che la metafora della chiesa svuotata di tutto, che riacquista il suo significato quando si riempie degli evangelici “ultimi” è una forte polemica contro la chiesa istituzionale, che attaccandosi al potere alle ricchezze ed al possesso di cose ha perso sé stessa e i fedeli.
Olmi fa dire ai suoi personaggi che il bene è di più della fede.
Questa sola frase è un gran bell’elemento di meditazione.
Tutti i grandi artisti sono grandi perché sanno andare all’essenziale dell’umano.
Benedetto Croce aveva scritto una monumentale estetica, libro di culto per decenni, per dire in sostanza questo che l’arte è arte quando raggiunge gli elementi universali dell’umano e quindi viene riconosciuta da tutti dal colto e dall’ignorante.
Olmi ci arriva con facilità.
Col linguaggio dell’arte cinematografica Olmi riesce ha costringere gli spettatori a un tipo di discorso che molto difficile fare in Italia.
Essere un credente o addirittura un cattolico adulto perché dotato di senso critico verso quello che è diventata la chiesa istituzionale oggi in Italia è difficile e non è comune.
Sempre la sociologia religiosa ci segnala che il “dio à la carte” confezionato dai credenti ha la caratteristica comune di essere fondato su un alcune credenze di tipo molto elementare se non addirittura infantili.
La conseguenza è che usare il senso critico verso le proprie credenze religiose come si fa per qualsiasi altra cosa della vita è bypassato dai più , senza nemmeno rifletterci ,anzi proprio evitando di rifletterci, per paura che tale atteggiamento li possa condurre all’inferno.
Verrebbe da dire se siamo a questo punto è meglio lasciar perdere, ma invece è proprio perché la gran massa di coloro che si ritengono credenti vive in questo tipo di cattolicesimo infantile, che non è mai cresciuto perché nessuno lo ha più alimentato di cose serie di argomenti, di ragionamenti, è fondamentale la voce degli Olmi per dare un elemento di riflessione.
Il Cardinale Bagnasco nella sua prolusione recente al consiglio della Cei non ha cercato nemmeno di dare colpi di belletto, come facevano prima di lui su una situazione sociale e morale dell’Italia contemporanea che fa pena da tutti i lati e questo è un bene.
La chiesa non riesce più a rispondere in modo convincente alla domanda di senso che le fa la gente, compresa la sua gente e questo forse le gerarchie cominciano a capirlo e ad esserne turbate.
Ma questo non vuol dire che abbia perduto ancora il patrimonio di valori e di cultura che ha accumulato nei secoli.
Però guai se si chiude nelle mura di una difesa identitaria, guai se considera nemici i cristiani adulti, cioè critici e i laici in ricerca e li chiude fuori.
I nemici della chiesa non sono nemmeno i laici, gli agnostici in ricerca e nemmeno coloro che si dicono atei, ma credono nei valori umani anche senza bisogno di dio.
I veri nemici sono coloro che non credono in niente, aderendo acriticamente al pensiero unico corrente che ha sostituito i valori e la cultura con il culto del successo facile , dell’apparire e non dell’essere, dei soldi ottenuti con qualsiasi mezzo, e interpretati come benedizione divina che sanerebbe qualsiasi peccato.
I credenti e cristiani adulti chiedono alla chiesa di abbandonare potere beni privilegi dogmi irrazionali per riscoprire sé stessa e di allearsi con i laici ,gli agnostici in ricerca, gli atei che credono nei valori umani per costruire insieme il futuro.
Esistono per fortuna illustri ecclesiastici che la pensano sostanzialmente così, si pensi a Martini e la sua “cattedra per i non credenti”, allo stesso Ravasi e il suo “cortile dei Gentili”, per non parlare dei così detti “preti da strada” Don Riboldi, Don Ciotti e altri 100 o 1000, che sono quelli che con la loro testimonianza presso gli “ultimi”, come il vecchio prete di Olmi, tengono ancora accesa la luce del messaggio di Gesù di Nazaret.
Ratzinger ripropone una visione tradizionale : o si riconosce dio e il trascendente come fondamento della morale e del cosmo o si vive nel nulla, senza valori e quindi allo sbando.
E’ sbagliato , è un modo per mettersi il paraocchi per non vedere che le cose stanno diversamente e che cioè in autonomia e quindi senza riferimenti al trascendente in modo clamoroso dall’illuminismo in poi l’uomo ha delineato la dichiarazione dei diritti dell’uomo.
La scienza nel suo progresso vistoso ha in autonomia fatto i veri miracoli salvando innumerevoli vite e ,migliorando la qualità della vita in modo prima inimmaginabile.
La modernità autonomamente “etsi deus non daretur” (come se dio non ci fosse, quello che il papa non vorrebbe proprio sentire) ha creato un suo progresso e un suo codice di leggi morali che sono il diritto positivo, non quello naturale, dal quale si è andati oltre.
La chiesa forse non saprà emendarsi e riformarsi. Sarebbe un peccato, sarebbe rendere meno credibile e lasciare inutilizzato una formidabile ricchezza culturale, accumulata nei secoli.
Ma tutto andrebbe avanti lo stesso, perché l’umanità ha una sua direzione di progresso “etsi deus non daretur” , perché da tempo si è resa autonoma.
Sarebbe bello però che la chiesa facesse finalmente i conti con l’illuminismo, la modernità e la scienza e riconoscesse le sfere di autonomia dal trascendente che già ci sono e che comunque consentono all’umanità che si è resa indipendente di andare avanti.
Sarebbe bello che la chiesa facesse i conti con quelle autonomie che sono realtà, ne prendesse atto e riformulasse le ragioni della sua presenza in modo da poter procedere insieme agli uomini di buona volontà che si sono affrancati definitivamente da vecchi miti riscoprendo l’essenziale del suo messaggio e lo mettesse a disposizione di tutti.
La facesse finita quindi con il criterio della teologia medioevale del dentro e fuori dalla chiesa.
Gli uomini di bona volontà non hanno nessuna necessità e nessun desiderio di essere inseriti in una cinta di mura, di essere o meno benedetti, ci sono e basta.
Sarebbe terribilmente sciocco se la chiesa si condannasse a non contare più nulla morendo di consunzione chiesa vuota e dismessa una dopo l’altra, seminari e ordini religiosi verso l’estinzione, per difendere una identità costruita artificialmente dopo il messaggio di Gesù di Nazaret con una soffocante e ingessante camicia di forza di dogmi in grandissima parte senza relazione con quel messaggio.
Invece di fare uno sforzo per riconoscere l’essenziale del messaggio originario e rinunciare a tutto il resto.
Certo costa fatica vendere la Mecedes e mettersi ad andare in bicicletta, ma non vedo altra strada.

giovedì 6 ottobre 2011

Esiste una immortalità laica o una verosimile speranza di immortalità laica?

Ho dovuto registrare in una successione temporale stretta tre eventi (uno al giorno per tre giorni successivi) che proprio per la riproposizione del medesimo tema ,e che tema, così di seguito, avrebbero indotto a filosofeggiare anche un avventore del bar sport, per definizione poco avvezzo a queste cose.
Primo giorno, commemorazione di un mio amico di infanzia , professore universitario di fama deceduto improvvisamente il dicembre dell’anno scorso.
Commemorazione tenuta nel corso di un evento che si ripete da sette anni autogestito dagli studenti, ma che senza la sua iniziativa non avrebbe potuto avere il successo che ha avuto.
Il tutto si svolge in ambiente accademico, ma protagonisti non sono paludati professori, suoi colleghi, ma una folla strabocchevole di studenti, molti dei quali suoi ex studenti, che lo ricordano con un affetto e una stima sconvolgente, ma senza che nessuno ritenga di invocare l’al di là o la “consolazione” derivante dai miti religiosi ,che in circostanze del genere di solito non mancano mai.
Ecco gettato un primo seme di immortalità laica.
Una vita spesa bene mettendo tutto l’impegno a svolgere al meglio la propria professione, praticando e trasmettendo entusiasmo, impegno, senso civico.
Una testimonianza umana alta che passa ai giovani la prova provata che è possibile vivere in questo modo e che vivere in questo modo paga non in termini di soldi di potere e di onori, ma di ricchezze umane, che non hanno prezzo.
E questo impegno viene apprezzato dagli studenti non perché profuso facendo il calcolo di ricevere in cambio la eventuale “ricompensa” promessa dalle religioni, ma laicamente e stoicamente perché fare il bene è un valore in sé che si auto- ricompensa.
Che l’interessato fosse credente non cambia nulla, perché la folla degli studenti non gli era grata per quello ma per il suo impegno “laico”, non solo per averli dotati delle necessarie conoscenze delle discipline indispensabili per esercitare una certa professione ma per averli aiutati a diventare uomini con il suo rigore morale.
Secondo fatto, il giorno dopo.
Leggo su la Stampa la notizia del decesso dopo alcuni anni di lotta al tumore di una ragazza autrice di un blog molto seguito, anche perché il direttore di quel giornale aveva saggiamente deciso di metterlo sul sito del giornale da diversi mesi.
Non avendo avuto modo di seguire il blog, che sinceramente non conoscevo, leggo il ricordo di ottimo livello che lo stesso direttore ha scritto sul suo giornale ieri.
I concetti che vengono fuori anche in questo caso non sono occasione di semplice commozione e consolazione, ma sono una vera sferzata di cultura umanistica, così rara di questi tempi.
Scoprire quanta vita c’è quanto si sente vicina la morte, quanta energia vi si può ricavare.
Energia tradotta in capacità di fare progetti.
Mi ha molto colpito questo pensiero così duro, ma che spalanca orizzonti umani davvero verso un infinito laico :”sto programmando un sacco di cose, non importa se tutti i miei progetti non riuscirò a realizzarli, perché nessun male mi potrà mai impedire di immaginarli”.
Si può essere “solo” umani ma saper volare così alto.
E la forza le veniva dalla condivisione coi familiari, col fidanzato che l’ha sposata pur sapendo che sarebbe stato per un tempo così breve, con gli amici e con i lettori.
E la considerazione che ogni attimo della vita va vissuto cercando di goderlo, quando si sta bene.
Guai vivere per far passare il tempo, come diceva Hemingway, guai perdere il tempo.
Il blog era tutto un : “so che non potrò mai guarire , ma…..”
Ma che cosa? Cos’è questo atteggiamento se non la prova dell’esistenza di una “speranza di immortalità” laica.
Non c’è un solo accenno alle “consolazioni” dei miti religiosi.
Non par vero che in questa strana Italia sappiano vivere sentimenti di sana umanità laica così alti e così forti, manifestati poi nel momento della verità per definizione, quello del confronto consapevole con la morte.
Terzo giorno, oggi.
Arriva la notizia della morte di colui che molti ritengono ,probabilmente a ragione, il più grande genio dell’umanità dei nostri tempi, Steve Job, dopo anni di lotta determinatissima a una delle forme meno curabili di tumore.
Non sto a elencare le sue “scoperte” e realizzazioni, che hanno cambiato la vita di tutti noi ,perché ci penseranno (vorrei sperare) i media.
Pochi personaggi riescono ad essere avvicinati ai grandi geni del rinascimento in modo così naturale.
L’uomo aveva tutto per rientrare a buon diritto nello stile dei personaggi delle “vite” del Vasari.
Pochi hanno saputo combattere la malattia in pubblico con tanta naturalezza.
Questo era uno che viveva di progetti immaginifici e che a differenza dei grandi del rinascimento aveva dalla sua un formidabile corredo di tecnologia che quelli non potevano nemmeno sognare.
E ne fece uso a profusione.
Ovvio che la vita gli abbia concesso una ricchezza difficile da immaginare, ma che valgono i soldi di fronte a un tumore al pancreas?
Ma la genialità non ha prezzo.
Stive Jobs sono decenni che ha saputo stupire il mondo, sfornando congegni di un livello tecnologico talmente eccelso da non parere frutto di una mente umana.
Gliene comperavano a milioni prenotandoli sulla parola solo sulla base di illazioni.
Ma se nel suo caso il genio è stato coniugato anche col business, nessuno ha mai dubitato che il genio vive di vita propria.
Ed ecco il terzo indizio di immortalità laica.
L’artista diventa immortale attraverso le sue opere diceva Giacomo Leopardi.
Questo è un caso da manuale.
Jobs non era credente, dalle sue normali biografie risulta solo una vicinanza momentanea col buddismo, ma per l’ennesima volta questo è un elemento soggettivo che non sarebbe rilevante più di tanto, nel valutare la statura della persona perché quello che ha fatto è un arricchimento dell’umanità nel suo insieme al di là di ogni ricorso ai miti religiosi e qui risiede la speranza di immortalità laica.
Nel celebre discorso di accettazione della laurea honoris causa ricevuta dalla prestigiosissima Università di Stanford sei anni fa, Jobs aveva lasciato il suo testamento spirituale ai giovani :
cercate di scoprire quello che amate e non mollate fino a quando non riuscirete a coltivarlo, non accontentatevi di poco , mirate alto; coltivate la voce che nasce dal vostro io , cercate di non finire prigionieri del dogmatismo, che equivale a vivere in base ai principi altrui; tutti temono la morte, che però è la nostra ultima destinazione, e che ha la funzione geniale di essere il più formidabile fattore di cambiamento, spazza via il vecchio per far posto al nuovo.
Duro ma fantastico.
E’ più alto e credibile il messaggio, cioè la speranza che proviene da questi uomini e donne in ambito puramente laico o quello che ci propongono le chiese per un al di là del quale non sanno argomentare nulla?
Eppure dovrebbe essere la loro ragion d’essere.
Da secoli si sono occupate di tutto, ma nella materia per la quale la gente cerca qualche risposta dalle religioni non hanno elaborato pressoché nulla, non hanno aggiunto nemmeno un tassello per costruire una argomentazione appena verosimile o convincente.
Ne riparleremo.