lunedì 31 ottobre 2011

L’eredità di Berlusconi : ora l’Italia è pronta anche per il fascismo

Manganello e olio di ricino? ma no,sappiamo tutti che non è questo il caso, non c’è pericolo.
Pingue portafoglio sempre aperto e non a favore della migliore umanità, questo invece sappiamo tutti che è il “core business” del berlusconismo.
Il potere il berlusconismo non lo esercita con la violenza del manganello, ma con l’uso spregiudicato e straripante del danaro.
I fatali discorsi dal balcone di Piazza Venezia trasmessi su ogni piazza d’Italia dalla radio, il TG di allora?
No, nel berlusconismo non c’è niente di fatale, perché non c’è niente di grande perché è il movimento dei mediocri al potere, il suo colore è il grigio assoluto.
Ma è un grigio che ha i mezzi per mordere molto più della radio delle camice nere anni 20 e 30.
La corazzata televisiva che trasmette a reti unificate, meno una, gli stessi slogan e la stessa disinformazione è uno strumento di potere molto ma molto più potente e temibile.
Mussolini era temuto e stimato dalla maggior parte delle cancellerie in tutto il mondo ,Berlusconi si è visto rifiutare quello che in diplomazia si dice “il bilaterale”, cioè in altre parole nessuna cancelleria straniera lo ritiene più un interlocutore abbastanza stimabile da perderci del tempo.
Peggio ridono di lui e ancora peggio a causa sua ridono di noi.
Mussolini non ha mai fatto ridere nessuno.
Ma in Italia c’è la democrazia, si va a votare anche troppo.
Bella scoperta! Il problema è proprio questo, oggi la gente si accorge che questa è una democrazia da operetta se è fondata sugli Scilipoti e comincia a dubitare di tutto.
Si va a votare va bene, ma se non c’è un governo in grado di governare, se non c’è un’opposizione credibile, se non c’è un sistema di informazione (televisivo si intende perché è quello che fa opinione pubblica in Italia) indipendente, se non c’è un capo dello stato che si sappia avvalere dei poteri di sciogliere delle camere assolutamente screditate, avvalendosi dei poteri che gli da la Costituzione, se si va sempre di più verso lo scontro sociale, se la giustizia è sotto attacco da anni e poi ci mette anche del suo per essere poco credibile, se la chiesa …..lasciamo perdere, a cosa si possono attaccare gli italiani?
Il berlusconismo in diciotto anni ha arato sistematicamente a poco a poco le istituzioni e il credo della democrazia italiana, lasciando il vuoto.
E’ significativo quello che sta facendo il portabandiera dei giornali “indipendenti” italiani il Corriere delle Sera quasi regalando i testi sacri sui quali è fondata la nostra democrazia : De Gasperi, Sturzo, Dossetti, Croce, Gobetti, Einaudi, Amendola, Foa…..
Quanti italiani hanno in casa un solo testo con gli scritti dei padri della Patria ?
Quasi nessuno ed è colpa loro, ma anche di un berlusconismo che per quasi un ventennio ha umiliato tutto ciò che è cultura per la semplice ragione che in questo settore non poteva schierare praticamente nessun simpatizzante, nemmeno aprendo il portafoglio, come d’uso per il suo mondo.
Si potrebbe andare avanti così elencando macerie per un bel pezzo, tanto che le librerie italiane sono piene di saggi e di dossier che raccontano queste amare verità.
Il berlusconismo non chiama le folle nelle piazze a osannare il ducetto.
Non chiama i giovani a far ginnastica paramilitare il sabato.
Non offre ai migliori giovani intellettuali l’opportunità di misurarsi nel littoriali.
No il berlusconismo usa la tattica della camomilla o del cloroformio : rincoglionitevi davanti alla mia televisione, che gli affari li faccio io, se voi siete nelle condizioni di non sentire e di non sapere tanto meglio.
Berlusconi è l’icona del grande sonno italiano.
Ma la Cina corre e gli svegli saltano sul treno trainato dalla locomotiva.
C’è per fortuna un’Italia che vorrebbe correre e quindi c’è speranza.
Ma c’è anche un’Italia che ha voluto Berlusconi perché preferisce dormire.
Oggi Berlusconi non è più nessuno anche se ha la maggioranza in parlamento.
Ma ci sono i berlusconiani senza Berlusconi in cerca di un nuovo qualcuno, che li rappresenti.
E non è finita, c’è il popolo padano senza Bossi che pure non è più nessuno anche se continua a recitare penosamente da capo e il suo popolo però cerca disperatamente un altro capo.
E poi c’è il popolo degli ex comunisti guidati da un Bersani che non è più nessuno, in cerca di qualcosa o qualcuno.
C’è il popolo dei cattolici democratici guidati da una Bindi che ….lasciamo perdere, in cerca di qualcosa o qualcuno.
Enormi opportunità, ma anche enormi pericoli.
Una folla enorme di gente in cerca di rappresentanza è una formidabile opportunità per un vero leader moderno.
Ma è anche una terribile attrazione per un populista credibile.
Va bene tenere accesa la speranza, è legittimo e doveroso farlo, ma non sottovalutiamo gli enormi rischi di una situazione come questa che nel passato ha quasi sempre aperto la porta ai fascismi.
A mio avviso il rischio è ancora più grande perché dopo Mussolini e Almirante l’Italia non ha mai più avuto un leader di destra credibile.
Ora purtroppo c’è uno spazio immenso da coprire per chi ci sapesse fare, ci ha pensato Berlusconi ad arare il terreno, che ora è pronto.
Forse l’euro è l’ultimo baluardo simbolico, abbandoniamo quello ed avremo abbandonato l’ultimo aggancio con le democrazie.
Non è casuale che l’ultimo attacco all’euro sia venuto proprio dalla ormai perfino comica incapacità politica di un Berlusconi allo sbando.

lunedì 24 ottobre 2011

E’ ufficiale : con Berlusconi premier ci facciamo ridere in faccia

C’è poco da ridere.
Il filmato della conferenza stampa di Merkel e Sarkosy il 23 ottobre scorso è a disposizione di tutto il mondo sul web http://www.youtube.com/watch?v=rPSJoPbG8Oc e quindi tutto il mondo ha visto il sorrisino di compatimento scambiato fra i due e tutti hanno potuto sentire la contemporanea risata di tutta la sala gremita di reporter alla domanda : “Berlusconi vi ha dato degli impegni da parte dell’Italia?”.
Come tutti coloro che seguono su fonti attendibili le vicende politiche avevo più volte segnalato su questo blog che il clima in Europa e nel mondo verso l’Italia era cambiato.
Prima ridevano del “buffone d’Europa”, ora ridono di tutti noi che non siamo capaci o non volgiamo proprio cacciarlo.
Chi di noi per lavoro o per studio è all’estero o è abitualmente in contatto con l’estero si trova in una condizione di minorità sempre più imbarazzante.
Ora non si può più negare che Berlusconi è il primo problema.
Ovvio che risolto questo prima problema con la cacciata di Berlusconi la strada rimarrebbe sempre in salita perché la situazione attuale è veramente critica.
E’ significativo che i grandi giornali di opinione nei loro supplementi economici, fingendo, per amore del politicamente corretto, di fare una semplice cronaca, diano istruzione dettagliate di come portare i soldi in Svizzera in modo assolutamente legale, fin quando si è in tempo, per non rischiare di rimanere con un pugno di mosche in mano quando dovesse verificarsi il patatrac.
Sarkosy nella risposta a quella domanda nella conferenza stampa sopra citata ha esplicitamente detto di confidare nel senso di responsabilità dell’insieme delle autorità italiane politiche, economiche e sociali.
Ormai Berlusconi, qualora malauguratamente nessuno riuscisse a levarlo di torno, sarebbe comunque commissariato dalla diarchia franco tedesca, non per tutelare noi, che evidentemente non ci siamo meritati la loro attenzione ,ma per tutelare la stabilità delle loro banche, che si erano imprudentemente appesantite di titoli italiani.
Gli stranieri evidentemente non si rendevano conto quando compravano i nostri bond del fatto che l’Italia sarebbe finita prigioniera di un governo Berlusconi – Bossi – Scilipoti.
E’ inutile commentare, i tre nomi sono da soli “un nome una marca e una garanzia”, come diceva una nota pubblicità commerciale di qualche anno fa.
Bene fanno Merkel e Sarkosy a fare appello a Napolitano, Confindustria e sindacati.
Napolitano è l’unico figura istituzionale che salva il salvabile diciamolo pure della onorabilità italiana.
Sinceramente però non è per temperamento suo personale quella figura forte che sarebbe servita in queste circostanze di navigazione così perigliosa e di caos politico completo.
Napolitano ha avuto una occasione d’oro alla bocciatura della legge di assestamento del bilancio per sciogliere le camere e non lo ha fatto.
C’è poco da discutere ognuno di noi sa che se un amministratore di condominio si vede bocciato il bilancio consultivo si deve dimettere e passare la palla al suo successore.
L’interpretazione del problema che da il Quirinale, cioè che se c’è una maggioranza parlamentare il presidente non potrebbe sciogliere le camere è appunto non più di una interpretazione basata si e no sulla prassi ma non univoca.
La dottrina in materia è come sempre non unanime, ma da Maranini in poi si ritiene che l’art 88 della Costituzione non metta alcun vincolo alla facoltà del Presidente di sciogliere le camere o una di esse, perché così hanno scritto i costituenti alla lettera.
La situazione è talmente oscena che l’unico modo verosimile per venirne fuori se Berlusconi non verrà cacciato dalla Lega è che l’opposizione faccia una sua offerta sul mercato dei parlamentari.
Cosa possibilissima dal momento che ben in 120 dall’inizio della legislatura hanno cambiato casacca ed alcuni più di una volta.
Se il Quirinale continua a sostenere quella tesi trincerandosi dietro a un formalismo molto debole , ignorando la sostanza del degrado poveri noi, chissà cosa ci toccherà di vedere.
Strano, molto strano che da noi non sia ancora apparso un credibile giovanotto con la mascella volitiva.
Temo che con questa destra da operetta si sia aperto un grande spazio per una destra populista vera.
E se dovesse essere contrata da quella sinistra ancora più da strapazzo che conosciamo bene, i nostri guai sono solo all’inizio.
A meno che le tante forze sane che ci sono non si decidano ad uscire allo scoperto per fare rete.
Il tempo però è chiaro che gioca contro.

venerdì 21 ottobre 2011

Temo sia vero : non siamo stati capaci di andare oltre al tempo delle signorie

Confesso che quando ho letto il libro di Severgnini su Berlusconi ho trovato interessante la sua tesi
centrale che giustificava la quasi ventennale fascinazione degli italiani per Berlusconi, come un ricorso storico di una delle nostre radici storico-culturali, che non abbiamo mai saputo tagliare come hanno fatto francesi, tedeschi, spagnoli, inglesi ecc.
Si tratta dell’ossequio alla signoria rinascimentale basata su un patto non scritto : io ti riconosco, ma tu mi dai questo e quell’altro.
Siamo ben lontani dalla cultura della democrazia moderna dove il patto sociale non è più fra barone e suddito ( se pure giustificato da interesse reciproco), ma è fra cittadino e stato in un quadro di diritti ai quali qualsiasi autorità è sottomessa, anche quella eletta dal popolo.
Tornando a Severgni, dicevo sopra che pur riconoscendo che la sua tesi era intelligente, acuta e verosimile, non potevo nascondere un senso di fastidio, perché finiva per costringere tutti noi a riconoscerci in uno status di minorità politica , culturale, morale difficilmente giustificabile nel 2011.
Severgnini è molto bravo a inserire in un discorso apparentemente scanzonato e qualche volta goliardico giudizi tremendi per renderli accettabili.
L’altra sera all’Infedele di Gad Lerner un’ospite della trasmissione ha detto una cosa veramente incredibile che mi ha fatto pensare che Severgni col discorso delle Signorie avesse veramente fatto centro ipotizzando una diagnosi terribile fin che si vuole ,ma difficilmente contestabile.
Quell’ospite dell’Infedele ha detto che i nomi dei primi dieci contribuenti della Firenze di oggi corrispondono ai nomi di famiglia di altrettanti personaggi citati nelle opere di Dante Alighieri (1265 – 1321).
E’ sconvolgente.
Una tale constatazione di ingessamento, di immobilismo della società farebbe veramente pensare che occuparsi di politica in Italia sia tempo perso, perché se non cambia mai nulla, non ci sono speranze di recuperare le distanze che abbiamo accumulate rispetto allo sviluppo degli altri paesi nostri partner.
Fortunatamente però le cose non sono mai tutte bianche o tutte nere e questo specialmente nelle questioni politico – sociali.
C’è indubbiamente una pesante arretratezza culturale, c’è una società bloccata che vuole conservare i propri privilegi, che ostacola la modernità e il pensiero scientifico.
Ci sono però anche sintomi di segno diverso.
Ne elenco alcuni.
Anni fa ce li sognavamo sull’allora patinato e “terzista” Corriere della Sera, che era ed è il principale giornale italiano, giornalisti di inchiesta incisivi e coraggiosi come Stella e Rizzo.
Ci sognavamo giornalisti di inchiesta televisivi come la Gabanelli, Iacona o la squadra di Santoro.
Oggi se qualcuno vuole sapere come stanno realmente le cose con l’aiuto di queste inchieste è in grado di saperlo.
Ci sono giovani frastornati da una situazione sociale ,economica e politica che mette le loro generazioni per la prima volta da decenni nella condizione di vivere condizioni peggiori di quelle dei loro padri.
Sembravano pericolosamente silenti, ma ora stanno risvegliandosi e cominciano a farsi sentire.
Hanno almeno una carta di vantaggio nel senso che padroneggiano le nuove tecnologie come nativi e quindi con disinvoltura.
Si è sempre detto e scritto che la tecnologia di per sé è neutra.
E’ vero in generale ma nel caso delle nove tecnologie informatiche lo è molto meno, ne senso che queste sono un formidabile mezzo di trasparenza e di democrazia.
Le odierne rivoluzioni arabe, per esempio, senza i telefonini e i social network non avrebbero avuto grandi prospettive.
I giovani purtroppo hanno avuto ai nostri giorni una educazione politica orrenda dall’esempio che viene da una classe politica inetta e corrotta fino al midollo.
Ma possono imparare presto se usano i mezzi che abbiamo nominato “per fare rete” intorno a idee nuove e funzionali.
Il recente ribaltone avvenuto nella politica milanese ne è un ottimo esempio anche perché i giovani hanno avuto una parte molto importante.
Manca e sarebbe invece di incredibile utilità e urgenza qualcosa di simile a livello nazionale.
Ma forse accanto alla decomposizione del berlusconismo c’è qualcosa di ancora inespresso che sta nascendo che comincia a muoversi e che potrebbe dare buoni frutti.
La chiesa che ha cominciato a vergognarsi di quasi due decenni di collateralismo a un regime politico indecente.
Le associazioni professionali, la galassia del volontariato si sono espresse per il cambiamento.
Speriamo che si affrettino.

venerdì 14 ottobre 2011

Olmi : la domanda di assoluto e la chiesa che non sa rispondere

Anche con il suo film più recente Ermanno Olmi torna a volare altissimo.
Non farà cassetta ma che importa, mica tutti sono omologati al pensiero unico corrente per il quale dio sono i soldi.
Olmi è credente non ci sono dubbi.
Come sempre però quando uno dice di credere in dio in realtà non ha detto molto.
Il problema vero è quale dio, ovviamente non nel senso pedestre di Cristo Budda o Visnù, che se siamo seri sappiamo dipendere solo e unicamente da dove siamo nati.
Da anni le indagini di sociologia religiosa dicono che sono talmente tante le credenze personali nei paesi così detti cattolici che gli studiosi hanno ormai definito la cosa come definendo le effettive credenze attuali come quelle di un “dio à la carte”, nel senso che ognuno si crea un suo universo di credenze, che hanno poco in comune con le costruzioni dogmatiche ufficiali.
E questo non sarebbe un male se fosse il sintomo di un diffuso pensiero critico.
Purtroppo però c’è un altro dato di cui tenere conto ed è quello che ci fornisce sempre la sociologia religiosa secondo il quale in Italia a fronte di un 25% di italiani definibili cattolici nel senso che si conformano alla formalità della messa domenicale, si riscontra un oltre 30% che si rivolge a maghi chiromanti sette varie e cose del genere.
E questo fa pensar male nel senso che occorre probabilmente includere nella grande maggioranza dei credenti di un dio à la carte molti che si sono creati un patchwork di credenze per ignoranza.
Ho iniziato il discorso con questi dati per evidenziare alcuni fatti difficilmente contestabili:
1- comunque se la passi la chiesa cattolica anche in Italia è da tempo una minoranza non ostante i periodici allestimenti di manifestazioni “trionfalistiche”.
Del resto questo papa avrà altri difetti ma su questo punto è sempre stato chiaro se non addirittura spietato e nei suoi recenti viaggi nel nord europa ha invitato i cristiani ad essere una minoranza viva e quindi ha sempre data come acquisita la consapevolezza di questa realtà.
2- credere in dio non vuol dire automaticamente credere nei dogmi strutturati della chiesa gerarchica.
Questa premessa è un po’ lunga ma credo sia indispensabile per capire chi sono gli uomini, gli intellettuali gli artisti e le persone comuni che la pensano come il regista Ermanno Olmi.
Sono persone che non hanno difficoltà e dirsi credenti, non atei e nemmeno agnostici, ma esplicitamente dicono di non sentirsi rappresentati di questa chiesa.
Sperano che questa chiesa possa finalmente ritornare ad essere la chiesa di Gesù di Nazaret, ma anche se non ci riuscisse non ne farebbero un dramma essendo loro non contro ma “oltre”.
L’ultimo film di Olmi “Il villaggio di cartone” racconta la storia di un vecchio parroco che assiste alla trasformazione della sua chiesa, dismessa perché non serve più, la sua chiesa è semidistrutta, ma una notte arriva una moltitudine di persone, sono immigrati clandestini che hanno bisogno di aiuto ancora di più proprio perché per la legge sono clandestini. Clandestini che si ritrovano a costruire un vero e proprio piccolo villaggio con dei semplici cartoni all’interno della chiesa, svuotata di tutto sotto gli occhi del prete che per anni ha detto messa al suo interno. Inutile dire che il prete torna a fare il prete e finalmente si sente veramente utile.
Come in tutti i film di Olmi ci si imbatte in mille metafore e simboli, che però non sono certo di difficile lettura.
E’ evidente che la metafora della chiesa svuotata di tutto, che riacquista il suo significato quando si riempie degli evangelici “ultimi” è una forte polemica contro la chiesa istituzionale, che attaccandosi al potere alle ricchezze ed al possesso di cose ha perso sé stessa e i fedeli.
Olmi fa dire ai suoi personaggi che il bene è di più della fede.
Questa sola frase è un gran bell’elemento di meditazione.
Tutti i grandi artisti sono grandi perché sanno andare all’essenziale dell’umano.
Benedetto Croce aveva scritto una monumentale estetica, libro di culto per decenni, per dire in sostanza questo che l’arte è arte quando raggiunge gli elementi universali dell’umano e quindi viene riconosciuta da tutti dal colto e dall’ignorante.
Olmi ci arriva con facilità.
Col linguaggio dell’arte cinematografica Olmi riesce ha costringere gli spettatori a un tipo di discorso che molto difficile fare in Italia.
Essere un credente o addirittura un cattolico adulto perché dotato di senso critico verso quello che è diventata la chiesa istituzionale oggi in Italia è difficile e non è comune.
Sempre la sociologia religiosa ci segnala che il “dio à la carte” confezionato dai credenti ha la caratteristica comune di essere fondato su un alcune credenze di tipo molto elementare se non addirittura infantili.
La conseguenza è che usare il senso critico verso le proprie credenze religiose come si fa per qualsiasi altra cosa della vita è bypassato dai più , senza nemmeno rifletterci ,anzi proprio evitando di rifletterci, per paura che tale atteggiamento li possa condurre all’inferno.
Verrebbe da dire se siamo a questo punto è meglio lasciar perdere, ma invece è proprio perché la gran massa di coloro che si ritengono credenti vive in questo tipo di cattolicesimo infantile, che non è mai cresciuto perché nessuno lo ha più alimentato di cose serie di argomenti, di ragionamenti, è fondamentale la voce degli Olmi per dare un elemento di riflessione.
Il Cardinale Bagnasco nella sua prolusione recente al consiglio della Cei non ha cercato nemmeno di dare colpi di belletto, come facevano prima di lui su una situazione sociale e morale dell’Italia contemporanea che fa pena da tutti i lati e questo è un bene.
La chiesa non riesce più a rispondere in modo convincente alla domanda di senso che le fa la gente, compresa la sua gente e questo forse le gerarchie cominciano a capirlo e ad esserne turbate.
Ma questo non vuol dire che abbia perduto ancora il patrimonio di valori e di cultura che ha accumulato nei secoli.
Però guai se si chiude nelle mura di una difesa identitaria, guai se considera nemici i cristiani adulti, cioè critici e i laici in ricerca e li chiude fuori.
I nemici della chiesa non sono nemmeno i laici, gli agnostici in ricerca e nemmeno coloro che si dicono atei, ma credono nei valori umani anche senza bisogno di dio.
I veri nemici sono coloro che non credono in niente, aderendo acriticamente al pensiero unico corrente che ha sostituito i valori e la cultura con il culto del successo facile , dell’apparire e non dell’essere, dei soldi ottenuti con qualsiasi mezzo, e interpretati come benedizione divina che sanerebbe qualsiasi peccato.
I credenti e cristiani adulti chiedono alla chiesa di abbandonare potere beni privilegi dogmi irrazionali per riscoprire sé stessa e di allearsi con i laici ,gli agnostici in ricerca, gli atei che credono nei valori umani per costruire insieme il futuro.
Esistono per fortuna illustri ecclesiastici che la pensano sostanzialmente così, si pensi a Martini e la sua “cattedra per i non credenti”, allo stesso Ravasi e il suo “cortile dei Gentili”, per non parlare dei così detti “preti da strada” Don Riboldi, Don Ciotti e altri 100 o 1000, che sono quelli che con la loro testimonianza presso gli “ultimi”, come il vecchio prete di Olmi, tengono ancora accesa la luce del messaggio di Gesù di Nazaret.
Ratzinger ripropone una visione tradizionale : o si riconosce dio e il trascendente come fondamento della morale e del cosmo o si vive nel nulla, senza valori e quindi allo sbando.
E’ sbagliato , è un modo per mettersi il paraocchi per non vedere che le cose stanno diversamente e che cioè in autonomia e quindi senza riferimenti al trascendente in modo clamoroso dall’illuminismo in poi l’uomo ha delineato la dichiarazione dei diritti dell’uomo.
La scienza nel suo progresso vistoso ha in autonomia fatto i veri miracoli salvando innumerevoli vite e ,migliorando la qualità della vita in modo prima inimmaginabile.
La modernità autonomamente “etsi deus non daretur” (come se dio non ci fosse, quello che il papa non vorrebbe proprio sentire) ha creato un suo progresso e un suo codice di leggi morali che sono il diritto positivo, non quello naturale, dal quale si è andati oltre.
La chiesa forse non saprà emendarsi e riformarsi. Sarebbe un peccato, sarebbe rendere meno credibile e lasciare inutilizzato una formidabile ricchezza culturale, accumulata nei secoli.
Ma tutto andrebbe avanti lo stesso, perché l’umanità ha una sua direzione di progresso “etsi deus non daretur” , perché da tempo si è resa autonoma.
Sarebbe bello però che la chiesa facesse finalmente i conti con l’illuminismo, la modernità e la scienza e riconoscesse le sfere di autonomia dal trascendente che già ci sono e che comunque consentono all’umanità che si è resa indipendente di andare avanti.
Sarebbe bello che la chiesa facesse i conti con quelle autonomie che sono realtà, ne prendesse atto e riformulasse le ragioni della sua presenza in modo da poter procedere insieme agli uomini di buona volontà che si sono affrancati definitivamente da vecchi miti riscoprendo l’essenziale del suo messaggio e lo mettesse a disposizione di tutti.
La facesse finita quindi con il criterio della teologia medioevale del dentro e fuori dalla chiesa.
Gli uomini di bona volontà non hanno nessuna necessità e nessun desiderio di essere inseriti in una cinta di mura, di essere o meno benedetti, ci sono e basta.
Sarebbe terribilmente sciocco se la chiesa si condannasse a non contare più nulla morendo di consunzione chiesa vuota e dismessa una dopo l’altra, seminari e ordini religiosi verso l’estinzione, per difendere una identità costruita artificialmente dopo il messaggio di Gesù di Nazaret con una soffocante e ingessante camicia di forza di dogmi in grandissima parte senza relazione con quel messaggio.
Invece di fare uno sforzo per riconoscere l’essenziale del messaggio originario e rinunciare a tutto il resto.
Certo costa fatica vendere la Mecedes e mettersi ad andare in bicicletta, ma non vedo altra strada.

giovedì 6 ottobre 2011

Esiste una immortalità laica o una verosimile speranza di immortalità laica?

Ho dovuto registrare in una successione temporale stretta tre eventi (uno al giorno per tre giorni successivi) che proprio per la riproposizione del medesimo tema ,e che tema, così di seguito, avrebbero indotto a filosofeggiare anche un avventore del bar sport, per definizione poco avvezzo a queste cose.
Primo giorno, commemorazione di un mio amico di infanzia , professore universitario di fama deceduto improvvisamente il dicembre dell’anno scorso.
Commemorazione tenuta nel corso di un evento che si ripete da sette anni autogestito dagli studenti, ma che senza la sua iniziativa non avrebbe potuto avere il successo che ha avuto.
Il tutto si svolge in ambiente accademico, ma protagonisti non sono paludati professori, suoi colleghi, ma una folla strabocchevole di studenti, molti dei quali suoi ex studenti, che lo ricordano con un affetto e una stima sconvolgente, ma senza che nessuno ritenga di invocare l’al di là o la “consolazione” derivante dai miti religiosi ,che in circostanze del genere di solito non mancano mai.
Ecco gettato un primo seme di immortalità laica.
Una vita spesa bene mettendo tutto l’impegno a svolgere al meglio la propria professione, praticando e trasmettendo entusiasmo, impegno, senso civico.
Una testimonianza umana alta che passa ai giovani la prova provata che è possibile vivere in questo modo e che vivere in questo modo paga non in termini di soldi di potere e di onori, ma di ricchezze umane, che non hanno prezzo.
E questo impegno viene apprezzato dagli studenti non perché profuso facendo il calcolo di ricevere in cambio la eventuale “ricompensa” promessa dalle religioni, ma laicamente e stoicamente perché fare il bene è un valore in sé che si auto- ricompensa.
Che l’interessato fosse credente non cambia nulla, perché la folla degli studenti non gli era grata per quello ma per il suo impegno “laico”, non solo per averli dotati delle necessarie conoscenze delle discipline indispensabili per esercitare una certa professione ma per averli aiutati a diventare uomini con il suo rigore morale.
Secondo fatto, il giorno dopo.
Leggo su la Stampa la notizia del decesso dopo alcuni anni di lotta al tumore di una ragazza autrice di un blog molto seguito, anche perché il direttore di quel giornale aveva saggiamente deciso di metterlo sul sito del giornale da diversi mesi.
Non avendo avuto modo di seguire il blog, che sinceramente non conoscevo, leggo il ricordo di ottimo livello che lo stesso direttore ha scritto sul suo giornale ieri.
I concetti che vengono fuori anche in questo caso non sono occasione di semplice commozione e consolazione, ma sono una vera sferzata di cultura umanistica, così rara di questi tempi.
Scoprire quanta vita c’è quanto si sente vicina la morte, quanta energia vi si può ricavare.
Energia tradotta in capacità di fare progetti.
Mi ha molto colpito questo pensiero così duro, ma che spalanca orizzonti umani davvero verso un infinito laico :”sto programmando un sacco di cose, non importa se tutti i miei progetti non riuscirò a realizzarli, perché nessun male mi potrà mai impedire di immaginarli”.
Si può essere “solo” umani ma saper volare così alto.
E la forza le veniva dalla condivisione coi familiari, col fidanzato che l’ha sposata pur sapendo che sarebbe stato per un tempo così breve, con gli amici e con i lettori.
E la considerazione che ogni attimo della vita va vissuto cercando di goderlo, quando si sta bene.
Guai vivere per far passare il tempo, come diceva Hemingway, guai perdere il tempo.
Il blog era tutto un : “so che non potrò mai guarire , ma…..”
Ma che cosa? Cos’è questo atteggiamento se non la prova dell’esistenza di una “speranza di immortalità” laica.
Non c’è un solo accenno alle “consolazioni” dei miti religiosi.
Non par vero che in questa strana Italia sappiano vivere sentimenti di sana umanità laica così alti e così forti, manifestati poi nel momento della verità per definizione, quello del confronto consapevole con la morte.
Terzo giorno, oggi.
Arriva la notizia della morte di colui che molti ritengono ,probabilmente a ragione, il più grande genio dell’umanità dei nostri tempi, Steve Job, dopo anni di lotta determinatissima a una delle forme meno curabili di tumore.
Non sto a elencare le sue “scoperte” e realizzazioni, che hanno cambiato la vita di tutti noi ,perché ci penseranno (vorrei sperare) i media.
Pochi personaggi riescono ad essere avvicinati ai grandi geni del rinascimento in modo così naturale.
L’uomo aveva tutto per rientrare a buon diritto nello stile dei personaggi delle “vite” del Vasari.
Pochi hanno saputo combattere la malattia in pubblico con tanta naturalezza.
Questo era uno che viveva di progetti immaginifici e che a differenza dei grandi del rinascimento aveva dalla sua un formidabile corredo di tecnologia che quelli non potevano nemmeno sognare.
E ne fece uso a profusione.
Ovvio che la vita gli abbia concesso una ricchezza difficile da immaginare, ma che valgono i soldi di fronte a un tumore al pancreas?
Ma la genialità non ha prezzo.
Stive Jobs sono decenni che ha saputo stupire il mondo, sfornando congegni di un livello tecnologico talmente eccelso da non parere frutto di una mente umana.
Gliene comperavano a milioni prenotandoli sulla parola solo sulla base di illazioni.
Ma se nel suo caso il genio è stato coniugato anche col business, nessuno ha mai dubitato che il genio vive di vita propria.
Ed ecco il terzo indizio di immortalità laica.
L’artista diventa immortale attraverso le sue opere diceva Giacomo Leopardi.
Questo è un caso da manuale.
Jobs non era credente, dalle sue normali biografie risulta solo una vicinanza momentanea col buddismo, ma per l’ennesima volta questo è un elemento soggettivo che non sarebbe rilevante più di tanto, nel valutare la statura della persona perché quello che ha fatto è un arricchimento dell’umanità nel suo insieme al di là di ogni ricorso ai miti religiosi e qui risiede la speranza di immortalità laica.
Nel celebre discorso di accettazione della laurea honoris causa ricevuta dalla prestigiosissima Università di Stanford sei anni fa, Jobs aveva lasciato il suo testamento spirituale ai giovani :
cercate di scoprire quello che amate e non mollate fino a quando non riuscirete a coltivarlo, non accontentatevi di poco , mirate alto; coltivate la voce che nasce dal vostro io , cercate di non finire prigionieri del dogmatismo, che equivale a vivere in base ai principi altrui; tutti temono la morte, che però è la nostra ultima destinazione, e che ha la funzione geniale di essere il più formidabile fattore di cambiamento, spazza via il vecchio per far posto al nuovo.
Duro ma fantastico.
E’ più alto e credibile il messaggio, cioè la speranza che proviene da questi uomini e donne in ambito puramente laico o quello che ci propongono le chiese per un al di là del quale non sanno argomentare nulla?
Eppure dovrebbe essere la loro ragion d’essere.
Da secoli si sono occupate di tutto, ma nella materia per la quale la gente cerca qualche risposta dalle religioni non hanno elaborato pressoché nulla, non hanno aggiunto nemmeno un tassello per costruire una argomentazione appena verosimile o convincente.
Ne riparleremo.