mercoledì 29 marzo 2023

Domino, rivista sul mondo che cambia n.3/2023 La Cina alla finestra Beneficiaria dell’avvitamento di russi e americani in Ucraina, Pechino si offre come mediatrice Mentre rilancia la sua influenza sul pianeta Editore Gal - recensione

 



Anche questo numero è come sempre aperto dall’ editoriale di Dario Fabbri che enuncia i punti fondamentali che verranno trattati in questo numero.

Il lettore, immagino, sarà abituato al linguaggio, molto crudo, della Geopolitica e quindi non si stupirà del fatto che ,nonostante gli enormi progressi compiuti dalla Cina in questi ultimi anni ,Fabbri dichiari testualmente che : l'impero di mezzo è in vorticosa decadenza da anni.

Con la solita chiarezza il medesimo documenta quanato enunciato analizzando questi punti :

1 - Dal 2022 la popolazione delle Cina ha cominciato a diminuire e conseguentemente l'età media si è innalzata in modo abbastanza sensibile. Come noto per la Geopolitica la demogrfia è forse il principale indicatore della potenza di un popolo e quindi un popolo che aspira ad essere egemone non non può mantenere questo suo proposito se ha una popolazione in diminuzione;

2- la Cina soffre di un forte divario tra la situazione della popolazione che vive nelle coste, soprattutto ad est ,dove si è verificato lo sviluppo più clamoroso del paese e l'entroterra, soprattutto all'ovest ,che è ancora in condizioni poco sviluppate e sopravvive appena dedicandosi aull'agricoltura;

3- il progetto delle vie delle seta e stato non compromesso, ma certo ,seriamente danneggiato prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina;

4- La Cina pur avendo sviluppato molto in questi ultimi anni i propri armamenti e ammodernato notevolmente le sue forze armate è ancora molto lontana dalla capacità di trasformarsi in potenza marittima ,cosa che le sarebbe essenziale per competere con gli Stati Uniti d'America .

Fabbri poi spiega bene quale sia la formidabile capacità della Cina che ,traendo spunto dalla esperienza della sua storia Imperiale millenaria, trova la capacità di sfruttare le situazioni negative, per trasformarle in opportunità.

E’ chiaro infatti che la guerra in Ucraina ,della quale Pechino non era nemmeno stata informata preventivamente, per la Cina ha rappresentato un evento inaspettato e negativo perché contrastava le sue linee di tendenza.

Ma questo paese ha avuto l'abilità di sfruttare la situazione dandosi da fare per aiutare la Russia solo quel tanto che è necessario, perché non rischi di soccombere nel confronto con gli ucraini, aiutati massicciamente dall'occidente, girando la situazione a suo favore,

Operando cioè per rendere la Russia del tutto dipendente dalla sua capacità di utilizzare il petrolio e il gas siberiano, e di usufruire di un apporto militare indiretto e molto cauto nonché una piena copertura diplomatica per sopperire alle difficoltà che la Russia incontra essendo considerato un Paria da tutto l'Occidente.

Ha saputo cioè associare la Russsia al suo piano egemonico non come un comprimario, ma come un cliente ,dimostrando la sua poderosa influenza quando ha saputo orchestrare la sua abilissima diplomazia facendo in modo che la risoluzione dell’Onu che condannava l’invasione dell’Ucraina vedesse contrari o astenuti i rappresentanti dei paesi che rappresentano più della metà della popolazione globale (oltre quattro miliardi di esseri umani ) -

Gli articoli che seguono l’editoriale in questo numero di Domino In pratica non sono altro che una analisi più accurata degli argomenti enunciati da Fabri nell'editoriale medesimo.

Ho trovato fra questi di particolare interesse l'articolo su Taiwan e quello sull'India.

Di grande interesse ho trovato anche l'articolo sulla posizione fortissima che ha raggiunto in questi anni la Cina in Africa.

Ma se dovessi fare una scelta, direi che il saggio sulla situazione attuale della Germania è quello più illuminante di tutti.

Il fascicolo si conclude con un importante capitolo dedicato all'analisi della situazione interna della Cina, che sviluppa in modo molto dettagliato le argomentazioni che Fabri aveva enunciato nell'editoriale.

Numero quindi di interesse decisamente elevato.


domenica 26 marzo 2023

Emanuel Pietrobon : Zelenskij Storia dell’uomo che ha cambiato (per sempre) il modo di fare la guerra. Prefazione di Salvatore Santangelo – Editore Castelvecchi – recensione

 




Ormai in libreria si possono trovare diverse biografie di Volodymyr Zelenskij, alla voce di Wikipedia definito : attore,regista,sceneggiatore e comico ucraino,sesto e attuale presidente dell’Ucraina dal maggio 2019.

Ma questa non è una biografia di Zelenskij, è ben altro, ma di definizione decisamente complessa.

Psicologia delle folle, geopolitica, tecniche di comunicazione politica tramite media tradizionali e social media, teorie degli scenari di guerra, intelligence e servizi segreti e altro ancora.

Per l’ennesima volta veniamo quindi a constatare che alcuni dei fenomeni che oggi più impattano sulle nostre vite, purtroppo per noi, non rientrano in alcuna delle materie che si insegnano a scuola, per istruiti che possiamo essere.

Per la ragione che sono fenomeni per loro natura prettamente interdisciplinari.

E questo di per sé complica ulteriormente le possibilità di comprensione dei fatti che si analizzano perché se per capirli occorre la competenza in diverse discipline, nemmeno l’accademico in un solo campo ha competenza sufficiente per padroneggiarli.

Ma non spaventiamoci, anche se questo di Pietrobon è uno dei primissimi manuali sull’argomento nel suo complesso, esiste, è scritto in modo molto comprensibile e ha l’ulteriore enorme vantaggio di essere conciso ,120 pagine in tutto.

Quindi è altamente consigliato, procurarselo e leggerselo.

Se il saggio di Pietrobon sulla guerra ibrida ,del quale avevamo parlato alcuni giorni fa ,già era abbastanza allarmante, questo è ancora più crudo.

Nell’ultima pagina di copertina troviamo scritto Zelenskij : “è colui che ha trasformato la comunicazione in un arma letale quanto i carri armati”.

Un qualunque nostro connazionale potrebbe dire : è tutto qui? Ma noi non abbiamo ben conosciuto personaggi molto simili, da Silvio Berlusconi a Beppe Grippo, deiquale abbiamo parlato e straparlato come icone del “grande comunicatore”, capace di usare le tecniche raffinate del marketing e della pubblicità commerciale per far nascere movimenti politici nuovi populisti e anti-sistema.

Vero, anche le esperienze di Berlusconi e di Grippo sono state molto singolari, ma attenzione, perchè le differenze sono enormi per almeno due ragioni.

Prima di tutto nel caso di Zelenskij stiamo parlando di tecniche applicate non solo alla politica ma alla guerra che è ben altra cosa.

E poi ai tempi della “discesa in campo” di Berlusconi non esistevano né i “social network”, nè l’intelligenza artificiale ,con la la loro enorme potenza nel raccogliere ed elaborare dati.

E con Beppe Grippo aravamo appena alla prima comparsa di questi mezzi.

Non a caso gli esperti di informatica ci dicono oggi, senza possibilità di smentita, che i detentori di quei dati sono in grado di conoscerci meglio di quanto noi ,crediamo di conoscere noi stessi.

E’ con queste armi strapotenti che Zelenskij sta combattendo le sue battaglie e quindi è unico nella storia, per il semplice fatto che prima di lui non esistevano nemmeno.

Il caso di Zelenskij è un unicum anche perché si inserisce in un altro scenario inedito, nel senso che è l’applicazione delle tecniche che abbiamo accennato sopra non a una guerra tradizionale ,ma a quella che si dice, nel caso ucraino ,una “proxy war”, cioè una guerra per procura, combattuta fra le potenze che aspirano alla leadership geopolitica mondiale.

La conseguenza è che queste ,per la prima volta nella storia, usano le agenzie di intelligence ,delle quali dispongono ,in un modo molto diverso da quello tradizionale, nel senso che, per farla breve, coordinano in modo, solo parzialmente coperto, l’enorme potenza dei dati posseduti dai giganti tecnologici ,che sono soggetti formalmente privati e che quindi nulla dovrebbero centrare con la gestione della politica internazionale degli stati e meno che meno nel caso di vicende belliche se pure per procura.

Procura che poi ha lo sostanza della foglia di fico.

L’uso per la prima volta nella storia di queste enormi potenzialità conduce purtroppo vicino a scenari tipo quelli delineati dal genio predittivo di Georg Orwell dal “grande fratello” descritto in “1984” alla fattoria degli animali, dove tutti sono uguali ma qualcuno è più uguale degli altri.

Pietrobon non si fa certo scrupolo di impensierire o spaventare il lettore ,anzi i suoi saggi hanno probabilmente proprio lo scopo di far capire a noi lettori che la situazione è tutt’altro che rosea, che corriamo dei grossi pericoli, ma anche dobbiamo prenderne contezza per non diventare, come dice lui ,“amebe tele- guidate”.

Con questi saggi apprendiamo che qualcuno usa alle nostre spalle tecniche raffinatissime.

Attenzione, alle nostre spalle, ma a nostra insaputa ,solo se scegliamo per conformismo o pigrizia di

farci tele-guidare.

Guerra ibrida, guerra psicologica, guerra mentale, guerra cognitiva, controllo della mente delle masse approfittando della inconsapevolezza dei sentimenti, manipolazione.

Per arrivare dove?

Pietrobon usa addirittura il terribile termine tecnico di “reframing”, cioè “riprogrammazione” del nostro cervello per farci accettare anche cose che prima giudicavamo ripugnanti.

Come? Usando anche le medesime tecniche della pubblicità commerciale :

-confezionamento di contenuti accattivanti

o tecniche tipiche della guerra psicologica

- demonizzazione del nemico

-distruzione della reputazione del nemico

-uso di un linguaggio emotivo di forte impatto

-”astroturfing” far sembrare spontaneo un consenso mascherando gli sponsor facendo credere che siano idee nate dal basso usando sondaggi di opinione fasulli ma verosimili.

Non mi inoltro oltre ,ho fatto solo qualche accenno per far capire che Pietrobon non parla in generale ma fa analisi dettagliate.

Come dettagliata è la descrizione della potentissima macchina della propaganda psicologica ,che Pietrobon delinea con numeri semplicemente sconvolgenti tipo 150 agenzie di pubbliche relazioni ,strateghi,lobbisti,consiglieri Cia e Nato ,intelligence ,tutte agenzie che messe insieme e coordinate, come sono, contano su un numero enorme come 250.000 lavoratori, tutti ovviamente di molto elevata qualifica e specializzazione.

I risultati però sono storici, Pietrobon li sintetizza così “fare gli Ucraini”, e per essere più chiari aggiungo in pochissimo tempo.

Libro più che consigliato.





martedì 21 marzo 2023

Marco Travaglio La tragedia dell’Ucraina. La farsa dell’Italia. Scemi di guerra Un paese pacifista preso in ostaggio dai NoPax Ed Paper First – recensione

 




Le capacità dialettico-retoriche di Marco Travaglio sono veramente sorprendenti, penso che questo siano disposti a riconoscerlo anche i suoi (molti) avversari.

Questo libro fin dalla scelta, più che esplicita, della copertina da cartoonist satirico è nello stile di Travaglio, ma proprio questo costituisce un unicum perché situa il suo lavoro fra la neutralità documentazione storica, e la violenza del pamplet-libello, talmente la scelta del contenuto e il relativo commento è altamente polemico e satirico.

Già è indicativa la formidabile citazione tratta da Antonello Ciccozzi, docente di Antropologia culturale all’Università dell’Aquila ,posta dopo la dedica significativa ad Andrea Rocchelli ,il foto-reporter ucciso da un colpo di mortaio ucraino : “In Ucraina, alla rappresentazione dualistica invasi-invasori, dovremmo aggiungere un terzo elemento: gli invasati” .

Certo non vedo come si sarebbe potuto trovare un modo più efficace e più elegante per riassumere in due righe il senso di questo libro.

Gli invasati.

La guerra in Ucraina sembra aver drogato gli operatori dei nostri media fino a farli proprio sembrare degli “invasati”.

A volte proprio siamo vicini al delirio.

E il bello o il tragico è che questi giornalisti, commentatori, tutti con l’elmetto in testa, tutti, che siano di destra o di sinistra, a ripetere per più di un anno lo stesso mantra mainstream ,obbligatoriamente filo-atlantico, “per difendere i nostri valori (liberal-democratici)”.

Se pensano di difendere così la democrazia, mi chiedo quale ulteriore esercizio di conformismo e di non uso del pensiero critico riuscirebbero a fare costoro in un regime autoritario.

Tutti che ripetono fino all’assurdo la giaculatoria : Putin è l’attaccante, gli Ucraini sono gli invasi e quindi dobbiamo aiutare gli Ucraini con tutti i mezzi, wathever it takes.

Pensarla diversamente o anche soltanto con delle sfumature diverse non è consentito.

Questo è il pensiero di Travaglio, anche brillantemente esposto.

Col quale, è inutile dirlo, è possibile concordare o pensarla in qualsiasi altro modo.

Ma non è possibile non prendere nella dovuta considerazione la inconfutabile documentazione ,che lo stesso Travaglio snocciola per 460 pagine.

Dichiarazioni. Articoli di giornali eccetera.

Purtroppo per i nostri politici e commentatori vale la massima : Scripta manent!

Questi oggi dicono bianco e domani dicono nero senza il minimo pudore.

E Travaglio glielo sbatte in faccia.

E’ un artificio dialettico di grande impatto.

Lo stile di questo, come di altri libri di Travaglio, mi fa venire in mente un analogo strumento ormai lontano nel tempo, ma che era molto temuto negli anni delle accesissime lotte politiche fra Peppone e Don Camillo, cioè Democrazia Cristiana contro Partito Comunista, quando in occasione delle campagne elettorali, la Dc preparava per fornire spunti di documenta ai suoi oratori nei comizi “il Carro di Tespi”, un volumetto che raccoglieva le dichiarazioni avventate, imbarazzanti o del tutto contradditorie dei politici avversari.

Questo di Travaglio è un formidabile strumento di documentazione, che sarà estremamente apprezzato dagli storici di domani.

Certo che per il lettore di oggi …...è un po’ pesantino, diciamolo pure.

A volte in certe recensioni si dice : questo libro è talmente avvincente che appena cominciato a leggerlo sono stato costretto ad andare avanti fino alla fine senza interruzione.

Ecco non è il caso di questo libro.

Ciò non ostante io l’ho letto con piacere.

Confesso però che data la mole e il contenuto del libro ho fatto ricorso alle tecniche di lettura veloce.

Consiglio quindi di procurarselo per chi vuole documentarsi ma anche per chi vuole magari solo divertirsi a sbeffeggiare politici e commentatori, che vanno continuamente e testardamente a cercarsele.






domenica 19 marzo 2023

Sophia Kalantzakos : Terre rare La Cina e la geopolitica dei minerali strategici – Bocconi Editore – recensione




Ci sono libri scritti da accademici su argomenti nettamente di nicchia, che per questa ragione si può essere portati a ritenere poco attraenti, ma che, se si ha la pazienza di affrontarli, si rivelano di enorme interesse.

Questo è senz’altro uno di quelli.

Anche se la materia della quale si parla sembra fatta apposta per irritare il lettore.

Già dovere andare con la memoria ai ricordi scolastici sulla Tavola periodica egli elementi è un colpo basso, se poi veniamo a sapere che stiamo parlando di sostanze scoperte relativamente di recente contrassegnate da un nome completamente esoterico rischiamo il KO.

Ma tutto cambia se si viene ammessi a sapere, che senza di quelle sostanze non si può fare un magnete funzionante ,e cioè un qualunque motore elettrico.

Non si può fare una qualunque batteria da telefonino ,da automobile eccetera.

Per fare i pannelli fotovoltaici ,idem come sopra.

Ciliegina sulla torta, le terre rare sono indispensabili anche per fare i microchip.

In altre parole il nostro mondo moderno non esisterebbe senza quei minerali il cui nome non ci dice assolutamente nulla e se cerchiamo di ricordarcelo possiamo essere sicuri di non riuscirci oltre al giorno dopo.

Va bene, allora, uno può pensare, se sono così importanti che problema è, adesso che conosciamo le loro enormi funzionalità, andiamo a cercare delle miniere con i filoni di Lantanio; Cerio; Praseodinio; Neidimio; Promezio; Samario; Europio; Gadolinio; Terbio; Disprosio; Olmio; Erbio; Tulio; Itterbio; Lutezio.

Errore ! Perché questi minerali ,veniamo a sapere leggendoci questo libro ,non si trovano in filoni come i più familiari ferro, rame, oro eccetera, ma solo mescolati in piccole quantità con altra materia.

E quindi l’estrazione rappresenta solo una piccola fase del procedimento per poterci mettere su le mani, perché poi serve seguire una complessa procedura per isolarli, fra l’altro con grande dispendio di acqua e conseguenze non sempre buone per l’ambiente.

A volte va anche peggio ,perché spesso si trovano mescolate con il torio radioattivo, che non si può buttare in una discarica.

Ecco spiegata allora la denominazione di terre rare.

In assoluto non sono affatto rare, nel senso che si trovano un po’ dappertutto, ma in quantità minime.

Qui nasce un problema gigantesco, perché in quantità significative non si trovano affatto dappertutto, ma sono concentrate in pochissime regioni del mondo, ma per dirla tutta, praticamente si trovano in un solo paese ,che ragionando come ragioniamo noi occidentali ,non va bene affatto.

Evidentemente la natura non distribuisce i minerali seguendo la regola del politicamente corretto, dato che queste benedette terre rare si ostinano ad essere ed a rimanere rigidamente “comuniste”, trovandosi quasi tutte in Cina.

Se vi siete mai chiesto perché gli americani da anni si incaponiscono, in modo quasi paranoico, a dipingere la Cina come il nemico numero uno, penso che adesso lo avete capito.

Per chi detiene il potere negli Usa è inconcepibile che la natura giochi a fare geopolitica sconvolgendo la loro strategia di conservare l’eterna posizione di potenza egemone a livello mondiale, in modo unico.

La loro dottrina strategica infatti aborre la contrapposta visione di un mondo multilaterale.

Dopo aver letto questo libro, che documenta in modo inconfutabile, la questione delle terre rare si capiscono veramente tante cose.

Facciamola breve : quando gli Usa fanno le capriole per evitare che la Cina si mangi Taiwan è per difendere gli ideali di democrazia o in considerazione della sua posizione di produttore privilegiato di chip microelettronico ?

Più d’uno si sarà fatto questa domanda,immagino.

Ora poi che sappiamo che, non solo la Cina detiene i più grandi giacimenti di terre rare del mondo, ma è il paese che ha sviluppato la più efficiente tecnologia metallurgica per lavorarle, forse il dubbio che alla base della quasi paranoia americana nel descrivere al resto del mondo la medesima Cina, come il più grande pericolo sicuritario, ha una base materiale e di geopolitica e cioè di pure considerazioni di potenza, molto più solida, delle considerazioni ideologico-etiche, sulla presunta lotta : democrazie contro autocrazie.

Ma leggiamocelo questo libro perché è illuminante, di lettura scorrevole e sopratutto è documentatissimo.



lunedì 13 marzo 2023

Luca Steinmann Il fronte russo La guerra in Ucraina raccontata dall’inviato fra i soldati di Putin – Editore Rizzoli- recensione

 





Luca Steinmann ,lasciatemelo dire, nel suo genere è un personaggio.

Quel misterioso soggetto, che già gli antichi chiamavano fortuna,la dea bendata per eccellenza , ha voluto che si trovasse nel posto giusto al momento giusto.

Ed ecco che quel giovane giornalista free lance, non solo si venne a trovarsi nel Donbass pochi giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina, ma anche che quegli avvenimenti, in rapido corso, sfociarono nella immediata chiusura delle frontiere, impedendogli materialmente di tornare in Italia, quand’anche l’avesse voluto, diventando così uno dei soli tre operatori dei media occidentali presenti su quel fronte.

Posizione fortunata e scomoda al medesimo tempo.

Fortunata è ovvio per la storica opportunità che gli veniva offerta.

Scomoda perché, come lui spiega più volte il questo libro, i Russi ,già per indole e per storia, sono portati a diffidare dei giornalisti in generale, figuriamoci poi di quelli occidentali in territorio di guerra da loro occupato.

Avevo detto sopra che l’autore è un personaggio.

Ma forse non è necessario che spieghi il perché ,almeno non a quella parte dei lettori, che avevano seguito gli speciali della 7 di Mentana , mandati in onda in diretta per seguire i primi mesi della guerra in Ucraina.

Quella vecchia volpe del giornalismo, che è Enrico Mentana, con quegli speciali era stato tanto abile da prendere veramente diversi piccioni con una fava, come si usa dire.

Non solo costringendo gli altri media a mandare inviati ,ma costringendoli ,per essere concorrenziali ,a fare uscire anche i loro, dagli alberghi per andare a stare sul posti più scomodi.

Non bastava a Mentana avere “rubato” alla corazzata della geopolitica italiana, che si chiama Limes, forse il suo più brillante dei suoi analisti, nella persona di Dario Fabbri.

Ma in quelle trasmissioni ha messo sul posto ,accanto a due, diciamo reporter tradizionali, una brillantissima Francesca Mannocchi e questo sconosciuto ragazzo, che è diventato un personaggio proprio perché non sapeva nascondere il fatto di essere alle prime armi, davanti a improvvisate telecamere, che a volte forse non andavano più in là di un telefonino, dove lo “studio” era ,quando andava bene, una spoglia camera ,palesemente dell’alberghetto che capitava, o un qualsiasi posto, riparato dal fuoco incrociato per riferire della situazione in diretta, cosa tutt’altro che semplice in quelle condizioni.

Intelligente, assolutamente intelligente la volontà di Mentana di superare il conformismo delle narrazioni “mainstream” dei nostri media, dando voce a un rarissimo se non unico cronista ,che ,come Steinmann, si collocava volutamente dalla parte russa del fronte e quindi nella scomodissima posizione di fare accettare la sua presenza ,anche dopo avere messo regolarmente in chiaro che non aveva nessuna intenzione di pagare pegno ,prendendo per buone le versioni dei fatti della propaganda russa.

In un anno di reportage, come ci narra nel libro, si è beccato ben due espulsioni ,riuscendo però per tutte e due le volte a ritornare a lavorare sempre su quel fronte, servendosi di rocamboleschi contatti coi personaggi più strani, coi quali era riuscito a stabilire un rapporto di fiducia.

Comunque la pensi il lettore sulla guerra, raccomando caldamente la lettura di questo libro ,perché non mi risulta ci sia un’altra fonte giornalistica ,che illustri la situazione e gli avvenimenti in questa particolare regione dell’Ucraina.

I media generalisti hanno fatto il loro mestiere, puntando l’obiettivo sui luoghi che di volta in volta vedevano gli avvenimenti più significativi della guerra.

Con questi spostamenti delle telecamere ,però, lo spettatore ha avuto l’impressione che i tempi della guerra fossero uguali per tutti ,o almeno che per tutti valesse il 24 febbraio 2022 ,come data di inizio della guerra.

Ma non è così, perché nel Donbass al 24 febbraio 2022 si combatteva già da ben 8 anni e otto anni di guerra lasciano il segno ,eccome.

Ecco questo è forse uno dei merito principali di questo libro.

Prima di tutto era necessario dare una visione non di parte e per quanto possibile obiettiva degli avvenimenti ,come li hanno vissuti le truppe russe.

Anche perché così facendo si è messa in evidenza il fatto, non sempre ben presente nelle nostre menti ,che quell’enorme paese, proprio a causa della sua estrema estensione territoriale è per natura multietnico.

Non è quindi senza importanza vedere la presenza in tempi e luoghi diversi del fronte, soldati provenienti dalla lontana Siberia, o dalle regioni Caucasiche, o i più noti Ceceni ,comandati dal diciamo così “pittoresco” Ramzan Kadyrov ,dalla lunga barba, oltre ai Russi veri e propri ,arrivati al fronte però ,pare accertato ,solo dopo la parziale mobilitazione, dopo che il piano di invasione russo si è infranto alle porte di Kiev.

Non meno importante è avere informazioni di prima mano sulle truppe mercenarie o se vogliamo fare i politicamente corretti ,sui “contractors” della Wagner ,comandati da quell’ancora più “pittoresco” personaggio che è Eugenij Prigoziy, noto come il “cuoco di Putin”, molto meno noto il fatto che i suoi miliziani si sono soprannominati “musicisti”, perché il vice di Prigozij è fanatico della musica classica e molti si sono portati dietro la ghitarra.

Come è del massimo interesse essere informati sulle reazioni delle popolazioni locali, già poco uniformi nel loro atteggiamento verso i vicini Russi prima della guerra, figuriamoci a guerra in corso.

Questa è forse la parte più interessante del libro, che presumo, affascinerà gli storici che studieranno in futuro questi avvenimenti.

Perchè ,come si affannano a ripetere i geopolitici, il vero protagonista delle guerre non sono le armi mirabolanti che mano a mano vengono inventate, e che colpiscono la nostra fantasia, ma non è altro che l’uomo.

L’uomo che nella sua psiche viene manipolato pesantemente dal martellare delle propagande contrapposte, ma che inevitabilmente viene plasmato dai demoni che popolano le guerre, generatori di odii sommamente irrazionali e difficili da superare se non nei tempi lunghi.

Steinmann ,dopo un anno nel quale fra l’altro ha dovuto costruire e mantenere un ben difficile equilibrio, per poter lavorare al fronte dalla parte ,al momento russa, ha acquisito l’abilità di pesare bene le parole.

Perché sapeva benissimo che tutto quello che diceva o scriveva veniva immediatamente registrato e pesato dai servizi di Putin, e quindi narra con invidiabile obiettività, ma non può permettersi di buttare là conclusioni, per non rischiare di non poter vedere più quel pezzo di carta, quell’accredito, che i Russi o le amministrazioni filo-russe di Donesk o di Luansk danno col contagocce o non danno affatto ai media occidentali.

Il lettore dovrà quindi usare la propria testa per trarle quelle conclusioni ,se pure provvisorie, per conto suo, servendosi dei fatti, la cui conoscenza ha acquisito leggendo il libro.

Ma questo a mio avviso è un altro e non ultimo merito di Steinmann.






lunedì 6 marzo 2023

Andrea Muratore Emanuel Pietrobon : La visione di Orban. Come Fidesz ha cambiato l’Ungheria - Edizioni goWare - recensione

 




Non è un caso che dopo aver recensito il libro di Pietrobon sulla guerra ibrida ho sentito la necessità di prendere in mano questo libro del medesimo autore sulla figura politica di Orban ,il leader dell’Ungheria ,ma prima ancora dell’internazionale conservatrice.

Perchè? Perchè quel precedente libro di Pietrobon è stata per me una pietra miliare interdisciplinare per capire una cosa che è talmente spiacevole da metabolizzare che il nostro ego ci spinge a rifiutarla energicamente in prima lettura.

Si tratta del fatto, ben noto alle neuroscienze ,per cui quello che pensiamo non è realmente il risultato della costruzione culturale ,che nel tempo abbiamo elaborato in piena libertà, ma in gran parte non è farina del nostro sacco, essendo una massa di pregiudizi ,che nel tempo gli strumenti di manipolazione del pensiero, manovrati da potenti forze esterne ,ci hanno indotto a pensare.

Un tempo queste forze erano costituite prevalentemente dalle chiese delle religioni strutturate,oggi molto indebolite ma non certo scomparse, e il potere politico totalitario, oggi, in parte , quelle forze esistono ancora, ma la parte del leone, la fanno le agenzie di intelligence ,della difesa e sicurezza, sopratutto di quelle potenze egemoni, che una volta chiamavamo imperi e che oggi ,sul piano della potenza ,ben poco è cambiato, come narra la geopolitica.

Quella geopolitica che ci fa aprire gli occhi sulla realtà dei rapporti internazionali, mettendoci in guardia dal percolo di berci come verità assoluta, quello che vorrebbe imporci il pensiero unico liberal-progressista, che nasconde il potere della potenza egemone del nostro Occidente.

La medesima geopolitca ,che cerca di farci prendere contezza del fatto che, comunque ognuno la pensi, ci sono fattori ,come quelli che in economia si definiscono “i fondamentali” ,assolutamente reali, materiali e misurabili come la geografia, la demografia, la storia dei popoli, le diverse culture e filosofie dei popoli stessi, che vanno studiati per capire perchè i loro leader perseguono diverse politiche.

Ad esempio, dopo la fine della guerra fredda, gli Usa e i suoi satelliti di fatto chiamati Occidente ,si sono illusi del fatto che il mondo fosse diventato unipolare,interpretando la caduta del comunismo come la vittoria definitiva del liberismo e hanno promosso una nuova era neoimperiale, nascosta sotto il progetto di esportare la democrazia ovunque, e a chiunque, volente o nolente, seguendo il pensiero ,elaborato da Francis Fukuyama in : “La fine della storia e l’ultimo uomo”.

Questa visione, non teneva in alcuna considerazione il fattore geopolitico ,che fa parte dei “fondamentali” , consistente nel fatto che il mondo non si esaurisce in quello che intendiamo per Occidente liberale ,ed anzi al contrario, il nostro Occidente conta per ⅓, mentre il resto del mondo, quasi tutto orientale, conta per ⅔ e la pensa molto diversamente da noi .

Questo “altro mondo” esprime la propria volontà di non desiderare affatto di essere “civilizzato”, acquisendo la nostra filosofia liberal-liberista, centrata sull’individuo, quando le millenarie civiltà alle quale fa riferimento la loro storia, sono fondate su filosofie che privilegiano la comunità sull’individuo.

Situazione che è stata delineata per esempio da Samuel Huntington in : “The clash of civilization and the remaking of the world order”.

In parole povere da una parte c’è la visione di un mondo unipolare a trazione Usa, dall’altra la visione di un mondo multipolare a trazione non solo Usa ma anche di Cina,Russia, India,Brasile ed altre potenze regionali, compresa l’Europa unita ,se esistesse.

In questo secondo schieramento si colloca l’Ungheria di Orban, che è stata demonizzata da una campagna mediatica impressionante, condotta dai democratici americani ,che in Orban hanno visto non tanto la piccola Ungheria, ma uno dei leader più efficaci dello schieramento strategico contrapposto al loro.

Ma davvero Orban sarebbe un clerico oscurantista che predica il ritorno al passato, come viene descritto?

Non sarebbe il caso invece,prima di parlare a volte anche a vanvera, prendendo per oro colato la narrazione, creata dalla Agenzie americane, studiarsi un momentino cosa realmente vuole, non Orban ,ma la grande maggioranza del popolo ungherese ,rivendicando sulla base della sua storia peculiare, quello che ritiene essere suo diritto avere?

Ecco questo è quello che si propone di fare il libro del quale parliamo e che consiglio caldamente di leggere per acquisire le nozioni che servono per giudicare.

Poi ovviamente ognuno può pensarla come crede, ma sulla base della conoscenza di fatti, non delle manipolazioni proventi dal solito egemone di turno.