domenica 9 dicembre 2018

Sembra incredibile ma i cugini francesi stanno facendo una mezza rivoluzione per copiarci il governo giallo verde






Proprio nel momento nel qual la nostra fiducia nel governo giallo verde Lega-Movimento 5Stelle è messa più a dura prova a causa delle idee confuse e della impreparazione della nuova classe politica, in Francia sorge dal nulla il movimento dei gillets jaunes che dopo qualche settimana di manifestazioni anche violente pubblica un programma che non solo sembra copiare pari-pari le idee dei nostri giallo- verdi, ma presenta le medesime idee con un a connotazione ancora più radicale.

Tanto per fare un esempio chiedono non solo l’uscita dall’Unione Europea, ma anche dalla Nato e il ritiro delle truppe francesi da ogni parte del mondo nel quale si trovassero.
Questa proposta sorpassa di molto a sinistra la linea giallo-verde e sembra invece aderire al pensiero dei movimentisti arcobaleno di quasi vent’anni fa degli Agnoletto, Zanotelli, Strada e centri sociali vari : pacifismo senza se e senza ma e sopratutto senza realismo e senza buon senso.
La Francia ha l’industria degli armamenti più forte d’Europa e questi cosa vogliono chiudere le fabbriche francesi a favore di Cinesi , Americani ,Russi?

Ma non lo sanno che se la Francia rimpatriasse la Legion dal Mali, dal Niger e dagli altri debolissimi regimi del Sael, questi cadrebbero come birilli e la Francia e l’Europa sarebbero invase da colonne di immigrati?
Immigrati che i gilets jaunes dichiarano candidamente in un altro punto programmatico di vedere meglio fermi al loro paese, visto che la Francia ha già dato abbastanza.
Ecco che siamo stati costretti a mettere in evidenza una contraddizione evidente, che dimostra superficialità, impreparazione, approssimazione eccetera, cose che noi conosciamo bene e che non ci aspettavamo che sarebbero state esportate così presto.
Il problema però è serio perché dimostra per l’ennesima volta che la globalizzazione e l’avanzata anche troppo veloce delle nuove tecnologie hanno sconbussolato la struttura e la stabilità delle nostre società, perché la politica non ha saputo gestire i passaggi
Il famoso ceto medio in questo nuovo movimento francese rappresentato curiosamente da cittadini in grande maggioranza di mezza età è talmente scontento che si è visto costretto a scende nelle strade.
Evidentemente perché non solo non si sente più rappresentato dai partiti tradizionali, destra e sinistra moderati, ma non giudica nemmeno più di essere rappresentata dal movimento en marche dell’attuale presidente Emmanuel Macron che è riuscito ad andare al potere per arrestare l’avanzata della destra radicale della Lepen, ma che ha dimostrato purtroppo di non avere un contatto con quello che avrebbe dovuto essere il suo popolo, cioè appunto il ceto medio.
Se Macron non si è nemmeno accorto che le piazze stavano per scoppiare,la situazione per lui è veramente seria.
D’altra parete, come e peggio dell’Italia il movimento di protesta che abbiamo visto all’opera in questi giorni è ben lungi dal saper dimostrare di essere pronto ad andare a governare.
Tanto per dirne una sulla capacità di fare i conti anche i più elementari è parecchio peggio dei nostri peggiori ministri giallo-verdi, si pensi che uno dei punti programmatici chiede di costruire 5 milioni di case popolari.
Facciamo finta di non conoscere il costo astronomico delle case a Parigi e ipotizziamo un costo medio di 150.000 € ad appartamento popolare da 75 metri quadri per 5 milioni verrebbero fuori 750 miliardi, per buttare là una tale idiozia è chiaro che non hanno nemmeno messo giù un conticino.
Alcuni punti riguardano problemi tipicamente francesi come la richiesta di togliere ogni ingerenza statale e ideologica dalle scuole.
Siamo però eccessivamente sul vago, anche riguardo alla sanità per la quale ci si limita a chiedere di verificare la situazione, come dire, non siamo soddisfatti, ma non sappiamo quale sia il problema
e questa confessione di non conoscenza non è bella per una forza politica nuova.
Abbastanza naif anche il limite per legge alla tassazione al 25%.
E siamo sempre lì.

Tagliamo le tasse e aumentiamo le spese, e i soldi li porta babbo natale?
Perchè naturalmente chiedono anche loro il loro reddito di cittadinanza (aumento di stipendi e pensioni minime).
Neanche un minimo sforzo di fare una proposta coerente nell’insieme,qui non c’è nemmeno l’idea di cosa sia un bilancio.
Aumento massiccio nelle assunzioni di funzionari (pubblici) nei servizi ferrovie, ospedali, scuole e poste, in un paese che ha già il record continentale di impiegati pubblici!
Quadruplicare il personale addetto alla giustizia e limite per legge alla durata dei processi.
Questi vogliono risolvere i problemi con la bacchetta magica.
Un altro articolo stabilisce lo stop immediato alle privatizzazioni dimostrando la presenza di una forte ideologia statalista, del resto parte integrante della tradizione colbertista della Francia.

Ma la ciliegina sulla torta che dimostra la totale incompetenza in economia e finanza è la richiesta di annullare il debito, che è sinonimo di dichiarare unilateralmente default, cioè fallimento, ma forse non lo sanno nemmeno.
E dove si vanno a prendere i soldi per fare tutto?
Naturalmente sconfiggendo l’evasione fiscale.
Il livello del documento scade nelle chiacchiere da bar sport quando si chiede il ritiro immediato degli autovelox e udite, udite il divieto non solo agli imballaggi di plastica, ma anche agli oggetti di plastica.
Siamo al grottesco.
Poi ce l’hanno con i giornali cattivi ed anche questo ci ricorda qualcosa.
Ma che ci ricorda ancora i più qualcosa di nostrano è la richiesta di democrazia diretta introducendo referendum popolari riscrivendo la costituzione.
E infatti Beppe Grillo ha detto di essersi commosso.

Insomma, per farla breve l’impressione che si ricava da questo documento è la sua similitudine come livello infantile e dilettantesco a quando la maestra delle elementari chiede alla classe : allora bambini oggi facciamo questo tema : scrivete cosa fareste voi se foste voi il sindaco di questo paese.
Povero Macron, con questi interlocutori è ben messo male, lui che è piuttosto arrogantino e distaccato dal popolo, si trova a parlare con dei marziani dei quali non conosce quasi nulla.
Consoliamoci e teniamoci i nostri giallo-verdi.
La Francia ci sta dimostrando che c’è di peggio.
Ma quel che è veramente peggio è il fatto incontestabile che si tratta di brava gente, perfettamente in buona fede e molto incazzata, che avrebbe diritto ad avere un interlocutore e un rappresentante politico.
Pensate che minestrone verrebbe o verrà fuori mettendo insieme il partito della Lepen e quello di Melanchon, destra e sinistra radicale insieme, visto che non c’è altro da scegliere per i gilets jounes.
Non si era ancora visto, ma a questo punto la cosa è perfino verosimile.


venerdì 7 dicembre 2018

Si avvicina il Natale ed il Corriere ha intervistato due delle non molte “teste d’uovo” che il Vaticano è in grado di schierare fra i suoi uomini di Curia. Il messaggio veicolato però appare parecchio deludente






Il primo degli intervistati in ordine di tempo è stato Gianfranco Ravasi, che la porpora ce l’ha da anni e la porta con disinvoltura ed evidente compiacimento, all’altro Vincenzo Paglia la medesima porpora la fanno ancora aspettare a causa delle intricate alchimie di potere vaticane , ma per rango e livello intellettuale è come se già l’avesse.
Il primo è titolare di un dicastero di Curia anzi di due come Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra , il secondo non è da meno come Presidente dellaPontificia accademia per la vita e Gran cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II , ma è universalmente noto come co-fondatore della Comunità di Sant’Egidio con Andrea Riccardi.

Comunque al di là delle altisonanti attribuzioni in uso presso l’ultima monarchia assoluta rimasta sulla terra, i due intervistati brillano di luce propria per la loro non comune intelligenza ed è questa la ragione per la quale ho trovato di particolare interesse leggere cosa avessero da dire.
Di Ravasi su questo blog se ne era parlato già nel post del lontano 24 ottobre 2010, proprio quando Papa Woytila lo aveva gratificato col berretto cardinalizio e si era dato atto delle sue singolari doti intellettuali, che proprio perché fuori dal normale avevano rischiato di perderlo ai fini della carriera e del potere, quando i suoi studi biblici effettuati esercitando il senso critico lo stavano spingendo a scrivere cose troppo in contrasto con la dogmatica cattolica misurata sul metro del Sant’Uffizio.

Il brillante teologo biblico a un certo momento , si diceva in quel post, messo alle strette aveva fatto la sua scelta a favore di un più stretto controllo delle sue esternazioni per renderle compatibili con la carriera alla quale evidentemente non voleva rinunciare.
Scelta personale che aveva tutto il diritto di fare, anche se rinunciare di fatto alla piena libertà di ricerca per un intellettuale è un problema serio.
Sarà anche sulla base di queste considerazioni che non ho potuto non rilevare che nel corso dell’intervista della quale stiamo parlando tutta costruita su una esposizione che brilla veramente ben poco per originalità,è rintracciabile però anche un breve ma significativo guizzo del diavoletto che un intellettuale di razza può incatenare, ma non del tutto.
Purtroppo, come si accennava, l’insieme del discorso che viene fuori non è diversa dall’omelia che potrebbe fare un qualunque buon parroco di campagna.
Il discorso fatto da Ravasi è questo : oggi prevale l’indifferenza in materia religiosa e la religione stessa diventa irrilevante per la gran massa degli uomini contemporanei.
La gente più che professare un ateismo determinato, si adagia in una indifferenza soft e come diceva a suo tempo papa Ratzinger vive tranquillamente “come se dio non fosse”.
Fin qui nulla da osservare, il fenomeno del quale parla Ravasi è quello della secolarizzazione descritto e analizzato nell’ambito del pensiero e della teologia cattolica già ai tempi dell’ormai lontano Concilio Vaticano II degli anni ‘60.
Poi però Ravasi prende una scivolata non degna del suo livello intellettuale quando fa l’equazione :
rifiuto o indifferenza alla fede cattolica = caduta del sistema etico.
Diavolo, una banale affermazione del genere, intellettualmente parlando, è al limite della volgarità, la lasci se vogliamo ai meno colti parroci di campagna, ma non ci cada lui, proprio perché si tratta di un affermazione del tutto insostenibile sia a livello di pensiero, essendo in totale contrasto con la filosofia classica e con tutto l’umanesimo, e poi con la prassi che chiunque può constatare.
Non voglio cadere nella volgarità anch’io ma se ci poniamo su questo piano come non chiedere all’eminenza come possa ritenere ancora autorevole, credibile e fonte di moralità quella stessa chiesa istituzionale scossa da scandali sessuali e finanziari in ogni angolo del mondo?
Il rettore del dicastero della cultura vaticana non sa fare di meglio che insultare in questo modo il mondo laico, che sta fuori dalle mura leonine, oltre che la sua intelligenza?
L’argomentazione che segue nel corso dell’intervista di Ravasi non risulta più convincente quando sostiene che la chiesa non ha alcuna intenzione di fare sì che tutte le piazze diventino Piazza San Pietro e quindi è a favore della secolarità in questo senso.
Si vede che solo nominare il termine laicità ,in modo che la gente possa capire di cosa si sta parlando, nel Vaticano del presunto papato progressista Francesco è assolutamente proibito.
Peccato però che l’affermazione di Ravasi appena precedente secondo la quale “extra ecclesa nulla moralis” vada esattamente nel senso opposto.
Poi l’intervistatore, che è il vaticanista di lungo corso Gian Guido Vecchi, chiede come pensa l’eminenza che la chiesa debba affrontare la crisi in atto.
La risposta è : ci sono due strade percorribili, la prima è quella praticata da molte chiese protestanti ed quella di concedere tutto al “soggettivismo”, strada che l’eminenza esclude, la secondo alla quale è invece favorevole è “conservare il nucleo”.

Strana la irritante banalità delle argomentazioni ,protratte per quasi due terzi dell’intervista con relativi scivoloni ,per arrivare a quella che è un’autentica deflagrazione, come una deflagrazione era stata nella storia della chiesa l’analoga richiesta di un tale frate Francesco di tornare al Vangelo nudo “sine glossa”.
Se fosse presa sul serio una tale affermazione potrebbe avere conseguenze incalcolabili sulla struttura se non addirittura sull’esistenza stessa di una chiesa istituzionalizzata.

L’eminenza lancia il sasso, che si è detto è pesantissimo, ma ritiene poi di non andare oltre.
Anzi per la verità in qualche modo fa intravvedere l’oltre e questo mi sembra sia “il diavoletto dell’intellettuale” che non si lascia incatenare del quale si era accennato all’inizio e consiste in questa affermazione inaudita e forse impronunciabile per un porporato di quel rango : riproporre il nucleo come fece san Paolo nell’Areopago “pur sapendo che è possibile anche il fallimento”.
Questa è un’affermazione indicibile nel campo della teologia cattolica, perché questa è il senso stesso della laicità, che consiste in un’affermazione di fede nel senso di credenza solo se passata al vaglio della ragione.
La laicità è in contrasto insanabile con qualsiasi fede ,perchè questa rifiuta per definizione di sottomettersi al vaglio della ragione in quanto fondata su assunzioni che si autoproclamano verità rivelata, data una volta per tutte.
La laicità è invece per definizione relativista e non da mai niente per scontato e per assoluto.
E allora, bravo, bravissimo Ravasi che sa dire l’indicibile adombrando la possibilità di un relativismo?
No, proprio no, perché lanciare un sasso di quella portata e poi non dire più nulla non è onesto né umanamente, né intellettualmente.
Per la semplice ragione che i lettori del Corriere, come l’italiano medio hanno probabilmente un livello di cultura in materia di teologia cattolica e di storia della chiesa da non permettere loro di afferrare nemmeno in modo grossolano le implicazioni teoriche e pratiche di un termine apparentemente esoterico come “Vangelo sine glossa”, e quindi lanciare il sasso e lasciarlo affondare senza spiegarsi per il popolo,non è onesto, tanto valeva lasciare perdere e andare avanti col discorso del parroco di campagna, modesto, arretrato, ma onesto.
Nascondersi dietro al latinorum di Don Abbondio è una tattica trita e veramente di basso profilo.
Capisco che scegliere la porpora è umanamente più appagante che fare la vita, tanto per fare un esempio di un teologo come Vito Mancuso ,che per dire quello che la libertà di ricerca gli portava a dire si è messo nelle condizioni di dover rinunciare non sono all’eventualità di una carriera verso la porpora, ma perfino alla tonaca.
Non è onesto non spiegare alla gente che “Vangelo sine glossa” significa inconfutabilmente dire tra l’altro eccelsia sine porpore, per farla breve, ricorrendo un latinorum da strapazzo.
Capisco che avere il coraggio di dire questo per chi la porpora l’ha eccettata e la veste con tutti gli agi annessi e connessi possa essere duro e complicato, ma tant’è .
Questa situazione nella quale si trova un personaggio vistoso come Ravasi è la dimostrazione che non si può fare contemporaneamente l’intellettuale e il burocrate ,se pure di alto o altissimo livello, o l’uno o l’altro.
Evidentemente uno come Ravasi tende a cedere a quell’arroganza intellettuale che gli fa pensare di pter tenersi la porpora e contemporaneamente permettersi di prendersi la soddisfazione intellettuale di esternare certi pensieri da diavoletto irrefrenabile, approfittando del fatto di essere come prefetto della congregazione della cultura contemporaneamente controllore e controllato.
Ma non è onesto, “not fair at all” per lui che si dice parli dieci lingue.

L’altro cospicuo personaggio vaticano che è stato intervistato dal Corriere in questi giorni, questa volta avendo come interlocutore Aldo Cazzullo, firma principe di quel giornale, è l’Arcivescovo Vincenzo Paglia che ha osato coraggiosamente cimentarsi con l’argomento difficilissimo della morte.
Difficilissimo perché paradossalmente la ragione per la quale la stragrande maggioranza della gente che ancora si rivolge alla fede cattolica lo fa per cercare la risposta di quella fede proprio all’assurdità razionale della morte, ma incredibilmente la chiesa in due millenni di storia non ha saputo elaborare risposte di un qualche senso a questa domanda così basilare.
Prova dell’affidarsi ancora alla chiesa per dare un senso alla morte è che fra i “riti di passaggio”, quello che resiste più degli altri è il funerale religioso.
Mons. Paglia in quell’intervista comincia con un’affermazione di senso comune, fatta proprio dalla teologia cattolica, ma non certo in esclusiva, essendo ben presente nel pensiero filosofico :il bisogno di un oltre che superi l’oltraggio irrazionale della morte è insito nel profondo dell’uomo, perché dice Paglia, sarebbe un enorme spreco se tutti gli affetti accumulati nella vita finissero nel nulla.
Poi riconosce che quando i cristiani affrontano il problema lo fanno usando un gergo clericale scontato e superficiale che non dice più niente a nessuno.

E questo è un onesto riconoscimento di quanto si diceva sopra e cioè che la chiesa non ha saputo elaborare alcuna risposta appena appena convincente.
Successivamente però si lascia andare a una argomentazione più che discutibile dicendo che il cattolicesimo non riconosce la reincarnazione , ma piuttosto la resurrezione dei corpi e su questo fonda la sua risposta di senso al fenomeno della morte.
Santo cielo, ma possibile che un uomo che conosce non solo il mondo patinato dell’accademia come Ravasi, ma che ha conosciuto e bene il mondo dei diseredati e dell’uomo comune non veda che questo concetto tradizionale della “resurrezione della carne” fa parte integrante di quello che lui stesso aveva chiamato prima “gergo clericale” che non convince più nessuno?
Se Paglia cade su un argomento come questo lascia intravedere una cultura scientifica mai praticata seriamente, ed è un peccato, dato che una parte non trascurabile della teologia cattolica ha da tempo proposto di archiviare questo dogma tradizionale per assoluta incompatibilità col pensiero scientifico moderno.
Da Giordano Bruno a Teillard de Chardin a Mancuso si è sviluppata una riflessione nei secoli che riesce ad essere in sintonia con i dati più recenti della ricerca scientifica proprio ipotizzando l’archiviazione definitiva del dogma della resurrezione della carne ed allora perché impantanarsi su un concetto così insostenibile?
Purtroppo per Paglia la difesa a oltranza dell’idea della resurrezione della carne è ripetuta più volte anche quando dice che il cristianesimo va oltre l’idea della sopravvivenza platonica dell’anima spirituale.
Riconosce che l’idea della resurrezione è difficile anche solo concepirla, ma allora per quale ragione ritiene di insisterci?

La soluzione per salvare capra e cavoli, volgarmente parlando, come tra l’altro hanno fatto da secoli i teologi ci sarebbe e lui stesso ne da un esempio quando dice che la Madonna “si tramanda” che si addormentò e il suo corpo fu portato in cielo.
Si tramanda vuole dire che si parla di una leggenda o se si vuole di una metafora.
Un’icona per farci sopra una meditazione, una riflessione spirituale volendo anche intellettuale e filosofica.
Ma senza affermare come verità storica che Maometto è salito in cielo dal terreno della spianata delle moschee a Gerusalemme col suo cavallo Buraq.
Questa del riconoscimento della narrazione metaforica, mi sembra l’unico modo sensato di parlare di resurrezione dei corpi.
Peccato che un uomo del livello di Mons.Paglia abbia scelto la solennità del Natale per pubblicare un libro sulla morte ,cosa che ha dato il pretesto per l’intervista in parola, se ,in poche parole, non aveva niente di appena appena originale da dire.
Vista la ben scarsa efficacia degli interventi “sui sacri misteri” evocati dal Natale, di due figure di grande spicco dei vertici vaticani, mi convinco sempre di più che non esista un futuro per la chiesa cattolica se qualcuno non sarà capace di attaccarsi veramente al messaggio di un Vangelo sine glossa, o se si vuole sul pensiero originario di Gesù risultante da quella riflessione teologica denominata “Quest” per trovare il coraggio non solo di proclamare il messaggio ma anche di cominciare a dire alla gente la verità conseguente sulla storia della chiesa e sulla sua struttura attuale.
Che questa rivoluzione possa avvenire dall’interno della chiesa istituzionale o peggio all’interno dalla sua gerarchia e cioè da parte del papa o di un concilio ecumenico mi sembra altamente inverosimile e improbabile.
Mi sembra invece più probabile che se questo avverrà, avverrà dall’esterno delle istituzioni.
Perchè che nasca un altro San Francesco è improbabile, che poi nasca un altro San Francesco ,che questa volta però non si lasci “fregare” dalla Curia, facendosi imporre una regola che ne sconvolga l’ispirazione, come purtroppo ha lasciato fare il Francesco storico è ancora più improbabile.
Anche se le cose improbabili possono benissimo accadere, come dimostra la statistica e il calcolo delle probabilità.
Le anime pie fantasticando chiamano queste cose miracoli, gli scienziati tenendo i piedi per terra le chiamano possibilità di un evento casuale di frequenza molto bassa, ma esistono in natura.
Coltivare “spes contra spem” diceva il visionario Giorgio LaPira.



mercoledì 28 novembre 2018

Al governo giallo-verde ormai non ci crede più nessuno se non i disperati






Che purtroppo ci sono.
E infatti il più recente report dell’Istituto Toniolo, che monitora la situazione giovanile con rigore scientifico, ha rilevato che l’unico settore di quel mondo che ancora non ha intaccato la sua fiducia in questo governo è quello dei neet ("not engaged in education, employment or training" , in Italia un giovane su quattro).

Ma al di là dei disperati questo governo appare sempre di più come una coalizione di quello che il Senatore Bossi dei suoi bei tempi definiva in modo colorito “caciaballe”.
Bravi a fare promesse, annunci quotidiani con selfy e filmini su Facebook e su Twitter, ma poi in Gazzetta Ufficiale non arriva pressochè nulla.
E le figuracce invece diventano invece sempre più frequenti dalla bufala mega-galattica di Toninelli sul presunto eccessivo traffico dei tir nella galleria ferroviaria del Brennero, alla caduta di immagine del duro e puro figlio del popolo meridionale Giggino Di Maio col padre imprenditore edile, citato da ex dipendenti per aver dato lavoro in nero a loro dire.
Sull’altra sponda dei giallo- verdi, proprio di ieri è la notizia di una incriminazione per “eccesso colposo di legittima difesa” ,dopo che Salvini aveva investito tutto il suo prestigio sul presunto ristabilimento della “sicurezza”, compreso ovviamente il superamento proprio dell’ eccesso di legittima difesa, finora dato per presunto dall’autorità giudiziaria, perché la legge in materia è formulata in tal senso.
E si tratta di un caso esemplare se è vero che il gommista che ha sparato era la vittima del suo trentottesimo furto.
Quindi finiamola lì, la legittima difesa o c’è o non c’è, checchè ne pensi l’aulico Zagrebelsky e compagni sinistrorsi al caviale, vissuti in Corte Costituzionale e dintorni si dice con stipendiucci dell’ordine dei 400.000 €, adusi a venirci a fare la morale.

Mi spiace che “finisca a schifio” questo sedicente “governo del cambiamento” anche perché sono fra coloro che ci avevano creduto, ma tantè.
Non sarà il mite Pierre Moscovici,Commissario europeo alla partita a far fuori questo governo, saranno i mercati o più precisamente i risparmiatori italiani, che hanno già cominciato a rifiutarsi di sottoscrivere le nuove emissioni di BTP.

I consumatori e gli investitori fra essi,votano orientando i loro comportamenti dicono i sociologi e questo tipo di voto è forse ancora più efficace di quello nella cabina elettorale.
La gente sempre più irritata dall’avanti e indietro di questi giovani e inesperti governanti,incerti praticamente su tutto, ha sempre meno fiducia e tende a ridurre i consumi e con questa mossa il governo è “fregato” di qualsiasi colore esso sia.

A questo punto il povero Giggino non sa che pesci pigliare, ma il ben più navigato Salvini sa benissimo cosa vuole e vuole le elezioni quanto prima per fare un governo proprio, dato che i sondaggi più recenti gli danno oltre il 36% dei voti, più del doppio di quanto aveva preso alle ultime politiche.
Solo che non può decidere lui lo scioglimento delle camere, che è una prerogativa del Capo dello Stato e quindi deve lasciare maturare la cosa approfittandone per portare sempre più acqua al proprio mulino, acqua che gli proviene da Forza Italia, Fratelli d’Italia, ma anche e sempre di più dagli stessi 5Stelle.
Se ci sarà il tempo per convincersene anche il Presidente Mattarella realizzerà che il sistema politico italiano è inesorabilmente cambiato in modo radicale e che indietro non si tornerà più.
Per Forza Italia e per il PD è ancora inesorabilmente finita.

Di conseguenza è più che verosimile che a breve si ristabilisca la classica dialettica destra-sinistra su basi radicalmente nuove proprio con riferimento alla nuove forze politiche che sono il Movimento 5Stelle e la Lega di Salvini.
Oramai gli elettorati già si stanno orientando e strutturando con questi nuovi riferimenti.
Per la Lega di Salvini il più è probabilmente già fatto.
E’ evidente che il suo insediamento territoriale su tutto il territorio nazionale è già in gran parte compiuto e che i classici riferimenti della destra sono rappresentati in modo nettamente più credibile ed efficace da Salvini che non dai vecchi comprimari berlusconiani ed ex fascisti.
Un po' più difficile ma relativamente mi sembra il compito dei 5Stelle di rappresentare l’area di sinistra.
Finita in tutto il mondo dissolvendosi nel nulla l’esperienza social -democratica tradizionale, le istanze classiche “di sinistra” oggi si appuntano in particolare nell’ambientalismo e nell’allargamento dei diritti civili, oltre che in una maggiore sensibilità sociale a favore delle fasce di popolazione più disagiate.
E su questi piani mi sembra che il Movimnto 5Stelle sia avviato ad essere percepito come il portatore di queste istanze, depurandosi anche con l’esperienza di governo dai mantra utopici ed a volte semplicemente stupidi dei duri e puri dei primi anni di quel movimento.
Ai vecchi gattopardi ed agli inguaribili “fighetti” del PD non vedo cosa possa rimanere, la gente ne ha piene le scatole della sinistra al caviale, ha fatto il suo tempo e basta.
Il futuro è ormai abbastanza chiaro che si orienterà su queste linee.
Il difficile è come in Borsa il “timing”, vendere e comprare al momento giusto e quindi nel caso specifico fare la crisi al momento giusto.
Sarebbero guai se Salvini mandasse avventatamente tutto a carte e quarantotto senza prima essersi coperte le spalle con il Quirinale.
Come sarebbero guai se il Movimento 5Stelle si avvitasse in una lotta fra fazioni senza né capo né coda.
Temo però che la strada sia segnata, questo governo ha deluso la fiducia dei mercati e sono loro che comandano, del resto anche questa è democrazia, perché i mercati siamo noi.


mercoledì 31 ottobre 2018

La gamba più debole del governo giallo -verde comincia a scricchiolare pericolosamente





Che Luigi Di Maio avesse dei grossi limiti lo si era intuito da subito, ma ora che la prova diventa sempre più impegnativa, la sua palese impreparazione si sta sommando a una altrettanto palese incapacità di leadership.

Non voglio fare il corvaccio, ma da un po’ di tempo il movimento 5Stelle mi richiama tanto il PD, dove ognuno va testardamente per la sua strada e i vecchi leader sono più un peso che spinge al naufragio, che una opportunità per il partito.
Grillo sta esaurendo la sua spinta propulsiva, ma sopratutto sta esaurendo le idee buone.
L’altro guru Casaleggio è bloccato nella sua narcisistica contemplazione del software Rousseau da lui creato e da lì non è capace di uscire per vedere il resto del mondo, illudendosi di essere della stessa stoffa degli Steve Jobs.

Ministri e sottosegretari 5Stelle non mi pare che ce ne sia uno che brilli, ma il peggio è che ce ne sono parecchi che imbarazzano per la loro incapacità e inadeguatezza, Toninelli in testa.
Per carità sarà stato anche sfortunato a trovarsi a gestire, appena insediato, la mega grana del crollo del ponte Morandi di Genova, con la conseguente inevitabile di mettere in discussione il contratto in atto con Autostrade dei Benetton, che non è cosa da poco e che è una delle peggiori porcate praticate dai governi precedenti, ma riuscire a fare peggio di quello che ha fatto lui non so se sia possibile.
Non parliamo della possente barba di Fico, quarta carica dello stato, che ritiene che il suo ruolo consista nel complottare quotidianamente contro il governo del suo partito, senza avere la minima pazienza di aspettare il suo turno e senza accontentarsi della vistosa poltrona sulla quale è seduto.
Lasciamo perdere il Cè Guevara di quart’ordine cioè il folkloristico DiBa che ha scelto di fare la fronda a DiMaio dal lontano Guatemala, chi lo sa perché.

Ma che prima o poi farà traballare l’ancora più che numeroso elettorato del Movimento è proprio la linea d’insieme che ne esce e che esprime solamente estrema confusione di idee e poca o nulla trasparenza e sincerità nei confronti appunto degli elettori.
In parole povere, non è leale prendere per i fondelli i fedeli elettori o peggio i militanti sul tema delle grandi opere, ripetendo che non si faranno proprio, quando ci si è già accordati con il partner di governo per farle.
Si comportano in modo indecentemente infantile.
Se bloccare Tav,Tap, Mose, gronda a Genova e così via erano cavolate da sempre, pur essendo i cavalli di battaglia del Movimento alle sue origini, ebbene, che si spieghi alla gente cosa è cambiato per far girare il giudizio di 360 gradi, le ragioni tecniche statistiche ed economiche ci sono, ma se si tacciono, per paura di essere linciati, allora si perde veramente la faccia e si pone fine all’illusione del “governo del cambiamento”.

Poi ci sono argomenti ancora più di sostanza che riguardano proprio la filosofia complessiva della così detta manovra, perché questa mette in luce la politica economica del governo.
Ebbene, il governo del cambiamento si definiva tale in virtù della volontà programmatica di passare da una politica di austerità a una politica di sviluppo.
E’ qui che casca l’asino, perché politica di sviluppo vuol dire solo ed esclusivamente aumentare in modo consistente gli investimenti pubblici e privati in infrastrutture a breve, nell’immediato e istruzione e ricerca a medio termine.

La manovra del governo giallo verde invece è tutta orientata su un aumento dell’assistenza ai meno abbienti, encomiabile in pura teoria, ma dal punto di vista dell’analisi economico, assolutamente incapace di generare sviluppo, non stiamo a tirare on ballo le teorie economiche e i moltiplicatori, accontentiamoci del fatto che praticamente tutti gli esperti concordano su questo asserto.

Sempre a giudizio unanime degli esperti nella manovra di investimenti non c’è traccia, né pochi né tanti.
I 5Stelle si giocano tutto sul “reddito di cittadinanza”.
In soldoni 870 € erogati al mese per i meno abbienti individuati tramite indicatore ISEE.
Si rigiocano ancora tutto nella tetragona volontà di riformare la Fornero allargando le maglie dei pensionamenti con la così detta quota 100.
Tutti e due i provvedimenti hanno un costo elevato al quale far fronte da subito appena entreranno in vigore le nuove norme e infatti è qui che è cominciato un balletto tragicomico che porterà a una forte restrizione nell’erogazione del reddito di cittadinanza per limitare la spesa, limitando pero in modo drastico anche la portata del provvedimento.
Hanno fatto promesse elettorali mirabolanti, senza sforzarsi di fare i conti dei costi e delle coperture dimostrando di non essere adeguati a governare il paese.
Lo hanno fatto a suo tempo anche i renziani, ma erano stati più abili a non far trasparire subito la loro incompetenza.
Toccare la Fornero poi è un vera boiata.
La Fornero è l’unica vera riforma di struttura che hanno fatto i governi più recenti.
E’ stato un provvedimento duro, ma che ha garantito l’equilibrio del sistema previdenziale italiano, che non è una cosa da poco.
La Prof.Fornero è ritenuta una delle maggiori esperte del settore ed infatti la sua legge ha avuto grande efficacia.
Disgraziatamente per lei e per quei lavoratori che si sono trovati “esodati” i tecnici del ministero e quelli dell’Inps non si sono dimostrati all’altezza di una riforma tanto radicale e non hanno saputo prevedere che la riforma avrebbe avuto tante vittime per “fuoco amico”, appunto gli esodati ritrovatisi in pensione senza pensione.
Si è rimediato a poco a poco ma seminando casi umani e trattamenti indegni verso cittadini che si sarebbero aspettati ben altro dal proprio paese, ma il sistema è stato messo in equilibrio, evidentemente perché prima non lo era, cioè non c’era la sicurezza che lo stato potesse andare avanti a garantire il pagamento delle pensioni ai pensionati oltre a una certa data.
Eppure per la solita demagogia elettorale ai 5Stelle sulla riforma della riforma Fornero ai si sono affiancati rumorosamente anche i leghisti e questo non è certo un punto a loro favore.
Mentre sul reddito di cittadinanza è chiaro che ai leghisti non ne frega nulla, lo accettano come fosse uno scambio commerciale : noi vi votiamo il reddito di cittadinanza e voi ci votate il decreto sicurezza.

E qui si aprono scenari potenzialmente cupi, perché chi ha fatto i conti dei voti sostiene che se i parlamentari 5Stelle affetti da forte e convinto mal di pancia sull’argomento votassero contro quel decreto, lo stesso non passerebbe.
E se non passerebbe sarebbe ovviamente la fine del governo giallo-verde.
Di Maio sarà capace di imporre la sua leadership?
Lo vedremo, ma a questo punto non è inverosimile prevedere anche la possibilità di un cadutone del governo che sarebbe clamoroso.
Se cadesse ci sarebbe una maggioranza alternativa?
Ancora chi i conti li ha fatti dice che una maggioranza alternativa c’è eccome e che questa si riconosce in un centro- destra completo che stante il declinante prestigio della stella berlusconiana si ridurrebbe di fatto ad un monocolore leghista.
E questo avrebbe il vantaggio della chiarezza e della stabilità, se ragioniamo in termini razionali.
Ma, ma, ci son dei grossi ma e questi consistono nel fatto che l’uomo, cioè noi non agiamo praticamente mai in seguito a fredde analisi razionali, ma siamo fortemente influenzati da processi emotivi e dall’accumulo nel nostro subconscio di montagne di pregiudizi irrazionali.
Nel caso specifico, ritornano i mal di pancia.
L’establishment, i poteri forti, i preti,i moderati eccetera, eccetera prediligono la stabilità immobile del cambiare il meno possibile e quindi ritirano in ballo la finzione della paura del ritorno al fascismo tutte le volte che si parla di Salvini.
Il PD che da partito di centro-sinistra si è ridotto a portavoce delle categorie sopra elencate verrebbe messo in sala di rianimazione dal voto di tutti coloro che temono il cambiamento e che osteggerebbero una vittoria chiara del centro-destra, che questa volta c’entrerebbe ben poco con Berlusconi e sarebbe invece interamente firmato Salvini.
Non sarebbe quindi così facile fare riuscire l’operazione, che però stando ai sondaggi, avrebbe tutte le carte in regola per riuscire.



lunedì 22 ottobre 2018

Renzi il solito mediocre uomo del “vorrei,ma non posso”






E’ tornato Renzi ed è tornato alla Leopolda, cioè nel luogo nel quale è solito radunare le “teste d’uovo” che lo seguono.
Il problema è che quando JF Kennedy introdusse in politica il costume di confrontarsi con una eletta schiera di cervelli ,provenienti dalle varie materie, lo faceva per ascoltare , imparare e prendere fior da fiore quello che riteneva esportabile in progetti politici tanto che con quelle ispirazioni tirò fuori il suo programma, definito allora della “nuova frontiera”.
Con Renzi siamo lontani anni luce a cominciare dal livello intellettuale ed accademico delle persone
Se non ricordo male il “council of economic advisor” di John Kennedy era presieduto da quel Paul Samuelson che tra l’altro aveva scritto il manuale di economia politica sul quale si è preparata la classe dirigente di tutto il mondo degli anni sessanta e settanta.

Renzi si è presentato con nientedimeno che il buon Padoan per illustrare i suoi 6 punti per salvare il paese dai barbari sovranisti e populisti.
Per l’ennesima volta di fronte alle ricette di questa gente siamo costretti a chiederci : ma questi ci prendono sfrontatamente per i fondelli o sono delle tali nullità da non capire nemmeno che ci propinano tecnicamente delle pure sciocchezze?

Nei sei punti c’è questo : abbassamento del deficit di qualche punto 0 virgola dal 2,4 al 2,1,abolizione dell’imposta di registro, abolizione dell’Irap, reintroduzione dell’ecobonus, ripartenza del “programma Casa Italia”,assegno universale per i figli a carico.
Tradotto in italiano corrente si propone una sostanziosa riduzione delle entrate dello stato tramite : tasse (registro e Irap ), reintroduzione dell’Ecobonus che corrisponde tecnicamente a una riduzione delle tasse, riduzione delle entrate in deficit dello 0,3%; mentre dalla parte della spesa si propone un sostanzioso aumento della spesa per assegni per figli a carico e Casa Italia (studi e misure per fronteggiare il rischio sismico).
Apprezzabile riparlare di finanziare il progetto Casa Italia, ma messo in questo contesto è una modo di parlare a vanvera, perché non ha alcun senso presentare un piano tutto incentrato sulla riduzione delle entrate dello stato, con solo un po' di spesa per assegni familiari e piani antisismici, finanziati dallo Spirito Santo, se prima si introducono ben 4 provvedimenti su 6 per ridurre le entrate dello stato.
Non ci vuole un master in economia per capire che Renzi, come e peggio del governo giallo verde non è convinto che due + due faccia quattro.
Inutile ricordare che il brillante progetto in 6 punti si guarda bene di indicare alcuna forma di riduzione del debito che è la condizione pregiudiziale che Bruxelles chiede all’Italia per prendere sul serio qualsiasi programma di politica economica del governo italiano di qualsiasi colore esso sia.
E’ difficile capire come non ci sia mezzo di mettere nella testa di questa classe politica di governo e di opposizione un concetto così ovvio e così ben espresso a suo tempo da economisti del livello di Carlo Cottarelli e Roberto Perotti.

C’è questo macigno del debito al 130 % del PIL e sia governo che opposizione non sanno dire una sola parola per prendere in considerazione come affrontare il problema dei problemi.
Dire che quel problema gigantesco si risolve da solo con un futuro sviluppo, quando l’economia mondiale traballa, a causa del rallentamento cinese e della bolla della borsa americana che incombe, è veramente parlare da imbecilli.

Si è detto che i vent’anni di berlusconismo sono stati talmente produttivi che l’unica misura politica per la quale sarà ricordato rimarrà la “patente a punti”.
Gli anni di Renzi saranno ricordati solo e unicamente per gli 80 € ,provvedimento talmente pasticciato e tecnicamente malfatto che la bellezza di due milioni di beneficiari hanno dovuto restituire il contributo.
Meglio che niente diranno quelli che l’hanno preso e se li sono potuti tenere, ma siamo proprio nel modestissimo campo del “vorrei ma non posso”.
Esempio insigne di questa modestia è stata la “riforma della pubblica amministrazione” della Madia, misura epocale se fosse stata in grado di funzionare, ma che pare non riesca nemmeno a partire anni dopo,per la solita mancanza dei decreti attuativi, siamo proprio al cane che si morde la coda.

Prima di prendere per i fondelli i giovani ministri e sottosegretari grillini , pure palesemente bisognosi di impegnativi corsi di aggiornamento, pensiamo ai loro predecessori renziani, da Del Rio che della mancanza di manutenzione pagata ma non fatta da Autostrade pare non abbia avuto molta contezza né dimestichezza; al ministro del lavoro che comunque sarà costretto a passare alla storia come ministro dei “lavoretti” da 400 € al mese o poco più; a quel ministro degli esteri che era talmente inadeguato da essere sparito dalle scene quando ancora era in carica; al povero Minniti, l’unico forse che ha concluso qualcosa, ma che il furore ideologico della sinistra al caviale, non ha ancora perdonato per la sua presunta durezza verso un’immigrazione casuale e ingovernata ;e non parliamo della Boschi e delle banche, “salvate” tanto bene, che il nuovo governo è costretto a stanziare cifre ingenti per risarcire i risparmiatori che ci hanno rimesso le penne.
La situazione così descritta è abbastanza sconfortante, ma forse il peggio deve ancora venire.
Ve lo immaginate cosa succede se i mercati si mettono per traverso e torniamo al 2011 cioè ai tempi delle dimissioni forzate dell’allora governo Berusconi con la patata bollente che passa al Quirinale ?
Non c’è più Napolitano, c’è Mattarella, ma la filosofia , l’equilibrio dei poteri e la prassi costituzionale non sono mutate, Mattarella sarebbe portato o costretto a spingere per un governo di fatto 5Stelle-Pd.
Temo fortemente che la sparata di ieri di Grillo contro i poteri di Mattarella, non sia affatto casuale e che il vecchio capo-popolo fosse preso proprio dall’incubo di una tale eventualità, che tra l’altro non gli farebbe affatto schifo, facendo notoriamente parte del piano strategico che si attribuisce sia a lui che all’altro “garante” Casaleggio.
Meglio Salvini e la Lega che almeno una certa pratica di governo ce l’hanno?

Renzi, Fico e Di Battista, al governo insieme, che film dell’orrore!

Ma anche Salvini che ha per strategia l’uscita dall’Euro come vogliono i suoi riferimenti fra gli economisti, non è certo una soluzione tranquillizzante.
Tranquillizza ancora meno la consapevolezza che la guida reale dell’Europa a trazione Merkel-Macron è in crisi nera e che la commissione scade tra pochi mesi e poi elezioni di primavera.
E via che ci risiamo con un’eterna campagna elettorale.
Siamo ancora e sempre nelle condizioni di quando si contava sulla abilità della vecchia DC di farci “passare la nottata” senza fare danni.
Si può fare di meglio, ma che qualcuno si faccia avanti prima di finire come la Grecia.



venerdì 19 ottobre 2018

Questo governo è un ectoplasma senza né capo né coda, ma sopratutto senza capo





Pensavamo di averle già viste tutte, ma ci sbagliavamo, siamo riusciti a mandare al governo dei dilettanti allo sbaraglio che sanno sempre fare di peggio.
Errare humanum est e infatti abbiamo sbagliato a votare per l’ennesima volta, lo devo dire io che sono fra il sessanta ed oltre per cento degli italiani che li ha votati per mancanza di alternative decenti.
Il detto latino ha dietro si direbbe oggi un substrato subliminale che incorpora una qualche forma di
auto-assoluzione generica che però è generica fino a un certo punto perché nel sentire comune in sostanza pone dei paletti, come dire, si può assolvere l’errante volenteroso purché non ci ricada, purché confessi l’errore, purché si penta, purché sia in buona fede e abbia perseguito un fine apprezzabile, eccetera eccetera.
E’ possibile applicare questo metro di giudizio all’accozzaglia di cavolate che sono per ora le uniche azioni di governo dei giallo-verdi, quando le nebbiose intenzioni sono anche peggio?

E’ tale il livello di inconsistenza e di confusione mentale di questi governanti che la reazione di nostri partner europei è passata da una iniziale normale polemica verso una linea politica ritenuta avversa al proprio modo di vedere a una sempre più aperta ironia, che è l’atteggiamento che si assume verso una contro-parte che non si ritiene degna di essere presa sul serio.
Ecco suscitare questo tipo di reazione in politica è probabilmente il peggio del peggio, anche perché ci siamo arrivati per la seconda volta da quando in una non dimenticata conferenza stampa comune Merkel e Sarkosy richiesti di commentare l’azione di governo di Berlusconi scoppiarono a ridere all’unisono con terrificante spontaneità.

E Salvini si illude di essere l’uomo forte che gli europei avrebbero in animo di eleggere alle elezioni europeee di primavera, come il leader europeo dei sovranisti?
Che riesca a fare incazzare neri Macron e Merkel, con codazzo olandese eccetera, potrebbe anche andare bene, ma è ora che metta i piedi per terra e prenda coscienza che se questi invece di incavolarsi si mettono a ridere è finita per lui, ma sopratutto per noi.
Tutti abbiamo ormai capito il gioco.

Fare apparire DiMaio e compagni dei poveri sprovveduti capaci di governare come la Raggi, per poi andare ad elezioni anticipate e far saltare il banco con una travolgente vittoria leghista.
La strategia potrebbe anche avere una sua coerenza e potrebbe anche essere pagante per Salvini, sempre però che il gioco sia condotto con la dovuta accortezza politica.
Con al governo dei Toninelli capace di incappare in infortuni giganteschi come quello sul traforo del Brennero, del quale ignorava tutto pur essendo materia del suo ministero, un Fico fra le alte cariche istituzionali che interpreta il suo ruolo come sabotatore del governo, un Di Battista che parla dal SudAmerica per incarnare l’ala più strampalata del Movimento eccetera eccetera, non parliamo del capo, un Di Maio che ormai ha già dato il poco che poteva dare, Salvini avrebbe gioco facile
a sputtanarli.

Sempre che sappia condurre il gioco, che è delicato e complicato, e che quindi richiederebbe una testa politica che contenga almeno un po di spirito di Richelieu, perché lo stesso Salvini sembra non rendersi conto che se esagera nella denigrazione dell’alleato 5Stelle, anche il governo del quale fa parte ne subisce le conseguenze.
Cioè in poche parole per Salvini è costante il rischio di tagliare il ramo dell’albero sul quale è seduto.
Capisco che la pochezza dei Di Maio e l’assenza di una opposizione possano dare a Salvini un delirio di onnipotenza, ma non si dimentichi di Mattarella e dei poteri forti.
Se la Lega tirasse la corda fino al punto di non ritorno, Salvini sa che Mattarella non gli concederebbe facilmente le elezioni anticipate, ma farebbe di tutto per celebrare delle oscene nozze fra 5Stelle e PD con Berlusconi nelle vesti di padre nobile di non si sa che cosa.
E quindi, prima di tutto imparare a trattare la UE con la dovuta accortezza almeno per non farsi ridere in faccia, tenendo conto dei recentissimi sondaggi che danno una strabocchevole maggioranza di italiani favorevoli all’Euro e prima di fare fallire le banche.
Poi assumere oltre a strateghi politici anche qualche professore di economia che dia pochi rudimenti di quella non poi così ostica materia.

In poche parole a Bruxelles prenderemo sempre porte in faccia se non ci inventiamo qualcosa per potere andare a dire loro che abbiamo un piano per ridurre il debito.
Non è una consolazione sapere che nemmeno Renzi l’avesse minimamente capito.
Non è lo zero virgola nel deficit che importa a Bruxelles, di quello se ne fregherebbero, come fanno con quello francese, purché si abbia la decenza di presentare un piano credibile di rientro del debito.
E’ incredibile che la Lega che governa da decenni non abbia ancora compreso che questa e solo questa è la giusta priorità per essere presi sul serio in Europa.
Poi inventarle tutte per fare grossi investimenti con priorità assoluta.
Il reddito di cittadinanza di per sé non è né bianco né nero, dipende tutto da come lo si gestisce, e qui torniamo al punto di partenza, per gestirlo nella giusta direzione ci vuole capacità politica.
Salvini dimostri di avere imparato qualcosa nelle aule di Scienze Politiche della Statale, facendosi perdonare il fatto di non avere conseguito la Laurea.
La laurea vera gliela darà la politica se saprà gestirla.

giovedì 4 ottobre 2018

La manovra economica del primo governo giallo -verde è un pateracchio Non si vede come possa creare sviluppo, visto che mancano gli investimenti





Già il procedimento di formazione del DEF è stato penoso al punto che oggi il testo reale non è ancora stato reso pubblico, probabilmente perché non c’è ancora.
Sono notoriamente favorevole ad un “governo del cambiamento” dopo essere rimasto esasperato dalla vuota arroganza del solipsista Matteo Renzi, ma sinceramente speravo in qualcosa di meglio da questo governo.
Ho per anni espresso la mia contrarietà al renzismo perché non vedevo in quella politica alcuna strategia , alcuna idea vera che ne facesse da base, alcun progetto adeguato.
Ma ora ci risiamo?

Il peccato originale di questo governo è stata l’idea del “duumvirato”, con un fantasma che fingesse di essere il capo e fungesse da eterno mediatore.
Non funziona, nelle cose umane comanda uno per volta non c’è niente da fare.
Avrebbero dovuto accettare che uno facesse il numero uno e l’altro il numero due.
L’avevano fatto prima di loro e per anni i democristiani con i socialisti, lo fa da anni la Merkel con la SPD che si rassegna a fare il numero due, seppure chiedendo in cambio sempre di più.
Lega e 5Stelle hanno tentato l’impossibile e non va bene, perché così facendo danneggiano la loro immagine.
Col passare del tempo la gente capisce che i due partner sono molto diversi , con riferimenti in elettorati diversi e che non riescono a mettersi d’accordo su nulla in tempi decorosi,vedi commissario e ponte di Genova, per non parlare di grandi opere Ilva, Alitalia, eccetera.

A questo punto sembra proprio che ci sia in scena un duello rinviato nel tempo,ma che prima o poi sarà celebrato nella sua sede naturale e cioè nei seggi elettorali per scegliere chi deve comandare veramente.
Inutile dire che per quello che si è visto finora è Salvini quello che tiene il banco.
E’ lui che in Italia e all’estero è percepito come quello che ha cambiato in modo radicale la posizione dell’Italia sul problema dell’immigrazione, con conseguenze a cascata sulla posizione dell’Italia all’interno dell’Unione Europea.

In prospettiva però non è giusto che i due Duumviri vengano a raccontarci delle favolette.
Il responsabile economico ufficiale della Lega è Claudio Borghi Acquilini, Presidente della Commissione Bilancio della Camera, economista che da sempre teorizza apertamente la opportunità di uscire dall’Euro.
Altro riferimento della Lega per l’economia è il Prof. Alberto Bagnai, Presidente della Commissione Tesoro, che ha scritto i libri di economia più documentati che illustrano pure la necessità per l’Italia di uscire dall’Euro.
Per i 5Stelle il Prof.Savona, non necessita di presentazioni ed è sulla medesima linea di Borghi e di Bagnai, cioè per l’uscita dall’Euro seppure con più riluttanza a dirlo apertamente e presentandola come il famoso piano B.
Detto questo, che i rapporti del governo giallo-verde con Bruxelles siano conflittuali quindi può stupire solo chi non vuol vedere la realtà.

Questa eventualità dell’Italexit sarebbe un male o ,come molti paventano è un disastro?
Dipende.
Come si diceva l’unico risultato vero che ha raggiunto questo governo è quello di essere percepito come un governo che fa sul serio, e cioè per quello che riguarda Bruxelles questo governo è percepito come capace di uscire veramente dall’Euro se non riuscisse ad ottenere nulla al tavolo delle trattative.
A mio avviso questa non è poca cosa perché sarebbe nell’interesse stesso dell’Europa se un governo di un paese membro del peso dell’Italia fosse in grado di essere credibile nel chiedere una revisione radicale dei trattati in vigore, minacciando in caso contrario di uscire punto e basta.

Il problema vero però è questo : se si dice all’Europa, le cose come stanno oggi non ci vanno affatto bene perché voi insistete su schemi superati diretti a mantenere una politica economica di austerità, quando invece noi italiani abbiamo bisogno di una politica di forte espansione e di crescita, bisogna essere in grado di presentare proposte credibili di forti investimenti che trainino la ripresa.
Diversamente faremmo ridere.
Rischiamo cioè di ripetere le solite figuracce del richiedere fondi europei destinati a opere specifiche delle quali non siamo in grado di produrre i relativi progetti esecutivi.
Lo stesso terribile ministro Prof.Savona che come economista nessuno può permettersi di non prendere sul serio, ha detto che per spingere realmente il sistema verso una vera espansione accorrono investimenti in infrastrutture eccetera di importo prima mai visto quantificando le necessità in 50 miliardi,cifra fantastica.
Per ora però nel DEF alla voce investimenti non si vede pressochè nulla.
Alcuni giovani esponenti dei 5Stelle ribattono accademicamente che non è corretto sul piano della teoria economica dire che non sono investimenti il reddito di cittadinanza e la riforma della Fornero e la flat tax.
Vero dal punto di vista strettamente accademico, ma ai fini dello sviluppo la differenza fra spesa corrente e spesa di investimento è enorme.
Ora, Giggino Di Maio, probabilmente è un eccellente ragazzo che all’oratorio di Pomigliano D’Arco ha assorbito dal suo parroco i rudimenti ideali della dottrina sociale cristiana,e che sulla base di quelli si sta strenuamente battendo per attuare il reddito di cittadinanza “per vincere la povertà”.
Lo aveva fatto a suo tempo un mito della politica come J.F.Kennedy e quindi onore a Giggino che se ne fa carico.
Ma non sarebbe male se quel volenteroso ragazzo si applicasse un momentino a studiare il meccanismo del moltiplicatore di John Maynard Keyns in base al quale se l’investimento in opere pubbliche è ipotizziamo un 10, quello della spesa corrente come le misure anti-povertà sarà al massimo un 2.
La base della politica economica è tutta qui, non è difficile, ma bisogna studiarsela un momentino.
O fai investimenti o si vivacchia, con misure tipo reddito di cittadinanza, i poveri vivranno meglio, ma l’economia nel suo insieme non riceverà affatto la spinta sufficiente a decollare.
Non ci sarà sviluppo, ci si scontrerà con Bruxelles ma non si porterà a casa niente di utile.
Voglio sperare che come dice ad esempio Toninelli, che finora non ha brillato troppo per efficienza, i nuovi governanti abbiano allo studio un grosso piano di investimenti.
Lo spero sinceramente per il bene del paese, ma se così fosse, possibile che non abbiano capito che sia verso cittadini italiani,sia verso Bruxelles sarebbe stato indispensabile usare una comunicazione radicalmente diversa e mettere in primo piano i progetti di investimento e poi tirar fuori le liturgie del “contratto”?
Eppure pare che paghino profumatamente esperti “strateghi” come fanno tutti i partiti in America.
Giudicando dall’esterno sul piano della capacità politica dimostrata, bene Salvini, da promuovere a pieni voti, ma anche lui deve pur capire che ai fini della comunicazione va bene essere credibile sul piano sicurezza, ma che uno che vuole governare a lungo deve porsi come obiettivo appunto di lungo periodo un serio e grosso piano di investimento per arrivare alla piena occupazione.
Imparate gente dai democristiani del dopoguerra, andate a vedere cosa hanno fatto per portare l’Italia al boom degli anni 60.

Non è probabilmente necessario e utile uscire dall’Euro, basta essere credibili nel minacciarlo.