giovedì 15 agosto 2019

Il Dittatore di Gianpaolo Pansa






Ho appena finito di leggere l’ultima fatica editoriale di Gian Paolo Pansa, un libro minuto ,160 pagine sul personaggio del giorno Matteo Salvini, da lui temuto come il futuro dittatore di questo paese.
L’accusa ,diciamo così, è talmente seria che ho ritenuto doveroso “vedere le carte”, dato che appunto il futuro di questo paese, mi preme non poco, come a noi tutti del resto.
L’autore ha fatto il giornalista di cronaca (e commento) della politica italiana per ben 60 anni e quindi è assolutamente qualificato per prendere in seria considerazione quello che scrive, anche se la sua tesi è scioccante e oggidì in controtendenza.
Credo che Pansa nella sua lunga carriera si sia sempre ritenuto attratto sopratutto dalla casa socialista, tanto che, pur avendo cambiato testata un numero elevato di volte, quelle nelle quali è rimasto più a lungo sono state l’Espresso e Repubblica.
A un certo punto ha deciso di sobbarcarsi l’ingrato compito di riscrivere la storia della Resistenza, che lui ha sempre definito col termine di “guerra civile”, non certo mettendosi dalla parte dei fascisti, ma volutamente andando a raccontare il purtroppo lungo elenco dei casi in cui a sporcarsi le mani di sangue sono stati i Partigiani.
Si sapeva che la storia era così, ha sempre ripetuto il mantra dell’Antifascismo ufficiale e quindi l’opera di Pansa sarebbe risultata superflua.
Ma Pansa ribatte con qualche ragione, ma se è vero che quegli episodi non onorevoli commessi dai Partigiani ai quali nessuno contesta i merito storici, perché mai i miei libri a cominciare dal “Sangue dei vinti” hanno venduto a man bassa? Forse perché la gente voleva sapere quello che era stato tenuto nascosto al grande pubblico per decenni.
Pansa da quando ha scritto quei libri è stato battezzato dalla sinistra ufficiale, ma anche dal centro sinistra, come uomo di destra.
Sia come sia, se anche fosse un socialista spostatosi a destra, cosa che probabilmente non è, la cosa è ancora più interessante ai fini della individuazione della verosimiglianza della sua tesi.
Perchè se fosse un notissimo intellettuale di destra a dire agli italiani :state attenti perché quel pifferaio magico del Salvini vuole soggiogarvi sotto la sua dittatura, la sua accusa sarebbe ancora più pesante.
Inutile dire che Giampaolo Pansa possiede tutto il mestiere per scrivere un libro scorrevole che si legge in un paio di giorni con interesse.
Arrivato alla fine però devo stringere le fila.
Onestamente la “prova”, la “pistola fumante” che giustifichi un’accusa a Salvini così pesante non c’è.
C’è però una fila di indizi a cominciare dal maledetto “partito personale”, che giustamente Pansa addebita ,come nuova struttura politica, alla tutto sommata maldestra parabola politica di Silvio Berlusconi, che se ha lasciato qualcosa di peso alla storia d’Italia è probabilmente solo questo stiracchiamento della democrazia oltre ai confini previsti appunto dalla democrazia liberale rappresentativa.
Poi se ne è servito l’arrogante e non meno inconsistente fiorentino, senza rendersi conto di quanto fosse pericoloso armeggiare con quei congegni.
Pansa dice, ma chi ha mai visto nella Lega di Salvini un qualunque dissenso organizzato?
Si questa è la cartina di tornasole per individuare la democraticità o meno di una struttura politica.
Pansa non ne parla ma fior di politologi da tempo hanno individuato anche nella “governance” dei 5Stelle una assoluta carenza delle più elementari strutture democratiche.
E’ vero nella Lega non appare la presenza di un dissenso organizzato.
Ma dubito che le cose stiano così nella sostanza, cioè che Salvini non debba rendere conto a nessuno.
Per esempio, quando c’era in discussione a livello giallo-verde il provvedimento per l’autonomia di Lombardia e Veneto ho avuto e non credo di essere stato solo la netta impressione che Fontana e Zaia abbiano detto a Salvini che quella era la linea del Rubicone, o passava o saltava Salvini, che infatti è stato costretto a provocare una crisi di governo che non voleva.
Il ragazzo non sarà pure riuscito a laurearsi, ma due più due lo sa fare e che i numeri al Senato non c’erano per la Lega era di assoluta evidenza anche senza andare a contarsi, come poi è avvenuto.
Sono andato volutamente ad assistere dal vivo ad uno dei comizi di Salvini alle europee e quindi non posso che condividere quanto Pansa rileva in proposito.
C’era una organizzazione curata nei più sottili dettagli, cose mai viste in altri tempi, e tutte cose che costano molti soldi e molto tempo da parte di professionisti e volontari.
Luci, suoni con nulla lasciato al caso.
Uno “script” da professionisti messo in pratica da un conduttore pure professionista.
L’uso dei più sottili ricorsi ai miti, ai simboli per suscitare l’emotività delle folle, che regolarmente abboccavano.
Attivisti che esercitavano il ruolo di “claque” sapientemente organizzata distribuiti in una riga centrale ma non solo, osannanti al “nostro capitano”.
Un penoso gruppetto di Antifascisti urlanti che non si rendevano conto di fare la parte di comparse, che la volpe sul palco avrebbe pagato pur di avere la loro presenza se non ci fossero stati, per potere additarli al ludibrio della folla come “i violenti dei centri sociali” che disturbano i comizi democratici e che quindi loro insidiano la democrazia.
E’ vero quell’eccesso di perfetta organizzazione mi ha messo su “chi va là” più volte.
C’era, è innegabile un evento che ruotava intorno al capo.
C’era però anche a contorno una passerella con un vistoso numero di sindaci ed altri personaggi ben noti all’uditorio, alla quale è stato dato un tempo forse anche più abbondante del necessario e questo non quadra tanto colla teoria del “partito personale”.
Quand’anche fossero stati i “federali” del caso, hanno dimostrato di essere molto popolari e presenti sul territorio a macchia d’olio.
Pansa insiste senza pietà nell’evidenziare lo stile sbrigativo del “truce” nell’ambito del governo giallo-verde
E qui forse Pansa ha prodotto i capitoli più convincenti, perché tutti gli italiani hanno capito chi ha comandato e chi ha subito in questo ambito.
Viene poi il capitolo degli “indizi” a carico del presunto Salvini dittatore nell’ambito dei rapporti coi media e con la carta stampata in particolare.
C’è poco da ribattere, Salvini chiaramente non ama essere contraddetto sulla stampa e non solo non lo nasconde, ma spesso va oltre di molto alle buone maniere anche contro il suo interesse.
Ulteriore “indizio” il modo che va dal deciso al feroce col quale il Capitano difende i suoi quando incappano in comunicazioni giudiziarie.
Pansa ha dato alle stampe il libro del quale stiamo parlando ai primi di giugno e quindi non fa cenno al cosidetto “Russia gate”.
Peccato che sia così perché l’affare che ha visto andare sotto i riflettori quel Savoini (presunto mediatore di un affare petrolifero con la Russia si è detto sempre presuntivamente per finanziare la Lega) che un precedente libro inchiesta del quale abbiamo parlato su questo blog descriveva non come fascista ma addirittura come di idee naziste, avrebbe portato molta acqua al mulino di Pansa.
Perchè Salvini ha difeso strenuamente i suoi anche quando i magistrati avevano in mano indizi parecchio consistenti, non mi ha mai quadrato.
E perché non ha preso le distanze da un Savoini, che per la gente era il signor nessuno, è ancora più difficile capirlo.
Quando questo succede in politica è perché gli interessati sono in grado di ricattare, la politica non è ambiente da educande, lo sappiamo, ma c’è modo e modo.
Ecco questo modus operandi temo sia uno degli “indizi” più di peso.
Come posso concludere?
Come i lettori avranno capito ritengo che l’accusa avanzata da Pansa sia verosimile ma ritengo anche che Salvini si salvi almeno per ora per insufficienza di prove.
Pansa però è arci-convinto se arriva a dire due cose terribili che non ho ancora accennato.
1-invoca l’intervento di Mattarella perché metta insieme un governo di tecnici al massimo livello che non rispondano alle camere ma che siano sostenuti da militari fidati e fedeli al Presidente.
E se un giornalista di lungo corso arriva a tanto, la cosa fa parecchia impressione.
2-probabilmente non c’è possibilità di contrastare il disegno dittatoriale di Salvini perché il paese è già fascista fino al midollo
E questa botta è ancora più dura della prima.
Che devo dire, pensiamoci sopra.


lunedì 12 agosto 2019

Area di contagio,la vera storia del virus Ebola






Questo libro ,scritto da un noto giornalista e divulgatore scientifico è apparso per la prima volta nel 1994.
Fortunatamente l’editore italiano lo ha ristampato nel 2015 ed ora è disponibile sia in italiano sia in inglese su Amazon e non solo ovviamente.
Richard Preston, appunto l’autore, chiarisce subito che non si tratta di un lavoro di fiction, cioè non si tratta di un romanzo ma della puntuale ricostruzione di un fatto storico attraverso quello che i protagonisti di quei fatti hanno riportato all’autore o hanno a suo tempo e successivamente reso pubblico autonomamente.
E’ però scritto da un abile divulgatore che induce il lettore a rimanere attaccato alla lettura come se si trattasse di un romanzo e questo rende più agevole affrontare le oltre quattrocento pagine del libro, che chiaramente a causa dell’argomento è altamente drammatico.
C’è poco da divertirsi, diciamolo subito.
In questi giorni ci arrivano notizie (poche purtroppo dai nostri media che sembrano non considerare politicamente corretto parlare di cose serie) preoccupanti su focolai di Ebola riapparsi in Centro Africa e della febbre Dengue apparsa nelle Filippine.
Sono proprio questi fatti di assoluta attualità che mi hanno indotto a prendere in mano questo libro che avevo comprato quando è uscito, ma che poi avevo trascurato di leggere.
E’ invece estremamente interessante dedicargli il tempo che merita, perché convivere coi virus fa parte della nostra vita e quindi non è male apprendere con sufficiente precisione di cosa si tratta.
Oggi che un approssimativo pensiero unico, ben foraggiato da una massa di venditori di “prodotti naturali” fa a gara nel voler nascondere il fatto elementare che la natura è la maggiore fonte di assassini coi quali siamo destinati a convivere, non guasta il realismo a volte perfino brutale di libri come questo.
Si arriva perfino a leggere che le epidemie di HIV ,di Ebola eccetera potrebbero non essere altro che la reazione evolutiva del nostro pianeta che individuando la nostra specie come una forma di parassiti, reagisce al fatto che ci siamo moltiplicati al di là di ogni ragionevolezza depredando le risorse e mettendo a rischio gli equilibri, che tengono il sistema in equilibrio e che quindi produce forme di contrasto alla nostra specie.
E’ un po duro il discorso ma non è certo senza basi.
Al di là di questo è di estremo interesse vedere come la storia di uno dei più micidiali virus se non del peggiore conosciuto, si sia sviluppata.
Come specie siamo stati abili a individuarne la pericolosità, a riconoscerla, a circoscriverne i focolai ed a superare le epidemie.
Ma ricordiamoci dei limiti.
Oggi è in uso un vaccino sperimentale contro Ebola, ritenuto altamente efficace anche se per l’appunto è ancora in fase sperimentale.
Ma il decorso della malattia è forse il più orribile mai visto prima sulla faccia della terra.
Terribili mal di testa, febbre altissima, perdita di liquidi e sanguinamento generalizzato, i soggetti affetti raggiungono fasi assimilabili alla demenza e tutto si conclude in un paio di settimane.
Bene, ora c’è il vaccino ma il virus è fra i più altamente infettivi e quindi per contrastarlo occorrono misure sanitarie di isolamento drastiche, spesso difficili da mettere in atto in paesi poco scolarizzati e presso popolazioni spesso vittime di usi e pregiudizi ancestrali non ancora toccati a sufficienza dalla modernità, che se anteposti a tutto possono essere letali per chi non riesce a superarli.
La fama di peggiore dei virus Ebola se la è meritata perché la percentuale di decessi fra gli ammalati era del 90%.
Peggio di così non so cosa ci possa essere.
Gli operatori sanitari devono usare delle specie di scafandri non certo agevoli, tanto più in paesi caldi.
Mettendo insieme il vaccino abbiamo evitato la paura di finire vittime della “peste nera” dei tempi moderni, ma non sottovalutiamo le potentissime armi delle quali si avvalgono queste “creature naturali”, enormemente più “vecchie” e longeve di noi, come presenza sulla terra.
I virus sono formidabili nel cambiare continuamente per sopravvivere in situazioni mutate.
Sono dei mutanti per definizione e questo rende ovviamente ancora più difficile combatterli.
Un’altro problema è che a tuttoggi non siamo riusciti a scoprire con certezza da dove Ebola è comparsa e da quale essere vivente è stata trasmessa all’uomo.
Come vi sarete accorti è lo stesso discorso che si è fatto e che si potrebbe rifare a proposito dell’HIV.
E come l’HIV è difficile capire perché a contatto col virus certe persone si ammalano e certe altre non contraggono la malattia anche se diventano portatori sani.
Tutta la storia si svolge in Africa dove il virus pare sia sorto, ma la cosa non è sicurissima perché è presente anche in Asia, e nei laboratori delle forze armate statunitensi.
Il fatto che le epidemie più eclatanti di Ebola che si sono verificate abbiano costretto a mettere in atto l’intervento delle forze armate la dice lunga sulla pericolosità di questo virus.
C’è stato è chiaro allora e in occasione di tutti i focolai venuti alla luce un deciso intervento da parte delle istituzioni a tutti i livelli per evitare il dilagare del panico fra le popolazioni interessate.
Questo è un fatto altamente positivo e responsabile.
Ma ciò non toglie che è pure indispensabile fare aprire gli occhi alla gente perché ognuno sviluppi un certo livello di educazione sanitaria e di prudenza nel recarsi in paesi dove le condizioni sanitarie non sono al massimo, diciamo così.
Idem come sopra nell’accogliere persone provenienti da zone potenzialmente pericolose, con tutto il rispetto, ma usando la testa e la prudenza.
Siamo molto bravi a difenderci, prova ne è che siamo sopravvissuti, quando altre specie non ce l’hanno fatta.
Venire a sapere da libri come questo che non siamo affatto i signori e padroni dell’universo, ma che invece nell’immensità dell’universo contiamo come piccole formichine, è una doccia fredda che occorre ammetterlo, doccia fredda che però può farci bene.





venerdì 2 agosto 2019

Silicon Valley,La valle dei geni




L’autore ha dedicato alcuni anni della sua vita per completare una ricerca sui principali personaggi che hanno fatto diventare Silicon Valley l’icona della ricerca sulle tecnologie informatiche più avanzate.
L’autore aveva vissuto molto vicino al giro dei giovani leoni ,essendo stato redattore di Wired ,ma non credo che avrà avuto vita facile a contattare, intervistare, farsi rilasciare documenti da personaggi del tutto particolari e qualcuno anche al limite dell’eccentricità .

Fatto sta che mettendo insieme materiali di prima mano è venuto fuori un libro di 460 pagine e quindi piuttosto impegnativo per il lettore, anche se essendo i protagonisti, personaggi ,per definizione, tutt’altro che convenzionali, non risulta affatto noioso o pesante.
In ogni caso è un documento che rimarrà a disposizione degli storici.
Uno dei motivi di maggiore interesse nel leggere un libro del genere sta nel fatto che ormai anche chi non è anagraficamente “nativo digitale”, come si dice delle generazioni più recenti, di fatto è come se lo fosse, tanto siamo diventati tutti dipendenti da queste nuove tecnologie.
E quindi avendo ormai metabolizzato questi nuovi strumenti come parti irrinunciabili di noi stessi siamo portati a credere che si tratti di cose che sono sempre esistite.

Diventa allora di grandissimo interesse vedere documentato il fatto che al contrario si viveva senza nemmeno avere conoscenza di tutto questo nuovo mondo fino a pochissimo tempo fa.
E i giovanissimi uomini che lo hanno costruito, appunto i geni di Silicon Valley, hanno lavorato come dei dannati mettendo insieme un pezzo dopo l’altro, spesso sbagliando e ricominciando con caparbietà.
Non è affatto esagerato qualificarli come geni, perché risulta assolutamente evidente che lo sono e giustamente l’autore fa spesso riferimento all’Italia ed all’Europa del Rinascimento, perché questa Silicon Valley richiama terribilmente le botteghe dove trafficavano i geni del Rinascimento.
L’autore non ha difficoltà a documentare il fatto che la storiella dei giovani smanettoni che costruivano quasi a tempo perso computer e annessi in qualche garage non è altro che una leggenda metropolitana, che non ha mai avuto il minimo fondamento nella realtà.
I geni dei quali parliamo erano si culturalmente degli hippies che non disdegnavano esperienze con l’Lsd e affini, ma guarda caso, venivano quasi tutti da Standford, una delle università eccellenti e di super èlite dell’Eavy League, dove avevano conseguito tutti i gradi previsti e in tempi da record.
Il libro documenta che l’esperienza Silicon Valley è stato un unicum, un clima culturale irripetibile e all’americana, una esperienza di business pure irripetibile, e sì, perché questi geni-ragazzi sono diventati milionari e poi miliardari in tempi assolutamente mai visti prima.
Bene ha fatto l’autore a far dire a protagonisti nel capitolo conclusivo che la scoperta e l’uso dei computer hanno cambiato la storia e l’umanità più di qualsiasi altro evento avvenuto prima.
Se i lettori di questo blog hanno avuto la bontà di leggere qualcuna delle recensioni precedenti sull’argomento di intelligenza artificiale e futuro si meraviglieranno un po meno degli scenari da brivido che propongono per un futuro ormai prossimo gran parte dei personaggi dei quali stiamo parlando.
Molti danno per scontato che in materia di “machine learning” sviluppo di intelligenza artificiale e di bionica l’uomo del futuro sarà una specie diversa dall’attuale con un problemino però da risolvere e cioè che se i robot animati da intelligenza artificiale arriveranno non solo ad auto migliorarsi ma raggiungeranno il punto di svolta dell’auto coscienza, l’uomo potrebbe ridursi al ruolo di fedele cagnolino nella casa dei nuovi padroni, per una ragione forse spiacevole, ma forse no, che il nostro cervello è destinato a divenire spaventosamente inferiore alle capacità di un umanoide animato da intelligenza artificiale che si auto migliora anche solo al ritmo della legge di Moor.
Siamo culturalmente molto lontani dal prendere coscienza delle incredibili potenzialità che il futuro anche prossimo ci presenterà, ma proprio per questo, libri come questo e documentati come questo, sono veramente basilari.
Detto questo spero di non avere spaventato il lettore con anticipazioni scioccanti.
Il libro è di grandissimo interesse anche solo per farsi un’idea sui personaggi di Silicon Valley, e va bene a cominciare pure dal mitico Steve Jobs, ma non c’era affatto solo lui.
Qualcuno ci rimarrà male qualdo troverà detto e scritto da alcuni dei suoi compagni ai avventura che Steve non ci capiva praticamente niente di computer, la sua genialità risiedeva in una idea e adorazione del bello al limite del fanatismo.
Gran parte dei suoi compagni di avventura erano pure loro geni ma probabilmente più equilibrati.
Jobs era una personalità personalissima e contradditoria.
Geniale nel campo dello sviluppo delle tecnologie informatiche, ma anche prigioniero di preconcetti al limite della superstizione ideologica.
Aveva probabilmente lasciato il segno il viaggio giovanile in India alla ricerca di un guru per avere chissà quale rivelazione.
Nel libro si insinua che se si fosse operato in tempo dal serio male del quale era affetto invece di preferivi una agopuntura che non si vede che senso potesse avere in quel contesto probabilmente si sarebbe salvato.
Incredibile ma succede, mi viene in mente un’altra grande figura geniale ma contradditoria, lo scrittore Michael Crichton , quello di Jurassic Park per intenderci, ma non solo, che concepiva le sue narrazioni partendo da intuizioni scientifiche al limite della fantascienza, ma verosimili e serie, che nella vita privata si dice non abbia disdegnato la consultazione di astrologi cartomanti e ciarlatani vari, spinto dall’ansia della ricerca del senso della vita e dalla paura della fine.
Se vogliamo trovare un difetto, dovremmo dire che questo libro ha però il limite geografico che si è imposto (Silycon Valley, California).
Peccato che Redmond, sede della Microsoft, grande avversario di Apple e Mcintosh sia nell’hardware che sopratutto nel software, si trovi molto più a nord ,nello stato di Washington e che quindi nel libro non si parla praticamente mai dell’altro genio assoluto dell’informatica Bill Gates, ma sarebbe stato chiedere troppo.