martedì 26 dicembre 2023

Raffaele Morelli Si piange una sola volta Come smettere di rimuginare sul passato e ricominciare a vivere . Ed : Mondadori – recensione

 





Era parecchio tempo che non affrontavo libri di neuroscienze, anche se l’argomento è sempre stato per me di grande interesse.

Raffaele Morelli oltre a impegnarsi in apparizioni televisive e sopratutto nella direzione di Riza Psicosomatica la rivista,che ha fondato e che è divenuta un gruppo editoriale, ha scritto decine e decine di piccoli saggi sul tema della psicoterapia, volti ad aiutare a vincere i più diffusi disagi psichici del nostro tempo.

Ansie, panico, problema di elaborare lutti, abbandoni, o traumi, che ci si porta dietro dall’infanzia, ecco un elenco piccolo, ma nel quale gran parte di noi si possono ritrovare, perché così è la vita.

Il libro essendo scritto da uno psicoterapeuta con l’esperienza dell’autore è leggibilissimo.

Fin dalle prime pagine però, pur ritrovandomi fortemente interessato mi è venuto di dover constatare che questa materia non è una scienza esatta e che di conseguenza esistono diverse impostazioni e quindi approcci molto diversi fra chi pratica la psicoterapia.

L’autore infatti ,praticamente da subito, stoppa il possibile paziente, che si aspetta di sedersi sul divano del Dr.Freud, di sua scelta, e di sentirsi domandare e ridomandare di raccontargli la propria vita, fin dall’infanzia, per collegare il problema psichico, che lo fa soffrire ,con una possibile causa che viene da lontano.

Errore madornale, da non fare secondo l’autore, che propone, al contrario, un approccio assolutamente opposto.

Del resto addirittura il sottotitolo del libro enuncia la filosofia, che sottende la tesi argomentata nel saggio : “come smettere di rimuginare sul passato e ricominciare a vivere”.

Sinceramente ero convinto ,che la psicoterapia fosse ancorata alle procedure mentali ,che abbiamo acquisito leggendo Freud, cioè spingere il paziente a farsi una autoanalisi ,che conducesse a rilevare il trauma psichico residente regolarmente nel passato.

Ma Morelli ci dice : se non vuoi uscire dalla tua sofferenza vai pure avanti a flagellarti ,rimuginando di continuo su quello che ritieni che sia la causa del tuo male , vedrai che starai sempre peggio.

E’ un bello sberlone in faccia alle credenze comuni, magari supportato anche da non pochi colleghi del Morelli.

Ma sinceramente la sua proposta terapeutica mi è apparsa da subito basata su argomentazioni estremamente verosimili e funzionali alla pratica moderna del “problem solving” ,invece che alle precedenti abitudini mentali dirette ad andare a cercare tutte le possibili soluzioni ai nostri problemi nelle religioni, ideologie eccetera, portatrici di presunte verità più o meno assolute.

Morelli lo confesso, oltre che per l’impostazione “pratica” ,sopra accennata, ha man in mano guadagnato la mia simpatia e fiducia ,appoggiando le sue argomentazioni sul pensiero dei grandi filosofi greci, sopratutto presocratici, ma non solo ,e ad alcune tradizioni della saggezza orientale come i Veda, molto lontane dai nostri schemi mentali occidentali, ma di grande profondità.

Siamo troppo abituati a matematizzare il mondo.

Fenomeno, ricerca della causa, soluzione del problema.

Ma il mondo e sopratutto noi, siamo troppo complessi per essere riducibili a questo schema logico.

Non siamo solo razionali, anzi!, ci dice Morelli.

In noi, nella nostra psiche ,convivono addirittura più persone.

Il momento di disagio o di vera e propria sofferenza ci porta dolore, che va preso come fosse il dolore del parto, argomenta Morelli, con un paragone efficacissimo.

Cioè quel momenti di sofferenza va utilizzato per venirne fuori il più presto possibile con una vita nuova.

Dobbiamo essere capaci di partorire un altra parte del nostro essere ,che da sempre conviveva con noi, ma della quale non avevamo avuta ancora consapevolezza.

Ecco una altra delle parole chiave di questo libro acquisire la consapevolezza di una parte nuova del nostro sé.

Usciamo dall’illusione di poter razionalizzare tutto, non servirebbe ,perché il nostro essere non è soltanto il visibile.

Per risolvere un nostro problema psichico, che ci fa soffrire bisogna anzitutto finire di rimuginarci sopra.

Bisogna decisamente allontanarlo da noi, obbligarci ,quando ci viene in mente, a pensare ad altro.

A guardare le cose da un altro e diverso punto di vista.

Smetti di pensare a tè stesso e pensa ad altro!

Avrai pure degli interessi, coltivali!

Queste parte dell’analisi di Morelli ,mi fatto tornare in mente le argomentazioni di Seneca, nelle Consolazioni, che mi avevano molto colpito.

Alle amiche ed amici ,che avevano subito un lutto e che non sapevano come elaborare la sofferenza, legata a quel lutto, Seneca ,sorprendentemente ,consigliava di mettersi a studiare una materia che fosse di qualche interesse.

Anche questa era una proposta molto pratica e funzionale che mi pare sulla stessa linea: tieni la mente occupata di tutt’altro, rispetto a quello che ti fa soffrire.

Una volta si parlava di “filosofia perennis”, e beh se non è perennis questa...









mercoledì 20 dicembre 2023

Francesco Semprini : Trincee e segreti .Ed Magog – recensione

 


 



Mi sono parecchio dedicato negli ultimo tempi a libri di riflessione sulla guerra.

Prevalentemente geopolitica o storia, o andando più in profondità ,anche analisi militare.

Ora invece, propongo la lettura di un libro che parla della guerra come avviene sul campo.

E la guerra sul campo significa quella vissuta dalla gente come noi, che da qualunque parte si trovi, quando sarà finita, sarà costretta a stra-maledirla.

Al diavolo belle parole e fulgidi ideali.

Leggetelo questo libro sulla guerra vera ,non quella sui giornali e sui media, viste dalla nostra poltrona senza rischiare nulla.

Stiamo parando della guerra reale ,quella che costringe invasori e invasi a una vita impossibile nelle trincee, come se il tempo si fosse fermato alla prima guerra mondiale e come se non si fosse capito da un bel pezzo, che quella era stata una grande follia.

Bel risultato quello ottenuto dall’ex presidente francese George Clemenceau che ha spinto tutti alla conferenza di Versailles che scrisse “la pace” a umilare la Germania dando così fiato al nazifascismo.

La guerra di oggi è anche quella dei moderni condomini delle grandi città che in un istante vengono polverizzati da un missile ,a o un obice di artiglieria, o da una bomba sganciata da un aereo.

O innumerevoli paesini ucraini, distrutti casa per casa, perché per loro disgrazia, si trovavano vicini a strade strategiche, per sostenere la logistica di uno dei due eserciti.

Città di 70.000 abitanti come Bakmut o addirittura di 450.000 persone come Mariupol ,bombardate a tappeto.

Con la conseguenza più vistosa di costringere milioni di persone a sfollare per emigrare all’estero o in altre parti del paese.

L’Ucraina ha perso un terzo degli abitanti, solo per questo non sarà mai più come prima.

Conseguenza ultima già da ora la sua possibilità di funzionare come stato non c’è più, è e sarà in balia dei finanziamenti dell’Occidente (se la attuale situazione di stallo, rimarrà com’è), è uno stato fallito.

Qualcuno ,si spera per loro, tirerà fuori i soldi per loro in loro vece, ma la gente non la risarcirà nessuno delle sofferenze patite.

C’è chi ha perso la vita, e non sono pochi, ma c’è chi ha salvato finora la pelle ma ha perso tutto, casa, lavoro, amici.

C’è chi ha ancora la spinta interiore, che lo induce o gli permette di combattere e lo fa magari con incredibile determinazione, fino a quando non crollerà per sfinimento.

E infatti c’è chi lo fa ancora, ma sente sempre più il peso del logoramento.

Ci sono in situazioni, così umanamente degradate, meravigliosi volontari, sopratutto fra le milizie territoriali, ma anche fra i civili ,sopratutto più anziani, che non risparmiano ulteriori sacrifici per aiutare feriti o semplicemente gente affamata e rimasta ad aver bisogno di tutto.

Noi che viviamo in società “avanzate” ci lamentiamo del fatto, che pur vivendo magari non nell’opulenza, ma nel relativo benessere sì, soffriamo sempre più spesso di crisi di panico, perché percepiamo un senso generale di insicurezza.

Immedesimiamoci anche per poco nella sofferenza, anche psicologica, di chi ha perso o potrebbe perdere sé stesso, i propri cari, la sua casa e tutto quanto serve per vivere.

Senza sapere quando finirà.

Questi sì hanno ben diritto di vivere crisi di panico o forse sono stati costretti ad andare oltre avendo acquisito ferite interiori non più rimarginabili.

Ecco, questo ottimo libro di Sensini, responsabile dell’ufficio esteri della Stampa a New York, è una raccolta di storie di come si vive in Ucraina ,dalla prima linea, ai pochi posti relativamente tranquilli, ma mai veramente al sicuro, perché nessun posto è sicuro.

Storie raccolte rigorosamente “sul campo”, trincee comprese, nel corso di due periodo di permanenza in quel paese realizzati dall’autore durante la guerra.

Ho molto apprezzato lo stile e l’onestà intellettuale di Semprini.

Come praticamente tutti i reporter di guerra, per poter avvicinarsi alle prime linee, ha dovuto chiedere di andarci “embedded” all’esercito ucraino.

Ma questo ,ho verificato, che per quello che c’è scritto in questo libro, mai, ma veramente mai, l’autore si lascia andare a dare giudizi di valore, ideologici o personali e tanto meno a incensare le forze armate ucraine, che l’hanno accompagnato, anche nelle trincee in prima linea, a distanza visiva ad occhio nudo, dalle corrispettive linee dell’armata russa.

In una guerra in corso è pressoché impossibile guadagnarsi la garanzia di una assoluta imparzialità, scrivendo reportage a volte da una parte, a volte dall’altra, perché ben difficilmente, se scrivi da una parte del fronte, le autorità e sopratutto i servizi dell’altra, di danno il pass per andare vicino alle loro linee.

Ottimo quindi questo libro anche e sopratutto per l’abilità dell’autore di ritagliarsi una narrazione obiettiva quanto più possibile.

Del resto l’argomento è da tempo coperto da nugoli di giornalisti di livello altalenante.

Confesso che ho scelto il libro di Semprini perché l’avevo visto comparire ospite a una delle live del “Parabellum” dell’ottimo Mirko Campochiari e mi aveva convinto proprio per la sua obiettività di giudizio.

Detto questo, non posso non rilevare il mio personale disappunto, per la prefazione di Minniti, politico del PD, che si era distinto, quando era al governo, per iniziative originali nel campo dell’immigrazione, ma che in questo caso ,in alcune pagine, poche per fortuna, propina l’assolutamente ovvio del pensiero mainstram e politicamente corretto sull’argomento.

Potevano risparmiarci quella prefazione.

Ma per il resto consiglio vivamente la lettura del libro.










giovedì 14 dicembre 2023

Domino rivista sul mondo che cambia n.11/ 2023 Fronti di guerra globale . Dopo l’Ucraina s’è aperta la breccia mediorientale per il vantaggio di cinesi e russi. E il tormento degli americani – recensione


 


L’inevitabile “stanchezza” dell’opinione pubblica sull’andamento delle due guerre principali in corso ,per via del prevedibile effetto assuefazione, si ripercuote anche su fonti di informazione ben più elevati ed affidabili dei normali media generalisti.

E quindi anche le riviste specializzate come Domino o Limes ne risentono anche perché, non dobbiamo nascondercelo, sono nati nel frattempo ,blog sopratutto di youtuber ancora più specializzati ,come quelli gestiti da analisti militari, che danno veramente il massimo possibile, usando usando ovviamente i mezzi delle comunicazioni digitali più aggiornate ,che consentono di acquisire materiale di prima mano e di testarne l’autenticità con lo strumento della geo-localizzazione, il tutto pressochè in tempo reale.

Per chi segue anche questi nuovi strumenti, quando esce la rivista mensile di geopolitica ,il quadro degli evento è già sostanzialmente noto e quindi una parte del fascino della stessa viene un po scalfito.

Ma se il livello degli analisti delle riviste di geopolitica è elevato, la loro analisi dei fatti rimane sempre di particolare interesse.

In particolare in questo numero di Domino, se l’editoriale di Fabbri, come dicevo sopra, lo ho trovato un po meno brillante del solito, non per colpa sua, ma perché il pubblico che segue queste riviste ha già avuto modo di farsi un’idea.

Ho trovato però particolarmente brillanti due saggi.

Quello dello storico militare Virgilio Ilari e quello del filosofo Zeno Goggi.

Se ci sono lettori, e ce ne sono di sicuro, che non amano la solita minestrina del mainstream già fornita dai media generalisti, ma il suo esatto contrario, sono serviti.

A titolo di esempio, Ilari illustra la sua riflessione ,secondo la quale la madre del cambiamento epocale dell’equilibrio mondiale bipolare, che è stato costituito dal crollo dell’Urss, invece di portare al definitivo affermarsi dell’egemonia globale dell’impero americano, ha sancito proprio l’inizio della decadenza del “secolo americano”.

Altri analisti, su questo stesso numero, confermano che la strategia di fondo delle agenzie americane è ora diretta non proprio a tirare i remi in barca, ma a cercare occasioni per puntellare la Russia ,alla quale Putin ha procurato una inevitabile vittoria tattica (la conquista almeno di una parte non irrilevante dell’Ucraina), a prezzo però di una più importante sconfitta strategica (si è infatti incrinato il sogno della “terza Roma” di ristabilire il prestigio imperial- zarista).

La strategia degli Usa, come è ben noto, ha come priorità la difesa dell’egemonia americana sui mari dell’Indopacifico e l’eccessivo indebolimento della Russia ,che la costringe, se non a genuflettersi a Pechino, certo a chiederne come minimo un sostanziale sostegno, collide con il quadro degli obiettivi di sicurezza americani.

Gli Usa quindi, nella realtà, non nelle litanie della propaganda, sono impegnati a far sapere alla Russia che è venuto il momento di trattare un modus vivendi ,che consenta a quel paese di ritrovare ancora dall’Occidente, quello che è considerato pericoloso, che vada a elemosinare in Cina.

Dicevamo poi del filosofo.

Geniale Fabbri, tanto per cambiare, ad andare a interpellare un filosofo.

Del resto, lo stesso Fabbri, nel suo recente libro sulla “geopolitica umana”, dice tra l’altro che la geopolitica permette di guardare alla storia da una posizione elevata, per poter subire meno le influenze di tutti gli sviluppi di breve periodo.

Ecco perché dal cappello di Fabbi esce il filosofo.

Filosofo ,che come Ilari, non si fa proprio riguardo a contraddire e magari scandalizzare i placidi seguaci del pensiero mainstream e lo fa sviluppando questo pensiero di fondo : come mai ci stupiamo dell’odio che “l’altro mondo” riversa su di noi ?

Ammesso che di questi arriviamo ad accorgercene.

Basterebbe dare un’occhiata alle risoluzioni ed alle votazioni recenti dell’Assemblea Generale dell’Onu, per capire che siamo ancora magari stra-potenti, ma nel mondo siamo in minoranza.

Minoranza culturale e questo proprio non riusciamo a metabolizzarlo, perché non ci riesce di comprenderlo, talmente ci eravamo invaghiti dell’idea di essere i migliori ,in inevitabile missione messianica.

Il numero di Domino ,del quale stiamo parlando, si occupa ovviamente anche della guerra a Gaza.

Come nel caso dell’ Ucraina ci siamo istintivamente divisi a fare il tifo per una delle due parti ,siamo italiani, e quindi forse irrimediabilmente ammalati di tifo calcistico, che tendiamo ad applicare impropriamente ad eventi più seri.

Prima, colpiti dalle efferatezze di Hamas, quasi tutti schierati pro Israele, poi ,man mano che la stessa Israele perdeva clamorosamente la guerra mediatica ,con il bombardamento delle immagini televisive ,quasi tutte provenienti da Al Jazeera, praticamente unico media presente a Gaza, tutte orientate sui pronto soccorso degli ospedali di Gaza ,con immagini di gente maciullata ,che molto spesso erano bambini, eccoci voltarci a condannare Israele.

Ma la geopolitica, come sappiamo ,si pone sopra al Bar Sport ,non per arroganza, ma perché è fatta così, per cambiare punto di vista e superare ciò che è influenzato dall’emotività e dalle conseguenze di corto periodo.

Ci dice che l’interesse nazionale strategico delle Monarchie del Golfo è volto a contrastare, prima di tutto, la proiezione imperiale dell’Iran e che, sarà contro-intuitivo fin che vogliamo, ma a causa di questa prioritaria impostazione strategica ,sono costrette ad allearsi con Israele ,come del resto hanno fatto con gli accordi di Abramo.

Conseguenza : a loro dei fratelli Palestinesi non importa molto, li vedono più come fonte di turbamento dei loro piani che altro, se non addirittura come perenne elemento di disturbo e di minaccia.

Attenzione allora a coltivare simpatie verso di loro solo perché sono indegnamente mal-trattati.

E’ molto dubbio infatti che loro amino noi, ed ancor peggio la nostra cultura e il nostro modo di pensare.

Loro sono sempre discepoli di Hasan Al Banna e di Sayyd Kutb, che per noi vedono bene solo una bella conversione col metodo della Jihad.

Del resto, non è che noi a cominciare dalle crociate e dalla “reconquista” in Spagna, abbiamo fatto di meglio nel passato.



martedì 12 dicembre 2023

Marco Mancini - Le regole del gioco Dal terrorismo alle spie russe : come il controspionaggio offensivo ha protetto gli italiani - Ed.Mondadori – recensione

 



Ottimo libro, basato sulla narrazione di una vicenda umana singolarissima.

Addirittura colui che è stato il capo di una sezione del Sisde, cioè i servizi segreti italiani, che si racconta, e già questa sarebbe una notizia, perché, se c’è una cosa del tutto contro-intuitiva, è proprio questa.

Infatti, per quanto poco possiamo conoscere questo mondo, ci appare ovvio che una spia può fare tutto meno che raccontarsi.

Immaginiamoci poi il capo delle spie.

E’ ovvio quindi che il racconto ci presenta alcune cose essenziali, ma senza rivelare ovviamente né segreti di stato, né situazioni che potrebbero mettere in pericolo o far “saltare la copertura” ad agenti ,che fanno o hanno fatto questo lavoro.

Ci vengono rivelati autentici episodi da thriller d’azione e, solo per questo, varrebbe la pena leggersi il libro.

Ma il discorso si allarga e diventa molto, ma molto più serio, quando ci viene snocciolata una lungo fila di azioni-missioni ,compiute dal reparto speciale dei Carabinieri del Generale Dalla Chiesa e dal Sisde , che ci fanno capire che non è per uno straordinario colpo di fortuna, né per la particolare lungimiranza (ma quando mai!) dei nostri governanti politici, che siamo stato l’unico paese importante dell’Occidente ,che non ha dovuto subire il suo 11 settembre.

Non è stato un caso, è stato per merito di coraggiosi e preparati servitori dello stato, che si sono inventato e costruito il “controspionaggio offensivo” per individuare per tempo le cellule del terrore e bloccarle in tempo.

A che prezzo?

A un prezzo molto caro, per loro, prima di tutto in termini di costante rischio della vita propria e quel che è peggio di quella delle loro famiglie.

Ma non basta, purtroppo.

Perchè questo libro riporta anche, nella sua trama ,di fatti che fanno parte ormai della storia nazionale, intessuta insieme ,le vicende di uno spiacevole ,chiamiamolo “affaire Mancini”.

A volte può capitare ,che ,come nei film ,il valoroso servitore dello stato, che sventa pericoli orribili, che mettevano a rischio la vita di suoi concittadini, si ritrovi in un percorso lineare , che inevitabilmente accontenta le aspettative del pubblico, che si aspetta almeno la consegna di una luccicante medaglia, in segno di dovuta riconoscenza, musichetta e fine del film.

Troppo spesso però, nella vita reale,le cose vanno diversamente o più precisamente vanno storte.

A Marco Mancini sono andate per un po’ dritte, ma verso la fine di carriera, decisamente storte.

Il lettore colga la “consecutio temporum”, che non può essere casuale.

Quando i suoi successi “sul campo” diventavano troppo eclatanti, gli sono capitati tra capo e collo, non semplicemente due incidenti giudiziari, da chiarire velocemente, ma due arresti ,seguiti da due diversi periodi di detenzione ,in attesa di giudizio.

Giudizi che hanno scagionato “con formula piena” l’interessato, che però avrà avuto ampio modo di chiedersi se valeva la pena aver rischiato tante volte la pelle, per essere ripagato in quel modo.

Ma torniamo alla sopracitata consecutio temporum, che spiega abbondantemente, come la meschina invidia, di individui meschini, che magari ti lavorano accanto ,possa nella vita ,risultarti più pericolosa della canna puntata di uno o più kashnikov ak47, esperienza che Mancini ha fatto in più occasioni.

Il libro finisce ,giustamente a mio avviso, con una lettera aperta al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, perché si studi un momento il dossier e, capita l’importanza di ricostruire la rete del “controspionaggio offensivo” ,che aveva tessuta il Mancini ,compia atti solleciti per mettere più al sicuro noi cittadini italiani.

Purtroppo infatti il libro ci fa capire, che la più che verosimile invidiuccia di mediocri concorrenti aveva costretto il Mancini medesimo a un “pensionamento forzato”, guarda caso proprio quando gli era praticamente già stato annunciata la promozione alla sedia più alta, del servizio nel quale aveva lavorato, riportando risultati tanto consistenti.

La conseguenza ,però non è stata solo una questione riferita a un privato cittadino, che subisce un ‘ingiustizia subendo un siluramento invece di una promozione , ma il pratico smantellamento della rete che lo stesso aveva costruito, con paziente lavoro per anni, con conseguenze molto pesanti e pericolose per tutti noi.

Ma leggetelo questo libro, capirete tante cose.

Per esempio che non è per caso ,che l'afflusso dei migranti coi famosi barconi è deflagrato improvvisamente.


martedì 5 dicembre 2023

Paola Caridi : Hamas dalla resistenza al regime - Feltrinelli editore – recensione

 



 

Dalla pagina a lei dedicata su Wikipedia, apprendiamo che l’Autrice è giornalista, blogger, scrittrice e storica.

Probabilmente il suo ruolo di maggior prestigio è quello di analista di riferimento per il Medio Oriente di Limes.

Ha vissuto anni in quella parte del mondo e quindi è fra gli studiosi che hanno avuto il privilegio di poter valutare “in diretta” e sul campo la validità delle analisi prodotte.

Il libro potrebbe essere inteso come un buon manuale accademico sulla storia del conflitto arabo-israeliano nella zona di Gaza.

Ma ,come sopra accennato, può vantare una marcia in più dovuta proprio alla dimestichezza dell’autrice con i fatti che narra ed i luoghi nei quali quei fatti sono stati vissuti.

Questa è forse la ragione principale che induce ad affrontare un libro di ben 450 pagine,che si lascia leggere benissimo, anche perché la sensibilità giornalistica dell’autrice rende più scorrevole la lettura.

Ma non ostante tutti gli aspetti accattivanti che ho appena accennato non posso nascondere che la lettura di questo libro lascia quanto meno turbati e sconcertati, perché sembra di leggere una storia che si è già ripetuta più volte e che prosegue senza che ci sia sotto una minima trama di ragione obiettiva ,che giustifichi avvenimenti e comportamenti caratterizzati dal fatto che i contendenti sono quasi sempre riusciti a dare il peggio di sé.

Gli analisti di geopolitica ,lo sappiamo, quando cercano di spiegare l’efficacia della loro “cassetta degli attrezzi” ,per decifrare il mondo nel quale viviamo ,fra i primissimi parametri di analisi che propongono c’è la distinzione fondamentale fra tattica e strategia.

In parole povere, un buon tattico può anche vincere tutte o quasi le battaglie, ma perdere la guerra, perché manca di strategia a lungo termine.

La strategia è scoprire e chiarirsi cos’è l’interesse nazionale di un popolo, così come si è venuto a stratificarsi e consolidarsi nei tempi più lunghi della storia.

Ebbene ,ho fatto questa puntualizzazione ,perché l’autrice, che geopolitica lo è da tempo si rifà continuamente la stessa domanda : ma Hamas che strategia ha seguito per fare questa sortita e ,dall’altra parte, Israele, quale strategia ha seguito per mettere insieme la sua reazione a quella sortita?

La risposta che Paola Caridi si dà è semplicemente terribile : né l’una né l’altra parte ha dimostrato nei fatti di non avere mai avuto una strategia degna di questo nome e ,quello che è peggio, in vicende che durano da decenni.

In una situazione del genere, se facciamo due più due, e dobbiamo farlo, non possiamo che ritrovare sempre lo stesso risultato : il caos, senza né capo né coda.

Cioè sono decenni che in quella sfortunatissima fascia di terra si mette in scena il caos ,nella più lampante mancanza di un ricorso ad una ragione.

Se volete aggiungere una ulteriore nota di orrore a questa ,che più che una storia, è un vero racconto gotico-horror, andate a dare una anche veloce lettura al capitolo 15 ,del libro di Giosuè (primo dei così detti libri storici della Bibbia).

Con vostra grande sorpresa vi troverete, la bellezza di circa 3200 anni fa, di fronte agli stessi identici nomi nomi geografici, la palestinese Gaza, le israeliana Askelon e Ashdod ,con sola differenza che allora a Gaza c’erano i Filistei ,che si scannavano con gli Israeliti di Askelon e Ashdot. con grande gioia del loro dio, che a tanto li spingeva senza esitazione, né remore etiche.

Ma leggetelo, il libro della Caridi ,perché vi descrive tutto con estrema chiarezza, anche se questo tutto vi farà diminuire la fiducia nei nostri simili.

Era tutto già scritto ,perché tutto era già avvenuto e non una volta sola, sembra incredibile.

E L’ elemento di continuità ,oltre alla mancanza di ragione e di strategia, è la ferocia.

Hamas ,è un movimento islamista, costola dei Fratelli Musulmani.

Consentitemi una ulteriore parentesi ,a questo punto, per sottolineare l’estrema utilità di un libro come quello della Caridi.

Perchè constatiamo tutti ,che la situazione politica del Medio Oriente è di difficile comprensione ,perché complicata alla massima potenza, però, come si spiega ,che l’autore di riferimento del pensiero contemporaneo dei Fratelli Musulmani che si chiama Hassan Al -Banna non è tradotto in italiano ed è di difficile reperimento anche inglese se non in modo parziale?

Come fa la gente di buona volontà a documentarsi?

Il pensiero di Al Banna è la chiave di volta per interpretare l’ispirazione di Hamas e dei movimenti islamici della regione.

E ve lo assicuro se non si ha l’opportunità di leggere il pensiero di Al Banna non si può avere idea di come per gli islamisti, come i seguaci di Hamas, non ci sia possibilità di conciliazione con il pensiero e la cultura occidentale.

Con la conseguenza che non si può capire che ad esempio anche quello che ci propinano i media in merito al perentorio impegno della presidenza americana di cercare interlocutori palestinesi “moderati” ,difficilmente ha un qualunque fondamento nella realtà dei fatti.

A complicare le cose poi, è il fatto che Hamas non è neanche lontanamente un’entità politica uniforme, ma è un coacervo di milizie e di clan tribal-familiari ,che mirano al potere.

Anche se sono abilissimi a sfruttare le mille charity e noi diremmo Ong ,che ,per altro, consentono agli sfortunati abitanti della striscia di sopravvivere.

Ma da sempre, e il libro analizza nel tempo questo fatto fondamentale, permane una lotta più o meno aperta fra l’ala politica e l’ala puramente militare.

Purtroppo è del tutto privo di senso immaginarsi un fronte unito do Palestinesi, contro un fronte unito di Israeliani.

Se guardiamo ai Palestinesi ,vedia,o che da sempre la ferocia è di casa nel modus operandi delle varie fazioni che lo compongono.

Sia ad esempio il fatto che quando Hamas ha vinto le elezioni del 2006 ed ha trovato un accordo con l’OLP e Al Fatah di Cisgiordania, per instaurare un governo unitario a Gaza, dopo pochissimo è successo l’impensabile nei tempi moderni quando gli uomini di Hamas hanno letteralmente scaraventato giù dal decimo piano della Gaza Tower alcuni degli esponenti della componente dirigenziale di al Fatah.

Ma non illudiamoci che Israele si sia comportato nella questione di Gaza in modo etico o almeno razionale.

Ci sono i rapporti dell’Onu e delle Commissioni ,che si sono succedute nel tempo per giudicare se le reazioni israeliane di allora avevano o meno rispettato i diritti umani più elementari e sono più che sconfortanti.

Per di più, tuttora, Israele non sta meglio di Hamas quanto a strategia ed ancor peggio a coesione interna.

A cosa serve ,infatti ,avere l’esercito più potente della regione, per di più sotto l’ombrello protettivo dell’impero americano, se non si sa dove si vuole andare e forse nemmeno cos’è Israele?

I volumi di Limes o di Domino più recenti ,dedicati al Medio Oriente, sono una documentazione inoppugnabile di questa perdurante situazione.

Soluzioni?

Siamo ben lontani.

L’autrice tra l’altro sembra convinta che la presunta soluzione che appare la più corretta eticamente, e cioè ,quella dei due stati ,non abbia più alcuna base nella realtà di oggi.

Ultima ma necessaria annotazione ,questo libro si fa leggere bene non ostante la crudezza degli eventi descritti, anche perché l’autrice si è chiaramente molto impegnata a tenere completamente celate le sue inevitabili simpatie o antipatie personali verso le parti in guerra, tenendo ferma la barra su una narrazione guidata dal rigore tipico dello storico.




sabato 25 novembre 2023

Dario Fabbri Geopolitica umana. Capire il mondo dalle civiltà antiche alle potenze odierne Ed. Gribaudo – recensione

 




E chi meglio di Dario Fabbri, Direttore di Domino e della Scuola di Domino, poteva scrivere il miglior testo di geopolitica, arrivato fino ad oggi sul mercato?

Non sembri esagerato quello che ho scritto, perché è singolare il talento di questo giovane analista, ormai pienamente affermato, con il non trascurabile “aiutino” ,che gli ha fornito due anni fa, quel pezzo da novanta del mondo dei media che è Enrico Mentana.

E’ stato infatti lui, che ha avuto il fiuto di lanciarlo negli speciali di La7 ad aggiornamento e commento della guerra d’Ucraina.

Fabbri ha il pregio di unire i vantaggi di una giovane età con l’autorevolezza .che si guadagna chi studia e fatica più degli altri e poi emerge per forza.

Nelle ormai continue apparizioni televisive o nei vari podcast ,blog e social vari, aiutato anche da un linguaggio molto personale. preciso e spesso perfino troppo colto, o forse anche proprio per questo. appare col suo rigore. quasi come un sacerdote. di questa nuova disciplina che è la geopolitica.

Che non teme di fare affermazioni quasi sempre contro- corrente, tanto contro corrente. da apparire spesso provocatorie, e comunque. sempre del tutto politicamente-scorrette.

Del pensiero considerato unico e mainstream, la geopolitica se la ride.

Nelle primissime righe di apertura del saggio del quale stiamo parlando,Fabbri introduce, molto a proposito, la sua testimonianza personale.

Che consiste nello sconcerto e nell’insoddisfazione di uno studente di Scienze politiche,come anche lui era stato a suo tempo, che si accorge che le materie basilari,, deputate a fornire gli strumenti per capire, dove va politicamente il mondo, come scienza politica e relazioni internazionali, sono declinate in modo da non essere affatto funzionali allo scopo.

Tutti costruiti su schemi ideologici, applicati in qualsiasi contesto, senza rendersi conto che gli schemi sono frutto di ideologie esclusivamente occidentali, spacciate erroneamente per universali ,con piglio colonial-razzista, in senso culturale.

Lontani da una sistematica analisi storica, affiancata da antropologia e psicologia.

Studio delle etnie e ,si direbbe ,di quell’oscuro mondo, che ,per intendersi, potrebbe definirsi come psiche collettiva.

Ed allora ecco che la realtà non viene più descritta visionandola e classificandola ,guardandola dietro a lenti colorate, che la definiscono sulla base di severe, ma posticce classifiche a base di democrazia formale e diritti umani (declinati alla occidentale).

Ma viene scansionata dalla geopolitica sulla base di concetti antichi : potere, nazione, e orribile a dirsi secondo il pensiero unico mainstream, imperi.

Per impedire lo svenimento continuo dei lettori non avvezzi alla crudezza di questi linguaggi alla Thomas Hobbes, (che curiosamente i cultori di geopolitica non nominano mai) ,Fabbri e soci invece che impero ,usano più spesso il termine egemone regionale o globale e si spiegano comunque benissimo.

I lettori avranno già sentito sciorinare i “fondamentali della geopolitica : andamento della demografia; coesione etnica o meno di un popolo ; pedagogia sempre di un popolo, amministrata dal sistema scolastico, che può portare a quella negli Usa è comunemente considerata apertamente come una “religione civile”; attitudine a considerare o meno come prioritari, elementi che non sono economicisti (benessere materiale, da coltivare senza sacrifici) come : potere, sovranità, sentire comune condiviso, orgoglio del proprio passato, meglio se imperiale, attitudine all’uso della violenza, per difendere la propria idea di nazione profonda, attitudine a sacrificare l’immediato bene materiale e in una certa misura i diritti, pur di godere del prestigio del proprio passato considerato glorioso ed esaltante.

Ecco ,bastano poche righe e pochi concetti base per capire ,che esiste un discrimine abbastanza netto fra il mondo degli egemoni o aspiranti tali : Stati Uniti, Cina,Russia, Turchia, Iran e “gli altri”, che impersonano la parte dei “clientes” dei primi.

Si direbbe ,che in geopolitica come nel diritto, “tertium non datur”.

E avanti così, con sorprendenti sventole date in faccia a che si pasce dell’illusione di un governo “etico” del mondo ,basato su istituzioni internazionali, delle quali la geopolitica ha una considerazione direttamente proporzionale al loro (quasi nullo) potere effettivo, o delle presunte potentissime multinazionali, che la geopolitica ridimensiona drasticamente, alla sola dimensione che gli apparati dei loro paesi di riferimento, concedono loro di esercitare.

Non lo nego, essere invitati a leggere il mondo, usando parametri del tutto nuovi e diversi (anche se sono antichissimi) mette inizialmente a disagio, ma l’irritazione si supera ,quando si capisce che dietro c’è un’analisi accurata, trasparente e asetticamente distinta da ideologie di sorta.

Personalmente ,dopo essere stato per un certo periodo scosso nelle mie precedenti convinzioni, mi sono convinto, che usando questi parametri coltivati dalla geopolitica, riesco a capire quello che prima mi convinceva sempre meno.

Ma leggetelo comunque questo saggio, da qualunque scuola di pensiero proveniate.

Vedrete che Fabbri, per male che vada, vi darà comunque delle piacevoli soddisfazioni intellettuali.



giovedì 16 novembre 2023

Limes : La Cina resta un giallo. La fine del mezzo secolo d’oro trova il colosso in mezzo al guado. I misteri dei palazzi di Pechino – n 9/2023 – recensione

 



Come sempre su Limes non si può perdere l’editoriale di Lucio Caracciolo, anche se il suo vezzo di ricorrere spesso e volentieri a termini ultra-colti a volte diventa sconcertante.

In questo editoriale dopo poche righe vi imbatterete nel termine “apofatismo” che non è proprio di uso comune, ma questo è Caracciolo.

Al di là dei termini esoterici il suo argomentare è molto solido.

Seguo da molto tempo Caracciolo e quindi ho imparato col tempo che i suoi giudizi e previsioni sono basati su analisi molto accurate.

Di conseguenza non mi rende affatto felice dover constatare, che nelle uscite recenti, esprime un pessimismo abbastanza accentuato.

Non solo e non tanto per le guerre che deflagrano in serie, ma per la situazione complessiva di fondo.

Del resto non è un caso ,che da tempo Limes abbia coniato un felice neolgoismo proprio per descrivere la situazione attuale di questo nostro mondo : “caoslandia” ,che dice tutto ,senza dover spendere troppe parole.

In questo editoriale, si da per assodato il fatto, che l’egemonia americana e il conseguente unilateralismo ,è soggetto a tali scricchiolamenti ,da costringere gli analisti di geopolitca a guardare a un futuro ,nel quale verosimilmente si vedrà imporsi o un altro impero egemone ,o più probabilmente una intesa fra imperi ,che porterebbe a un equilibrio multipolare e a un altro tipo di globalizzazione.

Dove dovremo misurare il livello di potenza del nuovo o nuovi egemoni ?,si chiede Caracciolo.

Naturalmente sul mare, ci risponde lo stesso direttore di Limes, che non a caso, è riuscito a far diventare quasi usabile ,il termine :“talassocrazia”, troppo importante per essere trascurato, dato che il controllo dei mari, come ci ha più volte spiegato, è forse il parametro più importante della geopolitica.

E’ interessante e significativo rilevare che Caracciolo spiega il complesso atteggiamento degli alleati asiatici americani più decisi ,come il Giappone, che mentre da un lato stanno elaborando verso la Cina tutto un cordone sicuritario, dietro al quale difendersi, dall’altro lato sono tutt’altro che propensi a battezzarsi nel credo occidentale perchè nel loro subconscio vedono scritto sempre più chiaro il motto “l’Asia agli Asiatici”.

Far dimenticare le umiliazioni coloniali o successive a chi le ha subite, non è facile o forse è addirittura impossibile.

Ma noi occidentali ci passiamo sopra quasi sempre.

Ecco allora che il quadro complessivo che ne deriva è assolutamente figlio dell’era della complessità e della contraddizione, appunto caoslandia.

Giappone, India, Turchia, Iran ,e non dimentichiamoci Russia, non sono affatto avviati a sposare l’Occidente come cultura.

Va bene l’economia liberale ,con tutti i vantaggi del libero mercato e della globalizzazione, ma non fermiamoci alle apparenze.

In profondità ,si muovono altre e ben più antiche forze.

Questo numero, come ha sottolineato giustamente il simpatico e tenace Alfonso Desiderio, curatore del canali di Limes, presentando il volume, è arricchito da una partecipazione del tutto inusuale di analisti cinesi e quindi è ancora più ,diciamo ,di prima mano.

Se avete tempo naturalmente leggete tutto quanto, ma se avete obiettivi limiti di tempo, oltre all’editoriale di Caracciolo, non trascurate di leggere l’articolo di Alessandro Aresu, uno dei collaboratori, divenuti più autorevoli di Limes, molto dettagliato sull’elemento forse portante della guerra ,per ora solo commerciale, fra Cina e Usa, il mercato dei microcip.



giovedì 2 novembre 2023

Quiao Lang Wang Xiangsui Guerra senza limiti a cura di Fabio Mini Ed LG le guerre – recensione

 



Questo libro singolare è divenuto ormai un classico di strategia militare ,a quando si legge, diffuso in tutte le accademie militari del mondo.

E’ conosciuto come il libro dei due colonnelli cinesi, nell’edizione italiana ,si dovrebbe dire ,dei due colonnelli e di un generale, perché il contributo del Generale Fabio Mini ,per adattare meglio questo saggio ai parametri del pubblico italiano ,è molto consistente.

Devo confessare, che non avendo fatto il servizio militare, mi trovavo completamente digiuno e spiazzato, quando, cercando di documentarmi sull’andamento delle guerre, che in giro per il mondo non ci sono mai state risparmiate, mi dovevo confrontare con il gergo tecnico e la notevole preparazione che trovavo negli analisti di cose militari.

Ultimamente poi, di fronte agli eventi di Ucraina e Israele, dopo avere consultato diverse fonti, ho finito per privilegiare ,come più attendibili ,proprio quelle ,nelle quali apparivano analisti militari, molti dei quali, con alle spalle lunghe e prestigiose carriere in divisa.

Di conseguenza, dopo avere affrontato (e recensito) alcuni dei testi che trattavano l’argomento delle guerre asimmetriche ,(quelle cioè nelle quali lo schieramento dei due eserciti schierati su un fronte, se ancora e in certi momenti c’è, è oggidì sempre accompagnato da molti altri elementi ben diversi da quelli tradizionali) ho deciso di affrontare direttamente l’argomento della strategia militare con questo libro.

Libro che fra tanti pregi, come chiarezza dell’esposizione e citazione delle fonti ,come usa nei testi accademici, ha anche quello di esporre i vari modelli di strategia, quelli tradizionali e quelli moderni, che hanno rivoluzionato completamente il modo di ragionare di guerra.

Naturalmente il libro parla parecchio di guerra asimmetrica che si riferisce sopratutto alle tecniche di guerriglia ,usate tutte le volte che un paese o un movimento deve affrontare un esercito tradizionale, molto più potente o comunque ,sproporzionato rispetto alle sue forze.

Poi all’uso di armi diverse, molto diverse da quelle tradizionali.

Tanto per cominciare , le nuove armi, che si sono sviluppate ,usufruendo dell’enorme progresso che ha avuto la tecnologia in questi ultimi anni .

Ci siamo ,in più occasioni, ritrovati a confrontarci con sistemi d’arma, che pensavamo che non avrebbero mai potuto, realmente, passare dai racconti di fantascienza ,alla realtà.

Vedremo nel libro ,che questo incredibile a rapidissimo ammodernamento dei sistemi d’arma, ha però condotto alcuni importantissimi operatori ,a farsi prendere la mano, e cadere nel più classico dei wishing phinking, cioè dare per acquisito ,quello che era solo una speranza, ma non una realtà.

E’ noto infatti che, per esempio, un politico influentissimo ,come Donald Rumsfeld, segretario alla difesa sotto i presidenti Ford e poi George W. Bush ,aveva portato il suo paese a commettere errori strategici macroscopici, perché si era intestardito nel sostenere che il progresso tecnico era stato talmente forte ,da rendere praticamente superfluo l’impiego di truppe sul terreno, essendo sufficiente sparare da distanza e sopratutto dall’aria ,senza mettere a repentaglio la vita delle fanterie.

Purtroppo la realtà si è manifestata diversa, se mai ci arriveremo a quel punto è chiaro che siamo ancora lontani .

Poi si parla dell’uso di armi ,di tutt’altro tipo,rispetto a quelle tradizionali, come quelle dirette alla manipolazione delle menti per uso bellico, facendo largo impiego dei media e particolarmente di quelle digitali come i social.

La comunicazione, se ben realizzata, ha effetti superiori ai missili.

Poi le armi finanziarie ed economiche.

Gli americani sono diventati maestri in questo campo ,usando tutta la loro strapotenza economica imponendo embarghi, sanzioni o anche solo dazi doganali che sono in gradi di fare molto male, senza dover ricorrere a guerre dirette.

Poi il ricorso sempre più frequente a “mercenari” altamente addestrati, che servono molto come foglia di fico per nascondere il governo che li usa, ma che non vuole esporsi.

Senza trascurare l’impiego, anche questo, divenuto molto frequente, di proxy war, guerre per procura ,cioè fatte ,utilizzando nazioni amiche o alleate, da mandare a combattere per conto proprio, rimanendo fuori dal conflitto, se non ovviamente, impegnandosi in aiuti a volte molto massicci di armamenti e denaro.

Ultime, ma sempre di importanza capitale , guerre culturali ,con mezzi solo apparentemente neutri e asettici.

Pensiamo a cosa ha ottenuto in questo campo l’America, solo “esportando” le produzioni di Hollywood .

Spesso molto di più, che impantanandosi in guerre insensate.

Ebbene il libro dei due colonnelli cinesi parla proprio di queste cose ,ovviamente in modo sistematico e diffuso ,non risparmiando formidabili esempi di tecniche e strategie militari ,che spaziano dai tempi di Alessandro Magno,Atene e Sparta ,fino a Napoleone, genio militare indiscusso, arrivando fino ai nostri giorni ,ed in particolare alle guerre del Golfo, la buccia di banana, che ha fatto incamminare l’America in una serie di errori che ne minano la credibilità e il prestigio ,forse in modo irrimediabile.

I colonnelli citano Rumsfeld e ne riportano gli errori ,che ho sopra accennato, ma sinceramente, leggendo il loro libro, ho ricavato l’impressione ,che forse anche loro si siano un po’ illusi sul fatto che il progresso tecnico sarebbe tanto potente, da poter portare l’umanità al punto di poter vedere guerre combattute in modo sempre più incruento e con sempre meno perdite, proprio servendosi di sistemi d’arma ,sempre più sofisticati.

Purtroppo, le attuali vicende di Ucraina e Israele ci mostrano il perdurare di barbarie e macelli, che ci eravamo forse tutti illusi, che fossero usciti definitivamente dal nostro mondo moderno.

Sicuramente a causa di imperdonabili errori umani.

C’è veramente da riflettere su questo punto : avremmo realmente già a disposizione mezzi e tecnologie per combattere, se necessario, a distanza e senza farci troppo male ,se non addirittura senza farci male per niente, ma poi vediamo, sempre per errori umani, avvenire i massacri inutili di Bachmut .

Ucraini e Russi ,schierati su un fronte trincerato, anzi ultra-trincerato, come ai tempi folli di Verdun, prima guerra mondiale ,quasi 120 anni fa.

E’ assurdo, ma è quello che vediamo tutti i giorni.

Utilissimo ,comunque, riflettere su questo libro di due, anzi tre ,super-esperti.





venerdì 27 ottobre 2023

Domino rivista sul mondo che cambia Il ritorno del Medio Oriente Hamas e Teheran attaccano Israele per spezzare il fronte anti - iraniano. Ora la reazione israeliana può cambiare tutto. N 10 – 2023 – recensione

 



Sarà perché sull’argomento ho letto molto ,ma questa volta, l’editoriale di Dario Fabbri mi è sembrato meno spumeggiante del solito, anche se completo e puntuale.

Purtuttavia ,mi pare che questo numero di Domino dica quello che c’era da dire, cioè quello che il lettore vuole vedere, per potersi informare in modo adeguato sul recente conflitto fra Israele e Hamas, per ora limitato a Gaza.

Ho apprezzato in modo particolare il saggio di Virgilio Ilari, storico militare, che a quanto pare ha da sempre acquisito la prospettiva tipica della geopolitica.

Mi ha fatto piacere vedere stracciare i veli di ipocrisia, che annebbiano i protagonisti dei nostri media, quando si ammantano continuamente di diritto internazionale, diritti umani e crimini contro l’umanità.

Per carità non certo per giustificare gli stati, che ne aggrediscono altri ,senza essere provocati,capisco benissimo che la ragione di fondo per la quale i nostri media, ma in genere tutti quelli europei ,hanno assunto come una bandiera una lettura ultra-atlantica nelle guerre di Ucraina e di Gaza ,non deriva da un infatuazione ideologica, ma semplicemente dal fatto ,che la chiave di lettura dei pochi che studiano e si documentano, seguiti poi da tutto il plotone, si rifà ai testi politologici e di relazioni internazionali ,che hanno studiato all’Università e che sono rimasti ancora quelli basati sull’idealismo di Woodrow Wilson e i suoi 14 punti, sull’assetto post guerra mondiale e poi post guerra fredda, che immaginava un mondo unipolare sotto la guida del messianesimo americano, per la diffusione globale dei principi liberali e della democrazia.

Peccato che nel frattempo la rottura di quell’ordine mondiale a la subentrata crisi delle democrazie occidentali ,abbia fatto si ,che il mondo presente sia diventato leggibile solo usando la chiave di lettura della geopolitica, per definizione “realista” e non ideologica ,ma addirittura nemmeno basata su un’etica a prescindere.

La politologia accademica è rimasta presa completamente in contropiede da questi sviluppi e non ha saputo ancora rinnovarsi.

Il saggio di Ilari, che si è citato sopra, si sofferma opportunamente in una esposizione insolitamente ampia del pensiero di John Mearsheimer ,che penso si possa definire come il caposcuola appunto della visione “realista” della geopolitca, autore noto, ma non abbastanza ,se si pensa quanto il suo pensiero sia stato assorbito dallo “stato profondo” americano, che è quello che in ultima analisi tira le fila della giostra.

Non tento nemmeno di farne un’esposizione ,ma invito invece il lettore a procurarsi il numero 10 di Domino.

Oltre alla esposizione della situazione a Gaza, che significa anche accenno alle divisioni sul punto di rottura nella società istraeliana, sui rischi di estensione del conflitto al Libano e Siria per conto dell’ Iran, con la ormai abituale forma della proxy war, non si tralascia ovviamente la posizione attendista, ma molto interessata di Cina, Russia e Turchia, oltre alla estrema difficoltà dell’amministrazione Biden ,che è ormai apertamente contestato dall’ala più a sinistra del suo partito, che si sta manifestando per la prima volta come filo-palestinese.

Il numero di Domino, opportunamente ,non trascura un aggiornamento sulla guerra in Ucraina ,non tanto sugli eventuali spostamenti sulla linea del fronte, a proposito della quale c’è poco da dire, perché in realtà non succede nulla di rilevante da un bel pezzo, ma piuttosto sull’argomento che tutti ,dicesi tutti, ignorano colpevolmente e cioè : qual’ è il punto di vista dei Russi?

Si da quindi conto della situazione nelle quattro regioni ,rivendicate dalla Russia ,e con molta intelligenza ,si riporta la narrazione, inerente ad alcune parole chiave ,che si ritrovano nei manuali di storia di quest’anno delle scuole superiori russe.

Ciliegina sulla torta, questo numero di Domino riporta anche un articolo sulla situazione in Argentina ,appena andata al primo turno elettorale, con esiti verosimili ultra-populisti- peronisti .

E’ veramente incredibile questo fatto se si pensa ai ripetuti fallimenti storici delle figure politiche ,che si sono fondate su quelle ideologie, ma così va il mondo.


mercoledì 25 ottobre 2023

Amedeo Maddaluno : Geopolitica Storia di un’ ideologia Prefazione di Aldo Giannulli Ed:goWare

 


E’ un vero piacere continuare a imbattersi ,nella ricerca di libri, che valga la pena raccomandare ai lettori, in autori che dimostrano subito di essere giovani talenti, estremamente promettenti, proprio come Amedeo Maddaluno.

Per di più questo autore, con il trattatello del quale stiamo parlando, ha realmente coperto un vuoto, che incredibilmente resisteva da tempo.

Pare impossibile, ma praticamente ,non si trovano trattazioni sistematiche della geopolitica come materia autonoma.

Maddaluno è quindi venuto incontro all’esigenza, che inevitabilmente manifestano i lettori, invasi da analisi di geopolitica ,loro malgrado, a causa delle guerre in corso, di approfondire il discorso ,anche per evitare i perdere tempo, mentre dotandosi degli strumenti necessari si troveranno in grado di separare gli analisti di livello adeguato ,dai soliti tuttologi, che si improvvisano esperti anche di geopolitica, senza averne né le basi né le competenze.

Maddaluno ci ha offerto appunto un trattatello di poco più di 100 pagine, ma vi assicuro ,che pur avendo io ormai masticato geopolitica da un pezzo (come dimostrano le recensioni in materia apparse su questo blog), questo libro l’ho dovuto leggere e riprendere più volte, per metabolizzare la mole di concetti che vi sono esposti.

Su questo libro infatti vediamo esposti ,come si converrebbe in un manuale universitario, le teorie con le quali si è evoluta nel tempo la geopolitica, così come l’elenco e le opere dei principali autori della materia.

Non sto a farvi riassuntini, che non avrebbero senso.

Mi limito a riportare quelli che mi sono apparsi come punti di forza.

Per primo, come peso specifico, direi che che finalmente ho potuto ritrovare elencati i teorici ,che hanno elaborato la strategia seguita dalla governance americana, essendo tuttora gli Usa gli egemoni mondiali.

Secondo la lettura che ne da l’analisi geopolitica ,sappiamo bene, che saremmo considerati studenti da bocciare, se ritenessimo ,che il potere negli Usa ,come altrove, risieda veramente nel Presidente ,o chi per lui.

Infatti un parametro elementare della geopolitica vuole che non esista mai nella realtà alcun uomo solo al comando, ma una complessa cordata ,nella quale le agenzie securitarie e di intelligence, di comunicazione e militari, contano come e più dei presidenti e quindi, per questo, sopra ho scritto governance e non Presidenza.

Lo stesso fatto che si possa chiaramente individuare in falsariga nella politica estera americana una strategia di fondo , dal secolo scorso ad oggi, sta a dimostrare la assoluta validità della lettura geopolitica, necessaria per riuscire a capire dove va il mondo e cercare di prevedere dove andrà verosimilmente, nel prossimo futuro.

Fra tanti autori citati da Maddaluno, mi sembra che, a questo proposito , giganteggi la figura di Nicholas Spykman, che ha scritto il suo testo più importante : “America’s Strategy in World Politics .The United States and the Balance of Power”, ben 81 anni fa, autore, incredibilmente poco conosciuto, ma a questo servono i saggi di livello come quello di Maddaluno, mettere ordine in una disciplina ancora relativamente nuova e poco conosciuta.

La strategia basata sull’individuazione della potenza unica degli Usa, fondata sulla sua realtà geografica, che la contraddistingue, di dimensioni continentali ma come fosse una grande isola ,trovandosi delimitata da due oceani ,è di comprensione evidente.

Perchè è incontestabile il fatto che solo la posizione geografica la rende naturalmente inattaccabile, Diventa quindi una conseguenza logica la teorizzazione ,che vuole il potere dell’America basato non tanto su un esercito, ma su una flotta.

Nel caso specifico poi sappiamo che questa strategia è stata tanto bene applicata da dotare quel paese di ben 7 flotte!

Non vado oltre sulla dottrina della “talassocrazia”.

Partendo da questa analisi, Spykman ha teorizzato il fatto che l’unico possibile rivale come egemone mondiale nei confronti degli Usa non potrebbe essere altro che quello che viene definito “Eurasia” o nel linguaggio di Spykman, “Rimland” che si estende dalle coste del Portogallo alle coste della Siberia.

Per Spykman, punto primo della strategia imperiale dell’America, deve essere impedire che si saldi un potere unitario fra le potenze regionali dell’Eurasia, cioè, in ultima analisi, guai se la Germania si alleasse in modo stabile con la Russia, sarebbe la fine del potere globale americano.

La Cina ,Spykman non la vede come potenza regionale e tanto meno mondiale emergente, perché in quel ruolo ,in Asia, vede il Giappone.

E’ inutile che ripeta, che questa era ed è la strategia fondamentale sopratutto delle agenzie americane.

Non ha alcun rilievo, che il presidente sia democratico o repubblicano, la strategia è sempre quella.

Questa è la forza degli egemoni.

Vivono sui tempi lunghi della storia non sui cicli elettorali.

Vedrete leggendo questo libro, quanto pesa acquisire i fondamenti sistematici di una materia.

Mi permetto di fare un esempio personale.

Dopo essermi accostato alla geopolitica ,partendo dalla lettura dei saggi degli ottimi analisti di Limes di Lucio Caracciolo, e più recentemente del Domino di Dario Fabbri ,ed avendo approfondito di volta in volta con la lettura di alcuni dei testi da loro citati, credevo di aver capito, che ,essendo forse l’autore americano più citato da Cracciolo e da Fabbri ,George Friedman, fosse l’autore di geopolitica più importante se non il più importante.

Sorpresa!

Maddaluno nemmeno lo cita una sola volta e questo qualcosa vorrà pur dire.

Se troverete il tempo di leggervi questo agile trattatello ne guadagnerete parecchio, e comincerete forse finalmente ad orientarvi nel mare magnum delle notizie-propaganda, che accompagnano le guerre in atto.

E non sarebbe cosa da poco.