lunedì 24 ottobre 2016

Adolf Hitler rimarrà senza casa, perchè il governo vuole abbattere la sua casa natale di Braunau am Inn in Austria




Il Fuerer era nato in un paese nella parte Nord dell’Austria non lontano da Salisburgo al confine con la Germania, che conta oggi 16.000 abitanti.
Non essendo posto di particolari opportunità si era però formato a Vienna.
Data la posizione del personaggio non meraviglia certo che quella casa ,che si trova al numero 15 della Salsburger Vorstadt, fosse ben presto diventata una specie di museo e luogo di culto, durante il nazismo.
Meraviglia invece che il fantasma dell’ex fuerer sia ancora tanto temuto da far prendere alle autorità austriache, che godono dal dopoguerra di una invidiabile posizione di stabilità politica la decisione di ricorrere alla classica “damnatio memoriae”.
Questo meraviglia e spaventa anche un po’, perchè significa molte cose ,tutte sgradevoli e potenzialmente pericolose.

Non è mai un buon segno dover constatare che la classe politica al potere fa qualcosa per paura
Il fatto stesso che quella casa faccia paura, se facciamo bando alle ipocrisie politicamente corrette, significa nè più nè meno, che perfino in un paese solido e stabile come l’Austria si teme che ,come si ripete oggi di continuo, qualche mente non eccelsa “si radicalizzi” e usi di quella casa per alimentare la mitologia neo-nazista, fanatizzando i suoi seguaci.
Localismo, ricerca di identità, nazionalismo, “noi padroni in casa nostra”, populismi vari, oscurantismo religioso, conosciamo bene tutte queste sotto-ideologie politiche, che oggi serpeggiano quà e là e che aumentano in consenso, man in mano che le classi politiche dominanti non riescono più a mascherare la loro pochezza.
Purtroppo per loro, però, lo strumento di difesa che si sono scelti , rappresenta di per sè proprio la confessione della loro inadeguatezza, e questa è la ragione della paura.

Non sarà che la verità vera sia il fatto che è della loro inadeguatezza che hanno paura?
Se i politici al governo rappresentassero una classe politica preparata , con buone e salde idee nella zucca, farebbero proprio il contrario,e quindi per dimostrare la loro fiducia nella superiorità delle democrazia, sfrutterebbro quella casa natale, del peggiore dei loro figli, per farci un bel museo , che illustri (e non mi sembra difficile farlo) i disastri immani, che ha combinato quel povero uomo che era Adolf Hitler.
La miglior difesa è l’attacco e non la fuga nella damnatio memoriae.
Ma poi, tutte le volte che la politica vuole dettare la sua lettura della storia, sbaglia per definizione.

Chi “scrive” la storia
Un detto comunissimo è quello che recita :”la storia la scrivono i vincitori”.
Niente da obiettare, perchè ripropone una semplice ovvietà, ci mancherebbe che la storia la scrivessero quelli che le guerre le perdono, sarebbe un mondo all’incontrario.
Ma quel detto induce a un inganno logico, perchè la sua formulazione corretta dovrebbe essere : i vincitori dettano le condizioni, che finiranno riportate dai libri di storia.
Ma non scrivono per niente la storia.
La storia la scrivono gli storici dopo avere a lungo consultato, studiato e interpretato i fatti.
La storia non è “la lista della spesa”, cioè l’elenco di battaglie e trattati.
La storia è la “lettura” degli avvenimenti, che si fa studiandone le conseguenze e quindi giudicando i protagonisti.
E infatti non è detto per niente che gli storici premino nel giudizio (della storia) i vincitori.
Prova ne sia che, ad esempio, il giudizio storico sui vincitori della Grande Guerra è stato pesantissimo, perchè quei personaggi, accecati da odi e risentimenti feroci, hanno scritto delle improvvide clausole del trattato di Versailles, umilianti e vessatorie per la Germania.
E’ quindi finita nel senso che, di fatto ,siano stati loro che, senza volerlo, hanno scritto il “Mein Kampf” di Adolf Hitler, cioè la filosofia di odio che ha ispirato il nazismo.
E’ ridicolo che dei politici adottino leggi per imporre una loro interpretazione della storia.
Si capiscono le buone intenzioni ,che hanno animato ad esempio i parlamentari francesi, che hanno voluto che fosse sancito il “reato” di misconoscere l’olocausto degli Ebrei o il genocidio degli Armeni.
Ma sono operazioni senza senso.
Sono gli storici che devono dimostrare, come hanno dimostrato, che quei fatti sono sostenuti da una documentazione inoppugnabile.
Ma questa affermazione è appunto una acquisizione della storia e della cultura, non è cosa che si possa imporre.

La politica è un altro campo nel quale si aggirano ideologie e propaganda, che mai devono inquinare l'indipendenza scientifica degli storici e degli operatori culturali.
Non ci vorrà una legge, si spera, per stabilire che Annibale aveva vinto a Canne, sarebbe ridicolo se qualcuno lo facesse, ed allora che senso hanno le pronunce della politica su altri fatti storici?
Perchè qualche altro stato o forza politica strumentalizza quegli avvenimenti ,per farne un argomento ideologico od emotivo a suo favore?
Si ribattano allora le argomentazioni false e capziose altrui, con argomenti , con argomentazioni e con della buona documentazione, ma non con atti legislativi o di governo.
Non si può fare diventare per legge intelligente un cretino, è un'operazione tutta in perdita, che alla fine scredita chi la fa, anche se è animato dalle migliori intenzioni.

Si può solo, più umilmente, informare di più l’ignorante, perché diventi meno cretino, fino ad acquistare una formazione culturale accettabile.

lunedì 17 ottobre 2016

Dopo Marco Pannella scompare anche Dario Fo. Ambedue testimoni scomodi del credo laico, che non è molto amato in Italia






Quando il Papa parla, anche se è un Papa oltremodo scomodo per i “benpensanti” come Francesco, la gente lo ascolta con rassegnata pazienza, perchè è il Papa e gli Italiani, che si dichiarano “genericamente cattolici”, cioè quasi tutti, rispettano il Papa, chiunque esso sia, perchè hanno paura, come i bimbetti del Catechismo di fare o anche solo di pensare qualcosa che potrebbe portarli all’inferno o anche solo “portare male”.
Sarà un modo di comportarsi un po’ primitivo ed infantile, ma questa è la formazione e la cultura religiosa di questo paese.
Una volta questo livello così insoddisfacente e non degno di un popolo ormai altamente scolarizzato, si poteva imputare a una pastorale ecclesiastica oscurantista e ultra-tradizionalista.
Oggi decisamente non più.

Papa e parroci preferirebbero avere di fronte “cattolici adulti” e non la solita palude di benpensanti cattolici generici

Non solo il Papa, ma anche un buon numero di preti e di parroci, preferirebbero di gran lunga di dover badare a un “gregge” di cristiani “adulti” che si impegnino a rivedere criticamente con il dovuto studio le frettolose nozioni del Catechismo, invece che una massa di “fedeli” rimasti bambini in materia religiosa, che si rivolgono a loro come agli “impiegati dei sacri misteri” per averne sacramenti, e assoluzioni a buon mercato, in nome del cielo.
Questi preti sanno che il “cielo” non si accontenta che si vada a dormicchiare in chiesa alla domenica “perchè così ho la sensazione che durante la settimana non mi accadrà alcuna disgrazia”.
Molti preti non si trovano bene ridotti a “sciamani”, come lo sono oggi e vorrebbero tanto dare una bella scrollata ai tanti o tantissimi cristiani passivi di fronte a loro.
Ma sanno per esperienza che questa scrollata se pure necessaria, va fatta non con delicatezza, perchè altrimenti non sarebbe una scrollata, ma almeno con cautela ed in modo progressivo, perchè i loro “fedeli” rimasti si trovano bene ad andare avanti conservando un atteggiamento passivo.
Dire alla gente : ebbene adesso , cioè d’ora in avanti si cambia, non è semplice come sembra.
Non dovete più venire a Messa o da me ad aspettare che vi “spieghi” quello che già avrete pure acquisito nel corso degli anni.
D’ora in avanti, voi dovete diventare “responsabili” di voi stessi della vostra fede e del vostro sistema di credenze.
Per diventare responsabili dovete affrontare per conto vostro la lettura dei “testi sacri”.
Ma non basta, dovete studiarli e meditarli.
Noi non abbiamo più paura (come avevamo prima) che muovendovi da soli voi fedeli, assumiate diversi atteggiamenti critici nei confronti di quei testi o meglio delle interpretazioni correnti di quei testi.
Perchè abbiamo visto che quando ci comportavamo scoraggiando la lettura e lo studio personale, per non correre rischi di contestazioni, è stata quasi una catastrofe nel senso che le chiese i seminari e i conventi si sono letteralmente svuotati.
Di conseguenza ora pensiamo che l’unica via ragionevole per tenere in piedi questa Chiesa sia fare in modo che gran parte di voi “assuma le proprie responsabilità”, divenendo “cristiani adulti”.


Anche se per i preti è molto più impegnativo trovarsi di fronte fedeli critici e responsabili

Certo avere davanti “cristiani adulti” è per noi più scomodo e soprattutto più impegnativo, perchè i cristiani adulti per definizione si fanno e poi fanno a noi domande che ci possono mettere in difficoltà anche serie, perchè noi non abbiamo il potere di “abrogare dogmi” che questi cristiani adulti potrebbero trovare strampalati e indifendibili al giorno d’oggi.
E poi, diciamocela tutta, non sempre siamo abbastanza preparati noi preti per affrontare a fondo argomenti che non siamo ancora abituati a trattare, siamo preti non siamo teologi o filosofi di professione.
E poi ,in fondo in fondo, anche noi temiamo che se cominciamo a rileggere criticamente la nostra dottrina, potremmo rischiare di fare traballare la nostra fede.
Però al punto in cui siamo, ci siamo convinti che valga la pena di correre quel rischio, diversamente fra qualche anno, ci sarebbe il rischio ben più grosso di vedere finito il cristianesimo in Occidente.

Pannella e Fo, laici “atei” e anticleriali a modo loro, avevano un “credo” e un’ispirazione più evangelica di quella di gran parte dei “fedeli” cattolici, che interpretano la loro fede in modo acritico e passivo

A questo punto il lettore si chiederà, ma cosa c’entra tutta questa descrizione dei dubbi critici di “cristiani adulti” e di preti più svegli di una volta, con Dario Fo e Marco Pannella?
C’entra e c’entra molto, perchè a mio avviso, questi due grandi personalità della cultura laica hanno di fatto lavorato molto nella direzione di convincere la gente ( cristiani compresi, se non soprattutto) della necessità ineludibile per loro di abituarsi al “pensiero critico” che porta ad acquisire quella “responsabilità” che oggi manca e che è la causa principale dello sfilacciamento di questa società, diventata “liquida”.
Il pensiero laico non è mai stato troppo amato nel nostro paese, non perchè fosse ateo
o anticlericale, in un ambiente genericamente cattolico, ma perchè era ed è per sua natura diretto a “dare la sveglia” alla palude dei “benpensanti” che amano tanto dormicchiare nell’universo dei loro pregiudizi ,prima acquisiti senza passarli mai per il vaglio della ragione e poi archiviati come dogmi ai quali riferirsi.
Queste grandi figure della cultura laica davano fastidio perchè si servivano spesso con grande abilità teatrale dei loro atteggiamenti anti-conformisti e irriverenti per fare passare in modo immediato e comprensibile da tutti dei messaggi culturali scomodi.
Quando Dario Fo si studiava con passione e con costanza la storia medievale ,teologia compresa, era preso dallo stupore di vedere con quale facilità la Chiesa ha sempre “manipolato” i testi per trarne la dottrina che faceva più comodo non per la migliore salvezza delle anime, ma per sostenere un tale o talaltro potere temporale, usando dell’autorità e del prestigio dei “sacri misteri”.

E’ stato paradossale per molti intellettuali cattolici trovarsi a dover apprendere da quei presunti atei elementi della loro fede che non conoscevano perché oscurati dall’apparato ecclesiastico
E’ sconcertante per esempio che gli intellettuali cattolici si siano trovati costretti dalle opere apparentemente scanzonate di Fo ad apprendere la portata degli “scritti comunisti” nientemeno che di Sant’Ambrogio, introvabili a tutt’oggi in traduzione italiana, che io sappia, e questo la dice lunga sulla perdurante capacità di manipolazione e di lobby del potere ecclesiastico.
I due grandi intellettuali laici dei quali stiamo parlando pur essendo “atei” e “anticlericali” solo in una accezione dei termini molto ristretta e particolare, erano in realtà persone “altamente credenti”.
Credenti non nella narrazione della mitologia cristiana, ma nello spirito del messaggio evangelico sicuramente.
Quando Pannella andava e faceva andare i suoi a visitare sistematicamente le carceri per cercare di fare conoscere a tutti le condizioni deplorevoli di quella umanità rispondeva nè più nè meno che a un precetto evangelico e con ciò dava uno schiaffo in faccia a una classe politica che per decenni sfruttava il riferimento a un cristianesimo per prendere voti nelle parrocchie, ma che poi nell’azione pratica largamente ignorava e contraddiceva.
Questo dava fastidio, anzi dava molto fastidio.
Le battaglie civili del leader radicale per la difesa della qualità della vita e non della vita quale che sia, anche quando diventa indegna e in contrasto con la dignità della persona umana, facevano lo stesso effetto.
Quando Dario Fo sferzafa e svillaneggiava “il potere” nelle sue manifestazioni arroganti e spesso ignoranti faceva da megafono a quel lontano messaggio che proveniva dalla Palestina di duemila anni fa e che ha attraversato quel Medioevo che Fo aveva tanto amato e studiato per rinvenirvi nella cultura popolare quel grande tesoro di umanità, al quale il potere è indifferente.
Dava fastidio in questi due grandi intellettuali proprio lo strattone se non lo schiaffo ,che veniva dalle loro azioni ed opere non tanto alla palude “benpensante”.
Ma alle guide di quella palude, che una volta erano anche i preti, che si spendevano più per conservare uno “status quo” utile al potere , che per indurre i fedeli ad essere coerenti col messaggio evangelico.

Il cattolicesimo più responsabile li ha trovati come utili compagni di strada, non certo come avversari

Ed erano ovviamente i gestori della politica e dell’economia.
Pannella cercava la realizzazione di una società giusta secondo il messaggio evangelico nella costruzione di strutture ispirate al liberalismo.
Fo , pur conservando sempre lo spirito critico dell’intellettuale di razza, cercava la realizzazione di una società giusta negli ideali comunisti.
Ma il riferimento ideologico primo era per tutti e due il messaggio evangelico primitivo.
E questo era considerato inconcepibile per le vecchie cricche clericali, che vedevano tetelata la conservazione del loro potere esclusivamente dal riconoscimento del loro monopolio esclusivo nel parlare delle materie da loro stessi definite “di fede”.
I tempi però e per fortuna, sono cambiati e sono cambiati in modo radicale.
Quei cristiani adulti e quei preti che vorrebbero che tutti i loro fedeli divenissero adulti, sanno benissimo che Pannella e Fo erano “dei loro” nel senso che tutta la loro opera era intimamente connessa a quella “revisione critica” da operare per riportare anche la chiesa ed i suoi fedeli al messaggio evangelico primitivo.
Iacopo Fo, nel commosso discorso di saluto a suo padre, alle esequie laiche, ma sul sagrato del Duomo di Milano, ha pronunciato fra l’altro queste parole che riporto a memoria : noi siamo atei, noi siamo comunisti, ma siamo anche un po animisti, suvvia, come è possibile pensare che con la morte si scompaia?.
Magnifica conclusione che dimostra che non è necessario professare l’adesione alla narrazione della mitologia cristiana per essere cristiani nella sostanza.


martedì 11 ottobre 2016

il PD sta per andare in pezzi, si tratta però di pezzi pregiati : uno potrebbe essere costituito dalla rinascita del PC e l’altro dalla rinascita della DC





L’assoluta incapacità di parlarsi che è emersa per l’ennesima volta alla direzione del PD di ieri, fra Renzi e compagni da una parte e dalla pur corposa minoranza,dall’altra, questa volta può portare alla più incredibile delle soluzioni e cioè alla scissione a “sinistra” (si fa per dire) delle attuali minoranze, che rappresentano nè più, nè meno ,che il vecchio preesistente PCI.
Prima sembrava che il ripetitivo “bla bla” di queste minoranze fosse solo una tattica per guadagnare tempo, essendo le medesime del tutto sprovviste di una qualsiasi decente politica alternativa, ma che le medesime in realtà non nutrissero alcun serio proposito di assumere vita propria realizzando una vera e propria scissione.

Ormai la scissione del PD appare possibile e vicina
Adesso però che tutte hanno trovato una posizione comune nella scelta del votare no al referendum costituzionale e cioè per l'abrogazione di una legge, che in parlamento avevano votato e ri-votato, le cose assumono un aspetto diverso.
Questo sembra un punto di non ritorno, anche per chi è uso a non preoccuparsi troppo di perdere la faccia.
Già l’improvvisa uscita dal frigorifero di un D’Alema che si è messo a girare l’Italia per propagandare il no, costituiva un avvenimento anomalo, anche per gli standard della politica italiana.
Ma pur essendo D’Alema uscito allo scoperto, si poteva pensare che fosse indispensabile aspettare cosa avrebbero detto gli altri oracoli che per peso specifico lo seguono : Bersani, Cuperlo, Speranza.
Quando però, anche questi hanno sciolto le riserve, dichiarandosi tutti quanti per il no, allora è parso chiaro che ormai la scissione non era più solo un’ipotesi.

Se avvenisse rinascerebbe immediatamente il PCI sotto altre spoglie
Un parte significativa di un partito (chi ha fatto i calcoli parla di un 30%) non può andare tranquillamente a votare contro l’orientamento scelto democraticamente dal suo stesso partito, perché così facendo si mette automaticamente fuori.
Si dice che abbiano già scelto la sigla, il logo del nuovo partito, che potranno chiamare come vorranno, ma che in pratica, dati i componenti, non sarà nè più nè meno del vecchio PCI.
Sarà un Pci ovviamente senza il comunismo e quindi sarà niente di più di una bella rimpatriata di anziani reduci di quella esperienza con accompagnamento di giovani dalle idee più confuse di quelle degli anziani.
Gli anziani non erano stati capaci di elaborare una critica, che portasse al superamento dell’ideologia e della storia del comunismo, mettendo al suo posto qualcosa di più spendibile nel mondo di oggi.
I giovani, non si capisce proprio che cosa possano trovarci di entusiasmante.
Sarebbe comunque un partito politicamente inconcludente, come sono stati inconcludenti tutti i tronconi, nati dalle precedenti scissioni della ex-sinistra, ma accreditato a un 15% dell’elettorato e quindi con un suo peso tutt’altro che trascurabile.
Tanto più nel caso che gli italiani si convincessero ,presi da improvvisa follia autodistruttiva, di accettare una nuova legge elettorale proporzionale, la madre dei governi rachitici, destinati a durare pochi mesi della prima repubblica.
Staremo a vedere.
Ma non è finita perchè la parte più interessante della scissione del PD ,sarebbe il seguito.


Ma non sarebbe finita qui, perché il seguito sarebbe ancora più interessante con la rinascita della DC
E infatti, come farebbe a rinascere, se pure sotto altre spoglie, il vecchio PCI ,senza avere insieme il suo fratello- nemico gemello dei decenni di storia repubblicana fino a tangentopoli?
La rinascita del PCI porterebbe con sé inevitabilmente il ritorno sulle scene della “balena bianca”, che sarebbe ancora più giustificato ,proprio per la caratterizzazione di centro e non di sinistra che il renzismo ha impresso al PD nella sua azione politica fino ad oggi.
Oggi, la politica è prima di tutto qualificata dalle scelte che un partito fa in campo economico.
E cosa ha fatto Renzi in campo economico?
Mercato, banche, lavoratori alla mercè dei movimenti dei mercati, sindacati in posizione defilata, dogma della riduzione delle tasse, dogma della riduzione delle regole per le imprese eccetera.
Ma cos’è, la politica di Berlusconi?
Ebbene si.
Solo che Berlusconi aveva fatto solo parole e pasticci, mentre Renzi fa i fatti.
E li fa ovviamente col consenso dell’elettorato e ,diciamolo pure di gran parte dei parlamentari berlusconiani ,vedi Verdini e compagni.
Il povero Brunetta è un patetico capogruppo di un gruppo fantasma.
E’ un caso che Berlusconi si sia defilato in America, proprio per non esserci durante la campagna elettorale?

Renzi in questi anni ha costruito di fatto una DC più democristiana di quella vecchia, se si guarda alla base moderata ed ai temi che ha rappresentato in economia
La realtà è che Renzi si è di fatto impossessato fin dall’inizio del suo governo, della rappresentanza dei temi da sempre propri dell’elettorato moderato, centrista.
E infatti che facevano i leader storici della DC se non assolutamente la stessa cosa?
Se gli ex PCI se ne vanno dal PD, per rifondare il vecchio PCI sotto altre spoglie, quello che rimane è la DC, una DC per di più già ammodernata e disposta in uno schieramento più elastico e trasversale della vecchia DC.
Sarebbe una DC più democristiana di quella vecchia.
Complimenti Renzi, se la cosa riuscisse per l’insipienza politica dei vecchi PCI, che non sanno e non sapranno chi sono e cosa rappresentano, a Renzi basterebbe rimanere al Nazareno, nuova Piazza del Gesù, che vinca o che perda il referendum.
Lui chi è e grosso modo cosa vuole lo sa e soprattutto sa che potrebbe contare su un elettorato vasto e sicuro, come quello democristiano della prima repubblica.
Nel caso in cui Renzi perda il referendum, Mattarella sarà costretto a far fare un nuovo governo a Franceschini, a Padoan o a Calenda neo Ministro dello sviluppo, ma al Nazareno siederà sempre il vecchio inquilino, Renzi e le carte le darà lui.


mercoledì 5 ottobre 2016

referendum costituzionale : gli argomenti a favore del si sono più solidi di quelli a favore del no





Il dibattito televisivo fra Renzi e Gustavo Zagrebelsky svoltosi su la 7 la settimana scorsa, metteva faccia a faccia i due schieramenti al massimo livello, da una parte il Presidente del Consiglio che sul referendum si gioca la sua carriera politica a favore del si e dall’altra un costituzionalista ex presidente della Corte Costituzionale e intellettuale di grande livello, che mette in gioco il suo prestigio a favore del no.
Non erano di fronte quindi un politico contro un altro politico ,ma un politico contro un costituzionalista se pure da sempre impegnato nello schieramento di sinistra.
E questa doppia veste di tecnico e di impegnato in politica è stata a mio parere fatale per Zagrebelsky, che risultava efficace come giurista, ma assolutamente non all'altezza dell’avversario nella capacità dialettica di sostenere un dibattito.
Renzi ha tantissimi difetti che i lettori di questo blog possono trovare elencati in tutti gli articoli dedicati al personaggio (se hanno la pazienza di andare a digitare Renzi nel rettangolino di ricerca in alto a sinistra), ma ha anche il fiuto istintivo di chi fa politica al suo livello.

Renzi ha capito per tempo che i cittadini avrebbero avuto difficoltà a recepire le modifiche costituzionali a referendum, come cose che incidono nella loro vita quotidiana
Questo fiuto gli ha consentito di percepire fin dall’approvazione della legge di riforma costituzionale messa a referendum per il prossimo dicembre, che l’argomento in gioco ha troppi aspetti tecnici per essere facilmente percepito come importante dai cittadini, che difficilmente percepiscono i problemi trattati dalla riforma in questione come importanti nell’ambito della loro vita quotidiana.
Insomma la riforma non tratta di lavoro, sicurezza, ambiente.
Quindi il cittadino non impegnato il politica non lo percepisce come cosa sua, come un suo problema, anzi rischia di etichettarlo negativamente come un problema della casta politica.
Di conseguenza non credo affatto che Renzi abbia sbagliato nel “personalizzare” l’esito del referendum, per me, per il mio governo, per le riforme, per fare o continuare a non cambiare nulla e rimanere nella “palude”.

Ha fatto bene a personalizzare la consultazione referendaria ed a parlare di rimanere nella palude se si vota no, e invece di uscire dalla palude se si vota si
Perchè questo mi sembra il modo per convincere il cittadino che la riforma costituzionale non è una materia tecnica fumosa, ma è una cosa che lo riguarda.
Ed anche quando lo stesso Renzi ha finto di essersi pentito di avere personalizzato il referendum, ha fatto bene a ripetere il termine “palude”, come dire, se votate no allora sappiate che voterete per lasciare per altri decenni la politica italiana impantanata in questa “palude”.
Il termine palude evoca contemporaneamente i concetti di immobilizzati nel fango, e di finiti in un ambiente sporco come quelli dove razzolano i maiali, scelta di immagine molto felice, perchè è così che la gente vede la classe politica nel suo immaginario subconscio.
Per convincere i cittadini ad andare a votare, evidentemente dopo essersi fatta un’idea di votare per cosa, bisogna proprio riportare paragrafi e codicilli della Costituzione modificati dalla riforma a una dimensione umana della vita di tutti i giorni.
Per fare questo bisogna per forza semplificare senza cadere nella banalizzazione, ma riducendo all’essenziale.

Proviamo a usare la dovuta terminologia di diritto costituzionale alla Zagrebelsky, senza tradurla in italiano, e vediamo cosa ci capisce la gente
Se vogliamo provarci ribadisco che Renzi ci sia riuscito servendosi di quell’immagine della palude, dalla quale è urgente uscire.
Vogliamo volare più alto?
Benissimo, mi vogliono spiegare allora i fautori del no perchè mai DeGasperi, che era DeGasperi e quindi il più grande statista italiano del secolo scorso,( colui che alla Conferenza di Parigi dopo che Mussolini aveva disastrosamente perso la guerra aveva dovuto andare a metterci la sua faccia e la sua credibilità per fare di nuovo ammettere il suo paese “sputtanato” dal fascismo nel consesso dei paesi civili) aveva ritenuto di fare una riforma elettorale per passare dal “proporzionale” a un quasi “maggioritario” usando lo stratagemma del “premio di maggioranza”, perchè si era reso conto che diversamente nè lui, nè qualsiasi altro capo di governo non sarebbe riuscito a governare decentemente?
E la riforma costituzionale voluta da Renzi mira ne più mè meno che a creare le condizioni perché il governo, espressione dalla maggioranza, uscita dalle urne, sia nelle condizioni di governare, facendo approvare le leggi di riforma attuative del suo programma in tempi accettabili e veloci, pur lasciando il tempo dovuto alla discussione parlamentare.

Ma perché parlare in modo apocalittico di deriva autoritaria se vincessero i si, non sarà che siano proprio i seguaci del no ad essere ispirati da pregiudizi ideologici che oggi non hanno più presa nella realtà?
Non capisco proprio perchè Zagrebelsky e i suoi seguaci si incaponiscano nel difendere il sistema attuale (proporzionale e con bicameralismo paritario), che la storia di decenni ha dimostrato, che non funziona, temendo in caso di cambiamento di cadere in un sistema “oligarchico” ,che faccia saltare il sistema di “pesi e contrappesi”, previsto magistralmente, a loro dire, dalla costituzione precedente.
Non capisco Zagrebelsky, come non capivo a suo tempo Leopoldo Elia, costituzionalista insigne ,che Zagrebelsky considera suo maestro, che pure si incaponiva nel giudicare immodificabile la costituzione.
Così come non capisco le argomentazioni che usava Dossetti, ideologo che aveva ispirato sia Leopoldo Elia che Gustavo Zabrebelsky, per dire che questa sarebbe la costituzione migliore del mondo e quindi immodificabile.
Siete contenti che vi ho portato a volare “alto” usando i dovuti termini di diritto costituzionale, così che la maggioranza di voi lettori non avrà capito un gran che di cosa stiamo parlando?
Figuriamoci quando nel dibattito che abbiamo citato all’inizio, il buon Zagrebelsky ha usato l’argomento che secondo lui avrebbe dovuto tagliare la testa al toro, tuonando :
voi creerete una maggioranza inattaccabile perchè fate i conti sul voto della maggioranza (dei presenti) e non sul voto dei “componenti”.
A questo punto gli spettatori avrebbero dovuto avere capito tutto, magari dopo avere superato un accenno di mal di testa, nel tentativo di decifrare cosa stava dietro a quei termini.

Benissimo ha fatto Renzi ad elaborare una scheda referendaria comprensibile al primo colpo per la prima volta nella storia d’Italia
Bene fa quindi Renzi a semplificare parlando di necessità urgente di uscire dalla palude.
Ed ha fatto un colpo magistrale lo stesso Renzi scrivendo il testo del referendum che risulterà il primo testo di referendum comprensibile al primo colpo anche dalla famosa “casalinga di Voghera”, nella storia d’Italia.
Non per niente i fautori del no, che ci avrebbero tenuto a rimanere nell’ambito delle “fumosità” giuridiche ,si sono stracciate le vesti alla vista di un testo così immediatamente comprensibile da chi non è un addetto ai lavori.
E pure bene ha fatto il Renzi politico a tirare fuori dal frigorifero alla vigilia del referendum il progetto del “ponte sullo stretto”, che è il simbolo delle “grandi opere”.

Perfino avere tirato fuori dal frigorifero il progetto del ponte sullo stretto potrebbe essere un simbolo di volontà di tornare ad essere grandi come eravamo negli anni ‘60
Se l’Italia vuole tornare a credere in sè stessa, come ci aveva creduto negli “anni del boom”, i prodigiosi anni ‘60, allora bisogna tornare proprio a ripresentare come possibile rendere i sogni verosimili.
Uscire dalle paure, dall’insicurezza, dalla sfiducia che ammazzano la speranza e la fiducia nel futuro.
Tornare a progettare e perchè no tornare a progettare proprio le grandi opere.
Vediamo di imparare un po dai Cinesi.
I Cinesi ragionano come ragionavamo noi negli anni ‘60, se vogliamo, i sogni possono realizzarsi, perchè abbiamo le teste, le competenze e le imprese per realizzare anche opere grandi e al limite delle possibilità tecniche.
E’ possibile uscire dalle paure instillate da decenni di stagnazione e di recessione.
Superiamo la palude ideologica delle destre politiche che ci ritroviamo ,e le inconcludenti inconsistenze e dilettantismi delle forze politiche nuove (5Stelle) che la gente ha accreditato per pura disperazione.
C’è un modo per uscire dal vuoto ideologico delle destre e dal dilettantismo inconcludente dei 5Stelle ed è quello di approvare nuove regole della politica che consentano alla maggioranza eletta di governare senza inciuci indecenti, pur conservando un sistema di garanzia delle minoranze efficace.

Un primo passo importante per arrivarci potrebbe essere proprio andare a votare si al referendum di dicembre.