mercoledì 30 luglio 2014

Stimme erheben : Nie wieder Juden-hass
Alzate la voce : mai più odio contro gli Ebrei



Fa un po' accapponare la pelle il titolo in gigantografia apparso sulla prima pagina del popolare quotidiani tedesco “Bild” di venerdì scorso, perchè, scritto in tedesco ,quel JUDEN, non può non richiamare alla mente il ben più tragicamente celebre : “Juden raus” , “via gli ebrei”, della propaganda nazista.
Siamo settantacinque anni dopo ai crimini razziali nazi- fascisti e per fortuna tutto è diverso, a cominciare dai cugini tedeschi.
Se però, il sopra citato giornale a grande diffusione popolare sente la necessità di mettere in prima pagina e con tanto rilievo, un richiamo diretto contro l'antisemitismo, una ragione ci sarà.
E' chiaro a tutti che la ragione sta nella reazione suscitata nel mondo dall'invasione israeliana di Gaza.
Non è la prima volta che Israele reagisce pesantemente agli estremisti di Hamas che minacciano la sua sicurezza.
Ma anche Israele non più quello di prima.
Lo stesso esercito israeliano non è più quello di Moshè Dayan, il mitico generale- archeologo, ministro della difesa , con benda da pirata ,che ha causato agli arabi la loro più disastrosa sconfitta, quando Israele era completamente isolato ed aveva contro tutto il mondo arabo nella guerra dei sei giorni nel 1967.
Sopratutto non è più quello di prima il livello di consenso e di copertura che Israele ha nel mondo e negli Usa in particolare.
Una recente indagine dice che il consenso presso i giovani americani è il più basso di sempre, 25%, così pure il consenso fra le donne appena sopra il 30%, e così pure presso afro-americani, ispanici e asiatici, che rappresentano, almeno demograficamente, l'America di domani al 25%.
In Europa non è che le cose vadano meglio per Israele, anzi la presenza ovunque di corpose comunità di immigrati musulmani influenzano il giudizio degli europei che già non era per niente entusiasta.
In queste condizioni Israele rischia sempre di più, quand'anche avesse pienamente ragione a reagire.
Questo non significa che lo scarso consenso verso Israele significhi un altrettanto inverso forte consenso agli integralisti islamici.
Dopo una lunga fase di consenso ideologico delle sinistre europee genericamente verso il mondo arabo è seguita una successiva fase di acritico buonismo favorevole pregiudizialmente agli arabi, visti come il Golia della situazione, minacciato dal gigante tecnologico israeliano.
I movimenti delle primavere arabe hanno illuso che si fosse aperta la via dell'ingresso del mondo arabo nella modernità, dopo la sopportazione di dittature medioevali.
Oggi si è dovuto prendere atto addirittura che quelle dittature erano indegne, ma che per noi europei era meglio quando loro tiranneggiavano i loro popoli, ma almeno si sapeva chi comandava, che non ora che delle milizie islamiche, ancora più barbare dei precedenti tiranni, sguazzano nel caos più totale.
Il livello di consenso verso gli estremisti islamici, che siano i sunniti di Hamas, di Boko Haram, dell'Isis o gli Hezbollah sciiti libanesi, è estremamente basso, talmente disprezzabili sono le loro azioni.
La gente però è catturata dal problema umanitario che esiste, anche se enfatizzato dai media con immagini orribili, che non aiutano a capire un bel nulla, perchè in queste situazioni il cinismo degli israeliani è spesso battuto dall'insensibilità morale dei capi di Hamas, che quanto meno non alzano un dito per cercare di limitare le perdite, anzi, spingono o costringono a una resistenza assurda in una città abitata da 400.000 abitanti, quale è Gaza City.
I poveracci fra i civili che ci lasciano quotidianamente la pelle non hanno colpa se non di essere nati o finiti in uno dei posti più sbagliati di questo pur vasto mondo.
Non hanno dove andare !,dicono a sproposito diplomatici anche e soprattutto dell'Onu.
Ma questa è una colossale fandonia.
La striscia di Gaza è un bel po' più grande della citta di Gaza.
Gaza City, se Hamas fosse gestita da persone responsabili, che si fanno carico degli interessi del loro popolo e non da politicanti fanatici, che pensano prima di tutto alla loro carriera ed ai loro affari, dovrebbe essere evacuata, essendo in corso una guerra.
Così come sono state evacuate, pochi mesi fa, per non andare lontano nel tempo, le città siriane sulla linea del fronte.
L'Onu, se sapesse fare altro che esercitazioni verbali, dovrebbe essere in prima linea a costruire campi profughi fuori da Gaza.
Non parliamo di Obama, della sua diplomazia, che non ne azzecca una o dell'Europa che passa da una conferenza all'altra senza idee se non quella di non avere più il fastidio di occuparsi di Medio Oriente.
Sarebbe auspicabile e possibile trovare e attuare soluzioni umanitarie, almeno questo.
Perchè risolvere il dilemma politico, che oppone arabi ad ebrei è quasi impossibile, per la semplice ragione che ambedue le parti sono da sempre nella più completa malafede.
La nascita dello stato di Israele a coronamento dell'idea del ritorno al mito biblico è stata una insensatezza assoluta dal punto di vista logico e storico.
Era giustificata solamente dal ricatto dei sentimenti ,che ha spinto allora i vincitori della seconda guerra mondiale a risarcire in qualche modo concreto gli ebrei per aver subito l'enormità della Shoàh, perpetrata direttamente dai nazisti, ma nell'indifferenza degli alleati, che non hanno ritenuto prioritario salvare la vita dei reclusi nei campi di sterminio nazisti in mezza Europa.
Mettere gli ebrei in Palestina significava cacciare gli arabi che c'erano nati e che avevano il sacrosanto diritto di rimanerci.
Fatta la frittata, era inevitabile trovarsi nei decenni successivi in un pasticcio insolubile.
Gli israeliani riempendo la West Bank di insediamenti di coloni hanno a fatti e non a parole reso assolutamente impossibile la creazione di uno stato palestinese.
La creazione di colonie che continua e che non si è mai arrestata significa puramente e semplicemente che la linea strategica è quella di arrivare a espellere i palestinesi.
I giornali dei coloni saranno estremisti, ma almeno queste cose le dicono chiaramente e i partiti dei coloni sostengono l'attuale governo.
Quindi invocare uno stato palestinese è una pura esercitazione verbale.
Dall'altra parte i palestinesi, vivono in una condizione impossibile cioè sostanzialmente da reclusi, governati da politici corrotti spesso in affari con gli israeliani, che campano su questa situazione di stallo, con il paracadute dei conti personali in Svizzera.
Illudono la gente perpetuando il mito assurdo della chiave, la chiave della casa dalla quale sono stati cacciati dagli Israeliani.
La realtà è che i palestinesi non hanno alcun futuro in Palestina.
Unica soluzione verosimile che contempli la convivenza sullo stesso territorio di arabi ed ebrei ci sarebbe se col tempo cambiassero tanto gli ebrei come i palestinesi.
Se Israele fosse capace di trasformarsi da stato anacronistico confessionale -teocratico, in uno stato come tutti gli altri, prendendo atto del fatto che la secolarizzazione morde in Israele come in qualsiasi altra parte del mondo, e gli arabi avessero l'opportunità di vivere alla pari con gli israeliani, cosa che oggi è lontanissima.
L'unica speransa sarebbe quella di trovarco domani con nuove generazioni completamente diverse e libere da pregiudizi e indottrinamenti.
Purtroppo le durezze degli scontri periodici fanno sì che le due comunità cerchino sicurezza e rifugio nella riaffermazione della loro contrapposta identità, cedendo al richiamo religioso- propagandistico, che porta come conseguenza a costringere i loro figli a sorbirsi scuole coraniche da una parte e scuole rabbiniche dall'altra.
E questo è quello che uccide la speranza di un futuro ragionevole.
Che uccide il Medio Oriente, al contrario di quello che si ripete continuamente, sono i libri ritenuti sacri e i luoghi ritenuti sacri.
Occorrerebbero molto meno libri sacri e molto più Voltaire e Darwin.
Ma oggi le cose stanno andando al contrario.
A Gaza da una parte ci sono i figli spirituali di quello sceicco Yassin, fondatore di Hamas, che è stato una delle figure più bieche, che l'umanità abbia conosciuto e dall'altra c'è la strategia dei coloni israeliani per i quali gli arabi se ne devono andare.
E infatti si attribuisce all'attuale dirigenza israeliana l'intenzione strategica di contrattare con l'Egitto un esodo della popolazione della striscia di Gaza nel Sinai egiziano.
La politica farà il suo corso più o meno civile, ma non ci si può esimere dall'affrontare almeno il problema umanitario che esiste ed è immediato.
Servirebbe almeno cominciare a finirla di raccontare alla gente quasi solo panzane, perchè se si cominciasse a dire la verità ,si potrebbe anche delineare un futuro sensato per quei due popoli.

giovedì 24 luglio 2014

Il Card. Brandmueller contesta quello che il Papa ha detto a Scalfari sul celibato dei preti, con un lungo intervento sul Foglio 



Verrebbe da dire sarcasticamente ,che gli ecclesiastici tradizionalisti hanno scelto come loro organo di propaganda , niente po po' di meno, che il giornale di Giuliano Ferrara, che esce quotidianamente con una tiratura risibile ed esiste ancora, probabilmente, perché fruisce di un contributo statale di ben €1.523.106,65, come ci informa “il Fatto Quotidiano” (che non ha mai ricevuto alcun contributo) del 14 luglio, a bilanciare i finanziamenti al sinistrorso radical -chic “il Manifesto” (2.700.000) e altri giornali marcatamente di partito come Europa e L'Unità o di chiesa come “Avvenire” (addirittura 4 milioni e 300.000) (dati riferiti al 2012 e ultimi disponibili).
Come facciano a non provare imbarazzo o, essendo alti ecclesiastici, crisi di coscienza, nel farsi ospitare da quel Ferrara, che si è sempre posto come teorico del libertinismo, non si sa se per sua convinzione o per difendere i costumi non illibati del suo referente politico Silvio Berlusconi, è difficile da spiegare, e in ogni caso ce lo dovrebbero spiegare loro.
L'ultimo illustre ospite del “Foglio” è stato il Cardinale Brandmueller, che papa Woytila aveva nominato presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche (e su questo ci sarebbe da dire parecchio) che ha creduto di intervenire (e non per la prima volta su quel giornale) per fare la ramanzina a Papa Francesco, che avrebbe detto cose inesatte nell'intervista a Scalfari dei primi di luglio sulla tradizione del celibato ecclesiastico nella chiesa cattolica.
Il passo contestato è questo :
Papa Francesco a Scalfari : «Forse lei non sa che il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore. La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiterisi sposino. Il problema certamente esiste
ma non è di grande entità. Ci vuole tempoma le soluzioni ci sono e le troverò”.
Apriti celo! Già il giorno dopo Padre Lombardi, portavoce vaticano, si è subito esercitato in spericolati tentativi non di smentire, perchè non poteva, ma di attenuare la portata di quelle affermazioni.
Anche le due interviste precedenti di Scalfari a Papa Francesco avevano provocato gli starnazzamenti di gran parte del mondo cattolico italiano, che evidentemente considera un'offesa personale, il fatto che il papa ritenga utile e corroborante per sé il colloquio con un non credente nei dogmi cattolici, ma fermo credente nei valori alternativi della modernità, dall'illuminismo alla scienze moderne.
Se ne era parlato diffusamente nel post precedente.
Questo attacco frontale al Papa da parte di uno degli uomini di Woityla e di Ratzinger (che lo ha fatto cardinale) costituisce una dimostrazione ulteriore del fatto che questi due papi, ma Woityla in particolare, non amavano circondarsi di figure di spicco per i loro meriti accademici o pastorali, ma di modesti ecclesiastici che però fossero della più provata fedeltà.
Emblematico il caso di questo Brandmueller, che nell'articolo sul Foglio espone preliminarmente le qualifiche, che lo legittimerebbero a contestare il papa regnante.
E come unica qualifica, elenca il fatto di avere insegnato per una vita storia della chiesa in università, ovviamente cattoliche.
In campo accademico scientifico, si sa , quando uno studioso vuole presentarsi elenca le università, possibilmente di prestigio, nelle quali ha insegnato e poi le pubblicazioni, possibilmente di peso che ha fatto, possibilmente su riviste accademiche di riferimento nel suo settore di studio.
La presentazione di Brandmueller è quindi un troppo modestina.
Forse questo Caedinale cerca la fama che non ha mai avuto in campo accademico, facendo ora da pensionato quasi novantenne, una sparata antipapa su un giornale quantomeno inappropriato per un Cardinale.
E poi, dando per scontato (e non lo è) che sia sensato e coerente che un cardinale scriva su un giornale come il Foglio, come si concilia il fatto usare questo giornale per esporre, in modo solo apparentemente corretto, tutte le argomentazioni contro la linea del papa regnante ?
Forse che per un tradizionalista dichiarato il vincolo dell'obbedienza alla gerarchia, che dovrebbe essere primario nella sua visione della chiesa, può essere superato a suo piacimento, cioè seguendo un criterio di giudizio soggettivo?
Questa libertà nell'ambito della chiesa cattolica non è concessa, anzi, dalla dogmatica sulla chiesa, ma anche dettagliatamente dal diritto canonico si evince chiaramente, che in caso di conflitto fra riferimenti biblici, tradizione e magistero papale, prevale quest'ultimo.
Difendere un principio solo quando fa comodo non è corretto e, in questo campo, non è moralmente accettabile.
Non sto ad elencare il perchè, ma nella linea di pensiero dei tradizionalisti ci sono solo verità assolute ed equazioni e quindi, per farla breve, se, come per loro è indiscutibile, è precetto di fede la successione apostolica l'interpretazione del legittimo successore di Pietro è la sola giusta.
Ringrazi il nostro cardinale che quella che lui considera l'avanzata della secolarizzazione ha portato un po di senno nella chiesa e che quindi non esiste più la sante inquisizione, o cose analoghe, diversamente dovrebbe dare delle spiegazioni, difficili da dare anche per gente più dotata di lui.
Prima di venire alla sostanza del problema non ci si può esimere da un'ulteriore ma fondamentale osservazione sulla figura di questo ecclesiastico.
Questo studioso se dimostra di essere ferrato nel riproporre senza slabbrature la per altro arcinota dottrina tradizionale della chiesa in materia di celibato ecclesiastico, però dimostra anche di non avere acquisito nemmeno le basi della sua materia : la storia, così come sono intese nel mondo accademico di tutto il mondo.
Per dimostrare questo asserto non è necessario andare oltre alla consultazione dei correnti manuali di liceo.
Infatti da quando in Italia si è aggiornata opportunamente la didattica della storia, mettendo accanto al normale testo di storia, anche una fondamentale antologia di testi, si è data finalmente ai ragazzi l'opportunità di capire veramente cos'è la storia nel senso di capire in cosa consiste il lavoro dello storico.
Orbene, se si prendesse in mano una di queste antologie ci si imbatterebbe regolarmente in una prefazione che direbbe grossomodo :
- i testi che seguono sono “le fonti”, cioè il materiale sul quale lo storico lavora;
- il primo compito dello storico consiste quindi nella valutazione dell'affidabilità (ermeneutica) di queste fonti, che consiste nel verificare la loro veridicità storica quindi anzitutto che non siano dei falsi o che non siano stati successivamente manipolati o travisati nel corso delle traduzioni;
- lo storico quindi deve verificare che l'autore faccia una descrizione fedele dei fatti il più obiettiva possibile ,e sopratutto che non segua tesi preconcette, che lo portino a tentare di dimostrare le virtù di una parte rispetto alle altre, seguendo una sua ideologia o suoi interessi politici o personali;
-nel caso in cui questa parzialità fosse dimostrabile, lo storico lo deve mette in evidenza, segnalando la poca affidabilità della fonte;
- vi è poi il passaggio del confronto fra le affermazioni della fonte in esame e quelle delle altre fonti sullo stesso periodo, dal questo confronto nasce “la storia” più accreditata di quegli eventi
- infine ci deve essere il confronto con le opinioni maturate in materia dall rcierca storica più accreditata,
-a questo punto si arriva non alla verità assoluta , che si da per scontato che non esista nelle scienze umane, come in quelle sperimentali, ma alla versione più probabile e accreditata dalla ricerca storica.
Ora, se uno studioso vuole fregiarsi della qualifica di storico, deve seguire passo, passo questi protocolli.
Ma il nostro Brendmueller, che si vanta di avere insegnato una vita “storia della chiesa” in università (si presume solo cattoliche o seminari), nella sua esposizione apparsa sul Fatto dimostra di non avere seguito pressochè nessuno dei parametri sopra elencati e quindi di avere insegnato per una vita “propaganda” cattolica tradizionalista, ma non certo storia.
E ce ne da ampia dimostrazione.
Comincia la sua esposizione di presunta “storia della chiesa” elencando i soliti tre riferimenti reperibili nei Vangeli che appoggerebbero in modo inconfutabile non il precetto del celibato, perchè siamo in campo storico e non dogmatico, ma il costume, la tradizione, l'usanza del celibato ai tempo apostolici.
Ma possibile che un cardinale presidente di commissione vaticana caschi in un errore così marchiano?
In qualsiasi testo della Bibbia, dei quali, per il cattolicesimo, i Vangeli fanno parte integrante, stampato negli ultimi decenni c'è irrimediabilmente scritto che la scrittura sacra non ha alcun valore storico, ma solo metaforico e morale.
E poi sulla stessa linea cita gli Atti, le Lettere di Paolo.
Naturalmente ripetendo le interpretazioni e traduzioni dei testi tradizionaliste, considerate da gran tempo non proponibili in sede di critica storica.
Poi passa ad elencare i passi degli apologeti e degli autori della Patristica, ancora come se fossero documenti storici.
E' sconcertante il fatto colui che per papa Woityla avrebbe dovuto coordinare la ricerca storica per il Vaticano sia così totalmente fuori dai canoni seguiti dagli storici di tutto il mondo.
Citare solo testi cattolici è come se uno storico della seconda guerra mondiale si servisse solo del materiale storico dell'Asse e non lo confrontasse con quello degli Alleati.
Brandmueller parla di duemila anni di storia e fa riferimento solo agli autori ecclesiastici.
Tralasciamo gli aspetti tragicomici ai quali può condurre una lettura tutta di parte della storia, come avviene quanto Brandmueller cita Origene per corroborare la sua tesi in questo modo : “Anche il grande teologo Origene di Alessandria (III secolo) conosce un celibato di astinenza vincolante; un celibato che spiega e approfondisce teologicamente in diverse opere”.
Forse, presumendo l'gnoranza in materia dei lettori, il cardinale non si degna di ricordare che Origene praticava la castità al limite dell'alterazione mentale, avendo fatto per sé la scelta estrema di evirarsi per essere più sicuro di non peccare e quindi non è molto serio citarlo.
Il livello “accademico- scientifico” della trattazione non si risolleva passando al Medioevo, e peggio ancora alla storia moderna.
I riferimenti sono solo agli autori ecclesiastici.
Gli storici dei singoli periodi (antichità latino- cristiana, medio evo; rinascimento; età moderna; età contemporanea) che sono gli autori dei testi che si studiano in tutte le università del mondo, non esistono per Brandmueller, se è vero che non ne cita nemmeno uno.
Ma allora perchè questo cardinale ha fatto la fatica di scrivere sette cartelle per sostenere la sua tesi , già ultranota e reperibile comunque in testi più autorevoli come il discorso di Giovanni Paolo II, all' Udienza Generale del 14 Luglio 1993, riportata con la titolazione :“La logica della consacrazione nel celibato sacerdotale”, o prima di questa, l'Enciclica di Papa Paolo VI, 24 giugno 1967 “ Sacerdotalis Coelibatus”, che però sono testi del Magistero e quindi sono materia di teologia e non di storia.
Rimane nel lettore una grande amarezza nel vedere un cardinale che ritiene di poter atteggiarsi a uno che fa la lezione al Papa citandogli non quello che hanno scritto in materia gli storici, pretendendo lui di essere uno studioso di storia, ma i Vangeli,e gli autori della Patristica.
E' quantomeno offensivo.
Non è detto che il Papa non reagisca ,ma se non lo farà sarà solo un segno di compatimento per il narcisismo di un vecchio cardinale, e un atto di sovrana superiorità che non consente a un papa di incrociare argomenti, nemmeno indirettamente, con un giornale del livello del Fatto.
Del resto questo cardinale si era messo in luce finora per avere fatto una supposta critica storica del Vaticano II ,leggiamo nella sua biografia su Wikipedia, seguendo una “ermeneutica della continuità” in polemica con la “ermeneutica della rottura” attribuita alla scuola di Bologna di Alberigo, autore di una monumentale storia di quel concilio che è da tempo il testo di riferimento degli storici veri in ragione della sua affidabilità accademico- scientifica.
Che brutto servizio rendono questi vecchi ecclesiastici alla loro chiesa.
E' impressionante il fatto che lo stesso giorno nel quale è comparso sul Fatto l'articolo di Brandmueller, del quale stiamo parlando, i giornali abbiano dato la notizia dell'approvazione dell'estensione della dignità episcopale anche alle donne nella chiesa anglicana.

martedì 15 luglio 2014

La lunga marcia di Papa Francesco



Ieri è apparso su Repubblica il resoconto del terzo colloquio fra l'ateo- credente, ma non nella dogmatica cristiana, Eugenio Scalfari, novantenne fondatore di quel giornale e Papa Francesco.
Scalfari stesso si premura di chiarire come mai a suo parere questo Papa, trovi interessante e opportuno confrontarsi con lui e dice che al papa non interessa nulla che lui sia giornalista, ma che il suo interesse starebbe proprio nella possibilità di parlare con un ateo, nel senso che non crede nel dio cristiano, ma credente, nel senso che è molto interessato alla dimensione spirituale dell'uomo ed alla religione, che ammira Gesù Cristo per il suo messaggio, che ritiene validissimo e da seguire, ma che non lo crede figlio di dio.
Su questa premessa ci sarebbe da dire moltissimo.
Prima di tutto perchè costituisce una novità assoluta di questi ultimi anni.
Prima che Papa Francesco si avviasse su questa strada, c'erano stati di ancora maggiore rilievo il colloquio del Cardinale Ratzinger, Prefetto dell'ex Sant'Uffizio con uno dei più lucidi e preparati intellettuali laici, Floris D'Arcais, in un gremito teatro di Roma e poi i colloqui fra Papa Ratzinger e un altro intellettuale laico, pure ben preparato nella teologia cattolica.
Come mai questo interesse per il modo di pensare del mondo moderno ,ben rappresentato da quei due intellettuali, e sopratutto, come mai rischiare di avventurarsi in quello, che paradossalmente non è concesso nemmeno ai teologi cattolici non perfettamente allineati, cioè il pubblico confronto delle tesi, con il rischio di dimostrare la povertà dei propri argomenti.
Come a mio avviso, ma non solo a mio avviso, è regolarmente capitato nei confronti sopra elencati.
Nel caso di Ratzinger, intellettuale puro, prestato a fare quello che non era attrezzato per fare, e cioè la gestione della chiesa, la cosa è perfettamente comprensibile e coerente con la sua linea di pensiero, illustrata inequivocabilmente nei suoi scritti.
Ratzinger si è sempre speso, come intellettuale, per cercare (senza riuscirci) di dimostrare quello che aveva voluto dimostrare, pure senza riuscirci, otto secoli prima, quel gigante del pensiero cattolico, che era stato Tommaso D'Acquino e cioè la non conflittualità fra ragione e fede cristiana.
Il pensiero di Ratzinger ha mille limiti, ma quello più evidente è quello di porsi come fondamentale il problema di conciliare ragione e fede, facendo riferimento ad Agostino, invece che a Tommaso.
Agostino non attribuiva alcuna priorità alla ragione umana, considerando tutto quello che è umano, come insanabilmente corrotto, e quindi non è utilizzabile per questa linea di ragionamento.
Però accettare il dibattito pubblico su questo tema, dimostra l'onestà intellettuale e diciamolo pure, il coraggio di Ratzinger, come accademico e come papa.
I papi di una volta, chi la pensava diversamente, lo mandavano al rogo, previo passaggio, tutt'altro che indolore, per gli scantinati dell'Inquisizione.
Oppure, nei tempi più moderni, li condannavano alla morte civile come è capitato per fare gli esempi più noti, a Rosmini , beatificato nel 2007, ma che vide la sua opera principale messa all'indice nel 1848, ed a Ernesto Buanaiuti, trattato molto peggio, scomunicato e privato della cattedra universitaria, dal fascismo usato come braccio secolare a causa della sua “storia del cristianesimo” del 1943.
E poi nei tempi recenti, la schiera dei teologi non allineati, condannati dal Vaticano, senza avere mai avuto l'opportunità di sostenere un pubblico confronto , è foltissima, da quelli della teologia della liberazione in poi.
Costume intollerabile in uso tuttora sotto Papa Francesco.
Ed allora perchè quest'opportunità accordata a laici ed atei, se pure attenti e interessati a studiare il fenomeno religioso, e non a chi dice cose simili, ma rivendicando di stare all'interno della chiesa?
L'esistenza ed il perdurare di questo fatto è indubbiamente un segno di forte arretratezza e di debolezza della chiesa medesima.
Papa Francesco ci prova a percorrere strade diverse, ma con che fatica e che battaglie deve affrontare quotidianamente contro chierici e laici che le stesse sgtrade non vogliono proprio percorrere.
Purtroppo c'è ed è prevalente questa mentalità nel mondo clericale : se per avvicinarci alla razionalità del mondo moderno e riacquistare credibilità, dobbiamo rinunciare anche a uno solo dei nostri dogmi e della nostra tradizione, meglio che la chiesa perisca.
Discutere con chi ragiona alla :”muoia Sansone con tutti Filistei”, è molto difficile.
Non scordiamo però che il lunghissimo papato di Woityla è stato pesantissimo nel nominare la maggioranza dei vescovi e cardinali, oggi presenti, seguendo il criterio primario, che fossero elencabili chiaramente nelle schiere dei tradizionalisti più sicuri.
Il compito riformatore di Papa Francesco è quindi difficilissimo.
Non vorrei apparire cinico, ma sarà aiutato più che da buone intenzioni, dalla debolezza umana, per la quale la probabile maggioranza dei tradizionalisti ai tempi di Woytila, si schiereranno oggi fra gli innovatori, per il servilismo, abituale in una struttura autoritaria, come è tutt'ora la chiesa e per la voglia di far carriera.
Rimane il fatto che il solo accettare o addirittura proporre forme di dibattito pubblico con non credenti in senso cattolico, è di per sé un fatto di grande peso per un papa.
Perchè il solo sedersi a un tavolo con quegli interlocutori ,significa anzitutto proclamare che si riconosce dignità agli argomenti che questi interlocutori esporranno e che il papa, ovviamente conosce bene in partenza.
Riconoscere dignità agli argomenti e a un interlocutore, significa poi, inevitabilmente, ritenere utile di prendere in considerazione quegli argomenti, rifletterci sopra e non escludere la possibilità di adottarne qualcuno o solo una parte.
Ricordiamoci che la lettura tradizionale del cattolicesimo vuole, che chi avrebbe ricevuto con la rivelazione divina la verità tutta intera e definitiva, non abbia, ovviamente, alcuna necessità di confrontarsi con argomentazioni contrarie o diverse, se non per sottolinearne la erroneità e per cercare di convertire l'interlocutore alla verità, già conosciuta.
Teniamo conto che non stiamo parlando di retorica o di accademia, ma di fatti sostanziali.
Per la chiesa solo il fatto di mettersi a discutere con chi la pensa diversamente vuol dire prima di tutto dare dignità all'interlocutore ed ai suoi argomenti, come abbiamo detto sopra, ma anche riconoscere che i propri argomenti potrebbero essere sbagliati e bisognosi di una riformulazione, anche radicalmente diversa rispetto a quella tradizionale.
I chierici, non c'è nulla da fare, sono tutt'ora indottrinati nei seminari ad acquisire la mentalità tradizionale del possesso esclusivo della verità assoluta e definitiva per rivelazione.
Andare contro corrente non è quindi affatto indolore all'interno della chiesa.
Per un osservatore esterno, è una ovvietà dare per scontato che nel mondo moderno ci si confronta quotidianamente per fare progredire il proprio pensiero, ma all'interno della chiesa cattolica non è affatto così, ci si confronta per convertire, non per riconoscere nuove “verità”.
Non facciamo i farisei, per la grande maggioranza del popolo cristiano, anche colto, il fatto che il papa spenda del tempo, mettendosi in posizione di parità con Floris d'Archais, con Odifreddi e oggi con Scalfari, addirittura per la terza volta, è una cosa che da fastidio, ma molto fastidio.
Perchè i loro preti , l'indottrinamento che hanno avuto e che coltivano a senso unico, se sono praticanti, classifica quegli intellettuali, come persone da trattare con disprezzo, con superiorità e più spesso con dileggio, magari perchè sono molto più ferrati in teologia dei loro preti e vescovi, ma magri, hanno sbagliato la citazione di una data in qualcuna delle loro opere.
E sono spesso in assoluta buona fede nel senso che la loro fede è l'adesione a un cattolicesimo con una certa lettura, quella tradizionalistica- dogmatica- autoritaria.
Cioè mettono al primo posto il così detto “depositum fidei”, che confondono con la rivelazione e che accettano solo nell'interpretazione dell'apparato clericale.
Per essere più chiari se si trovano a ragionare su un singolo precetto o presunta verità e trovano che questa sia in contrasto con la ragione, fanno prevalere, senza problemi, l'autorità della chiesa sui dettami della ragione.
Non perchè siano bigotti o ignoranti, magari sono professionisti o professori universitari, ma per loro l'adesione al cristianesimo comporta un sistema di pensiero chiuso, non sono abituati a metterlo in discussione, anzi si astengono regolarmente dal fare verifiche razionali, perchè ritengono che la
loro stabilità esistenziale che deve essere salvaguardata non ammette la discussione su quelle che fin dall'infanzia ritenevano certezze indiscutibili.
C'è al fondo la paura infantile del demonio e della dannazione eterna, che blocca il libero pensiero.
E' durissima per un papa innovatore scuotere una chiesa e un popolo in siffatte condizioni.
E' paradossale che un papa innovatore trovi l'ostacolo principale nell'arretratezza culturale del suo popolo.
E' quindi un compito immane quello di mettere mano a queste situazioni , tanto immane da non essere garantito per niente un esito favorevole.
Non per niente il numero in edicola di Internazionale riporta tradotto in italiano un saggio apparso su una rivista autorevole come New Scientist, con questo titolo : “un mondo senza dio. E' possibile che un giorno gli esseri umano smettano di credere? E se succederà, il mondo sarà un posto migliore?”.
Inutle aggiungere, che il saggio riporta statistiche dalle quali si evince un trend ,che rende verosimile il fatto che il futuro sia appunto senza dio e con un'umanità più felice di oggi, senza finire affatto in Sodoma e Gomorra.
Papa Francesco è probabilmente il massimo ,che la chiesa può esprimere in queste condizioni, purchè duri un tempo sufficiente per incidere a fondo.
Del contenuto del colloquio Papa Francesco- Scalfari ce ne occuperemo in un post successivo.

mercoledì 9 luglio 2014

Non ho mai amato Craxi, ma i suoi ultimi discorsi alla Camera di 21 anni fa sulla corruzione di tutto il sistema politico italiano andrebbero riletti con molta attenzione



La settimana scorsa una delle pochissime penne della grande stampa impegnate a far sopravvivere le ragioni del liberalismo classico, Piero Ostellino sul Corriere, invitava ,per l'appunto, il lettore ad andare a rileggersi i discorsi alla Camera di Craxi del luglio 1992 e dell'aprile 1993.
Perchè Ostellino li giudicava non tanto i documenti che sancivano la fine della prima Repubblica, ma piuttosto quelli che davano luogo all'inizio di un lungo periodo di decomposizione del sistema e di decadenza.
Devo confessare, che avendo dovuto subire, per ragioni professionali, la convivenza con una classe politica corrotta e inconcludente, negli anni di tangentopoli, avevo plaudito senza riserve all'operato della procura di Milano e conseguentemente avevo plaudito agli sberleffi ,alla gogna ed infine alla morte civile alle quali Craxi era stato condannato da un'opinione pubblica, come sempre largamente manipolata e aizzata dai media.
Non ricordavo di quei discorsi altro che il senso generico, ma non le argomentazioni.
Me li sono riletti e sono stato veramente scosso.
Craxi fece allora un discorso molto semplice, diretto e chiaro.
Da anni la politica ha assunto dei costi molto elevati.
Per sostenerli, tutte le forze politiche hanno fatto ricorso a massicci finanziamenti illegali.
Nessuno si illuda di potersi tirare fuori giurando di esserne fuori, perchè se lo facesse ben presto sarebbe dichiarato spergiuro.
In queste condizioni che facciamo? Diceva Craxi.
Facciamoci carico del problema, cioè riconosciamo di esserci tutti finanziati illegalmente e riscriviamo delle regole, che possano prevenire in futuro la corruzione dilagante.
Craxi voleva dire : riconosciamo che non è un problema del partito A o del partito B, ma è un problema di tutto il sistema politico e di conseguenza non possiamo assumerci la responsabilità di distruggere il sistema democratico.
Craxi non lo disse,ma è ovvio che intendeva dire implicitamente, che scrivendo nuove regole, si sarebbe contestualmente adottato un condono per il tempo pregresso, salvando così quella classe politica.
Le cose, come sappiamo , sono andate molto diversamente.
I due maggiori partiti, la DC e il Pci ,si stracciarono ipocritamente le vesti gridando allo scandalo ed addossando al solo Psi la colpa di tutto.
Fu una scelta disastrosa, che portò addirittura alla cancellazione di quei due pariti, che erano stati il cardine della politica italiana addirittura per cinquant'anni.
Erano stati la storia contemporanea del paese.
Ostellino bolla quella scelta con queste parole di fuoco :”Quella di allora era l'Italia miserabile e vile, che invece di riflettere su sé stessa, aveva trasformato uno scandalo in lotta di potere”.
E continua : quegli italiani ,che sono stati fascisti fino al 25 luglio '43, erano diventati antifascisti il 26 luglio, per trasformarsi in resistenti il 25 aprile 45.
E conclude con le parole di Giustino Fortunato :”il fascismo non è stata una rivoluzione, ma la rivelazione dell'Italia bigotta, clericale, controriformista e trasformista”.
Queste famosa asserzione di Giustino Fortunato, che condiziona tutt'ora il dibattito storiografico sulla storia del fascismo, l'avevo messa in quadro quando preparavo gli esami di storia all'università e fa parte da sempre del mio bagaglio culturale.
Mi ha quindi impressionato rivederla proporre molti decenni dopo, ribadendo una linea di fondo, che ho sviluppato e riproposto più volte su questo blog : il vero spread fra Italia e cugini europei è sempre ed esattamente questo : gli italiani culturalmente sono rimasti fascisti, non vogliono cambiare mai, usano del mondo moderno, ma culturalmente ne diffidano, come i vecchi cardinali di curia.
Distruggere e lasciare finire negli archivi della storia le tradizioni culturali e ideologiche del cattolicesimo democratico e del comunismo all'Italiana, questo è stato il vero delitto perpetrato allora, ben più grave delle ruberie di tangentopoli, che infatti sono solo state scalfite dall'azione della magistratura ,e sono riapparse oggi peggiori di prima.
Perchè è solo la politica che può curare ed estirpare i suoi mali e i suoi vizi.
La magistratura ha un altro compito e lavora in altri ambiti, non può surrogarsi compiti di sostituzione dell'azione politica.
Per definizione il diritto penale contempla reati attribuibili esclusivamente a responsabilità personali.
Non può perseguire un partito o, a maggior ragione, un sistema politico, non è affar suo.
Di conseguenza la magistratura ha perseguito una parte, una piccola, ma veramente piccola parte dell'apparato politico, perchè non poteva fare diversamente.
Facendo il suo dovere, ma facendo involontariamente danni incalcolabili.
Perchè ha finito per perseguire un politico, a danno dell'altro, come è inevitabile trattandosi di politica, finendo per di più per ingenerare teoremi assurdi.
Per esempio la gente fini per credere,che le percentuali chieste sugli appalti puzzassero di fango, mentre le valigiate di rubli, che esponenti di primo piano del PCI andavano sistematicamente a prendere a Mosca, la più grande e inumana dittatura del mondo di allora , fossero una fonte onestissima di finanziamento.
Siamo caduti tutti o quasi nell'inganno logico, che i media di allora hanno cavalcato spregiudicatamente ,seguendo, come sempre, gli istinti meno elevati della gente, invece di proporre informazione distaccata e analisi seria.
Facile cavalcare l'onda emozionale del mostro in prima pagina, incarcerato dai procuratori, novelli Robin Hood, senza ambizioni e senza macchia.
Sull'onda di quelle emozioni abbiamo lasciato seppellire la DC e il Pci, per prenderci, niente po po' di meno, che un Berlusconi a governarci per vent'anni e non è ancora finita.
Vent'anni dopo, la follia di quella scelta si è trasformata, come sempre, da tragedia in farsa, perchè sulle virtù di Berlusconi si può solo ridere, ed è sempre penoso ridere alla fine di noi stessi.
Berlusconi con l'ausilio di uno stuolo mai visto prima di avvocati -deputati al suo servizio oltre al suo impero mediatico, ha avuto facile gioco ad attaccarsi alle incongruenze della magistratura
per suonare per vent'anni la tiritera della congiura e del fumus persecutionis messo in atto da presunti procuratori rossi.
E poi da Berlusconi siamo passati a Renzi, con una veloce puntatina inconcludente su Grillo.
Visto che siamo partiti dalla citazione di un editoriale del Corriere (che, intendiamoci, qualche volta ne imbrocca una, ma che è ben lungi dall'essere esente dai mali cronici del resto dei grandi giornali italiani) mi sembra opportuno citare anche un buon editoriale sempre della settimana scorsa di Galli della Loggia.
Galli della Loggia, quando fa il suo mestiere di politologo, come ha fatto in questo caso, invece di scrivere un articolo, scrive praticamente un saggio, annoiando magari i lettori più frettolosi, ma è solo così che si può fare un lavoro serio, non bastano due parole a effetto, bisogna avere lo spazio per argomentare.
Ebbene l'editoriale di Galli della Loggia era dedicato a spiegare ai lettori perchè Renzi manchi ancora di qualcosa di fondamentale per essere un vero leader aggiungendo, che quella stessa cosa era ancora più radicalmente assente in Berlusconi.
Un leader politico, che pensi che sia sufficiente avere vinto le elezioni per cambiare il paese, commette un errore di valutazione madornale.
Non basta vincere le elezioni, o meglio, non basta acquisire il consenso elettorale, per ampio che sia, dice Della Loggia, occorre qualcosa di più profondo, occorre costruire e poi acquisire un consensi ideologico – culturale.
Se si vuole imprimere al paese una svolta profonda, che ne modifichi regole e mentalità, bisogna essere consapevoli del fatto, che questi propositi comporteranno l'immediata reazione delle corporazioni, delle lobby, di chi campa su vantaggi competitivi.
Non basta avere vinto le elezioni per battere questi potentissimi fattori di conservazione e di immobilismo.
Occorre fornire ai cittadini una visione, Galli dice : una nuova narrazione di sé.
Gli italiani si devono chiarire cosa sono , cosa vogliono, qual'è il loro passato.
Il vero leader è colui che sappia indurre il proprio popolo a elaborare questa sua nuova coscienza, perchè solo questo può indurre gli appartenenti alle corporazioni, lobby eccetera a convincersi a sacrificare dei propri privilegi a favore della polis.
E' una buona esposizione del problema dei problemi italiani, che consiste, alla fin fine, nella necessità di uscire dal proprio famoso “particulare” di guicciardiniana memoria.
Per farlo, occorre acquisire un meta, un ideale collettivo.
La parte positiva, se volgiamo tornare a Fortunato, la parte “rivoluzionaria” del fascismo, ci aveva provato, a cercare e a proporre mete collettive , ma poi è naufragata nella palude del nazionalismo becero , anacronistico e anti-moderno, col quale ha giustificato la guerra.
Democristiani, comunisti, socialisti, liberali, negli anni della prima repubblica ,ci avevano pure provato, pervenendo alla sintesi della attuale Costituzione.
Non è stato poco, perchè quel tanto di moderno e di sviluppo, che abbiamo avuto e che ancora oggi ci accomuna ai cugini europei, più avanti di noi , ce lo hanno fatto acquisire quegli anni e quelle forze, in questi ultimi anni, stupidamente svalutati dall'incultura berlusconiana.
Dopo il ventennio perso del berlusconismo, Renzi sarà capace di assumersi questo compito di portata epocale?
Della Loggia pare propendere per un'apertura di credito.
Ostellino, da liberale aborre l'idea dell' “uomo solo al comando” in ogni caso, e quindi diffida del modo col quale Renzi si atteggia.
Io ci credo veramente poco in Renzi, ma certo non mi dispiacerebbe, come italiano impantanato, come tutti, se la “nuova narrazione”, auspicata da Della Loggia, potesse riuscire.
La cartina di tornasole sarà il superamento delle così dette “larghe intese” col pregiudicato nazionale e l'apertura a intese un po più serie con i 5Stelle.
Senza di che c'è poco da comporre “nuove narrazioni”.

giovedì 3 luglio 2014

Comincia a comparire qualche proposta sensata per gestire l'ondata migratoria epocale da Africa e Medio Oriente



L'Italia, come se non avesse abbastanza problemi suoi, che si trascina dietro da anni ,senza essere capace di risolverli, si è trovata, a causa della sua posizione geografica, nel mezzo del ciclone emigrazione dall'Africa e dal Medio Oriente di proporzioni bibliche.
Un alto funzionario del Ministero dell'Interno in un'audizione parlamentare di pochi mesi fa aveva suscitato un vespaio dicendo semplicemente la verità e cioè che è verosimile prevedere arrivi a decine di migliaia, a causa delle condizioni di vita insostenibili di molti paesi africani e medio orientali.
I governi del centro- destra nel passato ventennio avevano adottato la linea dei respingimenti introducendo il reato di immigrazione clandestina, con risultati pratici del tutto inefficaci.
Si trattenevano gli immigrati diventati per legge clandestini in centri prigione per mesi senza riuscire a identificarli con sicurezza per la non cooperazione dei paesi di origine e per la precarietà delle loro strutture civili (censimenti, anagrafe ecc.).
Questi governi si sono dati la zappa sui piedi perchè introducendo il reato di clandestinità mettevano le forze dell'ordine e l'apparato della giustizia nella condizione di non potere in pratica riportare nei paesi di origine dei fantasmi non identificati, dei quali non si riusciva ad appurare nemmeno il paese di provenienza.
Hanno regalato costose motovedette a Gheddafi, perchè fingesse di presidiare una tale estensione di coste, che avrebbe messo in difficoltà anche il corpo dei Marins americani.
Qualche accordo bilaterale sono riusciti a metterlo in piedi con la Tunisia, ma ora che il nord Africa è finito nel caos anche quelli non hanno più alcun effetto.
Quindi sbagliato, non per ragioni ideologiche, ma perchè del tutto inefficace quell'approccio, non è stato di maggior valenza pratica il generico buonismo di maniera, volto all'accoglienza, senza se e senza ma, vuoi dei cattolici di professione , vuoi della sinistra tradizionale.
Ora almeno, un papa vistosamente più evangelico dei suoi predecessori ,ha senza perifrasi detto ai suoi vescovi e preti che se si lanciano in omelie e dichiarazioni di apertura all'accoglienza comunque, come del resto sarebbe loro preciso dovere, è pure loro preciso dovere essere consequenziali e aprire le migliaia di palazzi e conventi inutilizzati per accogliere coloro che la religione cristiana chiama ineluttabilmente fratelli.
La chiesa però può e anche, deve, fare assistenza, ma non certo politica ,che spetta all'autorità civile.
Meglio evitare le confusioni.
Saranno anche azzeccate i filmati pubblicitari, che spingono i contribuenti a firmare per l'8 per mille sul 730 a favore della chiesa cattolica, dove si racconta di suore e preti tutti impegnati in opere sociali (fosse vero, ma non è così, perché per opere sociali la chiesa non stanzia più del 20% di quanto incassa con l'8 per mille, il che è veramente pochino).
Ma quand'anche l'opera di assistenza della chiesa fosse ancora più estesa, questo non giustificherebbe minimamente lo stato dal non fare quello che gli è richiesto.
Nè la chiesa né nessuna pure benemerita ONG può essere intesa come un alibi perchè la politica non si occupi prioritariamente di garantire il bene comune e quindi prioritariamente la tutela dei più deboli.
Nelle nostre radici siamo stati per decenni un paese di poveracci, che doveva prendere il bastimento per le Americhe o il treno per le miniere del Belgio e più tardi per le fabbriche tedesche per sbarcare più o meno malamente il lunario, che in Italia non era per niente garantito.
Questo non ce lo possiamo dimenticare quando in metropolitana siamo colti a volte da fastidio e da disagio per vederci intorno più immigrati che connazionali.
Però attenzione.
E' doveroso che con la nostra storia e la nostra cultura cristiana esercitiamo apertura al rispetto dei diritti umani di chi chiede rifugio politico, scappando dalle guerre, o semplicemente chiede la michetta per sopravvivere, come han fatto molti nostri antenati.
Ma senza suicidarci come popolo , come nazione e come civiltà occidentale.
Innanzitutto che si abbia la dovuta considerazione per l'aritmetica.
Il paese può accogliere fino a un certo numero di immigrati, ed anzi ha una forte convenienza economica a farlo, perchè questi fanno le professioni, che i nostri figli non farebbero e lavorando versano i contributi Inps, che pagano in parte importante le nostre pensioni.
Il boom economico americano campa da anni su un immigrazione selvaggia dal Messico, lo sappiamo tutti.
Ma attenzione a valutare il livello oltre il quale la nostra società, gia mal combinata di suo potrebbe destabilizzarsi.
Non facciamo finta di non sapere che già ora una maggioranza netta di italiani vede in cattiva luce gli immigrati.
Non facciamo finta di non sapere che oggi nella cugina Francia la maggioranza di quel popolo che ci è vicinissimo per cultura, storia e costumi ha votato per un partito dichiaratamente anti- immigrati.
L'attenzione al numero deve essere ben vigile.
E innanzi tutto questa politica, per inetta che sia, deve almeno prendersi la responsabilità di quantificare quel numero.
Non facciamo finta di non sapere che dietro e appena dopo al problema umanitario c'è lo spettro non solo e non tanto di religioni, culture e usanze diverse o molto diverse dalle nostre.
Sappiamo che questo problema è risolubile mandando a scuola le seconde generazioni.
Ma oggi nel mondo si aggira lo spettro del fondamentalismo religioso, che è pericolosissimo e nei paesi dai quali provengono gli immigrati africani e medio orientali, oggi le correnti estremiste e fondamentaliste sono presenti eccome.
Siamo attrezzati per distinguere i semplici poveracci affamati, da guerriglieri o altri fanatici infiltrati?
Poi, è antipatico dirlo, perchè è politicamente scorretto, ma c'è nell'area africana un serio allarme di diffusione dell'epidemia del virus, tutt'ora mortale, Ebola, lanciato in questi giorni da un'organizzazione umanitaria del prestigio dei Medici Senza Frontiere.
Siamo attrezzati per fare test e screening del caso?
Che dicono i politici?
Le solite sciocchezze rimpallando tutto a Bruxelles, che regolarmente controbatte : vi abbiamo dato dei milioni, ma quali strutture avete costruito con quei milioni?
L'unico discorso serio l'ho visto fare dal senatore Luigi Manconi, uomo ex Verdi, che è ora nel PD, ma che da sempre è un battitore libero, impegnato ad affrontare e risolvere problemi umanitari e non beghe di partito ed è, non a caso presidente della commissione parlamentare per i diritti umani.
Manconi sta lavorando a un serio progetto per internazionalizzare il problema immigrazione nel Mediterraneo.
In poche parole propone di creare nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, nell'altra sponda, e cioè nei paesi di partenza degli immigrati, dei presidi che chiama di “ammissione umanitaria”.
Una specie di campi profughi (anche se lui non usa questa parola) attrezzati da organizzazioni internazionali e finanziati prevalentemente dalla Unione Europea, nel quale gli aspiranti migranti si possano raccogliere in un ambiente decente, per essere identificati, ascoltati e possano dire dove vogliono andare, perché e a fare che cosa.
Finirebbero di essere fantasmi e diverrebbero uomini.
Si porrebbe così fine al traffico indegno di esseri umani e si provvederebbe subito a uno smistamento per i vari paesi europei.
Mi sembra un ottimo progetto, come visione, cioè come obiettivo, almeno è un vero progetto con dei punti di forza e di debolezza, ma è un progetto definito, concreto, non è più generica chiacchiera a vuoto.
Gli accordi bilaterali sono stati meglio che niente, ma oggi le dimensioni del fenomeno esigono un approccio, che sia fin dall'inizio internazionale – europeo.
Ed occorre da subito capire e far capire che la partita si gioca e si deve giocare sull'altra sponda del Mediterraneo.
Non con le motovedette regalate a Gheddafi e oggi finite in mano a chissà chi , ma costruendo luoghi di accoglienza di dimensioni adeguate e un progetto logistico fattibile e finanziabile.