mercoledì 30 gennaio 2013

Con un po’ di buona volontà è possibile fare chiarezza sulla giornata della memoria





Ho letto ieri la cronaca di quanto è accaduto nel consiglio comunale della mia città quando è stato proposto di fare un minuto di silenzio per commemorare in modo istituzionale quella giornata.
Dopo di che sono successe le solite gazzarre dovute al fatto che i nostri politici sanno fare poco di buono, ma eccellono nella incapacità di fare comunicazione e così si lanciano in discussioni su cose che non si sono mai premurati di studiarsi e tanto meno di divulgare ai cittadini.
Eppure la legge istitutiva della giornata della memoria è brevissima (2 articoli) e chiarissima : si commemora “il ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico  e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.
Quindi si fa memoria sulle leggi razziali e le persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati italiani nei campi nazisti e si ricordano tutti coloro che a queste cose si sono opposti a rischio o a prezzo della loro vita.
E’ una legge ormai di tredici anni fa (31 luglio 2000) ed è stata scritta materialmente da un grande intellettuale progressista Furio Colombo.
Ieri sul Fatto Quotidiano Furio Colombo ne dava l’interpretazione autentica .
Colombo ne parla con dispiacere proprio perché rileva che anche persone più che qualificate intellettualmente e culturalmente ne parlano regolarmente a vanvera dimostrando di non avere neanche mai letto il testo della legge istitutiva.
Colombo ricorda quindi che nella discussione sia alla Camera che al Senato l’approvazione di quella legge  ha dovuto tardare per la netta opposizione delle destre che volevano includere il ricordo delle vittime dei comunisti  : foibe e gulag.
Furio Colombo dice ancora di essersi prodigato a spiegare allora ai colleghi che il senso della legge era istituire il ricordo di fatti (leggi razziali e Sohà) dei quali noi italiani siamo stati responsabili. Nel momento della discussione Colombo dice di avere cercato di fare riflettere i colleghi sul fatto incontrovertibile che su quegli stessi banchi sui quali erano seduti loro si erano trovati seduti altri parlamentari italiani che le leggi razziale le avevano approvate all’unanimità.
Il senso della legge secondo il suo estensore sta nelle parole “la persecuzione italiana dei cittadini ebrei”.
Si commemora quindi una colpa e una responsabilità incancellabili e irrimediabili del popolo italiano.
Non sono abituato a fare queste cose ma mi sarei messo sull’attenti  in segno di omaggio quando l’altro ieri ho letto le parole che ha speso in proposito la Cancelliera Federale Angela Merkel : “queste cose sono una responsabilità di noi tedeschi e lo sarà per sempre”.
Altro che il ”riduzionismo” che tutto concilia dei nostri politici.
I veri statisti si prendono le loro responsabilità, non cercano scuse pietose con  ragionamenti tipo : ma la colpa non era nostra era di quegli altri.
Detto questo torniamo alle obbiezioni di rito, emerse nel consiglio comunale, che citavo all’inizio.
Perché non includiamo anche foibe e gulag?  È stato detto.
E perché non i morti di tutte le dittature?
E perché dimenticare le vittime del razzismo che annegano nei barconi nel mediterraneo?
Avendo una parente prossima armena, che per di più era giustamente molto orgogliosa di esserlo, mi stupisce il fatto che si parla in queste occasioni di tutti, ma proprio di tutti, e a nessuno viene mai in mente il genocidio armeno, che però sui libri di storia c’è.
Comunque confesso che io stesso non avevo mai letto prima il pur breve testo della legge istitutiva del giorno della memoria.
Avendo anche avuto l’opportunità di leggere l’interpretazione autentica del suo estensore, concordo pienamente nella opportunità della sua “ratio legis”.
Ricordare e riconoscere le responsabilità del popolo italiano, che ha tollerato quelle leggi.
Ricordare e onorare contemporaneamente i pochi che hanno avuto allora il coraggio di opporvisi, pagando duramente il proprio coraggio.
Le commemorazioni delle altre vittime di dittature e di genocidi hanno diritto a un loro spazio, ma non c’entrano con questa giornata della memoria, perché  quelle atrocità non sono imputabili alla responsabilità del popolo italiano.
Questa giornata è soprattutto una presa di responsabilità che ci induca a vergognarci per non ricaderci.
Dicono niente i canti razzisti delle curve di calcio?

martedì 29 gennaio 2013

Berlusconi e il fascismo dopo le esternazioni al binario 21





Su questo blog si è trattato anche a lungo di questo argomento  (fra gli ultimi vedi i post del 11/12/12 e del 31/11/12) .
Si era detto alla fine che siccome almeno i numeri  non mentono mai, sarebbe stato opportuno ragionare su quelli per vedere che una volta che  Monti  ha occupato in modo credibile lo spazio del  centro (10/15%), al Cavaliere non sarebbe rimasto che occupare lo spazio della destra – destra.
Si era detto con più precisione che lo spazio politico che rimaneva al Cav. era quello di un partito di tipo Lepenista, cioè para-fascista, che ovunque in Europa ha attualmente uno spazio fra il 10 e il 15%.
Questo spazio  in Italia era occupato ufficialmente dalla Lega; dalla destra fascista di Storace; e da quella detta ex fascista dei vari Alemanno, Gasparri ecc, a suo tempo confluiti nel Pdl, che quindi era già di suo e da anni un partito con un’anima lepenista  para- fascista.
Si era anche ricordato che quando lo scorso anno il partito del Cav. ha fatto per la prima volta qualcosa di simile ai congressi locali per eleggere gli organi direttivi territoriali, gli ex A.N. cioè i così detti ex fascisti, avevano pressoché sbancato,  occupando un numero posti dirigenziali ben al di là delle dimensioni, che si presumeva avesse la loro componente.
Quindi la base del Pdl, quando per la prima volta è stata chiamata a esprimersi, si è espressa  facendosi rappresentare dagli ex fascisti e quindi mostrando chiaramente e  in modo del tutto trasparente quale fosse l’orientamento della base del partito.
E allora cosa c’è da sorprendersi se il Cav. esprime i suo apprezzamento per Mussolini?
Mi è piaciuto molto il commento fatto in proposito da una persona più che qualificata per parlare di fascismo, donna Assunta Almirante.
Intervistata ieri da Repubblica ha detto di avere avuto occasione di parlare più volte col Cav. e di ritenere che non sia fascista, ma di avere ricavato l’impressione che lo stesso  provi nei riguardi del Duce una grande invidia.
Invidia significa fare questo ragionamento : lui c’è riuscito, io non ci riuscirò mai.
Questo è il problema del Cav. vorrebbe, ma sa di non essere adeguato.
Tutte le volte che ho parlato del Cav. ho sempre detto di essere convinto che l’uomo sia un freddo calcolatore, abilissimo nel tenere la scena per recitare la parte che si è studiata per bene, prima di recitarla.
Di conseguenza sono convinto che la scelta sciagurata e moralmente abietta di dire quello che ha detto alla commemorazione di tutti coloro che hanno fatto un viaggio di sola andata ai campi di sterminio dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano, sia stata programmata e voluta per dare più risalto alla cosa e trarne il maggior vantaggio elettorale possibile.
Concordo pienamente con donna Assunta, al Cav del fascismo non importa nulla, come non gli importa nulla della democrazia, quello che gli interessa sono solo i volti dei simpatizzanti fascisti, ma ancora di  più di quelli  non  fascisti, ma “riduzionisti” sui mali del fascismo, per ragioni sentimentali.
L’uomo è molto più sottile di quello che appare e che recita portando quella  maschera da clown.
Fosse davvero un clown il Cav. non sarebbe pericoloso, ma quella da clown è una maschera che indossa per conquistare consensi, dietro c’è il freddo calcolatore.
Il gioco di raffinata psicologia cognitiva  che il Cav. porta avanti con successo da vent’anni è quello che recitava magistralmente il suo amico, non a caso, Mike Buongiorno : fare la parte del bonaccione che casca in  una sequela di  gaffe, per finta ignoranza, al fine di convincere gli italiani di essere uno di loro e quindi per convincerli a identificarsi con lui.
Il Cav. sa che la parte più anziana degli italiani è stata fascista, non per particolare convinzione ideologica, ma per convenienza o anche per puro entusiasmo giovanile verso le idee di patria ed onore.
E che di conseguenza con un effetto ”transfer” è portato a identificare tutte le cose piacevoli della propria giovinezza con il periodo storico, che hanno vissuto da giovani, cancellando automaticamente dalla loro mente gli orrori e gli errori del medesimo periodo.
Tendono quindi inconsciamente ad assumere posizioni “riduzioniste” a proposito degli errori del fascismo tipo : “Mussolini ha fatto tanto bene, se solo non avesse fatto la guerra” oppure “è tutta colpa di Hitler quel diavolo, noi italiani non siamo mai stati cattivi come i nazisti, non ce l’avevamo con gli ebrei” eccetera eccetera.
Sono posizioni sentimentali, non razionali, la ragione ci dice invece che il mito degli ” italiani brava gente” è smentito da una documentazione storica difficilmente confutabile; che Mussolini è stato il maestro di Hitler e non viceversa; che le riviste sulla razza superiore sono state edite dal PNF ben prima delle leggi razziali, che non sono state affatto imposte dai Nazisti, ma che erano autoctone  nel fascismo italiano.
Mussolini ha fato il welfare? certamente che ne ha messo le basi, come Hitler col riarmo ha ridato lavoro a tutti, ma questo che vuol dire?
E’ in questi ragionamenti che si evidenzia l’errore logico “riduzionista” quando l’inconscio distorce la ragione, le case popolari o le bonifiche possono mai cancellare la schiavizzazione della minoranza ebrea degli italiani? la loro distruzione fisica e razziale, l’abbattimento delle istituzioni democratiche, i morti e i feriti delle guerre sbagliate perché fatte contro le democrazie, che negli scopi di guerra avevano guarda caso proprio l’istituzione del welfare e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ?
C’era un errore di fondo un peccato originale nel fascismo, che era insito nella sua natura : era nato col colpo di stato della marcia su Roma e quindi sulla distruzione della democrazia, che non è un optional  ma è l’unica forma di vita sociale che consenta alla persona umana di espletare la sua dignità.
Purtroppo questo meccanismo psicologico di riduzionismo per ragioni sentimentali inconsce è comunissimo.
Ed è pericoloso  proprio perché essendo mosso da forze inconsce   porta le persone a errori clamorosi, che moltissimi non riescono a superare perché ingannati dal loro subconscio.
Mi ha sempre colpito come esempio emblematico di questo meccanismo perverso la posizione di un uomo di grandissima statura  professionale e morale come è stato Indro Montanelli.
Il meccanismo sopra descritto gli ha sempre impedito di prendere una posizione netta contro l’uso dei gas praticato dalle nostre truppe in Africa, dove aveva combattuto giovanissimo, così come tendeva ad assumere una posizione  riduzionista in altre colpe del fascismo.
Così facendo, lui, il più anglosassone  dei giornalisti italiani per cultura e statura professionale ha finito per pagare quei giudizi sbagliati, perché aveva dato retta al suo inconscio e non alla sua mente razionale, raccogliendo sul più prestigioso giornale del mondo il NY Times un necrologio orribile, che certo non si meritava, venendo descritto come se fosse stato un nostalgico ex fascista.
Perché il Cav. si è esposto all’obbrobrio di quelle dichiarazioni davanti al binario 21?
Perché la sua fredda mente razionale sa che gli uomini si fanno fregare dal sentimento e dall’inconscio, quando si lasciano guidare da quelle potentissime forze  a sproposito, soprattutto quando sono anziani e ha deciso di giocarsele a suo favore.
Abietto? Forse, ma : à la guerre come à la guerre”, la politica si fa anche così.
Purtroppo però un aspirante ducetto, che sa di non essere all’altezza è ancora più pericoloso di un duce vero con tutti gli attributi, perché è disposto a giocare usando veramente  tutti i mezzi per sopperire ai suoi limiti evidenti.
Lo si vede e forse ne vedremo anche di peggio in questo prossimo caldissimo febbraio.

lunedì 21 gennaio 2013

We the people…





Se c’è una rara occasione che ci consenta di allontanarci dalla vista penosa della nostra campagna elettorale è giusto accoglierla con entusiasmo e infatti il giorno dell’Inaugurazione del nuovo mandato presidenziale di Obama è una cosa che fa sognare noi più degli americani.
In Europa e in Italia c’è poco da sognare se si parla di politica.
Non solo perché Obama è un marziano rispetto alla nostra indecente  classe politica , ma perché l’America se lo merita un presidente di quella caratura.
Quando ha dovuto scegliere fra uno pseudo Berlusconi e per di più fanatico religioso, come era Romney e lui,  ha scelto lui.
Poi l’America ha due cose che noi non abbiamo e che possiamo solo ammirare quando sono praticate da altri.
Un patriottismo ,estroverso, palpabile, di popolo e non recitato.
E una religione civile fortissima e consolidata.
Da noi si soffre ancora della fisima secondo la quale il patriottismo sarebbe solo fascista e che quindi non sta bene, non si fa.
La religione civile (se ne era parlato a lungo nel post del  18 dicembre  scorso) figuriamoci che spazio possa avere da noi, nel paese che ospita un ingombrantissimo Vaticano.
Come si era detto in quel post per ritrovare una religione civile nella nostra storia patria occorre risalire al tempo dell’impero romano.
L’America è e rimane un sogno nel nostro immaginario collettivo perché è straordinaria nelle sue contraddizioni che coniugano con estrema disinvoltura appunto patriottismo, religione civile e modernità.
Mi ha colpito per esempio questa parte della liturgia dell’inaugurazione : un  pastore , come da tradizione invoca la benedizione di dio sull’America .
Finita la preghiera lascia l’ambone e nel corridoio appare un picchetto in alta uniforme che avanza con  passo cadenzato, portando una selva di bandiere.
La gente ancora non si alza in piedi ma è evidente che la cerimonia si avvia verso a uno dei momenti della massima solennità.
Siamo nel paese che si dice non sia più l’incontrastata potenza imperiale,  ma nessuno contesta  il fatto che sul piano militare sia ancora la massima potenza, più avanti di tutti e di molte lunghezze.
Ci si aspetterebbe quindi che apparisse,  che so io , il capo di stato maggiore, la banda dei Marines o qualcosa del genere, invece in fondo al corridoio compare a passo deciso la cantante più nota e più sexy che ci sia, Bioncé che fra abbracci e sorrisi prende il podio per cantare l’inno nazionale.
Tutti in piedi e militari sull’attenti, come si conviene.
Inarrivabile.
Inarrivabile perché non c’era niente di stonato.
In America Bioncè può prendere l’ambone per cantare l’inno nazionale subito dopo la preghiera di rito davanti a un milione di persone e la cosa appare ovvia.
Non parliamo della poesia letta da un poeta ispano- americano gay dichiarato.
Dopo un discorso nel quale per la prima volta un presidente in una occasione così formale invoca “la parità per le nostre sorelle e i nostri fratelli gay”.
Nella vecchia Europa si fatica a capire quello che nelle giovani generazioni è considerato acquisito universalmente e cioè che la parità dei diritti per i gay è diventata l’icona della battaglia per il completamento dei  diritti civili in senso lato, è la battaglia scelta per portare avanti tutte altre sugli immigrati, sulla bio etica ecc.
Uno che vi si oppone a causa dei vecchi pregiudizi è considerato fuori dal mondo.
Riconosci i diritti degli altri anche se sono una minoranza, anche se  ti può sembrare meno piacevole,  se vuoi difendere i tuoi diritti, è ovvio ma fa fatica a passare.
Discorso di notevole livello, quello di Obama ,come sempre.
L’insistenza sul “we  the people” “noi il popolo degli Stati Uniti” che sono, come è noto le prime parole della dichiarazione d’Indipendenza, riportate come preambolo della costituzione degli Usa, ripetuto più e più volte.
I commentatori hanno detto che il presidente, essendo al secondo mandato non può più essere rieletto e quindi non ha più da preoccuparsi di fidelizzare dei partiti o delle fazioni e quindi si può permettere di essere veramente il presidente di tutti e rivolgersi a tutti in modo credibile.
Fare arrivare alla parità chi ancora non ci è arrivato.
C’è della retorica, ma è di qualità.
Da noi si parla poco del fatto abbastanza singolare che nelle università amaricane sono ricomparsi ed hanno grande successo  nel senso che i posti vanno esauriti, i corsi dei retorica, disciplina dei tempi della cultura classica che ricompare con tutti gli onori  ai tempi di internet.
Ancora commozione vera da parte del pubblico afro-americano, che ha tutte le ragioni per esserlo nel 50 anniversario del discorso di Martin Luther King.
Come si sa sta spopolando in questi giorni il film di Spielberg su Lincoln, che si avvia probabilmente a vincere l’Oscar il mese prossimo.
Quindi ancora retorica, ma bella, la scelta simbolica di Obama, che ha voluto effettuare un giuramento sulla bibbia posseduta a suo tempo da Abraham Lincoln e poi su quella posseduta da Martin Luther King.
Il sogno americano ci dice un’altra cosa che non viene spesso notata.
Obama era e resta un outsider nel senso che non era e non è un  uomo di apparato del suo partito, eppure è stato eletto e rieletto.
Morale della favola per noi nella cloaca della politica italiana : un buon presidente bisogna prima di tutto volerlo, poi  cercarselo informandosi beni e poi andare a votarlo.

giovedì 17 gennaio 2013

Silvio ben Berlusk emiro del Libero sultanato televisivo di Medi-al-zet





Il teatrino della politica italiana in campagna elettorale è diventato talmente prevedibile  grigio e noioso, che non c’è più gusto a seguirlo.
Vicende ben più interessanti si svolgono nel Mali e  colpiscono molto di più l’immaginazione.
Soprattutto per il fatto che bande di predoni ben armate che parlano l’arabo cioè una lingua non autoctona dell’Africa sub sahariana e fanno riferimento alla fantomatica al Quaida, riescono ad occupare città e intere regioni.
Viene quindi da pensare :  ma se un personaggio dotato di fantasia, del dovuto carattere, dei soldi necessari e di una grande esperienza nell’uso delle televisioni decidesse di sbarcare in un paese africano  magari piccolo -medio e senza risorse ingombranti per non trovarsi troppo sotto il mirino delle grandi potenze…
Se la proprietà  e l’uso di qualche rete televisiva riesce ad avere l’effetto che sappiamo nella settima economia del pianeta (sarebbe l’Italia) figuriamoci che effetto avrebbe in un arretrato paese africano dove la gente dei villaggi vive ancora nelle capanne, ma la televisione o la radio ce l’ha.
Naturalmente dovrebbe  trasformare gran parte della sua corte in una milizia di pretoriani, ma questo alla fin fine gli renderebbe la vita più semplice e lineare.
Dare ordini tutte le mattine al colonnello Angh Alfeth, capo della prima centuria di palazzo cosa cambierebbe nella sostanza?
Il Gran Ciambellano Gihanna’ Let, sembra addirittura nato per quella carica e si troverebbe benissimo nel gestire le relazioni con gli altri satrapi della regione.
Suggerirei di scegliere un paese francofono perché la cosa risolverebbe i problemi di comunicazione per lo sceicco - leader maximo , che almeno quella lingua la pratica benino.
Il fondamentale ministero delle faccende sarebbe subito assegnato all’uomo chiave al Verdin che assumerebbe anche ad interim la carica di governatore della banca centrale.
Il ministero della cultura sarebbe ristrutturato in ministero per il grande intrattenimento col compito categorico di tenere la gente davanti al televisore per tutto il tempo libero dal lavoro.
La grande industria del paese sarebbe individuata nel settore turistico affidato al grande amico dello sceicco, Briath al Billion unico notabile del regime già solidamente presente nel continente  e già uomo di successo per definizione.
Un’altra colonna del regime sarebbe individuata nella pratica intensiva del gioco del calcio da praticarsi in tutti i villaggi, al fine di formare un vastissimo vivaio di promesse per la nuova grande squadra di al Mil - Afrik, che subito si lancerebbe nel seguitissimo campionato locale e poi via via per la Coppa d’Africa e più avanti ancora, naturalmente capitano sarebbe il ben noto al Shaarawi, preso in prestito da una consociata  europea di Mil – Afrik.
Sarebbe un  paese felice e gaio, dove ogni mattina le famigliole riunite intorno al tavolo della prima colazione, ascolterebbero con trepidazione la barzelletta quotidiana trasmessa in diretta a reti unificate dal palazzo presidenziale con obbligo di risata per almeno cinque minuti, indispensabile per poter riscuotere il sussidio liberalmente consesso dallo sceicco ai suoi sudditi fedeli.
I sudditi sarebbero tutti esaltati dal poter vedere che i grandi del mondo ed in particolare l’amico Putin per la prima vota nella storia della  loro regione si intratterrebbero a lungo ospiti dello sceicco.
Una volta alla settimana lo sceicco consentirebbe con generosa signorilità alle telecamere di entrare nel suo fastoso palazzo per riprendere le scene delle serate eleganti, che ivi si svolgono nel salone delle feste, che precede l’ingresso all’harem più grande del mondo, dove ovviamente le telecamere non sono ammesse, ma in tutto il paese si sussurra di quello che vi succede dentro, per la verità con la complicità del sultano, che non si dispiace affatto che in ogni bar di villaggio si scommetta sul record di prestazioni che inanella ogni sera.
Nel Libero Sultanato televisivo di Medi -al-Zet, questa è la denominazione che lo sceicco si è scelto, la giornata si conclude con il sermone recitato da un strano personaggio piuttosto debordante e di capello lungo Jiulha al Ferrà che a volte sconcerta quella popolazione poco sofisticata col fatto che una sera si presenta  vestito da Savonarola, un’altra col manto giallo dei monaci buddisti, quasi nascosto da incensi e fumi di sigari toscani e che  senza mancare d’ironia, incita all’ottimismo, non dimenticando mai di ricordare quanto ha fatto il sultano per i suoi sudditi.
E’ l’intellettuale guru di riferimento del regime, che sembra divertirsi moltissimo.
E’ solo una favoletta, un sogno, ma se il sogno si realizzasse almeno in parte?