lunedì 17 settembre 2018

Fascista!






Eh va beh, oggi va così.
Il circo mediatico a pensiero quasi unico rimasto orfano della finta sinistra ufficialmente rappresentata da PD e compagni non riesce in nessun modo a rassegnarsi alla bruciante e pesante sconfitta elettorale seguita dalla presa del potere da parte del governo giallo-verde ed essendo sempre più a corto di argomenti e di analisi non trova di meglio che bollare le politiche appunto giallo -verdi di pericolosi segnali del fascismo che avanza in tutto l’Occidente.
Il Vaticano benedice.
Da tempo non trovo più di nessuna consistenza le risposte che quella centrale di pensiero, che pure ha costruito la gran parte della nostra cultura e anche della mia formazione, ma a vedere ieri Piazza San Pietro piena nemmeno per un quarto all’angelus domenicale mi ha colpito veramente.
Il mondo cambia molto in fretta e mette in crisi nera anche quell’istituzione ultra millenaria.
Sono stato come moltissimi dei giovani di tutti i tempi fra quelli che non si ritenevano mai abbastanza avanzati, moderni, e diciamolo pure di sinistra e di conseguenza fra gli improperi che riservavo agli avversari politici o meno quello di “fascista!” era quello che mi usciva con più immediatezza.
L’anagrafe ha voluto che nascessi appena prima della caduta del fascismo, e quindi le notizie dirette che ho potuto avere di quel regime erano solo riportate sul filo della narrazione storica tramandata a voce da parenti e conoscenti.
A scuola allora era considerato prematuro per eccesso di prudenza parlare o accennare a quella parte della storia, ma essendo uno scolaro non secchione ma molto curioso e interessato, ho cercato di supplire a quella carenza con opportune letture.
All’Università ho perfezionato e mi sono imbattuto tra l’altro nella gigantesca storia del fascismo di Renzo De Felice e poi ho proseguito con ulteriori ritocchi, tempo libero permettendo.
Credo quindi di saperne abbastanza per dire alcune cose:

-quello che si sa oggi del fascismo è in gran parte un assemblaggio di “fake news” o leggende metropolitane, resistendo la versione a base ideologica e non storica ,diffusa caparbiamente nel dopo guerra dall’allora pensiero dominante nelle èlites intellettuali, di ispirazione marxista, tollerato ma non contrastato dalla Democrazia Cristiana per calcolo di potere, in quanto quel partitone aveva sì individuato nel comunismo il nemico da battere, ma contemporaneamente aveva lasciato che Andreotti e c. con l’aiuto di Moro e c. si inventassero la formula dell’”arco costituzionale”.
Al fine di riservarsi la possibilità di socchiudere la porta al socialismo, nella sottile e curiale politica della DC infatti non si apriva mai, tutt’al più si socchiudeva.
La conseguente tetragona chiusura al neofascismo del MSI era l’agnello sacrificale che suggellava il patto dell’arco costituzionale, conventio ad escludendum, mirata ad aperendum.
Imperscrutabile, ma geniale quel Moro.
Questa politica ha avuto conseguenze anche culturali notevoli, se si pensa che la DC ha governato ininterrottamente dal dopoguerra al 1994, quando un nuovo avventuriero “è sceso in politica”,e sono cinquant’anni.
In tutti quegli anni e fino ad oggi, gli anziani, e sopratutto coloro che il fascismo l’avevano vissuto non per sentito dire avevano forse la nostalgia degli anni della giovinezza passati sotto quel regime, e quindi rischiavano il corto circuito sovrapponendo fascismo- anni d’oro della gioventù.
La quasi totalità però aveva ben chiaro che c’era poco da rimpiangere di quel regime, nel senso che l’entrata in guerra dalla parte sbagliata , le leggi razziali e il periodo di quello che per molto tempo si è chiamato il repubblichino sono stati errori imperdonabili.
E va bene.
Ma non va bene la demonizzazione a prescindere, il mettere tutto nel cestino dell’immondizia.
Sopratutto per una cosa fondamentale e cioè il fatto che la scorretta rappresentazione che si fa oggi del fascismo sembra fatta apposta per accollare tutto il marcio a un uomo alla sua classe politica, ai fascisti di allora e salvare , cioè salvarsi ,la coscienza.

No, il passaggio logico che c’è alla base di questo procedimento è errato ed è pericoloso ignorarne le conseguenze, perché è come indurre tutti quanti a fare la politica dello struzzo, cioè in altri termini indurre a nascondere la spazzatura sotto il tappeto.
Non è così che si risolvono i problemi.

De Felice, che ha rotto l’incantesimo del pensiero unico non è stato e non è affatto amato, perché ha detto e dimostrato la verità storica amara che è questa : il fascismo non è stato un bieco dittatore che con la potenza delle armi e dei suoi pretoriani ha costretto un popolo di agnellini a pensare e fare anche cose riprovevoli.
Il fascismo è stato almeno fino al culmine della proclamazione dell’Impero nel 1935 e probabilmente dopo ancora qualche anno, è stato gli italiani, che in grandissima maggioranza si riconoscevano pienamente e volenterosamente in lui.
Se non metabolizziamo il fatto che quel fardello volenti o nolenti ce lo dobbiamo accollare, semplicemente perché la storia ce lo impone, facciamo la politica dello struzzo che non porta da nessuna parte.
Da giovane progressista sinistrorso avevo cercato a volte anche con insistenza di iscrivermi
all’Associazione Partigiani Cristiani ed all’Anpi.
Saggiamente i dirigenti di allora avevano cortesemente rifiutato dicendomi che l’anagrafe mi impediva di essere stato partigiano quindi la mia richiesta non aveva senso pratico.

A vedere oggi quanto sia alla page iscriversi a quelle associazioni, sono costretto a condividere la sferzante invettiva di Ennio Flaiano in proposito quando disse che in Italia ci sono due tipi di fascisti : i fascisti e gli antifascisti.
I pochi, pochissimi anti fascisti veri sono quelli, mi disse una volta un partigiano doc., che hanno avuto lo stomaco di cacciare la baionetta nella pancia di un fascista.
Gli altri, anche se in buona fede e animati dalla volontà di ricordare, forse farebbero meglio a lasciar perdere.
Occorre tutti studiarsi un po meglio la materia e magari riflettere sul travaglio morale e culturale di chi la baionetta l’ha usata veramente, magari contro uno che poteva essere suo padre o suo fratello.
Studiarsi un po meglio la materia significa innanzi tutto prendere atto, come si diceva che i fascisti non erano dei marziani ma erano gli italiani quasi tutti, non perché erano improvvisamente impazziti, ma perché il fascismo riconosceva ed enfatizzava alcuni elementi nei quali il popolo italiano si riconosceva pienamente.
Ordine, disciplina, riferimenti certi, il proprio ruolo riconosciuto e rispettato nella società stabilità di tutto e sopratutto quello che la versione corrente e del fascismo certificata dal pensiero unico radical-chic vuole ignorare totalmente e cioè che il fascismo ha anticipato di decenni le istituzioni che il laburismo inglese ha adottato per primo nel primo dopoguerra.
Case popolari nel senso di interi quartieri, ospedali ,edifici pubblici, luoghi di aggregazione, certo sfruttati per la propaganda, ma che prima non c’erano proprio, colonie estive per bambini e adolescenti, un sistema scolastico di ottimo livello.
A cominciare da elementari essenziali in un periodo nel quale l’analfabetismo era ancora estremamente diffuso, fino ai licei ma sopratutto alla magistrali.
Queste sono state la “genialata” del regime perché con questo tipo di scuola si è riusciti a dare formazione ai quadri dirigenti di una società arretrata.
Non potevano bastare i licei, troppo elitari, ci voleva una istruzione di massa, per un ceto medio di massa.
Ma insomma questi erano fascisti o socialisti?
Viene da chiederselo e per certi versi è lecito chiederselo, diversamente non si capisce l’essenziale.

Il fascismo ha aperto la scala sociale che prima era percorribile solo dalle strettissime élite risorgimentali a un vasto ceto medio.
Questo è stato il suo merito storico che è sciocco cercare di disconoscere per ragioni ideologiche.
E diciamone un’altra che fa rizzare i capelli in testa ai sacerdoti della vulgata corrente, il fascismo ha avuto il merito di “fare sognare” intere generazioni.
Se invece di credere alle favole della suddetta vulgata si studiasse un po’ di più, si scoprirebbe che orrore! orrore!, il tanto deprecato imperialismo italiano in Africa, non è stato affatto un tentativo da operetta del tutto fuori tempo ridicolizzato dalle altre potenze, ma è stato spesso alla pari, preso molto sul serio.

E’ arrivato tardi, perché l’Italia come nazione è arrivata tardi, ringraziamo Borboni e Papa Re!
E sopratutto gli italiani hanno preso molto sul serio quell’impero che li ha “fatti sognare”.
Ma erano razzisti?
In una certa misura sì, né più né meno di inglesi francesi e tedeschi e Vaticano.
E’ comodo addebitare tutto alla pelata del duce.
Ma storicamente non è onesto, perché il fascismo è stato condiviso per due terzi del suo tempo dalla quasi totalità degli italiani, dalla monarchia e dal Vaticano.
Quest’ultimo non ha niente da dire sul razzismo antisemita?
Comodo oggi fare finta di niente, ma i ghetti chi li ha inventati?
Poi ,anzi prima, c’è comunque la condanna della storia, perché era una dittatura, perché ha fatto l’alleanza con il nazismo, perché ha fatto le leggi razziali.
Ma guardiamo alla storia con senso critico e scriviamo questa storia su un foglio con una riga per la metà verticale : su mezzo foglio le realizzazioni positive, sull’altro mezzo foglio gli errori e i disastri.
Oggi se si parla di fascismo si legge solo l’altra metà e così facendo non si capisce, non si può capire.
Oggi invece è importante capire perché se oggi i partiti tradizionali hanno perso le elezioni in Italia e sono in pessima salute nel resto dell’Occidente non è perché c’è latente una domanda di ritorno al fascismo, chi sostiene questa cosa sostiene una pura scemenza, ma oggi è in atto un forte logoramento della democrazia liberale, come è sotto gli occhi di tutti.
Bisogna prendere atto con decisione e con chiarezza di questa situazione e chiedersi cosa si è logorato e sul quale cosa bisogna mettere mano per cercare vie nuove.
Facciamo un programma e facciamoci votare sopra i cittadini con Facebook o con Whatsupp.
Eh, sarebbe bello se non fosse una scemenza.
Ma attenzione stiamo attenti a riderci sopra perché una via decente e praticabile fra il mito dell’agorà ,l’assemblea discutente e votante dell’età di Pericle e il voto su whatsupp, prima o poi, ma meglio prima, spetta a noi, alla nostra fantasia ed a quella dei nostri giovani trovarla.
Se non vogliamo aprire le porte a un progressivo decadimento e cancellazione delle istituzioni della democrazia liberale occorre da subito allertarsi, pensare, analizzare, studiare, consultare gli esperti e gli accademici.
E’ faticoso, ma la democrazia va guadagnata tanto più che le sue istituzioni oggi siamo costretti a riscriverle.

E per favore piantiamola con la lagna fascismo-antifascismo.
Cerchiamo di essere pratici e pensiamo al bicchiere mezzo pieno.
Se finalmente ci decidessimo a giudicare il fascismo per quello che realmente è stato è non come l’ha caricaturizzato la vulgata ancora corrente degli antifascisti di mestiere che ci sono campati sopra per decenni, potremmo vantare tutte quelle cose :case popolari, architettura razionalista, dopo-lavoro, colonie, bonifiche eccetera per quello che realmente sono stati e cioè come realizzazioni del popolo italiano delle quali c’è giustamente da portare vanto.
Così pure per gli innumerevoli episodi di valore e di professionalità compiuto dalle truppe coloniali italiane, anche se purtroppo spesso annebbiate dall’incompetenza e dal tradimento di parecchi alti comandi.
Le strade, gli edifici pubblici eccetera in Etiopia li hanno fatti i nostri nonni, non il Negus, idem come sopra in Libia, Eritrea, Somalia.
Prima la finiremo di fustigarci a vanvera e meglio sarà.
Le cassandre buoniste la pensano diversamente? E’ loro sacrosanto diritto, ma se si documentassero un po di più sarebbe meglio.

domenica 16 settembre 2018

I giovani leoni del governo giallo -verde stanno imparando a fare politica a nostre spese Pazientiamo ancora un po’, ma che loro si diano una mossa




Cerchiamo di essere realisti e con i piedi per terra, anche i chirurghi imparano il mestiere a spese dei primi pazienti, ma proprio perché la cosa da un punto di vista della società rappresenta un certo inconveniente, è bene, anzi è doveroso che imparino in fretta.
Così è anche per i politici.

Purtroppo la selezione della classe politica oggi, scomparsi i grandi partiti storici che avevano pure tanto di scuole di formazione non proprio da buttar via, è lasciata troppo al caso.
Il buon senso vorrebbe che prima di candidare una persona a cariche elevate o molto elevate ci si preoccupasse che la persona medesima avesse fatto la gavetta almeno come consigliere comunale.
Perchè?
Ve lo dico subito, perché un consigliere comunale anche alle prime armi sa che è inutile ed è anzi un modo immediato di “sputtanarsi” proporre di fare cose che non trovino una copertura in quel libretto, che gli amministratori locali imparano subito a considerare il vangelo che si chiama bilancio.

Quante amenità ci verrebbero risparmiate dai nuovi governanti se i giovani ministri e sottosegretari avessero fatto il dovuto apprendistato in qualche comune, provincia o regione?
Va bene essere giovani e nuovi alla politica nazionale, e quindi si spera puliti, ma non va bene essere incompetenti.
Ma consoliamoci, se andassimo a rivedere l’elenco dei quadri del renzismo di laureati ad Oxford non ne troveremmo molti, anzi…

Però il tempo passa ed eventi della portata del crollo del ponte Morandi di Genova riducono i tempi di “luna di miele politica” che gli elettori accordano ai nuovi venuti e spingono a chiedere subito fatti, soluzioni idee chiare.
Se volessimo tentare uno stringato bilancio del governo giallo- verde vedremmo in estrema sintesi questo:
-Salvini si porta a casa un netto cambiamento di rotta sul piano della immigrazione di massa e una sua netta affermazione personale come leader credibile a livello nazionale ed internazionale, come dimostra la copertina di Time di questa settimana che mai viene dedicata al primo che passa per la strada.
-Di Maio porta a casa un insperato e corposo successo su quella che pure era la questione più angustiante per dimensioni , quella del destino dell’Ilva.
Non è poi così poco per un governo appena nato.

Ma sul caso Genova la gente non può essere soddisfatta, perché stanno dando l’impressione di girare a vuoto proprio quando ci vorrebbe determinazione e idee chiare.
Per di più si trovano a fare i conti con una autorità locale rappresentata da un Presidente di regione (Toti) ,berlusconiano di nascita ma con chiare simpatie leghiste-salviniane, che con Salvini condivide un carattere deciso e decisionista ,che sembra deciso a non fare sconti a nessuno.
Si vedrà.

Su vicende incagliate che si sapeva sarebbero state dei noti difficili da sciogliere come la Tav e il gasdotto pugliese, nessuno ci scommetteva niente ed infatti giacciono e giaceranno in seconda fila.

Su vaccini e diritti civili ormai acquisiti pesa lo spazio dato in modo improvvido e insensato ai gruppi più oscurantisti cattolici e a gruppuscoli anti- scienza , che forze politiche che rappresentano il rinnovamento dovrebbero scrollarsi di dosso con decisione, ma che non sembrano avere alcuna volontà di farlo, dimostrando di avere una scarsa visione.
Ma venendo alla madre di tutte le ambiguità, la vera questione che farà da cartina di tornasole per verificare se questo governo è in grado di governare per una legislatura è la legge finanziaria e di bilancio che dovrà venire alla luce entro questo autunno.

Qui il problema è serio, perché Da quel che si intuisce i due movimenti al potere hanno deciso di non poter rischiare di dire la verità alla gente.

A mio parere la verità è che ambedue le forze concordano sull’obiettivo dell’uscita dall’Euro.
Basta vedere chi sono i loro consiglieri economici e le idee che da sempre portano avanti.
Si sono però giustamente spaventati dalle cannonate che la potente porta-aerei di Bruxelles ci può sparare contro se fosse apertamente proclamata la volontà dell’Italia di uscire dall’Euro.
E quindi si è scelta la linea di fingere.
Del resto cosa fa il prode Macron, alla guida dell’Europa al fianco di Frau Merkel, col giochino del 3%?
Dice che gli impegni si rispettano ma fa una politica economica che se ne frega allegramente del limite del 3%.
Quel che rimane dell’Europa non è un gran che, non si può non riconoscerlo.
E se si facesse l’impensabile e l’innominabile e cioè si uscisse?
La tanto deprecata Brexit che avrebbe dovuto mettere gli inglesi agli incroci a cercare la carità, sta certo provocando nell’immediato una serie di inconvenienti solo in parte previsti, ma nessuno tsunami.
E l’altra misura che fa scoppiare il fegato al pensiero unico liberista imperante, i tanto deprecati dazi di Trump?
Idem come sopra, inconvenienti previsti nell’immediato ma nessuno tsunami alle porte.

Certo che se i trattati di Mastricht si fossero fatti con più cervello, lungimiranza e diciamolo pure con più professionalità per parte nostra dalle personalità che in ragione di quel lavoro sono state poste se non su un altare, ma su un piedistallo immeritato sì, anche se col tempo traballa sempre di più (Prodi,Ciampi etc.), oggi l’Europa sarebbe una cosa più seria e più consistente.
Ma non lo è.
E allora?
Allora facciamo finta, va bene nell’immediato può convenire, ma se questo governo dura,a un certo momento dovrà pure dire la verità agli italiani, anche se la maggioranza di loro tifa per una Europa che corrisponde a una loro personale narrazione che loro si sono fatta, ma che non corrisponde affatto alla realtà.
La politica vera, precede e cerca di informare e di educare, non segue pedissequamente quello che detta ai cittadini la “pancia”, che è fatta per lo più da pregiudizi sentimenti affrettati e scarsa informazione.
Forza gente giallo-verde, abbiate coraggio.

Ditelo al popolo che vi ha votati e a tutti che occorre non il “contratto” del quale non ce ne facciamo un bel niente, ma occorre un epocale programma di opere pubbliche e private per rimettere in sesto le infrastrutture di base del nostro paese, strade scuole, ospedali eccetera.
Il tutto ben inteso lasciando invariato il tasso di cementificazione esistente.
Ci vogliono un sacco di soldi?
E si che ci vogliono, ma con quelli si può arrivare finalmente al ritorno allo sviluppo ed alla piena occupazione.
Mirate solo a questo, ditelo alla gente e se il costo dovesse essere l’uscita dall’Euro o addirittura dalla UE, che si abbia il coraggio di dirlo e di farlo, perché ne varrebbe la pena.
La gente per capire deve conoscere e metabolizzare gli estremi del problema.


domenica 9 settembre 2018

L’incriminazione di Salvini discende da un uso corretto della procedura penale oppure rappresenta un improprio ingresso a gamba tesa della magistratura nel campo della politica?








Se Salvini fosse stato colto dalla sicurity di un supermercato Coop a mettersi nella borsa una confezione di biscottini succulenti per non pagarli alla cassa, nessuno avrebbe avuto nulla da ridire a proposito di una inevitabile conseguente azione penale verso un cittadino, colto in frangranza del reato di furto, magari con destrezza.

Ma ben altra cosa è indagarlo per sequestro di persona (relativamente al divieto di sbarco per i clandestini raccolti dalla nave Diciotti, divenuta ormai famosa), e cioè per un atto emesso assolutamente nell’esercizio delle sue funzioni di ministro degli interni , che guarda caso è anche perfettamente conseguente al suo programma elettorale, cioè alle direttive politiche per le quali i cittadini elettori gli hanno garantito ampi consensi, che tra l’altro i sondaggi ci dicono che nel frattempo si sono allargati di molto.
Il Procuratore che si è preso la briga di costruirci sopra un’azione penale, sapeva dal principio che il suo lavoro avrebbe prodotto un grandissimo effetto mediatico, ma un bel nulla sul piano pratico, perché la tanto decantata Costituzione prevede che un ministro non può venire giudicato dalla magistratura ordinaria, ma solo dai suoi pari, e cioè dal così detto Tribunale di Ministri, e quindi i suoi atti non gireranno per tribunali, ma per i palazzi del potere.
E dato che l’attuale governo del quale il ministro Salvini fa parte gode di una maggioranza parlamentare fra le più ampie che si ci siano mai state.
Per di più se vogliamo occuparci delle conseguenze politiche di quest’azione penale, non potremo fare a meno di notare che nulla sarebbe stato più efficace per ricucire in modo robusto le relazioni rima sfilacciate fra Salvini e Berlusconi, che si vede emotivamente ricaricare nel ricordo di quelle che lui ha sempre giudicato “persecuzioni giudiziarie” e che forse dato l’assolutamente abnorme numero di azioni intentategli contro, in parte lo saranno anche state.

Con il che nel Tribunale dei Ministri la maggioranza pro-Salvini si prospetta addirittura “bulgara” cioè a livello di due terzi, dato che Berlusconi lo appoggerà questa volta con sincero entusiasmo.
E allora perché l’incriminazione di Salvini in una materia che dal punto di vista tecnico giuridico è quanto mai complessa, scivolosa e tutt’altro che univoca?
Non credo che quel procuratore si sia mosso per mettersi sotto i riflettori, perché non può non sapere bene che fra pochissimo quegli atti passeranno in altre mani e del suo nome nessuno più si ricorderà.
Probabilmente lo ha fatto in assoluta buona fede e nella convinzione di dover difendere la forma del dettato della legge, anche se come si è appena detto, quel dettato in questa fattispecie è tutt’altro che evidente.

Molti magistrati sono stati educati in modo da privilegiare la forma sopra qualsiasi cosa, e questo non è certo un merito delle nostre facoltà giuridiche.
A titolo di esempio vorrei ricordare il caso di quella procuratrice, per di più molto giovane che si è trovata ad emettere un atto che di fatto sospendeva il lavoro all’Ilva , la maggiore acciaieria d’Italia e forse d’Europa, con conseguenze catastrofiche per le famiglie dei lavoratori e le commesse in corso dell’azienda.

Questo per dire che anche se la grande maggioranza delle vicende giudiziarie non va oltre i confini privati delle parti, in alcuni casi, ci sono atti delle procure o dei tribunali che hanno conseguenze più che rilevanti sulla vita di tutta la comunità nazionale e che quindi in termine tecnico, sono altamente “politiche”.
Non riconoscerlo significa fare la politica dello struzzo, che non è mai una cosa intelligente e razionale.
Il barone di Montesquieu quando scrisse “De l’esprit des loix”, ed eravamo nel 1748, cioè, onore a lui, ben quarant’anni prima della Rivoluzione Francese, fece prendere forma in modo organico alla teoria della divisione di poteri dello stato, creando uno dei concetti più fondamentali sui quali si fondano le nostre democrazie moderne.
Ma sia lui che Alexis de Tocqueville, altro genio fondatore della moderna scienza politica, che un secolo dopo Montesquieu ha ampliato la portata delle sue teorie, hanno capito da subito che la divisione è essenziale ma che non si può fare usando l’accetta.

Prova ne è che nella democrazia francese contemporanea è previsto esplicitamente un collegamento fra esecutivo e giudiziario con una figura del governo presso la procura generale col compito di farsi portavoce presso l’apparato giudiziario di quelle istanze che i cittadini elettori hanno favorito nei programmi dei partiti che sono stati portati al governo dalle ultime elezioni.

Non parliamo degli Stati Uniti, dove , i lettori e gli spettaori dei “legal triller” americani ben sanno, i “District Attorney”, cioè i procuratori che gestiscono la pubblica accusa sono regolarmente eletti dai cittadini nel corso delle elezioni locali.
Quindi quando Salvini dice ,facciano quello che vogliono, ma io sono stato eletto e loro no, non è che parla da eversore, ma semplicemente dice che nel sistema italiano, previsto dalla presunta “costituzione migliore del mondo”, c’è molto a cui sarebbe bene mettere mano.

Purtroppo la nostra Costituzione è stata scritta è vero da una costituente formata da personalità di elevate qualità, ma che purtroppo erano ossessionate prima di ogni altra cosa, dal terrore quasi paranoico che li spingeva a costruire dighe che impedissero la rinascita del fascismo in Italia.
Ed allora la spinta a costruire organi dotati di poteri limitati e superbilanciati da altri poteri.
Sempre pensando a fare al contrario di quello che avrebbero fatto i fascisti, salvo la magistratura, che doveva essere ultra-indipendente dal potere politico.
E’ comprensibile che allora ragionassero così, ma oggi, che senso ha?
L’unico legame fra politica e magistratura è il Vicepresidente (Presidente di fatto) del Consiglio Superiore della Magistratura, che è un esponente politico.
Nella prima repubblica,che oggi è di moda screditare, quando partiva un’azione penale di chiara rilevanza pubblica (vedi il sopra citato caso Ilva) o che implicava la politica (come il caso Salvini), l’azione veniva iniziata dal procuratore aggiunto o sostituto x o y, ma quasi subito per iniziativa diretta o a seguito di qualche autorevole telefonata, il “caso” veniva avocato a sé per via gerarchica
dalla procuratore capo o dalla procura generale.
Orrore! Strillava la sempreterna “sinistra al caviale”, vogliono insabbiare!

Certo che il rischio c’era, ma c’era anche in ballo l’interesse pubblico, cioè “politico” che solo gli eletti sono legittimati a trattare per elementare definizione delle istituzioni democratiche, perché così è la democrazia.
La “moral suasion” del Quirinale, che viene regolarmente invocata in questi casi dai “padri nobili”, in genere ex membri della Consulta vissuti per anni a quasi mezzo milione al mese alla nostra salute
è del tutto insufficiente e sopratutto manca del requisito essenziale della trasparenza.
La “moral suasion” officiata dal Vice presidente del Csm è ancor meno trasparente e spesso pare che proprio non ci si sforzi più di tanto.
E allora?
E allora il sistema attuale di equilibrio dei poteri per quanto riguarda la magistratura è sbilanciato.
Ai tempi deprecati della DC, la balena bianca, il potere che quel partito assommava in sé era tale per cui nei caso sopra citati, bastava che il presidente del consiglio del momento alzasse il telefono per parlare con qualche toga di alto livello e il problema si risolveva miracolosamente.
Ma oggi siamo lontanissimi da quei tempi e non è affatto male che sia così.
Oggi c’è lo strombazzato “governo del cambiamento” e quindi che la cosa ci sia o non ci sia nel “contratto”, dovrebbe essere evidente ai due partiti partner che il problema della giustizia è grosso come una casa e che quindi è una delle priorità metterci le mani.
Se il prode “Giggino” di Maio lo capisse prima di beccarsi la sgradevole comunicazione giudiziaria che prima o poi capiterà anche a lui, sarà veramente una bella cosa.


domenica 2 settembre 2018

Dopo il memoriale dell’Arcivescovo Viganò ,Papa Francesco : che disastro. Ora che Papa Benedetto ha aperto la strada, Francesco ne segua l’esempio facendo esercizio di umiltà







Il memoriale dell’Arcivescovo Viganò, non è un libello di poche righe, scritto da un anziano alto prelato, che decide di buttare in pasto al pubblico tutta la rabbia che avrebbe maturato dentro di sé per una mancata berretta cardinalizia, come blaterano i vaticanisti e i media allineati col Vaticano.

E’ invece un elenco circostanziato di parecchi eventi concatenati fra loro che vedono protagonisti le più alte gerarchie vaticane, capo in testa compreso, in gran parte già note agli addetti ai lavori e facilmente verificabili dai non pochi che sono sufficientemente addentro alle un tempo “segrete cose”, che con le moderne tecnologie sono diventate segreti di Pulcinella.
Per troncare queste pietose illazioni- giustificazioni , basti dire che lo stesso Viganò afferma che la berretta gli era stata anticipata da Papa Benedetto in due colloqui, se avesse assunto la carica che ha rifiutato al Governatorato.
Questa precisa affermazione del Viganò non è stata smentita, e tutti sappiamo che il famoso “padre” Georg Gaenswein, anche lui Arcivescovo di Santa Romana Chiesa, e tuttora segretario in carica del papa regnante (per pura formalità perché i segretari effettivi sono altri) ma anche del papa emerito Benedetto, lo avrebbe fatto immediatamente se del caso.

Mons. Viganò non è il primo pretino che passa per la strada, non tanto e non solo per le cariche e le dignità che si porta dietro, ma per il suo passato, questo sì condotto fra le più segrete delle segrete cose della curia vaticana : soldi , potere e corruzione.
Tanto che di lui avevamo già parlato su questo blog nel post del 28 giugno 2012 dove si diceva del monsignore in questi termini :” l’arcivescovo che dopo una lunga carriera in diplomazia, era stato nominato segretario del Governatorato del Vaticano, con l’espresso compito di cercare di fare pulizia in un ambiente, che si sapeva corrotto da sempre e che dopo che questi (lo stesso Viganò) aveva addirittura riportato in attivo il bilancio, stroncando il malaffare, si è visto cacciare in malo modo e spedito alla Nunziatura di Washington” .

Questa vicenda del Viganò, non è quindi la vendetta di un oscuro burocrate che aveva messo in luce le deviazioni peccaminose nel campo della pecunia della curia romana, su espressa delega del papa (Benedetto) ,ma potrebbe essere addirittura un tassello importante nella storia della chiesa se ha influito come sembra abbia fatto in modo robusto nella fine anticipata di un papato.
Le impreviste e spiazzanti dimissioni di Papa Benedetto sono state infatti interpretate da molti analisti come il riconoscimento di una persona di grande dirittura morale che pensa di avere fatto il possibile per sanare il marcio nella Chiesa, ma che ha dovuto anche riconoscere davanti alla propria coscienza di vere avuto il potere formale, ma non quello di fatto per rendere effettive le sue volontà di far pulizia.

Per farla breve, Segretario di Stato era allora il cardinale che abitava nell’attico più famoso di Roma, Tarcisio Bertone, capo di tutta una potentissima cordata di Curia.
Visto come sono andate le cose , è più che probabile che allora di fatto comandasse lui e non Papa Benedetto.
Nel memoriale del quale parliamo, Mons. Viganò gli restituisce il favore (della spedizione in America per toglierselo dai piedi) parlando di lui in questi termini non proprio amichevoli e laudatori : “l’allora primo collaboratore del Papa,Cardinale Tarcisio Bertone, notoriamente favorevole a promuovere omosessuali in posti di responsabilità, e solito gestire le informazioni che riteneva opportuno far pervenire al Papa...”.
E sì perché il memoriale è tutto incentrato su un filo conduttore che vuole portare allo scoperto le malefatte della “lobby gay” presente in forze e potentissima in Vaticano.
Di questa lobby il personaggio che ha fatto saltare il tappo con i suoi eccessi sarebbe il Cardinale McCarry, porporato che ha ricoperto la carica pesantissima di arcivescovo di Washington, la capitale americana né di più né di meno.
Vedendo ieri i funerali del Senatore McCain, eroe di guerra e personaggio di primissimo piano della politica americana funerali celebrati nella cattedrale di Washington mi chiedevo dove sarebbe finito il prestigio residuo della chiesa se a celebrarle fosse rimasto McCarrik (costretto alle dimissioni lo scorso luglio a seguito del venire alla liuce dei suoi eccessi sessuali).
Purtroppo non si può rendere l’idea dei comportamenti licenziosi attribuiti al cardinale senza accennarvi un momento.
Il Viganò cita la denuncia presentata a suo tempo da padre Ramsey contro il McCarrik, risalente addirittura al 2000 con la quale questo domenicano così scriveva :”era voce ricorrente che il McCarrik nel seminario della sua sede arcivescovile di Newark divideva il suo letto con seminaristi, invitandone cinque alla volta a passare il fine settimana con lui nella sua casa al mare, (seminaristi) alcuni dei quali erano poi diventati sacerdoti ed avevano condiviso il letto con l’arcivescovo.

Ma non basta l’eccesso di libidine, il Viganò scrive di libidine finita in aperti atti sacrileghi quando parla di :”crimini di adescamento sollecitazione ad atti turpi, di seminaristi e sacerdoti ripetuti e simultaneamente con più persone ,dileggio di un giovane seminarista che cercava di resistere alle seduzioni dell’arcivescovo in presenza di altri due sacerdoti , assoluzione del complice in atti turpi celebrazione sacrilega dell’eucaristia con i medesimi sacerdoti dopo aver commesso tali fatti”
Queste vicende Viganò dice di averle denunciati a Bertone nel 2006 appoggiandosi ad un documento del Rev. Littelton, sacerdote ridotto allo stato laicale per abusi sui minori, che però si dice a sua volta vittima degli abusi del McCarrick.
Secondo il memoriale del Viganò il Mc Carrick avrebbe ricevuto quello che si meritava , cioè una destituzione di fatto con obbligo di ritirarsi in preghiera ed espiazione con istruzioni personali di papa Benedetto, che però non avrebbero portato a nulla fra il tira molla delle sue potenti amicizie, sia per le dimissioni dello stesso papa Benedetto.
Come sopra citato solo nello scorso luglio il McCrrick è stato costretto alle dimissioni da arcivescovo di Washington, dopo però che aveva avuto tutto il tempo di fare nominare a detta del Viganò, prelati amici nei posti più importanti delle diocesi americane.
Quello che Viganò dice su NcCarrick era già ormai diventato pubblico negli Stati Uniti e quindi difficilmente può essere contestato.
Il problema di dimensioni enormi quindi è : chi ha coperto per decenni il McCarrick e fra questi non ci sarà mica anche il capo in testa?
Viganò non lo dice esplicitamente ma lo dice ugualmente quando afferma di avere per due volte di seguito in udienze con Papa Francesco parlato del caso McCarrick e che il papa avrebbe fatto finta di nulla.
Che farà il papa?
A quanto pare nulla, ma questo non sarà ovviamente senza un prezzo disastrosamente alto per la sua credibilità e per quella della chiesa.
E’ curioso, ma anche terribilmente penoso per chi aveva creduto che papa Francesco fosse arrivato con il piglio dell’innovatore per portare la chiesa ad attuare lo spirito del Vaticano II l’equazione che l’ultra-navigato Viganò fa delle varie fazioni della chiesa in perenne lotta di potere quando equipara la corrente di sinistra con la lobby gay.
Ma a questo punto mi sembra addirittura verosimile, dopo vere preso atto del fatto che come dice in un recente libro il vaticanista Marco Marzano (del quale si era parlato nel precedente post del 1 aprile 18) il Bergoglio non è mai stato progressista in vita sua ma non rappresenta altro che un tentativo di portare avanti lo strapotere della curia con qualche concessione al terzomondismo, al buonismo misericordioso, ai diritti dei gay eccetera e niente di sostanziale.
Sesso, soldi e potere.
Già visto nella storia, ma chi crede nel messaggio che veniva dalla Palestina duemila anni fa sa che si trattava di tutt’altra cosa.