venerdì 31 marzo 2017

Questa Europa è una truffa



In previsioni delle incolori celebrazioni della ricorrenza del Trattato di Roma firmato il 25 marzo 1957, istitutivo della Comunità Economica Europea, la giornalista e deputata europea Barbara Spinelli,che ha l’onore e l’onere di portare il pesante cognome di suo padre Altiero Spinelli, ha scritto sul Fatto Quotidiano del 23 marzo un lucidissimo articolo il cui titolo riassume il senso delle sue riflessioni :Europa l’inganno delle celebrazioni.

Barbara Spinelli sul Fatto del 23 scorso titolava “Europa, l’inganno delle celebrazioni”
La Spinelli prevedeva che in quelle celebrazioni si montasse uno spettacolino nel quale l’oligarchia tecnocratica che oggi governa le istituzioni europee, totalmente priva di investitura democratica, avrebbe inscenato una “operazione di camuffamento” consistente nell’auto presentarsi come una entità benefica e necessaria, indispensabile ai cittadini europei per essere ben guidati.
Questa oligarchia certo non ignora ma semplicemente svicola, non cita nemmeno i problemi da sempre irrisolti del suffragio universale come unico elemento legittimante di una autorità di governo, del forte discontento dei cittadini europei, delle crescenti diseguaglianze create e ampliate dalle loro politiche economiche erronee e sballate, e dalla globalizzazione che invece di essere in qualche modo governata viene da loro agevolata in ogni modo.

Per l’oligarchia dominante per conto della nazione egemone, la Germania,le elezioni sono un inciampo da bypassare
Anzi il Presidente della Commissione, il prode Juncker ha avuto l’impudenza di affermare che la Commissione stessa non deve sentirsi prigioniera di questo periodo elettorale che coinvolge i maggiori paesi europei, indicando indirettamente il momento elettorale come un ingombro da bypassare, scagliandosi contro il solito “populismo” di chi la pensa diversamente dalla vulgata diffusa dalla sua oligarchia.
La distruzione della Grecia è lì a testimoniare il totale fallimento delle politiche di questa Commissione e della maggioranza di stati nazionali che attualmente governano l’Europa cioè la Germania come nazione egemone, circondata dal suo codazzo di satelliti nordici e dell’Est, ossessionati tra l’altro dalla fobia di una presunta volontà di espansione della Russia e quindi inclini a un insano riarmo.
Sulle politiche sociali e sulla necessità di elaborare una robusta politica economica tipo New Deal, nulla.
Al di là della lucidità degli argomenti portati dalla Spinelli, l’evocazione di quel cognome mi ha indotto ad andare a rileggere il “Manifesto di Ventotene”, redatto del 1944 da un gruppo di eletti intellettuali di diverse fedi politiche, che scontavano su quell’isola la condanna al confino, loro inflitta dal regime fascista, Manifesto che porta per prima firma proprio quella di Altiero Spinelli.

Per fare veramente l’Europa occorre ripartire dal Manifesto di Ventotene del 1944
Bisogna partire da quello per chiarirsi le idee sul fatto che questa Unione Europea nella quale viviamo, è un inganno rispetto a quella Federazione Europea che gli ideali padri fondatori avevano elaborato.
L’idea di fondo del Manifesto è questa : nel dopoguerra non basterà restaurare la democrazia negli stati europei, perché questi sarebbero indotti anche in presenza di istituzioni democratiche ad essere prigionieri dei loro interessi nazionalistici.
In un quadro nazionalistico prevale la nazione più forte che sarà tentata a imporre il suo potere sui più deboli tendendo a una posizione “imperiale” ,che se contrastata porterebbe inevitabilmente ad altre guerre.
Che può opporsi e questa situazione è solo un quadro istituzionale super- nazionale che sia in grado di imporre agli stati membri una politica che rispecchi gli interessi di tutta la comunità sovra nazionale.
Questa istituzione viene individuata in una Federazione Europea che sia dotata di effettivi poteri e che quindi non c’entri nulla con cose tipo la Società delle Nazioni, di pura facciata, ma senza il potere di imporre nulla.
Spinelli e coautori di Ventotene avevano ben chiare le priorità di politica e di politica economica da assegnare a questa Federazione.

Non solo la libertà, la democrazia e il suffragio universale, elementi basilari e indispensabili, ma non sufficienti se non accompagnati da una visione sociale molto salda.
Si noti che Spinelli si trovava a dover confrontare le sue idee socialmente avanzate, ma sicuramente non comuniste, con molti compagni di sventura di fede comunista a volte anche fondamentalista e che quindi sentiva la necessità di “smontare” gli eccessi e i fallimenti di quella ideologia e da qui deriva lo spazio che nel Manifesto Spinelli dedica alla critica della ideologia e della politica comunista, elemento questo oggi superato dagli eventi, ma non meno importante per capire bene la portata della politica economica “socialmente avanzata” che lo stesso Spinelli propugnava.
Questo è un elemento del tutto fondamentale, perché, come abbiamo visto sopra, la oligarchia burocratico- tecnocratica che oggi governa l’Europa per conto della Germania e satelliti, giustifica la sua esistenza e il suo ruolo facendo propria solo la parte “formale” della “ideologia” europea elaborata dal Manifesto di Ventotene, quella che riguarda l’istituzione multinazionale europea, come indispensabile strumento per scongiurare il ricorso ad altre guerre in Europa.
Posizione questa ingannevole e probabilmente in mala fede, perché non supera e nemmeno affronta il problema che deriva per gli altri stati europei dalla posizione di fatto “imperiale” che riveste la Germania.

Spinelli è chiarissimo nel delineare la centralità costituente di una decisa politica economica socialmente orientata, non solo sul piano ideologico e cioè come “nobile proposito”, ma scende nell’elencare anche le politiche concrete che diano attuazione a quelle spinte ideali.
Al capitolo III della “proposta di Manifesto” si parla di :“processo storico contro la disuguaglianza e i privilegi sociali”; “le forze economiche non devono dominare gli uomini,ma -come avviene per le forze naturali- essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale affinché le masse non ne siano vittime”; “la vita economica europea (deve essere) liberata dagli incubi del militarismo o del burocratismo nazionale”; (in passato si è permesso) di accumulare nelle mani di pochi privilegiati ricchezze che converrà ridistribuire….per eliminare i ceti parassitari; “i giovani vanno assistiti con le provvidenze necessarie per ridurre al minimo le posizioni di partenza nella lotta per la vita; “(occorre manifestare) la solidarietà umana verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica…...così nessuno sarà più costretto….ad accettare contratti di lavoro iugulatori”, “(bisogna uscire) da un tipo di società servile….. tutti i cittadini (debbono) partecipare veramente alla vita dello stato….bisogna saper gettar via i vecchi fardelli”
Sembra incredibile che ognuna di queste frasi che descrivono con estrema precisione dove ha fallito la gestione della Europa attuale , siano state scritte da un intellettuale per quanto dotato e visionario nel 1944, cioè ben settantatre anni fa.
Letto oggi per affrontare i problemi irrisolti attuali il Manifesto indica perfino il problema dei problemi che ha portato al fallimento la UE quando dice : “in assenza di proibizioni (di una istituzione sovranazionale) è possibilissimo (per gli stati nazionali) procurarsi posizioni che rappresentino un danno per altri e un vantaggio per sè”.
Se Juncker leggesse questo passo gli fischierebbero le orecchie essendo proprio lui come ex premier del Lussemburgo che si era adoperato per fare di quel piccolo stato un paradiso fiscale per farlo prosperare sulle spalle degli altri.
Il Manifesto elenca i poteri dei quali deve disporre una Federazione europea.
“esclusivo diritto di reclutare e impiegare le forze armate”
“esclusivo diritto di condurre la politica estera”
“di determinare i limiti amministrativi dei singoli stati associati”
“(vigilare) che non abbiano luogo soprusi sulle minoranze etniche”
“provvedere alla totale abolizione delle barriere protezionistiche”
“emettere una moneta unica federale”
“assicurare piena libertà di movimento di tutti i cittadini entro i confini della federazione”
“disporre di una magistratura federale”
“di un apparato amministrativo indipendente da quello dei singoli stati”
“diritto di riscuotere direttamente dai cittadini le imposte necessarie per il suo funzionamento”
“(disporre) di organi di legislazione e di controllo fondati sulla partecipazione diretta dei cittadini e non su rappresentanze degli stati federali”
Si è fatto un gran parlare (solo parlare ma non di più) della necessità di uniformare la fiscalità fra gli stati membri, quando il Manifesto prevedeva addirittura una imposta unica europea.
Significativo poi che il Manifesto dica esplicitamente che gli organi legislativi e di governo della federazione debbano essere eletti a suffragio universale diretto escludendo la rappresentanza indiretta.
Di tutto quell’elenco si è fatta pressochè solo la moneta unica che in pratica è il Marco tedesco con un altro nome, un po’ pochino per parlare di Europa.
Questa Europa è quindi una truffa, cioè è la rappresentazione di una cosa fingendo che sia un’altra.
Tutta la retorica europeista attuale è diretta a far passare solo il primo comma del Manifesto di Ventotene e cioè le istituzioni europee come garanzia contro il ritorno a possibili future guerre intestine, ma ignorando tutti gli altri commi senza i quali l’Europa ,usando il linguaggio del Manifesto si ridurrebbe solo una Società delle Nazioni, senza poteri e senza sostanza.
Ma non basta analizzare le cose che non sono state fatte da questa Europa, occorre per correttezza e onestà intellettuale ricordarsi anche degli errori marchiani commessi e ripetuti imponendo politiche economiche favorevoli alla nazione egemone e distruggendo stati come la Grecia, colpevoli di non avere la forza di opporsi.
Su queste cose bisogna essere chiari.

Il nostro paese ha avuto ed ha una classe politica di governo che ha nascosto sistematicamente le carenze e gli errori di questa Europa, sottoscrivendo anzi le clausole più demenziali delle politiche economiche suicide : fiscal compact, clausole di salvaguardia, pareggio di bilancio in costituzione eccetera.
Anzi alcuni nostri Presidenti del Consiglio hanno recitato penosamente la parte dei più realisti del re e quando la nazione egemone predicava la dottrina del niente aiuti di stato e poi inondava di Euro le proprie banche gestite malamente, i nostri rifiutavano il credito comunitario portando nel giro di pochi anni al disastro la situazione di un gran numero delle nostre banche.
Si rifletta su queste cose.
Se si continua a votare il duo Renzi-Berlusconi significa ri-firmare un atto di sottomissione alla nazione egemone continuando ad accettare la truffa in atto.
Se si vuole avvicinarsi all’Europa vera, occorre votare per le forze politiche che dichiarano oggi che se fossero al governo denuncerebbero i trattati esistenti comunicando alla nazione egemone che se non venisse accettata la richiesta italiana di rinegoziazione, il nostro paese uscirebbe dalla Comunità
Queste forze, piaccia o non piaccia sono solo il Movimento 5Stelle e la Lega di Salvini.
Impariamo, se ci riusciamo a votare non seguendo simpatie o antipatie, che sono alla fin fine cose soggettive un po troppo leggerucce, ma sui problemi veri e concreti e quindi sulle soluzioni che vengono prospettate per risolvere questi problemi.








venerdì 24 marzo 2017

Contrattaccare il terrorismo islamico si può



Westminster bridge è un luogo simbolico del nostro Occidente come il Colosseo o la Torre Eiffel e qui ha colpito ancora la Jihad.
Fra le tante cose nuove che siamo costretti ad apprendere ed apprendere in fretta al giorno d’oggi c’è anche questo concetto del tutto inedito della “guerra asimmetrica”.

Il terrorismo islamico è oggi uno degli esempi più eclatanti di “guerra asimmetrica”, fenomeno del tutto inedito
Perchè questo “modus operandi” del terrorismo islamico è proprio una tipica manifestazione di guerra asimmetrica.
Dagli esordi dell’umanità alle guerre mondiali si schieravano le armate contrapposte sul campo e vinceva il più forte.
Se schierassimo le nostre armate, come stiamo facendo del resto se pure con molto ritardo , con mille incoerenze,e per interposta persona, contro il presunto califfato di Al Bagdadi, il poveretto non avrebbe scampo, ma non siamo più ai tempi di Napoleone e il poveretto non è per niente uno sprovveduto.
Le sue idee vengono dal più oscuro dei Medioevi, ma lui e i suoi uomini sanno servirsi con maestria delle moderne tecnologie ed usando quelle, l’aspirante califfo ha appreso bene il nuovo concetto di guerra asimmetrica, nella quale si può anche essere militarmente schiacciati dalla strabocchevole superiorità degli avversari, ma essere ugualmente in grado di fare grossi danni all’ avversario.
Non vorrei apparire cinico, ma cosa sono i danni provocati dai Jihadisti a confronto dei danni provocati dai bombardamenti a tappeto dagli alleati in Germania e in Italia durante al seconda guerra mondiale?

Non conta tanto il danno tecnico-militare che provoca un’azione terroristica quanto l’impatto psicologico che provocano quei fatti nella nostra percezione
Tecnicamente ben poca cosa, ma il nostro Al Bagdadi ha capito la sottile filosofia che sta dietro al concetto di “guerra asimmetrica” e sa che non conta il danno che fa “tecnicamente” una delle sue azioni terroristiche, ma che conta enormemente di più la percezione che la gente, cioè noi, ricaviamo da quelle azioni, cioè la sensazione di insicurezza, di paura ed al limite la sensazione di essere di fronte a un fenomeno ineluttabile e incontrollabile, qualsiasi sia la nostra capacità di contrasto.
Purtroppo noi oggi viviamo in un mondo che ha “mitizzato” alcune della parole chiave che fanno parte dei nostri valori condivisi, stravolgendoli e dogmatizzandoli fino a rischiare di ritorceli contro noi stessi.

Facciamo attenzione a non impiccarci con alcuni dei nostri stessi valori irrinunciabili se li prendiamo fondamentalisticamente come dogmi e non li valutiamo invece criticamente
Si è così formato nostro malgrado un pensiero dominante falsamente liberale che è decaduto a zuccheroso “buonismo” non più appoggiato ad alcuna seria riflessione intellettuale.
Pensate alle prediche della Boldrini a favore dell’accoglienza dei migranti “a prescindere” da qualsiasi considerazione pratica e realistica sui numeri, e capirete a cosa mi riferisco.
Pensate alle esternazioni non troppo ponderate dello stesso Papa Francesco per cercare di convincerci che negli atti di terrorismo islamico non c’entrano nulla le guerre di religione, perché non c’entrerebbe nulla la religione, contro ogni evidenza, e capirete cosa voglio dire.
Pensate alla cocciutaggine con la quale gli intellettuali “liberal” , ma non solo, d’oltre Oceano criticano come barbare e primitive le prime mosse di Trump, che tenta di arginare in modo concreto, anche se un po’ rude , l’ingresso negli Usa di potenziali terroristi islamici, invocando il sacro principio della “libertà religiosa”, diritto umano inviolabile, ma che come ogni cosa di questo mondo deve essere soggetto al vaglio critico e razionale sulle sue eventuali derive se predica comportamenti sanguinari e totalitari.
Cioè, voglio dire, Al Bagdadi probabilmente non è affatto una mente geniale, ma certo ha capito quali sono le nostre debolezze intellettuali e comportamentali e ci sguazza dentro.
Ed allora bastano pochi individui senza né arte né parte, persone che una volta si definivano dei “falliti” nella vita, per offrire loro gli allori di una presunta gloriosa opportunità di riscatto immolandoli in un momento da leoni.
L’individuo che con due coltelli e un suv ha seminato il terrore sul ponte di Westminster, facendo 5 morti, lui compreso, e una ventina di feriti è in modo addirittura iconico un esponente di queste categoria di falliti in cerca di un riscatto.
E di questi presunti “soldati” Al Bagdadi o chiunque altro ne può trovare quanti ne vuole, perché questi tipi umani non hanno bisogno di alcun costoso addestramento militare, hanno solo bisogno di un percorso di indottrinamento in dottrine religiose malsane, ma pur sempre religiose, checchè ne dica il Papa, o i pochi imam occidentalizzati.
La vecchia retorica fascista sulla “bella morte” ,non era poi un vecchio arnese folkloristico alla Farinacci, ma si fondava su alcuni fondamenti dell’animo umano, che nascondono le mille sfaccettature del più nobile antico “mito di Ulisse”.
Un momento da eroi, riduce la durata della vita, ma varrebbe di più di una lunga vita da conigli.
Questi luciferini teorici del terrore, come Al Bagdadi, nelle loro lunghe meditazioni formative, quando si sono trovati per anni ospiti delle galere nostre o dei loro confratelli musulmani non si può negare che abbiano imparato un sacco di cose, a volte non abbastanza assimilate da ben più rispettabili accademici.

Nella guerra asimmetrica nella quale i Jihadisti ci hanno ingaggiato l’aspetto culturale ha più peso di quello militare
La completa vittoria nella “guerra asimmetrica” nella quale ci hanno ingaggiato, volenti o nolenti i Jihadisti, si avvicina quando i nostri politici o comunque le nostre figure istituzionali si lasciano andare alla affermazione della resa, ammantata da presunte analisi geopolitiche,quando affermano con sicumera che il flusso migratorio, abnorme nei numeri che oggi subiamo, sarebbe un fenomeno assolutamente non contrastabile, ineluttabile e quindi non governabile.
Ma certo che la stragrande maggioranza dei poveracci che rischiano le loro vite per migrare in Europa non sono minimamente terroristi, ma la vicina fine della guerra in Iraq e in Siria metterà in mobilità migliaia di Jihadisti ben addestrati e ancora meglio indottrinati, che troveranno facilissimo intrufolarsi in quegli enormi flussi.
Ecco ,se fosse vero che quei flussi sono ingovernabili, allora vorrebbe dire che gli Al Bagdadi hanno già vinto, perché lo ripeto, la guerra asimmetrica in corso fra Jihadisti e resto del mondo non ha solo un aspetto militare, nel quale è inevitabile che vinciamo noi, ma ha anche e sopratutto un aspetto culturale il quale è paradossale ma rappresenta il campo nel quale stiamo rivelando debolezze impreviste.
Rischiamo di strangolarci usando in modo improprio alcuni dei valori più sacri del nostro Olimpo ideologico, se li usiamo in modo fondamentalista, dogmatico e non critico.
Questo lo avevano già capito gli Al Banna (ideologo dei Fratelli Musulmani) i Komeini (teorico e eroe della rivoluzione iraniana shiita) il wahabita Osama bin Laden e compagni di Al Quaida ed oggi Al Bagdadi e compagni dell’Isis.

Il “caso Birmingam” spiega tante cose
Siamo noi che dobbiamo ancora capire chi abbiamo di fronte, con quali idee e con quale strategia.
Forse ci può aiutare e molto, andare a veder quello che si sta profilando come il terreno di cultura che ha prodotto l’individuo che ha eseguito l’atto terroristico sul Westminster bridge.
Bisogna andare a Birmingham, seconda città per dimensione del Regno Unito, che ospita non a caso la più grande comunità musulmana d’Inghilterra, di origini prevalentemente asiatica.
Si parla di ben 250.000 persone su un 1.100.000 abitanti.
Ebbene proprio a Birmingham, città di quel terrorista, è avvenuto pochi anni fa un episodio poco noto, ma assolutamente di prima grandezza per capire in cosa si concretizza la strategia a lungo termine dei Jihadisti, in Occidente.
Si tratta del tentato “golpe culturale” ,denominato “cavallo di Troia”, con il quale le componenti più fondamentaliste di quella comunità hanno tentato di infiltrare le scuole di quella regione con insegnanti musulmani di orientamento wahabita.
E’ incredibilmente la stessa filosofia, che era stata genialmente esposta dallo scrittore francese Michel Houlleebecq nel suo romanzo “sottomissione” del 2015, nel quale si ipotizzava l’arrivo al potere in Francia di un partito islamico, che avrebbe subdolamente usato della sua vittoria per infiltrare il sistema educativo francese con insegnati fondamentalisti, che in pochi anni avrebbero indottrinato tutta una generazione all’islam radicale.
Houlleebecq aveva capito che la strategia dei Jihadisti era basata non tanto sulle armi ma sulla cultura.
L’operazione che i Jihadsti avevano architettato a Birmingham non era fantasia da romanzo era pura realtà, che regolarmente non era stata né capita né pubblicizzata per quello che valeva.
In compenso, va detto, i servizi inglesi, dimostrandosi all’altezza della loro fama, hanno contrattaccato usando la stessa tattica del “nemico”,assumendo un numero pare molto elevato di cittadini inglesi di religione islamica e di origine per lo più pakistana per infiltrarli in quella società inserendoli nelle professioni più comuni, sotto copertura.
E’ quindi urgente che da noi si capisca si rifletta e si studi la valenza dirompente di questa strategia Jihadista.

O ci decidiamo a combattere frontalmente il wahabismo e i suoi finanziatori o è come se ci fossimo già arresi
Ed altrettanto urgente è che ci si svegli da quella posizione di “bella addormentata” che coglie tutti i nostri politici e uomini di affari quando si lasciano inebetire dai mucchi di dollari che la medioevale monarchia sudita e i non meno medioevali sceicchi del Golfo ci sbattono in faccia per fare ricchi investimenti da noi, senza che si rifletta minimamente sul fatto che quelle mani sono sporche dal fiume di denaro che quelle stesse persone hanno versato a fiumi per diffondere l’ideologia wahabita, che è alla base culturalmente del fenomeno Jihadista.
Il fenomeno Jihadista non ha solo un aspetto militare, che è di relativamente facile soluzione, ma ha una base culturale che è più subdola e pericolosa, ed è su questa che non si è ancora contrattaccato.
Ed anche la fase militare rischia di diventare più un danno che un rimedio se non ci si chiarisce per quale assetto politico ci si muove militarmente.
Vale a dire quale assetto politico si prevede in Iraq dopo la probabile presa di Mossul e quale assetto politico si prevede in Siria dopo la probabile caduta di Raqqa?
Uno dei più lucidi esperti di geopolitica come Lucio Caracciolo, direttore di Limes ha scandalizzato
i media quando ha affermato che anche con i Jihadisti a un certo momento si dovrà pure trattare, proprio perché realisticamente pensava che le azioni militari non servirebbero a nulla se non si ha prima chiaro per esempio come si pensa di tutelare in Iraq la popolazione sunnita, oggi oppressa dalla maggioranza sciita e che per questa ragione ha di fatto simpatizzato fino ad ora con i Jihadisti.
E quale assetto si intende dare a una Siria ora di fatto divisa in diverse zone di influenza, quando si saranno cacciati i Jihadisti da Raqqa.




venerdì 17 marzo 2017

Populista! E’ un insulto o è una lode?



Che paura si sono presi i benpensanti o se volete i moderati di tutt’Europa quando gli Inglesi hanno scelto la Brexit e gli Americani hanno eletto Donald Trump.
Ohi, ohi si sono detti, qui le cose rischiano di cambiare davvero.
Orrore!

Il Brexit e Trump hanno dato la scossa alla palude moderata
“Quieta non movere et mota quietanda” è da sempre il motto di costoro, perché loro sotto sotto sono sempre con chi comanda.
Oggi con un termine più aggiornato e preso a prestito dall’inglese,”chi comanda” si riassume con “establishment” e tutti sappiamo che la Brexit, Trump, Lepen, Grillo, Salvini eccetera sono le forze politiche che interpretano la posizione di chi è “contro l’establishment” e quindi a favore di un cambiamento radicale.

Ma chi sono questi “moderati” che vogliono conservare l’esistente e bloccare i “populisti?
I “moderati” brontolano più degli altri, criticano tutto, ma sopratutto la modernità, la scienza con l’evoluzione in testa, vedono il diavolo nella filosofia illuminista, considerata madre di tutte i problemi di oggi.
Sono spesso anche laureati,ma divenuti in pochi anni analfabeti di ritorno per scarso impegno intellettuale, essendo convinti che il loro bagaglio di pregiudizi basti e avanzi per regolarsi nella vita.
In religione difficilmente sono cattolici adulti, che preferiscono la lettura e lo studio personale delle scritture,che la frequentazione di stanchi riti e più stanchi preti, in genere sono quelli che se vanno in Chiesa ci vanno “per farsi spiegare il Vangelo” dai preti, così loro non devono fare la fatica di esercitare la loro responsabilità.
Non amano la libertà di essere credenti adulti, preferiscono aspettare le “direttive” da parte del clero, come se fossero ancora all’asilo.
Naturalmente credono nei miracoli e nei luoghi deputati a celebrarli e quindi amano le situazioni nelle quali la religione spesso ridotta a superstizione diviene fonte di “consolazione”.
Se sono credenti non sanno bene in cosa credono, ma professano una fede ritenuta doverosa per evitare “il castigo eterno” e quindi fondata sulla paura, non su valori forti che richiedono testimonianza attiva.
Sono spesso “atei devoti” ,attentissimi a che non vengano violati in bioetica gli arcaici luoghi comuni dei presunti principi “non negoziabili”.
In politica si sono mascherati per decenni durante il lungo regno della “balena bianca” nella dizione generica e astratta di “centristi”, che è la tipica scelta di non scegliere fra conservazione e innovazione, in modo da tenersi le mani libere.
Posizione quanto mai farisaica, che ha sempre nascosto nella realtà pratica la scelta costante a favore delle posizioni della destra.
E oggi è lo stesso.
Si lamentavano di Berlusconi, troppo vecchio satiro per i perbenisti, ma regolarmente lo votavano.
Si lamentano di Renzi, ma lo votano perché “non ha alternative”,secondo loro.

Oggi per la prima volta da decenni ci sono forze politiche che propongono una vera alternativa
Proprio ora che per la prima volta le alternative ci sono ,sono vistose ed a volte anche troppo rumorose.
Ci sono i 5Stelle e c’è la Lega. rinata e trasformata da Salvini, che non è più la ruota di scorta di Berlusconi voluta un tempo dal Senatur per antonomasia.
Ma l’uno e l’altro fanno una paura terribile al moderatismo nazionale, perché se andassero al governo loro, allora le cose cambierebbero per davvero e questa è l’ultima cosa che vogliono i moderati.
Intendiamoci, questi movimenti potrebbero anche fare cose dannose o dimostrare di essere impreparati, ma è certo che non copierebbero i predecessori nel non fare nulla per non rischiare di sbagliare.
I “moderati” quindi sono il principale ostacolo al cambiamento.
Il problema è vedere se hanno ancora il potere di interdizione, che hanno avuto in passato per decenni e decenni.
Probabilmente questo potere non ce l’hanno più, perché decenni di non fare nulla hanno ridotto talmente male questo paese, che strati sempre più vasti di cittadini sono stati lasciati indietro.

E per la prima volta da decenni queste forze di alternativa sono sostenute da ceti una volta volta forti ma oggi emarginati e impoveriti
Allora il problema è : questi cittadini sono rassegnati alla emarginazione subita oppure sono abbastanza incavolati da voler “farla pagare” a chi li ha ridotti così gestendo i governi degli ultimi decenni?
Non stiamo parlando di fantasmi, i governi precedenti, per semplicità ,riduciamoli a quelli espressi da Forza Italia e compagni e dal PD e compagni.
Questi sono i “nemici” per il ceto medio impoverito, i disoccupati, i giovani lasciati senza opportunità di lavoro ,eccetera, perché sono loro i responsabili dell’esistente.
Questi ceti hanno elaborato una loro lettura e sono consapevoli e maturi per “dare la spallata”, quando sarà data loro l’opportunità di andare a votare per rinnovare le camere?
Non ignorano certo che “dare la spallata” comporta dei rischi, ma meglio rischiare un nuovo ancora sconosciuto o meglio rimanere nella palude di un far nulla, che nel giro di un anno porterebbe l’Italia al commissariamento ed all’arrivo della famosa “Troika” di euoburocrati, incaricati da Bruxelles di mettere ordine nel disordine dei conti italici?
La Troika salverebbe il paese dal naufragio totale, ma farebbe pagare il conto sopratutto proprio a quei ceti che abbiamo elencato sopra.
E’quindi sperabile che questi capiscano in tempo che il loro interesse non è quello di aspettare, ma di decidere subito supportando le forze in campo per il cambiamento.
Ci riusciranno o si lasceranno irretire dai luoghi comuni dell’eterno moderatismo italico, favorevole ai governicchi per non fare nulla?
Forse è venuta la volta buona, ma nulla è certo e tutto è da verificare.

Oggi c’è da scegliere o con Renzi,Berlusconi,Verdini e centristi assortiti oppure 5Stelle e Salvini
Come previsto, Renzi non è più quello di prima, ora è in balia delle indagini in corso, ma politicamente è strettamente dipendente da Berlusconi, Verdini, centristi assortiti e così via, cioè è messo male, anche se verrà rieletto segretario del PD.
Tirerà a campare come sempre ma da posizioni di crescente debolezza.
5Stelle e Salvini ne sapranno approfittare?
Bhè, l’occasione ce l’hanno, se la sprecassero, sarebbero veramente degli sprovveduti e non sembra che lo siano.
Queste due forze politiche sono bollate da gran parte di media come i “populisti” in tono chiaramente spregiativo.
Peccato, perché rivelano che banche, finanzieri e imprenditori vari, che sono proprietari di quei giornali e di quei canali TV si trovano bene con l’esistente.
Pessimo segno, che merita un giudizio veramente severo su questi soggetti.
Se la classe politica è in gran parte marcia, corrotta e incapace, coloro che hanno i mezzi per orientare l’opinione pubblica non dimostrano di essere migliori.
Poveri noi.
Quando mai ci concederanno di andare a votare, stiamo ben attenti di non sprecare quel voto, che sta diventando un bene sempre più prezioso.



mercoledì 8 marzo 2017

Matteo Renzi, pugile suonato





Oramai la “narrativa” di Renzi non incanta più nessuno, ne ha contate troppe di balle, senza alcun fondamento, né seguito.
Può darsi anzi è abbastanza probabile che riesca ad essere nuovamente il candidato vincente delle primarie del PD, perché è difficile che Franceschini (descritto come il gran manovratore delle tessere) trovi il coraggio di scaricarlo e mettersi con Orfini, ma tutto è possibile quando i notabili vedono traballare la poltrona.
Come è abbastanza probabile che le accuse infamanti che hanno sporcato il suo “giglio magico”
non risultino poi sufficientemente corroborate da prove decisive relative a passaggi di danaro per incastrare definitivamente parenti e amici.
Ma oramai la credibilità del politico-statista se ne è andata.
Quell’entourage che stante le intercettazioni pubblicate aveva quelle frequentazioni è compromesso indipendentemente dalla “verità” giudiziaria che verrà fuori con la abituale calma della nostra magistratura.
Non parliamo del paterno genitore, che rimane la figura che ne esce peggio, pare che negli affari non ne avesse mai azzeccata una.
Coniugare pellegrinaggi a Medjugorie affari e frequentazioni non consone né opportune, tenuto conto del rango del figlio, ne fanno veramente un personaggio poco attraente.
E il figlio ?
Come sempre in politica non è la “verità” giudiziaria che è essenziale per determinare la credibilità di un leader ,ma basta e avanza la opportunità o la inopportunità di certi eventi, che sono quelli che sono e sono pubblici, nero su bianco.
Con questi Renzi è bollito, inutile che insista, l’autobus del potere non passa quasi mai due volte, quando l’hai perso, devi fartene una ragione.
Molti commentatori televisivi e della carta stampata ,che si erano largamente spesi per anni ad esaltarne le presunte virtù e grandi gesta ora non trovano di meglio che osservare che Renzi a differenza del povero Berlusconi è giovane e quindi non può andare in pensione e di conseguenza sentenziano con un ardito salto logico, deve vincere per forza, perché sarebbe l’unico gallo.
Che ragionamento del cavolo.
Se bastasse voler fare per aver successo in politica saremmo tutti presidenti, ma non è così.
Renzi di peccati di origine e di difetti ne aveva a iosa e nel tempo li abbiamo elencati tutti, inutile ripeterli.
Quello che spiace e che mi colpisce in questo inizio della sua caduta è il fatto che nella caduta trascinerà con sé il suo partito, l’ultimo del partiti storici italiani, che aveva l’ambizione di rappresentare due formidabili storie e culture politiche : quella comunista e quella del cattolicesimo sociale.
Uno che non è proprio il primo che passa per la strada e cioè il filosofo Massimo Cacciari aveva acutamente definito il PD come “il partito mai nato”, perché negli anni non c’è mai stata in realtà nessuna elaborazione culturale che definisse le basi ideologiche e culturali di quel nuovo partito.
Sia gli intellettuali ex comunisti che quelli cattolico popolari non hanno ritenuto di spendere tempo per analizzare il presente e proporre nuove sintesi.
Sono loro i responsabili della fine del PD, Renzi ha solo dato il colpo di grazia.
C’è stato solo il collante del potere, che conta, ma non basta.
A furia di perdere tradizioni e culture politiche rischiamo di ridurci alla farsa dell’esprimere le nostre scelte politiche col “mi piace” di Facebook.
Speriamo di non arrivare così in basso.
Renzi ha avuto enormi opportunità, anche maggiori di quelle delle quali aveva goduto Berlusconi in un periodo temporale molto più lungo.
Ma non ne ha fatto nulla.
M’importa tanto il fatto che ha stabilizzato metà precari della scuola o che ha dato i famosi 80 € o che è riuscito a far passare le unioni civili.
Meglio che niente, ma assolutamente troppo poco, perché non ha toccato per opportunismo politico nessuno dei nodi essenziali che condannano il nostro paese ad essere il fanalino di coda della UE, prima della Grecia.
Nulla ha fatto per dare un lavoro alla marea di giovani senza occupazione.
Nulla ha fatto per mettere in cantiere vasti programmi di investimenti e opere pubbliche.
Nulla ha fatto per mettere mano alla riduzione del debito, che il problema numero uno per essere presi sul serio in Europa.
Nulla ha fatto per contenere il fenomeno di una immigrazione massiccia e chiaramente fuori controllo.
In politica estera non ne ha azzeccata una.
Ha osannato un Obama che ha gestito due mandati senza realizzare pressochè nulla, se non lasciare libero campo ad alta finanza , multinazionali e potentati della difesa.
Non è stato capace di prendere posizione contro le sanzioni alla Russia che hanno gravemente danneggiato le nostre imprese.
In Libia dovendo scegliere fra un Serrai che non conta nulla e un Aftar, che comanda un esercito vero ha scelto Serrai, pazzesco.
E così via.
Peccato per noi che l’inizio della caduta di Renzi renderà il futuro della nostra politica ancora più penoso del presente.
Senza bisogno di inventarsi pensate di fanta -politica, basta poco per delineare quelli che saranno gli scenari futuri più verosimili.
Da una parte un Renzi indebolito e ridimensionato ,alleato di ferro con un Berlusconi ringalluzzito, ma ottantenne, per fare un governicchio da tirare a campare.
Dall’altra parte un Movimento 5Stelle, incapace di risolvere i suoi problemi di governance, che a causa della palla al piede della Raggi non può realisticamente correre per conseguire il 40%, obiettivo fuori portata.
E quindi dovrà rinnegare uno dei suoi sballati dogmi fondativi : noi non facciamo alleanze con nessuno e cercare l’unica alleanza che per loro è nelle cose : quella con Salvini e stampella di Meloni.
Sulla carta vincerebbero.
E poi due galli in un pollaio e una classe politica giovane o giovanissima pulita, ma senza esperienza che dovrà cimentarsi nella stanza dei bottoni, insieme a leghisti anche troppo scafati.
Certo che fare meglio e presentarsi meglio dei ministri di Renzi e Gentiloni, ci vuole veramente poco, ma governare non è uno scherzo.
Staremo a vedere.









giovedì 2 marzo 2017

Bill Gates propone una tassa sui robot per governare gli effetti perversi del progresso tecnologico sull’occupazione






Bill Gates oltre ad essere l’uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 75 miliardi di dollari passerà probabilmente alla storia come uno dei più grandi geni dell’umanità.
Incontrati i primi computer negli anni dell’università (anni ‘70) è subito diventato con un gruppo di amici il classico smanettone capace di far fare a quelle macchine quello che i loro costruttori nemmeno supponevano che avrebbero potuto fare.
Si orientò quasi da subito nell’attività di programmatore e da lui e soci, dopo la fondazione da parte loro della Microsoft nel 1975 sono venuti dal sistema operativo Dos a Window, prima Windows 3.1 e poi la fortunatissima schiera delle sue versioni successive, oltre, ben inteso, ai software di scrittura, di calcolo,data base etc. che sono poi state riunite nella suite Office.
Come tutti sanno il successo stratosferico di questi programmi ha portato il sistema Operativo Windows ad essere adottato da oltre il 90% dei computer di tutto il mondo.
Sono cifre sbalorditive.
Nessuno aveva mai cambiato il mondo in modo così rapido come il sistema operativo e i software di Bill Gates.
Però l’introduzione dell’informatica in modo sempre più massiccio nei servizi ,nelle industrie e nella pubblica amministrazione ebbe ovviamente due facce della medaglia.
Una positiva consistente nel far fare alle macchine ed al loro software le operazioni ripetitive che impiegati e operai dovevano fare in modo noioso.
Le dattilografe una volta scritta una lettera potevano “salvare” il testo, che rimaneva quindi pronto per essere adattato con poche modifiche per successivi impieghi analoghi con enorme risparmio di tempo.
La gestione paghe con l’uso dei PC diventava tutta un’altra cosa.
La gestione fornitori, ordini, bolle di consegna, fatture, tutto diventava automatizzato nelle aziende.
La gestione dei magazzini diventava enormemente più semplice e rapida passando i dati sul PC.
Tutto bene, si usciva da un mondo e si entrava in un altro.
Il tutto amplificato dall’uso massiccio del collegamento di tutti con tutti sul Web.
Tutto bene allora?
Si e no, perché alcune figure classiche del lavoro impiegatizio dalla segretaria-dattilografa, al famosissimo ragioniere- contabile- accountant diventavano via via sempre più superflue.
Uno dei colpi più duri lo ricevevano le banche di sportello ,che vedevano il personale addetto a quelle mansione divenire praticamente del tutto superfluo.
Per fare un’altro esempio quante figure impiegatizie diverranno del tutto superflue una volta che la pratica della fattura elettronica si sarà diffusa?
E gli uffici postali?
A chi serve più usare della posta cartacea, quando si comunica pressochè universalmente con tutt’altri mezzi come le e-mail, i messaggini sms, i social eccettera?
Non è un problemino da poco dovere praticamente smantellare i servizi postali tradizionali, perché diventati del tutto obsoleti.
E la telefonia tradizionale a che serve?
Il telefonino, universalmente diffuso volendo si può usare anche come telefono tradizionale, ma in quale percentuale di utilizzo, rispetto al suo impiego come computer, costantemente collegato a una rete wifi, che ti mette in rete col mondo intero, oltre che con parenti ed amici e che ti consente tramite le famose “app” di consultare e di fare di tutto : mappe,musica, video, news, giochi e mille altre cose.
E tutto va con sistemi operativi e software.
Conclusione, Bill Gates ci ha fatto entrare velocissimamente nel futuro, gliene siamo grati, ma la moltitudine di persone che hanno perso il posto di lavoro a causa dell’informatizzazione di tutto, non sono affatto contente.
Qualcuno dice che per tutte le ragioni che abbiamo sopra illustrate è paradossale che proprio Bill Gates, responsabile indiretto della disoccupazione indotta dall’informatizzazione di tutto, abbia posto il problema di governare in qualche modo l’ulteriore avanzata delle nuove tecnologie, identificabili coi robot, per arginare gli effetti fortemente negativi sull’occupazione.
Ma Bill Gates è anche la fondazione Bill e Melinda Gates ,che ha investito in questi ultimi anni somme ingenti per esempio contro la diffusione dell’Aids e della malaria, dimostrando di possedere più che saldi principi umanistici, non poi così comuni nel mondo del business e dell’alta finanza.
Ed è sicuramente approfondendo questo filone di pensiero che ha rotto il ghiaccio ed ha avanzato nei giorni scorsi la proposta di tassare i robot.
In sostanza ha detto, se un lavoratore medio negli stati uniti guadagna 50.000 $ l’anno e viene tassato per quel reddito, un robot che faccia un lavoro equivalente a quel lavoratore, dovrebbe essere tassato nello stesso modo.
Apriti celo!
In Italia gli intelligentoni di fede renziana ,con la solita spocchiosa arroganza, si sono subito precipitati a descrivere Gates come un tardivo “luddista”, contrario al progresso, senza rendersi conto di cadere nel più assoluto ridicolo.
Con più buon senso e pacatezza ad esempio Romano Prodi con un editoriale sul Messaggero ha affrontato il discorso affermando che la proposta di Gates va presa molto sul serio ,sia perché il progresso tecnologico oggi avanza in modo straordinariamente veloce, sia perché i posti per specialisti delle nuove tecnologie, che questo progresso crea, sono infinitamente inferiori a quelli cancellati, e quindi il problema c’è ed è grosso.
Prodi fa qualche digressione nella storia dell’economia per rilevare che in passato l’introduzione di nuove tecnologie ad esempio ferrovie e automobili hanno tolto posti di lavoro, che però hanno subito rimpiazzato con altri di nuovo tipo e sopratutto la loro diffusione è avvenuta parecchio spalmata nel tempo.
Prodi conclude che l’individuazione del pericolo di una rivolta violenta degli esclusi avanzata da Gates è cosa assolutamente corretta, anche se aggiunge che la tassazione dei robot non sarebbe sufficiente se non accompagnata da una più equa distribuzione dei redditi e delle opportunità.
Ecco questo è cogliere il senso del discorso.
Gates non è un accademico di politica economica o di scienza delle finanze e quindi la sua proposta va accolta non tanto come un sufferimento tecnico compiuto, quanto come la segnalazione di un grande pericolo e della necessità di rifletterci per proporre soluzioni adeguate.
O vogliamo lasciarci travolgere dagli eventi, come ci siamo lasciati travolgere dalle conseguenze non tutte positive della globalizzazione per esempio?
I processi storici non sono di per sé né buoni né cattivi, ma vanno analizzati e governati, non vanno subiti, lasciandoci imprigionare da pregiudizi o da dogmi ideologici secondo i quali il “progresso”, dovuto all’applicazione di nuove tecnologie sarebbe sempre buono per definizione.
Non è così e la vita di tutti i giorni lo dimostra.

Oggi le cose stano andando troppo veloci per consentirci di individuarne per tempo le conseguenze.
Sull’onda delle considerazioni di Bill Gates, molti hanno tentato di presentare alcune delle innovazioni che il “futuro” prossimo sta per investirci e molte lasciano più che perplessi.
Per esempio,il direttore della Stampa, Maurizio Molinari si è cimentato in un elenco che lascia senza fiato dai visori della realtà virtuale aumentata ,agli impieghi dell’intelligenza artificiale.
Mario Tozzi, sempre sulla Stampa va al dunque proponendo il problema dei problemi e cioè, bene che sia possibile creare robot che ci sollevino da lavori ripetitivi, pericolosi eccetera, ma se arrivassero a servirsi dell’intelligenza artificiale, cioè della capacità di migliorare i programmi che li fanno funzionare, è verosimile che finiscano per andare “fuori controllo” nei nostri confronti fino a rendere obsoleta e superflua l’esistenza del genere umano.
Ci a bene un’evoluzione che finisca per distruggerci?
Forse è il caso di cominciare a pensarci sopra in modo ben più serio di quanto si sia fatto finora.