martedì 26 gennaio 2016

Celebriamo nuovamente la giornata della memoria. Benissimo, ricordiamoci però che continueranno ad esserci reduci di serie A sotto i riflettori e reduci di serie B ignorati, e questo non è giusto



Chiamiamolo caso, chiamiamola ironia della storia, ma è veramente singolare che dobbiamo ringraziare per avere a suo tempo introdotta la giornata della memoria con una legge ,un raffinato intellettuale “liberal” come Furio Colombo , che l'ha ideata, e un notissimo politico di estrazione ex- fascista come Gianfranco Fini, che è stato determinante nel lavoro parlamentare per fare approvare quella legge nel luglio 2000.
Tramandare la memoria di quel “male assoluto”, causato dal nazi-fascismo è un dovere morale essenziale, almeno per far sì che le idee che hanno partorito quei fatti, rimangano maledette per sempre nella coscienza collettiva, così da impedire che facciano nuovamente presa, sotto altre forme.
Tramandare è anche suscitare emozioni.
E questo hanno fatto con encomiabile sacrificio personale i reduci da quei fatti, che in tarda età si sono spesi per raccontare a innumerevoli scolaresche in giro per l 'Italia, le storie personali, che in gioventù li avevano portati a finire nei lager nazi-fascisti.
Oggi per ragioni anagrafiche è divenuto estremamente problematico trovare ancora qualcuno di quei reduci in grado di ripetere quel rito-servizio civico.
Peccato, perché le testimonianze dirette coinvolgendo emotivamente hanno più efficacia.
Ma di quelle persone sono comunque rimasti gli scritti, che oggi sono diventati testimonianze essenziali nelle mani degli storici e dei cittadini tutti.
Ed è quindi agli storici che oggi passa il testimone, tocca quindi a loro ed agli insegnanti studiare, documentarsi e tramandare.
Non avranno un compito particolarmente difficile perché la documentazione sull'argomento è imponente.
Vengono i brividi anche solo a rievocare queste cose, ma se oggi come si diceva la documentazione è imponente e inconfutabile è anche a causa del fatto che la “banalità del male” aveva indotto i nazi-fascisti nella loro folle mentalità a considerare i lager come un qualunque “stabilimento” e quindi a dimostrare ai posteri di essere stati efficienti contabili dello sterminio.
Fatto sta che avevano tenuto delle scritture persino pedanti che documentavano tutto : ingressi e uscite da ogni campo, elenchi dettagliati degli “effetti personali” di ognuno e via di seguito da orrore ad orrore.
Parte di quelle scritture ovviamente i responsabili dei campi, avevano tentato di bruciare all'arrivo degli Alleati, ma la gran parte è stata ritrovata dalle truppe alleate e portata in archivi ora consultabili.
Quindi se mettiamo insieme questi archivi sui lager e le testimonianze dei reduci, su quei fatti sappiamo moltissimo.
Come abbiamo detto dovremo per forza maggiore rinunciare alla frustata emotiva che derivava dal sentire i racconti dalla viva voce dei protagonisti, ma tutto quello che fa “conoscenza” e “informazione” è lì disponibile per essere trasmessa alle nuove generazioni, sulla base di documentazioni particolarmente solide, e nel campo della storia questo capita raramente.
Ecco percò che così siamo arrivati al punto evocato dal titolo.
Reduci di serie A e reduci di serie B.
Purtroppo è così e i media nemmeno vanno oltre a un accenno , quando lo fanno, a questa perdurante disparità di trattamento, profondamente ingiusta.
Tutti i riflettori sono puntati sulle storie dei reduci dai lager, nei quali erano finiti a causa di loro coraggiosissime e rischiosissime prese di posizioni ,che si mettevano di traverso al nazi-fascismo.
Onore a loro ed alla loro memoria, senza se e senza ma.
Però perché ignorare del tutto la realtà parallela di quasi mezzo milione di italiani ,che erano finiti in lager , di altra denominazione, rispetto a quelli “dedicati” allo sterminio di ebrei e anti-fascisti, ma nei quali il trattamento e le condizioni di vita non erano certo molto migliori.
Si tratta dei “prigionieri di guerra” la cui unica colpa era stata quella di essere italiani, che un governo di incapaci e una monarchia di irresponsabili aveva messo nella situazione impossibile di ex alleati dei nazisti, divenuti nuovi nemici , dopo l'armistizio l'8 settembre '43 e poi, disprezzati, inaffidabili collaborazionisti, dopo l'insediamento del governo di Salò.
Erano i militari italiani, rastrellati in massa dai Nazisti che si erano subito indicato come obiettivo strategico la deportazione del maggior numero possibile di loro, usando della solita lucida formidabile efficienza, che a noi mancava cronicamente.
Stavano per perdere la guerra i nazisti ed avevano bisogno di adibire al lavoro forzato, quanti più prigionieri potevano, perché era loro esigenza mandare tutti i tedeschi sui troppi fronti di battaglia.
Per decenni la infausta “retorica resistenziale” pompata dalla propaganda del PCI e subita spesso acriticamente da tutte le altre forze politiche, aveva diffuso un “pensiero unico” per il quale sarebbe stato imbarazzante parlare di quei militari in quanto sarebbero stati in gran parte ex fascisti.
Accusa ingiuriosa, storicamente insensata, perché come sanno anche i sassi, durante il ventennio essere iscritti alle associazioni fasciste non era una scelta ma un obbligo e quindi c'erano iscritti tutti d'ufficio, come nell'iscrizione all'anagrafe.
Nei testi di storia più datati si raccontava perfino la panzana che se questi militari avessero aderito alla Repubblica Sociale, non sarebbero stati deportati e sarebbero divenuti dei privilegiati.
Ma in realtà le cose sono andate diversamente per la semplice ragione che i nazisti, che sapevano bene quel che volevano, come detto sopra e come documentato oggi dagli storici (si veda ad esempio il lavoro di Gabriele Hammerman : gli internati militari italiani in Germania 1943-1945, edito dal Mulino nel 2004) era obiettivo strategico dei vertici nazisti rastrellare il maggior numero possibile di mano d'opera coatta, e del penoso regime di Salò non avevano il minimo rispetto, né considerazione.
Ragione per cui nei campi di lavoro forzato ci finivano praticamente tutti.
Orari di lavoro impossibili, condizioni di alloggio da lager, vitto più che precario, dato che più si avvicinava la fine della guerra, e più mancavano provviste anche per gli stessi tedeschi.
E poi la Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra quasi sempre violata perfino bloccando l'invio e il ricevimento della corrispondenza e dei pacchi dalle famiglie.
Infine le condizioni logistiche materiali.
Si trattava di mano d'opera forzata impiegata per lo più in grandi fabbriche che erano situate non in aperta campagna ma nelle grandi città, sulle quali piovevano le bombe dei bombardamenti a tappeto decisi dagli Alleati.
Le condizioni di vita erano quindi parecchio vicine a quelle dei lager.
Privilegi per gli Italiani, in quanto rappresentati in parte da un governo collaborazionista?
Si è già detto che non ce ne sono proprio stati.
Secondo gli storici c'è stato nella classifica dell'orrore un piccolo vantaggio di trattamento per gli italiani nel senso che i russi e gli altri militari dei paesi dell'Est, a causa dell'odio ideologico per il comunismo venivano trattati come cani.
Stiamo parlando di una prigionia- lavoro forzato durata mediamente un anno e mezzo e in quelle condizioni non è stato uno scherzo.
Senza contare che il rientro a casa per i fortunati sopravvissuti, come è capitato a tutti i prigionieri di guerra è stato procrastinato a volte anche di molto dopo la fine della guerra sia per ragioni politiche e strategiche volute dagli Alleati, sia per le difficoltà materiali di fare spostare un numero enorme di persone in un paese che non aveva più infrastrutture funzionanti.
Questi militari- prigionieri di guerra ,hanno acquisito di fronte alla storia meno meriti rispetto ai coraggiosi che hanno sfidato apertamente il nazi- fascismo?

Va bene, anche se fare le classifiche delle sofferenze e delle vittime non appare cosa né sensata, né moralmente accettabile, ma almeno che questi italiani ,che hanno fatto il loro dovere con dignità vengano ricordati e onorati, come si meritano.

giovedì 21 gennaio 2016

I cattolici tradizionalisti ricorrono alla piazza con l'ennesimo “family day” per dimostrare contro la linea di Papa Francesco



Questo papa “che viene da un altro mondo” non riesce proprio a capire questa chiesa italiana che viene invece “dal medioevo” e che continua spavaldamente a fare politica come se fossimo ancora ai tempi del “Papa re”.
E lo possiamo capire, altrove non usa proprio quello che da noi è la norma.
Il Cardinale Bagnasco, al secolo Generale di Brigata come ex comandante dei Cappellani Militari, che non disdegnava posti in ospedali e banche, senza esserne minimamente imbarazzato, da quando è succeduto all'ancor più anacronistico Ruini, alla testa della Conferenza Episcopale Italiana, non ha mai cessato di interloquire nel dibattito politico italiano come se fosse stato il segretario di un partito qualunque, su questioni anche tecniche e di dettaglio , dove era semplicemente ridicolo pensare che potesse avere una anche minima competenza per ritenete di dire la sua.
Altrove un simile interventismo di un alto esponente della gerarchia cattolica sarebbe considerata cosa da non credere, talmente è fuori dal tempo e dalla storia.
E' abbastanza evidente che questo papa non sapeva che il Vaticano è sede di correnti di potere contrapposte che non hanno alcuna riserva a mostrasi apertamente.
E' ancora abbastanza evidente che non ha ancora capito bene che in Vaticano come nelle trame di tutti i film western che si rispettino sopravvive solo chi spara per primo, perché anche in questa vicenda si trova a dover sparare per secondo, non avendo previsto l'offensiva- vigliaccata, e si troverà inevitabilmente a perdere il duello.
Bagnasco andava cacciato subito, non è bastato affiancarlo come segretario da un pur brillante e muscoloso Galantino.
Il papa evidentemente non pensava che avrebbe osato sfruttare la prima occasione per portare in piazza le truppe dei tradizionalisti di sempre per mostrare la loro forza.
Organizzare il Family day negli enormi spazi del Circo Massimo è una vera e propria sfida.
E invece ha osato, come ha osato Mons.Negri, come osa pur con un po più di decenza Scola eccetera eccetera.
E questa gente abituata da decenni a fare politica ideologica spicciola, mascherandosi sotto la tonaca o addirittura la porpora, hanno acquisito da decenni di esperienza la furbizia di tutti gli altri politichini italiani senza tonaca e sanno saltare sul treno giusto al volo.
Come questa volta.
Ruini era riuscito a far perdere all'Italia uno degli ultimi treni per non rimanere l'ultima in Europa nell'applicazione completa dei diritti civili ed aveva stoppato brutalmente il povero Prodi impedendogli di poter attuare i Dico, termine usato allora per indicare le unioni civili.
Oggi ci riprovano, in una situazione completamente diversa e quindi con un'azione ancora più anacronistica e sempre più oscurantista.
Il prode Berlusconi a suo tempo giocava tutta la sua strategia politica scommettendo sulla scarsa maturazione culturale della “casalinga di Voghera” , assunta ad icona dell'elettore tipo, ed ha avuto ragione, perché ha conservato il potere per vent'anni, che non è poco, col rimanere fedele a quella strategia.
Oggi i vari Bagnasco ,Negri, Scola e seguaci scommettono sempre sulla scarsa maturazione culturale del cattolico medio italiano, che non ritiene di andare oltre alle quattro sommarie nozioni acquisite da bambino e che se ci va va ancora in chiesa la domenica per “farsi spiegare il Vangelo”, anche se è professore di qualcosa o manager di qualcos'altro.
In Italia non ha attaccato la riforma luterana nel 1500 ed anche l'illuminismo tre secoli dopo, non è attaccato un gran che.
Ne è derivata una sudditanza culturale a teologie dogmatiche decrepite, che i pochi fedeli rimasti nemmeno avvertono, perché non hanno ancora acquisito l'abitudine di sottoporre al vaglio del pensiero critico quanto hanno assunto dall' indottrinamento subito da bambini, che non hanno di fatto mai più ritenuto di mettere in discussione.
Da questa inconscia sudditanza culturale a dogmi decrepiti derivano conseguenze pratiche molto rilevanti, quando i medesimi fedeli si trovano a confrontarsi ad esempio con i problemi della così detta bioetica.
Perchè sono portati a prendere per buone delle teorie puramente ideologiche, in contrasto prima di tutto con il messaggio evangelico, e poi con la scienza moderna, i diritti umani ed il semplice buon- senso, che partono da quelle sommarie nozioni ricevute ai tempi lontani della Comunione- Cresima, ben sostenute da una martellante e ininterrotta propaganda religiosa.
Forse fa fine, ma sopratutto fa comodo per la carriera aderire a quelle piccole massonerie bianche che sono “i giuristi cattolici”, i “medici Cattolici” eccetera.
Però in nessuna facoltà di giurisprudenza italiana ci sono per fortuna cattedre dalle quali anche gli iscritti a quelle associazioni si sottraggono al loro dovere istituzionale di insegnare il concetto di “diritto positivo” fondamento del nostro ordinamento giuridico , che si basa su una convenzione sociale accettata e pattuita fra i cittadini e non su una presunta “legge di Dio” mosaica ad altro da accettare sulla base di un principio di autorità, che per definizione è bandito dagli ordinnamenti moderni.
I medesimi professori aderenti alle associazioni sopra menzionate, quando si trovano a presentarsi appunto come aderenti a quelle, sono invece tenuti a professare la loro sudditanza intellettuale alla presunta “legge naturale” che la teologia dogmatica cattolica tradizionale ha elaborato nel corso dei secoli e della quale la gerarchia non ha mai ritenuto di sbarazzarsi non ostante le sue contraddizioni logiche ed il suo totale anacronismo.
Così siamo venuti al punto.
Se si aderisce alla così detta “legge naturale” i gay non esistono, non sono ammessi.
I matrimoni civili di fatto, orrore!
La “step child adoption”, cioè l'adozione del figlio del compagno, orrore doppio.
I matrimoni fra persone dello stesso sesso, orrore triplo.
Tutto sulla base di pregiudizi ideologici, basati per lo più sulla non conoscenza dei dati scientifici, di quelli statistici e della sociologia della famiglia, che è essenziale invece conoscere per non parlare a vanvera.
Per carità, c'è un sacco di buana gente che in assoluta buona fede è perplessa proprio perché non ha mai studiato seriamente il problema ed è su questa massa che i furbacchioni in tonaca e porpora dei quali si è parlato sopra , fondano sulla loro strategia.
Il diritto positivo dice che le leggi si fondano sul consenso pattizio dei cittadini di un certo stato.
Benissimo ed allora invece che straparlare, perché non si va a leggere le documentatissime opere dei sociologi della famiglia che descrivono nei dettagli cos'è e com'è la famiglia oggi, non quella delle società pastorali descritte dalla Bibbia.
Tanto per fare un nome le opere di Chiara Saraceno.
Negli stati democratici moderni compito della classe politica è quello di formalizzare in leggi le consuetudini pattizie che i cittadini hanno dimostrato col coro consenso di preferire in un dato momento storico.
E' solo nelle decrepite monarchie formalmente teocratiche islamiche che si impone la shaharia, cioè la legge letteralmente riportata dal Corano come legge positiva, basata su una presunta autorità divina e non sul consenso pattizio.
La differenza è enorme ed è tutta qui.
Va anche detto che sia le forze politiche di destra dove trovano spazio i così detti “atei devoti”,sia le correnti tradizionaliste della gerarchia cattolica, in Italia tutt'ora maggioritarie , potenti e ben finanziate, hanno un peso calante da tempo sull'insieme dell'elettorato e dell'opinione pubblica.
Ma spiace vedere che fra i cattolici rimasti, ce ne siano ancora parecchi che in buona fede sono perplessi e in difficoltà a prendere posizione su questi temi e che nel dubbio, seguono regolarmente i peggiori pastori, temendo di rischiare ad usare la propria testa.
Peccato perché se si decidessero a documentarsi non avrebbero difficoltà a realizzare che la così detta “legge naturale” non è mai stata in piedi sul piano logico e che uno stato laico non può non adottare in pieno il principio del “diritto positivo”.
Imporre per legge le proprie convinzioni religiose, è improponibile.
Sopratutto quando si tratta di convinzioni religiose ,che nulla hanno a che vedere col messaggio evangelico, ma sono solo costruzioni ideologiche farlocche ,anacronistiche ed antiscientifiche.


venerdì 15 gennaio 2016

Il petrolio non costa più niente evviva! E invece l'economia diventata finanza trascina giù le borse



Da noi, ma anche negli altri paesi sviluppati si deplora il fatto che il cittadino medio ci capisce poco o nulla di economia e di finanza, anche perché non vengono insegnate nelle scuole e che capendoci troppo poco si lascia andare a comportamenti per lui spesso disastrosi, perdendoci un sacco di soldi.
E' vero, però è anche vero che ai massimi livelli accademici praticamente nessuno aveva previsto la crisi del 2007, che ha trascinato l'economia globale in quella crisi che non è ancora finita adesso.
L'economia non è una scienza esatta e diversamente dalla convinzione del cittadini medio non è una disciplina fatta per prevedere o divinare il futuro.
E' invece la disciplina deputata a studiare le leggi dell'economia ,che sono come tutte le leggi osservabili delle costanti statistiche legate al famoso “rebus sic stantibus”, cioè dicono che succede quella data cosa, solo però se rimangono immutate quelle determinate condizioni.
Il guazzabuglio attuale si verifica allora proprio perché le condizioni cambiano velocemente, entrano in gioco troppe variabili e quindi si ha la sensazione che anche le leggi più elementari dell'economia siano saltate.
Le vicende del prezzo del barile di petrolio che in un anno si è dimezzato ne sono un esempio lampante.
Gli sceicchi della penisola araba tengono la produzione alta in modo abnorme perché del tutto al di sopra della domanda.
E qui siamo alla conferma della legge forse più elementare dell'economia : se l'offerta supera la domanda i prezzi si abbassano.
Ma qual'è quel produttore che può mettere in atto un comportamento così folle?
Se i prezzi si abbassano, il suo profitto si riduce fino a farlo lavorare in perdita.
E infatti gli sceicchi stanno facendo questo gioco pericoloso per esclusive ragioni politiche (contrasto agli Usa ed all'Iran) perdendoci delle montagne di soldi.
Tanto che pure disponendo di riserve monetarie gigantesche, stanno già registrando perdite tali da essere costretti a introdurre per la prima volta nella storia dei loro stati delle misure di “austerity” e di “spending review”, tutte cose che non saranno affatto gradite ai loro sudditi e questo potrebbe avere conseguenze catastrofiche per quelle monarchie anacronistiche e decrepite.
Ma tornando alle leggi dell'economia, una riduzione così drastica del prezzo del petrolio, significa una riduzione sostanziale dei prezzi dell'energia sia per le industrie sia per i consumatori.
Contemporaneamente si è registrato un trend ribassista forte nel prezzo delle materie prime e quindi si è presentata un'altra opportunità formidabile ancora sia per le industrie, sia per i consumatori.
Ancora contemporaneamente le banche centrali hanno fatto da anni una politica di “quantitative easing”, cioè di tassi bassissimi e quindi di denaro facile.
E allora cosa vogliono di più le industrie, quando mai si sono presentate tante condizioni favorevoli tutte insieme?
Se poi si pensa che ovunque nel mondo ci sono condizioni di “elasticità” nei rapporti di lavoro, mai viste prima, in base alle regole più elementari dell'economia non si capisce come mai l'economia mondiale non sia in pieno boom.
Spiegare questo fenomeno non è affatto facile.
C'entra in parte “l'intelligenza emotiva” applicata all'economia, che in questi ultimi anni è stata accuratamente studiata, cioè entra in gioco il ruolo forse preponderante della “percezione” che sovrasta quello della situazione dell'economia reale.
Questo significa che la gente prova un senso di insicurezza dovuto a una serie di fenomeni subiti ma non ancora ben metabolizzati, come la globalizzazione e l'imponente fenomeno migratorio in atto, percepiti più come pericoli che come opportunità.
Poi c'è la situazione geopolitica con i numerosi focolai di crisi sfociati in guerre aperte, che hanno fatto coniare al papa l'espressione di guerra mondiale diffusa.
La diffusione del terrorismo islamico non è uno scherzo e ci sta già recando problemi e preoccupazioni, che è legittimo sospettare che siano solo l'inizio di una situazione in via di peggioramento.
Poi ci sono i fenomeni atmosferici che virano da qualche tempo verso l'accentuazione degli eventi più estremi anche nelle aree geografiche che pochi anni fa ne erano immuni.
Poi c'è l'inquinamento atmosferico, in certe aree talmente vistoso, da non aver bisogno di essere descritto.
Poi c'è la criminalità che rende insicure le città.
Poi c'è la politica che da tempo da l'impressione di non riuscire più a padroneggiare le situazioni e che comunque non riesce a esprimere un personale politico affidabile.
E infine “last but not least” c'è un'economia che si è eccessivamente finanziarizzata.
Cioè oggi la finanza ha un peso e un potere abnorme.
A volte si ha proprio la percezione che pochi finanzieri spregiudicati riescano a trascinare le borse in direzioni contrarie all'andamento dei “fondamentali” dell'economia a loro piacimento e solo per il loro personale arricchimento.
C'è un mondo nel quale i ricchi diventano sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri, aumentando le disuguaglianze e mettendo così a rischio il “patto sociale”.
Insomma ce n'è abbastanza per essere pessimisti.
Essere pessimisti nei confronti del futuro , applicato all' economia è un atteggiamento che spinge la gente a tenere i soldi magari sotto il materasso, per chi li ha ovviamente, ma comunque a non spendere.
E qui siamo arrivati al cuore del problema, se la gente non spende più di prima, non c'è santo in grado di fare ripartire l'economia.
A questo punto vorrei invitare il lettore a prendersi qualche secondo di riflessione.
E' ovvio che l'elenco dei possibili motivi di preoccupazione sopra elencati, che tendono a fare virare l'umore della gente verso il pessimismo nei confronti del futuro, potrebbero facilmente essere bilanciati e probabimente superati da un altrettanto accurato elenco di fatti positivi ,che dovrebbero indurre invece all'ottimismo.
A partire naturalmente dalle situazioni economiche largamente e straordinariamente positive, elencate all'inizio : -costo dell'energia dimezzato; -costo del denaro mai stato così basso ; -elasticità delle condizioni di lavoro mai vista prima; -costo delle materie prime ai minimi storici.
E' vero il terrorismo islamico c'è, ma il mondo sviluppato non conosce guerre dal 1945, sono settant'anni di pace, il che costituisce un periodo lunghissimo, mai visto prima nella storia del mondo.
Le condizioni di vita odierne non sono nemmeno confrontabili con quelli delle generazioni precedenti, come livello di vita.
Lo sviluppo della scienza moderna ha tra l'altro raggiunto il risultato strabiliante di aumentare in modo sostanziale la speranza di vita di molti anni per ognuno di noi.
Non parliamo dello sviluppo delle moderne tecnologie, che hanno radicalmente mutato le nostre abitudini di vita e che ci stanno dando la possibilità di ampliare in modo straordinario le nostre capacità mentali e di lavoro.
E allora di cosa ci lamentiamo?
In realtà molti di noi non si lamentano affatto, e probabilmente hanno ragione, ma rimane questa sensazione, questo umore cupo di fondo che non si riesce a cacciare.
Abbiamo il conforto di una formidabile personalità spirituale come papa Francesco che riesce spesso ad essere credibile nel riproporre il messaggio originario di Gesù Cristo, riuscendo così a parlare all'uomo moderno, cosa mai riuscita ai suoi precedessori prossimi.
Abbiamo il conforto di poche ma significative personalità laiche o religiose che si spendono quotidianamente al servizio degli altri.
Ci sarebbero quindi dei fondati motivi per guardare all'avvenire con speranza.


venerdì 8 gennaio 2016

Il successo strepitoso del film di Checco Zalone



Il “cine- panettone” servito durante le feste di Natale è un genere che è andato avanti per decenni.
Si trattava di film senza pretese artistiche dalla battuta facile, con contenuti spesso volgarotti, che però riuscivano quasi sempre a far ridere chiunque a meno che non fosse di umore particolarmente nero.
Del resto chi andava a vederli sapeva benissimo cosa andava a vedere.
Seguiva quasi sempre un robusto successo di pubblico e di botteghino.
Questo film di Zanone è uscito a Natale presentandosi ancora senza pretese e con l'ambizione di far ridere.
Inevitabile quindi prenderlo per l'ennesimo cine- panettone della serie.
La sorpresa è stata nella misura del successo.
In poche parole dicono che il film sia costato dieci milioni, ma che in una sola serata ne raccolga sette di incassi.
Quindi successo senza precedenti.
Ma la sorpresa è stata anche nel fatto che in realtà è qualcosa di diverso dal solito cine- panettone.
Risate si, ma decisamente contenute.
E' un film di satira, non di battute grossolane.
Difficile definirlo.
La trama consiste in una feroce presa in giro del chiodo italiano dell'attaccamento al “posto fisso” che naturalmente è pubblico impiego o assimilabile.
Ed allora è una ripetizione del genere Fantozzi?
No, perché Fantozzi rappresentava volutamente l'eterno perdente, simpatico ma perdente e in capace di contrastare gli ingranaggi del potere.
Il personaggio di Zalone è al contrario un impiegato molto determinato a sfruttare a suo favore tutti i “benefit” dell'impiego pubblico.
C'è il ricorso scientificamente studiato a tutte le scappatoie per far si che quel posto rimanga del tutto inattaccabile a cominciare dal ricorso sistematico al barone politico di riferimento, che in questo caso è un senatore.
Ma tutta la durata del film il personaggio è un vincente che padroneggia la situazione, che è orgoglioso del suo status sociale e che lo difende caparbiamente.
Capitano le restrizioni di organico, purtroppo molto attuali, che si concretano in proposta di dimissioni anticipate o nell'offerta di trasferimenti a casa del diavolo.
Il personaggio accetta qualsiasi tipo di trasferimento e ci si adatta di buon grado.
L'elemento nuovo e caratterizzante di questo tipo di film è nel venire fuori se pure sotterranea di una tesi politico- sociologica, che guarda caso si inserisce perfettamente nella strategia renziana.
Vuol dimostrare che il posto fisso non è più cosa “moderna”, che bisogna imparare a divenire “imprenditori di sé stessi” se si è svegli abbastanza per farlo.
Nella trama si inserisce ancora un tema tutt'altro che nuovo : la relazione amorosa con una norvegese, “singol”, ma con quattro figli letteralmente di tutti colori a significare visivamente la presenza di quattro mariti o compagni uno diverso dall'altro.
Contrasti culturali fra il personaggio che è meridionale ed ancor più con la sua famiglia tradizionale, e la compagna svedese.
Il tutto trattato in modo abbastanza credibile e senza cadere troppo nello scontato.
E' un film che richiama filoni notissimi, ma che è altro da loro e questa è la sua peculiarità e forse anche il punto di forza che lo ha portato ad un successo imprevisto.
Che la recitazione di Zalone sia brillante e credibile è fuori discussione.
Certo non è un tipo di film che possa rivaleggiare nei contenuti ai pezzi da novanta che ha schierato Holliwood e che si trovano nelle sale insieme al film di Zalone, come ad esempio “il ponte delle spie”.
Quelli sono candidati agli Oscar del prossimo febbraio, mentre Zalone si consolerà di incassi stratosferici.
Quelli gireranno per il mondo, mentre il film di Zalone se pure per molti aspetti brillante , non è concepito per il mondo globalizzato.
La cinematografia italiana è da parecchio tempo assolutamente non competitiva con quella di Holliwood anche perché continua a rigirare il medesimo genere della “commedia all'italiana” ,senza essere capace di salti di fantasia e sopratutto di una prospettiva consona al mondo di oggi, che è ben più ampio dell'amato stivale.
Però non si può non riconoscere che siamo di fronte a un film che si è ritagliato decorosamente un suo spazio, e che conserverebbe questo merito anche se non avesse fatto saltare i botteghini.
E diciamolo pure, avere sostituito i cine-panettoni con questo tipo di film è stato un considerevole passo avanti.


martedì 5 gennaio 2016

Nel 2016 cambierà la carta geografica del Medio Oriente



Diversi anni fa ci occupavamo del Medio Oriente perchè Israeliani, Palestinesi e le nazioni arabe della zona si facevano la guerra.
Alcuni anni fa ci interessavamo di quella zona del mondo perchè è da lì che viene il petrolio, primaria fonte di energia, anche e sopratutto per il nostro paese.
Adesso anche al bar Sport si parla di Medio Oriente perchè lì c’è l’Isis e il suo presunto Califfo, arrogante e millantatore fin che si vuole, ma perfettamente in grado di farci vedere i famosi “sorci verdi” quando e come gli pare.
E quindi tutti ce ne dobbiamo occupare, che ne abbiamo voglia o no.
Ma occuparsene è un problema.
Si fa in fretta a dire che per non parlare a vanvera è necessario informarsi, ma sfido chiunque a prendere in mano un libro di storia e leggere del Medio Oriente dalla dissoluzione dell’Impero Ottomano per più di dieci minuti senza dare in escandescenze per l’intrico di eventi che vengono narrati.
Purtroppo la storia recente del Medio Oriente  è un guazzabuglio tremendo.
E sempre purtroppo, se su questo argomento fioriscono così facilmente pregiudizi, leggende metropolitane e ostilità preconcette, condite di venature razziste è anche perchè alcuni atteggiamenti umani non dei migliori qui sono di casa.
Tanto per dirne una, che però non è poco, non è una leggenda, ma è una realtà il fatto che da queste parti è più comune che altrove fare il doppio o il triplo gioco.
Chi finanzia o comunque sostiene l’Isis? Quelli stessi che fanno finta di combatterlo.
A questo punto del ragionamento l’avventore tipo del Bar Sport comincerebbe a sparare le tipiche litanie  leghiste contro la risaputa indole infida degli arabi.
Ma problema nel problema, risulta anche che fra i  peggiori maestri del doppio gioco verso l’Isis sia stato e  si sia distinto anche   quello che per senso comune dovrebbe essere il più illibato della partita e cioè niente meno che il  presidente degli Stati Uniti.
Ed allora come biasimare il medesimo avventore del Bar Sport se perde qualsiasi velleità di affrontare quell’argomento e passa a parlare di calcio.
In conclusione : se è facile parlando di Medio Oriente lasciarsi andare a esternare giudizi preconcetti, questo è anche dovuto al fatto incontestabile che la situazione di quell’area è probabilmente la più complicata, intricata e contraddittoria  del mondo.
Personalmente, se provo fastidio quando sento sparare sentenze approssimative alla leghista, provo altrettanto fastidio quando sento parlare in proposito anche esperti qualificati, che si lasciano influenzare da pregiudizi ideologici eccessivamente “buonisti” a tutti i costi.
Come quando l’esperto di turno sostiene che  il disastro attuale sarebbe tutta colpa di noi occidentali colonialisti e imperialisti.
Quando l’argomento è complesso o molto complesso, il primo errore da esitare è quello di tagliare gli argomenti con l‘accetta : i buoni di qui e i cattivi di la.
In Medio  Oriente questo atteggiamento è particolarmente fuorviante, perchè qui hanno sbagliato tutti più e più volte.
Se generali e premier che si sono occupati di Medio Oriente nella storia recente si fossero andati a confessare da un prete cattolico, alla domanda di rito : “quante volte figliolo?”, avrebbero dovuto rispondere per essere sinceri : quasi sempre!
E in effetti non ne abbiamo quasi mai imbroccata una.
A cominciare dalla foga volgarmente accaparratrice delle potenze europee col chiodo fisso di fare deperire l’Impero Ottomano per farlo a pezzettini da dividersi fra di loro ancor prima della prima guerra mondiale.
Ecco quindi che ha radici profonde nella storia quell’atteggiamento che oggi giustamente si condanna nei due Bush, in Blair e più recentemente in Sarkosy, che consiste nel lanciare spedizioni militari in una zona senza avere prima studiato accuratamente a tavolino una strategia diretta semplicemente a questo ; facciamo fuori Saddam in Iraq, i Talebani in Afganistan, Gheddafi in Libia, ma chi mettiamo  al loro posto, che sia in grado di governare qui paesi meglio di loro?
E’ verissimo che il “guazzabuglio” del Medio Oriente attuale ha due autori da manuale nell’ accordo Skyes- Picot  negoziato fra il 1915 e 1916 con il quale Russia, Francia e Gran Bretagna si spartirono i territori arabi dell’Impero Ottomano, che consistevano per farla breve in tutta l’area a sud della Turchia.
Tagliarono  linee di confine cervellotiche che sembrano tracciate a casaccio.
Il loro lavoro aveva sopratutto  un peccato originale, che consisteva nel fatto che gli autori e i paesi che rappresentavano ragionavano da europei  con canoni e parametri adatti agli stati ed alla storia europea, che è radicalmente diversa da quella araba, sopratutto nel fatto che in quelle regioni si ragionava e si ragiona per zone di influenza di determinate tribù, e non di stati nazionali.
Se qualche lettore vuole sincerarsi della preminenza del concetto di lealismo alla tribù prima che a qualsiasi altra cosa in Medio Oriente, lo  pregherei di leggere un qualsiasi articolo o saggio sulla Libia, che costituisce l’esempio paradigmatico di questa tesi perchè Gheddafi è noto che nulla fece per costruire uno stato come noi lo intendiamo.
Per lui esercitare il potere ha sempre significato ricercare un equilibrio fra il potere territoriale delle singole tribù.
La sua era una tribù estremamente  minoritaria, ma ricercando abilmente alleanze alla fine veniva fuori un equilibrio che gli garantì un potere incontrastato per decenni.
Una conferma esplicita alla diversa concezione di popolo, nazione, stato che hanno gli arabi rispetto al nostro modo di pensare si ritrova nell’ultimo sermone  dello Shahik Nimr shiita, decapitato dalla monarchia Saudita tre giorni fa, nel quale tra l’altro dice “il nostro lealismo non è diretto allo stato ma prima ad Allah e poi al nostro gruppo etnico”.
Non si riesce a interpretare nulla del Medio Oriente se non si fa lo sforzo di entrare nella logica della loro filosofia politica che è profondamente diversa dalla nostra e che è fortemente influenzata oltre che da percorsi culturali diversi, anche da situazioni geografiche stringenti.
Per fare un esempio quale stato se pure efficiente sarebbe in grado di controllare come si fa in Europa i confini a meridione della Libia? O quelli fra Iraq e Siria, o quelli dell’Afganistan?
ll grado di lealismo delle tribù a uno stato è sempre relativo rispetto ai canoni occidentali.
Questo fatto ha delle conseguenze molto serie perchè ad esempio la concezione rigidamete scolastica di democrazia che cercano regolarmente di applicare gli americani in quelle zone  rischia regolarmente di formalizzarsi in parlamenti e governi che non contano nulla, perchè trascurano la tradizione socio-politica della realtà tribale.
A che è servito ad esempio un parlamento e un governo “regolarmente” eletti in Iraq se l’intera etnia dei Sunniti prima al governo con Saddam non ha avuto il suo “stato”, regione o territorio nel quale gestirsi e vivere in pace?
Per risolvere  la situazione da tempo deflagrata in guerra civile della Siria allo stesso modo non si approderà a nulla se non si prevederà uno stato da dare ai Sunniti.
In Libia la situazione è ancora più irrisolvibile se Onu e potenze varie non si decideranno a capire che i parlamenti di Tobruk e di Tripoli se pure “regolarmente” eletti non contano pressochè  nulla in un paese da sempre basato su una società tribale.
Sono le tribù che vanno interpellate e coinvolte, non è democratico per noi , ma lo è per loro, e fino a prova contraria sono loro che è giuso che si gestiscano in casa loro.
Bisogna trovare le giuste forme con la dovuta fantasia e apertura mentale.
Diversamente si passerà di continuo da Al Qayda, all’Isis ad altre sigle, che coprono milizie usate dalla potenze esterne per farsi la guerra per procura, ma che sono anche il sintomo del fatto che gli “esterni” hanno sbagliato di grosso nel delineare l’assetto politico di quelle terre.