sabato 30 settembre 2017

Catalogna libera, bene, e il Lombardo-Veneto? Se ne può almeno parlare?



Sulla questione del referendum per l’indipendenza della Catalogna il commento più stimolante che ho letto in questi giorni l’ho trovato in un post su Facebook dell’ apparentemente paludato Enrico Mentana.
L’argomentazione molto semplice e stringata era nella sostanza questa : perché riteniamo che vadano bene San Marino, Andora, il principato di Monaco, il Liechtenstein, il Vaticano, la Scozia, il Kurdistan l’Ulster e in generale tutte quelle realtà territoriali ,che con la loro esistenza esprimono una “diversità identitaria” ,rispetto ad una più grande realtà territoriale e statuale che “li ospita” fisicamente e abbiamo delle riserve sulla richiesta di indipendenza della Catalogna?
Mi sembra un ragionamento inappuntabile.
Non mi sembra invece inappuntabile l’argomentazione che sostiene oggi sul Corriere l’ambasciatore Sergio Romano, con la quale si fa portavoce delle ragioni appunto delle realtà statuali, diciamo territorialmente ospitanti, che nel giro degli anni o dei secoli hanno contribuito a creare l’economia e la storia delle regioni geografiche, che spinge per l’indipendenza e che quindi, secondo Romano, dovrebbe essere interpellate col medesimo peso delle regioni che lottano per l’indipendenza.
L’argomento di Romano non mi sembra ben sostenuto se si pensa che il peso fra le due realtà , quella che chiede l’indipendenza e quella che gliela nega non è affatto uguale in nessun senso nè usando qualsivoglia parametro.

E’ ovvio che nessuna regione potrebbe mai ottenere l’indipendenza se si mettessero sullo stesso piano i volti espressi dalle regioni che chiedono l’indipendenza e quelli degli stati centrali “ospitanti”, per la ovvia ragione che questi ultimi hanno per definizione interessi diversi e opposti a quelli delle regioni che vorrebbero staccarsi da loro.
Romano poi si contraddice quando afferma che non è conveniente sostenere l’indipendenza per la Catalogna, la Scozia e l’Ulster, mentre fa capire che lo sarebbe per le regioni del Medio Oriente nella medesima situazione (Kurdistan ma non solo).
Mi verrebbe da aggiungere una osservazione di non poco conto che è questa.
Come mai tendiamo a dimenticare che gli alleati che hanno vinto la seconda guerra mondiale avevano solennemente posto ai primi posti fra gli scopi di quella guerra l’affermazione del principio di autodeterminazione dei popoli?
Va bene compiacere sempre e comunque la linea di geopolitica ,dettata dall’America, non per difendere dei presunti sacri principi, ma i suoi interessi, diversi dai nostri , in base alla quale linea i confini usciti dalla medesima guerra mondiale,da loro vinta, vanno considerati assolutamente intoccabili, facendo da qui derivare la loro irragionevole fobia anti-russa eccetera eccetera.
Ma finita la guerra fredda non si era detto che il panorama sarebbe cambiato radicalmente o con “la fine della storia” o più realisticamente con la fine del bipolarismo e dell’egemonia americana per arrivare a una forma di multipluralismo?
Che gliene importa agli americani della indipendenza della Catalogna?
Probabilmente gran parte degli americani ,dei quali è ben nota la straordinaria carenza culturale in materia di geografia, non sa nemmeno dove si trovi sulla carta geografica.
Ma che governino i democratici o i repubblicani a Washington ,l’America è ferma sul principio del l’ intangibiltà delle frontiere esistenti, al di là di ogni buon senso e della palese insensatezza per esempio delle frontiere tracciate a vanvera sulla carta geografica in Medio Oriente ,mettendo insieme etnie che si odiano da secoli per regioni religiose e storiche ,in aperto contrasto col principio dell’autodeterminazione dei popoli, pure da loro stessi americani a suo tempo sottoscritto e difeso con le armi.
Oggi però da quest’orecchio non ci sentono più, perché il loro sguardo è diventato strabico, nel senso che tengono un occhio costantemente puntato sulla Russia.
“Se te movi te fulmino”
Sono diventati vittime di un’autentica fobia non tollerando che la Russia si muova non tanto per ritornare ad essere quell’impero che era l’Urss, cosa oggi realisticamente fuori dalla sua portata, ma nemmeno che tuteli i suoi interessi vitali come innegabile potenza regionale ad esempio sulla Crimea per avere uno sbocco verso il Mediterraneo o che a suo volta faccia di tutto per evitare che la Nato si allarghi fino all’Ucraina, minacciandola direttamente.
E’ sulla base di questa visione strategica geopolitica che gli Usa hanno dettato la propria linea anti indipendenza della Catalogna imponendola anche a Bruxelles, infischiandosene del principio dell’autodeterminazione dei popoli e delle ragioni storiche che avanzano i Catalani.

Vorrei ricordare che la questione della Catalogna non ci è poi così lontana se pensiamo che fra pochi giorni i Lombardi saranno chiamati a un più modesto referendum per chiedere di accentuare la loro autonomia regionale.
Purtroppo, forse anche data la concomitante vicinanza con le elezioni regionali siciliane e le incombenti elezioni politiche della prossima primavera, questo referendum lombardo si celebrerà decisamente in sordina, anche perché la Lega , che è la forza politica che lo ha promosso, si trova non poco in imbarazzo perché sotto la gestione di Salvini sta cercando di affermarsi, a mio avviso giustamente, come partito a base nazionale e quindi sta faticando non poco per uscire dai limiti territoriali localistici ,che si era auto-imposta ai tempi di Bossi, personaggio questo che si è dimostrato largamente incapace di coltivare una visione di lungo periodo, che aveva come è noto l’ideologo di allora, il Prof.Miglio, ma Bossi lo aveva cacciato.
Salvini ha assolutamente bisogno di imporsi come partito nazionale e non come partito territoriale, perché solo in questo modo può scrollarsi di dosso l’ingombrante egemonia berlusconiana sul centro-destra, che il vecchio Bossi non aveva saputo nè forse nemmeno voluto contrastare, mettendosi così in una posizione eternamente subordinata.
Però così facendo il medesimo Salvini si trova oggi in difficoltà a pilotare questo referendum, che deve lasciar in pratica gestire da Maroni ,leader locale, che non è sfortunatamente dotato di alcun carisma, né capacità di presa sull’elettorato, tanto meno su un argomento delicato e pieno di significati simbolici e identitari come l’autonomia verso l’indipendenza.
Peccato, perché questa non è un’occasione da lasciar perdere.
Ricordiamoci che non sappiamo se il nostro paese riuscirà a superare il prossimo 2018 senza fallire, venendo cioè a trovarsi in bancarotta a causa del pesantissimo debito pubblico ,del quale il prode e ciarliero leaderino, Matteo Renzi se ne è sempre stupidamente fregato, senza nasconderlo a Bruxelles, dove invece sono fin troppo capaci di valutare la gente , i paesi e loro leader sulla base dei bilanci e degli altri conti.
Se si arriverà al redde rationem, come non è inverosimile che succeda, con la Commissione di Bruxelles, ma sopratutto con Germania e paesi nordici ,ormai da tempo satelliti della Germania, che faremo?
Di fronte alle regole durissime, che ci verrebbero imposte, non sarebbe il caso di mandare a farsi benedire il vuoto buonismo ,falsamente sinistrorso e falsamente solidale cristiano, per domandarci seriamente una volta per tutte se ha un senso tenere insieme il Nord Italia a quel Meridione ,che è finito in una tale situazioni di arretratezza, da impedire al Nord di rimanere ancorato alla macro regione alsazio- renana alla quale appartiene realmente e realisticamente, perché deve per dovere di solidarietà mantenere le follie amministrative delle regioni meridionali alle quali si può aggiungere ad honorem anche la regione Lazio con la sua e nostra capitale.
L’ autonomia catalana quindi ci interessa e ci tocca molto da vicino se riusciamo a guardare avanti verso un futuro prossimo ,che ci porrà probabilmente su una lunghezza d’onda analoga.
Potremmo abbastanza a breve trovarci anche noi ad affrontare gli stessi veti e le stesse idiosincrasie, che stanno oggi ostacolando il processo di indipendenza della Catalogna.
Non trascuriamo anche un’altro aspetto di questa situazione storica.
La Catalogna è la regione economicamente più pesante economicamente della Spagna.
E’ quella che attira più turisti da tutto il mondo, più giovani e più studenti Erasmus.
Questo conta, perché significa che si è nel tempo posizionata nel cammino verso la modernità più delle altre regioni spagnole.
Ultimo, ma non di meno peso, anche se non se ne parla mai sui nostri media, ricordiamo che la Catalogna indipendente intende proclamarsi come repubblica, ed è quindi intenzionata a buttare finalmente alle ortiche una monarchia decrepita e storicamente anacronistica, come lo sono tutte le altre monarchie d’Europa e del mondo.
Un po’ di illuminismo non guasta mai.

giovedì 21 settembre 2017

L’Italia l’anno venturo può fallire e ci saranno probabilmente i Grillini al governo



Non bastasse la perdurante disastrosa incapacità di amministrare che i Grillini stanno dimostrando a Roma ,insistendo testardamente nell’errore di difendere la Raggi al di là di ogni ragionevolezza, si sono imbarcati in questi giorni in una procedura ridicola per designare Di Maio candidato premier, gestendo una sceneggiata che costringerà gli iscritti a confermare rigorosamente via web la scelta a favore di Di Maio già fatta da mesi, se non da anni, dai due numi tutelari del Movimento : Beppe Grillo e Davide Casaleggio, contrapponendo lo stesso DiMaio a sette poveri pellegrini, totalmente sconosciuti e con peso nullo all’interno del Movimento stesso per essere sicuri di non correre rischi.

Siamo alle solite ,nell’Olimpo del Movimento non si vuole capire che il problema della democrazia interna e quello conseguente della scelta della sua classe dirigente non è un optional, ma è per i 5 Stelle il primo problema da risolvere.
Vada per Grillo, tutto anomalo perché pur essendo il fondatore non è ritenuto eleggibile perché come è noto si porta dietro una vecchia condanna nella quale è incappato anni fa per un tragico incidente stradale del quale gli è stata riconosciuta la responsabilità.
Ma Casaleggio, che nessuno ha mai eletto e che regna per successione al padre, come se fossimo ancora nel Medio Evo, come è possibile che venga accettato, quando per di più confonde la sua ditta privata con gli organi decisionali del movimento?

Basterebbe questa gigantesca anomalia, ma come si sa le stranezze di questo Movimento sono molte anzi troppe e vanno dal “partito non partito”, ai parlamentari eletti che devono comparire non come tali ma come semplici “portavoce” ma che sopratutto sono costretti a castrasi nelle loro prerogative costituzionali, firmando una dichiarazione imposta dal Movimento con la quale accettano clausole capestro.
Stipendi obbligatoriamente e drasticamente autoridotti, che purtroppo, pare piacciano moltissimo al pubblico che essendo comprensibilmente esasperato dalla corruzione dilagante non vuole accettare l’idea che l’autonomia economica dei parlamentari è la prima condizione per dissuaderli dal fare politica per rubare.

Poi c’è l’altro problema dei problemi per il Movimento che è quello del demandare le decisioni a scelte degli iscritti fatte non vedendosi in faccia in carne ed ossa, ma tramite l’uso del web, che come è noto ha i suoi vantaggi, in quanto garantisce in teoria il massimo della democraticità possibile, ma che ha anche grossi svantaggi come la possibilità di manipolare internamente le procedure digitali direttamente da parte di chi gestisce i programmi usati ,o esternamente da hackers come è capitato di recente.
Insomma il Movimento è nato dandosi delle regole che lo distinguessero in modo netto dai partiti esistenti e questa è stata la sua fortuna, perché c’era una fortissima domanda politica di qualcosa di radicalmente diverso dalla palude esistente, formata da partiti corrotti e consunti,che hanno largamente dimostrato di essere incapaci di governare decentemente.

Il problema è che per accentuare questa diversità, i Grillini fin dall’inizio hanno ecceduto dandosi norme spesso del tutto strampalate.
Queste tinte anomale potevano andare bene per lanciarsi e accreditarsi nel panorama politico, quando sono nati, ma si da il caso che da tempo il Movimento 5Stelle è dato dai sondaggi come il partito che riscuote i consenso più ampi e quindi in altre parole è il primo partito d’Italia.
In questa particolare posizione è sconcertante che il vertice del Movimento non capisca che quelle anomalie iniziali accentuate da atteggiamenti diciamo folkloristici, oggi sono fuori luogo.
Lo avevamo già detto su questo blog, è risaputo che con tutta probabilità la prossima primavera dopo la svolgimento delle elezioni politiche il Presidente della Repubblica dovrà invitare proprio Luigi Di Maio a salire lo scalone d’onore del Quirinale per assumere l’incarico di formare il nuovo governo.
Oggi la gente che il Movimento è diverso dagli altri ormai lo ha capito e metabolizzato bene, e quindi a questo punto con lo stesso Movimento alle soglie di Palazzo Chigi ,la medesima gente compresi gli elettori 5Stelle vorrebbe vedere se non una “normalizzazione” ,sicuramente qualcosa di simile consistente almeno nella fine delle strampalatezze più vistose.
Abbiamo detto che Di Maio riceverà molto probabilmente l’incarico, ma riuscirà a mettere insieme un governo?

La legge elettorale, per tanto che qualcuno riesca a modificarla in tempi così stretti ,sarà con tutta probabilità la peggiore schifezza che si sia mai vista in materia e quindi sempre con tutta probabilità la possibilità di formare un governo per chiunque riceva l’incarico questa primavera sarà quasi nulla.
E allora?
Allora si tornerà a votare dopo pochi mesi.

Nel frattempo ,come dice uno dei nostri più preparati esperti di geopolitica, Lucio Caracciolo, tedeschi e nordici faranno di tutto per sbatterci fuori da Euro e Europa, mandandoci sulla soglia del “default”.
E’ inutile nascondercelo, la nostra situazione economica non si risolve certo con i giochetti e le trovate infantili di Matteo Renzi, ieri il bonus degli 80€, oggi la orribile pensata di assumere centinaia di migliaia di nuovi statali, in controtendenza assoluta con il testo del mondo moderno.
Ripresina o non ripresina, col debito pubblico a 130 siamo eternamente sulla soglia del baratro.
Se poi si aggiunge l’incognita dell’instabilità politica è finita e quella del possibile default diventa una probabilità molto seria.

Se lo stato fallisce ripassiamoci quello che è successo in Grecia per sapere in anticipo cosa succederà da noi.
Taglio di tutto, impoverimento spaventoso.

Non dimentichiamo che noi a differenza della Grecia abbiamo anche il problema non secondario di un Meridione da molto tempo rimasto troppo indietro per poter recuperare.

Poi c’è stata la follia di prendere centinaia di migliaia di immigrati senza che ci si fosse nemmeno preoccupati di sistemarli provvisoriamente in modo appena decente facendo fare loro qualche cosa di diverso che girare per l’Italia senza lavoro e sopratutto senza documenti e quindi c’è in sottofondo un problema sicurezza che potrebbe deflagrare con conseguenze imprevedibili.
Se succedesse tutto questo, chi potrà, lascerà questo paese e quindi gli immigrati diventeremo noi, come sempre chi avrà i sodi sarà gradito dovunque vada e invece chi non ne ha abbastanza sarà un reietto.
Grazie politici!

Chissà se nell’ambito dei 5Stelle qualcuno responsabilmente lo scenario che sopra abbiamo descritto se lo è studiato e di conseguenza ha preparato risposte sensate per evitarlo.
Lo spero ma ne dubito quando sento lo stesso Di Maio che invece di parlare già da ora delle alleanze possibili che il suo Movimento dovrà fare appena dopo le elezioni, cioè da qui a pochi mesi, con le forze politiche che gli sono più simili (Lega) ,continua a straparlare di possibilità di portare i 5Stelle al 40%.
Eventualità abbastanza inverosimile, ma che sopratutto non risolverebbe nulla perché, come tutti sappiamo per governare ci vuole almeno il 50% + 1.

Per avere una qualche fiducia vorrei vedere in questi mesi prima delle elezioni lo stesso Di Maio a colloquio con Angela Merkel, perché chi vuol governare in Italia, che si trova in Europa, è con la Merkel che deve parlarsi perché e lei e solo lei che ha il potre di decidere di sbatterci in default o di darci una mano per l’ennesima volta, ovviamente se chi governa in Italia riuscirà a convincerla che conviene al suo paese.

Questo colloquio mi farebbe capire che lui ha capito quello che c’è da capire e per votare il suo partito, questa cosa in coscienza avrei bisogno di acquisirla.

venerdì 15 settembre 2017

Siamo prigionieri di appalti a ribasso insensato, subappalti senza trasparenza , abnormi cooperative , indegno sfruttamento del lavoro giovanile, ricorsi ai Tar generalizzati e non reagiamo per uscire dal caos



Abbiamo bisogno di fare un’opera pubblica (che so io asfaltare una strada ) o di aggiudicare un servizio pubblico (esempio la mensa scolastica) , allora facciamo una gara di appalto e vinca il migliore.
Bene in teoria, ma come?
Avevo esultato quando DiPietro è passato alla politica perché pensavo che con quello che aveva visto da pubblico ministero nei processi di Mani Pulite si sarebbe battuto per elaborare un codice degli appalti blindato per impedire la corruzione dilagante, ma non è stato così, al di là della buona volontà della persona.
Evidentemente la materia non né facile né semplice, perché bisogna tutelare interessi diversi e contrastanti.

Vogliamo il miglior lavoro al minor prezzo, pretesa più che legittima, ma poi seguendo questo stesso principio, che sembra sacrosanto in teoria, nella pratica quotidiana finisce che l’appalto lo vince una ditta che fa un ribasso sconsiderato e poi fallisce dopo due mesi, perché quello sconto non era economicamente sostenibile, o peggio va avanti a gestire caparbiamente l’appalto ,ma fornisce un opera o un servizio pessimo, usando materiale scadente, facendo in modo che i controllori non vedano nulla, coprendoli di regalini o regaloni.
Ma va già bene se l’appalto riesce ad essere espletato in tempi decenti, perché oggi ,oltre agli usuali tempi lunghi che impongono i nocciuoli burocratici, bisogna fare i conti con il ricorso indiscriminato e insensato ai Tar, che bloccano tutto.

Succede infatti che una o due delle ditte soccombenti ricorrano ormai per uso consolidato al Tar invocando presunte irregolarità nelle procedure di assegnazione dell’appalto e quindi quando ci si è infilati nel tunnel della nostra giustizia ultra garantista, bisogna aspettare la prima sentenza, il ricorso in secondo grado al Consiglio di Stato, e via di questo passo al quasi infinito, secondo le risorse che i ricorrenti hanno a disposizione per pagare avvocati e intanto l’opera o il servizio rimangono bloccati.
I cittadini si infuriano, ma le amministrazioni pubbliche appaltanti non ci possono fare nulla.
Ma ammettiamo che l’assegnazione dell’appalto vada a buon fine e che quindi si cominci a lavorare, se così fosse avremmo raggiunto l’obiettivo di assegnare il lavoro al migliore ?
Ma figuriamoci!
Se va bene, l’assegnatario sarà uno dei colossi affiliati alle vecchie Coop ex rosse (comuniste) o ex bianche (CL ,tramite Compagnia delle Opere) che riescono a vincere gli appalti perché sono bravi o perché navigano su rendite di posizione?
Le loro rendite di posizione sono, diciamolo pure chiaramente, il fatto di poter contare su relazioni e contatti privilegiati con una classe politica di riferimento.
Anche all’esterno ci sono le lobby, che sanno come mettere la casacca giusta ai parlamentari, diciamo più fragili, ma da noi la cosa è accentuata dal permanere dei vecchi legami fra la classe dirigente di queste coop e le forze politiche che fanno riferimento agli ex rossi e bianchi, legami una volta più che altro ideologici ,oggi decaduti a condivisione di affari anche se ancora ancora se pure smuntamente con nostalgie ideologiche.
Il secondo eclatante vantaggio competitivo è la “forma giuridica” dell’azienda che sfrutta tutti i vantaggi e le agevolazioni tipiche delle cooperative, senza che la dimensione dell’azienda e dell’appalto abbia più niente a che fare con le ragioni per le quali erano nate le cooperative dei lavoratori.

Non è necessario essere troppo informati sul diritto commerciale per sapere che una cooperativa è fondata sul fatto che i lavoratori sono soci con i diritti conseguenti (votare per scegliersi i responsabili per esempio) che però hanno come altra faccia della medaglia, tutele decrescenti per i lavoratori solo formalmente soci.
Ma facciamo l’ipotesi che l’appalto sia vinto da una azienda normale , e che magari la medesima abbia una certa reputazione nel campo nel quale opera, in questo caso il lavoro o il servizio lo fa lei?

Quasi mai, perché nella generalità dei casi una volta assegnato un appalto, il servizio lo faranno uno o più subappaltatori, spesso ditte o dittarelle, talmente trasparenti, che succede che i singoli lavoratori non sappiano nemmeno con chi stanno lavorando, perché come tramite conoscono solo dei fax simile di caporali ,sanno solo di essere pagati poco e male, ma accettano perché hanno bisogno di un impiego qualunque per pagarsi affitto, bollette, mandare i figli a scuola eccetera.
E tutto questo per sacrificare tutto, compreso il buon senso, alla divinità dell’appalto al massimo ribasso.
Il discorso sulle cooperative ,delle quali peraltro è considerato politicamente scorretto parlare male, perché i loro dirigenti sono amici degli amici ed hanno una classe dirigente della quale è un rappresentante iconico l’attuale ministro del lavoro Poletti, sul quale sarebbe perfino impietoso ironizzare, porta immediatamente a considerare un’altra aberrazione analoga a quella delle cooperative mangia tutto, che consiste nella aberrazione di un mercato del lavoro giovanile ultra sfruttato e senza diritti.

Questo mercato è monopolizzato non solo e non tanto dalla figura del giovane eterno precario, che non può sposarsi né fare un mutuo,nè spesso fare nemmeno un contratto, perché non ha una busta paga, che attesti un impiego continuativo da esibire e non avrà mai una pensione come conoscevamo un tempo, come corrispettivo di un impiego “normale”,

ma dall’indecente figura atipica e altisonante ,che viene definita dai sacerdoti liberisti sui giornaloni ,come “imprenditore di sé stesso”, dipingendo questa tragica aberrazione, come una grande conquista sociale .
Il giovane che ha la fortuna di trovare una qualche occupazione è costretto oggi a occuparsi non solo come precario, ma anche come “non lavoratore dipendente”, fingendo di essere “imprenditore di sé stesso” e quindi con regolare partita Iva e conseguentemente senza tutele, in quanto non dipendente, tra l’altro senza ferie e senza pensione.
Scoperta fantastica ,questa, per sfruttare al massimo i lavoratori, perché non essendo dipendenti questi giovani non possono nemmeno prendere una tessera sindacale per avere un minimo di tutela.
Bello non avere sindacati fra i piedi e bellissimo non avere contributi Inps da pagare, gli imprenditori hanno trovato l’America!
E nessuno ha niente da ridire, né i partiti che sembrano non avere nessun interesse a rappresentare questi giovani, per i quali sanno di non avere nulla da offrire, né i sindacati, che non sanno che pesci pigliare in una società così diversa da quella nella quale erano abituati ad operare.
Se non c’è la tessera e non c’è un contratto nazionale al quale fare riferimento, l’ombrello sindacale rimane chiuso, per la totale mancanza di fantasia e progettualità della classe dirigente.

Questi giovani ,per lo più sono ben qualificati ed ai livelli di istruzione più elevati , ma sono del tutto incapaci di trovare loro stessi dal basso forme di rete comune alle quali fare riferimento,per acquisire una forza contrattuale, che singolarmente non hanno né possono avere.
Sanno che se osassero avanzare reclami o richieste sarebbero lasciati a casa, perché c’è la coda alla porta dell’azienda, formata da altri giovani nelle medesime condizioni, disponibili subito e senza pretese.
E’ abnorme il vantaggio competitivo delle coop ,che lascia come altra faccia della medaglia i lavoratori sottopagati e con tutele attenuate fino ad annullarsi.
E’ abnorme la follia degli appalti basati solo sul maggior ribasso, che invece di tutelare la concorrenza e l’interesse pubblico, portano a costruire viadotti e scuole che cascano per l’uso di materiali della peggiore qualità o ad offrire pasti scolastici che costringono le famiglie che possono, a mandare a scuola a i bambini col panino fatto dalla mamma per non correre rischi.
E’ abnorme non voler restringere in modo drastico la facoltà di ricorrere ai Tar ed al Consiglio di Stato, rendendo indefiniti i tempi di realizzazione delle opere appaltate.
E’ abnorme far finta di non vedere l’indegno abuso della figura di collaboratore con “partita Iva”per consentire lo sfruttamento intensivo del lavoro giovanile più qualificato.

Bisogna reagire a questa schiera infinita di abusi dei quali nemmeno si parla.
Mi è rimasta impressa nella mente la puntata di “operai” ,condotta da Gad Lerner e mandata in onda ad ore indecenti in modo che nessuno la vedesse ,che mostrava lo sconcerto e la sofferenza di quel giornalista ex sessantottino ,ancora battagliero ma sulla soglia ormai della pensione, che cercava di pungolare i giovani lavoratori del modernissimo colosso dell’e-commerce, Amazon, a lamentarsi per i turni pesantissimi e il lavoro tutt’altro che leggero e da fare con tempi da cottimo, giovani che invece col sorriso sulle labbra, mostravano di essere del tutto rassegnati a pagare qualsiasi prezzo pur di rimanere attaccati a quel raro posto di lavoro.
Ci va bene questa società?
Possiamo anche dormirci sopra o far finta di niente, se abbiamo la fortuna di avere figli che hanno trovato un lavoro “tradizionale” ancora tutelato, ma quand’anche facessimo finta di non sapere e di non vedere, il buon senso ci dice che società così piene di cose “abnormi” sono pentoloni in ebollizione nei quali a un certo momento parte il coperchio o scoppia tutto ed a quel punto sono cavoli amari per tutti.
Fra pochi mesi andremo a votare.
Informiamoci bene, riflettiamoci sopra e non sprechiamo un voto prezioso perché ce ne pentiremmo.




sabato 9 settembre 2017

Kim Jong Un è un politico lucido con una visione precisa e quindi è tutt’altro che pazzo



Certo che questo dittatore della Corea del Nord, senza scrupoli che sembra giocare a carte con i destini del mondo si presta terribilmente alle descrizioni più caricaturali.
Un freddo o freddissimo giocatore al quale il caso o il destino ha fornito l’aspetto di un bamboccione occidentale super coccolato dai genitori, porta con sé contraddizioni insolubili fatte apposta per confezionargli intorno le storie più incredibili.

Kim governa il suo paese con pugno di ferro e non è certo tenero con chi non è riconoscibile come un fedele ed ossequiente seguace del suo regime.
Il suo medesimo regime ha fatto della Corea del Nord il paese più isolato e chiuso del mondo.
Fino a pochi anni fa solo la Birmania o Myanmar quando era retta da una giunta militare costituiva un regime politico avvicinabile alla Corea del Nord per la totale chiusura al mondo esterno che praticava e per la maniacale propaganda con la quale faceva il lavaggio del cervello ai suoi sudditi per convincerli nell’idea che il resto del mondo guidato dagli Americani stava complottando contro di loro con la volontà di distruggerli.

Questi regimi erano fondati sull’isteria del pericolo esterno che doveva necessariamente tradursi nella militarizzazione del paese per difenderlo dalla supposta minaccia incombente.
Poi,incredibilmente in Birmania l’icona San Suu Kyi, appoggiata dalle pressioni di una accorta diplomazia internazionale è riuscita a convincere i generali ad aprire il paese ed a costruire istituzioni politiche accettabili.
In Corea del Nord, questo processo risulta molto più difficile perché per la sfortuna dei suoi abitanti questo paese si trova nella classica posizione dello “stato cuscinetto” fra la superpotenza americana, la quasi super potenza cinese e la ex super potenza russa.

Cinesi e Russi hanno un interesse evidente che non nascondano : tenere gli americani lontani dai loro confini e quindi sono interessati che a Piong Yang ci sia un regime che stia in piedi, che sia in grado di difendersi bene e di dissuadere gli americani a intrufolarsi ulteriormente nella Corea del Sud.
Il Giappone, altra potenza regionale in gioco, ha interesse prioritario a che la situazione rimanga stabile per potere fare uscire il paese da una condizione economica di stagnazione che si protrae da decenni.

Come si vede questa è la situazione geopolitica, che risulta essere vistosamente diversa da come la descrivono i media.
Evidentemente chi fa sempre più fatica a vendere i giornali pensa che il pubblico sia molto più invogliato ad andare in edicola se poi vi trova delle storie forti come quella del pazzo furioso che tiene in scacco il mondo cavalcando l’atomica, perché in realtà è così che è stato descritto Kim in questi ultimi giorni.
Così come si ritiene che venda di più la storia di una Corea del Nord con una popolazione sull’orlo della fame a causa del bieco dittatore che pranza a champagne ostriche e caviale, facendo finta di non sapere che quel paese aveva subito sì una pesante carestia, ma negli anni ‘90 quando al potere c’era la medesima dinastia,ma non l’attuale Kim, al quale viene riconosciuto invece di avere sensibilmente migliorato le condizioni di vita del suo popolo e per di più in un tempo breve.

Fare diventare Kim un personaggio caricaturale paga al fine della vendita dei giornali, anche perché il personaggio non esita a metterci del suo in fatto di stravaganza.
Non raggiunge le vette di Gheddafi, ma ci prova.
Però il giochetto spesse volte ha preso la mano anche a giornalisti seri, quando si sono lasciati andare a calcare la mano.
Come quando hanno scritto che lo stesso Kim aveva fatto uccidere lo zio che complottava contro di lui facendolo rinchiudere in una fossa alcuni hanno scritto piena di scorpioni altri di serpenti velenosi, altri ancora hanno parlato di cani affamati.
Tempo dopo nessuno più crede a storie del genere e si è di fatto appurato che il poveretto è stato semplicemente fucilato.

E’ chiaro che con il nucleare non è lecito scherzare, ma Kim non sta scherzando affatto.
Kim è vero che minacciando l’America che rimane tutt’ora l’unica superpotenza militare senza concorrenti alla pari e nemmeno vicini, gioca col fuoco sopratutto se si pensa che quella superpotenza è guidata da un altro personaggio fra lo stravagante e il caratteriale come Donald Trump.
Ma in qualche modo lo doveva fare per far vedere al mondo che l’atomica ce l’ha, i razzi ce li ha e che quindi anche la super potenza globale America deve sapere che se si mettesse in testa di attaccare la Corea del Nord, il prezzo da pagare sarebbe pesantissimo anche per lei e quindi tael da sconsigliare assolutamente ogni azione.
Siamo nel campo della deterrenza e dell’equilibrio delle forze che regge la politica dai tempi del mammouth ad oggi.
E’ tanto vero che lo doveva fare per fare prendere in seria considerazione il suo paese e il suo regime che autorevoli commentatori hanno rilevato in questi ultimi giorni che

se Saddam a suo tempo si fosse dotato dell’atomica, sarebbe ancora tranquillamente al potere e il mondo si sarebbe evitato una sequela di inutili guerre e sofferenze senza venire a capo di nulla se non trovarsi in una situazione peggiore di quando Saddam c’era, personaggio per molti versi spiacevole ma che garantiva stabilità alla regione facendo pagare prezzi sicuramente molto inferiori a quelli pagati per farlo fuori.
E’ verosimile pensare che quando si parla di Corea del Nord il folclore e le tinte fosche siano più nella rappresentazione che ne fanno i media che nella realtà.
Nella realtà le potenze globali e regionali in gioco hanno come interesse prioritario la stabilità di quella regione, per mantenere la quale è più conveniente che Kim rimanga dov’è piuttosto che al contrario rischiare il caos di un cambio di regime.
Kim sfoggiando l’atomica ha fatto tutto quello che poteva fare, non sarebbe ragionevole che si spinga più in là.
Il problema vero a questo punto è l’America.
Usciamo dalle narrazioni folkloristiche dei media.

All’America non gliene frega proprio niente di portare una supposta democrazia per i buoni nord-coreani, liberandoli dalla dittatura di Kim.
All’America interessa stoppare e cercare di fare abbassare le ali alla Cina, perché è con la Cina che sta combattendo la vera battaglia per la supremazia globale.
Gli esperti di geopolitica dicono che l’America questa battaglia è destinata a perderla nel giro di uno o due decenni, perché i numeri sono implacabilmente a favore della Cina.
Ma l’America non si rassegna e quindi è attirata dall’idea di arrivare al confine con la Cina in Corea sia pure per interposta persona (la Corea del Sud) ,piazzando basi militari, missili ,antimissili e uomini per “difendere” i SudCoreani, che curiosamente avendo scoperto il gioco sulla loro pelle stanno impegnandosi in vistose manifestazioni anche di piazza contro la crescente ingerenza americana.
Allo stesso modo agli americani di Kim interessa poco e tutto il gioco lo fanno pensando e guardando alla Cina confinante con la Nord Corea.

Comunque non essendo nessuno dei competitori matto, come farebbero pensare i media, è in corso da tempo una seria trattativa diplomatica fra tutte le parti in causa.
Sarà dura fare digerire all’America che ormai Kim l’atomica ce l’ha e che quindi se la terrà stretta, ma non sembra proprio che ci siano alternative.
Il boccone è duro e indigesto, ma Kim sa che per tenersi l’atomica dovrà dare in cambio qualcosa di sostanzioso.
Kim e Trump devono fermarsi dove sono, questa è la sostanza e questo è quello che sostanzialmente vogliono le potenze in gioco.