domenica 28 aprile 2024

Francesco Tormen : Con gli occhi aperti. Il sogno lucido fra neuroscienze ed esperienze contemplative Ed. Il Saggiatore – recensione

 



Questo è un libro piuttosto impegnativo, sia per l’argomento, che per la mole di circa 550 pagine, ma questo non significa che non sia altamente interessante.

Personalmente, sono fra quelli che ,senza aver mai fatto esercizi di contemplazione, come quelle suggeriti dall’autore, mi sono accorto di fare ,probabilmente da sempre, di tanto in tanto sogni lucidi.

Si tratta ,cioè, di quel tipo di sogni che si tende a ricordare ,almeno al risveglio, ma sopratutto, diciamo così, in corso d’opera, si avverte abbastanza chiaramente di stare sognando e quindi di essere consapevoli mentre si sta sognando.

Tutto il libro è sostanzialmente basato sulla descrizione delle principali tipologie di sogni e sulla esortazione dell’autore a esercitarsi in questa ,per altro diffusa facoltà, per avventurarsi in mondi ancora poco conosciuto, ma estremamente affascinanti.

Va detto che l’autore, pur possedendo una preparazione a livello accademico, delle spiritualità e filosofie orientali ,che più hanno studiato il fenomeno dei sogni ,come quelle buddiste, e in particolari del buddismo tibetano, filosofie iraniche e lo sciamanesimo dei popoli indigeni, e la teosofia ,ha una non trascurabile competenza nel campo delle neuroscienze.

Purtroppo, però, in questo ultimo campo non ci si è applicati molto a questi fenomeni e di conseguenza le acquisizioni scientifiche in materia sono più che modeste.

Non per mancanza di interesse ,sottolinea l’autore, che tra l’altro non trascura di elencare gli studi più significativi effettuali in questo campo, ma perché è obiettivamente difficile riprodurre con dei volontari in laboratorio, le condizioni che favoriscano o almeno consentano di registrare le esperienze oniriche.

Notevoli dati, ad esempio, si possono ricavare dalla risonanza magnetica, ma ,ci dice l’autore ,stare immobili nel tunnel di quell’apparecchiatura ,che per di più fa baccano, non è proprio l’ideale per dormire e sognare e costa in modo esagerato.

Tenuto conto di questi dati di fatto,ho molto apprezzato il fatto ,che l’autore riportando la montagna di dati da lui raccolti dalla sua ricerca ed elencando i pochi studi e le invece molteplici teorie delle spiritualità e filosofie sopra menzionate, usa praticamente sempre il verbo al condizionale.

Questo è un indice di grande onestà e rigore intellettuale, ma non significa affatto, che ci racconti delle favolette o delle semplici supposizioni.

Come ho sopra accennato ,il fatto di sperimentare ,ogni tanto, dei sogni lucidi, mi ha portato più volte a chiedermi ,come mai questo argomento è così poco affrontato.

Capisco le difficoltà oggettive, ma non si può non essere spinti alla ricerca ,dalla constatazione delle enormi facoltà e potenzialità ,che riscontriamo nella nostra mente, quando ci fornisce in abbondanza filmati più realistici e sorprendenti di quelli che potrebbe produrre un set hollywoodiano.

Invito a leggere questo libro chi abbia sperimentato sogni lucidi, o almeno abbia riportato nel data base della sua memoria, anche solo qualche sogno occasionale, perché avrà la sorpresa di ritrovare nella accurata tipologia, elencata dall’autore, sicuramente la gran parte dei sogni periodici che siamo portati a fare.

E’ proprio facendo questa constatazione che il lettore si dice : ah, ma allora in questo libro non ci vengono raccontate delle storielle, questo autore, sa bene di cosa sta parlando.

Il libro poi può essere preso e utilizzato in diversi modi ,a seconda degli interessi del lettore.

Forse chi ha già una qualche esperienza nel campo della meditazione sarà portato a studiarsi le tecniche pratiche ampiamente riportate nel libro.

Chi invece, come me, ha interessi maggiori sulla speculazione relativa alle spiritualità e filosofie citate nel libro, troverà l’occasione per approfondire questi campi.

Avverto che se si ha interesse per queste cose questo libro dà l’occasione per volare alto. Molto alto.

Come quando, partendo dal presupposto che probabilmente non esiste una realtà obiettiva, ma solo rappresentazioni ,che si formano nella nostra mente ,come suggerisce la spiritualità buddista, ma non solo, allora si è portati a ritenere verosimile che lo stato di veglia e lo stato di sogno riportano ambedue a una consapevolezza non più materiale.

Nei termini della filosofia classica è l’anima che tende e si unisce all’infinito e nelle spiritualità e filosofie orientali è l’io impara a superarsi per raggiungere con l’illuminazione l’atman, superamento dell’io nella realtà ultima da cercare come diceva Agostino “in interiore homini”.

Se si studiano le varie spiritualità e filosofie si ritrovano incredibili assonanze, come ha documentato ad esempio il teologo-filosofo Vito Mancuso in “i quattro Maestri” Socrate ,Buddha, Confucio e Gesù.

E se fosse questa l’interpretazione della realtà effettiva?

E se infine ci ricordassimo che il mondo onirico è abitato indifferentemente dai viventi, come dai trapassati, allora ci ritroveremo in una visione cosmologica veramente da far tremare le vene e i polsi.

Cioè se il mondo che definiamo come fisico fosse inconsistente mentre quello che definiamo come realtà onirica fosse l’unica reale, come sembrano fare intravedere anche le filosofie orientali?

Bella domanda.


martedì 23 aprile 2024

Francesco Costa : Frontiera. Perchè sarà un nuovo secolo americano Ed: Mondadori – recensione






Francesco Costa è un giornalista, youtuber, eccetera ,conosciuto sopratutto come esperto di America e quindi in apparenza ovvio che scriva un libro sul futuro dell’America, scommettendo non solo sulla sua sopravvivenza, anche nella sua permanenza come stato guida.

L’operazione sarebbe stata di tutto riposo qualche anno fa, ma non più oggi.

Per due ragioni connesse :

-la prima è che nel frattempo è sorta e si è affermata, anche in campo mediatico ,la nuova disciplina della geopolitica ,proprio per analizzare le strategie a lungo termine degli stati e delle grandi potenze ,chiamate col loro nome cioè di imperi, e le relative traiettorie.

-la seconda è che proprio questi analisti di geopolitica ,che comincino ad affacciarsi alla ribalta dei media e dei social , non danno affatto per scontato che l’America riesca a sopravvivere alle serie crisi interne che ne minano la solidità, se non addirittura l’unità.

Di conseguenza il libro di Costa è un po un azzardo se lo ha concepito come un saggio di geopolitica, materia che chiaramente non è la sua specialità.

Questo è invece un ottimo libro, se rimane nei confini del saggio giornalistico, non meno necessario ed anche probabilmente molto più appetibile, se mi si consente il termine.

Inviterei quindi il lettore senz’altro a spendere il tempo necessario per leggerlo questo libro, perché vi troverà un gran numero di cose interessanti che quasi sicuramente ignorava.

Forse questo è il principale punto di forza di Costa, la capacità di scuotere le nostre pigrizie e nostre mal-riposte sicurezza a proposito dell’America.

Mi piace il fatto che l’autore lo dica esplicitamente: se avete fatto un viaggio più o meno organizzato in America e pensate con quello di poter dire di conoscere l’America, non avete capito niente, perché l’America non è fatta dalle solite leggende metropolitane, è qualcosa di estremamente complesso e contraddittorio.

Per capirci qualcosa, occorre viverci e ancora meglio, studiarsela per bene.

In altre parole bisogna fare i compiti a casa, e Costa li ha fatti.

Ricordo di avere criticato i precedenti libri dell’autore, perché non li aveva corredati se non di note,almeno di una accettabile bibliografia.

Deve avermi sentito, perché questo libro possiede un serio corredo di riferimenti documentali, come è giusto che sia.

Prendiamo Costa per le migliori capacità che ha.

Ottimo giornalista e ottimo inviato, uno che col microfono o con una Action Camera, che hanno da tempo sostituito il vecchio classico taccuino del cronista, va a mettere il naso dappertutto, per sentire la voce della gente.

E’ questo che come lettori vogliamo sapere ,cosa pensano gli americani per capire chi sono.

Non basta condividere miti consumistici e culturali per credere di saper tutto di loro.

Perchè abbiamo storie diverse, molto diverse.

Una per tutte, per quanto elementari : la quasi totalità delle generazioni dei nostri padri sono state fatte o di fascisti o di socialisti.

Ebbene, queste sono due categorie di persone in America praticamente non esistono e non sono mai esistite.

Siamo diversi sopratutto su quello che fa l’America, quello che ritiene di essere, cioè la nazione che avrebbe la missione messianica di diffondere il loro modo di intendere libertà e democrazia, convertendo il mondo al loro credo, ritenuto il più elevato di tutti.

E questa è forse la ragione per la quale ora gli americani sono in crisi : perché sono sconcertati se non sconvolti, dal dover constatare che la maggior parte del mondo non è affatto interessato a diventare americano, anzi si sente minacciato dai tentativi di farlo diventare tale.

Si dice pare a ragione che l’americano medio, profondamente insulare come’è ,sentendosi circondato e difeso da ben due oceani, non sappia nemmeno l’essenziale sul resto del mondo e quindi non si rende conto che l’altro credo fondante su cui poggia la cultura americana, quello del liberismo esasperato, figlio di una priorità assoluta, data al “valore” legato ai diritti dell’individuo, non è il fondamento del mondo.

E che anzi, la maggior parte del resto del mondo, fonda tutto il suo sistema valoriale sull’altro polo ideologico ,che si chiama “comunità”, o bene comune, ai quali il valore dell’individuo risulta quindi subordinato.

Non parliamo poi del peso dei trascorsi razzisti e del primatismo bianco, ancora tanto presenti nella società americana, da aver generato come reazione uguale e contraria, la vocazione alla auto-fustigazione, continua che porta agli eccessi della “culture cancel” del woke eccetera, che affliggono i liberal e i democratici americani.

Costa è ben conscio di questi mali che affliggono l’America in una misura ormai preoccupante.

Mo ritiene di concludere dicendo che nessuno è capace di manovrare il capitalismo in modo tanto funzionale come gli americani e che questo lo porta a ritenere che l’America rimarrà l’America ancora per un bel pezzo perché non si vedono all’orizzonte competitori all’altezza.

Ecco forse questo entusiasmo, poco condiviso dagli analisti di geopolitica è rispettabile e verosimile, ma potrebbe essere smentito dai fatti.

Ma il forte di Costa è il giornalismo da cronista curioso.

Andate a cercare nel libro notizie curiose, se si vuole ,ma non secondarie, sul rapporto fra gli americani e le scarpe nonché sul loro modo di vestire, vi divertirete parecchio.

O sul come spiegarsi l’uso rispettato in modo ferreo di lasciare la mancia e in misura che tutti conoscono e alla quale si adeguano, pur senza che alcuna norma lo abbia mai previsto.

Eccetera eccetera.








 

giovedì 28 marzo 2024

Federico Rampini : Suicidio occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori Ed. Mondadori – recensione

 


Non so come ma quando era uscito questo libro di Federico Rampini nel 2022 mi era sfuggito, peccato, perché oggi che l’ho letto rimediando al ritardo l’ho trovato veramente fondamentale per capire la deriva integralista dei democratici americani.

E’ singolare ma questo fenomeno che condiziona in modo pesante la strategia degli Usa e che impatta quindi in modo altrettanto pesante sulla nostra politica è conosciuto molto poco da noi, forse perché le nostre forze politiche di orientamento progressista semplicemente sono vittime della medesima deriva ideologica che proviene da oltre oceano.

Stranamente, sull’argomento mi aveva suonato la sveglia il libro di Francesco Costa sulla California e poi i suoi interventi successivi su tutti i canali che usa con molta abilità.

Forse proprio l’abilità e la freschezza del modo di comunicare di Costa mi avevano fatto considerare Rampini, validissimo inviato, ma di un altra generazione, come un matusa.

Errore pacchiano, perché leggendo il libro di Rampini ho dovuto constatare che tratta la materia a un livello di approfondimento sensibilmente superiore, cosa che emerge fra l’altro nella citazione dei testi da consultare per approfondire, che comunque rappresentano il punto di appoggio della sua esposizione.

Ma veniamo al dunque, Rampini argomenta questo, che la decadenza dell’America come potenza egemone dell’Occidente che si ergeva a poliziotto del mondo, è ormai un fatto vistoso.

Preso atto di questa realtà ormai incontrovertibile, è fondamentale cercare di capire quali ne siano le cause.

Rampini individua il tarlo che rischia di frantumare la potenza americana, rimasta quasi intatta dalla fine della seconda guerra mondiale, proprio nella deriva radicale dell’ideologia progressista, praticata negli Usa, tutta tesa, come dice il titolo, non a difendere i nostri valori, ma a “processare la nostra storia ed a cancellare i nostri valori”.

Non abbiamo più valori da difendere, ma abbiamo solo da espiare i nostri errori passati. Ecco allora che su questo nuovo dogma, hanno fondato la teoria “no border” che impone non solo il dovere di prendere tutti gli immigrati, ma di sdebitarci con loro dei nostri crimini passati assumendo noi i loro valori, che sarebbero più sani dei nostri, tanto per cominciare dando subito anche ai migranti che formalmente sono entrati illegalmente i benefici del welfare e non ultimo il diritto di voto, e quello di usare la propria lingua, tanto che di fatto si sono obbligati i call center pubblici ad essere bilingui inglese e spagnolo.

Le minoranze etniche e sessuali diventano di conseguenza il punto di riferimento obbligato.

Questa ideologia unita ad una interpretazione pure radicale dell’ambientalismo tesa a demonizzare il progresso economico ed a prevedere una imminente apocalisse.

Se andiamo a vedere l’ispirazione viene dalla poco brillante filosofia ,detta “del buon selvaggio”, di Jean Jacques Rousseau e quindi non è affatto originale.

Interessante la capacità di Rampini di farci capire come questa radicalizzazione ideologica sia cavalcata alla grande dagli ultra- milardari dell’High tech, che la usano cinicamente ,non perché ci credano, ma perché serve loro per oscurare il problema vero che è quello delle diseguaglianze , della crisi sociale e dell’impoverimento del ceto medio.

Qui da noi sono state prese come manifestazione quasi folkloristiche di frange giovanili stravaganti le vere e proprie ricadute nell’oscurantismo medioevale dei giovani americani che spingono per abbattere le statue, anche di coloro che, prima, erano venerati padri della patria ,come lo stesso Lincoln, perché a suo tempo erano incorsi in atti di razzismo, ignorando ogni senso critico o di contestualizzazione storica.

Non parliamo del povero Cristoforo Colombo, ormai completamente demonizzato come portatore di ogni nefandezza a causa del fatto che la “Critical race Teory” è diventata dogma.

Ma se si fossero fermati qui, i seguaci delle teorie “Woke culture ” o della “cancel culture”, andrebbe ancora bene, e invece sono andati ben oltre ogni decenza, additando al pubblico ludibrio anche Platone Aristotele e tutta la famiglia filosofica sulla quale è fondata la nostra civiltà, perché avrebbero la colpa inespiabile di avere tollerato la schiavitù e un ruolo subalterno del genere femminile.

E proprio qui è la giustificazione del termine deriva, per il fatto che quelle evidenti scemenze, sono prese molto sul serio e messe in pratica nelle ,un tempo prestigiose, università americane, al punto che se un docente osasse citare uno dei reprobi sopra indicati, rischierebbe il posto.

Immagino che ai tempi della Santa Inquisizione ci fosse più tolleranza!

Ma l‘elenco delle follie di questo tipo ha veramente dell’incredibile come quando l’autore cita l’episodio di un distretto scolastico americano,ovviamente gestito da famiglie che aderiscono a questo pensiero unico ,definito non a caso dal medesimo Rampini, progressismo illiberale, dopo avere constatato che gli alunni appartenenti alle etnie di colore proprio non riuscivano a raggiungere punteggi nemmeno lontanamente sufficienti in matematica, non hanno deliberato qualcosa di simile ai nostri “corsi di sostegno” ,ma hanno abolito ogni strumento di rilevamento della preparazione.

Prossimamente forse aboliranno la matematica per essere più completamente politically correct.

Non parliamo poi della imposizione delle più assurde invenzioni lessicali ,per non rischiare di offendere le solite minoranze.

Questa America vittimista ,colpevolista , assolutamente acritica , sta distruggendo sé stessa promuovendo l’ignoranza e la dittatura delle minoranze.

Per difendere e risarcire le minoranze etniche e sessuali si sono inventato anche lo slogan del “Defund the police”, preso e applicato molto sul serio con risultati catastrofici finiti nell’impennarsi macroscopico dei reati.

Non ostante queste palesi follie il capitalismo continua a funzionare meglio in America che altrove, sembra dire Rampini, fino a quando però i giovani delle classi di età “formate” da un “sistema educativo” bacato come quello attuale, non saranno costrette a diventare la futura classe dirigente.

Libro di ottimo livello.














martedì 19 marzo 2024

Federico Fubini : L’oro e la patria. Storia di Niccolò Introna eroe dimenticato Ed. Mondadori – recensione

 





Tutti conosciamo Federico Fubini ,come principale firma del giornalismo di economia e finanza del Corriere, e quindi siamo abituati a vederlo, diciamo, più come tecnico, che come giornalista.

Risulta quindi una piacevole sorpresa trovarlo a cimentasi con l’abilità e il rigore, tipici dello storico, nella narrazione della vita professionale di questa molto singolare figura di integerrimo servitore dello stato, nel sofferto periodo del ventennio fascista ed appena dopo, circondato da colleghi altri burocrati e da una classe politica, tutt’altro che integerrimi.

Niccolò Introna per decenni ricoprì ,per intenderci, la posizione di vice Governatore della Banca d’Italia, anche se la figura specifica formalmente non esiste.

Lui alla fine comandava e garantiva la continuità dell’istituzione, semplicemente perché era il più preparato e il più capace per mandare avanti la baracca.

Era integerrimo, lo abbiamo detto, ma dotato di un un caratteraccio , troppo poco incline a quella “flessibilità” che sarebbe stata indispensabile per poter sedere sulla poltrona di vertice ,passando da Giolitti a Mussolini fino a De Gasperi.

Fubini ci dice che è riuscito a scrivere questo libro perché, per circostanze fortuite, ha avuto la ventura di poter consultare l’enorme e ordinata massa di appunti e di documenti, che l’Introna ha redatto e messo insieme con estrema puntigliosità per tutta la sua vita professionale.

La sua narrazione è quindi documentatissima.

Diciamolo subito, il libro è estremamente interessante e si lascia leggere molto bene, ma suscita due sentimenti del tutto contrastanti, e forse non poteva fare diversamente proprio perché è la specificità del personaggio Introna, che incarnava questo contrasto.

Voglio dire, che da una parte, c’è la piacevole scoperta di una figura ingiustamente sconosciuta di eccellenza di servitore dello stato e proprio e addirittura in quei tempi così travagliati.

Dall’altra, però, ci sono gli esponenti di una classe dirigente, che, anche se riuscì a volte a esprimere delle figure che emergevano per preparazione tecnica, nel complesso era composta da dirigenti divenuti tali, perché privilegiavano la cura del conformismo e del piatto servilismo, nei confronti del potere ,di qualsiasi orientamento fosse.

Tipico ed emblematico il caso del diretto superiore di Introna, per più lungo tempo, che ,a quanto risulta dalle carte, che abbiamo sopra accennate ,dava immediata disposizione di eseguire prelievi dal caveau della Banca d’Italia di quanto indicato in semplici bigliettini informali, che non si peritavano di indicare qualsiasi giustificazione,ma erano firmati : Mussolini, e questo bastava.

Introna, guarda caso, invece le pensava letteralmente tutte per cercare di evitare la spoliazione della Banca d’Italia da parte della famelica dirigenza del fascio.

Inutile dirlo, la parte più intrigante del libro e quella che riporta le vicende ,veramente romanzesche e rocambolesche ,che concernono le manovre messe in atto, in più tempi e modi diversi, dall’Introna stesso per evitare che i Nazisti si portassero via le intere riserve d’oro, custodite nei sotterranei di palazzo Koch in Via Nazionale, sede storica romana della Banca d’Italia.

Dal libro viene fuori la figura umana e professionale dell’Introna talmente tutta d’un pezzo, che sembra persino impossibile, che un personaggio del genere sia riuscito a portare avanti il suo lavoro per decenni.

Non stupisce che politici e colleghi lo temessero e non lo amassero, perché la sua stessa esistenza era per loro una condanna morale, sempre incombente.

Pure non stupisce che i dipendenti ,invece, lo amassero, perché erano nella posizione di capire benissimo quanto costasse la coerenza di quel dirigente.

Lascia invece molto l’amaro in bocca ,dover constatare quanto la tanto glorificata classe dirigente politica del dopoguerra non ne venga fuori poi così bene come la vulgata comune ce l’ha descritta costantemente.

La scelta, fatta allora, prima di non operare alcuna vera epurazione e poi addirittura di adottare una amnistia generale, sono state veramente frutto di saggezza?

E’ vero che una classe dirigente politica e sopratutto burocratica non si improvvisano, ma la continuità col fascismo se esaminata nei dettagli risulta veramente scioccante.

Se i lettori volessero approfondire non posso non ricordare i libri di Gianni Oliva e di Antonio Scurati, appena recensiti, l’uno il 23 febbraio sorso l’uno e gli altri due il 20 e 28 gennaio , su questo stesso sito.
























martedì 12 marzo 2024

Antonio Scurati : Il bambino che sognava la fine del mondo -Ed:Bompiani - Recensione

 



Beh , doveva succedere che a un certo momento mi capitasse di leggere un libro di un autore, che stimo molto, ma che proprio mi è piaciuto poco.

Ho conosciuto Scurati non dalle sue prime opere, come è per esempio il libro del quale stiamo parlando, ma dal favoloso “Il figlio del secolo”, il primo libro della trilogia su Mussolini, che mi era piaciuto enormemente per l’estrema abilità dell’autore di delineare non solo la figura del protagonista ma anche quella degli uomini e delle donne che gli giravano attorno e che purtroppo i manuali di storia tutt’al più accennano appena.

Anche se hanno fatto la storia di quel periodo, non meno del Capo.

La storia del fascismo in Italia è stata imbozzolata nel dogma dell’antifascismo, diventato istituzionale e con ciò ,lo studio di quel periodo è diventato politicamente scorretto, impedendo a chi è nato dopo di capire di cosa si sta parlando.

Scurati , “ca va sans dire” ,intellettuale progressista e antifascista, ha avuto il grosso merito di rompere i vecchi tabù riportandoci alla presenza dei personaggi storici e non delle loro figure mitizzate e spesso stravolte dall’ideologia.

Mi son permesso di fare questa premessa perché il libro in esame non c’entra niente col fascismo, ma richiama già alcuni parametri della costruzione letteraria di Scurati, nel senso che parla come di un romanzo di fatti che sono realmente avvenuti.

Autentici fattacci di nera, anzi ancora peggio che di nera, perché concernenti reati o meglio presunti reati ,di carattere sessuale.

Presunti reati di pederastia, che sarebbero stati commessi da maestre, addirittura con la complicità e la copertura di preti.

Sono fatti di cronaca non lontani nel tempo,dei quali all’epoca avevo sentito parlare, come tutti, ma che, confesso ,non ricordavo in modo chiaro, ma sopratutto non ricordavo che avevano sollevato un polverone mediatico enorme ma che ben presto si sono rivelati fondati sul nulla.

Il libro infatti, nelle ultime pagine, fa dire alla protagonista di tutta la storia , in veste di grande accusatrice ,in diretta televisiva, un bello e chiaro : “mi sono inventata tutto”.

Tutta la narrazione si svolge a Bergamo intorno a un fantomatico ente ecclesiastico per preti “disturbati”, anche da turbe sessuali, che si sarebbe trovato nel plurisecolare edificio del seminario vescovile di una delle città tradizionali baluardo (nei tempi andati) del cattolicesimo tradizionale, e che però non risultava raggiungibile.

Insomma ci sono tutti gli ingredienti per una storia che tocchi le corde più sensibili dei sentimenti più nobili e più infami dello spirito umano.

Scurati però, nella vita e nel romanzo, è un accademico esperto di comunicazione, particolarmente televisiva ed è portato a fare riflettere il lettore sulle capacità di manipolazione, se non addirittura di auto- manipolazione, della nostra mente ,proprio quando ci si ritrova di fronte a storie del genere.

Non ne nasce solo il fatto della immediata divisione fra colpevolisti e innocentisti, che si incaponiscono in modo fanatico nelle conclusioni che ritengono di trarre su quel poco o tanto che si riesce a conoscere.

Quando anche le persone più miti in certe circostanze diventano irriconoscibili estremisti bruciati dal fanatismo,

Scurati, in circostanze di questo tipo, spinge a ricercare i moventi dell’esplodere delle emozioni nelle neuroscienze ,anche se non ne fa esplicitamente menzione, così come nella trilogia su Mussolini, fa consciamente o meno riferimento alla psicologia delle folle.

Come è possibile che ci si infiammi per mandare, se fosse possibile, schiere di persone al rogo, se poi viene fuori ,che quello che sembrava una prova inconfutabile era tutta un invenzione .

Ecco ,l’argomento sembra fatto apposta perchè un abile romanziere ci vada a nuotare dentro.

Scurati è abile , ci sa fare e sa scrivere bene.

Ma in questo libro non mi convince se non in piccola parte.

Innanzi tutto, un soggetto di questa delicatezza, sinceramente mi sembra che sarebbe stato metabolizzato dal lettore in modo più consono se tutto si fosse ridotto alla metà o almeno ad un terzo in meno delle pagine usate.

La parte migliore del libro l’ho trovata invece, come si può evincere da quello detto sopra, dal descrivere e constatare quanto ci sia ancora misteriosa la nostra psiche ed il funzionamento di un cervello allo stesso tempo ultra-potente, ma anche responsabile di farci cadere in errori di valutazione catastrofici.