giovedì 29 dicembre 2016

Il “salvataggio delle banche” non vorrà mica dire salvare gli amici degli amici, che le hanno mandate al fallimento, perché non hanno restituito i lauti prestiti, loro accordati senza produrre alcuna garanzia?







Una delle tante narrazioni nelle quali si era prodotto con successo quell’intrigante affabulatore che è Matteo Renzi, era stata quella del “salvataggio delle banche, venduta come un intervento dello stato a favore del risparmio,, dei cittadini ,e sopratutto dei piccoli risparmiatori.
Banca Marche,Banca Etruria, Cariferrara e Carichieti hanno visto evitato il fallimento, ma sono state messe “in risoluzione” a fine 2015, cadendo in regime di bail-in (concorso dei sottoscrittori di azioni e obbligazioni bancarie nell’eventuale fallimento di una banca) in base alla normativa europea.

Quattro banche del centro-Italia sull’orlo del fallimento, alla fine dell’anno scorso sono “state salvate”

Sono diventate “Nuova” Banca Marche e così via per le altre tre ,in attesa di trovare un compratore per tutte quante.
Il valore di azioni ed obbligazioni subordinate sono però finiti a zero gabbando i numerosi sottoscrittori.

Nel “salvataggio” i sottoscrittori ci hanno rimesso, ma chi si è preso i prestiti e non li ha restituiti ?

Ma chissà perché si è parlato e si parla solo di questa faccia della medaglia, ma non si fa cenno all’altra faccia, quella degli amministratori di quelle banche che hanno portato i loro istituti al fallimento andandosene via, per lo più con laute liquidazioni, a ricompensa del brillante risultato produttivo della loro opera.
Quella, almeno, dei maggiori percettori di prestiti per cifre indecenti, concessi loro perché “amici degli amici”, per via di affiliazione partitica o massonica, e quindi senza bisogno che prestassero garanzie reali, corrispondenti all’importo del prestito, che poi non hanno saputo restituire mandando la banca in fallimento.
Quella dei vari collegi dei revisori dei conti, che hanno certificato regolarmente chissà quale “finanza creativa”.
Quella dei supervisori della Banca d’Italia e degli altri organismi di controllo che si sono limitati a qualche rilievo e raccomandazione generica, del tutto sproporzionate rispetto al disastro che vedevano e che incredibilmente sono rimasti tutti, dicasi tutti ai loro posti.
Si tratta di un buco, che, stante a quanto si riesce a fatica a rilevare dalla stampa (Panorama 6 ottobre 2016), si aggira in una bella cifra, che va dai 3 ai 5 miliardi di “crediti deteriorati”, non stiamo parlando di noccioline.
Per questo “salvataggio” sono stati spesi 3,6 miliardi, di cui due messi insieme da Banca Intesa,Unicredit e Ubi .
La perdita è quindi stata assorbita dalle maggiori banche italiane e dalle 130.000 famiglie di risparmiatori coinvolte, ma la cosa non è finita qui ,perché se non si trova un compratore a breve, si finisce in un tunnel con in fondo la liquidazione, cioè la dichiarazione di fallimento.

Come mai della faccia nascosta della medaglia non si parla mai?

Non sarà mica perché alla banche, “dominus” diretto in molti consigli di amministrazione dei giornali o indiretto nei confronti dei proprietari di giornali e Tv non garba farlo sapere, perché loro in questo sistema tutt’altro che trasparente , continuano a nuotarci dentro, col beneplacito della politica?
Siamo ridotti per l’ennesima volta a dover confidare nella sola magistratura, ultima ratio, e meno male che almeno c’è questa istituzione, pur col suo consueto passo da elefante.
Spiace per i tanti piccoli risparmiatori che sono rimasti scottati in investimenti sballati.

Fa rabbia vedere funzionari e impiegati di banca che si piegavano alle direttive truffaldine delle loro direzioni per propinare titoli ad altissimo rischio a piccoli risparmiatori incompetenti e analfabeti di finanza,

si veda, per chiarirsi le idee, la puntata di Report della Gabanelli del 17-10-16 (http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-3bfa7b8f-c813-4530-abaa-597c103d320a.html).
Però, caspita, non ci si spiega nemmeno perché tanta gente riponesse fiducia a scatola chiusa in prodotti finanziari così speculativi.
Il discorso “avevo fiducia, io non ci capisco niente di finanza” non è obiettivamente accettabile.
Potrei anche capire che ci caschi un anziano pensionato, ma che so io, un titolare di partita Iva, quando gli capita in negozio o in azienda, di routine, un qualunque rappresentante, firma gli ordini di approvvigionamento senza leggere le condizioni? Ma quando mai.
Ed allora perché firmare un contratto di acquisto di obbligazioni subordinate, senza leggere nulla, quando sicuramente quella dizione se pure criptica di “Tier 2” ,che identifica le subordinate c’era sicuramente scritta, bastava prendere in mano il telefonino che hanno tutti e digitare “Tier 2” su Googole, come quei sottoscrittori fanno tutti i giorni, per tante altre cose.
A questo punto si spera che nei programmi scolastici faccia la sua apparizione anche un po di educazione finanziaria di base.
Ma torniamo ai presunti “salvataggi” bancari, che sono quanto mai all’ordine del giorno, a causa della situazione delicatissima del Monte dei Paschi, ben più grosso dei quattro istituti dei quali si è parlato sopra.

Per “salvare” il Montepaschi il governicchio del conte Gentiloni vuole mettere le mani nelle nostre tasche ,invece di occuparsi di ben altre priorità

E qui stiamo molto ma molto peggio, perché l’approccio che sta avviando il governicchio in carica del conte Gentiloni, comporta il fatto che il governo medesimo metta le mani nei nostri portafogli per “salvare” quella banca, che la cricca che ha messo Gentiloni dove è , e cioè il PD, sopratutto nella sua componente ex PCI e diramazioni massoniche, ha portato al fallimento mettendoci a capo personaggi più che dubbi, che del resto erano stati messi lì per fare quello che poi hanno fatto e cioè rifornire di prestiti gli amici degli amici ,senza fare troppe domande sulle garanzie da prestare.
Fatto sta che per salvare il MPS lo stato ha già tirato fuori diversi miliardi in tempi diversi, senza risolvere assolutamente nulla.
Ora ci propongono, senza vergogna, un fondo addirittura di 20 miliardi, naturalmente a ulteriore debito, facendo imbufalire banchieri ed economisti tedeschi, che ci chiedono impietosamente come mai non abbiamo salvato le nostre banche usufruendo, come hanno fatto loro, dei soldi messi a disposizione della UE al tempo del governo Monti.
Se quelli come Monti sono il fior fiore dei tecnici dell’economia e della finanza, la prossima volta, per sistemare il bilancio dello stato, scassato dal Berlusconi di turno, chiameremo l’idraulico.
Luigi Zingales, economista di indiscusso livello, sul “Fatto” di ieri ha espresso un parere molto severo sulla sensatezza del fatto che lo stato italiano si imbarchi in un impegno finanziario così rilevante per “salvare” quella banca, che è un monumento al clientelismo e al dilettantismo di tutta una classe politica.
Forse non sono più prioritari, rivelava Zingales interventi per pagare i debiti dello stato alle imprese, per mettere a norma migliaia di scuole,per finanziare la ricerca?
Lo stesso Zingales rincarava la dose nella conclusione del suo intervento che è questa :per cominciare l’azionista stato dovrebbe pubblicare la lista dei primi cento debitori insolventi di MPS.
Perfetto, quella che sopra chiamavamo l’altra faccia della medaglia, va ,se pure in ritardo, resa pubblica, in pasto al pubblico ludibrio, insieme ai padrini politici di quelli che i prestiti li hanno accordati.

O cercare di ragionare con la propria testa è diventato “polpulismo”?

Sono insopportabili gli interventi televisivi dei vari Padovan ,a volte corroborati da banchieri assortiti, che ci dicono, come ai tempi di Renzi, che tutto è a posto, non corriamo alcun rischio, abbiamo previsto tutto, le nostre banche sono solide, anzi le più solide d’Europa.
Sono insopportabili perché non è affatto finita qui, dopo le quattro banche del Centro Italia, dopo il Montepaschi, c’è purtroppo dell’altro,basta andare a consultare il listino della Borsa di Milano per vedere l’elenco dei titoli bancari che perdono valore giorno dopo giorno e si scopre che non è finita qui.
C’è Unicredit , la seconda banca italiana, che non se la passa affatto bene e che per adesso l’ha scampata solo temporaneamente vendendo i gioielli di famiglia e annunciando un aumento di capitale vertiginoso, basterà?
Ci sono le venete, tredici banche in crisi secondo il viceDirettore del Corriere, Federico Fubini
C’è la Carige, in via di risanamento, ma non fuori pericolo?
C’è l’operazione della fusione delle Popolari che è stata interrotta da un intervento della magistratura contabile aumentando l’incertezza del settore.
Insomma c’è un terreno pieno di mine.
Evitiamo di dormire sonni tranquilli, perché anche la garanzia del fondo interbancario, che in caso di crak generalizzato dovrebbe garantire i nostri conti fino a 100.000 €, in realtà copre solo una certa percentuale dei risparmi e quindi se ci fosse la corsa agli sportelli, ti saluto garanzia!
E quindi diversificare , occhi aperti e ancora più aperti verso la politica.

Dovremo fare delle scelte, quando e se, si degneranno di lasciarci andare a votare, cominciamo a informarci per uscire dal pantano, almeno proviamoci.

mercoledì 21 dicembre 2016

I 5 Stelle portatori di speranze e incubi contemporaneamente, ma Roma è persa, si convincano





Prima sono gli unici che stravincono il referendum costituzionale, perché sono riusciti ad interpretare il sentire dei giovani e degli impoveriti dalla globalizzazione, più di qualsiasi altra forza politica, e poi naufragano sul caso Roma, a causa della perenne incapacità che dimostrano di darsi una catena di comando sensata e una struttura che butti finalmente alle ortiche buona parte delle originarie scempiaggini sulle quali avevano costruito il loro mito originario.

I 5Stelle rischiano di affondare trascinati dal peso insostenibile dei “miti originari”, che sono in gran arte pure scempiaggini

Come : uno conta uno; noi siamo portavoce e non delegati; decide tutto la consultazione del web (manovrata da un’azienda privata la Casaleggio e associati) ; noi non trattiamo con nessuno; noi facciamo tutto in streaming; noi restituiamo metà dello stipendio (perché far politica non costa niente?) ; il nostro è un partito non partito e abbiamo uno statuto non statuto, e via di seguito con in aggiunta la fobia della rendicontazione degli scontrini, caffè compreso.
Ora tutti hanno capito che i 5 Stelle “sono come gli altri” , non in senso spregiativo, cioè non nel senso che sono corrotti come gli altri, ma nel senso che dopo i primi anni di vita politica hanno compreso a loro spese , che in politica si va avanti con un sano e realistico riformismo e non si combina niente se invece ci si chiude a riccio in un disegno massimalista, come hanno fatto fino adesso.

Sono divisi in correnti organizzate e rancorose, per venirne fuori devono fare un congresso e scegliersi i capi

Ma che brutto spettacolo vedere a casa loro la divisione in fazioni bene inquadrate e rancorose a lottare ferocemente l’una contro l’altra : quelli dell’ ex direttorio, duri e puri, che rivendicano il ritorno alle origini; Di Maio che si presenta così bene in veste moderata e istituzionale, fatto apposta per essere candidato premer, che scivola però troppo spesso con giudizi che ne rivelano tutta la fragilità di un troppo giovane per quei ruoli, come quando ha appoggiato le scelte dei collaboratori da parte della Raggi a scatola chiusa, e senza fare verifiche sufficienti; un Di Battista movimentista e abile arringatore di folle; un Fico che potrebbe venire fuori come il terzo incomodo sopravanzando gli altri due; e le poche personalità venute fuori bene dalla campagna dei sindaci come la Appendino.
Va bene che i partiti, come si sono ridotti oggi, faranno schifo a tutti noi ed ai 5Stelle in particolare,
ma mi vogliono spiegare gli stessi 5 Stelle, come potranno mai mettere insieme una catena di comando riconosciuta senza fare un congresso vero, non una sceneggiata sul web, incontrollabile da nessuno, se non dalla Ditta Casaleggio?
Capiranno bene che non si può andare avanti con un Grillo, quasi settantenne, che probabilmente ha come unica aspettativa quella di tornare a fare il suo mestiere di uomo di teatro, che deve fare repentini ritorni sulle piazze e nelle istituzioni ,in veste di politico anomalo, come unico capo riconosciuto, per sopperire ai “casini”, combinati dai suoi bravi ragazzi, che sono cresciuti politicamente ,ma ancora non abbastanza.

Sul caso Raggi hanno usato due pesi e due misure, dimostrando assoluta incoerenza

Inutile rilevare che la gente ha accolto con disagio le palesi contraddizioni nelle prime reazioni agli arresti di Marra, da tempo definito come il braccio destro della Raggi, da lei scelto e difeso contro il parere contrario del Direttorio dei 5 Stelle , allora in funzione.
Si sa che quando si recita la parte degli incorruttibili ,ci si espone a un giudizio feroce degli avversari ,anche se si incorre in un peccatuccio veniale.
Ma la Raggi in soli tre mesi ne ha fatte tante che avrebbe dovuto avere il confessore al seguito, come facevano un tempo i nobili di maggior rango, per salvarsi la coscienza.
Anche se non ha tutti i torti Marco Travaglio quando nei suoi editoriali sottolinea il fatto che ormai i 5 Stelle sono il nemico da battere per qualsiasi altra forza politica, perché sono chiaramente l’unica alternativa al sistema che la gente giudica credibile.
Di conseguenza la parte più debole della catena 5Stelle, che è appunto la Raggi, deve sopportare, suo malgrado, una copertura mediatica costante e sproporzionata al suo ruolo, che fa si che quello che agli altri sindaci si perdonerebbe o non si rileverebbe affatto, se si tratta di un’azione riconducibile al Campidoglio, viene subito sbattuta in prima pagina.
Nella reazione del Movimento ai continui infortuni della Raggi c’è stato però un prevalente atteggiamento di questo tipo : succeda quello che succede, ma non possiamo perdere Roma.
E questo atteggiamento da “realpolitique” , può anche essere sensato, ma fa a pugni con “lo spirito originario” del Movimento stesso, in base al quale dovrebbe prevalere sempre la considerazione morale o moralistica su qualsiasi altra ragione.
In base allo “spirito originario del Movimento”, questi avrebbe dovuto “sbattere fuori” la Raggi “ritirando il simbolo” come si dice oggi, così facendo, si sarebbe salvaguardata la purezza assoluta del Movimento stesso.

Si rassegnino Roma è persa e per loro questo fatto potrebbe essere addirittura una fortuna

Non facendolo, Grillo ha fatto incorrere il Movimento in contraddizioni evidenti, perché con Pizzarotti e gli altri casi analighi si è seguito un metodo e con la Raggi no?
Perchè Roma è Roma, si dicono loro.
Benissimo, è vero, ma la contraddizione c’è lo stesso e la gente, elettori, militanti e simpatizzanti lo hanno avvertito.
Non attacchiamoci alle strette formalità giuridiche ,per rilevare che la Raggi non ha ancora ricevuto alcuna comunicazione giudiziaria, perché tutti sanno che la riceverà, per il fatto che sono stati sequestrati in Campidoglio atti amministrativi a lei riferibili e quindi la cosa è automatica.
Il sindaco di Napoli ,che dice di avere seguito con interesse le vicende capitoline, ha già invitato la Raggi a resistere, come ha fatto Pizzarotti, nel caso le arrivasse la comunicazione giudiziaria seguita dall’espulsione dal Movimento, per andare avanti, nel caso riuscisse a trascinare con sé gran parte del numerosissimo gruppo consiliare dei 5Stelle.
Per rispettare la volontà dell’elettorato, che ha eletto lei e non altri, per di più con un voto plebiscitario.
Ma questo ragionamento fa parte delle peggiori eresie, in base all’ortodossia dei 5 Stelle, che vorrebbero abolire la norma costituzionale, che stabilisce che il rappresentante del popolo venga eletto “senza vincoli di mandato”.
Brutta gatta da pelare per Grillo, meglio fare il puro come vorrebbe sicuramente la gran parte dei militanti e buttare fuori la Raggi o esercitare la realpolitique e difendere Roma a tutti i costi?
In questa seconda scelta ci sarebbe l’accettazione di una acquisita normalità per il Movimento 5 Stelle, che sarebbe interessante e forse anche salutare per il Movimento stesso.
Ma attenzione, perché la realtà probabilmente abita altrove, nel senso che una analisi fredda dei primi tre mesi della gestione Raggi, checché ne dica Travaglio, rileva comportamenti così disastrosi, da far pensare che, se tanto mi da tanto, il futuro non potrà essere diverso dalla reiterazione di una cantonata dietro l’altra, che si tradurrebbe nel passare da un’emergenza ad un’altra, trascinando nel discredito l’intero Movimento.
E quindi, mi chiedo, non è che proprio un soprassalto di realismo dovrebbe consigliare al vertice dei 5 Stelle a separare le sorti del Movimento dall’avventura politica della Raggi, rilevando che Roma è già persa?

Riconoscere di avere sbagliato candidatura per loro è come dover riconoscere che la sola scelta sul web è una cavolata, ma allora dovrebbero buttare fuori la Ditta Casaleggio

Capisco che la cosa brucia, perché sarebbe per loro riconoscere implicitamente il fallimento dei loro attuali metodi di selezione della classe politica, tramite web, dove sono ammessi solo gli iscritti certificati che sono notoriamente troppo pochi.
Ma il limite non è solo quello.
Nei partiti tradizionali si seguivano due criteri per selezionare i candidati delle assemblee elettive.
C’era un sistema per raccogliere le candidature proposte dalla base.
Ma poi questa rosa di candidati proposti dalla base, passava al vaglio della dirigenza, che vagliava anche i “titoli” dei candidati medesimi, magari vagliando più la loro capacità di portar voti, che non il loro curriculum “meritocratico”, e poi si cercava di bilanciare la rappresentatività delle varie categorie :maschi-femmine, classi di età, categorie professionali, quartieri coperti e dulcis in fundo, correnti di pensiero, eccetera.
I 5Stelle invece hanno invece condotto questo processo con la sola “fede” nel web, con un semplicismo assolutamente infantile e quindi senza preoccuparsi di agganciarsi alla realtà sociale e politica, che è complessa.
Se non superano questo infantilismo non si vede come possano evitare di liquefarsi.
Ma per loro è dura, perché dovrebbero rivedere completamente l’utilizzo del web, togliendolo dalle mani della Ditta Casaleggio, che fa parte del mito fondatore.
La vedo molto dura.

Ma non illudiamoci, la liquefazione del Movimento 5 Stelle potrebbe essere un disastro per il paese.

Dove si sposterebbero le già più che arrabbiate categorie che i 5Stelle rappresentano politicamente?
Da Salvini, viene da pensare.
Forse questa sarebbe la prima scelta, ma Salvini ha ereditato un partito volutamente localista e quindi riuscirebbe ad acquisire i consensi dei giovani e del Meridione in generale?
Si tratterebbe di un Salvini sempre meno Lega e sempre di più Front National della Lepen.
Forse, ma senza forse, meglio i 5Stelle, che però debbono uscire dalla loro palude.


giovedì 15 dicembre 2016

Un Renzi più arrogante che mai sfida gli italiani e il buon senso mandando avanti un governo impresentabile





Parlar male del governo Gentiloni, che poi non è altro che un Renzi bis, è fin troppo facile.
Il personaggio più discusso del “giglio magico” nel precedente governo, Maria Elena Boschi che invece di lasciare la politica, come aveva dichiarato in TV nel caso che al referendum avessero prevalso i no, chiede e ottiene addirittura la promozione a sottosegretario alla Presidenza, che è la poltrona più importante dopo quella del Premier.

per formare questo penoso governo hanno pensato a conservare il loro potere, non ai problemi degli italiani

Il Ministero degli esteri dato ad un Alfano, che notoriamente non parla inglese e che quindi non si capisce come possa cavarsela.
Una ex sindacalista dei chimici CGIL che, dicono i giornali millanterebbe nel suo curriculum una laurea mai presa, che viene messa addirittura alla Pubblica Istruzione, Università e Ricerca.
Galletti e De Vincenzo, che Travaglio chiama amabilmente mister trivelle, che rimangono e con Galletti ancora all’ambiente.
La relatrice della riforma costituzionale, disastrosamente bocciata dagli elettori, la Finocchiaro, fatta ministro nel ruolo chiave dei Rapporti col Parlamento.
E via di questo passo.

Gentiloni sarà perennemente sotto ricatto, ma chi glielo ha fatto fare di accettare?

Ma la cosa più umiliante è quel povero Gentiloni, quel mite rampollo di una augusta famiglia di marchesi marchigiani, ex Movimento Studentesco, ex direttore della principale rivista ambientalista italiana, ex assessore romano al Giubileo nella giunta Rutelli, ex perdente alle primarie per la carica di sindaco di Roma dietro a Marino, che accetta l’imposizione renziana di essere guardato a vista dalla Boschi e di dover accettare a scatola chiusa il peggio del governo precedente con Poletti (Job Act), Lorenzini (campagna per la natalità) e Madia (riforma della burocrazia, rispedita al mittente dagli organi di controllo perché illegittima) inclusi, oltre ai ministri citati sopra , senza riuscire nemmeno a fare entrare nella compagine governativa il suo vecchio amico e compagno di ambientalismo Ermete Realacci.
Ma chi glielo ha fatto fare di accettare di essere presidente del Consiglio di un governo impresentabile e per di più condannato a navigare a vista per lo strappo dei Verdiniani che lo terranno continuamente sotto ricatto ,pare su istigazione dello stesso macchiavellico Renzi.
Non bastasse una fonte di ricatto, se ne è aggiunta strada un’altra, col deflagrare dell’affare Vivendi, che ha terrorizzato un Berlusconi ,che vede da vicino il rischio concreto e imminente di essere sbattuto fuori completamente dalle sue aziende (se pure dietro compenso di un mare di soldi) , e Berlusconi era ed è notoriamente l’interlocutore privilegiato dei renziani per fare passare le leggi elettorali.
Cosa dovrà dare il povero Gentiloni a Verdini e i suoi e poi direttamente a Berlusconi?
Invece di tirare fuori soldi pubblici per salvare alcune banche, sarà costretto a fare cose impensabili per salvare l’italianità della Fininvest ?
C’è veramente da ridere.

Renzi ostenta distanza da questo governo, ora pensa solo a conservare una Segreteria dalla quale avrebbe dovuto dimettersi immediatamente dopo la rovinosa sconfitta elettorale

Ciliegina sul una torta, già abbastanza avvelenata , si è palesata una palesata una scarsa attenzione al governo da parte del patron di tutta l’operazione, quel Renzi, che non cessa di sottolineare , che si tratta di un governo a tempo, il tempo strettamente necessario a lui ,sempre più prigioniero di sogni di gloria che lo fanno vaneggiare, per cercare con tutti i mezzi di riprendersi in mano un partito che si è liquefatto da tempo.
Purtroppo il povero Gentiloni, dimostra da subito di essere uno con veramente poca spina dorsale, se accetta di mangiare ben diciannove rospi (diciotto ministri più la Boschi), senza ottenere in cambio alcuna contropartita.
Figuriamoci la Boschi e Luca Lotti, cioè i due “gigli magici” più fedeli, senza altra qualifica meritocratica, se c’era qualcuno che era sotto i riflettori erano loro, tutti sapevano che solo la loro uscita dal nuovo governo avrebbe dato quel segno di discontinuità che la gente voleva vedere per rendere quel nuovo governo appena appena almeno presentabile, e invece conservati e la Boschi addirittura promossa.
Insomma, in poche parole, Renzi con questo governo sfida la stragrande maggioranza di italiani che gli ha votato contro al referendum.
Nessuno ha sentito da lui nemmeno un flebile cenno di autocritica , un cenno di analisi dei risultati per individuare dove aveva sbagliato.
Al contrario ha ribadito che gli italiani non hanno voluto capire in quale guaio si sono cacciati votandogli contro.
E’ penoso doversi ricordare che nella prima repubblica ,che pure vegetava nel pantano con la durata media dei governi inferiore all’anno, i segretari nazionali del partitone di maggioranza, la DC, si dimettevano immediatamente dalla segreteria se alle elezioni perdevano anche solo lo zero e qualcosa per cento.
Renzi ha perso 60 a 40, ma non si è presentato dimissionario davanti alla direzione nazionale del suo partito.

Ecco qui c’è il marcio.

Mi spiace dover constatare che se può succedere una cosa del genere e cioè che il leader di un partito di maggioranza relativa, di fronte a un rovescio elettorale di dimensioni epocali, non si dimette e addirittura le sue minoranze interne non ne chiedono le dimissioni, allora è quell’istituzione partito che è diventata qualcosa di marcio, qualcosa che è degenerata e dalla quale va tolta la fiducia.
Ed ancora allora addio a un’epoca.
Altro che aver timore per i così detti partiti populisti.
Qui occorre prendere cognizione di una realtà amara e spiacevole ,per chi ha creduto all’indispensabilità dei partiti classici per salvaguardare la democrazia.
Qui gli eredi dell’ultimo partito tradizionale rimasto, il PD, con queste vicende hanno dimostrato di avere il più assoluto disprezzo per le più elementari regole democratiche e di anteporre i loro giochi di conservazione del potere a qualsiasi altro interesse, compreso quello pubblico.
Allora questa gente va riconosciuta come altamente pericolosa.

E allora per fortuna che c’è il Movimento 5 Stelle.

E per favore dopo avere visto il penoso livello del governo Gentiloni, ex Renzi, non si venga a dire che i 5Stelle sono dei  dilettanti inesperti.
Spettacolo poco edificante quello della grande stampa che ha accolto con non-chalance la serie di atti in dispregio della democrazia sopra elencati.
Si fa fatica a non rilevare che così dimostrano di essere sempre pronti a piegarsi nell’inchino al potere di turno quale che sia, nascondendosi dietro alla finzione che occorreva un governo “nel pieno dei poteri” per difendere il paese a Bruxelles ed ospitare i capi di governo stranieri al prossimo G7 a Taormina in maggio.
Si, con Alfano che non è in grado di avere un colloquio riservato con nessuno, perché non parla inglese.
Siamo alla solita deprecabile solfa della “stabilità” prima di tutto di “napoletanesca” memoria, che coniuga in tutte le salse immaginabili la parola stabilità, per evitare di declinare la parola elezioni.
Naturalmente hanno brindato le borse il dio mercato al quale degli italiani non potrebbe importare di meno se non dover per non essere costretti a fare calcoli complessi se un governo c’è e dura per i “traders” piccoli, grandi e grandissimi.

Le elezioni non si faranno.

Perchè prima bisogna spettare la sentenza della Consulta il 24 gennaio.
Poi bisognerà interpretare quello che la Consulta avrà detto.
A questo punto bisognerà studiarsi una strategia su quale tipo di legge elettorale adottare ,tenendo ben conto che il Presidente Mattarella ha già esternato, del resto più che correttamente, che si dovrà armonizzare la legge elettorale per la Camera con quella per il Senato, e solo lui ha il potere di sciogliere le camere.
Questi avvenimenti costringeranno Movimento 5Stelle, Lega,Fratelli d’Italia e transfughi vari a convergere per adottare una strategia comune, per trovare i voti necessari, e il PD già mezzo liquefatto, rimarrà a guardare facendo manovre su manovre, girando a vuoto e liquefacendosi del tutto.
Sperando solo che la gente non prenda la cattiva abitudine di andare a scaricare la propria rabbia in piazza.








lunedì 5 dicembre 2016

Gli italiani alle urne hanno bocciato pesantemente Renzi, ma adesso al suo posto chi vogliono e cosa vogliono?



Confesso che in controtendenza rispetto ai sondaggi davo per certa la vittoria dei si al referendum costituzionale, perché ero convinto che i nostri connazionali si sarebbero comportati come nel passato quando messi di fronte ad una scelta radicale, hanno sempre avuto paura del “salto nel buio”.
Poi mi sembrava che Renzi avrebbe potuto interpretare la parte se non dell’uomo forte, almeno quella del decisionista determinato, due figure che vanno molto attualmente nelle preferenze della gente nel mondo.

Mi sono sbagliato, gli italiani hanno fatto sapere in modo inequivocabile di non ritenere Renzi credibile né come rinnovatore, né come uomo forte.

La cosa mi sorprende parecchio perché pur essendo lo stesso Renzi un tipo di politico che non ho mai amato per la sua mancanza totale di “visione” a lungo periodo e il suo difetto intrinseco di vivere alla giornata, cambiando programma a seconda delle circostanze politiche, lo avevo visto spendersi con una passione e una capacità dialettica rimarchevoli, anche se l’una e l’altra non sono qualità sufficienti per fare di un politico efficiente, un vero statista.
Fatto sta che lui ha perso ed ha perso veramente male, venti punti di scarto sono un’enormità e poi con una partecipazione del 70% degli elettori.

Ma chi ha vinto?

Bersani e D’Alema, le vecchie cariatidi del vecchio PCI?
Ma no, questi non essendo scemi, sanno di essere al capolinea, hanno avuto l’occasione di scaricare su Renzi i propri rancori per essere stati messi da parte, e ne hanno approfittato, tutto qui.
Salvini con la Meloni a ruota?
Penso proprio di no , perché per contare in politica ci vogliono i numeri e loro proprio non ce li hanno.
Un penoso Berlusconi, che sta in piedi perché non tira vento, in un partito che dal 40% delle origini si è liquefatto all’11 si e no?

E’ chiaro che hanno vinto pur fra le foro stramberie Grillo, Casaleggio, DiMaio e DiBattista

che navigano ormai da anni oltre il 30% anche quando vengono lambiti da piccoli scandali e scontano a volte in modo incredibile la impreparazione della loro giovane classe politica.
Loro hanno i numeri per aspirare al governo del paese, gli altri no e di questo il Presidente Mattarella sarà costretto a tenere buon conto.
Il 60% dei voti espressi contro un governo in carica è un voto radicale, per chiedere un cambiamento radicale, questa considerazione sembra difficile da contraddire.
Stando così le cose il primo problema che si presenta deriva dal fatto che i vincitori veri (5Stelle) ma anche quelli a ruota (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia) sono per lo meno euro-scettici e questo a Bruxelles lo sanno e questo i Nordici temevano come la peste.
E’ quindi più che probabile che il rigorismo condiviso dai nordici, unito ai loro pregiudizi mai sopiti nei confronti della nostra tendenza nazionale al lassismo, pressapochismo ecc. ne approfittino per sparaci a pallettoni colpendoci dove siamo deboli o debolissimi e cioè in una parte di un sistema bancario bacato da una governance alla Totò, una sorveglianza ancora più risibile, e un mare di sofferenze (crediti inesigibili).
In questo campo Renzi ha tergiversato colpevolmente troppo a lungo spaventato dal solo termine di “nazionalizzazione”.
Ha fatto il galletto contro l’austerità propinata dalla Commissione negli ultimi tempi, ma probabilmente troppo tardi per essere credibile.
Tutti sanno che le sparkassen, le casse di risparmio locali della Germania stanno allo stesso modo, e sono state governate anche loro in modo antieconomico per eccesso di politica nei loro consigli di amministrazione, ma la Germania abbiamo lasciato che diventasse troppo più forte di noi e su di lei i suoi satelliti Nordici chiudono gli occhi.

La prima grana del dopo Renzi sarà quindi probabilmente una crisi bancaria molto seria.

Il presidente Mattarella lo sa e non per caso il primo nome che si fa per la successione immediata a Renzi è quella di Padovan, figura tecnica piuttosto grigia, ma che ha dimostrato di riuscire a sopportare l’arroganza di Renzi per un periodo lungo e questo è già un merito.
Padovan però è un tecnocrate come quelli di Bruxelles che va bene per evitare l’apocalisse nell’immediato, ma non è certo l’uomo capace di andare a Bruxelles a picchiare i pugni sul tavolo, per queste mansioni ci vuole un politico vero, che però non potremo avere se non dopo le elezioni presumibilmente a primavera.
Inutile contarci delle favole adesso occorre evitare che si formi una valanga di concause che ci cacci in una situazione alla greca con la Troika o chi per essa che venga ad imporci tagli su tagli e svendite su svendite per mettere il nostro apparato industriale ancora più in basso rispetto a quello tedesco.

In una situazione del genere se si guarda al passato, la cosa da temere di più è il trascorrere del tempo senza far niente.

Pensiamo alla improvvida gestione delle crisi che ha esercitato più volte il presidente emerito Napolitano, quando prendeva in considerazione tutto, ma mai le elezioni,creando una fila di situazioni anomale di presidenti del consiglio non eletti.
Tergiversare per rimandare le elezioni sarebbe un disastro, ma ci giocheranno dentro tutti i partitini che sanno che il loro brodo di cultura è una legge elettorale proporzionale e per mandare avanti quella faranno di tutto facendo perdere tempo.
Bisogna fare presto, perché se si ci si mette nelle condizioni di subire l’invio in Italia della famosa Troika europea, il popolo che ha votato contro Renzi al 60% andrebbe in piazza ed allora si che si rischierebbe il disastro.
E Renzi?
Renzi per nostra sfortuna ha ancora i numeri all’interno del PD e in parlamento, sufficienti per tentare un altro giro di boa, ma guai se non capisse che chi gli ha votato contro in massa non lo tollererebbe
.

Ora tocca al presidente Mattarella, speriamo che non sia un Napolitano.

giovedì 1 dicembre 2016

Profughi,profughi continuano ad arrivare e non c’è una vera politica per l’immigrazione





Tre giorni fa il Ministero dell’Interno ha comunicato che fino a quasi fine novembre 2016 erano arrivati in Italia 171.299 immigrati, contro 153.842 arrivati nel 2015 e 170.100 arrivati nel 2014.
Si è quindi già battuto largamente ogni record.
I centri di accoglienza nelle varie denominazioni ne ospitano 176.700 e sono ormai al limite.
L’Italia si è distinta nella generosità nei salvataggi in mare e poi nell’ospitalità vera e propria e di questo non c’è certo da vergognarsi, anche se, diciamocelo chiaramente ,si tratta di una generosità alla quale siamo costretti dalla conformazione fisica del nostro paese, che conta ben oltre 8.000 kilometri di coste (3.000 più della Spagna) e su 8.000 km di coste, anche se volessimo, non potremmo costruire alcun muro.

è esorbitante il numero record di profughi sbarcato in questo anno, ma è ancora più viva la percezione della gente che si sente defraudata o minacciata da numeri così imponenti

Però tutti sappiamo che al di là dei numeri, che già sono eloquenti, c’è il problema della percezione da parte della nostra gente, che vede l’arrivo improvviso di tante persone da paesi con culture molto diverse dalla nostra, come una minaccia che fa crescere il senso di insicurezza, aggravato dalla crisi economica che sopportiamo già da troppi anni.
Non possiamo costruire muri, ma usare un po’ di buon senso, questo lo possiamo fare.
Teniamo conto che i numeri sopra riportati , già allarmanti di per sé, acquistano un significato completamente diverso se teniamo conto del fatto che i nostri partner europei, per ragioni loro, hanno chiaramente manifestato la volontà di finirla qui, nel senso che non assorbiranno null’altro che una piccola o piccolissima parte degli immigrati che si trovano oggi in Italia.
E quindi dobbiamo tenerceli.
E’ un problema enorme che colpevolmente non viene valutato dalla politica nella sua gravità.

noi siamo un paese che ha una ampia fascia di popolazione con gravi problemi di reddito e quindi è dubbio che sia sensato permettersi di accogliere senza imporre dei limiti

Noi siamo un paese nel quale ci sono 8.307.000 (13,8%) italiani che vivono in condizioni di povertà relativa e 4.578.000 (7,6%) che vivono in condizioni di povertà assoluta.
L’Istat calcola la povertà relativa sulla base della soglia di spesa di 1.050 Euro al mese per i consumi di una famiglia di due persone, mentre la soglia di povertà assoluta è calcolata in rapporto al reddito disponibile per bisogni essenziali differenziata per zona ad es. per un single 819 in una metropoli del Nord,734 per un piccolo comune al Nord, 552 per piccolo comune del Meridione.
Il 64% dei pensionati percepisce una pensione inferiore a 740 €.
Nel Meridione oltre il 50% della popolazione femminile non lavora.
I giovani disoccupati sono oltre il 40 % ,poi ci sono quelli che non cercano lavoro e quindi non percepiscono reddito.
Il tasso di disoccupazione generale viaggia intorno al 12%.
Con questa fotografia di redditieri ci possiamo permettere tanta generosità?

accogliere immigrati non è un'operazione caritatevole a costo zero

Che si tratta di generosità è presto dimostrato se snoccioliamo due cifre.
Teniamo conto che lo stato eroga 1.000 € al mese per ogni immigrato ospitato, offre l’erogazione dei servizi sanitari agli immigrati come ai cittadini italiani (basta fare un giro al pronto soccorso di un ospedale qualsiasi per chiarirsi le idee), offre l’accesso alle nostre istituzione scolastiche a tutti gli immigrati, come ai cittadini italiani.
E sopratutto obbliga a erogare salari e stipendi agli immigrati che vengono assunti seguendo le cifre previste dai contratti nazionali di lavoro.
D’accordo che ci sono anche i fondi europei che l’Italia riceve per sopperire a parte dei costi causati dall’immigrazione, ma quand’anche i conti tornassero e non tornano, siamo da etichettare come insensibili populisti se lasciamo penetrare nella nostra mente il pensiero : prima provvediamo a risolvere i problemi presenti per gli italiani e poi dopo occupiamoci di quelli degli immigrati ?
Che spaventa e forse non ci spaventa abbastanza è l’incapacità della politica a elaborare e proporci una qualsiasi strategia in materia a lungo periodo.
Vediamo il Ministro dell’Interno sudare per evitare che le prefetture rifilino immigrati a sindaci o presidenti di regione che non ne vogliono sapere, e sindaci che hanno già dato e che non sanno più dove metterne di immigrati che farfugliano di usare le caserme vuote, senza pensare ai costi spropositati che comporta la messa in funzione di strutture dismesse da tempo, tanto per superare la confusione che viene anche a loro, con il susseguirsi di continue emergenze.
Bisogna fare altro e cioè elaborare e discutere un piano a medio-lungo periodo, che però è obiettivamente difficile da mettere insieme in una situazione di futuro incerto, sopratutto sul fronte dell’economia.

manca totalmente una politica per l'immigrazione ed in ogni caso occorre con i numeri presenti di disoccupati nostri e di immigrati pervenuti un gigantesco piano di opere pubbliche, che ne assorba quanti più possibile

Ma anche andando a spanne, in sede di prima approssimazione non vedo altra possibilità che elaborare un grosso piano di lavori pubblici per mettere mano alla messa in sicurezza sismica e idrogeologica del paese , da sommare alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, ai beni culturali e paesaggistici.
A costo di rischiare di prendermi del fascista o del leghista, non vedo come non si possa proporre che in un gigantesco piano del genere si impieghino con priorità i nostri giovani e i nostri disoccupati e poi gli immigrati con salari differenziati, come fa la Merkel, santificata per la sua generosità, che però risulta essere molto ben calcolata, se si va a vedere.
Con l’occasione, perché non ristabilire le “gabbie salariali” ,improvvidamente superate da un sindacalismo accecato dall’ideologia fra il 1969 e il 1972 ?
Perché non ha senso non tenere conto dell’enorme differenza che c’è fra il costo della vita a Milano ed a Napoli o Palermo o Catania o Paternò.
E nel frattempo si usi un po’ di buon senso e di fermezza, magari andando a vedere cosa ha fatto la Spagna, per cercare un paese in condizioni non molto dissimili dalle nostre, che per un po’ ha preso e poi, visto che aveva abbastanza problemi suoi, ha di fatto chiuso all’immigrazione.
Attualmente più che comportarci generosamente facciamo ridere per il nostro lassismo.
L’immigrato arriva ormai quasi solo per mare.
La nostra marina coordina le operazioni con le altre marine dell’Unione Europea e arrivando fino ai limite delle acque territoriali del Maghreb, ma sopratutto della Libia, monitora il traffico e in pratica carica a bordo pressoché tutti.
Già questo fatto è molto discutibile che mezzi inglesi, francesi o di altri paesi UE, oltre ai nostri, carichino tutti e poi i li sbarchino tutti solo e unicamente in Italia.
Arrivati a terra comincia il confronto con il nostro sistema burocratico e giudiziario costretto ad essere sordo,cieco e muto nei riguardi del più elementare buon senso a causa delle disfunzionalità del sistema Italia.

l'assurdo iter burocratico per accordare o rifiutare l'asilo, che ci costringe a mantenere per almeno tre anni numeri insensati di presunti profughi

Primo problema gli immigrati devono farsi riconoscere,cioè identificare.
Qui si combatte con problemi obiettivi perché si tratta di “sans papier” senza carte di identità.
Fossimo fra europei sarebbe possibile un riscontro in tempo reale col paese indicato, ma in questa situazione siamo di fronte a cittadini di paesi che magari hanno problemi perfino coi censimenti, oltre che con le iscrizioni all’anagrafe, e quand’anche il cittadino del tale stato africano sia identificabile per fare una verifica ci vuole un tempo insensatamente lungo e sopratutto ci vuole la volontà di collaborare del paese indicato dall’immigrato come suo, collaborazione essenziale nel caso il proseguimento della procedura ci imponga di restituire l’immigrato al paese di origine.
E quindi ci vogliono accordi stipulati con quei paesi, che ci sono solo in parte.
L’immigrato, è dimostrato che nella quasi totalità dei casi, è completamente disinformato, nel senso che non è a conoscenza dell’essenziale e cioè che i paesi al di là delle Alpi, dove vorrebbe andare non lo vuole più ricevere e che quindi sarà costretto a rimanere in Italia, oltretutto, suo malgrado e questo è paradossale.
Si comincia quindi veramente male.
Ma l’identificazione fisica è solo una parte del problema, perché la condizione che determina il tipo di trattamento che troverà l’immigrato è la sua condizione di profugo, cioè di richiedente asilo se ne ha i requisiti o meno, cioè se è fuggito dal suo paese perché in guerra o se può dimostrare di essere un rifugiato politico, in quanto perseguitato nel suo paese per le sue opinioni politiche.
Se non ha i requisiti per vedersi riconosciuta la qualifica di profugo al quale accordare asilo, si ritrova classificato come “immigrato economico”, cioè uno che viene in Europa solo perché qui si sta meglio che nel suo paese di origine, e in questo caso, in base alle leggi vigenti, dovrebbe essere riconosciuto come “clandestino” e quindi destinatario di un foglio di via e cioè da riportare nel suo paese di origine.
Poco meno della metà dei richiedenti asilo vengono riconosciuti come “non aventi diritto” e quindi saranno imbarcati e restituiti ai paesi di origine?
Ma certo che no, perché in Italia siamo garantisti all’assurdo e quindi una volta che le Commissioni territoriali prefettizie hanno respinto la richiesta di asilo, l’immigrato non diventa clandestino perché gli si apre la facoltà, che eserciterà quasi sempre, perché imboccato dalle Onlus che lo supportano, di fare ricorso.
Nell’anno in corso e fino al 30 settembre hanno chiesto asilo 70.000 profughi e 49.000 richieste (63%) sono state respinte per mancanza di requisiti.
Gli interessati ricorrono al tribunale civile, già ultra- intasato dalle nostre normali cause, che come è noto arrivano in porto in media dopo ben 8 anni.
Negli altri paesi europei i richiedenti asilo che vedono respinta l’istanza possono ricorrere non al tribunale civile, ma a un funzionario della medesima struttura prefettizia,, che decide in tempi dell’ordine di un paio di settimane, dopo di che l’iter è finito.

quanto meno ci vorrebbero norme apposite anche per regolamentare i ricorsi


Da noi invece nessuna norma prevede una corsia apposita per questi ricorsi e quindi si finisce assurdamente al tribunale civile, dove il richiedente asilo ha diritto ad appellarsi ancora in secondo grado, assistito da un avvocato d’ufficio che percepisce 900 € in primo grado e 1.200 in secondo grado, più le normali spese giudiziarie, tutte a carico del contribuente italiano.
In primo grado i tempi medi sono di 10 mesi, in secondo grado un mese in più e poi naturalmente c’è sempre la possibilità del ricorso in Cassazione e così si va aventi per tre anni buoni, con i ricorrenti a carico dello stato Italiano (1.000 € al mese più sanità ,istruzione, eccetera).
E’ una vera follia al limite del ridicolo se si pensano alle condizioni di necessità nelle quali versa una fascia così ampia della nostra popolazione, come si è descritto all’inizio.
Nella quasi totalità dei casi i tribunali confermano il no della commissione prefettizia.
La cosa più assurda è che non finisce qui, perché riferisce il servizio in proposito di Panorama nel numero del 16 novembre scorso, molti richiedenti che si sono visti respinti i ricorsi, si ripresentano con un altro nome per fare ricominciare la giostra a spese nostre.
Sappiamo già tutti che in Italia il numero effettivo di respingimenti realizzati è insensatamente piccolo rispetto a coloro che a causa del no ricevuto alla richiesta d’asilo sono diventati ufficialmente “clandestini” oltre a quelli che clandestini erano già in quanto semplici “migranti per motivi economici”.

per carenze della normativa e degli organi preposti non abbiamo elenchi credibili degli immigrati clandestini presenti in Italia e questa sì che è una minaccia all'ordine pubblico

Coloro che hanno ricevuto un ordine di espulsione sono stati 27.000 nel 2015 in Italia, contro gli oltre 100.000 della Grecia, gli 80.000 della Francia, i 70.000 del Regno Unito, i 50.000 della Germania, anche se la meda europea di coloro che, ricevuto l’ordine di espulsione, se ne sono veramente andati è solo del 36% .
La cosa più preoccupante è che se le cifre sono quelle sopra riportate, significa che se l’Italia risulta avere emesso così pochi ordine di espulsione, questo specularmente significa che coloro che sono registrati in Italia come clandestini ufficiali, sono un numero insignificante rispetto alla realtà a causa delle carenze degli organi burocratici preposti alla loro identificazione ed alle procedure di legge che li regolano.
I richiedenti asilo rifiutati, dovrebbero almeno pareggiare il numero di coloro che hanno ricevuto un ordine di espulsione, se non è così è perché evidentemente gli organi preposti non sono abituati ad incrociare i dati, diversamente i conti tornerebbero.
Il risultato è che quindi nelle nostre strade circola un numero elevatissimo di clandestini effettivi, che non hanno un nome conosciuto dalle autorità e dalle istituzioni.
Questo è un problema di sicurezza gravissimo, e infatti non per niente le statistiche carcerarie ci confermano che gli immigrati delinquono 6 volte di più degli italiani.

In conclusione il problema non è demonizzare l’immigrato per partito preso, ma semplicemente darsi una politica che coniughi esigenze umanitarie e compatibilità di accoglienza rispetto alle ristrettezze che il paese ha già in una fascia così ampia della sua popolazione, che dovrebbe essere accudita dallo stato in via prioritaria, diversamente il patto sociale più elementare va a farsi benedire.