giovedì 28 agosto 2014

Papa Francesco , la giustificazione  ad  intervenire militarmente  contro un'aggressione e l'Onu



I mezzi di informazione hanno molto enfatizzato la dichiarazione del Papa sulla liceità di un intervento militare volto a contrastare un aggressione ingiusta, con la precisazione che la valutazione della opportunità dell'intervento non debba essere lasciata a un singolo stato, ma debba invece essere deliberata in sede Onu.
Papa Francesco continua a stupire per la costanza dei suoi interventi innovativi, rispetto a quelli dei suoi predecessori e anche per questo gode di una larga copertura mediatica, ma in questo caso realmente non c'è niente di nuovo.
Infatti quella sua dichiarazione rispecchia perfettamente la linea sancita dal Vaticano II e dal magistero sociale sopratutto di Papa Montini.
Forse nell'immaginario collettivo, il cittadino medio, dopo aver visto sventolare per lunghi periodi le bandiere arcobaleno della pace, si era fatta l'idea, che la linea della chiesa fosse quella del pacifismo assoluto, quello  senza se e senza ma.
In realtà però non è mai stato così.
Se il messaggio evangelico nel suo insieme è realmente portatore di un ideale teso al  pacifismo e alla non violenza, la tradizione e la storia della chiesa sono stati per secoli e secoli tutt'altro che pacifisti, e questo, fino all'altro ieri.
Se poi qualcuno volesse documentarsi ed andare a cercare lumi in materia nel Vecchio Testamento, ne uscirebbe quantomeno sconvolto, se pensava di trovarci incitazioni al pacifismo e alla non  violenza.
La Bibbia infatti ha numerosi passi sulla guerra, semplicemente terribili, e niente affatto dissimili dai fondamenti culturali degli odierni Jihadisti.
Certo che non vengono letti a corredo delle liturgie, ma questi passi indigeribili ci sono, sono numerosi  e pesano.
Come al solito, in questa materia, i biblisti di punta allineati alla curia romana, che vogliono salvare capra e cavoli, finiscono per prodursi in argomentazioni puerili, se non in aperta malafede, approfittando del fatto che i fedeli, nella grandissima maggioranza, non hanno nemmeno mai letto la Bibbia,  né mai lo faranno.
Figuriamoci  poi,  se non avendola mai letta, possono avere nozioni di ermeneutica, indispensabili per distinguere il grano dal loglio nel corso di quelle letture.
Ed allora,di fronte ai passi scomodi, i biblisti ufficiali ci dicono :" ma lo dovreste sapere che la Bibbia non è da prendersi alla lettera e che non è nemmeno un libro di storia. Bisogna contestualizzare il racconto, cioè fare ermeneutica".
Benissimo, ma allora perché le liturgie corrente continuano a ripetere una asserzione completamente incompatibile con questi discorsi proclamando i testi biblici :  "parola di dio".
O "parola di dio" è solo quello che fa comodo?  
Non è un po' umiliante per il dio ritenuto autore -ispiratore di quei testi un ruolo così limitato dalle convenienze?
Si è mai visto un dio che si sbaglia e su argomenti basilari come la guerra, la pace, la vita e la morte?
Meglio sarebbe finirla con la proclamazione della "parola di dio" e definire la Bibbia per quello che è :
-  o, secondo la critica storica, un racconto assemblato per scopi politici e non religiosi e cioè per creare il mito del grande regno del Nord di Israele, potenza di riferimento nella zona (cosa che tra l'altro costituisce  un accertato falso storico) ;
- o, secondo il buon senso, lasciando le sue narrazioni e affermazioni al rango si semplici metafore, che raccolgono una sintesi della saggezza medio orientale dell'epoca.
Tanto, man in mano, che la gente acquisisce un più alto livello di scolarizzazione e di cultura, arriverà comunque a scoprire queste cose, sia che la chiesa adotti una visione della Bibbia più sensata o che rimanga fissa su questi anacronismi fissandosi sull'affermazione che i testi biblici sarebbero  "parola di dio".
Gli autori della patristica cristiana, primi commentatori e divulgatori dei testi definiti come sacri (a cui raccolta è stata definita solo nel 4 secolo da Ireneo) non avevano alcuna inclinazione per il pacifismo e, meno che meno, per la non violenza.
Anzi, Sant'Agostino, nella sua monumentale opera, diretta alla confutazione delle presunte eresie ariane e
manichee,   era del parere che un eretico morto fosse meglio per la chiesa che un eretico vivo e che quindi per difendere l'unità e l'autorità della chiesa fosse lecito praticare la violenza anche su larga scala.
Sono poi seguite le violenze sistematiche contro chi la pensava diversamente o si riteneva che la pensasse diversamente, le guerre di religione , l' inquisizione, il colonialismo, l'antisemitismo e via con il libro nero del cristianesimo.
Fanno perfino tenerezza quei fedeli, che per consolidare la propria fede, basata su nessun approfondimento né dei testi, né della teologia o della storia,  si consolano affermando :"  se la chiesa è durata due mila anni, una ragione ci sarà pure" , sottendendo l'aiuto sovrannaturale di dio.
Evidentemente ignorano, o fingono di non sapere, che per quei duemila anni la chiesa si è fondata sulla spada, di buon grado fornita dal potere temporale, per acquisire in cambio l'appoggio formidabile della chiesa in veste di controllore delle coscienze  ,minuzioso e territorialmente diffuso universalmente, a sostegno del suo potere.
Qualsiasi  movimento sarebbe durato con l'assistenza del potere temporale rappresentato da forze armate e da tribunali .
Avanti di questo passo si arriva alle ambiguità di Pio XII verso il razzismo ed il nazismo, cioè all'altro ieri.
La cesura rispetto al passato è venuta solo col Vaticano II e con Paolo VI.
Papa Woitila, il più politico dei papi contemporanei, ha tenuto un atteggiamento ambivalente, favorevole all'intervento militare "umanitario" in Bosnia, ma contrarissimo a quello di Bush in Iraq, ovviamente non per grandi ragioni di principio, ma perché  Saddam Hussein, risultava essere un affidabile difensore della comunità cristiana in Iraq, che infatti gli era molto fedele.
Papa Ratzinger in materia di dottrina sociale ha solo riproposto quella elaborata dai suoi predecessori.
L'uscita di Papa Francesco su questi argomenti, come si diceva, è stata accolta come una novità, forse perché ,  si è abituati alle sue coraggiose sorprese e   perché  la gente,  istintivamente, equipara il messaggio evangelico a un messaggio di pace e di non violenza.
Invece, singolarmente, quella dichiarazione papale è stata ripresa e sottolineata, con soddisfazione, sopratutto dalla stampa "di destra",  che vi ha letto una sconfessione del pacifismo cattolico più radicale ed ingenuo.
La forte copertura mediatica alle posizioni papali è stata dovuta anche,  probabilmente, dal fatto che nel panorama politico attuale, in Occidente, di leader carismatici o di qualche reale consistenza, se ne vedono ben pochi e quindi questo Papa, al quale non manca nè carisma, nè carattere, finisce per essere percepito come il leader mondiale più solido e quindi è ben ascoltato sopratutto sui temi cruciale di guerra e pace.
Il papa quindi ha senz'altro fatto bene a parlare come ha parlato.
Vanno però tenuti ben presenti i limiti di quello che dice un papa, esponendo principi generali, in un campo, che è assolutamente proprio  della politica.
Il principio esposto dal papa è sano, e quindi meritava di essere ribadito, anche perché si accorda, fino a sovrapporsi, al migliore pensiero laico in materia, che è per esempio quello elaborato da Emmanuel Kant, e che quindi si rivolge a una platea ben più vasta di quella cattolica.
Il problema, e in qualche misura la debolezza intrinseca di quella presa di posizione, consiste nel fatto che un principio generale va poi calato nella realtà contingente dalla politica,  basandosi su analisi e considerazioni, le più varie come : convenienza in base ai propri interessi nazionali o strategici, posizione dell'opinione pubblica interna e nella zona, situazione geopolitica, risvolti economici, eccetera.
In questi ambiti, il papa non può e non deve entrare e infatti non ci entra.
Un altra debolezza intrinseca risiede nel fatto che il ricorso all'Onu, sacrosanto sulla base dei principi, è di esito  non sempre prevedibile, potrebbe condurre, come conduce spesso, a un nulla di fatto, quando sul campo l'azione dovrebbe essere immediata, per avere un qualche effetto.
Comunque, sottolineate le debolezza, ben venga un papa che dica alla gente come è opportuno comportarsi , per essere considerati civili, sopratutto se non lo dice nessun altro, e se l'asserto è ben presente nella morale laica, forse ancor più che in quella cattolica.
Si tenga anche presente che la parte di maggior peso nella dichiarazione del papa è proprio nell'indicazione dell'Onu, come la sede competente per autorizzare un intervento militare.
Come si è detto, questo principio non è cattolico, ma è, anche storicamente, uno dei  prodotti  migliori delle filosofie illuministe e quindi, come tale, ha sempre suscitato  grandi diffidenze e mal di pancia nella curia vaticana, sia per la sua non sintonia con la tradizione cattolica, sia per il fatto elementare, che il Vaticano è presente nelle varie branchie nelle quali è strutturata questa organizzazione internazionale,  sia pure come osservatore e non come membro, ma i suoi punti di vista, regolarmente espressi e pubblicizzati, sono  quasi sempre contraddetti , nelle votazioni, che in quelle sedi hanno luogo, a causa delle sue anacronistiche posizioni, principalmente nei campi dei costumi sessuali  e sulle questioni della bioetica e della libertà di ricerca scientifica.
Quindi, non è affatto pacifico e consequenziale che un papa sia un fan dell'Onu, come comunemente siamo indotti a credere.








domenica 17 agosto 2014

Dopo avere suscitato tante speranze,  il Movimento 5Stelle sembra avviato sulla via del suicidio politico



Ferragosto è stato micidiale per il Movimento 5 Stelle.
Il Blog di Grillo ha ospitato il 16 agosto una lunga dissertazione del deputato  Alessandro Di Battista, Vice presidente della Commissione Esteri della Camera, (il presidente è niente po po' di meno che Fabrizio Cicchitto, andiamo bene!) intitolato" Isis, che fare?".
Il pezzo è volutamente un dettagliato excursus storico sullo storia recente del Medio Oriente.
Del resto sappiamo che  la fortuna del blog di Grillo, sopratutto presso i giovani, si è basata proprio nell'alternare articoli satirico- polemici alla Beppe Grillo, ad articoli di documentazione, spesse volte molto utili nel panorama della stampa italiana, che è molto parca di approfondimenti e di documentazione.
In quel pezzo del 16 agosto si ritrovano notizie storiche corrette, come la nascita dal nulla di nuovi stati (Siria,Libano,Giordania, Iraq eccetera), imposti da Francia e Inghilterra, dopo la caduta dell'Impero Ottomano, usando, criteri del tutto cervellotici, senza il dovuto rispetto delle secolari divisioni etniche, religiose etc. e creando invece entità  statali e frontiere senza basi razionali.
Corretto anche il fatto che, probabilmente, le divisioni introdotte miravano più alla spartizioni di risorse naturali per le potenze di riferimento, che a strategie politiche che garantissero la stabilità e lo sviluppo di quegli stati.
Del tutto non corrette, se non proprio dilettantesche e infantili sono invece le conclusioni.
Secondo Di Battista, a questo punto, gli europei e gli occidentali, dopo essersi battuto il petto, pentiti per gli errori perpetrati dopo le guerre mondiali in Medio Oriente, dovrebbero lasciare campo libero ai terroristi tagliagole dell'Isis, con l'impegno, anzi, ad accettarli come parte legittima con la quale dialogare e si presume quindi anche come  legittimo rappresentante dei popoli  sui quali l'Isis stesso rivendica il proprio potere.
La giustificazione di questa sorprendente affermazione è la considerazione del Di Battista, che, se tu abiti in un villaggio distrutto dai droni, non ti rimarrebbe, che ricorrere al terrorismo, facendoti saltare, imbottito di esplosivo, su un qualsiasi metrò occidentale.
Il ragionamento è preoccupante per la sua totale mancanza di logica ,prima ancora che assenza delle più elementari considerazioni etiche , giuridiche e politiche.
Il pezzo poi è tutto infarcito da scopiazzature delle tesi, che divulgava dal '68 in poi  Noam Chomsky,  sulle nefandezze della politica estera americana, in parte anche dimostrabili, ma non certo da usarsi come appoggio, per arrivare alle conclusioni  deliranti del Di Battista.
Forse Grillo e Casaleggio erano distratti in vacanza, ma certo la pubblicazione di quell'articolo rappresenta, lasciatemelo dire, lo sputtanamento puro e semplice del Movimento, del quale il Di Battista è uno degli esponenti più conosciuti.
Si possono dire castronate, ed è ancora più facile dirle nel campo della politica estera, che è un terreno sul quale l'informazione del cittadino medio è più carente, ma non fino a questi punti.
L'inevitabile intervento di Grillo, che ha replicato con lo scontato : Di Battista non è stato capito, invece di non risolvere alcunché, ha indirettamente dato l'imprimatur del capo, quando sarebbe occorsa invece una solenne e chiara sconfessione.
I commentatori, al di là delle più ovvie considerazioni etico- politiche, hanno sottolineato il fatto che il Di Battista ha trascurato il principio logico, fondamentale in questi casi : quello del distinguere almeno fra aggressore e aggredito.
Difficile vedere l'Isis nella veste di aggredito, ma a quanto pare il Di Battista è caduto in questo tranello logico, senza proprio accorgersene.
Presumo che la sua carriera politica sia giunta ad una improvvisa e prematura fine, ma in Italia è meglio mai dire mai.
Nel sito della Camera i dati salienti riportati su questo deputato sono i seguenti:
Nato a Roma 4 agosto 1978, laurea in discipline dell'arte, della musica e dello spettacolo, Master di secondo livello in tutela internazionale dei diritti umani; Scrittore.
Al di là della genericità delle materie sulle quali si è laureato, ma questo forse è più colpa del decadimento delle università, che non dell'interessato, sembrerebbe un personaggio mediamente qualificato.
Il suo componimento del 16 agosto ,su quel Blog, rivela però una non padronanza totale delle materie : politica internazionale, diritti umani, geopolitica.
Quando poi manca il più elementare buon senso è inutile infierire.
Grillo, su questa cosa, casca veramente male, lui così facile a buttar fuori o dileggiare chi contesta il suo potere, anche solo velatamente, si tiene un deputato qualificato (Vice Presidente Commissione Esteri) che spara simili sciocchezze proprio in politica estera ?
Condivide Grillo ?  
Pare che condivida almeno gran parte dell'articolo del Di Battista e quindi una linea di politica estera, che non proporrebbero nemmeno i più strampalati estremisti dell'ultra sinistra o dell'ultra destra.
Se è così, come sembra, quel Movimento è a fine corsa.
Ma non basta, perché nello stesso sfortunato giorno (16 agosto), il Blog di Grillo ha  pubblicato anche un articolo del quotidiano ultra-conservatore inglese Telegraph, che invoca l'uscita immediata dell'Italia dalla zona Euro, come panacea per uscire dalla crisi, presentato come se quelle tesi fossero condivise dal Movimento.
Va notato che, fino ad ora,  il Movimento 5 Stelle ,nel suo euroscetticismo, non si era mai spinto oltre a una  generica richiesta di indire un referendum sulla permanenza nell'Euro, referendum, che vedrebbe, verosimilmente, una buona maggioranza a favore della permanenza e quindi innocuo.
Altra scivolata questa su un argomento della massima serietà, trattato in modo dilettantesco e semplificatorio.
Se Grillo intende fare concorrenza alla Lega nella campagna Euro- no ,lo dica in modo trasparente, possibilmente appoggiando quella linea con argomentazioni adeguate.
E' più che legittimo discutere di come uscire dalla crisi trattando con Bruxelles con la dovuta determinazione.
Ma è stupido ignorare che col quasi 140% di debito sul Pil, siamo in posizione di enorme debolezza.
Se si agisce in modo sconsiderato e populista, come sta facendo l'Argentina, senza dare garanzie ai mercati, ci passeranno sopra con lo schiacciasassi.
A Bruxelles basterebbe vedere un governo italiano, che fa qualcosa, invece che parlare e straparlare.
Strano che persone, indubbiamente intelligenti, che sanno affrontare in modo serio i problemi, se lo vogliono, come Grillo e Casaleggio caschino così malamente.
Le analisi più qualificate sui risultati delle elezioni europee hanno evidenziato il fatto che la gente ha preferito Renzi a Grillo, perché Grillo veniva percepito sì come portatore del nuovo, ma era visto sopratutto come dotato di connotazioni troppo estremiste, ad esempio dall'elettorato femminile, che conta notoriamente moltissimo.
Sembrava che l'uomo, pure capace di percepire il polso della gente, come consumato professionista dello spettacolo e quindi, esperto delle piazze e delle platee, avesse recepito il messaggio, scegliendo una linea più defilata, piantandola con le invettive urlate, a favore di un look alla Luigi Di Maio.
In effetti è stato così per un breve periodo, fino a ricadere nel disastro di immagine attuale, complici anche le scelte sciagurate di Renzi a favore di Berlusconi e solo di Berlusconi.
Oggi il Movimento ha fatto di tutto per essere percepito come un salto del buio, più che come un salto nel nuovo.
Come si fa a buttare nel cestino un patrimonio di un 20% di voti, non è facile capirlo.
Personalmente penso, e l'ho scritto più volte, che un partito personale, come sono, oltre a quello di Grillo, anche quello di Berlusconi e quello di Renzi, non sia affidabile per definizione.
Speravo che Grillo, essendo in una posizione anomala, in quanto, sì leader di un partito personale, ma che si è sempre dichiarato  incandidabile a carche pubbliche , si sarebbe defilato, ma sembra non averne la minima intenzione.
Come gli altri due leader personali,  amorali e senza alcuna cultura politica a supporto, gioca allegramente al  "muoia Sansone con tutti Filistei", infischiandosene dei danni che  lascerà dietro di sé, perché questa è la natura e la logica di un partito personale.





  

mercoledì 13 agosto 2014

La Troijka sta dietro l'angolo.
Possibili alternative



I numeri che fornisce periodicamente l'Istat, i giudizi delle agenzie di rating, tutti ormai contraddicono il vacuo blaterare di Renzi, come a suo tempo avevano contraddetto quello di Berlusconi nel 2011 e poi quello dei suoi successori, più o meno tecnici.
La fiducia della gente e quello che negli ambienti finanziari viene definito come il “sentiment” degli operatori dell'economia e della finanza, ormai hanno virato dalla iniziale fiducia, accordata al giovane e promettente nuovo leader, ad una aperta sfiducia.
Come nel 2011 si ha l'impressione che anche i “poteri forti” che allora avevano scaricato Berlusconi siano di nuovo in campo per scaricare Renzi, ora improvvidamente alleato sempre di Berlusconi.
La Troijka è già a Vitipeno, avrebbe detto secondo i giornali l'ex ministro dell'economia Tremonti.
L'arrivo della Troijka sarebbe meglio del caos o della palude, e questa è la ragione per la quale viene da dire : ma piuttosto che andare avanti così, meglio che arrivi la Troijka.
Resta inteso però che scegliere l'arrivo della Troijka come presunto male minore è però sempre una scelta al ribasso, dettata dalla disperazione.
Finora la Troijka ha operato in Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro.
L'unico risultato positivo che ha raggiunto è che quegli stati non sono falliti, perchè questo è il suo scopo principale, evitare il fallimento degli stati vicini al default, non per buon cuore, ma per garantire i crediti delle banche , dei risparmiatori eccetera.
La Troijka “salva” gli stati in pericolo offrendo ulteriori prestiti, che consentono loro di sopravvivere (pagare stipendi , pensioni e interessi sul debito pregresso).
Ma come è ovvio la prima conseguenza macroscopica dell'intervento della Troijka è fare aumentare, non diminuire il debito totale degli stati assistiti.
Cioè se prima quegli stati erano alla canna del gas, dopo l'arrivo della Troijka si troveranno con il cappio di un debito spaventoso saldamente intorno al collo più per decenni che per anni.
Infatti in cambio del suo intervento di “salvataggio” la Troijka commissaria la politica del paese nel quale si reca, facendo firmare, come fossero cambiali, i famosi “memorandum di intesa”.
Arrivano con un elenco perentorio di richieste (licenziamenti di metà degli statali, vendita dei gioielli di famiglia posseduti dagli stati, libertà di licenziamento nel privato, riduzione dello stato sociale fino a farlo scomparire, riduzione drastica di pensioni e stipendi, più tasse per ripagare gli interessi sul nuovo e vecchio debito, crollo del valore della ricchezza privata, cioè delle case).
E allora è meglio la Troijka che fallire o è meglio continuare a stare in un limbo caotico e imprevedibile?
Difficile dirlo, quando si tratta di saltare dalla padella nella brace.
L'alternativa virtuosa sarebbe fare subito le riforme, che non si sono fatte nel decenni precedenti, come in parte ha fatto la Spagna, che nel 2011 stava male come noi, ma che ora si è in buona parte risollevata, grazie proprio a quelle riforme attuate da un primo ministro di centro- destra, Rajoi che non è né un personaggio carismatico, né un grande statista, è solo un grigio politico, che però sa quello che vuole e che sopratutto ha una maggioranza coerente per attuare il suo programma.
Condizioni che da noi non ci sono : Renzi non ha una maggioranza coerente e nemmeno ha un programma chiaro, recita a soggetto e sopratutto non è stato investito da un voto popolare.
Potrebbe fare le riforme lo stesso?
Tutto è possibile, ma è parecchio improbabile, mancando a Renzi le condizioni di base che abbiamo appena elencato.
L'alternativa radicale sarebbe l'uscita dalla zona euro, ma i nostri politici, da sempre avvezzi agli “inciuci”, o detto con parole più colte al trasformismo ed al consociativismo, non sembrano proprio avere il carattere per mettere in atto scelte radicali.
Uscire dalla zona Euro sarebbe un'operazione tutt'altro che semplice e lineare.
Un' anno fa o pochi mesi fa non se ne poteva nemmeno parlare, oggi invece molti economisti si sono esercitati a fare previsioni su tempi e conseguenze.
Per farla breve, l'uscita dalla zona Euro vorrebbe dire tornare alla Lira o ad un'altra moneta nazionale che si potrebbe chiamare come si vuole.
Questa nuova moneta verrebbe svalutata nei confronti dell'Euro di quanto?
La maggioranza degli economisti calcola circa un 30%, ma, come si diceva, non ci sono certezze, ci sono solo probabilità ed è questo senso di salto nel buio, che ostacola anche psicologicamente un discorso serio sull'eventuale uscita dalla zona Euro.
Poi c'è la congenita pigrizia italica a fare alcunché di nuovo, che cambierebbe abitudini e calcoli.
E il debito pubblico?
Verrebbe ovviamente svalutato anche lui di altrettanto, ma i tassi pagati su Bot e BTP a che livelli andrebbero?
E qui ci risiamo, è difficile dirlo, perché andrebbero su o giù in proporzione alla fiducia che riscuoterebbe il nuovo sistema Italia, fuori dalla zona Euro, ma sempre in Europa.
Sempre in Europa, ma in che veste precisa, visto che i trattati esistenti prevedono le procedure per entrare, ma non quelle per uscire dalla zona Euro.
La nostra classe politica sarebbe capace di governare la barca in situazioni così imprevedibili e delicate?
E' meglio non pensarci.
Esiste però una terza alternativa alla venuta della Troijka, meno radicale, ma che richiederebbe sempre un piano strategico e una forte volontà politica.
Renzi, invece di parlare e straparlare decide di fare ed allora scrive a Bruxelles mettendo nero su bianco una serie di richieste politicamente scorrette per i paesi nordici.
Cioè, invece di stare ad aspettare il memorandum cucinato dalla Troijka usa con destrezza bastone e carota : l'Italia rispetterà il vincolo formale del 3% ma stante la nuova situazione di rischio recessione anche per la Germania, chiede nuove regole a cominciare dal non conteggiare nel 3% le spese per investimento.
Chiede l'emissione di Eurobond da parte della BCE.
Chiede una revisione del fiscal compact, che tenga conto della crescita piatta o negativa di tutte le economie europee.
Espone un piano serio a lungo periodo per l'assorbimento graduale del debito italiano.
Annuncia tempi certi per la riforma del lavoro, della giustizia civile e della pubblica amministrazione.
Indica un piano di investimenti nella scuola, nella ricerca.
Indica un piano serio poliennale per intervenire sulle infrastrutture e sull'ambiente e chiede di finanziarlo con l'emissione di Eurobond, al fine di assorbire la disoccupazione giovanile.
Sono sogni? Forse si se si ascoltano le esternazioni dei suoi esperti economici così modesti, così poveri di idee nuove e così limitati nel progettare un futuro decente.
Però non è impossibile seguire questa strada e anche un modesto personaggio, come Renzi, di fronte alla prospettiva di un prossimo disonorevole naufragio, potrebbe farsi venire un po di coraggio.
L'Italia non ha alcuna fiducia in sé stessa, ma è ancora abbastanza grande da far ballare il valzer alle istituzioni europee, se solo trovasse il coraggio di farlo.
Hollande potrebbe seguire, perchè sarebbe suo interesse farlo.
Rajoi dovrebbe essere invitato a far parte della partita, come tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Sarebbe persino ora di parlare di una politica estera sud europea, appoggiata anche dalla cooperazione militare specifica dei paesi della zona.
Tutto si tiene, se un politico, vuole almeno provare a studiare da statista.
L'unico vantaggio di Renzi è che è giovane e quindi potrebbe anche mettersi a studiare.
Meno parole, meno sciocchezze su twitter, meno telefonino e un po più di studio da far precedere all'azione.
Non confondiamo la modernizzazione con lo scimmiottare i vezzi degli adolescenti, ci vuol altro.
Se studiasse un po di più, magari si accorgerebbe che l'Italia è piena di cervelli eccelsi, pronti a dare una mano, al posto dei volonterosi amici della parrocchietta che si è messo intorno.

sabato 9 agosto 2014

Renzi con Berlusconi godrebbe ancora di un largo consenso, secondo i sondaggi



Sorprendente, mi risulta estremamente sorprendente che Renzi in duumvirato con Berlusconi sia dato dai sondaggi ad oltre un 60% di gradimento e il partito democratico al 42%.
Non mi riesce di capire come mai.
E quello che mi fa vedere nero è il fatto che mi ritrovo nella stessa situazione psicologica di vent'anni fa, quando non mi riusciva di capire come mai Berlusconi riuscisse a conquistare consensi in quantità industriale.
Sono passati vent'anni e ancora, dopo avere studiato coscienziosamente e, credo obiettivamente, il fenomeno del berlusconismo, e averci scritto sopra innumerevoli volte, non ho ancora trovato risposte veramente convincenti.
Sta di fatto, però che fregandosene della mia, ma evidentemente non soltanto mia, incomprensione, l'ex cavaliere ha governato indisturbato per vent'anni, “inciuciando” quasi costantemente con un PD, che avrebbe dovuto capeggiare l'opposizione.
Non vorrei che la cosa si ripetesse tale e quale.
Lo Speedy Gonzales fiorentino e il vecchio e stanco Berlusca sono molto diversi nell'aspetto e nelle storie personali, ma mica tanto nella sostanza.
Se per avvicinarli fisicamente e visivamente andiamo a rivederci i filmati del giovane e pimpante magnate televisivo, allora più naturale con la sua pelatina portata senza vergognarsene e con ceroni molto più leggeri le somiglianze sono ancora più accentuate.
Mi spiace per Renzi, ma il Berlusca dei primi anni diceva molte meno sciocchezze avventate di quante ne dice Renzi oggi.
Aveva anche lui un debole per i proclami : farò questo in tre mesi, quello in sei mesi eccetera, ma allora quei suoi proclami apparivano molto più verosimili di quelli di Renzi.
Innanzi tutto perché erano più ridotti di numero e sopratutto perché erano mirati con coerenza a soddisfare gli interessi dell'elettorato di riferimento del berlusconismo : meno tasse, meno stato e burocrazia , più privato per liberare le energie delle imprese comprese le partite Iva, più lavoro per chi accetta il precariato, eccetera.
C'era una prospettiva liberale- individualistica chiara, che si inseriva nella cultura politica tipica delle destre moderate di tutto il mondo.
Le circostanze storiche che gli hanno fatto ereditare una parte cospicua della vecchia DC lo ha parecchio favorito, perché ha illuso l'elettorato ex DC che il berlusconismo fosse in qualche modo la continuazione della DC e questo gli ha spalancato le porte importantissime dell'elettorato di centro, moderato e cattolico- tradizionalista.
Questo era il berlusconismo iniziale, che aveva le carte in regola per riuscire nel colpaccio di sostituire la DC, rinnovandola con una nuova classe dirigente, di provenienza manageriale, che quindi prometteva quell'efficienza, che la vecchia balena bianca aveva perso ormai da anni.
Poi, ben presto, il berlusconismo si è perso nel nulla, girando a vuoto, anche e sopratutto perché il leader maximo aveva chiaramente priorità di carattere personale – aziendale, che poco o nulla c'entravano con i problemi del paese.
Ed è arrivata la stagnazione, la palude.
L'Italia ferma e gli altri che andavano avanti.
L'Europa che deplorava fino ad estromettere l'Italia da tutti i tavoli a causa della palese inadeguatezza del suo leader, definito il buffone d'Europa.
Il poveretto arriva a un passo dal finire oggetto del lancio delle monetine, che aveva sepolto politicamente Craxi vent'anni prima, perde la poltrona e poi si becca la prima condanna definitiva, arrivata non ostante la riscrizione ad hoc del codice penale e di procedura penale, operata dai suoi governi.
Sarebbe stata la ovvia fine della storia se non fosse arrivata come un fulmine la meteora di Matteo Renzi, leader del PD incoronato da primarie non affollate, ma regolari e poi intronizzato dal famosissimo 40,8% preso dal medesimo partito alle europee.
Con un machiavellismo cinico, Renzi gioca la spregiudicatissima carta dell'alleanza con Berlusconi, contando sul fatto che il povero ex cavaliere, pur di essere accettato in una posizione ritenuta sufficientemente importante da non dover temere di ritrovarsi gli sbirri del bargello alla porta alle sei del mattino, dovrebbe essere disposto a digerire qualsiasi cosa.
Finora in effetti il gioco ha funzionato.
Berlusconi ha contro di fatto gran parte del partito il partito salvo amazzoni ,Verdini e Letta, ma sta perfettamente al gioco di Renzi, perché non ha scelta.
Renzi, non lo dico solo io, lo dicono anche accreditati politologi è un politico senza alcuna cultura politica alle spalle, esattamente come Berlusconi,
Qualcuno lo definisce anche un perfetto amorale, ancora come Berlusconi seppure in senso diverso.
Berlusconi era come Renzi uno che gestiva il partito con piglio personal- padronale, ma era attentissimo ai sondaggi, ai movimenti della società e dell'elettorato (ovviamente del suo elettorato).
Renzi invece pare che se ne freghi.
Infatti al suo elettorato non aveva mai detto che si sarebbe alleato con Berlusconi.
Non aveva mai detto che intendesse fare una riforma costituzionale diretta all'abolizione del senato attuale elettivo con uno non elettivo fatto di nominati provenienti precipuamente dai consigli regionali.
Nè che questa riforma costituzionale fosse la sua priorità assoluta.
Che questa riforma comporti una grave distorsione del sistema dei pesi e contrappesi fra i poteri,
base della democrazia, comunque la si pensi, aumentando a dismisura il potere dell'esecutivo a danno di quello del parlamento è un fatto, non opinione.
Si potrebbe anche discutere di aumento dei poteri dell'esecutivo, ma l'essenziale è un'altra cosa.
Perché dovremmo dare più potere all'esecutivo se Renzi e Berlusconi non ci dicono cosa vorrebbero fare col questo potere sovrabbondante?
Non ce lo dicono forse perché non lo sanno nemmeno loro?
E qui sta il punto se uno non ha una cultura politica l'elettorato come fa a giudicarlo se non sa perché dovrebbe eleggerlo? Per fare che cosa?
La destra in questi ultimi vent'anni ha fallito perché non ha realizzato nulla di liberale.
La sinistra ha fallito perché non ha saputo fare nulla per accorciare invece che aumentare le disuguaglianze.
E Renzi Berlusconi che faranno?
Non si sa perché il patto del Nazareno è segreto.
Renzi aveva straparlato di trasparenza ma il famoso patto del Nazareno è un patto segreto, eppure è l'unico indirizzo strategico di questo governo.
Pochi sono i casi di tradimento dell'elettorato, come è successo in questi primi mesi di Renzi.
Eppure la gente, per ragioni che non mi riesce di decifrare, pare non farci caso, non dare importanza a questi fatti, o almeno non sembrano reagire.
La gente ha capito che questa riforma costituzionale comporta elementi gravi di autoritarismo?
Ma i mercati e l'Europa hanno già decretato la fine della famosa “luna di Miele dei primi 100 giorni”, prima concessi a Renzi.
E dicono come è ovvio che dicano, che la riforma costituzionale non poteva essere la priorità assoluta, in quanto quella casella avrebbe dovuto essere riempita da forti provvedimenti economici, primo fra tutti da una spending revew molto consistente.
E invece Renzi si fa beffe di Cottarelli, Commissario alla spending revew e lascia trapelare anche indiscrezioni circa suoi screzi con Padoan, ministro dell'economia.
Se sostituisse Cottarelli e Padoan, in Europa sarebbe ridicolizzato, ma il ragazzo è uno che se ne frega.
Continua ad avere un consenso, però in pochissimo tempo è sceso dal 70 al 60% dei consensi, livello che rimane comunque altissimo e tale da illuderlo di poter fare quello che vuole.
Ora non può non aver capito di aver fatto un errore a post-porre azioni sull'economia.
A meno che non sappia proprio cosa fare, ipotesi che non è per niente inverosimile.
Se le cose stessero così, allora meglio finirla di tergiversare e accogliere la medicina amara che comunque dovremo trangugiare.
Cioè meglio che arrivi al più presto la Troijka FMI,Bce e Commissione Europea.
Lo auspica perfino Scalfari, che è stato finora uno dei più accesi sostenitori di Renzi.
A questi punti di inefficienza della nostra classe politica, meglio la Troijka subito per iniziare la cura, che non sarà uno scherzo comunque.
E' inutile continuare a raccontarsi delle favole.

Da una crisi economica strutturale si esce solo con misure strutturali, che l'Italia non è mai riuscita a fare, da una pesante spending revew che incida sulla riduzione del debito ,a una riforma del lavoro che contempli un contratto unico con ampia flessibilità sia in entrata che in uscita, cioè libertà di licenziare, tanto a questo punto, nel quale non c'è più lavoro per i giovani, c'è poco da difendere, poi quando torneranno le vacche grasse se ne riparlerebbe.