lunedì 28 agosto 2023

Domino rivista sul mondo che cambia – Gran turismo. L’Italia vuole vivere nella sua posizione geografica. Come snodo del gas altrui. E destinazione dei soldi garantiti da Berlino. - Recensione

 







Non si può dire che Fabbri non abbia fiuto.

Se mi metto nei panni del direttore di una rivista di geo-politica, se pure di successo, e mi trovo a dover decidere l’argomento del numero di agosto, con la gran parte dei lettori sotto gli ombrelloni, certo che sarei in forte difficoltà, oltre tutto ,questo genere di riviste usavano saltare il numero di agosto proprio per la medesima ragione.

E invece Domino è uscito, e direi che ha anche scelto l’argomento giusto.

La scelta è caduta su di noi italiani.

E’ come se Fabbri e collaboratori ci avessero detto : avete voluto giustamente andare in vacanza a fare i turisti, ebbene, visto che ci siete, in quella condizione, vi sembra veramente, che in questo mondo globalizzato e sbalzato dai sogni economicisti al ritorno alla realtà della storia, dalla guerra in Ucraina, il nostro paese possa pensare di risolvere i propri problemi ,contando principalmente sul turismo, che è un po’ giocare sul vantaggio competitivo della posizione nella geografia e nella storia?

Pensatelo voi, e magari esercitatevi a immaginare cosa girerebbe nella mente di fronte a quella domanda, nel vostro vicino di ombrellone tedesco o austriaco o russo, se siete nella riviera romagnola.

La risposta è ovviamente : ottima cosa sviluppare il turismo, ma ci vuol altro per un paese che fa il proprio PIL esportando la manifattura.

Ci vuole un ‘idea di paese all’altezza dei tempi e ,non meno importante, dei nostri competitori, poi, dato che non siamo una grande potenza mondiale, del o dei nostri egemoni ,ai quali facciamo riferimento.

Leggetelo questo volumetto, avrete una volta tanto la soddisfazione di vedere come sia possibilissimo parlare di politica, quella vera, senza dover seguire le umilianti beccate fra galline dei nostri partiti e partitini.

Qual’è l’interesse nazionale del nostro paese ?

Qual’è una ragionevole strategia da seguire a lungo termine per il nostro paese?

Questa è la politica, il resto è fumo.

Non è che gli altri paesi abbiano al momento dei giganti al potere, tutt’altro ,salvo alcuni ,che non sono quelli che si nominano di solito, ma non ve li elenco, tanto, se siete lettori di Domino,conoscete bene i loro nomi.

Quali sono i consigli che Domino darebbe al Principe?

Ecco il bello e probabilmente anche la ragione del successo di questa rivista.

Non vi fa penare per 300 pagine per dirvi le cose, ve le anticipa addirittura nei titoli di copertina.

Il messaggio è semplice, ma scolpito nella roccia.

L’Italia, cioè gli italiani ,sono abituati a vivere di rendita.

Rendita da capitale fisso anzitutto, basta andare a confrontare le statistiche dei proprietari di case italiani con gli omologhi vicini per capirlo.

Ma come hanno fatto gli italiani a diventare proprietari di case e ad avere un portafoglio mobiliare di tutto rispetto?

Si sono indebitati.

“Schuld” in tedesco vuol dire sia debito sia colpa, vergogna, ci ricorda Fabbri.

Ma non la si pensa così nel Bel-paese, proprio per niente.

Chi ci presta i soldi?

I tedeschi, perché l’economia italiana è troppo grande per fallire e nel suo fallimento trascinerebbe la manifattura tedesca, della quale è divenuta componente complementare essenziale.

Poi gli americani ,che ci comprano gentilmente Bot e Btp, non perché sono tanto buoni ,ma perché così ci obbligano ad assecondare le loro traiettorie strategiche, che corrispondono al loro interesse nazionale, non al nostro, se non per caso.

E’ saggio andare avanti così?

Ovviamente no.

Ma quale politico ha la faccia e la forza di andare a proporre le lacrime e sangue, che occorrerebbero per dimezzare il debito (con patrimoniali dure su case .conti correnti e successioni)?

Non si vedono dei Churchill in circolazione, i DeGasperi sono durati troppo poco e i Moro e i Mattei li hanno fatti fuori senza tante remore, appena sembravano contrastare le traiettorie sopra accennate.

A proposito ,quello che dice Fabbri (documentandolo) sulla morte di Moro, attraverso le dichiarazioni di un allora importante esponente della Cia è abbastanza aggiacciante, perchè mette a nudo la reale considerazione che gli americani hanno del nostro paese.

L’Italia ha bisogni di enormi investimenti in infrastrutture ,a cominciare da quelle portuali, perché è nella dimensione marinara (o se vogliamo dirla con vocabolo colto, nella talassocrazia) che un paese nella nostra posizione geografica e con la nostra storia, può esprimere tutta la sua potenzialità.

Bhè si!, non vergognatevi di lasciarvi andare a un pensierino sui ricordi scolastici circa l’impero romano e le repubbliche marinare, sono le nostre radici, non possiamo farne a meno.

Non perdetevi nemmeno ,in questo delizioso volumetto, il breve saggio sul legame quasi metafisico fra i russi e la vodka, è godibilissimo.








giovedì 24 agosto 2023

Emanuele Coccia : La vita delle piante. Metafisica della mescolanza Ed: Il Mulino – recensione

 



Questo libro è un piccolo gioiello.

L’avevo acquistato tempo fa e quasi me l’ero dimenticato in biblioteca, poi leggendo un’intervista ad Alessandro Baricco, vedo citato l’autore insieme a Stefano Mancuso, e vado a metterci mano.

Straordinario.

E’ stata una scoperta completamente inaspettata ,proprio perché avendo visto citato quest’autore, che non conoscevo, insieme a Mancuso, che invece conoscevo bene, come brillante divulgatore di botanica ,mi aspettavo qualcosa di simile, allo stile appunto di Mancuso.

Ho trovato tutt’altro ,ma quello che ho trovato mi è piaciuto moltissimo.

Siamo nel campo della più pura e affascinante speculazione filosofica.

Coccia non risparmia strali polemici al vizio moderno dell’ultra-specializzazione ,figlia della classica ripartizione in materie, propria dell’organizzazione universitaria.

Lui, invece, rivendica il ritorno all’approccio che era stato quello del grande pensiero greco, che concepiva la filosofia, come, diremmo oggi, un approccio assolutamente multi-disciplinare, svincolato da ogni classificazione arbitraria e posticcia.

E in questa prospettiva, l’autore si lancia, dimostrando una erudizione veramente invidiabile.

Condivido assolutamente il suo entusiasmo per l’assoluta libertà dell’analisi inter- disciplinare, ma per farmi capire, usando gli strumenti classici ai quali siamo abituati, vi dirò che delinea quella che in filosofia verrebbe definita una forma di “cosmologia della mescolanza”.

E lo fa in modo veramente brillante.

Eviterò di rischiare un riassuntino, perché un autore che naviga per queste altezze merita ben altro.

Mi sembra che questo punto di vista (sulla cosmologia) oggi sia ben conosciuto e apprezzato se pure tutt’altro che maggioritario, perfino in teologia, mi riferisco per esempio alla teologia dell’altro Mancuso, Vito, non Stefano.

Ma ha fatto e fa fatica ad affermarsi perché va a cozzare con pregiudizi cultuali, che ci derivano dalla dogmatica cattolica, che ha imbevuto la nostra cultura per secoli e secoli.

Pensiamo a Dante, formidabile anche come “divulgatore” della cosmologia tomista.

Tutta quella pur mirabile costruzione ,durata quasi per millenni ,era intrisa dalla preoccupazione della “reductio ad unum” e l’uno ovviamente era il Dio cristiano.

Dante ci descrive un mondo composto da nove sfere ,una dentro all’altra, partendo dalla terra fino ad arrivare all’Empireo, poi sotto Gerusalemme si dipana a piramide o meglio a cono rovesciato l’inferno.

Ma quello che più conta, nella visione medioevale ,arrivata fino a noi e rimasta intatta nella dogmatica cattolica è l’essenza di questa cosmologia, il passaggio dalla dialettica, cioè dal movimento incessante, all’Empireo, sede della “contemplazione “ di Dio, verità assoluta, che concettualmente comporta la fine della dialettica, perché arrivata alla sua conclusione.

Nel senso che anche la cosmologia aveva una valenza etica – teologica in base alla quale il movimento era ritemuto simbolo di disordine (causato dalla lotta fra bene e male).

Nell’Empireo (raggiungibile solo nell’altra vita) c’è per definizione solo il bene (supremo) essendo finita la lotta fra bene a male e quindi c’è solo ordine e di conseguenza il moto non è più necessario, perché c’ è il compimento del tutto.

Questa cosmologia ,non si può dire che non avesse un suo fascino e una sua compiutezza, ma collide in modo radicale, in modo insanabile ,con la scienza moderna, per la quale tutto è dialettica.

Addirittura oggi sappiamo ,che non è più corretto pensare alla materia come qualcosa si statico, anzi la materia non esiste proprio più, nella fisica moderna, dato che l’elemento primo è energia, vibrazione,onda.

Ricordate il concetto di “primo motore immobile” che non mancava certo nei nostri manuali di filosofia dei licei?

Ecco quello era un po il concetto chiave di quella cosmologia, della quale si è parlato sopra e che, intendiamoci, è tutt’ora rimasta nella mente di moltissimi.

Ma non certo in quella di Emanuele Coccia, che pensa esattamente al contrario.

Per lui, l’essenza delle cose è fluidità, commistione, mescolanza.

Vi invito a rilevare che questi concetti sono tutti diretti a farci vedere un moto, che esiste sempre e comunque, ma che esiste per andare nei due sensi.

Nell’atto della conoscenza, o anche solo della percezione, io interagisco e modifico.

Altro che motore immobile, qui siamo proprio nella dialettica assoluta.

In piena concordanza con la scienza moderna, come si diceva, nel capo dell’energia, vibrazione, onda.

E’ un po’ costruire una intera cosmologia sulla visione del “brodo primordiale”, dal quale è nata la vita, il tutto.

Essere tutto in tutto.

Prospettiva fantastica.

Ma leggetelo con calma questo libro, vedrete che è disseminato da intuizioni da brivido.

Prima di lasciarvi però è  doveroso che vi dica cosa c'entrano, che ruolo hanno le piante in questo saggio.

Ebbene, eravamo sopra ricorsi alla similitudine della cosmologia dantesca se pure per contrapposizione.

Ecco allora nell'opera di Coccia il ruolo delle piante è simile a quello di Virgilio nella narrazione dantesca.

E' il saggio che spiega tutto, perchè tutte le deduzioni di Coccia sono  originate dall'ossercazione della vita delle piante.

Se posso permettermi un'annotazione critica, mi sembra che l'autore dica troppo poco, se non quasi nulla direttamente, sul fatto che pure accettando la sua visione cosmologica altamente dinamica e dialettica, non si può non tenere presente, il postulato sul quale si basano sia scienza che filosofia e cioè il fatto che la realtà ci è conoscibile per il fatto che è governata tutta da leggi costanti.









lunedì 21 agosto 2023

George Friedman : America’s Secret War. Inside the worlwide struggle between the United States and its enemies - Ed. Abacus – recensione

 



Mi sono accostato a questo mostro sacro della geopolitica mondiale, con un certo senso di soggezione, ma devo dire che mi sono trovato benissimo, per tutte le quasi 400 pagine del libro.

Nel senso che l’autore ha più lo stile diretto del manager che non quello tendenzialmente ricercato dell’accademico.

Anzi ,se c’è una cosa che mi ha più volte stupito, è proprio questo approccio senza veli e senza cautele.

Oddio, non facciamo gli ingenui.

L’autore è il fondatore della più famosa e qualificata agenzia privata di intelligence del mondo (Stratfor) e quindi mettere alla berlina le infinite figuracce fatte dalla Cia nel corso degli ultimi decenni e delle guerre americane ,che sono state spalmate durante questi anni, magari gli hanno procurato anche un certo piacere personale.

Non dimentichiamoci però che gli americani ,a differenza di noi europei e ancora di più di noi italiani, sono , non per amore di retorica, ma perché lo sono proprio nel loro animo e nella loro cultura, e quindi se da una parte Friedman mette alla berlina la Cia, dall’altra rimane rigidissimo nel delineare e difendere la strategia globale americana e la sua politica di potenza, anche in questo caso senza veli e senza imbarazzi di sorta.

Ma va bene così.

Perchè ,se si vuole capire qualcosa della storia nella quale siamo inseriti, volenti o nolenti, le recenti vicende ucraine credo che ce lo insegnano, occorre individuare e buttare alle ortiche i paraocchi dei nostri pregiudizi e giudizi stereotipati, anche se li vediamo largamente condivisi.

Perchè la geopolitica ce l’ha insegnato : le cose funzionano in un altro modo.

Tanto per fare un esempio, se vogliamo cercare di capire com’è la situazione sul campo in un dato momento, durante una guerra guerreggiata, non ci sono di nessuna utilità i giudizi o pregiudizi etici -ideologici.

Quello che ci serve è qualsiasi cosa per leggere la realtà com’è.

Ecco a cosa serve la geopolitica.

Abbiamo capito che parla un linguaggio crudo e antico.

Infatti parla apertamente di politica di potenza, di imperi, di egemonia, di eserciti,flotte, armamenti e non di diritti umani, democrazia eccetera e questo ci destabilizza.

Non ne parla, non perché i suoi analisti sono persone insensibili o peggio amorali, ma semplicemente perché si occupano di altro.

Il giudizio etico verrà dopo, ma è un’altra cosa.

Tutto questo per dire, che ,se volete apprendere come sono andate le guerre americane degli ultimi decenni (a partire dall’11 settembre 2001) nella realtà, dovete assolutamente leggere questo libro.

Scoprirete, con molto sconcerto, che una cosa è la realtà, una cosa, quasi sempre molto diversa, è la narrazione, che di questa realtà viene fatta dai governi interessati

Narrazione ,che i media propinano a guerra in corso, anche perché, scoprirete sempre leggendo il libro, che manipolare mediaticamente la realtà e l’opinione pubblica è ,e lo è da sempre, non solo nei tempi moderni, parte delle tecniche della guerra medesima, allo stesso modo come lo sono gli armamenti.

Veniamo al dunque ,in modo che il lettore capisca perché un libro come questo è importante che venga letto.

Tutti ,o almeno, gran parte di noi, siamo stati testimoni in diretta degli avvenimenti dell’11 settembre 2001, quando un commando di Al Quaida (del quale ,tra parentesi, Friedman ammira e loda la preparazione e l’efficienza professionale) ha quasi contemporaneamente dirottato ben quattro aerei civili ,delle maggiori dimensioni, per usarli come bombe, due contro le Twin Towers del World Trade Center a New York, uno contro il Pentagono e l’ultimo contro un obiettivo rimasto ignoto ,che non ha potuto portare a termine la missione, per una sopravvenuta serie di contrattempi, che hanno consentito ai passeggeri di rivoltarsi, senza potere però impedire che il loro aereo precipitasse in Pennsylvania.

Ebbene, da quasi subito si è appreso che la provenienza degli attentatori suicidi era senza ombra di dubbio nella grande maggioranza l’Arabia Saudita.

Ed allora perché ,sempre noi ci siamo chiesti , per quale strana ragione il Presidente W Bush ha deciso di rispondere alla prima minaccia della storia nei tempi moderni alla “homland” ,al suolo della madrepatria americana, andando a invadere prima l’Afganistan e poi l’Iraq ,invece che l’Arabia Sudita ?

Nelle nostre elucubrazioni da bar, devo confessare che, per lo più ci siamo detti : eh, si è ovvio, la famiglia del presidente è notoriamente in affari col petrolio e quindi come farebbe ad andare a bombardare i propri interessi?

Apparentemente la cosa sembrava verosimile, anche perché e lo vedremo bene dal libro, l’amministrazione di W.Bush è stata tutt’altro che brillante nel mostrare al pubblico quali erano, a suo avviso, le cause e le ragioni della guerra in Afganistan prima e in Iraq dopo.

E, detto fra di noi,ma sempre tra parentesi, per delle guerre che sono sempre costate migliaia di vittime ,alle forze armate americane, sarebbe valso la pena di spiegare decentemente e il più convincentemente possibile, ai parenti di quelle vittime, perché mai i loro cari erano andati a morire in Afganistan e in Iraq.

Ma andiamo avanti.

Ecco che a questo punto della narrazione, Friedman toglie i veli e ci mostra la realtà vera, che, come sospettavamo, non c’entra proprio nulla con l’andare a esportare la democrazia e i diritti umani.

Si trattava semplicemente di studiare una reazione che contribuisse a ristabilire la consapevolezza nel mondo della potenza americana come egemone globale.

L’America sapeva benissimo che dietro AlQuaida c’era prima di tutto il Wahabismo saudita, ma sapeva anche che un attacco diretto all’Arabia Saudita avrebbe causato più danni che vantaggi.

E’ ovvio che gli americani stessi hanno fatto immediatamente due più due.

Il commando che aveva ferito in modo così grave la posizione nel mondo dell’America era di provenienza saudita e la sua azione era in perfetta sintonia con l’ortodossia ultra fondamentalista Wahabita, praticata in Arabia Saudita e difesa con la spada dai regnanti, perché da loro usata come efficace “instrumentum regni”.

Gli Americani si resero conto, che attaccare i sauditi direttamente, avrebbe significato prima di tutto deporre la famiglia reale ,che in passato aveva dimostrato fedeltà agli Usa, da ultimo in ordine di tempo permettendo addirittura agli Americani stessi di insediarsi nel suo territorio, per costruirvi basi militari di molto grandi dimensioni per aiutarli a sconfiggere quel Saddam che aveva invaso il Kwait.

Facendo ciò i regnanti sauditi hanno rischiato grosso, perché il clero wahabita aveva fortemente contrastato “l’invasione” del regno, che custodisce i luoghi santi dell’Islam, da parte dei “Crociati” infedeli.

E poi quali e quante grane avrebbe dovuto affrontare l’America, se avesse invaso l’Arabia Saudita ,pensando che poi avrebbe avuto la responsabilità diretta di gestire quel paese dalle mille tribù, delle quali negli Usa si sapeva ben poco.

E l’aspetto economico, non era certo secondario, dato che un attacco diretto ai sauditi, avrebbe significato causare uno shock petrolifero colossale ,con conseguenze disastrose sull’economia mondiale.

Poi gli Usa avevano la prova, che la monarchia saudita non aveva una responsabilità diretta nel sostenere Al Quaida ,nel senso che a finanziarla, non era direttamente la famiglia reale, ma erano singoli facoltosi cittadini, che facevano collette, tramite organizzazioni ,ong e charity wahabite.

L’interesse strategico dell’America era di mantenere la stabilità del Medio Oriente, perché questo garantiva l’egemonia americana nella regione.

E quindi a Washington si decise che quel finanziamento saudita ad Al Quaida doveva essere troncato al più presto, ma minacciando i Sauditi senza invaderli.

Cioè occorreva mettere in atto una prova di forza al più presto, tanto più che nel paese si diffondeva il sacro terrore di essere indifesi di fronte a possibili ulteriori azioni di commandos, magari ancora più invasive di quella dell’11 settembre, perché avrebbero potuto fare uso di bombe nucleari sporche o di armi chimiche.

Per realizzare questa strategia risultava essenziale mantenere al potere dell’Arabia Saudita la famiglia regnante, insediata al potere dagli Inglesi ,ed ereditata come “cliens” dagli americani, ma costringendola a combattere Al Quaida in modo concreto.

Ecco perché si scelse come obiettivo l’Afganistan ,che aveva al governo i Talebani, anche loro islamici molto vicini al fondamentalismo estremo dei wahabiti e che dava rifugio a Osama Bin Laden, l’organizzatore del commando dell’11 settembre.

Non vado oltre nel libro troverete i dettagli anche di tecnica militare estremamente interessanti di quelle guerre.












sabato 12 agosto 2023

Gastone Breccia : l’arte della guerriglia – Editore Il Mulino – recensione

 



Leggendo questo libro, si scopre tra l’altro, con grande sorpresa, che la guerriglia non è affatto un prodotto della modernità.

Per me personalmente ,poi ,che ho terminato gli studi non lontano dagli anni sessantottini, dire guerriglia, vuol dire vedersi proiettato nella memoria il poster del Chè, il guerrigliero per antonomasia.

Come fa il palesemente più debole, avere l’ardire di affrontare chi è molto, ma molto più forte di lui?

Ecco, la nostra specie si è dovuta cimentare con questa sfida proprio ai primordi.

Senza bisogno di ricorrere alla mitologia biblica, con la storia del duello fra Davide e Golia, basta infatti, fare un viaggio nella paleo-antropologia, e particolarmente in quella, che ,visto come sono andate le cose dopo, qualcuno ha definito l’età dell’oro.

Quando i cacciatori-raccoglitori, per lo più nomadi, della nostra specie, non erano ancora approdati nell’età dell’agricoltura e quindi qualcosa come prima di 20.000 anni fa.

Prima che cominciassero i guai ,perché, coltivazione della terra , vuol dire nascita del senso della proprietà privata, proprietà che spinge alla difesa, alla lotta fra gruppi per spartirsela quella terra, eccetera.

Si parla quindi di quando i nostri antenati si sono trovati a tu per tu con animali giganteschi e per sopravvivere ,si sono dovuti inventare le tecniche, che nella sostanza ,sono rimaste invariate nel tempo, per affrontare nemici molto più potenti

Quando cioè cominciarono a sperimentare sul campo ,le medesime tattiche, che in altri contesti ,poi divennero le tecniche della guerriglia.

Tanto per cominciare : sorpresa, inganno, trappole, piccoli gruppi, azioni veloci, nascondersi, colpire e scappare, inseguire il nemico ferito, trovarsi basi sicure.

La tecnica è antica quanto l’uomo.

Non è un caso infatti che l’autore sia docente all’Università di Pavia di una branca della storia Bizantina e di storia militare antica.

L’uso delle tecniche della guerriglia, vedremo leggendo il libro ,c’è sempre stato quando la disparità delle forze ne rendeva necessario l’uso, ma per secoli il ricorso alla guerriglia è stato bollato da un pregiudizio culturale, come fosse un vulnus dell’etica corrente.

Dall’antichità classica in avanti, il nemico andava affrontato a viso aperto ,schierati sul campo.

Agire diversamente veniva visto per lo meno come scorretto.

Eppure le tattiche della guerriglia sono sempre state usate da chi si trovava in una situazione militare di palese debolezza o inferiorità.

Ma non se ne parlava volentieri in modo aperto.

Bisogna arrivare al settecento ed ai reparti di “cavalleria leggera” ,agli ussari di origine ungherese, impiegati dall’Austria e dalla Prussia per ritrovare reparti addestrati appositamente per mettere in atto tecniche tipiche della guerriglia.

Colpire il nemico in piccoli gruppi veloci, non frontalmente, ma di sorpresa, sopratutto per tagliarne le linee di rifornimento nelle retrovie, o sui fianchi, per distogliere il medesimo dal punto nel quale si voleva sferrare l’attacco principale.

Secondo l’Autore, le tattiche della guerriglia cominciarono ad essere materia di studio in tutte le scuole militari, dopo il successo clamoroso ,che ebbero le azioni esercitate contro la “Grande Armèe” napoleonica, impegnata nell’occupazione della Spagna.

Dopo di che, i veri maestri furono personaggi della caratura di T.E. Lawrence e Mao Zedong.

Consiglio al lettore la lettura dei passi principali del famoso libro di Lawrence :“I sette pilastri della saggezza”, che Breccia giustamente riporta per intero.

Lawrende d’Arabia è ormai un mito ben noto, ma non guasta rivisitarne le gesta ,con la compagnia di un tecnico della storia e delle tecniche militari come è l’autore.

Stesse osservazioni valgono per Mao.

Se avete nella vostra libreria il “libretto rosso” tanto meglio, ma anche se non l’avete, Breccia vi presenta un’analisi fredda delle capacità messe alla prova dall’autore della “lunga marcia”.

Oltre agli elementi, che strada facendo, abbiamo già individuato come essenziali nelle tecniche della guerriglia ,sia con Lawrence che, date le dimensioni del suo popolo, ancora di più con Mao, l’elemento fondamentale da aggiungere è : “conquistare le menti e i cuori” del popolo per il quale si combatte.

Senza l’appoggio forte di un popolo la guerriglia non può avere successo.

Purtroppo per lui questo elemento basilare della “lotta per bande” è quello che ha decretato l’insuccesso del più noto e iconico fra i guerriglieri.

E sì proprio lui, il Chè.

Ve lo devo anticipare, Breccia ,essendo uno studioso per di più accademico, si è trovato costretto a trattare il povero Chè Guevara, piuttosto male.

Se leggerete il libro, come vi consiglio di fare, vedrete che pochi hanno sbagliato quasi tutto, da un punto di vista di tecnica militare, come il Chè.

Per esempio, è veramente scioccante apprendere, che, là dove è finita la sua avventura, sui quei monti desolati della Bolivia, il Chè non poteva proprio conquistare la mente e i cuori di contadini ,coi quali non era materialmente in grado di comunicare, dato che non si era preoccupato prima, nemmeno di informarsi sulla lingua che parlavano e che comunque né lui né i suoi conoscevano.

Errore madornale.

Ovvio che le tecniche della guerriglia sono le medesime ,che hanno sperimentato le brigate partigiane, che hanno combattuto la guerra di Resistenza in Italia, come in Francia.

Così’ come tutti i movimenti di liberazione ,che hanno combattuto per acquisire l’indipendenza degli stati sotto occupazione coloniale.

Ma non dubitate, l’autore vi farà passare anche da Cecenia, Palestina, Afganistan eccetera.

Proxy war, guerre asimmetriche, uso delle tecniche più moderne per ingannare e manipolare il nemico, Breccia non vi farà mancare nulla.

Non manca nemmeno la più inquietante delle prospettive del futuro vicino, più probabile, per l’evoluzione della guerriglia.

Secondo gli studiosi della materia, l’evoluzione più verosimile della guerriglia sarà nelle metropoli, anzi nelle mega-metropoli, che proprio a causa delle loro abnormi dimensioni, sono già oggi ,almeno parzialmente, incontrollabili.







giovedì 10 agosto 2023

Alessandra Colarizzi : Africa rossa Il modello cinese e il continente del futuro - Ed L’Asino d’oro – recensione

 



Siamo sinceri, se le nostre nozioni sulla Cina spesso difficilmente vanno oltre vaghe narrazioni esotiche, pervenutaci chissà da dove, le nostre nozioni sull’Africa, temo che siano ancora più vaghe e generiche.

Se vogliamo proprio verificare questa affermazione. con la cartina di tornasole della geografia, forse sarebbe meglio lasciar perdere, anziché porci delle domande, ma voglio essere cattivo.

Provate a mettervi alla prova .

Sapete indicare dov’è lo stato africano dell’ eSwatini ? O meglio sapevate che esiste?

E il distretto tecnologico cinese del Chengdu-Chongqing ?

Aiiah! Forse è meglio trovarci un agile manualetto di sicura affidabilità ,che ci dia alcune nozioni di base.

Eccolo, lo abbiamo trovato, basta comprarselo (costa poco) e leggerlo.

L’autrice dirige China Files “piattaforma multimediale specializzata in affari cinesi” ci dice l’ultima di copertina, dovrebbe bastare.

Basta e come, il saggio del quale stiamo parlando è breve ,ma documentato a dovere e con un’ottima bibliografia essenziale.

Amici miei, il mondo cambia a velocità impressionante e quindi la prima cosa che vi consiglio è questa.

Fate un esame di coscienza, come quello tipo cartina di tornasole ,che ho proposto sopra e, constatato umilmente, quello che c’è da constatare, lasciate perdere le quattro fregnacce da bar sport sull’argomento ,che circolano sui media e affrontate con apertura mentale l’analisi che questo libro serio vi propone, anche se probabilmente, contrasterà in modo abbastanza deciso con gli stereotipi circolanti.

I Cinesi mangiano i cani e diffondono le malattie a causa di bassi livelli di igiene : suonano non pochi media nostrani.

I Cinesi, come è noto di solito rispondono a queste battute : ma voi mangiate i cavalli, che nessuno in Cina mangerebbe.

Ecco!, eleviamoci da queste amenità e parliamo di cose serie.

Stiamo parlando di cosa stanno facendo ed hanno fatto i cinesi in Africa.

La robusta propaganda mediatica ,condotta con grande abilità e ,si direbbe, dai risultati conseguiti, con grande successo, dagli americani, letteralmente ossessionati dal presunto pericolo cinese, vuole che la Cina sia tutta impegnata a sovvertire l’ordine mondiale.

Attenzione, è grossa, perché detto così, se fosse vero, saremmo tutti in pericolo.

Va bene ma allora, bisogna cominciare dalla più elementare “analisi del linguaggio” e cercare di specificare cosa intendano i medesimi americani quando parlano di “ordine mondiale”.

Intendono l’ordine mondiale, che consegua alla realizzazione dei loro interessi strategici e securitari nazionali.

Non lo dico io, lo dice, per esempio ,con linguaggio molto piano e trasparente, il numero uno della geopolitica mondiale ed americana George Friedman.

Quindi “ordine mondiale” è da tradurre in : “ordine mondiale ,che garantisca l’egemonia strategica degli Stati Uniti”.

La Cina contrasta l’ordina mondiale, esplicitato, come abbiamo fatto sopra?

Ma certo e lo dice molto apertamente, da un bel pezzo, perché propone di sostituire l’ordine mondiale unipolare ad egemonia americana con un nuovo e diverso ordine mondiale a carattere multipolare ,nel quale non via solo un solo egemone, ma che riconosca il ruolo di diversi stati che per le loro caratteristiche di dimensione, peso economico e demografico, trascorsi storici ,eccetera,possono rivendicare un ruolo di egemone almeno a livello regionale.

Ma non basta.

Non basta ,perché gli Usa ,avendo vinto la Seconda Guerra Mondiale, se pure non da soli, hanno il vizietto di ritenere di avere la missione messianica di essere i più qualificati detentori dei valori liberali occidentali e quindi di essere incaricati dall’Altissimo di diffonderli nel mondo.

E qui ,però ci risiamo, come quando sopra ci siamo imbattuti nella dizione “ordine mondiale”

Quando si parla di esportare la “democrazia” e i “diritti umani” cosa si intende?

Democrazia nel senso formalmente procedurale ,cioè solo il realizzare un’elezione sulla base del principio :“one man, one vote”,come siamo abituati a pensare?

Oppure, non ci accontentiamo della procedura formale e andiamo a guardare ai risultati ,cioè a vedere se si è riusciti a eleggere governanti dotati delle necessarie qualità e preparazione, per raggiungere dei risultati conformi a un programma da noi condiviso, come si pensa nel sistema cinese basato sulla meritocrazia?

Questo punto è importantissimo e per chi vuole chiarirsi le idee in proposito rimando alla precedente recensione del saggio di Daniel A.Bell del 25 luglio scorso sul “Modello Cina”.

(http://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2023/07/daniel-bell-china-model-political.html)

Intendiamoci ,si può essere d’accordo o meno sulla presunta maggiore efficienza del modello cinese, rispetto alla democrazia formale all’occidentale, ma bisogna avere chiaro un dato di fatto, non un’opinione, che è questo.

L’Occidente, cioè noi, contiamo nel mondo per 1/8.

Il resto del mondo ,cioè la stragrande maggioranza degli abitanti del nostro pianeta, non la pensano come noi ,né sulla democrazia formale ,né sul modello liberista, né sui diritti umani formulati all’occidentale.

In Asia, Africa ,America Latina eccetera, si fa riferimento a culture antiche, che privilegiano la comunità, l’armonia e la stabilità rispetto alla priorità dell’individuo.

Bisogna pure che ce ne facciamo una ragione.

Il così detto “Washington consensus” è una delle pretese di egemonia ,che ci sono sulla faccia della terra, ma non è l’unica ,e non è detto che sia la migliore, o meglio che sia nell’interesse del nostro o di altri paesi.

La cosa va valutata, caso per caso.

Altro fatto e non opinione è questo : in Africa c’è una larga maggioranza di paesi che non hanno affatto dimenticato la storia, e che quindi conservano risentimento e sfiducia nei paesi ex colonialisti e soci.

Hanno al contrario una naturale propensione a vedere di buon occhio chi colonialista non è mai stato ,ed ancora di più quelli che il colonialismo l’hanno subito.

Ecco perché la Cina in Africa ha trovato le porte aperte, anzi spalancate.

Acquisita questa prospettiva, rimando alla lettura del libro per avere abbastanza nel dettaglio l’elenco ,estremamente corposo, degli investimenti cinesi in quel continente, sopratutto in infrastrutture.

La Cina ci ha guadagnato ,certo, perché nel periodo della sua massima espansione economica, le è venuta a fagiolo la politica delle grandi opere realizzate in Africa ,in cambio di materie prime e sopratutto di combustibili.

Oggi i tempi sono ancora cambiati, ma anche l’Africa ci ha guadagnato?

Sicuramente sì, ma vi rimando alla lettura del libro per avere una analisi puntuale.


















lunedì 7 agosto 2023

Domino rivista sul mondo che cambia – n 7 /2023 La Russia non deve morire Spaventati dal caos che provocherebbe la caduta di Putin adesso gli americani vogliono chiudere la guerra d’Ucraina. Contro la volontà di Kiev (e di Pechino) – recensione

 



La geopolitica ,ormai lo abbiamo capito, è materia nuova ed ancora piuttosto ostica, perché contraddice molte delle convinzioni che abbiamo immagazzinato.

Di conseguenza non sembra proprio il tipo di lettura di tutto riposo da fare sotto l’ombrellone.

Ma forse è proprio per questo ,che Dario Fabbri ,nel numero di luglio di Domino, ha sparato grosso e ad alzo zero.

Non nascondiamocelo, in qualsiasi bar sport d’Italia, per non dire in qualsiasi conversazione d’ufficio o di famiglia, quando si parla della guerra d’Ucraina, quello che viene fuori in prima battuta è : ma Putin è matto.

Vivevamo comodi e tranquilli nel mondo (illusorio per la geopolitica) dell’economicismo.

Ricordate la famosa battuta di Clinton “It’s economic stupid” ?

Ma sempre la geopolitica ci invita a pensare che a muovere il mondo in realtà non è l’economia, ma altre cose ,se vogliamo, più vecchie o addirittura arcaiche come la storia, le narrazioni che i singoli popoli si sono fatti sulla loro identità e il “fattore umano”.

Se seguiamo questi criteri arriviamo a constatare che ci sono popoli che non vivono di economia, ma proprio di storia e di narrazioni e su questa base sono convinti che i loro paesi o sono “imperi” o non sono.

Capisco che è grossa da dire e da visualizzare, ma pare che le cose funzionino proprio così.

Ecco ,allora, se vogliamo contarcela da persone colte, che si materializzano i fantasmi della pace di Vestfalia e del Congresso di Vienna, diventando attualissimi.

O se vogliamo dircela più terra-terra, traduciamo il vocabolo “impero” ,che avevamo cancellato dalla memoria con la matita rossa del politicamente corretto ,con la parola potenza “egemone”.

Che si attanaglia perfettamente agli Stati Uniti ed alla Cina, fra gli egemoni in atto, e alla Russia, Turchia, Iran,Brasile o Messico fra quelli potenziali.

Che fanno gli egemoni ?

Oh caspita! Che volete che facciano, fanno i loro interessi ,ammantandoli di parole buone.

Missione messianica di esportare nel mondo democrazia e diritti umani dicono alcuni (Stati Uniti e seguaci), stabilità e armonia (Cina e seguaci) eccetera eccetera.

Detto questo, torniamo al “Putin è matto!”

L’affermazione può essere compresa perché in effetti Putin ha commesso errori così grossolani da sembrare fuori di testa.

A cominciare ,dicono i militari, dal contraddire gli stessi manuali di tecnica militare stampati in Russia, perché un’offensiva si fa, non si annuncia tre mesi prima, perché così si fa saltare la sorpresa, mettendosi subito in posizione di svantaggio.

Poi non si fanno muovere colonne corazzate in fila indiana senza supporto di fanteria come hanno fatto i Russi iniziando l’invasione, perché così facendo,se un carro è colpito, questo frena l’avanzata di tutta la colonna e l’azione fallisce, eccetera eccetera.

Putin è universalmente definito l’autocrate per eccellenza.

Errore banale, dice la geopolitica, secondo la quale nessuno può fare e disporre quello che vuole, ma deve contare su un ampio e articolato apparato, che condivide il potere con lui .

E poi comunque tutti i componenti del medesimo gruppo sanno che devono essere sempre supportati dal consenso dei loro popoli se vogliono rimanere in sella.

E infatti questa affermazione della geopolitica, indigesta e contro-intuitiva è stata vistosamente confermata dal tentato golpe di Pregozin un mese fa.

Il fatto poi che lo stesso Pregozin sia ancora vivo, contraddice radicalmente tutte le nostre narrazioni e convinzioni sulla “governance” della Russia.

Il potere è sempre condiviso per sua natura.

Uno dei maestri del pensiero liberale, Bruno Leoni ,era addirittura autore della teoria del “potere diffuso”.

Veniamo quindi a sapere ,intendiamoci, per quanto possibile, che “là dove si puote quel che si vuole”, per dirla con Dante, cioè al Pentagono e agenzie sicuritarie americane collegate, nelle ore durante le quali si consumava il tentativo di golpe di Pregozin, si era in ansia e molto in ansia.

E ,incredibile ma vero, ci si augurava che il gruppo di potere che esprime Putin rimanesse in sella.

Perchè? Perchè erano diventati matti anche loro? Evidentemente perché dalle (buone e dettagliate) informazioni che avevano, sapevano con sicurezza che l’alternativa a Putin sarebbe stato il dissolvimento di un gruppo di potere relativamente moderato ,come risulta quello putiniano, a favore di nazionalisti estremisti, probabilmente incapaci di tenere insieme il paese più grande del mondo, quale è la Russia, dotata di ben 85 regioni, e un numero di etnie, lingue,religioni da far paura.

Qualche incosciente in Occidente potrebbe sfregarsi le mani, sognando la dissoluzione della Russia, pensando così di “fargliela pagare come si meriterebbero”, ma fortunatamente (si spera) al Pentagono pare la pensino proprio diversamente ,preoccupatissimi di doversi poi occupare di dover metterci mano loro, per rimettere insieme i cocci ,comprensivi di pare 3.000 testate nucleari sparse qua e là.

Prospettiva da film dell’orrore, ma al Pentagono il livello di orrore cresce a dismisura pensando a quanto si sfregherebbero le mani ,piuttosto ,a Pechino,nel caso di una dissoluzione della Russia, pronti a prendersi, in sol boccone, quella immensa terra che si chiama Siberia, magari dotata di un clima da cani, ma che risulta il forziere minerario più fornito del mondo.

E quindi : salvate il compagno Putin! Era l’invocazione che usciva dal Pentagono, per contro-intuitiva che la cosa possa apparire.

Ecco in quattro parole il contenuto di questo numero di Domino.

Come vedete, risulta avvincente come un thriller e quindi va benissimo anche sotto l’ombrellone.