domenica 30 gennaio 2011

All’ultima puntata di Anno Zero in onda il crepuscolo di questa classe politica

Era scontato che Santoro avrebbe approfittato per fare leggere in trasmissione le intercettazioni sulle notti di Arcore, per altro già conosciute dai telespettatori, ma comunque il florilegio era sufficiente per trasmettere un senso di precarietà e di sconcerto in chi vedeva la descrizione di un mondo di una tristezza agghiacciante.
Il vecchio capo che per avere una compagnia deve convocare oltre che (pochi) esponenti fidati sua della corte anche uno stuolo di figuranti a pagamento (tante, assurdamente tante) interessate solo a scucire il massimo possibile e del tutto indifferenti a quello che un tempo si intendeva per dignità personale.
Se la Conferenza Episcopale che per uno suo cinico calcolo sulla possibilità di lucrare il massimo dei privilegi possibile ha appoggiato senza troppe cautele il Berlusconismo per quasi vent’anni ora si lascia andare a qualificare la situazione presente come un “disastro anrtropologico” è proprio perché il disgusto ha cominciato a dilagare anche nelle ovattate curie di tutto Italia.
Non spetta alla magistratura accertare se è vero che il premier in carica sia arrivato a uno stato di cronica incapacità a controllare le proprie pulsioni sessuali, perché non si tratta di un reato, ma tutt’al più di una “malattia” come aveva commentato la signora Lario.
Lo spettacolo comunque sta assumendo tinte talmente cariche ormai sul piano del ridicolo e del grottesco che non si capisce come faccia la corte e soprattutto i quadri del Pdl a non trovare il buon senso per prendere le distanze dal capo ormai dovute al rispetto dei propri moltissimi rispettabili elettori.
Il Berlusconismo può sopravvivere alla sostituzione di un capo ormai impresentabile, anzi è interesse del paese nella attuale mancanza di una alternativa credibile che sopravviva, purchè però si abbia la dignità di prendere le distanze dall’indifendibile.
Perché la puntata di Anno Zero del 27 gennaio scorso era di grande interesse?
Non tanto perché ha riproposto come si diceva un florilegio delle notti di Arcore già note e arcinote ai telespettatori che non vivono sulla luna, ma perché era in palcoscenico anche l’altra parte politica per chiudere il cerchio della attuale classe dirigente in politica.
L’esponente che la rappresentava era la Bindi che quando veniva ripresa impietosamente di lato in tutta la vastità della sua figura, costringeva a fare questa osservazione : se il premier non riesce a governare nemmeno le proprie pulsione sessuali, l’On Bindi non riesce proprio a governare le proprie pulsioni alimentari.
Si tratta indubbiamente di un “peccato veniale” ma fino a un certo punto, tanto che come è noto in America l’obesità suscita gravi problemi psicologici in relazione al suo evidente contrasto con la morale calvinista dei padri fondatori.
Nel mondo cattolico non ancora forse per non mettere in imbarazzo la gran parte della casta clericale,che soffre di quel problema, ma è comunque un fenomeno che rivela un rilassamento nel controllo di sé che nuoce non poco a una figura pubblica.
Perdoniamo comunque i peccati veniali come da diritto canonico ed andiamo alle cose più serie.
La Bindi ha dimostrato in modo plateale come e perché questo paese di trova completamente incartato.
Sollecitata da tre vecchie volpi del giornalismo del calibro di Paolo Mieli, Enrico Mentana e Maurizio Belpietro cercava da uscire dall’angolo dove la avevano cacciata con le domande :
1 – se la situazione è così disastrosa per la tenuta delle istituzioni ed il prestigio del paese, come mai voi opposizione non chiedete a gran voce di andare alle urne al più presto dimissionando così a forza questo premier,come succederebbe in qualsiasi altro paese democratico?
2- se il premier se la caverà per l’ennesima volta e non comparirà mai davanti a nessun giudice come se fossimo ancora ai tempi dell’”Ancien Regime” e andrà avanti a governare in forza di una legittima maggioranza non è solo e soltanto perché voi non siete in grado di presentarvi come una alternativa credibile al punto che non siete nemmeno in grado di designare in modo univoco il vostro candidato premier da contrapporre a Berlusconi?
Siete voi che costringete la gente a votare e rivoltare Berlusconi.
Due domande semplici e senza alcuna oscurità di politichese.
Lo spettacolo è stato pesantissimo perché ha messo in luce un persona seria , dedicata alla sua causa e fortemente motivata come la Bindi che con assoluta convinzione e buona fede si attaccava ad argomenti speculari per la loro totale inconsistenza al “credevo che fosse la nipote di Mubarak” opposto da Berlusconi.
Di fronte alle pur semplici contestazioni avanzate da contradditori tosti ma estremamente corretti
proprio non riusciva a convenire che
-una forza politica che non è in grado di designare un candidato premier in un sistema bipolare è meglio che lasci perdere, perché è già finita e si affannava a dire che per lei il candidato era Bersani ben sapendo che le sue personali preferenze non risolvevano alcun problema;
-la geniale pensata di Bersani di raccogliere 10 milioni di firme anti Berlusconi è una palese sciocchezza e lei non riusciva a discutere sulla palese insensatezza e inconcludenza della iniziativa ma si affannava a dire che era sicura che il Pd ce l’avrebbe fatta a raccogliere le firme;
-per dimostrare che il Pd non è all’angolo ma ha solo un problema di comunicazione si affannava con grande foga a dire vedrete che alla prossima assemblea presentiamo il nostro programma e vedrete che roba!
Proprio non riusciva a capire che del programma del Pd a questo punto cioè fuori tempo massimo n on gliene importa niente a nessuno e che il problema loro non è la bontà o meno del programma ma la credibilità della sua classe politica che se non riesce ad esprimere un leader, candidato premier, in tempi ragionevoli, che sono già scaduti, è finita e basta.
Quello che colpiva era la foga, la cocciutaggine, l’intima convinzione di essere nel giusto.
Veramente poverina era ammirevole nella sua ormai tragica determinazione nel dimostrare senza volerlo di avere perso in modo irrecuperabile ogni contatto con la realtà.
Spettacolo tragicamente comico e quindi grottesco come si è detto : da una parte la ormai stanca rappresentazione delle notti di colui che un delle migliori penne della destra Maurizio Belpietro chiama “il vecchio porco”, dall’altra la parte forse migliore e più onesta del Pd che in diretta Tv esterna la propria incapacità ad essere di qualsiasi utilità per il paese.
In mezzo il cittadino elettore che a questo punto, a qualsiasi schieramento appartenga, non può che pensare : adesso basta, a casa tutti ed alle urne!
Lo stesso Belpietro pure invocando le elezioni ha scritto che tanto anche se gli italiani alle prossime elezioni sbagliassero nelle scelte una classe politica peggiore di quella che abbiamo di già non potremo trovarla.
A questo punto non è possibile non vedere da parte di chi sia in buona fede, come lo sono la stragrande maggioranza degli italiani che non siano sviati dalla difesa di interessi personali non confessabili:
- che il Berlusconismo ha una sola possibilità di sopravvivere ed e quella di sostituire Berlusconi e quindi è venuta l’ora che gli elettori e i quadri del Pdl si levino le fette di salame che si sono messe davanti agli occhi e trovino la dignità di finirla di difendere l’indifendibile, scarichino un capo che non sa più comandare nemmeno a sé stesso e salvino il progetto politico della “rivoluzione liberale” della prima Forza Italia che in quasi vent’anni Berlusconi non è stato capace di attuare nemmeno in parte;
- il centro sinistra ha una sola possibilità di offrire una alternativa agli italiani ed e quella di dichiarare quello che ormai è chiaro e cioè che il suo progetto politico è fallito e quindi è giunto il momento di fare finire uno spettacolo desolante e di trovare la dignità per sciogliere un partito che politicamente già non esiste più e che anzi con la sua ingombrante inconsistenza fa da puntello ad un Berlusconismo in estremo travaglio.
Di fronte al “disastro antropologico” denunciato dalla Cei sarebbe bene che la gente si rendesse conto che la disastrosa classe politica che ci ritroviamo non ci è stata imposta dallo Spirito Santo ma è stata incautamente eletta da ognuno di noi e che cioè la responsabilità di questa situazione non è di un Berlusconi-diavolo o dei contrapposti presunti “comunisti” ultradiavoli, ma è della pigrizia mentale di ognuno di noi che al momento delle scelte elettorali invece che documentarsi razionalmente ci siamo lasciati incantare dalla sirena del populista che suonava la canzone “io sono uno di voi io sono diverso, io non solo un politico, votate me” e poi ha fatto quasi esclusivamente gli affari suoi o dalla opposta sirena, bisogna riconoscerlo, ancora meno attraente e credibile che suonava l’altra canzone : “noi siamo la modernità noi gli unici onesti, noi i migliori per definizione, noi i colti e gli intelligenti, votate noi”.
Ora a casa tutti.
Però per le prossime elezioni prepariamoci per tempo, impegniamoci a superare i pregiudizi che ci hanno già fatto sbagliare una volta, vediamo di essere meno creduloni e documentiamoci un po’ di più.
Questo significa almeno una cosa fondamentale : per farci un giudizio sensato non serve il giornals di partito o il talk show del cuore ambedue costruiti apposta per corroborare i nostri pregiudizi.
Serve essere critici anche con noi stessi e le nostre opinioni consolidate, perchè i fatti stanno a dimostrarci che se l'Italia è oggi un "disastro antropologico" questo significa che in passato abbiamo sbagliato qualcosa o più di qualcosa e che quindi dobbiamo cambiare se non vogliamo lasciare il disastro antropologicio in eredità ai nostri figli e nipoti.
Per capire cosa abbiamo sbagliato non basta consultare il giornale o la Tv del cuore, occorre aprirci al resto del mondo e prendere visone degli altri punti di vista e delle altre proposte per trovare il materiale utile per ricalibrare le nostre opinioni-peregiudizi.
Se invece pensiamo che tutto quello che pensiamo sia giustio e che tutto il disastro dipenda dagli altri allora siamo irrimediabilmente degli sciocchi rassegnati a non avere un futuro.
Allora non vogiamo realmente realizzare un mondo di ideali quali che siano ma un regime dal pensiero unico : il nostro.
Non sarebbe una bella prospettiva.

giovedì 27 gennaio 2011

Il Pd è giunto ormai a fine corsa, tanto vale scioglierlo

Sono anni ormai che l’Italia non ha una opposizione parlamentare degna di questo nome, forse è venuto il momento di riconoscere il fatto che il PD ha fallito la sua missione e che di conseguenza la sua esistenza di partito inconcludente è ormi divenuta dannosa.
Ora che il ciclo del Berlusconismo , comunque lo si giudichi, sembra sempre più avviato non ad esaurimento ma probabilmente ad una radicale mutazione continuando ad esistere probabilmente senza Berlusconi, appare assurdo che il PD , concluso politicamente il suo ciclo con anni di inconsistenza assoluta, debba apparire di fatto come il principale sostegno del Berlusconismo a causa della sua cronica incapacità a proporsi come una alternativa credibile.

Il Berlusconismo se analizzato con criteri politologici e non di vuota polemica politica corrente si è imposto al consenso maggioritario degli italiani per quasi vent’anni per due ragioni fondamentali:
-è stato percepito come un fattore credibile di modernizzazione e di innovazione rispetto al regime politico preesistente (la Prima Repubblica) si ricordi l’obiettivo di fare una rivoluzione liberale della prima Forza Italia del’94;
-nel sistema bipolare costituitosi proprio negli anni del primo governo Berlusconi, diveniva fondamentale la figura e la personalità del leader della coalizione che potesse essere riconosciuto come un sicuro riferimento e Berlusconi è riuscito a presentarsi con quelle caratteristiche.

Il Pd invece ha perso la sua partita con la storia proprio perché specularmente è stato riconosciuto :
-come il portatore delle istanze dei ceti che volevano nella realtà la conservazione della situazione esistente.
Si tratta di quello che furbescamente ma efficacemente Berlusconi ha etichettato come il nemico comunista che in realtà era lo statalismo, il peso di una apparato burocratico invasivo pachidermico e inefficiente, un fisco inefficiente ma molto invasivo e parecchio pesante insomma tutto ciò che costituisce un ostacolo a chi vuole intraprendere invece che essere inquadrato nel lavoro subordinato;
-come un partito composito in balia di troppi capetti di scarsa levatura e con un passato ideologico nascosto e non entusiasmante, incapace di presentarsi con una leadership credibile.
Emblematico fu il tentativo di guida di Prodi, il tipico uomo sbagliato al posto sbagliato, del tutto incapace di esercitare un minimo di leadership e ancor meno di contrapporre al Berlusconismo un programma politico che non fosse il procrastinarsi del passato.
L’esperienza delle convention aziendali è stata molto utile a Berlusconi per riuscire a comunicare con chiarezza i suoi obiettivi strategici :
privilegiare il privato rispetto al pubblico;
ridurre la pressione fiscale;
favorire la libera impresa e il lavoro autonomo;
introdurre sistemi di reclutamento della classe dirigente basati sul merito e sui risultati come avviene nelle imprese;
ridurre l’apparato burocratico;
presentarsi come non politico nel senso di avverso alle manfrine della vecchia classe politica;
presentarsi come l’uomo del fare che privilegia le realizzazioni pratiche rispetto ai proclami ideologici;
puntare sul sentimento di insicurezza largamente percepito come reazione alla forte e improvvisa ondata di immigrati;
sfruttare la filosofia ispiratrice delle televisioni di Mediaset tutta focalizzata sul mero intrattenimento;
impersonare per la prima volta una versione di leadership indiscussa.

Sempre specularmente il Pd a causa dei suoi limiti e del migliore livello di comunicazione del Berlusconismo è stato percepito come il partito :
del pubblico privilegiato sul privato;
difensore del pubblico impiego e quindi della burocrazia;
partito delle tasse usate per tenere alta la spesa pubblica “improduttiva”;
ideologicamente buonista e quindi portato ad ospitare un qualsiasi numero di immigrati;
cronicamente incapace di esercitare una leadership fra le diverse componenti politiche ed anzi continuamente ostaggio di minoranze strette dai verdi più radicali ai comunisti più anacronistici.

Qual è stato il risultato di una contrapposizione così netta ed esasperata?
A costo di essere semplicistici si potrebbe dire che il vero nocciolo del problema è che il Berlusconismo, pur essendo la casa politica dei moderati, è stato percepito come una innovazione rispetto allo status quo della prima repubblica, mentre il Pd è stato percepito come la continuazione della prima repubblica con tutti i suoi difetti e quindi in sostanza come un elemento di conservazione.
Il progetto politico del Pd prevedeva la fondazione di una unica casa per i progressisti qualunque fosse la loro provenienza ideologica.
In realtà però si basava su due colonne fondamentali : il grosso di quello che era stato il Pci soprattutto nella sua componente riformista e l’area politica del cattolicesimo politico progressista.
In pura teoria non c’erano ragioni particolari che potessero far pensare a problemi di incompatibilità fra le due com ponenti principali e quindi il progetto politico sembrava destinato a rafforzarsi.
Forse la causa dell’odierno fallimento è che non si ottiene una struttura solida sommando due debolezze.
Cercheremo di analizzare il perché di due debolezze.

Cominciamo dalla componente ex Pci.
Qui gli elementi di debolezza sono talmente evidenti che non è certo difficile elencarli.
Prima di tutto la palla al piede di una ideologia risultata perdente nel giudizio della storia.
C’era un solo modo per esorcizzare in modo credibile quei ricordi spiacevoli ed era fare una analisi rigorosa di quello che c’era di buono nelle ideologia di partenza e di quali fattori invece avevano prevalso nel tempo snaturando l’originale pensiero di Karl Marx per ingabbiarlo in una dittatura nella interpretazione che del marxismo aveva fatto Lenin e attuato Stalin.
Gli ex Pci avevano a disposizione intellettuali di prim’ordine che avrebbero potuto facilmente offrire loro gli strumenti culturali per dare una solida base all’operazione.
Invece l’operazione non è nemmeno stata messa in cantiere ed invece si è assistito all’umiliante spettacolo di esponenti di primo piano che non hanno avuto alcun ritegno nel rinnegare le proprie radici culturali e storiche , qualcuno affidandosi a riferimenti politico culturali appartenenti ad altre storie e tradizioni, difficilmente combinabili con le loro vere radici, penso ad esempio a Veltroni con i suoi improbabili riferimenti a Kennedy e a Don Milani.
Sarebbe stato più sensato per loro tenersi almeno Gramsci e Pasolini.
Come mai l’operazione non è stata nemmeno tentata non ostante il livello non disprezzabile della classe dirigente ex Pci?
La risposta più plausibile è che quella classe dirigente era disposta a rinnegare le proprie radici ideologiche, ma non i pregiudizi e le idiosincrasie che aveva assorbito dalla storia del Pci.
Erano cioè disposti a rinnegare anche la propria madre ma non a fare quella severa revisione storica che li avrebbe costretti a riconoscere che loro avevano avuto torto e che i socialisti e i social democratici avevano avuto ragione.
Questa la prima delle ragioni sul versante ideologico- storico.
C’è poi un’altra ragione da ricercarsi sul versante della politica di potere.
Quei dirigenti politici sapevano bene che anche assumendo una qualsiasi altra denominazione partitica il loro radicamento territoriale come forza di potere era talmente forte e consolidato da farne in ogni caso una sorta di “Lega del centro Italia” e che da quei bastioni non li avrebbe scalzati nessuno.
Prevalse quindi il “partito degli assessori” che era e sarebbe rimasta una forza anche sotto una qualsiasi altra bandiera partitica e senza più alcuna ideologia.
Non è stata una scelta brillante né sul piano morale né sul piano politico.
Da allora le roccaforti sono state quasi generalmente mantenute ma con un costante stillicidio di consensi verso il basso, oltre che con una totale perdita di anima.
La gestione del potere da un grosso “vantaggio competitivo” ,ma se chi ne usufruisce non riesce più a comunicare con la società che dovrebbe rappresentare, il sistema politico si incarta.
Lo sbarco della Lega in Emilia con buoni risultati dimostra che la crisi degli ex Pci è sempre più pesante.
La contemporanea presa della Lega sull’elettorato operaio è un altro segnale di allarme rosso.
Il silenzio degli intellettuali e in generale dell’intellighentia italiana egemonizzata dalla sinistra da sempre è il terzo segnale della caduta verticale del Pd di provenienza Pci.
Quello che rimane come dicevamo è solo il “partito degli assessori”, cioè quella fetta di potere ancora consistente e ancora discretamente stutturata soprattutto nelle tradizioni regioni “rosse”.
In Italia l’arretratezza del sistema sociale fondato su vecchi vizi (baronie, signorie, corporazioni ecc.) prevale ancora sui più moderni criteri di scelta della classe dirigente per ragioni di merito e quindi la gestione del potere comporta una vischiosità maggiore che in altri paesi posti a nord delle Alpi.
Cioè chi detiene il potere è favorito dal fatto che la sua “base” chiude gli occhi sulle sue ladrerie, incapacità ecc. purché possa conservare la possibilità di avere un chiaro e visibile riferimento (il barone politico di turno) al quale rivolgersi per chiedere favori.
Da questa palla al piede che frena la modernizzazione del paese non è favorito solo il Berlusconismo ma anche i suoi competitori.
Ed allora a un Berlusconi che in qualsiasi altro paese sarebbe già stato sostituito è speculare un D’Alema che si trova esattamente nella stessa situazione di fruitore di un sistema incartato, non perché Berlusconi e compagni nonché D’Alema e compagni siano dei diavoli corruttori, ma perché la società che li ha votati è una società arretrata alla quale sta bene che esista il “barone” ben visibile e pronto a dispensare favori a suoi sudditi.
Il fatto poi che la componente del Pd in teoria più di sinistra sopravviva fruendo delle arretratezze della società italiana è cosa ancora più penosa.

Veniamo all’altra componente del PD, quella di matrice cattolica ex Dc.
Nella polemica politica corrente la si qualifica come ex sinistra Dc e questo non è affatto vero ed anzi è una delle cause del suo fallimento.
E’ chiaro a tutti che ad esempio la Binetti Fioroni e rispettivi seguaci rappresentano settori ed anime del cattolicesimo politico ovviamente rispettabili ma che non hanno nulla da spartire con le idee e la stori della sinistra Dc.
E’ vero che la sinistra Dc come tutte le componenti politiche ha usufruito o sofferto secondo i punti di vista di componenti diverse : la sinistra “sindacale” di Donat Cattin era diversa dalla sinistra “intellettuale” di Marcora che trovava la propria ispirazione nell’ereadità di Mattei.
Quella fiorentina di Nicola Pistelli era diversa da quella emiliana di Andreatta e poi Prodi che aveva ispirazione nel Dossettismo.
La Pira era un personaggio a sé. E nel Meridione Sullo conterraneo di De Mita aveva una sua connotazione non sovrapponibile a quella di DeMita ecc.
Fanfani giocava la sua partita in proprio per temperamento personale, ma per molti versi era assimilabile alla visione della sinistra.
C’era però un comune sentire e una connotazione ideologica ben precisa orientate a una politica economica di tipo Keynesiano, una fiducia nella missione del pubblico di gestire un ampio welfare .
di servizi e un orientamento di politica estera diretto a privilegiare il Mediterraneo e i rapporti col terzo mondo nel quadro di un europeismo convinto.
La visione politica era basata su una concordanza di vedute più profonda nella collocazione all’interno del mondo cattolico e delle componenti ecclesiali.
Per farla breve questa area politica si riconosceva pienamente nelle idee sulla Chiesa che avevano portato al rinnovamento operato dal Concilio Vaticano II, non è un caso che Giuseppe Dossetti si fosse trovato al Concilio come attivissimo segretario di uno dei quattro “modertori” il Card Lercaro.
Questo ultimo fatto ha avuto una importanza fondamentale perché la sinistra Dc era ben conscia del fatto che la propria visione peculiare delle cose era saldamente ancorata a una componete ecclesiale di grande peso.
Quando è finita la Dc nel 1993 con la nascita dell’allora Partito Popolare, Camillo Ruini era Presidente della Conferenza Episcopale Italiana già da due anni ed era già chiaro il suo disegno di perseguire una decisa politica di intervento della Chiesa sulle questioni politiche in modo sempre più diretto, favorendo le componenti moderate del mondo cattolico e tagliando i finanziamenti senza tanti complimenti a qualsiasi altra componente del mondo cattolico.
Successe quindi che la componente moderata del cattolicesimo politico non ebbe difficoltà a cercare una sponda ecclesiale nella potente e ben strutturata Cl per confluire in gran parte nel Berlusconismo ,con la benedizione e l’appoggio di Ruini e del media cattolici, mentre la componente di sinistra si trovò del tutto spiazzata e senza mezzi.
Con una certa visibilità rimase solo la componente prodiana, che vantava il background culturale di tutto rispetto e ben strutturato ispirato a Dossetti, con la vicinanza dell’Istituto di scienze religiose di Alberigo, dei Dehoniani del Regno e una piccola ma forte galassia di centri di ricerca che andavano oltre il più noto Nomisma, nonchè il prestigio culturale del Mulino.
Prodi però chiaramente non seppe esercitare una leadership che gli consentisse di amministrare l’eredità della sinistra Dc .
Per fare questo non sarebbe stato necessario solo saper coordinare politicamente quell’area, ma sarebbe stato necessario anche sostenere con mezzi materiali e copertura mediatica l’ area cattolica progressista, completamente oscurata da Ruini , ma esistente e con una consistenza rilevante.
Senza questo ancoraggio di tipo ecclesiale e culturale l’area politica avrebbe rischiato di finire come il “partito degli assessori” degli ex Pci e poi Ds, un gruppo di potere senz’anima e sempre più distaccato da una base reale nella società.
E infatti così è finita.

Ci siano quindi ritrovati con due debolezze ex Pci ed ex Dc che se sommate non possono fare una forza, come si era detto all’inizio, ognuno dei due in grave crisi di identità e senza più legame con un elettorato di riferimento.
A questo puto occorrerebbe avere il coraggio di pronunciare la dichiarazione di fallimento sciogliendo il partito sembra ulteriori indugi.
Non sarebbe la fine del mondo.
Del resto anche le altre forze di sinistra in Occidente sono oggi in crisi molto serie anche se partivano da condizioni di maggiore forza rispetto alla situazione italiana.
Le componenti di derivazione marxista avevano da decenni rinnegato il comunismo sovietico adottando le politiche proprie delle moderne socialdemocrazie.
Le componenti cattoliche progressiste godendo di posizioni più periferiche e più indipendenti dal Vaticano rispetto ai cattolici italiani non avevano mai avuto problemi a militare direttamente nei partiti socialisti democratici.
Cioè le due componenti pure con storie e riferimenti ideologici simili ma di diversa ispirazione avevano fatto scelte molto più “moderne” rispetto ai confratelli italiani.
Ma i nuovi problemi giunti al seguito della globalizzazione del mondo hanno messo in crisi anche loro ed ora occorre trovare comunque nuove strade , nuove politiche e un nuovo elettorato di riferimento. Si può quindi anche fare a meno del Pd.

mercoledì 26 gennaio 2011

Il Card.Bagnasco ha bisogno del lettino dello psicanalista

Invito il lettore ad esercitare la virtù della pazienza e leggersi tutte le 14 cartelle del discorso del Card Bagnasco all’assemblea della Conferenza Episcopale dell’altro ieri, facilmente reperibili su Avvenire
(http://www.avvenire.it/Chiesa/bagnasco+prolusione+virtu+saggezza_201101241601377930000.htm), perché ne vale la pena.
Si tratta di un discorso alto e ben costruito.
La cosa sorprendente è che se lo depurassimo dei riferimenti prettamente clericali potrebbe essere facilmente sovrapposto a quelli che normalmente pronuncia ad esempio Obama nei suoi momenti migliori.
E’ un discorso da leader politico di lungo respiro, che sappia volare alto.
Quindi un punto a favore di Bagnasco, ma non trascuriamo il particolare non secondario che Bagnasco non è un leader politico ma è il numero uno della Chiesa Cattolica in Italia e quindi c’è probabilmente qualcosa che non quadra.
Inutile osservare quello che è ovvio e cioè che la gente si rivolge alla Chiesa per avere risposte sul senso della vita e delle cose e non ricette politiche, se pure valide ed elevate.
La disgraziata situazione del nostro paese che soffre da decenni il fatto di essere governata da una classe politica la cui inadeguatezza è sotto gli occhi di tutti fa sì che i “poteri forti” presenti nella società si sentano in dovere di supplire all’estrema debolezza della politica.
La Chiesa in Italia anche lei da decenni cade nella trappola di supplire al vuoto di una classe politica bloccata.
Con una aggravante, che la gerarchia cattolica ha ritenuto da tempo di sfruttare la situazione a proprio favore scambiando cinicamente in un’ottica da ragion di stato il proprio appoggio ad una fazione politica in cambio di favori molto consistenti in materia di privilegi cioè finanziamenti, esenzioni fiscali ecc,nonché la pretesa di strappare delle leggi che impongano a tutti gli italiani il punto di vista sulla bioetica messo a punto dalla medesima gerarchia.
Per non farla lunga con questa strategia politica le casse delle curie italiane si sono riempite, ma le chiese si sono svuotate di fedeli.
Non è difficile notare che quei pochi rimasti sono attratti non tanto da salde convinzioni ma per lo più dai servizi offerti dal “welfare cattolico”, che con quei soldi sopra citati sostituisce quello che lo stato non è più in grado di offrire.
Il fondatore degli oratori, Filippo Neri li vedeva come “palestre dello spirito”-
Più modestamente questi sono oggi fondamentalmente una grande “baby sitter” di grandissima utilità per le famiglie ma un po’ tanto sottotono sul piano della formazione.
Non diverso il discorso degli “oratori per anziani” o delle altre mille strutture assistenziali, pure assolutamente benemerite, dal momento che in moltissime situazioni rappresentano le uniche strutture di aggregazione o di assistenza sociali esistenti.
Siamo sempre però chiaramente nel campo della supplenza della Chiesa nei confronti di quello che la pubblica amministrazione, governata dalla politica, dovrebbe fornire alla società.
Ed è abbastanza ovvio che in tutti questi casi non si possa invocare il “principio di sussidiarietà”, che molti furbacchioni anche cattolici interpretano in senso affaristico- liberista e non di dottrina sociale.
Piuttosto è una legge inesorabile della scienza politica quella per cui comunque qualsiasi vuoto di potere venga immediatamente riempito da altre forze o da altri poteri.
Se la chiesa fosse fortissima sul piano prettamente religioso, cioè della capacità di dare risposte “di senso” di grande forza logica e in grado di suscitare forti convinzioni, le sue attività diciamo collaterali in campo di offerta di servizi e di supplenza politica andrebbero anche bene perché sarebbero visti come un sovrappiù.
Ma sappiamo bene che la realtà è proprio l’opposto e cioè che la chiesa sta attraversando una crisi nera sul piano suo proprio, quello della religione, cioè della capacità di fare il discorso su dio in modo sensato, comprensibile e convincente per l’uomo di oggi.
Prendiamo la cartina di tornasole per verificare la validità di una religione in quanto tale.
Qual è il momento nel quale l’uomo sente in modo più straziante l’impulso a cercare risposte dalla religione? Lo sappiamo tutti.
Allora proviamo a esaminare la consistenza delle omelie funebri.
Tra parentesi dedicherò a questo argomento un apposito post perché si tratta si situazioni molto significative e sintomo di una crisi più profonda di quello che comunemente si crede.
Ebbene nel momento del maggior bisogno per il più o meno “fedele” e della maggiore fragilità emotiva le risposte della religione sul terreno che è quello più suo sono fonte di una delusione sconfortante.
Questa è proprio la dimostrazione che la chiesa non occupandosi più di religione in modo prevalente, essendo occupata su altri fronti, che dovrebbero essere secondari e che comunque non sono essenziali, quando deve parlare di religione pura non sa più fare un discorso minimamente convincente per l’uomo di oggi.
Tornando al discorso di Bagnasco ripetiamo : ottimo discorso, ma che c’entra con la chiesa cattolica?
Qualsiasi testo teologico su “laicità politica e chiesa”, se lo consultate anche solo nell’indice, vi dirà che spetta alla chiesa fornire i principi generali relativi ai valori di riferimento, ma che la valutazione delle singole scelte politiche spetta all’autonomia dei laici, che anzi non devono nelle medesime scelte invocare e compromettere l’autorità della chiesa, per la semplice ragione che il giudizio sulle singole scelte politiche è legato a una valutazione di singole situazioni di fatto, che per natura è opinabile e quindi facilmente fallibile.
Questo é proprio l’abc di qualsiasi discorso sulla politica che si possa fare in casa cattolica e quindi tanto più sorprende il fatto che la gerarchia al suo massimo livello faccia finta di non conoscerlo e comunque lo contraddica.
Nel discorso di Bagnasco ci sono alcune valutazione prettamente politiche, cioè ci sono giudizi e valutazioni su singoli atti politici (ad esempio il giudizio sul finanziamento della riforma universitaria; la valutazione sul presunto eccesso di strumenti di indagine da parte della procura di Milano sul caso Ruby; l’accenno a “esperimenti rilevanti nelle condizioni lavorative” sembra dipingere la ricetta Marchionne; l’analisi sociologica sulla contestazione studentesca con relativi giudizi ; il giudizio sul fatto che il debito pubblico dovrà rientrare; c’è perfino una proposta indiretta ma chiarissima di introduzione di una tassa patrimoniale;
parla di urgente riforma del fisco).
Che senso ha che il presidente della Conferenza Episcopale scenda alla indicazione ed al giudizio su provvedimenti politici concreti, altamente opinabili a seconda delle proprie legittime diverse opinioni politiche e della conoscenza tecnica delle materie alle quali appartengono?
E’ estremamente pericoloso che la chiesa si avvii allegramente sulla strada della politica tra l’altro senza che un commentatore o un politologo abbia da eccepire essendo tutti pronti a lodare il cardinale per le indicazioni politiche che da favorevoli alla sua parte o al suo pensiero e trascurando completamente le altre.
Forse la chiesa pensa che per essere considerata moderna ed “a la page” è opportuno che entri nella dialettica politica per far vedere che è informata?
Ci mancherebbe solo questa, ma oramai ci siamo almeno in parte.
Ma andiamo oltre, perché ho detto nel titolo che il Cardinale Bagnasco farebbe bene ad accomodarsi sul lettino dello psicanalista?
Non solo perché sembra non avere più idea di cosa sia il suo “mestiere”, ma perché le indicazioni che da sono altamente sorprendenti.
Provate a riflettere un momento su questo breve florilegio di affermazioni letterali contenuti nell’allocuzione della quale stiamo parlando :

-in ogni campo bisogna dare ascolto alle preoccupazioni reali e ai dubbi sinceri
-Il consumismo ha fiaccato tutti
- la cosiddetta “modernità liquida” dominata da quella che alcuni hanno definito “ideologia del mercato”.
-la cultura della seduzione
-ha così potuto affermarsi un’idea balzana della vita, secondo cui tutto è a portata di mano, basta pretenderlo. Una sorta di ubriacatura
-sembrava che il trend della crescita dovesse tutto sommato aumentare sempre, in un movimento espansivo che avrebbe via via incluso sempre nuove fette di popolazione
-si stava vivendo al di sopra delle proprie possibilità. Bisogna allora imprimere una moderazione complessiva dell’andamento di vita,
-bisogna infrangere l’involucro individualista e tornare a pensare con la categoria comunitaria del “noi”, perché tutto va ricalibrato secondo un diverso soggetto.
-occorrerà convertire una parte di ciò che eravamo abituati a considerare nella nostra esclusiva disponibilità, e metterlo nella disponibilità di tutti. E naturalmente chi nel frattempo aveva accumulato di più, qualcosa di più ora deve mettere a disposizione necessaria conversione degli stili di vita
- rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé, ecco che il disastro antropologico in qualche modo si compie a danno soprattutto di chi è in formazione. Non esiste una vita senza sacrificio.
-adesso più che mai è il momento di pagare tutti nella giusta misura le tasse che la comunità impone Chi fa il furbo non va ammirato né emulato. Il settimo comandamento, «Non rubare», resiste con tutta la sua intrinseca perentorietà anche in una prospettiva sociale.
-la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli
la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli
-la vita di una democrazia – sappiamo – si compone di delicati e necessari equilibri, poggia sulla capacità da parte di ciascuno di auto-limitarsi
-comporta la disponibilità ad uscire dalla ricerca del proprio interesse esclusivo per perseguire insieme il bene del Paese
-chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda (cfr art. 54
-comportamenti radicalmente faziosi. Forse che questo non sarebbe un attentato grave alla coesione sociale
-se si ingannano i giovani, se si trasmettono ideali bacati cioè guasti dal di dentro, se li si induce a rincorrere miraggi scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorcente della realtà, si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità, si depotenziano le energie del rinnovamento generazionale.

La mia prima ma profonda impressione è che nessuno negli ultimi anni in Italia ha detto tante “cose di sinistra” tutte insieme e con una trama così coerente e convincente.
Però come è noto ,” last but not least”,la Conferenza episcopale italiana ha sostenuto il Berlusconismo con convinzione da quasi vent’anni.
Ed allora ecco la necessità del lettino dello psichiatra.
Si può pensarla come si vuole a destra o a sinistra o al centro, più che legittimamente ma non si può dire una cosa e poi fare esattamente l’opposto con la massima naturalezza e con preghierina e benedizione finale.
Perché questa allora diventa una colossale presa in giro.

martedì 25 gennaio 2011

CL e la dottrina sociale della Chiesa.

Ovvero come mai il cattolicesimo politico di centro- destra è risultato vincente e quello di centro-sinistra perdente.


E’ oramai un ventennio che il cattolicesimo politico progressista ha perso ogni visibilità.
E’ oramai dallo stesso periodo che il cattolicesimo politico conservator-moderato-tradizionalista confluito nel Berlusconismo gode di ottima salute, ampia visibilità e sostanziale potere.
Tutti sanno che il merito di questo periodo col vento in poppa di questa branca del cattolicesimo politico sta nella forza “politica” di CL e delle scelte che ha fatto appoggiando il Berlusconismo.
Il cattolicesimo progressista in politica, finita la fallimentare esperienza di Prodi e amici è talmente in crisi che le comparsate televisive della Bindi e C suscitano ormai una malinconica pena.
Non ci sono né idee né uomini credibili per andare avanti, tanto varrebbe riconoscere senza indugi il fallimento del progetto politico del PD e pensare ad altro.
Di questo però ce ne occuperemo in un altro post, qui interessa invece interrogarsi per vedere se si tratta di mera buona o cattiva sorte, oppure se dietro il successo della componente moderata e l’insuccesso di quella progressista non ci sia qualcosa di serio e di sostanziale che hanno determinato le fortune di una e la sfortuna dell’altra.
A mio parere, come vedremo, la risposta è positiva, cioè ritengo che non si tratti né di causalità, né di buona o cattiva sorte ma di scelte politiche ideologiche che hanno prodotto i risultati dei quali stiamo parlando.
Per cominciare mettiamo subito da parte gli opposti fanatismi pro o contro il Berlusconismo , cioè cerchiamo di mettere da parte i pregiudizi e di analizzare invece alcuni fatti e le loro radici culturali.
Tutti sappiamo che Cl da decenni sta dietro a una tale occupazione di posti di potere nella politica , nella società e nell’economia da avere acquisito una visibilità ormai perfino imbarazzante per un movimento nato come ecclesiale e che oggi al di là della volontà dei suoi dirigenti viene percepita di conseguenza come una grossa forza di potere.
C’è da scandalizzarsi? Obiettivamente si e no, nel senso che se andiamo indietro di non moltissimi anni cioè dagli anni dal 60 agli 80 le Acli ,altro movimento ecclesiale, forse ancora più strutturato di CL quanto a dipendenza ecclesiale, avevano un gruppo parlamentare nella Dc che ha veleggiato per decenni fra i 20 e i 30 deputati e senatori, cioè nettamente più consistente di quello che hanno oggi i ciellini nel Pdl.
Non parliamo della Coldiretti, ancora più potente, anche se meno consistente sul piano ecclesiale.
Per intenderci : troverei giusto scandalizzarsi nei casi nei quali l’analisi portasse a individuare movimenti nati come ecclesiali trasformati in consorterie per l’ occupazione di posti di potere e basta, non troverei nulla da scandalizzarsi ove l’analisi portasse a individuare dietro a questi movimenti delle solide motivazioni culturali o dottrinali.
Veniamo quindi a CL.
Il Berlusconismo vissuto in modo fanatico dagli opposti schieramenti ha causato dei danni nel mondo cattolico nel senso che ha arruolato nelle opposte curve di fans ambedue le principali anime del cattolicesimo italiano.
E’ quindi diventato assiomatico per chi sente di appartenere alla componente progressista dipingere acriticamente il Berlusconismo come la fonte del decadimento della società italiana e assolvere il proprio schieramento diventato sempre più invisibile e inconsistente nella politica come vittima dello strapotere del Berlusconismo e non della propria sopravvenuta incapacità di proporre una linea politica coerente.
Gran parte del mondo cattolico progressista vede quindi Cl con l’irritazione di chi di si è visto ridotto all’angolo e tende a giudicare questo movimento con la stessa acredine con la quale sono stati redatti gli ultimi libri- inchiesta sul potere di Cl in Lombardia e nella sanità lombarda.
Mi riferisco ad esempio ai lavori di Ferruccio Pinotti : la lobby di dio e di Enrico De Alessandri : Cl assalto al potere in Lombardia, che riportano i dati utili per evidenziare la consistenza del potere politico occupato dai ciellini ma che non sanno fare alcuna analisi sulla cultura politica e l’ispirazione dottrinale che hanno portato questo movimento a divenire potente, abbiamo detto, in modo perfino imbarazzante.
Consiglierei il lettore che volesse aggiornarsi su Cl per capire se dietro a tanto successo c’è solo sete di potere o qualcosa di più consistente a seguire ad esempio Luigi Amicone direttore di Tempi il settimanale di Cl sul suo settimanale o nelle sue comparsate televisive.
Si accorgerebbe di un fatto fondamentale che vedremo di analizzare.
Cl ha scoperto il capitalismo e dopo averlo sperimentato ha concluso che può essere buono e virtuoso.
Per essere chiaro sono stato probabilmente troppo semplicista, ma questa è quella che vedo come la chiave di tutto il ragionamento.
Qualcuno potrebbe dire tutto qui?
E va bene, nella società italiana di oggi queste asserzioni sono condivise se non dalla totalità, presumo, da almeno i due terzi degli italiani e allora, cosa c’è di rilevante nel fatto che Cl abbia scoperto il capitalismo e lo abbia trovato sostanzialmente buono?
E invece c’è molto di più di quello che possa sembrare a prima vista per il semplice fatto che il rapporto fra la dottrina sociale della Chiesa e il capitalismo i rapporti non sono mai stati particolarmente buoni.
Sono stati pessimi fin dai tempi del fondatore del cristianesimo quel Gesù Cristo descritto dai Vangeli colme un figlio di lavoratore e lavoratore lui stesso che chiama ad esser suoi discepoli una turba di dodici apostoli provenienti nella quasi totalità dai ceti popolari più minuti.
L’interpretazione letterale dei vangeli porterebbe perfino a dover rilevare un pregiudizio del Cristo contro i ricchi.
La monumentale costruzione teologico-dottrinale che la Chiesa nei secoli ha sovrapposto al nudo messaggio evangelico non è stata da meno.
Difficile trovare nella Patristica e poi nella teologia medioevale delle paroline dolci per i ricchi.
Nei tempi moderni le cose non sono cambiate in modo sostanziale.
La reazione dei papi al capitalismo da quando hanno cominciato, se pure parecchio in ritardo ,ad occuparsi direttamente del problema i cioè da Leone XIII in poi non ha certo migliorato il rapporto.
Anzi, al contrario, al punto che quel poco che hanno detto in difesa dei capitalisti era stato quasi strappato loro non dalla convinzione ma dalla paura del social-comunismo che avevano individuato come il più terribile fattore di convulsione sociale, che volevano evitare a tutti i costi.
Il più progressista di tutti i papi in campo sociale che è stato Paolo VI tutto quello che ha scritto era chiaramente ispirato diciamo da una non simpatia ed ancora minore stima per le virtù del capitalismo.
Non parliamo del quasi Santo Papa Woytila, il primo papa quasi sindacalista, pervicacemente tradizionalista in dottrina, ma che non ha mai visto il capitalismo come la giusta alternativa al comunismo.
Papa Ratzinger uomo di altri interessi e di altre esperienze se ne è occupato ma senza dire nulla di nuovo o di originale.
Questo striminzito riassunto della dottrina sociale per dire che se cercassimo qui la base dottrinale per appoggiarvi la propria simpatia per il capitalismo avremmo sbagliato indirizzo.
E allora Cl che si presenta come il movimento più ossequioso della tradizione e della ortodossia dove è andata a prendere le se idee sul capitalismo?
Ovvio da Don Giussani.
Don Giussani, per chi sa di chi stiamo parlando realmente e non solo del suo mito, era una figura singolare.
Era l’ultra tradizionalista che si era precipitato dal vecchio e malato Paolo VI esortandolo di bloccare l’attuazione di alcune parti e interpretazioni del Vaticano II ,ma era anche uno dei pochissimi esponenti del cattolicesimo italiano che fosse curioso e interessato del cattolicesimo e soprattutto del cristianesimo riformato anglosassone ed in particolare dell’evangelismo americano.
Lo aveva studiato ed aveva anche fatto un serio viaggio di studio negli States, dal quale era tornato entusiasta.
Ecco da dove viene l’interesse e la sostanziale benedizione del capitalismo, che resta invece sostanzialmente indigesto alla dottrina sociale non ostante gli sforzi del banchiere Gotti Tedeschi, oggi posto dal papa a “risanare” lo Ior, che del capitalismo è un aperto difensore, portando però le argomentazioni di scuola Opus Dei più elitarie e quindi meno adatte a trovare ampi consensi.
Quando si sente un ciellino convinto parlare del suo incontro personale con Cristo sembra di sentire le confessioni a raffica che si possono seguire anche da noi dai siti satellitari televisivi evangelici statunitensi.
Allo stesso modo è inevitabile individuare nei discorsi dei dirigenti della Compagnia delle Opere l’eco della concezione calvinista della fortuna negli affari come segno della benedizione divina per il proprio buon operare, anche se questa osservazione li irriterebbe parecchio.
E in parte avrebbero ragione perché effettivamente nel bagaglio dottrinale culturale che Cl ha preso dall’evangelismo americano per “benedire” il capitalismo, manca quasi del tutto il rapporto con il liberalismo, nato illuminista e laico e quindi di difficile digestione per l’opinione tradizionalista del cattolicesimo soprattutto nostrano.
Pur con questo limite, che non è a poco, il fatto che abbiamo rilevato è di grande rilevanza perché mette in evidenza che una parte consistente, anche se non maggioritaria dell’opinione cattolica tradizionalista in Italia ha portato una sostanziale innovazione al pensiero sociale cattolico, andando oltre alla dottrina sociale della Chiesa.
Questa accettazione del capitalismo potrebbe per alcuni versi essere anche considerata una accettazione, se pure parziale, della modernità.
Cl pervenuta a queste posizioni a causa della sequela del pensiero del suo fondatore ha obiettivamente operato una innovazione nel pensiero sociale cattolico che la ha messa in sintonia con alcuni dei dati ritenuti acquisiti dalla gran parte della gente e questa è stata una e non ultima delle ragioni del suo successo nel campo della politica.
Sarà un caso ma la diffusione a macchia d’olio della Compagnia delle Opere sul terreno della piccola e media impresa la ha saldamente posizionata nel cuore del capitalismo italiano, che non è notoriamente basato sulla grande impresa.
Sull’altro versante, quello dei cattolici progressisti ,cosa è stato elaborato di innovativo nel corso di questi ultimi vent’anni?
Vedremo di rispondere a questa domanda nel corso di un successivo post.
Anticipo che non mi sembra che sia stato elaborato nulla di innovativo e che di conseguenza il loro riferimento culturale-dottrinale, pur essendo paradossalmente più aderente al corpus della attuale dottrina sociale della Chiesa, rispetto alla “innovazione” della “benedizione “ del capitalismo operato da parte di Cl, li fa percepire dall’opinione pubblica non come realmente progressisti, ma come i conservatori dello status quo e questa è precisamente la ragione del successo degli uni e dell’insuccesso degli altri.
Con tutto questo non si vuole affatto distribuire pagelle e tanto meno dire che Cl abbia dato un contributo essenziale all’evoluzione della dottrina sociale, ma si riconosce semplicemente che Cl ha messo in circolo una innovazione rispetto al corpus della dottrina sociale e questo fatto è risultato premiato a livello di società e di politica.
Allo stesso modo non si è voluto dare alcun giudizio su Cl giudicando se questo movimento ha ancora una sua valenza ecclesiale o se si è ridotto a una lobby di potere.
Si è solo detto in prima approssimazione che sembra di rilevare che la gente lo percepisca oggi più come lobby politica potente che non come movimento ecclesiale.
Come movimento ecclesiale fermamente tradizionalista non sembra che possa avere un roseo futuro se si guarda al resto d’Europa dove questa interpretazione del cattolicesimo ha ridotto il cattolicesimo stesso all’irrilevanza pressoché ovunque.
Come background culturale di orientamento cattolico moderato, nell’ambito di quel movimento politico che è il Berlusconismo è risultato finora vincente per le ragioni che abbiamo cercato di mettere sopra in evidenza e cioè sostanzialmente per il fatto che è percepito come innovativo rispetto alla tradizionale dottrina sociale delle chiesa e vicino al modo di sentire di quella fetta considerevole della società che proviene dal mondo delle libere professioni e del lavoro autonomo, che, guarda caso, coincide con la base elettorale del Berlusconismo.
L’altra faccia della luna del mondo cattolico paradossalmente più vicina di Cl alla tradizionale formulazione della dottrina sociale non avendo innovato né prodotto nulla di originale finisce per portare su di sé il peso dei limiti e dei pregiudizi storici che appesantiscono ancora quella dottrina e in particolare l’orientamento di fondo più favorevole agli interventi dello stato in economia che non all’iniziativa privata e tutto quello che ne deriva.
E’ vero che la dottrina sociale elenca il principio di sussidiarietà come cosa propria, ma questo principio è molto generico e può essere declinato in tanti modi.
Cl non solo lo ha declinato in modo molto estensivo ma si è dotata anche delle strutture per metterlo in atto.
E’ chiaro che se passiamo dalla teoria alla pratica e andiamo a vedere la galassia delle cooperative aderenti alla Compagnia delle Opere alle quali per esempio gli ospedali pubblici hanno fatto come si dice oggi “outsourcing” esternalizzando tutta la logistica e i servizi avremmo più che qualche interrogativo da porci sulla opportunità che siano proprio i cattolici ad ispirare le forme di lavoro più precarie che esistono nella realtà attuale, ma questo è un altro discorso.

venerdì 21 gennaio 2011

La volgarità fa schifo ancora a molti per fortuna ma non è un reato

Le quasi quattrocento pagine redatte dalla Procura di Milano per con vocare Berlusconi in Tribunale sono state la manna per giornali e notiziari che sulle notizie pruriginose realizzano il massimo della loro diffusione pur essendo ma solo in teoria un reato la diffusione dei medesimi atti.
Il contenuto degli indizi di reato, costituito per lo più da intercettazioni telefoniche di una ventina di giovani ragazze di varia umanità sembra fatto apposta per causare una deflagrazione impressionante di voyerismo e di indignazione.
Lo spaccato di società che ne viene fuori è assolutamente orribile.
Almeno le nigeriane o le slave che battono i marciapiedi sono lì perché costrette dal debito che hanno contratto inconsapevolmente con i loschi mercanti che le hanno fatte espatriare e quindi non sono affatto consenzienti, trovandosi in condizione sostanziale di schiavitù.
Le giovani che compaiono nelle intercettazioni sembrano essere invece assolutamente al corrente di cosa siano andate lì a fare e soprattutto hanno le idee chiarissime su una cosa sola : spillare più soldi possibili al vecchio anfitrione.
C’è perfino il caso limite del padre che sgrida la figlia per non essersi spinta avanti abbastanza.
Con un capolavoro di cinismo uno dei migliori giornalisti di Libero ha scritto che quelle non sono escort perché le escort di alto bordo sono professioniste che sanno fare il loro mestiere e che quindi sanno bene che in Italia non conviene andare a “sputtanarsi” con i politici, ci si rovinerebbe la carriera.
Il ponderoso faldone ”prova” almeno alcune cose:
- le ragazze erano state introdotte, allettate e invitate alle “cene” da intermediari, alcuni dei quali famosi nel mondo, diciamo, dello spettacolo leggero e della TV o direttamente dal premier;
- il premier medesimo di conseguenza doveva avere nel suo telefonino una rubrica con i numeri di un numero più che cospicuo di ragazze di questo tipo, cosa alquanto insolita e curiosa per un uomo di governo;
- costoro non si accontentavano affatto dell’onore di pranzare con il presidente del consiglio , cosa che capivano benissimo essere del tutto inusuale dato il loro, potremmo dire, non “alto lignaggio” o comunque data la loro totale irrilevanza sia come consigliere su problemi attinenti al governo del paese, sia come eventuali talenti per il mondo dello spettacolo per quanto leggero.
Costoro miravano all’immediato donativo in danaro contante ,apprendiamo versato in numerose banconote da 500 €, (ricordiamo che una sola costituisce lo stipendio di un cassintegrato) rafforzato per lo più da regalini in piccoli monili in oro o sotto forma di comodato d’uso di appartamenti in un quartiere bene di Milano o da promesse di comparsa in programmi di TV spazzatura;
- l’interesse del premier per loro arrivava fino a spendersi in prima persona per prestare loro favori:
- nella migliore delle ipotesi quindi il premier si faceva organizzare cene con la presenza abbastanza stravagante di personaggi importanti e di queste ragazze. Apprendiamo allietati da una cucina di buon tono, apprezzata dai commensali e con esibizioni canoro musicali a volte interpretate direttamente dall’anfitrione che non si risparmiava nemmeno le immancabili barzellette.
- solo questo ? Forse sì se ascoltiamo il premier e la sua corte. Forse no se ascoltiamo le giovani che nelle intercettazioni ne hanno raccontate di tutti i colori comprese le tariffe relative al tipo di prestazione.
- sconcertante il fatto che un personaggio del rango e dal brillante passato imprenditoriale del premier non abbia usato la minima accortezza per salvaguardare la propria privacy e per mettersi al riparo da possibili ricatti, dato il tipo di ospiti alle quali apriva le porte, se è vero che di alcune non si conosceva nemmeno il nome.
Oltre tutto oggi esistono i telefonini che se sono di qualità anche solo medio-alta sono in grado di riprendere filmati addirittura in HD. Pare che almeno sull’uso dei telefonini ci fosse stata sì un minimo di attenzione vietandone l’uso, ma non ostante questo pare che la prossima tornata di fuochi artificiali preveda una serie di foto e filmati.
In conseguenza di tutto questo, la botta è stata forte e sembra che sia solo l’inizio di una serie, compariranno poi probabilmente storie analoghe relative alle abitazioni romane e forse anche filmati come si è detto.
Allora per Berlusconi è finita? Il personaggio affonderà col suo governo a seguito dell’indignazione generale in Italia ed all’estero?
Estremamente improbabile per tre ragioni.
1- Se seguiamo la chiave di lettura che ha dato Severgnini e che è condivisa da molti, secondo la quale Berlusconi sarebbe l’interprete dell’Italia profonda che lo segue perché lui ne condivide e ne perdona i vizi, non succederà un bel nulla e il consenso al Berlusconismo rimarrà così com’era prima;
2- La volgarità fa ancora schifo a un sacco di gente ma non è un reato.
La consistenza delle argomentazioni giuridiche della Procura di Milano appare veramente debole sul piano strettamente giuridico.
I reati ipotizzati sono due : quello previsto dall’art 600 bis del CP (induzione alla prostituzione giovanile) che prevede una pena tutt’altro che pesante (da 6 mesi a 3 anni) e la fattispecie non è facile da dimostrare;
la concussione per avere abusato della posizione di Presidente del Consiglio per premere su un ufficiale di polizia (questa ipotesi di reato è ancora più tirata e difficile da dimostrare).
Facilissimo poi sollevare la contestazione sulla competenza territoriale o del tribunale ordinario o dei Ministri.
Per due reati molto difficili da dimostrare si dice che la Procura abbia impiegato la bellezza di 150 uomini per un periodo di oltre un anno. C’è una evidente sproporzione.
Sembra poi sconcertante che una procura del livello di quella di Milano si senta sicura basando tutte le sue carte sulle conversazioni telefoniche di ragazze ” senza né arte né parte”, come quelle, ben sapendo che anche un avvocaticchio di provincia quando si trova al dibattimento la prima cosa che fa è quella di cercare di mettere in cattiva luce l’affidabilità del teste.
La gente forse non è ancora consapevole del fatto che in Italia dopo l’ultima riforma della procedura penale (giudicata infausta dai più) la difesa ha assunto praticamente poteri paralleli a quelli della polizia giudiziaria e quindi può agire alla Perry Mason, per acquisire testimonianze etc e che quindi tutta la selva di ragazze che compaiono nelle intercettazioni arriveranno al dibattimento (se mai ci sarà) accompagnate dagli atti che avrà acquisito il formidabile staff di Ghedini e C.
Riflettiamo un istante : gente che va nelle famose residenze del premier con il solo scopo di spillargli soldi o entrature nella Tv spazzatura, se poste di fronte alla scelta fra il timore per una procura che purtroppo visti i risultati dei processi contro Berlusconi non fa più paura a nessuno e la promessa di particine in programmini televisivi cosa sceglieranno? Ma è ovvio ritratteranno e sottoscriveranno qualsiasi cosa e l’inchiesta andrà a farsi benedire come le precedenti 30.
3- Berlusconi cadrà quando ci sarà visibile e credibile un competitore.
Una opposizione credibile non c’è da anni.
Molti ritengono che ci vogliano altro che Fini, Casini , Bersani e compagnia per far fuori Berlusconi.
L’alternativa più verosimile si potrà presentare quando la Lega deciderà di ringraziare Berlusconi per avere portato in porto le leggi sul federalismo e gli consiglierà di concedersi un meritato riposo per fare gestire l’attuazione delle medesime leggi dal più affidabile Tremonti.
E allora viva Berlusconi l’inaffondabile? Rassegniamoci a tenere la volgarità al governo?
Ma neanche per idea, al contrario è venuto il momento che la gente a tutti i livelli impari finalmente a “stare con la schiena dritta” perché, non facciamoci illusioni , quando Berlusconi sarà costretto a lascare (abbiamo detto non dall’opposizione che non c’è) questa società volgare e degradata rimarrà così com’è volgare e degradata anche senza Berlusconi.
La figura del premier, comunque vada a finire, non c’è dubbio che da questa vicenda ne esca più che ammaccata in Italia e peggio ancora all’estero.
Un anziano premier con un passato da brillante imprenditore che però dopo quasi vent’anni dalla discesa in politica non ha da presentare che un bilancio di realizzazioni molto striminzito che viene svillaneggiato per non sapere controllare nemmeno le proprie pulsioni non è certo più fonte di esaltazione nemmeno per chi l’aveva scelto.
Questo uomo ha ancora l’autorevolezza necessaria al ruolo che ricopre?
Faccio il primo esempio che mi viene in mente : quando per le funzioni del suo ufficio dovrà andare a stringere la mano delle vedove dei nostri caduti in Afghanistan, non c’è il rischio che qualcuna di quelle mani si ritragga per istinto?
Se i suoi fossero gente di maggiore statura politica e morale avrebbero il buon senso di proporgli un ruolo da “padre nobile” del Berlusconismo ma non più operativo.
E’ inverosimile pensare che la magistratura stia orchestrando un golpe antidemocratico telecomandata dai “comunisti” dall’entrata in politica di Berlusconi ad oggi per il semplice fatto che i “comunisti” sono ridotti come tutti sappiamo e tutti vediamo.
Piuttosto è ed è stata la loro inconsistenza politica la vera forza del Berlusconismo.
La magistratura se ha mai avuto qualche pensiero insano di sconfinamento in politica lo possiamo situare nel periodo di gloria del pool contro tangentopoli, non certo oggi, quasi vent’anni dopo da quei tempi.
Però la magistratura inquirente con queste inchieste orchestrate in questo modo mediatico e volutamente pirotecnico sembra mostrare la convinzione che la società sia talmente degradata da esigere una sua missione di supplenza.
Se ha questa convinzione occorre sottolineare che questo atteggiamento è erroneo.
E’ erroneo che la magistratura inquirente possa pensare di supplire a chi una volta formava alla moralità e poi la tutelava cioè in campo confessionale una chiesa che ha lasciato andare la società a ramengo perché occupata a fare altro ,o in campo laico una casta di intellettuali che una volta si sentivano responsabili della formazione dell’ethos civico e che oggi si sono ritirati a vita privata.
Tanto meno è ragionevole che possa pensare di supplire a una classe politica volgare e inefficiente sferzandola per mettere alla berlina la sua pochezza.
Non è il suo ruolo.
La magistratura pensi a fare funzionare la scassatissima macchina della giustizia.
Da parte loro però occorre anche che preti, intellettuali, politici e cittadini non si limitino a schifarsi dei festini notturni nei palazzi del potere ma guardino in casa propria e vi mettano l’ordine e la moralità che non ci sono più, perché di questo degrado sociale e morale siamo responsabili tutti noi.
Schifarsi della volgarità dei politici e andare avanti come prima è un modo per non risolvere nessun problema e autoassolversi dei vizi propri.
Vendere Berlusconi come il diavolo corruttore e andare avanti ognuno a fare i fatti propri fregandosene dei doveri sociali e del bene comune è troppo comodo.

domenica 9 gennaio 2011

Cosa è cambiato in meglio dai tempi di El Alamein

Ho visto di recente il film di Enzo Monteleone sulla battaglia di El Alamein avvenuta nell’autunno 1942.
Come mai rivedere quel film non certo di cassetta e non certo di intrattenimento?
L’interesse ed il pretesto sono stati di natura prettamente personale per due ragioni.
Per prima cosa nell’autunno del 42 sono nato e quindi in qualche modo mi ritrovo legato a quegli eventi in modo idissolubile.
Poi perché il più anziano dei miei familiari ha avuto la ventura di esserci in quei giorni fra il deserto e la depressione di Al Qattara e la fortuna di potere oggi raccontare quei giorni, che tra l’altro per lui sono stati corroborati dall’esperienza di successivi quattro anni di prigionia in un campo inglese sempre nel deserto egiziano.
Il forte interesse che il film ha suscitato in me però è andato oltre al legame personale e familiare con quegli eventi per focalizzarsi su un problema di fondo sul quale oggi si è portati a riflettere poco per il semplice fatto che fortunatamente da allora abbiamo trascorsi quasi settant’anni costantemente in una situazione di pace.
Mi riferisco a quello che nel campo della scienza politica si definisce il problema del lealismo verso lo stato,
studiato in Italia più sistematicamente, come è noto, da Norberto Bobbio, cioè del vincolo per il quale il cittadino si trova a essere e a sentirsi obbligato ad andare il guerra se richiesto dallo stato al quale apparitene.
Quel film pone questo problema in mille modi ovviamente non in modo diretto e teorico, ma non meno pressante.
Si fa capire chiaramente che sia nella truppa quanto fra gli ufficiali si era ormai diffusa la consapevolezza che l’intera operazione era viziata da errori marchiani di carattere strategico e logistico ,tali da comprometterne l’esito.
Ad esempio il Tenente spiega subito al giovane appena arrivato che la logistica era un disastro dal momento che le basi di rifornimento erano lontane settanta chilometri di piste desertiche e che quindi la posizione di quelle truppe era materialmente impossibile da mantenere.
La questione quindi non era politica né ideologica, come si tenderebbe a pensare ragionando con i parametri oggi usuali.
Non si trattava affatto di essere fascisti o antifascisti, guerrafondai o pacifisti, ma più concretamente di scoprirsi pedine di una partita già persa per una serie di errori proprio di tecnica militare e di conseguenza non solo e non tanto di trovarsi a combattere una guerra sbagliata, ma di essere in costante pericolo di vita a causa di errori altrui e peggio di non essere in condizione di potere fare nulla né per cambiare le sorti di quelle operazioni di guerra, né tanto meno per portare a casa la pelle sana.
Situazione assolutamente tremenda.
L’assoluta drammaticità di quei momenti è evidenziata in modo eclatante dall’episodio del suicidio del generale (episodio tra l’altro realmente avvenuto con l’impatto sul morale dei soldati che si può facilmente immaginare).
Nel film non si parla direttamente di una delle alternative possibili in pura linea teorica, quella del “disertare” solo accennata parlando di uno che si era nascosto per mesi ad Algeri e in qualche modo adombrata quando la pattuglia mandata ad approvvigionarsi di acqua si prende la libertà di cambiare itinerario per concedersi un bagno in mare.
Alternativa, si è detto, possibile in linea teorica ma che al di là dei terribili conflitti fra lealismi diversi ,che tale scelta avrebbe suscitato (quello verso lo stato, ma anche quello verso sé stessi e la propria famiglia, quello verso i compagni d’arme ecc,), non è affatto detto che in mezzo al deserto fra campi minati ed opposti schieramenti fosse realisticamente praticabile con più possibilità di sopravvivenza.
Uno che poteva fare in quelle condizioni?
Chi oggi frequenta gli opinionisti dei così detti “salotti radical chic” sarebbe portato a dire : uno in quella guerra “fascista” non doveva nemmeno andarci ,invece avrebbe dovuto per tempo andare esule in un paese democratico.
Ancora in linea teorica l’obbiezione presenta una sua logica, ma appare anche priva di fondamentali elementi di aggancio alla realtà storica.
Prima di tutto il fatto non casuale che gran parte di quei ragazzi non erano poveracci costretti a tenere la posizione in trincea perché se avessero arretrato sarebbero stati fucilati dai carabinieri come era capitato nella prima guerra mondiale, ma erano volontari fortemente motivati vuoi dal fascismo, vuoi dall’ideologia dannunziana, vuoi semplicemente dal fatto di essere giovani, che volevano fare “grandi cose” come tutti i
giovani.
Poi il cima culturale enormemente diverso rispetto all’attuale.
Paradossalmente nel regime che riconosceva il suo intellettuale di riferimento in quel Gentile teorico dello stato come elemento prioritario rispetto all’individuo, la cultura politica allora diffusa non faceva tanto riferimento al concetto astratto di stato, ma piuttosto al concetto di nazione e di patria, con tutte le implicazioni simboliche ed emozionali che questi concetti evocano.
Sembrano passati secoli talmente i riferimenti culturali allora diffusi e condivisi sono radicalmente cambiati.
Allora ,senza che i protagonisti ne fossero consapevoli, si concludeva una stagione storica ideologica durata secoli nella quale prevaleva il concetto di patria come radice, fattore di appartenenza ad una comunità non scelta, ma naturale.
Prevaleva il concetto di lealismo verso i reggitori della patria come elementi che ricoprivano quelle posizioni per diritto naturale e sostanzialmente anche divino.
Il concetto di potere politico basato su e legittimato da un “contratto sociale”, cioè da una scelta degli individui cittadini e non da un presunto diritto naturale ,anche se presente nella storia e in dottrina da un secolo e mezzo non era allora patrimonio né comune nè tantomeno condiviso.
Per capire quanto sono radicalmente e velocemente cambiate le sensibilità politiche ideologiche con la fine della seconda guerra mondiale è utile ricordare ad esempio che soli tre decenni dopo quei fatti di El Alamein, fra i giovani che in America hanno bruciato la cartolina precetto o sono andati illegalmente all’estero per schivare la guerra del Vietnam c’era quel Bill Clinton che anziché essere riprovato per quei comportamenti, sarebbe diventato addirittura il più popolare Presidente degli Stati Uniti dei tempi recenti.
La risposta alla richiesta di lealismo verso lo stato è radicalmente cambiata.
A cominciare dalle istituzioni.
Oggi l’art 11 della Costituzione italiana ripudia la guerra come “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, è una dizione terribilmente restrittiva.
Fino ai custodi della morale , infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica agli articoli 2265 e seguenti condanna la guerra che non sia per legittima difesa :” i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità”.
Poi al canone 2309 per non lasciare dubbi elenca dettagliatamente i casi nei quali è ravvisabile la legittima difesa con ciò condannando in modo netto ogni altro uso della guerra ed impedendo così interpretazioni estensive di comodo.
Una ultima osservazione che quel film mi ha portato a fare è questa : la democrazia ha una sua superiorità rispetto alle dittature che non è solo ideologica o etica, ma è direi fattuale, “tecnica”.
In una democrazia (si intende che funzioni almeno in una certa misura ) le regole del gioco sono ispirate ad una filosofia per la quale le nomina della classe dirigente devono essere fatte per merito ed in ogni caso le scelte di ogni tipo sono sottoposte al vaglio ed alle critiche della opposizione e di una opinione pubblica avvezza al pluralismo delle informazioni.
E’ lecito quindi dedurre :
- che in un regime democratico la scelta di entrare in guerra avrebbe dovuto essere supportata da argomenti dotati di una loro logica, sottoposta alle contro argomentazioni della opposizione parlamentare e non lasciata ad una propaganda di regime che aveva buon gioco a giocare tutto sulla emotività della gente;
- nel corso di un dibattito con quelle caratteristiche lo stato di preparazione o di impreparazione tecnica delle nostre forze armate avrebbe potuto arrivare a potere essere vagliato dalla opinione pubblica attraverso ai mezzi di informazione, che avrebbero potuto sfornare tabelline con tanti uomini ,aerei, carri, navi ecc da una parte e dall’altra, evitando così brutte sorprese;
- se la scelta della classe dirigente militare fosse stata fatta per merito probabilmente gli approvvigionamenti sarebbero consistiti invece che nel il cavallo di Mussolini e nel lucido da scarpe per una improbabile parata in artiglieria e carri per combattere almeno ad armi pari.