lunedì 24 ottobre 2022

Domino – rivista sul mondo che cambia – “La tempesta perfetta .Escalation nucleare, shock energetico, crollo delle temperature. Mentre cala il gelo tra Roma ,Parigi e Berlino” – Ed.G.O.L. - recensione

 



Prosegue ormai a tempo indeterminato il darby fra Limes e Domino, che diventa ancora più diretto perché riproducendo passo dopo passo le strutture di Limes anche Domino annuncia di avere aperto “la scuola di Domino” cioè una scuola di geopolitica.

C’è spazio per tutte e due le iniziative?

A quanto pare si.

Vedremo.

Sinceramente a vedere quanto rimangono conformisti e monocordi i media italici mi sembra poco verosimile che tanti editorialisti così supponenti capiranno mai che per parlare di un tema occorre prima di tutto tanto studio specifico e quindi si butteranno mai a centellinare ogni numero di Limes e Domino, prima di parlare ad esempio di Russia e Ucraina, ma sarebbe bello se fosse così.

Certo questo settimo numero di Domino non delude.

Tanto per cominciare dedica praticamente due terzi dei saggi su Russia e modo di pensare russo.

Proprio quello che i media non fanno neanche per sbaglio, temendo di essere fraintesi come filo-putiniani, come se sentire almeno ogni tanto anche la narrativa della parte opposta per potersi fare un giudizio critico, non fosse la più ovvia delle regole per parlare di una guerra.

M pare che questo sia fantascienza.

Ecco però che in questo panorama informativo così carente la serietà e il rigore degli analisti di geopolitica fornisce un apporto veramente prezioso.

Seguendo gli autori dei saggi geopolitici ho scoperto ,confesso la mia precedente ignoranza, la presenza di siti di questi autori che arrivano a livelli di specializzazione impensabili in altri tempi. Ne voglio citare uno a titolo di esempio “parabellum.com” di Mirko Campochiari che è in grado addirittura di fornire la situazione sul campo delle operazioni belliche Russo-Ucraine pressoché in tempo reale.

Altro che i nostri telegiornali.

Ma torniamo al numero 7 di Domino.

Come detto sopra parla a lungo della Russia dei Russi, che non è la Russia di Putin, per la semplice ragione che a parere degli analisti è Putin a rappresentare il sentire del suo popolo non viceversa.

Basterebbe questo discorso ovviamente molto ben appoggiato da documentazione adeguata a far capire quanta strada deve ancora fare un mondo mediatico approssimativo e monocorde.

Gli analisti non sposano alcuna parte per definizione, diversamente avrebbero sbagliato mestiere.

Ho trovato particolarmente interessante il saggio sui paesi baltici sui quali sapevo pochino come immagino molti altri.

Terribilmente interessante anche il saggio che mette in evidenza le più che verosimili conseguenze del bombardamento di notizie che gli apparati americani e britannici hanno diffuso prima dell’invasione russa appunto dandola per certa senza riuscire a preoccupare i paesi “amici”, ma innescando un pericolosissimo meccanismo psicologico che può avere spinto la dirigenza russa ad agire sconsideratamente.

Anche se l’argomento più significativo del fascicolo è quello dedicato al rischio che l’escalation del conflitto possa sfociare nell’uso dell’arma nucleare per tattica che sia.

Questo saggio va proprio letto in modo prioritario perché mette in luce un infernale meccanismo che probabilmente veramente ben pochi nel nostro paese conoscono e ancor meno hanno chiaro.

I meccanismi Nato nel caso di uso del nucleare ci costringerebbero a partecipare alla guerra non dal nostro salotto ma “boot on the ground” per essere chiari e addirittura si dice la zona geografica che sarebbe di nostra pertinenza : il Donbas.

Forse sarebbe il caso di darsi una svegliata.










martedì 18 ottobre 2022

Telmo Pievani : La natura è più grande di noi – Storie di microbi di umani e di altre strane creature - Editore Solferino – recensione

 



Non è un caso che il libro di Telmo Pievani, docente di filosofia delle scienze biologiche presso l’Università di Padova sia stato pubblicato dall’Editore Solferino per il fatto che il volumetto raccoglie in gran parte articoli che l’autore ha scritto nel tempo sul Corriere della Sera.

L’autore medesimo è un personaggio ben conosciuto e si è reso benemerito al grande pubblico per la sua abilità di dedicare del tempo alla divulgazione scientifica.

Al di là dei titoli accademici è sicuramente il più noto evoluzionista italiano.

Se il pensiero di Darwin è oggi largamente conosciuto in Italia buona parte del merito va proprio a lui.

Ricordo tra l’altro l’importante evento che Pievani ha curato anni fa al Mudec di Milano proprio su Darwin e la storia dell’evoluzione raccogliendo un importante successo anche per la parte dedicata alla Didattica con notevole partecipazione delle scuole.

Mi pare sia un personaggio singolare nel senso che data la cattedra accademica che ricopre dovrebbe essere un filosofo della scienza, ma sinceramente mi sembra che la sua opera sia pressoché totalmente nell’ambito della scienza e della divulgazione scientifica.

Come filosofo mi sembra meno convincente, ma ne parleremo dopo.

Come indica il sottotitolo il libro non segue un unico canovaccio ma spazia su argomenti diversi.

Siamo sempre però nel campo dell’evoluzione, della biodiversità, del riscaldamento climatico e delle sue conseguenze.

Appaiono anche i piccoli saggi che l’Autore ha dedicato nel tempo alla pandemia di Sars particolarmente coinvolgenti perché Pievani è un bergamasco, cioè nativo e deduco anche residente di quel territorio che alla pandemia ha pagato il tributo più alto, compresa la vita di suo padre, nel momento del lockdown più rigoroso.

Personalmente ho un bagaglio di cultura prevalentemente umanistica e quindi non sono attrezzato per seguire argomenti scientifici se questi si addentrano in argomentazioni tecnico scientifiche di tipo accademico.

Apprezzo quindi da tempo l’attività del Prof. Pievani che sa conservare il rigore dello scienziato parlando e scrivendo però in modo da essere compreso anche da chi come mè della biologia ha solo un’infarinatura.

Voglio dire che inevitabilmente se l’argomento è quello, chi ne parla non può non usare i termini appropriati, ma che quando il medesimo si addentra fra mitocondri, organelli ,eucarioti ,aminoacidi e via di seguito deve essere capace di lanciare un salvagente al lettore comune che sta affogando, rinfrescandogli un po la memoria arrugginita dai tempi della scuola e cerchi di farsi capire.

Ecco questo libro è leggibile da tutti, quasi per intero, anche se inevitabilmente qualche passo lo confesso può rimanere un po ostico, ma questa succede molto raramente.

Le cose interessanti delle quali si parla nel libro sono veramente molte.

Tanto per cominciare è inevitabile che l’esponente più noto al grande pubblico degli evoluzionisti si senta in dovere di fare guardare il lettore alla natura con la prospettiva tipica degli evoluzionisti che hanno una concezione del tempo che è lontanissima rispetto a quella alla quale facciamo riferimento noi comuni mortali tutti i giorni.

Purtroppo i programmi scolastici lasciano nel buio più nero quello che sta prima delle civiltà sorte fra Tigri ed Eufrate.

Prima c’era l’uomo delle caverne che rincorreva i mammut.

Ecco non credo che il nostro bagaglio acquisito a scuola vada troppo oltre questa semplificzione.

Ne deriva allora che quando gli scienziati come Pievani parlano di universo formatosi 13,8 miliardi di anni fa andiamo a finire in apnea.

Non migliora la sensazione quando si apprende che la nostra specie cioè l’Homo sapiens ha la bellezza di 200.000 anni mentre la vita è comparsa 3,7 miliardi di anni fa.

La nostra specie quindi pur navigando per tempi molto più ampi di quello che crediamo comunemente è molto giovane, rispetto alla nascita della vita per esempio.

La nascita della vita significa in pratica batteri cioè microbi.

Fondamentale quindi il saggio sui microbi che compare in questo volume .

I microbi sono la prima forma di vita molto ma molto più anziana abitatrice del pianeta rispetto a noi.

Il libro è tutto godibile, se devo riportare un impressione personale a me ha interessato in modo particolare la descrizione dei cefalopodi, i molluschi, fra i quali per intenderci ci sono i polipi.

Interessanti non solo per la loro prelibatezza gastronomica, ma sopratutto per la assoluta rilevanza della loro intelligenza distribuita fra gli otto tentacoli.

Solo questo fatto rende difficile immaginare di come relazionarsi con loro ,per metterci nei loro panni dovremmo immaginarci come se avessimo il cervello distribuito fra mani e piedi.

Considerazione finale.

A mio parere questo è un libro che tutti dovrebbero leggere per allargare le loro conoscenze.

Mi ha sempre interessato moltissimo il Pievani formidabile divulgatore scientifico e alfiere dell’evoluzionismo, che rimane una delle acquisizioni scientifiche più basilari di tutta la storia della scienza.

Non nascondo però che alcune argomentazioni del Prof. Pievani quando si presenta nelle vesti di filosofo mi hanno sempre lasciato perplesso.

Per spiegarmi meglio direi che mi sta bene l’insistere di Pievani sul fatto che alla base del meccanismo dell’evoluzione non c’è nulla di finalistico ma c’è solo quello che non ci riesce di definire diversamente che il caso, e che Pievani chiama correttamente contingenza.

Capisco che Pievani voglia insistere sul fatto che le cose sono andate così nella storia dell’evoluzione ma che potrebbero essere andate anche diversamente,(e questa è proprio la definizione di contingenza) ma non mi ritrovo più quando lo stesso autore sostiene che non esiste una tendenza alla sempre maggiore complessità e quindi verso un progresso, un miglioramento, chiamiamolo come si vuole, perché questo mi sembra di tutta evidenza e non il contrario.

Siamo natura, siamo polvere di stelle, siamo parte del mondo animale va bene siamo “anche” questo, ma siamo anche altro che è il riconoscere la nostra assoluta unicità nell’universo e che è qualcosa che supera la biologia.

Abbiamo il 94% di patrimonio genetico in comune con lo scimpanzé, ma abbiamo anche capacità di ragionamento, di astrazione, di linguaggio, di autocoscienza che lo scimpanzè non ha e che ci rendono unici e oltre al regno animale del quale siamo pure parte.

Abbiamo la capacità di riconoscere l’etica ,l’arte e la spiritualità perché siamo liberi, gli altri animali non dispongono della libertà e non possono nemmeno concepirla.

Ecco su questo discorso chiaramente di tipo filosofico col pensiero di Pievani ci si trova in uno spazio un po nebuloso o ambiguo.

Mi pare che Pievani abbia superato un tipo di pensiero che abbia come uniche chiavi di lettura “materialismo” e “necessità” bene espresso per esempio a suo tempo dalla visione di Jaques Monod per intenderci, ma avverto ancora un certo preconcetto verso il riconoscimento del valore della spiritualità.

Attenzione, spiritualità non superstizioni o religioni più o meno istituzionalizzate.

Non nascondiamoci dietro a un dito, tutti sappiamo che l’ostacolo principale al riconoscimento del meccanismo dell’evoluzione per il grande pubblico è stato ed è il creazionismo basato su nient’altro che sulle mitologie delle religioni del tutto incompatibile con le evidenze scientifiche, ma attenzione a non buttar via il bambino (il riconoscimento della spiritualità) con l’acqua sporca (il dogma religioso del creazionismo).









lunedì 10 ottobre 2022

Limes “Il mare italiano e la guerra” Numero 8 / 2022 La tempesta bellica agita le onde di casa. Come la Russia aggira la Nato. In Ucraina la posta è anche il Mar Nero - Edizioni Gedi – recensione

 



Contemporaneamente all’uscita di questo numero della Rivista, Limes ha tenuto a Trieste la terza edizione de :“Le giornate del Mare 2022” presentata col titolo : Trieste e il Trimarium.

Accenno per chi è interessato ma non pratica abitualmente la geopolitica che uno dei termini sinceramente inusuali, considerati però fra l’abc della materia è “talassocrazia”, cioè il potere, la potenza declinata sull’acqua.

Non è un caso allora evidentemente che questa disciplina consideri gli Stati Uniti tuttora la potenza imperiale egemone assoluta proprio perché è l’unica detentrice di ben sette flotte che permettono il controllo dell'intero pianeta.

Sembrerà strano ma sopratutto nel nostro paese sembra proprio che non si sia abituati a prendere in considerazione l’importanza dei mari e quindi la presenza o meno di una flotta adeguata che in qualche modo trasmetta all’esterno il peso specifico del Paese nel quale viviamo.

Sappiamo tutti che viviamo in un paese a forma di stivale e che quindi simo dotati di coste e di mare più che di terra.

Ma che quello che in geopolitica si definisce la proiezione di potenza del paese o se vogliamo rimanere nei semplici termini da bar sport il peso che gli altri attribuiscono al nostro paese è essenziale perchè è in base a quel giudizio che di fatto il resto del mondo ci fa giocare in serie A o B o C o ancora più giù.

Ecco pressoché tutti gli analisti che hanno contribuito a questo numero si sforzano di rendere consapevoli i lettori di quanto sia importante saperci porre come potenza marittima anche magari con obiettivi strategici limitati, ma almeno consapevoli delle regole del gioco.

Presumo che sia arduo porsi il compito sopra accennato visto che anche il di solito brillantissimo direttore Caracciolo, questa volta nel saggio introduttivo mi è sembrato quasi un po spento, come se si fosse ormai rassegnato a parlare di proiezione sul mare per dovere ma temendo di non ricevere l’ascolto che sarebbe necessario.

Però a quanto ho potuto constatare seguendo l’evento di Trieste sul canale di Limes su Youtube, questa terza edizione ha avuto un buon successo anche a ragione del livello decisamente elevato dei partecipanti Capo di Stato Maggiore e Ministro della Difesa compresi.

Il volume è comunque decisamente ben impostato ed esaustivo.

Viene fornito un indispensabile excursus storico sulla formazione della nostra Marina e sull’evoluzione nel tempo della sua posizione strategica.

Dal Mediterraneo, al Mediterraneo allargato con possibilità di proiettarsi anche oltre.

Non è messa male la nostra Marina e a sentire quando dicono i vertici gli obiettivi strategici sono stati individuati correttamente.

Ovviamente poi dipende dalla politica trovare i finanziamenti necessari.

Apprendiamo dalle analisi di questo volume che ancora una volta da parte degli oggi tanto invocati “tecnici” ci sono sia le idee che le competenze necessarie.

Manca la volontà politica?

Difficile dirlo perché siamo alla vigilia della formazione del primo governo di destra-destra della storia repubblicana, e quindi non ci sono precedenti, vedremo.

Il lato debole in questa questione, cioè della non consapevolezza nell’opinione pubblica dell’importanza della proiezione dl Paese sul mare, sta in qualcosa difficilmente definibile.

Psiche collettiva?

Qualcosa di simile, perché è fuori discussione che a settant’anni dalla fine del fascismo e della seconda guerra mondiale, pare che lo shock collettivo non sia ancora stato metabolizzato.

Incredibilmente come in Russia il politicamente corretto vuole che la parla guerra non sia nemmeno pronunciata.

Nel volume viene non a caso riferito che alla Commissione competente della Camera in una delle ultime audizioni il Capo di Stato Maggiore non ritenendo di poter nemmeno pronunciare la parola guerra ha sempre ricorso a espressioni inglesi,ritenute meno coinvolgenti.

Stanti così le cose ci viene più volte ripetuto che per spiacevole che sia la realtà è che se un popolo si arma per difendersi e per proiettare la propria strategia sugli altri deve anche mostrare di possedere una psicologia collettiva che gli consenta di imbracciare le armi in casi di necessità.

Ove il medesimo popolo ritenga di non voler assumersi questo atteggiamento come impegno o dovere è opportuno e doveroso che gli venga detto chiaramente che la sua scelta significa ascrivere il Paese medesimo nell’elenco delle prede.

Ecco questo pare non essere affatto chiaro, cioè di questa equazione è evidente che non c’è alcuna consapevolezza nella società italiana.

Il fatto che siamo in buona compagnia ad esempio coi Tedeschi e in atri scenari geografici coi Giapponesi, non ci esime dal porci seriamente il problema.

Detto questo mi permetto di avanzare due osservazioni.

Mi ha stupito che un cast di analisti così abituati a valutare l’importanza in geopolitica dei miti e delle percezioni collettive non abbia ritenuto di dedicare un saggio a ricapitolare la storia delle Repubbliche Marinare italiane che sono ben vive nel bagaglio scolastico di ciascuno di noi.

Altra osservazione. Mi stupisce che pur essendo ben consci del fatto che l’opinione pubblica è ormai avvezza da anni a non prendere nemmeno in considerazione l’idea di trovarsi intrappolata direttamente in una guerra gli analisti di Limes non insistano abbastanza in qualche modo nel rendere più digeribile il concetto di attitudine a presentarsi come credibilmente disponibili a imbracciare le armi in caso di minaccia ai nostri vitali interessi, che è pure fondamentale, presentando come obiettivo più vicino e più verosimile il battersi politicamente per conservare una strategia di equilibrio delle forze.

Vedi l’iconico Congresso di Vienna tanto bene cantato e decantato dal maggiore geopolitico vivente cioè Henry Kissinger.





lunedì 3 ottobre 2022

Antonio Scurati : Gli ultimi giorni dell’Europa - Romanzo – Bompiani Editore – recensione

 






Formidabile anche il terzo volume della trilogia su Benito Mussolini di Antonio Scurati.

Questo è un romanzo ci dice l’autore, ma aggiunge subito però che è come se fosse un libro di storia, talmente tutto quello che vi è descritto è appoggiato a fonti storiche verificate.

Di conseguenza vorrei dire non è formalmente un libro di storia ma è qualcosa di più, proprio perché è scritto come fosse un romanzo.

Il grande vantaggio della scelta di Scurati è che non si lascia prendere la mano dalla vulgata anti-fascista che sett’antanni dopo la fine del fascismo è ancora da molti ripetuta acriticamente sulla falsariga del mantra sul presunto “male assoluto”,secono il quale tutto il male è da una parte e tutto il bene dall’altra.

Checché ne pensino gli auto-nominatisi soloni di questo manicheismo ideologico non è così che funziona la storia e non è così nella vita reale, dove semplicemente esistono e agiscono soggetti che comunque sono persone umane, che hanno fin quando si vuole commesso errori anche irrimediabili.

La versione manicheista dell’anti-fascismo che considera inammissibile verificare se il fascismo ha fatto anche qualcosa di positivo è tagliata apposta per fare in modo che tutto il carico degli errori sia caricato addosso a Mussolini ed ai suoi e considerare il popolo italiano di allora come composto da bravi cittadini colpevoli di niente perché costretti a subire tutto da una truce dittatura.

Ma non è così.

Chi ripete ancora oggi questi giudizi talibani vada a rileggersi per esempio il fondamentale testo dello storico Goldhagen sui “volenterosi carnefici” di Hitler.

I popoli erano con loro.

Sarà fastidioso da digerire ma la documentazione storica è quella che è.

La scelta di Scurati è quella di studiare e parlare senza para-occhi di quelle vicende cercando di vedere non eroi contro biechi tiranni, ma semplicemente persone umane che fanno la storia nel bene e nel male.

Succede allora per esempio che pur dovendo parlare del periodo storico (triennio 1938-1040) nel quale il fascismo ha realizzato le sue peggiori nefandezze come le leggi razziali e l’entrata in guerra insieme al terzo Reich, nelle prime pagine del libro l’autore parla della prima visita di Adolf Hitler a Roma e Firenze quando viene scelto un accademico di archeologia, il Prof.Bandinelli, tra l’altro antifascista,per fare da guida all’illustre ospite mostrandogli alcuni dei maggiori tesori fra i beni culturali italiani.

Ed allora si verifica un evento personale inaspettato e cioè che l’accademico antifascista sopra citato si ritrova a scoprire con grande sorpresa che quell’artista mancato del Fuerer del Nazismo oltre a interessarsi vivamente dei capolavori che visita prova evidenti momenti di forte commozione.

Evidentemente Adolf Hitler era tante cose insieme e mentre alcuni aspetti della sua personalità erano semplicemente luciferini, era anche un persona umana.

Questo professor Bandinelli non nasconde invece una immediata assoluta antipatia nei confronti del Duce del Fascismo , che dei capolavori dell’arte non dava segni di interessarsene per nulla.

Altre pagine di vero godimento per il lettore si trovano ancora all’inizio di questo libro di storia che diventa un romanzo per l’abilità dell’autore e sono quelle dedicate al fastoso ricevimento in onore dell’ospite tedesco nel quale il protocollo costringe a mettere in primo piano nella parte di autorità ospitanti sua maestà il Re e Imperatore Vittorio Emanuele III con relativa Regina e Imperatrice, accompagnati da uno stuolo di nobili e nobil-donne e quindi parallelamente mettere in ombra il Duce del Fascismo, coi suoi gerarchi.

Cosa che appare inverosimile agli ospiti nazisti, che considerano chiaramente quei rappresentanti della nobiltà niente più che parassiti fuori dalla storia, che però si permettono di guardarli dall’alto in basso, facendoli infuriare.

Fantastica la descrizione del capo delle SS Heinrich Himmler che già di umore cupo per sua perversa natura diventa nerissimo quando realizza che non conoscendo altra lingua all’infuori del tedesco non è in grado di conversare con nessuno e dovrà rimanere seduto lì per delle ore a guardare i lampadari.

Tornando al fascismo mentre nei due volumi precedenti ma sopratutto nel primo Scurati non nasconde non dico una qualche simpatia, che in realtà non c’è, ma almeno una sincera considerazione per alcune innegabili qualità del primo Mussolini.

Come è noto gli storici ,DeFelice in testa, non negano ed anzi documentano che nel primo decennio Mussolini abbia goduto di un consenso popolare generalizzato.

Non per caso è stato spesso usato il termine l’arci-italiano, per descrivere in modo sintetico e colorito l’abilità dell’uomo di identificarsi con i pregi e i difetti del suo popolo,abilità che probabilmente lo ha aiutato in modo determinante ad acquisire e conservare a lungo quel consenso.

Poi nel secondo volume passato il primo decennio Scurati si arriva a descrivere il periodo che porterà il fascismo all’apoteosi della proclamazione dell’Impero nel 36.

E molto opportunamente ancora Scurati si era preoccupato di spazzare via luoghi comuni usando il dovuto senso storico che costringe a farla finita col guardare a quei fatti con risolini di commiserazione come se la conquista dell’Etiopia fosse stata una passeggiata e non una guerra molto seria con l’esercito allora più potente del continente africano.

La proclamazione dell’impero nell’ottica del fascismo è il trionfo e in questo modo era stato inteso dalla gran parte del popolo italiano.

Chiarito questo in quel volume avevo apprezzato moltissimo il tentativo di Scurati di far fare un bagno di umanità a quei personaggi esaltati dalla conquista dell’impero con le considerazioni umanissime di un personaggio certo non secondario.

E Scurati aveva fatto parlare la di solito negletta moglie del Capo, illetterata e addirittura quasi analfabeta, ma dotata di solida cultura contadina che dopo la proclamazione dell’Impero si rivolge al marito cercando di fargli mettere i piedi per terra dicendogli : ora hai ottenuto tutto, cosa vuoi di più, ora ritirati dalla vita pubblica.

Ecco la storia avrebbe anche potuto prendere una piega più umana.

Ma disgraziatamente le cose non sono andate così e Scurati è stato costretto a scrivere invece anche questo terzo volume nel quale per Mussolini non si intravede pressoché più nulla che non sia la caduta nel precipizio, la discesa negli inferi, tirandosi dietro purtroppo tutto un popolo, che ormai volente e consenziente cominciava a non esserlo più.

Molto spazio l’autore dedica giustamente alla “questione razziale”ed ancora più giustamente colloca geograficamente il “romanzo” col quale descrive questa tragedia a Ferrara, perché città simbolo ,dove cittadini di religione ebraica hanno vissuto praticamente da sempre e nella massima integrazione, si è detto città simbolo anche in ragione della figura iconica del Podestà ebreo Renzo Ravenna.

E questo è proprio quello che consente all’autore di mostrare quanto illogico, insensato e inverosimile per i ferraresi, ma il discorso vale per tutti gli italiani , potesse essere l’essere costretti a un certo momento e per di più a freddo e a comando mettersi a discriminare i vicini di casa, i compagni di scuola, i negozianti, gli amici di sempre perché di fede ebraica o solo di madre ebraica.

Ecco un primo evidente caso di un popolo che non condivideva più, non capiva più, ma purtroppo non seppe andare oltre alla commiserazione compassionevole che procurò agli interessati discriminati più sofferenza che sollievo, e fu di fatto totalmente incapace di reagire al sopruso impostogli.

Non è una giustificazione sufficiente ,ma Mussolini non fu solo a imporre il razzismo anti-ebraico e di questo solitamente non si tiene abbastanza conto.

Non reagì il Re e Imperatore, che ,consideriamo bene questo fatto oggi troppo spesso sottostimato, non era affatto privo di potere ,ricordiamoci infatti cosa farà il Re il 25 luglio 1943, perché lo Statuto gliene dava il potere evidentemente.

La sopra-citata vulgata anti-fascista di maniera ci ha troppo spesso impresso nella mente l’idea di un Mussolini totalmente onnipotente,ma non era realmente così, c’era il regime totalitario ma sempre in una situazione di se pur relativi “pesi e contrappesi”.

Tra l’altro non tutti i gerarchi e nemmeno quelli che erano membri del Gran Consiglio la pensavano allo stesso modo di Mussolini, vedi per esempio i notissimi Italo Balbo e Dino Grandi.

Non trascuriamo nemmeno il peso rilevantissimo della Chiesa e del suo Papa, questo sì onnipotente nell’esercizio del suo potere.

Ma che ha fatto ben poco per prevenire ed impedire quel crimine contro l’umanità.

L’ho detto sopra l’autore dedica molte e molte pagine alla preparazione ed all’adozione delle leggi razziali e ci propone motivazioni diverse.

Quella che mi sembra più pregnante è quella che fa il paio con la ragione probabilmente più verosimile che aveva indotto i Turchi al genocidio degli Armeni quindici anni prima: morsi dall’invidia vedevano che quelli pure essendo una minoranza stretta avevano occupato una quantità sproporzionata di posti di potere ,ma sopratutto erano attratti dalla rapina selvaggia pura e semplice dei loro beni che erano consistenti.

E’ molto probabile infatti che l’ideologia abbia abbia avuto un ruolo secondario sia in un caso che nell’altro.

L’altro argomento che impegna un gran numero di pagine in questo terzo volume è e non poteva essere diversamente che l’entrata in guerra.

Scurati documenta mi pare in modo incontrovertibile che almeno in questo caso , così come nella persecuzione degli ebrei come sopra si è detto,il popolo con Mussolini proprio non c’era e che però ha subito praticamente senza reagire la decisione del Capo.

Folle decisione ,perché ,diversamente da quello che si crede abbastanza diffusamente, Mussolini non ha assunto una determinazione di quel peso né a cuor leggero, né perché sviato da informazioni scarse o volutamente false da parte dei militari,circa la preparazione delle forze armate.

Scurati ci documenta puntualmente invece dei vari “tavoli” dietro ai quali il Duce si era seduto a più riprese coi tecnici militari,e gli Stati Maggiori dai quali aveva per tempo ricevuto rapporti precisi e dettagliati sullo stato deplorevole delle nostre forze armate.

E in quelle occasioni anche il Duce aveva convenuto che non avrebbe avuto nessun senso parlare di guerra quando le forze armate avrebbero avuto bisogno di anni e di finanziamenti ingenti per diventare competitive.

Senza mezzi termini a Mussolini era stato detto in faccia che sarebbe stato necessario partire dieci anni prima per divenire competitivi nel 1938/39.

Tanto che il medesimo Duce la stessa cosa l’aveva avventatamente riferita addirittura al Fuerer, se pure riducendo il numero degli anni necessari a soli quattro o cinque.

Su questo non ci sono dubbi, i tecnici militari italiani e i generali erano stati sinceri e trasparenti.

Purtroppo però a obnubilare la mente del Duce è stata la mala fede del Fuerer che non è mai stato onesto e trasparente nei suoi riguardi , tanto che a partire da Monaco, all’invasione della Cecoslovacchia a Danzica e relativa invasione della Polonia fino all’attacco alla Francia sulle Ardenne, cioè sempre ,aveva messo l’amico italiano di fronte al fatto compiuto.

Il che vuol dire che di conseguenza prima dei fatti decisivi gli aveva sistematicamente propinato delle notizie false circa le sue intenzioni e la sua strategia.

Questo è importantissimo perché di fatto sono questi i fatti che hanno cambiato radicalmente il rapporto fra i due dittatori.

Cioè se prima Mussolini era il maestro riconosciuto e riverito da Hitler, poi in questo triennio fondamentale, Mussolini è diventato sempre più succube in una amicizia e poi di una alleanza del tutto squilibrata, che lo metteva nella scomoda posizione di puro gregario e questo lo faceva andare in bestia.

Se poi mettiamo sulla bilancia anche l’enorme capacità militare messa in campo dalla Germania che si è inventata di sana pianta da Blietzkriege ,la guerra lampo riuscendo a conquistare l’Europa in settimane, non mesi, facendo uso di carri armati apparsi mostruosi per la loro efficienza agli avversari così come la coordinazione fra forze di terra ed aviazione, usando tecniche di comunicazione ovviamente non padroneggiate dagli altri, riusciamo a realizzare come il Duce si presentasse ormai come un pugile suonato ancora prima di prendere qualsiasi decisione.

Hitler aveva cambiato radicalmente le carte in tavola e non solo con Mussolini, ma di fronte al mondo.

Se posso fare un rilievo mi meraviglia che trattando con competenza e maestria questi argomenti, l’Autore non abbia osservato a questo punto che è più che sorprendente che non solo il fascismo, ma anche quelli che diverranno i Paesi Alleati coi loro servizi segreti ,compreso il tuttora in Ucraina leggendario servizio di informazione inglese, fossero risultati quasi del tutto al buio sulla capacità militare raggiunta dalla Germania hitleriana.

In questa situazione che doveva fare Mussolini?

Ha sbagliato tutto va bene ,ma fa umanamente pena per esempio quando Scurati ci descrive i suoi colloqui con Hitler quando l’ex maestro di fascismo italiano gli ha già da tempo comunicato praticamente di non avere un esercito neanche lontanamente competitivo e si scervella per inventarsi delle scuse penose per tirarla in lunga, mentre quell’altro gli dimostra di conoscere nei dettagli i dossiers militari.

Gli sciorina a memoria lunghissimi elenchi di numeri, gli parla nei dettagli delle sue nuove armi comprese mitragliatrici di nuovo tipo delle quali Mussolini chiaramente non sa nulla ed arriva a metterlo ko quando preso dall’argomento gli chiede cosa ne pensasse del nuovo sistema di caricamento che avevano queste nuove mitragliatrici delle quali lui non conosceva nemmeno il nome.

Sono particolari che più di qualsiasi dotto discorso storico fanno capire tutto.

E cioè che Mussolini a questo punto capisce dentro di sé di essere insanabilmente “fregato”, perché non ha praticamente più scelta.

La guerra non può più evitarla, ma il suo popolo non la vuole e comunque non è in grado di combatterla.

E’ una situazione orribile.

Quand’anche avesse detto di no a Hitler è ben consapevole che quello aveva la capacità di invadere l’Italia in pochi giorni.

Se diceva di sì, che senso aveva il suo sì quando il Fuerer sapeva bene che il suo amico italiano non era in grado di essergli militarmente di alcun aiuto?

L’intervento italiano per Hitler non avrebbe significato altro che un fronte sicuro e quindi non necessitante spostamenti di truppe che avrebbero indebolito la sua poderosa avanzata altrove ,ma niente di più.

Scurati più che dirlo lo accenna e lo lascia capire, a questo punto Mussolini è finito non è più padrone nemmeno di sé stesso, è semplicemente in balia di Hitler perché ha una paura folle.

Come tutti gli altri, del resto, compreso il nuovo Papa Pio XII, che non brilla certo per la virtù del coraggio e della determinazione.

Non dimentichiamoci che gli altri belligeranti che non si erano arresi, e cioè le truppe britanniche e francesi più che star combattendo, stavano scappando disordinatamente,atterrite da quei panzer.

Messo con le spalle al muro il Duce non riesce a far altro che ricorrere alle sole cose che gli offre il suo armamentario personale ormai logorato anche dagli anni (ne aveva sessanta che allora erano oltre l’età della pensione) e pensa di giocare disperatamente ancora una volta di furbizia : fingere di avere un esercito appena presentabile per fare qualche azione limitata e dimostrativa per farsi dare alla fine verosimilmente vicina qualcosa dal Fuerer.

In quella situazione nessuno e nemmeno lui si fa più ingannare dalla folle plaudente che riempiva Piazza Venezia alla proclamazione dell’entrata in guerra il 10 giugno 1940 con quel discorso retorico che allora tutti avevano imparato a memoria.

Ma non c’era nessun entusiasmo né altro sentimento prevalente se non la paura.

Mostrando notevole abilità psicologica Scurati mette in evidenza un fatto estremamente significativo e cioè che in quella piazza praticamente non c’erano donne, che evidentemente già pensavano ai loro uomini che avrebbero potuto non tornare più dal fronte, altro che a presunti entusiasmi bellicisti.

Pure in una situazione così già compromessa e con pochissime possibilità di manovra potevano e dovevano fare altro il Duce e il Re Imperatore?

Certo ragionando a cose fatte sappiamo che potevano salvare l’anima e la dignità del loro paese come farà del resto il Generale De Gaulle, che ,ricordiamolo ,non aveva anche lui altro che forze scarse , appena dimostrative e un paese invaso dal nemico, ma che queste poche forze le ha usate e fatte pesare dalla parte giusta.

Ottimo il lavoro di Scurati a mio avviso, come ho cercato di argomentare, proprio perché supera di fatto il timore reverenziale che circonda ancora il muro di coloro che da decenni si sono impalcati a unici difensori autorizzati dell’anti-fascismo e ci parla come abbiamo già accennato non di eroi contrapposti a truci tiranni, ma di persone umane, con un romanzo, come dice lui.