giovedì 30 giugno 2011

La novità del dialogo fra laici e cattolici anche su materie teologiche

Finalmente anche in Italia ,che non ha usufruito nè della rivoluzione francese, né della riforma protestante ,per entrare nella modernità, come a suo tempo hanno fatto i nostri vicini posti a nord delle Alpi , sono apparsi pubblicamente quelli che la pensano diversamente dai cattolici ufficiali in dialogo pacato e proficuo con alcuni cattolici molto qualificati.
Per decenni purtroppo in Italia non è mai esistito quel dialogo fra laici e cattolici che altrove è stato utile e fecondo per tutte e due le scuole di pensiero.
All’epoca del pur grande Indro Montanelli, non solo lui, ma qualsiasi intellettuale laico semplicemente si rifiutava di dire la sua su qualsiasi cosa che riguardasse il pensiero o la chiesa cattolica.
Da parte sua la chiesa ufficiale non ostante le aperture del Concilio Vaticano II, stentava a superare quel tradizionale atteggiamento fra l’arrogante e il condiscendente per il quale il laico era visto come un barbaro ,che prima o poi si sarebbe civilizzato convertendosi all’ortodossia cattolica.
Siccome nel mondo e inevitabilmente anche in Italia le cose sono andate esattamente al contrario ,cioè la secolarizzazione ha portato il gregge dei fedeli e dei loro pastori ad assottigliarsi in modo costante e clamoroso, anche alcuni tradizionalisti hanno dovuto interrogarsi sulla opportunità di dialogare in modo più serio con i laici invece di continuare a qualificarli “laicisti” , inventandosi un neologismo che non ha alcun senso e che infatti non è traducibile nelle altre lingue, perché assente come concetto nel resto del mondo.
Parte del mondo cattolico ufficiale si è aperto al dialogo usando anche canali sistematici come hanno fatto il Cardinal Martini con la tavola dei non credenti, fino ad arrivare alle più recenti iniziative del Card Ravasi e senza trascurare la rivista Oasis e tutto il lavorio che la sottende animato dal Card Scola, ora Arcivescovo di Milano.
A livello di massa la galassia del volontariato è per sua natura aperta e dialogante, animata da alcune realtà vistose come la Comunità di Sant’Egidio di Andrea Riccardi, Libera di Don Ciotti,la casa della Carità di Don Colmegna, le Caritas locali ecc.
I così detti preti da strada, cioè i vari Don Gallo, Don Rigodi e molti altri meno conosciuti ma non meno presenti, sono dialoganti per definizione e non chiedono certo all’interlocutore se crede in tutti i dogmi cattolici prima di accoglierlo.
Intieri ordini religiosi come i Comboniani, i Dehoniani e parzialmente addirittura i Gesuiti, commissariati non per caso dall’ultimo papa Woitila , sono orientati verso posizioni progressiste e di dialogo con gli “altri”.
In Italia non è facile capire perché i cattolici ,diciamo per approssimazione progressisti, non hanno canali di rappresentanza per approfondire le loro posizioni come ad esempio il movimento “noi siamo chiesa” largamente diffuso a Nord delle Alpi.
Questo succede anche se non soprattutto a causa dell’infausto lungo periodo nel quale la conferenza episcopale è stata gestita con metodi praticamente staliniani dal Card Ruini che candidamente riversava fiumi di danaro su media e iniziative solo tradizionaliste e non ha mai dato un euro a chi non la pensava esattamente come lui, riducendo la chiesa italiana al salottino dei suoi fedeli.
Ma non è solo colpa di Ruini è anche colpa loro, cioè di chi fra i cattolici non ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto come se fossimo ancora ai tempi di Carlo Borromeo.
Per di più in Italia la fine dell’unità politica dei cattolici, invece che favorire le forze cattoliche progressiste, di fatto le ha penalizzate, dato che il loro inserimento nel PD ha coinciso con l’inizio della loro irrilevanza e della fine di una qualsiasi elaborazione politico- sociale autonoma.
Non trascuriamo poi la posizione e l’apporto dato da intellettuali cattolici di primo piano che hanno pubblicamente sostenuto le loro tesi in contrasto con la dogmatica cattolica e ne hanno dovuto pagare le conseguenze (Vedi negli anni Bontadini, Severino e Lombardi Vallauri ,che hanno dovuto lasciare le loro cattedre all’Università Cattolica, va detto, anche se trovando subito le porte spalancate verso le medesime cattedre in prestigiose università pubbliche).
Sono lontani per fortuna i tempi di Galileo costretto all’abiura o di Giordano Bruno messo al rogo in Campo dei Fiori dal presunto santo inquisitore Roberto Bellarmino o più vicino a noi di Bonaiuti buttato fuori e messo al bando dall’Università pubblica da un cinico fascismo ateo, ma clericale per convenienza.
Ai nostri giorni il teologo Vito Mancuso per aver osato affermare tra l’altro che il dogma del peccato originale sopravvenuto ed ereditato senza colpa personale è una pura e semplice sciocchezza (come aveva fatto per la verità vent’anni prima il sopra citato filosofo del diritto Lombardi Vallari) ha solo dovuto sorbirsi indecenti contumelie una parte dell’intellighentia cattolica tradizionalista , ma è rimasto tranquillamente nella sua cattedra al San Raffaele.
I suoi libri raggiungono ottime tirature e il teologo, complici anche le pochissime rubriche culturali televisive è diventato un personaggio noto.
Altri intellettuali cattolici di primo piano che hanno idee non conformi a una parte della dogmatica cattolica ufficiale, hanno usufruito della cooperazione di Corrado Augias , che da laico intelligente ha usato il suo nome e il suo volto ben conosciuti dal grande pubblico a livello dei media televisivi o della carta stampata per potere farsi conoscere.
Ne sono usciti alcuni libri di argomento gravoso ma che hanno avuto grande e meritato successo.
Questi libri scritti formalmente a quattro mani, senza nulla togliere all’apporto di pensiero dato da Augias, in pratica hanno consentito a intellettuali cattolici ben affermati nella loro materia, ma del tutto ignoti al grande pubblico di esporre il loro punto di vista, che non coincide affatto con quello della gerarchia della chiesa (lo stesso teologo Mancuso, lo storico del cristianesimo Mauro Pesce,lo storico del cristianesimo e cultore della letteratura patristica Remo Cacitti, tutta gente che aveva da tempo prodotto opere accademiche di grande mole e valore, ma ignote fuori dalla cerchia degli specialisti).
Questa forma di collaborazione ha un grande valore.
Prima di tutto perché se i cattolici italiani sono ridotti come sono, cioè ad essere una minoranza, ormai ai margini dello sviluppo culturale del paese, questo è prima di tutto colpa loro, della loro pigrizia al limite dell’ignavia, che li ha portati ad essere nel mondo fra gruppi nazionali cattolici, meno acculturati e meno informati sulle basi della loro religione.
Il confronto col pensiero laico, fatto con garbo e con rispetto per le reciproche opinioni, come quello che viene fuori dai citati libri di Augias è di grande utilità per i cattolici italiani che non sono abituati a dedicare del tempo per accostarsi alla scrittura ed ancor meno ad argomenti teologici, come da secoli veniva fatto nel nord Europa, almeno fra le persone di una certa istruzione.
La chiesa non è mai riuscita a fare in modo serio i conti con la riforma, con l’illuminismo e da lì con il liberalismo il socialismo o più terra- terra addirittura con la democrazia e i diritti umani.
I cattolici italiani cantano da anni in Chiesa inni che li definiscono come “il popolo di Dio”, che parlano della “casa del Padre”, ma non sembrano avere acquisito nemmeno da queste pure elementari affermazioni la consapevolezza della loro responsabilità personale e di gruppo nella gestione della chiesa che è loro, almeno con lo stesso livello di intensità di quello dei chierici consacrati, se sono popolo nella casa del Padre.
Metà di loro essendo donne sono legittimate a scopare le chiese ma non ad essere presenti con gli stessi diritti dei fedeli maschi.
I consacrati devono fare finta di non avere problemi a gestire la loro sessualità in modo forzatamente distorto e innaturale.
La chiesa continua ad avere la pretesa di potere vivere nel mondo moderno e globalizzato con una “governance” come si dice oggi, cioè con una struttura organizzativa e di governo che ripropone papale papale quella di una corte rinascimentale.
Il corpus dogmatico riconosciuto e approvato dalla chiesa contiene anche molte affermazioni che non hanno alcuna solidità concettuale e che collidono con la logica, come il citato dogma del peccato originale senza colpa personale.
Tutte queste cose riportate a puro titolo di esempio vanno affrontate dai cattolici, prima che da eventuali concili, perché i tempi ormai sono tali da non concedere ancora troppo tempo prima che la famosa barca di Pietro vada a fondo o più semplicemente si avvii alla completa irrilevanza,come è già successo a Nord.
Le iniziative i libri e i personaggi sopra citati tutti italiani, hanno tra l’altro avuto il merito di aprire un dibattito su temi che nei paesi anglosassoni era fiorente da un bel pezzo, ma che in Italia era ignorato anche a livello degli intellettuali cattolici.
Ora sono sbarcati in Italia tradotti in italiano ad esempio gran parte dei libri concernenti la critica storica della scrittura, che prima erano conosciuti solo dai cultori della materia, e non sono poca cosa.
Stiamo parlando di tutti quegli studi che danno gli strumenti per valutare l’attendibilità dei testi scritturali, così come gli specialisti possono valutare ,che so io, l’attendibilità dei testi pervenutaci dopo molte traversie storiche del “de bello gallico” di Cesare, con l’aggravante che i testi scritturali sono stati manovrati, tradotti, copiati e ricopiati da chierici, che avevano tutto l’interesse a dire una cosa invece che l’altra per dare una mano alla scuola teologica di loro maggiore gradimento.
E quindi in molti se non in tutti i casi ci hanno messo qualcosa di loro allontanandosi dai testi originari, che come è noto non ci sono pervenuti affatto, al punto che non sappiamo nemmeno in che lingua erano stati scritti.
Accanto a questi tutti i libri importanti del filone relativo ai Vangeli apocrifi ai rotoli del Mar Morto e di Qumran.
Anche in questo settore il livello di ignoranza dei cattolici italiani è risultato allarmante.
Sono poi usciti tutti quei libri riconducibili al filone della filosofia della scienza : Richard Dawkins per fare un nome, che nel mondo ha venduto a ritmi da best sellers.
E anche in questo settore si è acceso un interesse che ha portato all’emersione di autori italiani come il matematico Odifreddi, che ha scelto all’inizio non la strada del dialogo ma quella dell’insulto e del dileggio,ma che ora è rientrato nei binari del dialogo civile.
Così si è sviluppato anche in Italia tutta l’argomentazione su evoluzionismo, creazionismo o pura causalità ecc.
Ingegneria genetica e i così detti temi bioetica affrontati in Italia con un eccesso di fanatismo ideologico, ma almeno affrontati, in modo che la gente si possa almeno informare e pensarci sopra.
Gli scienziati hanno cominciato a non ritenere più sconveniente mettersi intorno a un tavolo a discutere con un filosofo o con un teologo, è stato per l’Italia un inizio, tardivo e incomprensibile per gli accademici anglosassoni che in qualsiasi loro università importante o meno erano da sempre in dialogo con i colleghi delle Divinity Scools laiche (facoltà di teologia), ma meglio tardi che mai.

In questa prospettiva il dialogo fra cattolici e laici non cattolici è estremamente proficuo perché è l’unico modo per allargare la visuale di entrambe le scuole di pensiero.
Mi sono permesso sopra di dare degli ignoranti ai cattolici italiani, cosa che è di per sé antipatica e poco corretta per la semplice ragione che tutta la mia storia personale si è svolta all’interno del mondo cattolico e quindi la poco simpatica affermazione la sento rivolta prima a me stesso che ad altri.
Per obiettività ed a parziale scusante di tale ignoranza va detto che purtroppo “santo intenet” che ha dato accesso a una montagna di documenti specializzati con relativi potentissimi motori di ricerca, è arrivato in questi ultimi anni e quindi prima anche chi avesse voluto documentarsi su cosa poteva contare?
In Italia, caso unico al mondo esiste l’”editoria cattolica” cioè i testi riconducibili alla religione cattolica erano stampati praticamente solo dai pochi editori cattolici (Paoline, Morcelliana, Piemme,Iaka Book ecc) e inutile dirlo i testi più venduti erano e sono libri per lo più consistenti in storie melense di santi e miracoli o testi di presunto arricchimento spirituale cioè di pura propaganda ed edificazione per le anime ritenute semplici.
I classici, i testi patristici non li leggeva nessuno allora ,nemmeno fra gli ecclesiastici, e non li legge nessuno adesso, con la differenza che fino a pochi anni fa non era facile procurarseli nelle librerie, esistevano sole nelle biblioteche specializzate e c’era anche la barriera del latino, perché questi tipi di testi non esistevano in traduzione italiana .
Oggi invece, chi vuole può accedere a quasi tutto e sul web trova tutto subito, se pure solo in inglese, questo, il latino moderno bisogna comunque impararlo per forza.
Ma non basta ancora,per capire le limitazioni alle quali erano e in gran parte sono ancora soggetti i cattolici italiani occorre ricordarsi che non esistono in Italia facoltà teologiche gestite da accademici laici nelle università statali, come capita nel resto del mondo occidentale in regime di libertà di ricerca.
Di conseguenza i cattolici italiani non hanno mai potuto partecipare a un dibattito teologico nel quale poter vedere nuovi indirizzi di pensiero e valutarli per poter arricchire e far progredire le proprie conoscenze, per la semplice ragione che le facoltà ecclesiastiche non accettavano nessuna forma di pluralismo di pensiero.
Ai tempi del concilio i più tenaci si sono procurati i testi di riferimento dei teologi per lo più francesi, che quel concilio hanno ispirato Congar, Chenou ecc.,comprandoli in Francia.
Aperta quella finestra, però per poco tempo, qualcuno ha poi provveduto a chiuderla con decisione e tutto è tornato come prima.
Per la semplice ragione che i teologi in Italia,poveretti loro, operando quasi esclusivamente in facoltà pontificie o comunque sottoposti all’autorità ecclesiastica sono soggetti alle forche caudine del diritto canonico (anche questo colpevolmente ignorato dai cattolici italiani) che impone loro un giuramento di fedeltà al cor pus dogmatico ortodosso nella sua interezza e quindi di fatto sancisce per loro la impossibilità di esercitare la libertà di ricerca scientifica.
In queste condizioni cosa potevano e possono elaborare?
Ribollire sempre la stessa minestra si è visto a quali brillanti risultati ha porato.
Come poteva svilupparsi un cattolicesimo adulto in Italia se tutto era sotto tutela, come se tutto il mondo cattolico fosse stato un immenso collegio o seminario, per eterni bambinetti , gestito da ecclesiastici sottomessi in modo ferreo alle loro gerarchie ,che di fatto ti censuravano libri e letture.
Internet ha fatto cadere il muro del collegio e anche in Italia si è scoperto che altrove i cristiani delle varie denominazioni erano secoli e decenni che discutevano apertamente di cose che loro semplicemente non conoscevano.
Per dare un’idea di quanto sia opprimente per la libertà di ricerca il sistema di gestione del potere anacronistico tutt’ora vigente nella chiesa faccio un esempio di carattere personale.
Ho avuto modo di seguire nel tempo diversi interventi del Card Martini sul tema nel quale è particolarmente competente,quello della teologia biblica e tutte le volte che lo sentivo mi meravigliavo del fatto che questo studioso si soffermasse ad analizzare dettagliatamente singole frasi delle scritture risalendo regolarmente al testo ebraico e tutte le volte rilevava che la traduzione corretta portava a concetti diversi rispetto a quelli risultanti dalla traduzione canonica, in uso al momento.
Dopo avere visto ripetersi più volte il medesimo schema mi sono fatto una domanda ovvia, ma perché il Cardinale non produce una sua versione della Bibbia dall’ebraico all’italiano?
Domanda che mi facevo senza rendermi conto di quanto fosse ingenua.
Non lo faceva ,pur essendone perfettamente in grado perché , sembrerà impossibile, ma è così , non aveva e non ha l’autorità per farlo.
Perché? Non certo per ragioni burocratiche, ma evidentemente perché la traduzione è una forma di manipolazione dei testi utile per sottolineare alcune cose e sottacerne alcune altre.
Martini conosceva benissimo il vasto filone, soprattutto anglosassone, della critica storica della scrittura, ma ben sapendo come questo fosse osteggiato in Vaticano non ne faceva nemmeno cenno, rischiando di non far capire ai suoi ascoltatori quale fossero i termini delle questioni che sollevava.
Chi scrive, uno dei suoi tanti ascoltatori, ha dovuto aspettare la libertà di ricerca che ha portato internet per vedere che al di là del muro c’erano già intiere biblioteche sull’argomento.
Questo è’un esempio forse piccolo, ma rende l’idea di una comunità culturale vissuta per decenni sotto tutela senza nemmeno accorgersene.
L’arrivo di Internet con la biblioteca di Alessandria disponibile per tutti e subito, l’arrivo in Italia dei testi che sopra si sono citati che criticano in modo trasparente alcuni aspetti della dogmatica cattolica che non sono mai stati in piedi per mancanza di coerenza logica e per mancanza di appoggio reale nella scrittura, la scelta di laici divulgatori o scienziati disposti finalmente anche in Italia a confrontarsi con le tesi cattoliche stanno dando una grande opportunità ai cattolici italiani.
Avere l’opportunità di uscire dalla tutela è comprensibile che crei qualche momento di disorientamento, ma guai se non ne approfittassero, ora non ci sono più scuse .
Che la chiesa gerarchica conceda o non conceda, bisogna trovare la visibilità che finora non è mai esistita in Italia per i cattolici adulti.
Chi preferisce rimanere sotto tutela ha tutti i diritti di farlo, ma non può pretendere che la sua personale sensibilità venga ritenuta l’unica possibile forma di cattolicesimo.
La potenza della tecnica ha abbattuto i muri e la cosa è irreversibile, occorre farsene una ragione

martedì 28 giugno 2011

Scola a Milano potrebbe essere una cocente delusione per il berlusconismo

I giornali della destra e fra loro soprattutto Libero che non indulge mai in giri di parole politicamente corrette titolano pressappoco così “Scola a Milano per mettere in riga Pisapia”.
Se la pensano veramente così penso di potere anticipare che dovranno cominciare a curarsi il mal di fegato per la rabbia e la delusione.
Il fatto che Scola provenga da CL è solo uno dei suoi dati biografici , significativo, ma uno dei tanti e non il principale.
Mi si passi il paragone un po’ ardito, ma oggi chi andrebbe a rinfacciare a Gad Lerner di essere stato in gioventù di Lotta Continua, come se una appartenenza negli anni giovanili dovesse essere intesa come una presa di ordini monastici.
Non è così, Scola come tanti giovani cattolici di quegli anni è stato formato negli ambienti di Comunione e Liberazione, ma poi è andato lontano e non in ragione di quella sua giovanile appartenenza, ma dei suoi numeri personali.
Non per essere cattivo, ma vorrei ricordare che Don Giussani non è mai stato gratificato della porpora e nel mondo ecclesiastico nulla avviene per caso.
Scola a differenza degli altri vescovi di formazione CL è una personalità con una caratura intellettuale non paragonabile.
Facciamo pure nomi e cognomi, Negri vescovo di San Marino era ed è rimasto un specie di Suslov ciellino (l’incorruttibile ideologo del Politburo dell’URSS di infausta memoria) senza avere operato alcuna maturazione visibile da quando fra gli anni 60 e 70 scriveva le più strampalate note di dottrine sociali e politiche per conto di CL.
Il Cardinale Caraffa arcivescovo di Bologna , pure lui di provenienza ciellina è rimasto uno dei tanti tradizionalisti senza alcuna flessibilità, né maturazione di alcun genere.
Di provenienza CL ci sono altri 10 vescovi in giro per il mondo ma nessuno dei loro nomi richiama nulla di particolare.
Il caso di Scola è diverso sia come si diceva per la caratura personale dal punto di vista dell’intelligenza e della cultura dell’uomo sia per le sue caratteristiche caratteriali fatte di apertura umana e di naturale predisposizione al dialogo.
I giornali ricordano di continuo come presunta ragione determinante per la scelta di papa Ratzinger a favore di Scola, la sua presenza appunto con Ratzinger nella redazione della rivista Communio, nata alla fine del Concilio Vaticano II per buttare quanta più acqua possibile sulle idee conciliari diffuse dalla ben più seguita rivista teologica Concilium, sulla quale avevano scritto tutti gli ispiratori di quel concilio soprattutto di cultura francese e del Nord Europa.
Non contestavano le dichiarazioni conciliari, contestavano il clima culturale di quegli anni che spingeva per fare del Concilio solo una tappa per un rinnovamento radicale della chiesa che loro non volevano.
Ma non è qui, cioè nella teologia che va ricercato il vero Scola.
Scola ha si ricoperto delle cattedre di teologia, ma molti vaticanisti riconoscono che difficilmente si può ravvisare in lui la stoffa del teologo, cioè il suo pensiero non è mai riuscito ad elaborare nulla di sistematico.
Le qualità dell’uomo sono altre e le abbiamo sopra accennate.
La sua apertura al dialogo gli ha consentito ad esempio di impostare un serio lavoro di dialogo e di confronto con la cultura religiosa soprattutto islamica, come testimoniato dalla rivista Oasis che il Patriarcato di Venezia porta avanti ormai da anni.
I cattoliconi di osservanza berluschina e peggio ancora leghista ci rimarranno ben male quando il nuovo arcivescovo si farà in quattro per dare agli islamici una degna moschea a Milano, come è consequenziale alla sua linea di pensiero.
Bacchetterà le probabili iniziative di Pisapia sul registro delle unioni omosessuali o altre iniziative di questo genere? Sicuramente sì, ma è probabile che lo farà con spirito di apertura cercando di capire il punto di vista di chi la pensa diversamente da lui.
Chi si aspettava di vedere arrivare un tradizionalista chiuso e inflessibile, ci rimarrà male.
Scola non è né Caraffa né Negri.
E chissà che riesca ad andare anche oltre le aperture che ha già acquisite.

giovedì 23 giugno 2011

L’Italietta di Bisignani descrive un paese che ha messo al potere le mezze calzette

L’unica carica istituzionale che in questi ultimi anni riesce a svolgere il suo ruolo con dignità, ricambiato da un altissimo indice di gradimento, è come a tutti è noto il Presidente Napolitano, che ci ha esortati durante le celebrazioni dei 150 anni dalla nascita dell’Italia unita ad essere orgogliosi della nostra patria.
Certo che dopo aver letto i verbali sui colloqui telefonici del faccendiere lobbista Bisignani con tutta o quasi l’Italia che conta, pubblicati dai giornali in questi giorni, anche con tutta la buona volontà, viene piuttosto voglia di mettersi al seguito dei tunisini e varcare la frontiera di Ventimiglia con un biglietto di sola andata, approfittando del fatto che non ci hanno ancora sbattuti fuori dall’Europa.
Un primo esempio piccolo ma illuminante.
Provate a riandare con la memoria al film di Rosi sulla vita di Enrico Mattei, al rapporto allora definito spregiudicato, che aveva con i governi e con i politici.
Il suo prestigio e la sua storia personale gli consentivano di elaborare una politica energetica, di andare a combattere sul campo per strappare un contratto ai satrapi medio-orientali, cercando di precedere gli emissari delle potentissime sette sorelle, la politica seguiva.
Quanta strada è stata fatta in discesa, se il suo successore Scaroni si turba all’idea di una convocazione ad Arcore e per avere delucidazioni non è in grado di farsi anticipare le cose, che so io da Letta o da Frattini, o direttamente da Berlusconi, ma si abbassa a contattare il faccendiere Bisignani.
Lasciamo perdere il caso più folkloristico ma non meno penoso del frate francescano che passa per la segretaria di Bisignani per organizzare la visita del papa ad Assisi.
Facciamo finta di non capire quale carica eversiva si possa nascondere dietro a un individuo senza alcuna veste istituzionale che tiene sistematicamente le fila fra i vertici dei servizi segreti e gli stati maggiori delle varie armi.
Viene da ridere amaramente pensando a quale livello di penosa insignificanza è arrivata la politica istituzionale a causa della pochezza del personale politico, se il presidente del comitato di controllo sui servizi segreti il navigatissimo D’Alema viene bypassato da un faccendiere qualunque, chiaramente molto più potente di lui.
Che dire poi della schiera starnazzante delle signore ministre, sottosegretarie, deputate, prontissime a fare la fronda per telefono contro la leadership berlusconiana, salvo poi ripiegare immediatamente dopo la bacchettata del capo padrone fino ad arrivare al caso della ministra che aveva minacciato le dimissioni e poi nelle intercettazioni viene fuori che avrebbe fatto il diavolo a quattro per farsi impalmare dal cavaliere.
Non parliamo del direttore della Rai che si fa scrivere dal faccendiere la lettera di licenziamento del conduttore che ha portato alla sua azienda lo share più alto e quindi i più alti ritorni pubblicitari.
E con questa classe dirigente pensiamo di poter rientrare dal debito pubblico più alto d’Europa e tenere la concorrenza economica asiatica?
E’ giusto però rilevare anche che non sono stati beccati nelle intercettazioni membri dell’opposizione salvo Cesa dell’Udc di Casini, né industriali privati di un qualche peso, né ecclesiastici di un certo rilievo, né banchieri, è già qualcosa ed è l’ennesima riconferma del fatto che i “poteri forti” chiesa, banche, confindustria ne escono con maggiore dignità della classe politica.

mercoledì 22 giugno 2011

La morale “cattolica” taroccata del berlusconismo

La politica italiana attraversa da decenni una fase tanto sgangherata da produrre dei fenomeni incredibili, anomali, unici nel senso che non hanno né precedenti storici né casi analoghi all’estero.
Ma che non sono affatto innovazioni né produzioni geniali, semplicemente essendo dei non sensi in quanto illogici, sono appunto delle sgangheratezze.
Mi riferisco al fatto che il berlusconismo è riuscito ad assemblare a caso una pattuglia di politici, giornalisti e intellettuali, che si sono proclamati i soli e unici difensori ed interpreti di quella che ritengono essere la retta morale cattolica applicata alla vita pubblica.
1- primo fatto rilevante, ritengono costoro che esista una retta morale cattolica applicata alla vita pubblica e sociale che non ha nulla a che fare con la medesima retta morale cattolica applicata alla vita privata, poiche in questo campo ognuno sarebbe legittimato a fare quel diavolo che vuole.
Li si può capire, l’unico modo di essere berlusconiani con quello che Berlusconi combina nella vita privata e che difende come il suo “stile di vita” è quello di praticare e teorizzare questa drastica dicotomia fra vita pubblica e privata, che ovviamente nessuno può rinvenire in qualsiasi manuale di teologia morale , che invece teorizza l’esatto contrario.
Quei componenti della predetta pattuglia che hanno una reputazione da difendere come esponenti del mondo cattolico, se pure ovviamente della componente clericale- tradizionalista, tentano di salvarsi in corner nascondendosi dietro alla teoria della “ragion di stato” (vecchio arnese che non ha alcun senso nel mondo moderno e democratico) e che loro invocano per difendere la linea appunto della doppia morale che il Vaticano praticava prima di scaricare Berlusconi e secondo la quale se un uomo pubblico nella vita privata pratica abitualmente porcellate, ma come uomo pubblico fa approvare leggi giudicate favorevoli dallo stato del Vaticano, è giusto che la chiesa lo giudichi e lo sostenga guardando a quello.
La debolezza del ragionamento e la sua siderale lontananza dal messaggio evangelico (vedi Giovanni Battista che intima a Erode di cambiar vita a causa di Salomè) non necessitano di ulteriori argomentazioni.
Se poi passassimo dalla prospettiva cattolica a quella puramente civile, dovremmo chiederci che censo ha in un mondo secolarizzato sostenere come i wahabiti dell'Arabia Saudita che la morale civile può sostenersi solo sul fondamento metafisico di una religione rivelata con tavole della legge e un sistema di ricompensa per i buoni e condanna per i cattivi.
Non viene in mente a nessuno di questi intellettuali della destra l'eccelso livello morale ad esempio della morale civile stoica,secondo la quale la legge morale è ricompensa a sè stessa e quindi non è necessario basarla su alcun sistema metafisico, retto alla fin fine sulla paura della condanna e quindi più adatto al mondo dei bambini che a quello degli adulti, dove dovrebbe vigere il principio primo della responsabilità e non quello della paura del castigo?
E poi tutta la problematica sulla differenza fra "diritto naturale" e "diritto positivo" che è patrimonio di tutto il mondo democratico, ma che in Italia trova ancora ostacoli in questi difensori di un mondo distrutto e condannato dalla storia oltre due secoli fa?
2- il secondo fatto rilevante è che la pattuglia della quale si parla è quanto di più male assortito si possa immaginare.
Si va dai pochi cattolici ufficiali per lo più giornalisti di CL alla sottosegretaria Roccella ex radicale, alla storica Scaraffia pure ex radicale e da tempo promossa se pure saltuariamente editorialista addirittura dell’Osservatore Romano, per arrivare al caso credo unico al mondo degli atei devoti alla Giuliano Ferrara, che si è incapricciato del clericalismo da lui ritenuto indispensabile e insostituibile fondamento della religione civile, che non potrebbe essere invece fondata su alcuna morale laica, come in quasi tutto il resto del mondo occidentale, all’attualmente più defilato Senatore Marcello Pera, che da laico aveva discettato sul tema col Card.Ratzinger.
Ultimo arrivato l’ex islamico Magdi Cristiano Allam che come preparato teorico di un possibile islam moderato aveva suscitato parecchia stima e simpatia, ma che ora come cattolico ultraconservatore molto approssimativo non suscita né stima né simpatia.
3- Tutti costoro si sono esibiti in una improba e improduttiva fatica quando dopo l’ondata delle notizie delle notti presunte allegre del premier nostrano si sono dovuti confrontare con lo tsumami che ha travolto Dominique Strauss Kahn e che era giocoforza rapportare all’analogo chiodo fisso del nostro premier.
Ferrara e il Ciellino esperto di Madonne miracolose Antonio Socci hanno aperto le danze con diversi pezzi nei quali si scagliavano ostentando terribile livore contro il “moralismo” a loro pare ipocrita della sinistra, che non sarebbe legittimata a dire nulla in campo di giudizi morali perché avendo generato nel suo interno il famoso ’68 artefice di ogni forma di Sodoma e Gomorra sarebbe lei stessa la causa vera del basso livello morale della società attuale.
Personalmente sono convinto che se il ’68 è già passato alla storia come il tentativo (lo riconosco purtroppo non riuscito) di portare “la fantasia al potere”, il berlusconismo passerà alla storia come il movimento politico che ha portato (con successo) “la volgarità al potere”.
Il voler negare l’evidenza sia nel caso Berlusconi sia nel caso Strauss Kahn lo trovo prima di tutto un insulto all’intelligenza dei lettori, che prima o poi se ne accorgono e reagiscono.
Il fenomeno sopra descritto degli strani “cattolici” berlusconiani si può leggere da due angolazioni diverse.
Da parte berlusconiana è tutto sommato comprensibile, perché su questi argomenti scabrosissimi se uno vuol essere berlusconiano non può far altro che arrampicarsi sugli specchi con argomentazioni che non valgono la fatica di produrle.
Dalla parte del comportamento della chiesa, essendo lei sì legittimata a dire chi e che cosa è cattolico o non cattolico si fa un po’ fatica a perdonare la doppia morale che è stata sostenuta fino a ieri pur sapendo che tanti cattolici , che politicamente si ritrovano a destra come a sinistra
ne rimanevano scandalizzati in senso evangelico.
Fortunatamente, pur essendo i “fedeli” una schiera in costante restringimento, la struttura ramificata territorialmente in modo molto diffuso ha consentito alle gerarchie se pure in ritardo di avvertire l’irritazione della base che era già diventata indignazione e di decidere di abbandonare Berlusconi al suo destino.
Ma rimanendo in argomento,prima obbiezione : ammettiamo pure che le gerarchie si siano accontentate dei privilegi che il berlusconismo concedeva a piene mani insieme a leggi sulla bioetica con l’imprimatur vaticano, ma non potevano trovare qualcuno un po più qualificato per fargli fare la parte del “cattolico berlusconiano”? Come hanno fatto ad accontentarsi dei Ferrara, dei Pera, Rocella, Scaraffia, non c’erano più teologi nelle facoltà pontificie?
Seconda obbiezione : comunque uno pensi in campo cattolico con una sensibilità più tradizionalista o con una apertura al rinnovamento, non è sempre stato riconosciuto il principio primo che tutti ci si ritrova e ci si deve ritrovare nella scrittura?
Se è così, che c’entrano il potere ,l’imposizione di regole “cattoliche” con la coazione della legge civile, la ragion di stato ,con l’evangelo?

martedì 21 giugno 2011

La Repubblica è fondata sul lavoro, la destra è fondata sui faccendieri

La sottile ma martellante disinformazione della destra con i suoi sovrabbondanti mezzi di comunicazione ci ha abituati ad un finto “politicamente corretto” per il quale le professioniste del sesso non si chiamano più come si sono sempre chiamate ma sono diventate “escort”.
Con la stessa arrogante protervia i faccendieri che infestano e inquinano la politica, dopo l’arresto di Bisignani non sono più faccendieri ma “lobbisti” ai quali sarebbe giusto fornire un ufficio in parlamento come fa il Congresso Usa.
Tralasciamo il fatto che politologi di prima grandezza come John Talbott hanno pubblicato testi documentati per far capire agli americani che le lobbie che si comprano la politica stanno minando le basi della democrazia e quindi è necessario sbatterli fuori dai palazzi del potere.
Rimaniamo in Italia.
Nella prima repubblica i faccendieri c’erano eccome, solo che siccome i loro nomi venivano fuori regolarmente o come retrobottega delle stragi o come retrobottega dei grandi scandali nazionali (tangente Enimont etc) gli interessati cercavano di tenere il profilo più basso possibile e nel mondo dei potenti anche se molti o tutti li conoscevano, venivano trattati pubblicamente come appestati.
Oggi dopo vent’anni di berlusconismo vediamo che invece della “rivoluzione liberale” l’unica rivoluzione clamorosa che ha acquisito il paese è “la volgarità al potere”.
Ed allora il fatto che il potere venga gestito da persone che non hanno alcuna legittimazione istituzionale e quindi nessuna investitura democratica e quindi non sono tenuti ad alcuna trasparenza viene descritto come un fatto del tutto normale e poi diamine il giovanotto è anche belloccio e simpatico, veste in doppiopetto, prima di darti la mano si cura di strofinarsela per non darti la spiacevole sensazione di umidiccio come recita il manuale del buon manager berlusconiano, che c’è da ridire?
Come faceva il giovanotto a sapere cose che non avrebbe dovuto e non avrebbe potuto assolutamente sapere, perché non le sapevano nemmeno i magistrati colleghi dei titolari delle inchieste?
Il sottile, ma non tanto, giochetto dei ricatti è un inquinante della democrazia o no?
E poi, vivaddio guardiamoci dal parlare di P3 o P4, del resto non è vero che anche la P2 era tutta un’invenzione senza fondamento, come dicono il Giornale, Libero, il Tempo i Tg di Mediaset ecc?
Qui fermiamoci e prestiamo attenzione perché siamo arrivati al nocciolo del problema.
Se i petrolieri americani fanno pressione (lobby) perché i politici, che contattano diano retta a loro e non ai lobbisti delle aziende che vendono impianti per energie rinnovabili, fanno il loro mestiere e per di più alla luce del sole, perché non rilasciano bustarelle ma assegni che sono soggetti a pubblicità nei bilanci dei partiti e dei comitati elettorali dei politici.
Se i faccendieri italiani ricattano perché certi appalti vadano al Tizio invece che a Sempronio o agli alti vertici dello stato venga nominato Caio invece che Mevio, le cose sono ben diverse e sono terreno di accertamento della giustizia penale.
Se poi i faccendieri italiani fanno un passo successivo e si consorziano in una cupola segreta come era successo con la P2 la cosa diventa una minaccia alla stabilità dello stato.
Ho un ricordo personale di un incontro con Tina Anselmi, gagliarda ex partigiana cattolica, presidente della commissione parlamentare sulla P2, alla fine del suo mandato, invitata a rassicurare il popolo democristiano ,abbacchiato dal marciume che veniva fuori da tutte le parti.
Per carattere e storia personale non si sarebbe lasciata intimidire nemmeno dal diavolo, ma non riuscì assolutamente a rassicurare. Era chiaro che avvertiva il fatto che il potere politico (rappresentato dall’ultimo Forlani) era troppo debole e inquinato per spazzare via i piduisti.
Figuriamoci questi dilettanti allo sbaraglio del berlusconismo al tramonto.
Siamo costretti a sperare al solito nella magistratura, che almeno loro tengano duro.

lunedì 20 giugno 2011

Pontida : se il vecchio leone traballa ma rimane in piedi Berlusconi si rigira nel pantano

Nessuno si aspettava veramente che la Lega a Pontida rompesse di colpo l’alleanza con Berlusconi, per una serie di ragioni.
Bossi non è più quello del ’94,quando ruppe dall’oggi al domani (si dice perché Berlusconi avrebbe già allora manifestato il suo vizietto di mettersi a comprare giocatori in casa altrui e Bossi non gradì per nulla) oggi oltre ad essere nell’età della pensione ha i problemi di salute a tutti noti.
Ma soprattutto la Lega paga il prezzo di essere un partito a democrazia molto limitata. Chi dissentiva dal capo, veniva sistematicamente buttato fuori in malo modo, così è stato difficile ricambiare almeno un po’ la classe politica e ancor peggio è stato quasi impossibile elaborare una linea politica in modo sensato e questa anomalia ieri a Pontida è emersa in modo vistoso.
Tanto più che la Lega, salvo all’epoca di Miglio, non ha mai attirato nelle sue file praticamente nessun intellettuale in grado di elaborare alcunchè.
Quando ci si affida solo al presunto eccezionale fiuto del capo ci si ritrova vent’anno dopo senza avere la minima idea seria su che fare, come si è visto ieri.
La Lega dopo vent’anni che non ha saputo elaborare alcuna linea politica ha manifestato un vuoto di idee e di contenuti assolutamente preoccupante.
Politica economica : inesistente. Non una parola su una strategia di sviluppo per le Piccole e Medie Imprese. Liberalizzazioni ? Nulla, anzi l’idea peregrina e populista di spostare i ministeri al Nord significherebbe creare nuovi posti statali aumentando una burocrazia già fuori misura.
L’unica indicazione economica è stata per favorire gli agricoltori che hanno sfiorato le quote latte (si calcola che siano circa 5000 persone che a quanto pare sono oggi la lobby più forte all’interno della Lega).
Sulla crisi finanziaria? L’indicazione è stata : se la vedano Berlusconi e Tremonti. Non s’era mai visto un partito che rinuncia ad essere qualcosa in questo modo.
Politica estera? Totalmente inesistente. Basta con la guerra in Libia e con le missioni militari, costano troppo. Bene ma al momento come la mettiamo? Veramente brillante il ragionamento del cavolo di Maroni : abbiamo bisogno di avere un interlocutore in Libia per trattare il blocco degli imbarchi ed allora fermiamo la guerra così avremo come interlocutore solo il caos. Diavolo ma sembra impossibile che un ministro della repubblica di primo piano, addirittura incoronato di fatto come futuro leader della Lega e candidato a Presidente del Consiglio parli della Libia senza curarsi del fatto che la Libia medesima è un filino più importante per noi come nostra fonte primaria di gas e petrolio piuttosto che per il grattacapo che ci può procurare spedendoci barconi di disperati. I barconi sono noccioline a confronto del prossimo inverno senza il gas libico.
Ma possibile che gli italiano continuino a votare politici di livello così infimo?
L’unica idea chiara uscita da Pontida perché urlata senza possibilità di equivoco è stata “secessione”. Peccato che sia stata gridata anche vent’anni fa e che i dirigenti della Lega, che sono sempre gli stessi in questi vent’anni non ci abbiano nemmeno pensato.
Forte anche il vecchio leone che sorpreso dall’urlo unanime del suo popolo non abbia saputo rispondere altro che : bene se volete la secessione preparatevi.
E’ proprio questo che la gente si aspetta dal capo di un movimento politico più di lotta che di governo : non mi metto alla vostra testa in prima fila e andiamo alla secessione , ma se volete la secessione vedetevela voi.
Siamo ancora all’ “armiamoci e partite”, io ho altro da fare.
Unica concessione, il governo ha fatto degli errori, l’alleanza con Berlusconi è in discussione.
Ma questo l’avevano già detto gli elettori.
Anche la Lega ci ha fornito a Pontida il prontuario di una classe politica da rottamare.

sabato 18 giugno 2011

Qualcuno ci spieghi a cosa è servito l’Euro

Ah, se non ci fosse stato, sarebbe stato molto peggio.
Questo è un argomento logico debolissimo ma è quello che va per la maggiore fra i maggiori economisti.
Figuriamoci fra gli altri.
L’Euro ci ha dato la stabilità finanziaria e ci ha regalato una moneta forte: questo è il mantra ripetuto più di frequente ed almeno questa affermazione è inconfutabile.
L’Euro è tutt’ora una moneta forte sul dollaro (l’altra e la prima moneta di riferimento del pianeta) verissimo, ma i vantaggi?
Finite sopra le idee chiare e distinte, qui comincia la nebbia in Val Padana.
Noi non abbiamo le dimensioni continentali degli Usa o della Cina, e questa è la ragione per la quale i grandi veri politici degli anni ’50 hanno avuto l’ idea dell’Europa Unita, per portarci ad avere una dimensione continentale.
Purtroppo però l’Europa non è mai decollata, non c’è un governo, meno che meno un presidente federale ,non ci sono forze armate comuni, c’ è solo l’Euro però non c’è una politica economica comune, nemmeno c’è una politica fiscale comune.
Può durare ? Forse perché a qualcuno che conta (Germania) fa più comodo che ad altri, ma non è detto perché senza un meccanismo di decisioni comuni il mercato un momento o l’altro prevarrà e manderà in bancarotta prima i più deboli ma poi anche gli altri,
Fare la cronistoria dell’Euro in Italia è come fare la cronistoria delle solite debolezze mai curate del nostro paese e dei nostri connazionali.
Siamo di memoria corta, siamo insanabili creduloni, siamo troppo buonisti, cioè troppo propensi a perdonare.
L’Euro è arrivato in Italia propiziato dalla lungimirante opera del “genio” politico di turno, Romano Prodi.
In effetti poteva sembrare così, nel senso che il paese usciva da una disastrosa crisi economico finanziaria e invece di fallire come si meritava con debito pubblico del 126% del Pil, veniva ammesso a partecipare ai vantaggi del club dei virtuosi e dei duri.
Ma già il primo passo è stato in realtà uno scivolone pazzesco, perché l’insipienza politica di chi ha gestito il passaggio dalla Lira all’Euro ha fatto sì che nel giro di alcuni mesi chi guadagnava 100 si è trovato di colpo a percepire 50. Stipendi dimezzati. Un’altra parte di Italia, tutti coloro che avevano qualcosa da vendere hanno lucrato sul corrispondente di un raddoppio dei prezzo.
In un altro paese sarebbe stata la rivoluzione, da noi niente, tutti perdonati, Prodi addirittura è stato rieletto poco dopo.
Per entrare e rimanere nel club nordico dei virtuosi e dei duri avremmo dovuto diventare come loro e invece la maggioranza di noi ha scelto di affidarsi al susseguente “genio” della politica, che non nomino nemmeno perché sono fra quelli che non ne possono più di averlo fra i piedi, non per odio ma per sopravvenuta stanchezza, mi sono stufato di sentir il suo nome dieci volte al giorno.
Il nuovo genio è subito piaciuto molto ai più perché ha spudoratamente promesso alla pancia degli Italiani che con lui avremmo trascorso anni senza dovere avere il cruccio di occuparci di cose serie.
Quasi vent’anni dopo siamo punto e daccapo, cioè pochissimi passi dietro alla Grecia che è già fallita, dato che i suoi Bot acquistati a 100 ora valgono 40.
A questo punto non posso tacere la parte meno piacevole, quando e se ci sveglieremo dal torpore del berlusconismo e saremo costretti a fare i conti picchieremo il naso contro questa inaspettata situazione : a detta dei tecnici, l’uscita dall’Euro dell’Italia e il suo ritorno alla Lire ci costerebbe esattamente quello che ci è costato entrarci, cioè chi oggi guadagna 100, col ritorno alla Lira si ritroverà in tasca 50.Cioè chi ai tempi della Lira guadagnava 100 si ritornerebbe in tasca 25

giovedì 16 giugno 2011

Pontida o no Pontida anche per Bossi è arrivata l’ora del tramonto

La Lega o le leghe locali (veneta ecc) hanno un forte radicamento territoriale e riusciranno a sopravvivere al declino del berlusconismo, ma Bossi non credo abbia un futuro perché ha condiviso le stesse anomalie di Berlusconi.
Il Pdl si è detto e ridetto è un partito di plastica, posticcio, la Lega al contrario si è radicata sul territorio copiando le strutture dei grandi partiti di massa tradizionali e quindi ha una sua solidità.
Condivide però col Pdl una anomalia gigantesca in quanto è gestita in modo verticistico- personalistico dal fondatore-padrone Umberto Bossi senza garantire alcuna democrazia interna o trasparenza delle decisioni.
La cosa non ha fatto molto lo scalpore che meriterebbe, ma negli anni Bossi ha buttato fuori dal partito dall’oggi al domani una vera marea di dirigenti anche altolocati e qualcuno anche di buon livello. Il dissenso è immediatamente punito. Il leghista tipo è il Senatore Borghezio che dice : Bossi non si discute né si interpreta, si ascolta e si segue.
Purtroppo questo è tutt’ora il nocciolo del Leghismo : è il già sentito e sgradevole “credere, obbedire, combattere”.
Ma ormai è chiaro anche alla base leghista che se non cambieranno il sistema non andranno più da nessuna parte.
Gian Antonio Stella ha riportato sul Corriere di ieri un elenco documentato delle balle del cavaliere sulla materia fondamentale della riduzione delle tasse (su persone fisiche e imprese), annunciata solennemente almeno quattro volte e mai attuata.
Bossi di annunci- balle in vent’anni ne ha fatti molti di più del Cavaliere (si veda il libro “Umberto Magno” di
Leonardo Facco che è molto ben documentato), è rimasto in sella, ma proprio perché ne ha già contate anche troppe il giochino non può durare a suo piacimento, ormai anche lui è contestato dalla base .
Gli statistici hanno confermato che ai recenti referendum se gli elettori del Pdl hanno “tradito” per il 20%, nella Lega di elettori che hanno disobbedito al capo ce ne sono stati addirittura per il 50%.
Con questo risultato l’era dei politici populisti cesaristi che avrebbero un “fiuto unico” per intercettare gli umori del paese è terminata miseramente.
Perché allora Bossi tarda a scaricare un Berlusconi ormai fantasma, rischiando di andare a bagno con lui?
Qualche analista dice che lo fa perché se rompesse l’alleanza sarebbe costretto a perdere il potere in regioni province e comuni di primaria importanza mettendo in crisi la sua classe dirigente locale, vero si e no perché se salta il berlusconismo ci sarebbe comunque da rifare i conti anche a livello locale.
Come in tutti i partiti a democrazia limitata ci sono anche oscure ragioni che potrebbero essere leggende metropolitane, ma potrebbero anche essere realtà.
Una dirigente espulsa ha affermato anni fa che quando la Lega era praticamente in bancarotta nel 94, Berlusconi ha tirato fuori i soldi necessari a rimetterla sui binari cautelandosi però acquistando addirittura la proprietà del logo del partito.
Sulla Stampa del 15 scorso Michele Brambilla ne tira fuori un’altra ancora più clamorosa quando riporta la voce secondo la quale quando fu stipulato l’accordo fra Berlusconi e Bossi nel 2001, Berlusconi si sarebbe cautelato pretendendo la firma di una specie di contratto che “Bossi avrebbe tutto l’interesse a non violare”.
Di che si tratta?
Finora capitava solo nel calcio, che se un allenatore se ne andava prima della scadenza del contratto doveva sottostare al pagamento di una salata penale, ma forse non ne abbiamo viste ancora abbastanza nella politica italiana.
Del resto consoliamoci, anche nel contratto più sacrale che esista come è il matrimonio oggi usano clausole dettagliate che prevedono cosa si farà (finanziariamente) in caso di esito non positivo.

Al lupo al lupo! E se poi arrivasse davvero e fosse un lupo rosso?

Ci sono tre fatti di ieri che mi hanno suggerito questo titolo.
1-la penosa sortita di Brunetta che insulta i precari qualificandoli come la peggiore Italia;
2-l’arresto del faccendiere Bisignani;
3-la quasi rivolta del popolo greco contro riforme da lacrime e sangue fatte da una classe politica che non ha la credibilità per poter chiedere quei sacrifici pesantissimi.
Queste tre cose messe insieme mi hanno fatto pensare, ma siamo proprio sicuri che Carletto Marx avesse veramente torto?
E se invece il mantra berlusconiano : “attenti al lupo!” (cioè attenti che io solo vi posso garantire contro i comunisti alle porte) fosse stato ripetuto troppo volte a vanvera col risultato di far riflettere coloro che da questa classe politica berlusconiana sono stati volutamente lasciato a piedi (i giovani, i precari, gli statali, gli operai, i sottooccupati i piccoli negozianti costretti a chiudere dopo tre mesi di attività il ceto medio, gli emarginati, i diversi ecc. ecc.)?
Se tutti costoro che ora non hanno referenti politici affidabili avessero cominciato a intessere contati reciproci con le nuove tecnologie e avessero già capito che per quella strada i risultati possono arrivare?
Cosa c’è di diverso rispetto al :”proletari di tutto il mondo unitevi!” del Manifesto di Carletto del 1848, aggiornato al 2011 italiano?
E la scoperta da parte del popolo televisivo disinformato da decenni di indegni Tg-pastoni televisivi che un faccendiere ai più totalmente sconosciuto ha contato per decenni e conta molto di più di un ministro, non richiama nulla?
A me richiama e molto l’altro ben noto assunto di Carletto : “ i governi presunti democratici sono in realtà i comitati di affari della borghesia”.
E un ministro della repubblica che ritiene di potersi permettere di insultare la categoria vastissima dei giovani precari, possibile che non si renda conto che così facendo non ha fatto altro che aizzare una categoria di grande peso sociale alla “lotta di classe”?
E la piazza greca che tumultua davanti al parlamento con inconfondibili bandiere rosse per protestare contro una intiera classe politica che ritiene sia tutta da rottamare, non fa venire su dori freddi nei palazzi della politica italiana? Non se ne sono accorti che la distanza fra la Grecia e noi è molto relativa?
Non ce lo meritiamo noi italiani, ma come si lo meriterebbero i berlusconiani di vedere le piazze che marciano sui loro palazzi, dopo avere preso per il naso per decenni tante brave persone disinformate e un po’ credulone con l’inverosimile paura dei rossi alle porte.

mercoledì 15 giugno 2011

Tremonti e l’ ” horror vacui”

Il latino non lo capisce quasi più nessuno, però una delle leggi più ferree della politica è nata in latino : “horror vacui”, la paura del vuoto.
E’ una massima che mette in luce una piega fondamentale della psicologia umana con influenze fortissime sui comportamenti politici.
Ma che c’entra con noi. C’entra, c’entra.
Berlusconi, quand’anche durasse fino a fine legislatura, sarebbe politicamente un “dead man walking” un morto che cammina, triste spettacolo che ci auguriamo di non vedere.
Di conseguenza a causa proprio della massima latina di prima, il nostro inconscio e con lui quello collettivo, appena registrata la presenza del vuoto sono portati ad andare a rovistare nell’archivio della nostra mente (e di quella collettiva) per cercare uno che ricopra al volo quel vuoto.
Il fatto sorprendente, secondo gli esperti, è che questo processo mentale all’inizio inconscio si svolge al volo o come si dice nel campo dei computer in tempo reale, immediatamente.
Se il meccanismo è questo penso di non essere l’unico a ipotizzare che il primo papabile individuabile nei faldoni del nostro archivio mentale sia proprio lui, Tremonti.
Se usciamo dai complessi meandri della psicologia per avviarci al più banale teatrino quotidiano della nostra politica saremo costretti a rilevare che il nostro, sia che abbia fatto analisi sulla psicologia delle folle, sia che non li abbia fatti, ci ha da tempo messo del suo per orientare la mente collettiva verso il suo nome.
Prima osservazione, mentre Berlusconi in politica era ed è rimasto un’anomalia in tutti i sensi, Tremonti c’è.
Anche Berlusconi aveva spessore nel senso che proveniva dalla società civile, dove aveva un ruolo di particolare rilevo. Berlusconi però in politica era un alieno e tale è rimasto, aveva bisogno di chi gli faceva la traduzione simultanea, altrimenti non ci capiva niente e soprattutto non ha mai saputo guidare la macchina, perché la odiava, la prendeva a calci un giorno si e uno no e la macchina non andava avanti se non a passo d’uomo.
Tremonti all’inizio della sua avventura ha anche lui corso il rischio di cavalcare l’antipolitica, ma ha ben presto capito che la politica è insostituibile, che non è l’amministrazione del grande condominio, ma è a un livello superiore se no non servirebbe, è prima di tutto visione strategica.
Anche Tremonti ha provato a giocare col populismo proponendosi come il rappresentante dei contro- globalismo o come diceva lui contro- mondialismo. A un certo punto però ha capito che il gioco era ben più complesso e che non sopportava semplificazioni populiste ed ha raddrizzato il tiro. Mentre Berlusconi affondava a causa delle sue fobie personali e dei suoi limiti politici, Tremonti cresceva e saliva di tono.
Il discorso che ha pronunciato ieri a Confartigianato è il discorso di uno che ha avuto si la furbizia di mettersi a studiare da statista per tempo , ma ha avuto anche la capacità di saper ascoltare le categorie e i territori fino a diventarlo uno statista vero.
Idee strategiche chiare : pareggio di bilancio e sviluppo ottenibile superando le disfunzionalità del pubblico, sapendo che qualcuno il conto lo deve pagare e che costui poi non ti premierà nell’urna, ma che se il paese ha bisogno di quella cosa ,questa va fatta anche scontentando categorie lobbies e corporazioni.
Tremonti ha anche lui dei difetti che lo ostacolano e lo ostacoleranno.
A molti è antipatico per la sua aria professorale, sembra sempre che ti voglia impartire una lezione.
Soffre anche lui come tutti i politici di un ego che lo spinge al narcisismo là dove indulge (nei suoi libri in modo irritante) a slogan spesso tutt’altro che brillanti.
Ha sempre evitato di farsi una sua “corrente” politica trasparente, anche se il marasma nel centro destra è tale che non mancano nemmeno a livello locale personaggi che dicono di essere tremontiani.
Questo è un azzardo, perché non è detto che possa permettersi di presentarsi come un politico di tale levatura da non avere necessità di appoggiarsi a una sua corrente di sostenitori.
Ha dimostrato però al Ministero pesantissimo che dirige da anni di avere una qualità essenziale per un politico, che Berlusconi non ha mai avuto, quella di mettere nei posti chiave dei tecnici di assoluto valore, non dei mediocri adulatori.
Ha avuto talmente la mano felice nella scelta che è stato costretto in questi giorni a richiamare i manovratori della macchina per il recupero dell'evasione fiscale a rallentare perchè si erano dimostrati troppo efficenti.
Vedremo se saprà prendere il volo, ma le cose congiurano a suo favore.
Se Berlusconi e Bossi fossero tanto sciocchi da costringerlo alle dimissioni nel giro di ore o giorni i mercati reagirebbero immediatamente castigando i nostri titoli pubblici e gli incauti sarebbero cacciati a calci nel sedere.

martedì 14 giugno 2011

Siamo seduti sulle macerie del Berlusconismo, ma non è bello come pensavamo

Oramai ci sono pochi dubbi sul fatto che Berlusconi non sia più in grado di fare altro che danni a sé stesso e agli altri.
La mezza Italia che berlusconiana non era mai stata ha festeggiato.
Una parte tutt’altro che trascurabile dell’altra metà del paese, cioè di coloro che berlusconiani nell’urna sono stati per anni ha pure trasgredito agli ordini del capo- padrone per la seconda volta in pochi giorni.
A questo punto per Berlusconi in politica il ciclo è finito.
Nemmeno Ferrara , che sinceramente lo ammira e che ha creduto in lui tenacemente crede veramente che il Cav. sia capace di tornare allo spirito ed all’ energia del 94 quando aveva fondato il suo movimento politico.
Le altre penne berlusconiane più esposte da Feltri ora del Giornale, a Belpietro di Libero a Secchi del Tempo sono in “stand by”, in attesa degli eventi, sperando che il berlusconismo possa sopravvivere alla disfatta di Berlusconi.
Essendo però costretti a scrivere il loro pezzo quotidiano o quasi la tirano in lunga cercando di alzare il morale dei lettori afferrandosi all’argomento debolissimo che tuttora a Berlusconi non ci sarebbe alternativa credibile.
Era vero fino a ieri, non lo è più oggi.
Di fronte a un Berlusconi che ha per testa solo il bunga bunga e che come l’ultimo Mubarak si ritrova talmente staccato dalla realtà da soffrire fisicamente per quella che ritiene una immeritata ingratitudine dei suoi elettori di un tempo , un Bersani qualsiasi è orami diventato l’alternativa credibile.
La politica da sempre ha delle fasi di stallo magari decennali o ultradecennali, come è capitato all’ultima DC ma anche delle fasi di accelerazioni improvvise che sparigliano tutte le carte.
E’ quello che sta succedendo in Nord Africa e anche qui da noi.
Berlusconi ha perso principalmente per colpa sua, perché non ha fatto quello che aveva promesso di fare dimostrando di essere un’anomalia perniciosa per la politica italiana, che ci ha fatto perdere anni di sviluppo in quasi vent’anni sprecati a fare pressoché nulla di quello che sarebbe stato necessario per avvicinarci ai cugini europei più sviluppati che ci hanno sempre più distanziati.
Per sua somma sfortuna la sorte lo ha sfavorito non solo servendogli una crisi economica finanziaria pesante, ma colpendolo al cuore in quello che era il suo vantaggio competitivo per definizione : la televisione.
Berlusconi ha perso ed è superato perché la televisione la sua creatura e l’oggetto del suo conflitto di interessi ha perso perché è ormai superata.
I commenti degli istituti demoscopici hanno rilevato infatti che la quota di elettori che trae le sue informazioni non più dal pastone televisivo dei tg. ma dalla rete, da internet, e dagli smartphone, cioè dai telefonini più evoluti è aumentata di quel tanto che è stato decisivo per pervenire alla sconfitta di Berlusconi, altro che Santoro e C.
L’immenso popolo che comunica tramite social network, blog ecc,. tra l’altro in costante espansione, ha di fatto mandato a casa Berlusconi allo stesso modo come aveva mandato alla Casa Bianca Obama e come ha mandato a casa Mubarak , Ben Ali, Salhè .
Intendiamoci si tratta per ora di minoranze, che però come sempre sono quelle che risultano decisive.
Perchè il popolo di internet ha decretato il superamento della televisione? Perchè la televisione è uno strumento,da usare come spettatori passivi, mentre sul web si è per definizione attivi, cioè si entra per partecipare non per ascotare e basta.
Ci si informa, si sente quello che dicono gli altri e poi si dice la propria.
Cambia tutto.
Sul web fare propaganda e contare fandonie si può farlo ma ha poco senso, perchè bastano due colpi per smascherare il conta-balle.
Sul web si contatta gente per vie nuove ed impensate.
I filmati super artigianali messi su You Tube (il sito sul quale chiunque può caricare i suoi filmati)a costo zero, perchè fatti col proprio telefonino, per prendere per i fondelli chi aveva lanciato le note castronate su Pisapia presunto amico di zingari,drogati ecc. hanno avuto un successo imprevedibile ed hanno contribuito non poco ad oscurare la propaganda fatta con mezzi tradizionali dalla Moratti e costata milioni.
Non è stato baciato dalla sorte nemmeno Feltri che appena riapprodato al Giornale ha dovuto commentare la disfatta del padrone del vapore.
Qualcosa doveva pur scrivere.
Gli è toccato di dire che gli elettori hanno punito Berlusconi perché terrorizzati dalla campagna terroristica sul nucleare alla Celentano.
Feltri sa benissimo che il centro destra sono vent’anni che campa su una campagna terroristica volta a creare paure irrazionali nella gente, fondate su nulla di reale o su fandonie indimostrabili.
Se lui che è il numero uno non trova altri argomenti il berlusconismo è davvero messo male.
Le parti si sono invertite.
Erano anni che i non berlusconiani tutte le volte che il regime andava in crisi aspettavano con orrore l’uscita disastrosamente masochista di qualcuno dei leaderini del centro sinistra che sembrava fatta apposta per rinfrancare il berlusconismo e regolarmente questa uscita si realizzava e un Berlusconi ferito si riportava bellamente in sella.
Questa volta pare sia finita davvero se Di Pietro a urne aperte ha detto : speriamo che Berlusconi spari qualche cazzata e il gioco è fatto.
Berlusconi gli ha dato retta e il gioco è stato fatto.

giovedì 9 giugno 2011

Che facciamo ai referendum?

Mi ha molto irritato il consueto sfoggio di arroganza da parte dei maggiorenti del berlusconismo che ipocritamente dichiarano di aver dato ai loro elettori libertà di voto ma che tengono contemporaneamente a far sapere che loro a votare non ci andranno proprio.
Questa è una buona ragione per fare il contrario ed andare a votare non importa se per il si o per il no, andare a votare per raggiungere il quorum significherebbe seppellire politicamente Berlusconi.
Questa è quindi una occasione politica molto importante anche per capire se la classe dirigente berlusconiana è in grado di sopravvivere a un Berlusconi in caduta libera o se è troppo modesta per esistere autonomamente.
Ieri Ferrara ha tuonato “Cavaliere, questo è il momento per passare dall’autocrazia alla democrazia”.
Bene, benissimo, ma è troppo tardi, ormai Berlusconi qualsiasi cosa faccia non è più credibile a causa delle troppe cose annunciate e non fatte.
Se la classe dirigente del Pdl avesse un minimo di consistenza e di spessore politico autonomo approfitterebbe di questa occasione politica per mettere l’autocrate logorato fuori gioco e invece i Frattini, le Gelmini ecc continuano a suonare la solita grancassa padronale e si danno da fare per far sapere che non andranno a votare.
Errore fatale, così si giocano il loro futuro, così non solo cadrà Berlusconi ma cadrà anche il Berlusconismo e gli italiani dopo vent’anni dalla caduta della prima repubblica dovranno cercarsi di nuovo una classe dirigente politica dal nulla aggiungendo all’elenco un ulteriore elemento di debolezza per questo paese.
Come si vede ho accentuato la valenza politica della consultazione referendaria e anche questo è un peccato perché questa accentuazione distoglie gli elettori dal riflettere sul merito delle singole questioni portate alla loro attenzione.
Ribadisco ritengo che il dato più rilevante sarà il significato politico del raggiungimento del quorum o meno, però mi si consenta una parola sul merito dei quesiti.
Chi scrive è da sempre di indirizzo filosofico filo illuminista e quindi sostenitore del primato della scienza. Ne deriva che sono da sempre filo nucleare e che al precedente referendum sul nucleare dopo Chernobil ero fra i pochi che avevano votato per il mantenimento del nucleare come fonte di produzione energetica.
Non ho cambiato idea anche se so che la mia opinione nel caso specifico risulterà ancora del tutto minoritaria.
Nel nostro paese si tende a dare più affidamento ai sentimenti alle emozioni, e alle fedi che non alla scienza.
Non sto a elencare gli argomenti a favore del nucleare, i giornali ne hanno dato conto ed a loro ci si può riferire. Mi limito a una sola osservazione. Trovo per lo meno ridicolo che ci si preoccupi tanto dei rischi del nucleare nello stesso paese che ha avuto duemila morti dal disastro del Vaiont (impianto idroelettrico) e che ha la bellezza di due milioni di persone regolarmente residenti dell’area di deflusso della lava del Vesuvio. Ma lo ripeto ho fatto solo una battuta, chi vuole può documentarsi trovando argomenti ben più seri.
In ogni caso dato che l'alternativa sostanziale al nucleare sono i combustibili fossili e in particolare petrolio e gas, ritengo che gli sceicchi arabi autocrati medioevali e fanatici wahabiti detentori del petrolio siano più pericolosi dei rischi del nucleare.
Sul nucleare voterò quindi no.
Sull’acqua sarei pure tentato di votare no perché da un punto di vista puramente generale liberalizzare i servizi pubblici è un via obbligata per modernizzare l’Italia.
Mi hanno convinto del contrario invece queste osservazioni :
-non esiste nel nostro paese un reale problema dell’acqua nel senso che generalmente di acqua ce ne è molta ed a prezzo bassissimo, dove è scarsa è colpa delle comunità locali tutte meridionali che continuano a tollerare gestioni folli e corrotte;
-se il problema non c’è non si vede perché sia il caso di porlo. Viene quindi il sospetto che ad essere interessate siano solo consorterie affaristiche. Il caso della neo -sottosegretaria titolare si dice della maggiore ditta di produzione di tubi di plastica per acquedotti mi ha messo una grossa pulce nell’orecchio. La legge Ronchi sulla materia è comunque formulata tecnicamente in modo pessimo come ha chiarito sul Corriere di oggi un articolo dell’ottimo Mucchetti. Buona occasione per abrogarla e quindi costringere i legislatori a farne un’altra.
Sull’acqua voterò quindi si.
Sul legittimo impedimento voterò si e anzi se potessi voterei due si per la semplice ragione che se la rivoluzione francese ha abolito il potere assoluto ed ha affermato l’uguaglianza dei cittadini due secoli fa non vedo perché si debba tornare indietro per la bella faccia di Berlusconi.

mercoledì 8 giugno 2011

La Rai vittima delle fissazioni del grande persuasore occulto

Santoro se né dovuto andare, se pure coperto d’oro, causando un danno economico pesantissimo a Rai 2 che non poteva proprio permettersi di rinunciare alle entrate publicitarie, derivanti dalla sfrontata faziosità del conduttore di Anno Zero, che evidentemente piaceva molto al di là del salottino della sinistra.
E’ chiaro che per fare punte di ascolto di sette milioni di telespettatori Santoro era seguito anche da non pochi berlusconiani che volevano assaporare il brivido dello sberleffo al Capo, cioè amavano non disdegnare brevi libere uscite dalla grigia propaganda , che riempie da anni quasi tutti i media italiani.
A loro piaceva ogni tanto un po’ di trasgressione, ma il capo ad ogni puntata si imbufaliva.
Il pluralismo dell’informazione proprio sul mezzo pubblico, la pluralità dei poteri oltre al suo, sono tutte cose che non fanno parte del suo universo culturale.
Perché? Perché aspira alla dittatura? Ma no se ne fosse capace lo avrebbe già fatto.
Più modestamente è prigioniero di quelle che vent’anni fa erano le sue competenze imprenditoriali- professionali, che gli davano sui competitori un vantaggio competitvo, ma che oggi sono rimaste per lui delle fobie che lo costringono a non guardare più alla realtà.
Belusconi era ed è convinto che il popolo sia una massa di pecoroni di bassa educazione e quindi senza alcuna capacità critica, disposta per definizione a seguire prontamente il messaggio mediatico che ne solletichi il sentimento.
All’imprenditore dei media ed al poltico quindi non basterbbe altro che saper usare i mezzi per diffondere quel messaggio in modo accattivante e il gioco sarebbe fatto.
Il popolo dirà di si, ancora!, ancora!
Su questa granitica convinzione ci ha campato come imprenditore e come politico e ne ha ricavato anche successi clamorosi ma irrepetibili.
Per questo aveva cacciato gente del calibro di Montanelli e Biagi.
Per questo aveva già cacciato Santoro e sbavava per cacciare Gabanelli,Fazio,Floris,Dandini.
Se ci fosse riuscito cosa sarebbe rimasto? Il deserto dei Tartari.
Ma qui subentrerebbe il problema del gigantesco conflitto di interessi che per ora tralasciamo.
I giornali ci riferiscono che ai fortunati del suo più stretto entourage il Cavaliere mostrava in modo maniacale come pezze giustificative delle sue fobie tabelle di sondaggi da lui stesso commissionati a dimostrazione del fatto che queste ultime elezioni le avrebbe perse a causa di Santoro, così come secondo lui si era verificato nei precenti casi nei quali le urne lo avevano sconfitto.
A quanto pare quindi l’uomo sembrerebbe convinto che la poltica sia l’arte della manipolazione delle coscienze e questo non è bello prima di tutto per i suoi estimatori che da questo assioma si beccherebbero la qualifica di teste di legno.
Ma come mai, se la pensava così, non ha mai fatto quello che detterebbe il normale buon senso cioè non ha usato l’enorme potere mediatico del quale dispone per contrapporre a Santoro e C. trasmissioni uguali e contrarie.
Prima di tutto quando ci ha provato non ha mai trovato conduttore e intellettuali all’altezza.
Ma non è qui il problema, come si lascia scappare l’unico intellettuale di destra che il Giornale è in grado di spendere cioè Marcello Veneziani sul numero di oggi rileva che la filosofia del Capo è tutt’altra.
Secondo la sua filosofia politica il popolo non va attizzato con trasmissioni di quel tipo, ma al contrario va cullato con trasmissioni di intrattenimento favorendone il letargo.
Non voglio fare l’elogio dell’intellettuale ma ci voleva Veneziani perché i lettori del Giornale vedessero almeno accennata qual è la strategia di fondo del capo e cosa devono fare secondo quella. Adesso che lo sanno si regolino loro

martedì 7 giugno 2011

Sbatti Tettamanzi in prima pagina e digliene di tutti i colori

Non contenti di avere perso le elezioni per eccesso di estremismo, le penne berlusconiane del giornale di famiglia si sono scatenate contro il mitissimo Tettamanzi, colpevole di non avere fatto campagna elettorale a favore del padrone del vapore, da loro considerato difensore della moralità cattolica.
Possibile che non si rendano conto di quanto sia ridicolo e grottesco dipingere l’imputato al processo Ruby, Emilio Fede, Lele Mora ecc., come difensore della morale cattolica tradizionale?
Cosa ci vuole perché percepiscono che l’aria è cambiata e che la loro volgare controinformazione comincia a dare l’orticaria anche in cassa loro?
Nessuno li ha informati per esempio del fatterello piccolo ma significativo che il Sindaco di Cortina (luogo assurto da decenni ad icona del loro mondo) si è rifiutato in una recente occasione pubblica di stringere la mano a Lele Mora?
Anche nel loro mondo si è ormai capito che è venuto il momento della scopa per fare pulizia se vogliono sopravvivere al fantasma di un Berlusconi sempre meno presentabile.
Ma non ha capito Sallusti direttore (trombato, si è scritto e confermato) del Giornale.
Foto in prima pagina il 4 giugno scorso, Tettamanzi in fotomontaggio fra Bersani e Santoro e via con : il Cardinale getta la maschera e in un comizio benedice il compagno Pisapia.
E giù con il sindaco comunista, abortista, a favore di droga , eutanasia, amico di gay, rom e immigrati e via straparlando contro ogni evidenza.
Il giorno dopo Tarquinio direttore di Avvenire ha scritto un inevitabile pesante editoriale per sottolineare la sfrontatezza della strumentalizzazione.
IL Giornale ribatte ed evidentemente non avendo trovato fra le proprie penne addette a sostenere le tesi clerical-reazionarie nessuno disposto a esporsi contro Tettamanzi,(anche loro hanno avvertito che la barca sta imbarcando acqua da tutte le parti) hanno dato spazio al povero Magdi Cristiano Allam, che ormai è più un caso umano che un reale polemista.
Allam ha prodotto un pezzo penoso nel quale trascinato dal fanatismo vetero cattolico, che ha assunto come sua missione di vita si lascia andare a dire cose che come minimo avranno fatto sussultare sulla sedia (o più probabilmente sulle loro poltrone di velluto rosso) i suoi referenti dell’Opus Dei.
Per i lettori che si fossero perso qualche passaggio delle vicissitudini di Allam ricordo che si è scritto che la sua conversione dall’Islam al cattolicesimo ultra ortodosso sarebbe stata coltivata in ambiente Opus Dei.
E infatti il giornalista e parlamentare europeo che si propone di richiamare all’ortodossia cattolica l’Arcivescovo e Cardinale di Milano dall’alto del suo pulpito di neo convertito incorre in vistose castronate.
Citato l’evangelico “ama il prossimo tuo come tè stesso” Allam ci mette in guardia dal cadere nel pericolosissimo errore relativista di pesare di più la prima parte della frase sulla seconda e ci regala infine il suo pensiero papale papale :”Ebbene io dico che è arrivato il momento di avere la lucidità e il coraggio di privilegiare l’amore per sé stessi, l’amore per l’Italia e gli italiani…”.
Ohi!Ohi!Ohi!
Un po’ di sobrietà, un po’ di vecchio buon senso alla “scherza coi fanti ma lascia stare i santi” sarebbero stati sufficienti a sconsigliare delle entrate a gamba tesa da cartellino rosso di questo tipo.
E poi al Giornale se non trovano nessuno capace di scrivere di cose cattoliche senza dire delle risibili cavolate come quelle di Allam lascino perdere.
Questo Berlusconismo è proprio arrivato alla frutta, si rassegnino, il padrone del vapore è stato scaricato dalla Conferenza Episcopale non solo da Tettamanzi.
E’ stato scaricato dalla Confindustria della quale fa parte.
E’ stato scaricato dal potere forte numero uno in Italia e non solo quello delle banche e della finanza.
Attaccare frontalmente e con toni volgari Tettamanzi o la Mercegaglia non servirà certo a migliorare la credibilità di Berlusconi, è una tattica perdente.

domenica 5 giugno 2011

Apologia dei servi

C’è da non credere ai propri occhi.
Chi scrive, come più o meno tutti coloro che seguono la politica italiana con un minimo serietà (impegno a documentarsi prima di parlare o di scrivere),prevedeva che il tramonto del Berlusconismo, almeno nella sua versione cesarista e padronale più spinta, sarebbe stato travagliato e quindi ci avrebbe servito aspetti ancora più sgradevoli e spiacevoli di quelli già prodotti.
Ma l’editoriale di Sallusti sul Giornale del 4 giugno scorso dal titolo “meglio liberi servi che voltagabbana” e la parallela chiamata a raccolta di Ferrara dei “liberi servi” in un teatro romano per oggi, sono abbastanza allucinanti e senza precedenti.
Va bene che non c’è limite al peggio, ma qui siamo arrivati veramente al fondo.
Sallusti critica un fondo di Galli della Loggia sul Corriere del giorno prima con un estremismo verbale che non si vedeva nemmeno sulla peggiore Unità dei tempi di Stalin.
Galli della Loggia con argomentazioni pacate, come è nel suo stile, diceva per la prima volta (e questo non è un complimento che gli sto facendo) che il Berlusconismo sta crollando a causa del fatto che la gestione personalista di Berlusconi non ha mai permesso la nascita di un vero partito in quanto essendo la dirigenza di quel movimento solo nominata a cooptata dal capo ha prodotto inevitabilmente una selezione di quella classe politica al contrario favorendo l’ascesa solo dei più obbedienti e non dei migliori.
Galli della Loggia non è un idraulico, è uno che per professione fa il politologo e di conseguenza analizzando il berlusconismo rileva quella anomalia che il suo mestiere lo obbliga a rilevare.
Ma secondo Sallusti questo significherebbe produrre l’equazione berlusconiano = servo.
Va bene non voler capire che Berlusconi aveva appena perso rovinosamente delle elezioni a causa di un uso scriteriato di un linguaggio estremista che ha irritato i moderati.
Ma vestire di toni così violenti ed estremistici, mai visti prima, argomenti così culturalmente così bassi e perdenti è puro masochismo.
“il re la corte e i cortigiani….è una idea vecchia come il mondo….le cose funzionano così sotto ogni cielo” dice Salliusti.
Ma questo è fuori di testa.
Evviva! Ad Atene nel 420 a.C. non è mai esistito alcun Pericle, pensoso sulla partecipazione democratica, c’era solo una corte e cortigiani.
Figuriamoci poi nella Parigi nel 1789 non è successo nulla, che diamine, la testa di Luigi XVI è stata un accidente, non una sostanza, la sostanza era una corte e dei cortigiani.
I partigiani sulle montagne nei primi anni ’40 non sono mai esistiti, il loro ideale poi era una corte e dei cortigiani, per questo rischiavano la tortura e la pelle.
Ma come si possono dire delle cavolate così clamorose!
Dove vanno a prendere la faccia per scrivere queste cose.
Ma non è finita questo è solo l’inizio, il seguito è ancora più sgradevole e più inclinato verso il basso.
Segue infatti l’elogio dell’obbedienza corredata da esempi totalmente fuori luogo confondendo mele con pere e cadendo nell’abisso del cattivo gusto dove si citano ad esempio i militari caduti come esempi eroici di comportamenti ispirati all’obbedienza.
Ma è possibile che Sallusti non si sia reso conto che ha osato equiparare il sacrificio della vita di giovani entusiasti del loro lavoro di soldati, vissuto per migliorare le condizioni di vita ad esempio degli afgani con il comportamento indegno del quale si dovranno vergognare a vita dell’abbondante centinaio di deputati del Pdl che per affermare l’obbedienza cieca agli ordini del capo hanno votato contro ogni decenza e verosimiglianza che la signorina Rubi era la nipote di Mubarak?
Ma non è ancora finita.
Infatti Sallusti poi osserva che è comodo per Galli della Loggia di professione professore universitario parlare liberamente , tanto lui come statale ricopre un posto amovibile.
Santo Iddio, spostando scorrettamente le contumelie contro Galli della Loggia, su un piano personale, Sallusti, direttore del giornale di famiglia recentissimamente defenestrato perché qualche capro espiatorio della sconfitta elettorale bisognava ben trovarlo, dato che il capo si guarda bene da assumersene la responsabilità, sembra proprio denunciare che la lingua batte dove il dente duole.
Sembra che dica, è facile per tè dire quello che vuoi, tanto nessuno ti butterà mai fuori dalla tua cattedra come ora capita a me.
Il discorso però è condotto a così basso livello che oscura il fatto che Sallusti è stato licenziato pur avendo dimostrato obbedienza ceca per il capo e non certo per aver cantato fuori dal coro.
Segue poi una inverosimile accusa ai giornalisti del corriere di essere stati tutti schiavi del padrone Agnelli per molti anni (altro scivolone terribile se si tiene conto del fatto che lo stesso giornalista era stato in forza al Corrierone).
Ultima contumelia che vorrebbe essere più attuale : i giornalisti del Corriere sarebbero tutti schiavi degli attuali padroni della testata ed in particolare delle banche.
Quando uno non ha argomenti o vive probabilmente un periodo professionale non propriamente felice si può capire che si lasci andare ad un’ira ceca, ma un minimo di rispetto per la capacità intellettive dei lettori dovrebbe essere doverosa.
Perché nel caso specifico anche questa argomentazione addotta da Sallusti finisce nel ridicolo.
Si pensi infatti che, come tutti sanno, la fortuna del Corriere è quella di essere attualmente di proprietà di un “gruppo di azionisti di riferimento” talmente composito (tra l’altro c’è anche in posizione di rilievo Mediobanca con Marina Berlusconi) che se un giornalista volesse mettersi in luce cantare le lodi del padrone per compiacerlo, anche se fosse un genio, non sarebbe nelle condizioni di capire che tipo di canzone dovrebbe cantare.
Il Corriere è condannato ad essere centrista o terzista per necessità oltre che per scelta, ma Sallusti non lo sapeva?
E allora perché scadere fino a quel punto, proprio adesso che lo buttano fuori ?
Che strana gente che ha prodotto il Berlusconismo.
Se Sallusti avesse voluto confermare la fredda analisi politologica di Galli della Loggia su un movimento politico anomalo che ha prodotto una classe dirigente selezionata al contrario, non avrebbe potuto fare di meglio che scrivere quello che ha scritto, disgraziatamente per lui però il suo intento era il contrario.

giovedì 2 giugno 2011

Spettacolo sconfortante, non riuscendo a dire :ho sbagliato , Silvio si suicida

Non sembra vero che una persona che ha collezionato nella sua vita dei successi straordinari si lasci trascinare da un eccesso di ego a non saper cambiare linea perchè non riesce, proprio non riesce a dire : ho sbagliato e me ne prendo la responsabilità e quindi cambio.
Niente, hanno sbagliato solo gli altri che non sarebbero alla sua altezza.
E si va a ricominciare con la solita commedia : i comunisti (chi li ha visti?); i media cattivi e tutti contro (sono quasi tutti di sua proprietà o a lui sottomessi e gli hanno dato o meglio si è preso su di loro uno spazio elettorale indecente); adesso vedrete che le riforme che aspettano da vent’anni le facciamo e via di questo passo.
Fatte le debite proporzioni di scala e di livello democratico, sembra di rivedere in Berlusconi i sintomi della sindrome degli autocrati del Nord Africa recentemente spodestati : vaneggiavano, dimostravano palesemente di non essere più da tempo in contatto con la realtà e di avere perso il potere esattamente per questo.
Berlusconi sembra che da tempo non veda altro che sé stesso nello specchio, il resto non esiste per lui.
Eppure persino l’autocrate degli autocrati il Re Sole Luigi XIV sapeva ascoltare e seguire i consigli dei tecnici di ottimo livello che si era preso intorno dal suo "Ministro dell’ Economia" Colbert ( quello che Tremonti vorrebbe essere se ne fosse all’altezza) all’architetto Jules Hardouin-Mansart al quale aveva commissionato quello scherzetto di "grande opera" che è la Reggia di Versailles, tutt’ora senza pari e nelle decisioni importati era il parere di questi che prevaleva, questo dicono i libri di storia.
Ripeto fatte le debite proporzioni, anche relativamente alla statura non paragonabile dei consiglieri del principe nostrano, la pur non disprezzabile mente di Giuliano Ferrara gli ha detto e ricantato in musica e in tutte le lingue da mesi che doveva cambiare stile di vita. di gestione politica, di strategia ecc.
La prima penna del Berlusconismo, anche questa, mente non disprezzabile, che è Vittorio Feltri non gli ha risparmiato prima schiaffetti e poi schiaffoni a fini di bene per vedere di distoglierlo dalla vacua e infruttuosa contemplazione di sé per riportarlo alla realtà.
Il direttore del giornale di famiglia fino all’altro ieri Maurizio Belpietro e oggi di Libero, seconda o terza penna del Berlusconismo, con lo stesso intento di Feltri ha addirittura titolato la prima pagina di Libero “Chiagni e non fotti” per commentare la débacle elettorale.
Perfino il direttore in carica Sallusti su Vanity Faire lo ha esortato a cambiare radicalmente, dopo anni di devoto servizio passati sempre in ginocchio davanti al capo anche quando faceva e diceva cretinate.
Marcello Veneziani,nella sua veste praticamente di unico intellettuale di rilievo della destra sul Giornale ha usato di recente toni sempre più espliciti per cercare di schiodare il Cavaliere dai suoi vacui monologhi.
Che devono fare di più i suoi ?
Si qualcosa per la verità avrebbero dovuto fare e non hanno fatto finora i politici del Pdl sempre inchinati in una obbiedenza cieca verso il capo che è il peggior servizio che gli avrebbero potuto rendere perchè così facendo lo hanno reso sempre più lontano dalla realtà.
Fatto sta però che anche dopo la sberla della sconfitta elettorale il capo non si schioda e non si prende le sue responsabilità, anche se i suoi commentatori politici hanno concluso che la causa della sconfitta è lui che ha sbagliato linea e peggio ancora ha sbagliato completamente nella materia nella quale aveva sempre distaccato tutti : la comunicazione.
I suoi giornalisti si sono dimostrati in questi ultimi tempi più indipendenti e quindi migliori e più efficaci dei suoi politici.
Ne avevo già parlato nel post precedente alle elezioni nel quale avevo previsto (e la previsione non era certo difficile) che il Berlusconismo avrebbe perso le elezioni.
Impostare la campagna elettorale sul presunto filocomunismo estremista di Pisapia era una pura idiozia per chi conosce anche solo un poco Milano.
Era tanto una idiozia che chi scrive, conoscendo un po' l’ambiente politico e sociale di Milano, quando le primarie avevano designato Pisapia come candidato, lo aveva giudicato una candidatura perdente, perché lo aveva giudicato troppo alto borghese e moderato per prendere i voti del centro sinistra, e per di più incapace di strappare voti alla Moratti che rappresentava gli stessi ambienti.
Ci ha pensato Berlusconi a voltare la frittata a suo sfavore facendo lui e facendo fare anche alla Moratti , che è di tutt’altra pasta, una campagna elettorale violentemente estremista.
I moderati milanesi si sono sentiti insultati da una campagna elettorale con argomenti da estrema destra.
La Moratti poveretta, lei più nobildonna che altoborghese,probabilmente consapevole di essere più o meno degnamente la rappresentante di quella aritocrazia meneghina illuminata che ha i suoi punti di riferimento in figure straorinarie del passato come Cristina Trivulzio Belgiojoso, ridotta a indissare una maschera populista inverosimile e umiliante.
Letizia Moratti aveva vinto le elzioni precedenti presentandosi per realizzare cose nella linea di una continuità riformista se pure moderata.
Milano non è mai stata nè può essere costretta in una politica nè di mera conservazione nè tanto meno di estrema destra insensibile al sociale, perchè in questi casi non sarebbe più Milano.
La Moratti ha perso perchè si è lasciata convincere a recitare una parte che non era sua.
Pisapia ha vinto perchè ha messo in scena sè stesso come è, un esponente di rilevo della avvocatura, cioè della società civile, moderato e mite, per di più inflessibilemente garantista (tradotto in italiano : contrario alle manette facili ed al protagonismo dei Pm).
La linea politica estremista imposta a Milano da Berlusconi è stato un capolavoro di stoltezza politica.
Perchè ha sbagliato tutto? Perchè a furia di guardare solo sè stesso nello specchio e avendo dietro non un partito ma uno stuolo di sottoposti obbedienti non conosce più la sua Milano.
Detto per inciso, Pisapia è stato descritto come il referente politico dei centri sociali, dipinti come l’anticamera dell’inferno da chi è prigioniero dei propri pregiudizi e si guarda bene di informarsi sulla realtà.
Mi piacerebbe tanto che i responsabili dei centri sociali milanesi fossero tanto accorti da organizzare delle visite guidate ai loro centri per la terza età in modo che le “pantere grigie” potessero rendersi conto che i giovani saranno pochi rispetto agli anziani, ma devono pur vivere e andare da qualche parte per ritrovarsi.
I giovani presunti bravi , i buoni ciellini ,che frequentano gli oratori presunti sani che ci vanno a fare?
I pochi liceali e universitari che vanno ancora all’oratorio vanno a cantare e a fare un po di calcio, sorbendosi qualche rara conferenza.
E quanto ai centri sociali, se la gente crede che siano delle fumerie è colpa oltre che dei facili pregiudizi di molti anche dello speculare narcisismo dei "radical scic" di sinistra che tengono a conservare la ridicola fama solfurea che si sono fatti, anche se chi ha messo piede in un centro sociale sa che si tratta di pura leggenda metropolitana.
Nei centri sociali si va soprattutto per fare e ascoltare musica,partecipare a eventi culturali, chiacchierare.
Si incontra anche qualcuno con la pupilla dilatata?
Probabilmente sì, esattamente come se ne incontra per la strada e per gli uffici di Milano, come tutti sanno, è una cosa deplorevolissima, ma oggidì tutti sappiamo che le cose stanno così.
Ognuno solo si augura che non si sia appena fatto una canna o una sniffata di coca il proprio capo ufficio o il conducente del tram sul quali si è appena saliti.
Chiusa la parentesi dei centri sociali.
Pisapia, che non ha figli, ma appartiene a una famiglia allargata più che numerosa ha abbastanza nipoti e cugini giovani per rendersi conto che esistono anche i giovani e che con loro è sensato almeno dialogare.
La tattica del diffondere fra la gente una serie di paure giustificate per lo più da ignoranza, pregiudizi, pigrizia mentale, ma non certo dalle cifre sulla criminalità, ha pagato per vent’anni, ma ora suona stonata, la gente ci crede sempre meno.
I cattivi e feroci immigrati sono fra i nostri più preziosi collaboratori e quasi tutte le famiglie lo sanno per esperienza diretta, guai se non ci fossero!
Questa è la causa per la quale anche la Lega ha preso la legnata che non poteva e non potrà evitare se continua a suonare una canzone che la gente avverte ormai come falsa e sgradevole.
Ma torniamo a Berlusconi.
Nessuno riuscirà mai a fargli capire che i moderati hanno bisogno di un partito o di una personalità che li rappresenti in modo credibile, ma che lui dopo vent’anni di non fare, se non il 20% di quello che sarebbe stato necessario, non è più credibile.
Molti anzi troppi fra i suoi hanno cominciato a collegare il suo indecente narcisismo, cioè il riportare qualsiasi problema dell’universo a sé stesso, con lo slogan che prima era solo dei suoi avversari e cioè che le sole cose delle quali si occupa sono i suoi interessi personali o aziendali.
Il mondo è capacissimo di andare avanti facendo a meno di Berlusconi.
Prima ancora degli elettori saranno probabilmente i suoi a metterlo alla porta e se lo merita, perché come abbiamo detto chi gli è amico le ha già provate tutte per fargli capire che il gioco è finito per lui.
La maggioranza dei suoi sottoposti politici scelti fra i più ossequenti e quindi fra i più incapaci non ha ancora il coraggio di contestarlo ....ma mettiamoci tranquilli sulla riva del fiume, ne vedremo delle belle.