venerdì 27 ottobre 2023

Domino rivista sul mondo che cambia Il ritorno del Medio Oriente Hamas e Teheran attaccano Israele per spezzare il fronte anti - iraniano. Ora la reazione israeliana può cambiare tutto. N 10 – 2023 – recensione

 



Sarà perché sull’argomento ho letto molto ,ma questa volta, l’editoriale di Dario Fabbri mi è sembrato meno spumeggiante del solito, anche se completo e puntuale.

Purtuttavia ,mi pare che questo numero di Domino dica quello che c’era da dire, cioè quello che il lettore vuole vedere, per potersi informare in modo adeguato sul recente conflitto fra Israele e Hamas, per ora limitato a Gaza.

Ho apprezzato in modo particolare il saggio di Virgilio Ilari, storico militare, che a quanto pare ha da sempre acquisito la prospettiva tipica della geopolitica.

Mi ha fatto piacere vedere stracciare i veli di ipocrisia, che annebbiano i protagonisti dei nostri media, quando si ammantano continuamente di diritto internazionale, diritti umani e crimini contro l’umanità.

Per carità non certo per giustificare gli stati, che ne aggrediscono altri ,senza essere provocati,capisco benissimo che la ragione di fondo per la quale i nostri media, ma in genere tutti quelli europei ,hanno assunto come una bandiera una lettura ultra-atlantica nelle guerre di Ucraina e di Gaza ,non deriva da un infatuazione ideologica, ma semplicemente dal fatto ,che la chiave di lettura dei pochi che studiano e si documentano, seguiti poi da tutto il plotone, si rifà ai testi politologici e di relazioni internazionali ,che hanno studiato all’Università e che sono rimasti ancora quelli basati sull’idealismo di Woodrow Wilson e i suoi 14 punti, sull’assetto post guerra mondiale e poi post guerra fredda, che immaginava un mondo unipolare sotto la guida del messianesimo americano, per la diffusione globale dei principi liberali e della democrazia.

Peccato che nel frattempo la rottura di quell’ordine mondiale a la subentrata crisi delle democrazie occidentali ,abbia fatto si ,che il mondo presente sia diventato leggibile solo usando la chiave di lettura della geopolitica, per definizione “realista” e non ideologica ,ma addirittura nemmeno basata su un’etica a prescindere.

La politologia accademica è rimasta presa completamente in contropiede da questi sviluppi e non ha saputo ancora rinnovarsi.

Il saggio di Ilari, che si è citato sopra, si sofferma opportunamente in una esposizione insolitamente ampia del pensiero di John Mearsheimer ,che penso si possa definire come il caposcuola appunto della visione “realista” della geopolitca, autore noto, ma non abbastanza ,se si pensa quanto il suo pensiero sia stato assorbito dallo “stato profondo” americano, che è quello che in ultima analisi tira le fila della giostra.

Non tento nemmeno di farne un’esposizione ,ma invito invece il lettore a procurarsi il numero 10 di Domino.

Oltre alla esposizione della situazione a Gaza, che significa anche accenno alle divisioni sul punto di rottura nella società istraeliana, sui rischi di estensione del conflitto al Libano e Siria per conto dell’ Iran, con la ormai abituale forma della proxy war, non si tralascia ovviamente la posizione attendista, ma molto interessata di Cina, Russia e Turchia, oltre alla estrema difficoltà dell’amministrazione Biden ,che è ormai apertamente contestato dall’ala più a sinistra del suo partito, che si sta manifestando per la prima volta come filo-palestinese.

Il numero di Domino, opportunamente ,non trascura un aggiornamento sulla guerra in Ucraina ,non tanto sugli eventuali spostamenti sulla linea del fronte, a proposito della quale c’è poco da dire, perché in realtà non succede nulla di rilevante da un bel pezzo, ma piuttosto sull’argomento che tutti ,dicesi tutti, ignorano colpevolmente e cioè : qual’ è il punto di vista dei Russi?

Si da quindi conto della situazione nelle quattro regioni ,rivendicate dalla Russia ,e con molta intelligenza ,si riporta la narrazione, inerente ad alcune parole chiave ,che si ritrovano nei manuali di storia di quest’anno delle scuole superiori russe.

Ciliegina sulla torta, questo numero di Domino riporta anche un articolo sulla situazione in Argentina ,appena andata al primo turno elettorale, con esiti verosimili ultra-populisti- peronisti .

E’ veramente incredibile questo fatto se si pensa ai ripetuti fallimenti storici delle figure politiche ,che si sono fondate su quelle ideologie, ma così va il mondo.


mercoledì 25 ottobre 2023

Amedeo Maddaluno : Geopolitica Storia di un’ ideologia Prefazione di Aldo Giannulli Ed:goWare

 


E’ un vero piacere continuare a imbattersi ,nella ricerca di libri, che valga la pena raccomandare ai lettori, in autori che dimostrano subito di essere giovani talenti, estremamente promettenti, proprio come Amedeo Maddaluno.

Per di più questo autore, con il trattatello del quale stiamo parlando, ha realmente coperto un vuoto, che incredibilmente resisteva da tempo.

Pare impossibile, ma praticamente ,non si trovano trattazioni sistematiche della geopolitica come materia autonoma.

Maddaluno è quindi venuto incontro all’esigenza, che inevitabilmente manifestano i lettori, invasi da analisi di geopolitica ,loro malgrado, a causa delle guerre in corso, di approfondire il discorso ,anche per evitare i perdere tempo, mentre dotandosi degli strumenti necessari si troveranno in grado di separare gli analisti di livello adeguato ,dai soliti tuttologi, che si improvvisano esperti anche di geopolitica, senza averne né le basi né le competenze.

Maddaluno ci ha offerto appunto un trattatello di poco più di 100 pagine, ma vi assicuro ,che pur avendo io ormai masticato geopolitica da un pezzo (come dimostrano le recensioni in materia apparse su questo blog), questo libro l’ho dovuto leggere e riprendere più volte, per metabolizzare la mole di concetti che vi sono esposti.

Su questo libro infatti vediamo esposti ,come si converrebbe in un manuale universitario, le teorie con le quali si è evoluta nel tempo la geopolitica, così come l’elenco e le opere dei principali autori della materia.

Non sto a farvi riassuntini, che non avrebbero senso.

Mi limito a riportare quelli che mi sono apparsi come punti di forza.

Per primo, come peso specifico, direi che che finalmente ho potuto ritrovare elencati i teorici ,che hanno elaborato la strategia seguita dalla governance americana, essendo tuttora gli Usa gli egemoni mondiali.

Secondo la lettura che ne da l’analisi geopolitica ,sappiamo bene, che saremmo considerati studenti da bocciare, se ritenessimo ,che il potere negli Usa ,come altrove, risieda veramente nel Presidente ,o chi per lui.

Infatti un parametro elementare della geopolitica vuole che non esista mai nella realtà alcun uomo solo al comando, ma una complessa cordata ,nella quale le agenzie securitarie e di intelligence, di comunicazione e militari, contano come e più dei presidenti e quindi, per questo, sopra ho scritto governance e non Presidenza.

Lo stesso fatto che si possa chiaramente individuare in falsariga nella politica estera americana una strategia di fondo , dal secolo scorso ad oggi, sta a dimostrare la assoluta validità della lettura geopolitica, necessaria per riuscire a capire dove va il mondo e cercare di prevedere dove andrà verosimilmente, nel prossimo futuro.

Fra tanti autori citati da Maddaluno, mi sembra che, a questo proposito , giganteggi la figura di Nicholas Spykman, che ha scritto il suo testo più importante : “America’s Strategy in World Politics .The United States and the Balance of Power”, ben 81 anni fa, autore, incredibilmente poco conosciuto, ma a questo servono i saggi di livello come quello di Maddaluno, mettere ordine in una disciplina ancora relativamente nuova e poco conosciuta.

La strategia basata sull’individuazione della potenza unica degli Usa, fondata sulla sua realtà geografica, che la contraddistingue, di dimensioni continentali ma come fosse una grande isola ,trovandosi delimitata da due oceani ,è di comprensione evidente.

Perchè è incontestabile il fatto che solo la posizione geografica la rende naturalmente inattaccabile, Diventa quindi una conseguenza logica la teorizzazione ,che vuole il potere dell’America basato non tanto su un esercito, ma su una flotta.

Nel caso specifico poi sappiamo che questa strategia è stata tanto bene applicata da dotare quel paese di ben 7 flotte!

Non vado oltre sulla dottrina della “talassocrazia”.

Partendo da questa analisi, Spykman ha teorizzato il fatto che l’unico possibile rivale come egemone mondiale nei confronti degli Usa non potrebbe essere altro che quello che viene definito “Eurasia” o nel linguaggio di Spykman, “Rimland” che si estende dalle coste del Portogallo alle coste della Siberia.

Per Spykman, punto primo della strategia imperiale dell’America, deve essere impedire che si saldi un potere unitario fra le potenze regionali dell’Eurasia, cioè, in ultima analisi, guai se la Germania si alleasse in modo stabile con la Russia, sarebbe la fine del potere globale americano.

La Cina ,Spykman non la vede come potenza regionale e tanto meno mondiale emergente, perché in quel ruolo ,in Asia, vede il Giappone.

E’ inutile che ripeta, che questa era ed è la strategia fondamentale sopratutto delle agenzie americane.

Non ha alcun rilievo, che il presidente sia democratico o repubblicano, la strategia è sempre quella.

Questa è la forza degli egemoni.

Vivono sui tempi lunghi della storia non sui cicli elettorali.

Vedrete leggendo questo libro, quanto pesa acquisire i fondamenti sistematici di una materia.

Mi permetto di fare un esempio personale.

Dopo essermi accostato alla geopolitica ,partendo dalla lettura dei saggi degli ottimi analisti di Limes di Lucio Caracciolo, e più recentemente del Domino di Dario Fabbri ,ed avendo approfondito di volta in volta con la lettura di alcuni dei testi da loro citati, credevo di aver capito, che ,essendo forse l’autore americano più citato da Cracciolo e da Fabbri ,George Friedman, fosse l’autore di geopolitica più importante se non il più importante.

Sorpresa!

Maddaluno nemmeno lo cita una sola volta e questo qualcosa vorrà pur dire.

Se troverete il tempo di leggervi questo agile trattatello ne guadagnerete parecchio, e comincerete forse finalmente ad orientarvi nel mare magnum delle notizie-propaganda, che accompagnano le guerre in atto.

E non sarebbe cosa da poco.









mercoledì 18 ottobre 2023

Yashka Mounk : Popolo vs democrazia .Dalla cittadinanza alla dittatura elettorale - Universale economica Feltrinelli. - recensione

 


L’autore è un brillante e giovane politologo ,ora della John Hopkins University ,già autore di diversi libri dedicati alla crisi della democrazia rappresentativa, come eravamo abituata a vederla nel nostro sviluppato Occidente.

Mounk si chiede : come mai la gente ha perso talmente fiducia nella politica e quindi nelle sue istituzioni e cioè ,in ultima analisi, nel funzionamento della democrazia ,al punto di rinunciare ad andare a votare?

E come mai ,quelli che a votare ci vanno ancora, si lasciano sempre più ammaliare dalle sirene dei politici più “populisti”?

E cos’è il populismo ?

Appare come la politica terra a terra, quella del bar sport o delle curve di calcio, perché basa la sue fortune sulla semplificazione assoluta, ma ,attenzione a non sottovalutare le basi oggettive ,che ne favoriscono la diffusione.

Ecco, il punto di forza di questo libro sta proprio nella lucidità dell’analisi politologica di Mounk nell’analizzare lo sgretolarsi della fiducia negli istituti democratici e quindi il diffondersi della politica populista.

Del resto ,il contrario del populismo ,che è il pensiero filosofico,ha da tempo elaborato una critica molto preoccupata circa lo sviluppo della tecnica, che avrebbe raggiunto oramai una tale potenza, da essere ormai oltre le possibilità di controllo da parte della politica per eccesso di complessità.

E qui arriviamo al cuore del problema ,perché a quanto pare, il nostro inconscio percepisce questa difficoltà di capire e di padroneggiare questo nuovo mondo, come una fonte di ansia, di spaesamento, di paura, di non sapere più a che santo votarsi, perdendo la fiducia in un futuro migliore.

Questo è il primo terreno di cultura del populismo.

Per uscire dal panico ,ci si affida al pifferaio magico ,che promette di avere la soluzione semplice e comprensibile da tutti, per risolvere problemi più che complessi.

Magari la soluzione non ce l’ha proprio, ma ha di sicuro l’abilità di farci credere di averla ,andando a prendere argomenti convincenti, che pongano un freno alle nostre paure.

La carta più semplice e quasi sempre vincente, che si giocano i populisti ,è quella dell’individuare un nemico a cui addebitare tutto quello che non va.

Una volta ,per nemico, come sappiamo, si sono scelti gli ebrei e sappiamo quanto quel gioco sia tragicamente riuscito.

Oggi il nemico numero uno sarebbero le élites tecnocratiche e plutocratiche.

Poi l’invasione degli immigrati.

Poi la globalizzazione stessa.

Infine multiculturalismo e la modernità ,che ferisce le consolidate e rassicuranti tradizioni.

Secondo i populisti ,i nemici ci manipolano usando spregiudicatamente i media e i social, (anche se ovviamente noi facciamo lo stesso ai loro danni).

Ecco, il libro di Mounk ,del quale stiamo parlando, è un saggio molto ben riuscito nel presentare una analisi precisa e dettagliata di queste paure, che ci costringono ad una navigazione a vista in lidi sconosciuti.

L’autore è un politologo e quindi è molto bravo nell’andare ad analizzare i meccanismi della democrazia rappresentativa che si sono inceppati.

Riporto solo qualche accenno, per mostrare al lettore che il libro si occupa di cose molto concrete e non di fumose teorie.

L’argomento primo della polemica politica ,sostenuta dal populismo ,è che le élites, che ci governano ,sarebbero corrotte e ci governerebbero con un sistema fraudolento ,che nel tempo avrebbe spogliato la democrazia delle sue reali funzioni.

Cioè il sistema sarebbe diventato una messa in scena, che lascia le formalità delle elezioni ,ma di fatto priva il popolo di qualsiasi influenza nelle decisioni.

Del resto, l’idea del popolo che governa è sempre stata un’approssimazione un po ingenua, se si pensa, che già la prima realizzazione della democrazia, nell’Atene di Pericle, escludeva larghe fette della popolazione come donne,schiavi ecc.

Mounk addirittura, porta esempi molto gustosi ,mostrando come la realtà sia spiacevole e contro-intuitiva, nel senso ,che i monarchi erano quelli che, di fatto, erano più portati a fare il bel gesto, aprendo la partecipazione a più categorie, ben sapendo, che il potere si esercitava altrove e che quindi non correvano alcun rischio.

La verità è che da sempre le istituzioni che ,non a caso, si chiamano rappresentative, sono fortemente mediate, lasciando al popolo una fetta di potere molto ristretta.

Molto puntuale è l’analisi di Mounk ,che ci mostra come il potere dei parlamenti elettivi sia fortemente limitato da quello degli apparati professionali o tecnocratici ,non eletti.

Gli apparati sono ben di più di quello che si definisce sbrigativamente burocrazia.

Mounk li analizza uno per uno :

-Banche Centrali che sono arrivate anche formalmente a detenere poteri di indirizzo politico ,pur non essendo i loro board eletti da nessuno;

-Corti Supreme.

Mounk si sofferma su quella americana ,citando i settori nei quali di fatto ha determinato l’indirizzo politico (finanziamenti alla politica,armi, pena di morte, segregazione razziale, sanità, aborto ,diritti Lgb. etc.) pur non essendo i suoi membri eletti dal popolo;

-trattati internazionali, che una volta firmati, limitano fortemente le scelte politiche dei singoli parlamenti.

Tradotti questi vincoli, nella nostra realtà europea, si pensi per esempio al famoso citatissimo trattato di Dublino, che regola l’immigrazione o l’estremamente pervasivo “sistema di stabilità” ,che impedisce di fare debiti oltre certi limiti;

-il potere delle lobby ,che in America ha già superato qualsiasi linea rossa, facendo chiedere alla gente chi comanda veramente ,se i lobbisti delle grandi corporations ,o gli eletti dal popolo;

-Mounk ,quasi non ne accenna, perché è un politologo e non un geopolitico, ma oggi fra gli apparati che sono arrivati a gestire un potere enorme sono quelli “securitari”;

-l’alta burocrazia, che si trova, per esempio, a stilare materialmente i regolamenti di attuazione delle leggi ,che oggi sono sempre più nella forma di decreti.

Stabilire come la norma giuridica ,astratta per definizione, si deve applicare nel caso concreto dà a questi apparati un potere, anche discrezionale, molto elevato.

Mounk fa riferimento al sistema americano e quindi vede queste funzioni affidate a commissioni apposite, quando da noi si tratta semplicemente degli occupanti dei piani alti dei ministeri;

-Mounk cita anche il potere, che si sono assunti molti sistemi giudiziari, sulla “revisione giudiziale” delle leggi, approvate dai parlamenti, cioè interventi di organi della magistratura ,che interpretando la legge bloccano atti di governo;

Tutte queste situazioni limitano e molto nella realtà il potere del popolo ,tanto che l’indirizzo populista, preme per il ricorso agli istituti della “democrazia diretta” ad esempio col ricorso al referendum più ampio possibile.

Come si è arrivati a questa crescente sfiducia nella democrazia liberale, al punto da portare alcuni dei più noti leader ,di orientamento populista ,come l’ungherese Orban a dire apertamente di voler promuovere una nuova forma di “democrazia illiberale”?

Una causa scatenate, secondo Mounk ,è stata l’entrata dell’economia mondiale in una fase di stagnazione dopo decenni di forte sviluppo a partire dalla crisi del 2008.

A promuovere l’atteggiamento populista è in ultima analisi la perdurante percezione di un clima di instabilità.

Trump ,per esempio, è nato politicamente ,come il campione non dei poveri e degli emarginati, ci dice Mounk, ma delle classi sociali, che percepiscono una forte paura di essere incamminati a peggiorare nel futuro il proprio status economico e sociale.

La percezione è ancora più importante della situazione reale.

La seconda principale causa scatenante del populismo è stata ,secondo Mounk ,lo sconvolgimento portato dallo sviluppo così veloce della tecnica.

La stabilità politica di un tempo era garantita ,tra l’altro ,dal potere che le classi dominanti avevano sulle fonti di informazione ,facendo passare la loro narrativa come l’unica veritiera e condivisa.

Oggi ,con media digitali e i social, chiunque, anche con pochi soldi e poca o nulla organizzazione, può diffondere messaggi ,capaci ,in certe circostanze, di diventare virali e di fare traballare il potere.

Lo sviluppo della tecnica quindi ha portato enormi benefici ,ma per il principio dell’eterogenesi dei fini ,anche autentici disastri.

Già Gutenberg, ha consentito tra l’altro a Lutero di scalzare il potere millenario della Chiesa Cattolica , ma ha anche reso possibili le guerre di religione.

La diffusione dei telefonini in Africa, hanno dimostrato analisi, citate da Mounk, hanno migliorato enormemente le possibilità di sviluppo di quelle popolazioni ,ma contemporaneamente ha aumentato grandemente la conflittualità fra etnie e sette religiose.

Un progresso troppo radicale e troppo veloce porta opportunità ,ma scalfendo la precedente stabilità, porta anche instabilità ,paure e infelicità.

Anche il crescente fenomeno migratorio ha causato problemi non tanto per il numero dei migranti, ma per la velocità degli eventi ,che non hanno lasciato il tempo per metabolizzare.

L’ultima parte del libro di Mounk si propone di prospettare rimedi razionali ai problemi evidenziati dalle politiche populiste.

Rimedi di puro buonsenso, assolutamente condivisibili, probabilmente anche dai populisti, ma mi sembra di poter dire, che la forza e il valore di questo saggio ,stanno nell’analisi dei fenomeni in atto , più che nelle soluzioni accennate.

Data l’importanza del tema, ritengo che sia estremamente utile leggere attentamente questo libro.



giovedì 12 ottobre 2023

Will Witt Do not comply. Taking Power Back from Amarica’s Corrupt Elite Ed. Center Street Hachette Book Group . Sept.2023

 



Spulciando fra i libri di recente uscita, mi ha incuriosito il titolo piuttosto “gridato” e divisivo, come si dice oggi.

Quando ho cercato di approfondire, mi ha ancora più incuriosito per una serie di ragioni.

La prima è che l’autore è molto giovane, dato che non è nemmeno trentenne.

Nonostante la giovane età ,viene descritto come autore di un precedente best-seller.

Ma ancora più interessanti ,sono le notizie che si possono trovare su di lui dai motori di ricerca.

Da queste fonti apprendiamo che Will Witt sarebbe un ormai affermato influencer, con base in Florida, descritto fra le righe,come l’ideologo del governatore di quello stato, Ron DeSantis, al momento, unico concorrente credibile alla nomination repubblicana ,per la corsa alla presidenza del 2024 ,in concorrenza con Donald Trump.

Appurato questo, come facevo a non leggere subito il suo libro?

Premetto, che il precedente best-seller dell’autore è intitolato : “How to win Friends and Influence Enemies”, cioè è uno di quei manuali ,che piacciono tanto e da sempre agli americani, ma che sono meno diffusi da noi, del tipo : “come diventare ricco in quattro mosse”.

Quindi ,non materiale di livello particolarmente elevato.

Ma questo libro : “Do not comply” è di livello abbastanza buono ed è consigliabile leggerlo, proprio perché si presenta, diciamolo pure, come un “manifesto” del conservatorismo politico americano, scritto bene e in modo accattivante, seguendo un po', alcune vicende autobiografiche dell’autore.

E’ singolare che sia comparso in libreria, praticamente in contemporanea, con l’apparire in Italia dell’analogo fortunato volume del Generale Vannacci ,del quale abbiamo parlato pochi giorni fa

(http://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2023/09/roberto-vannacci-il-mondo-al-contrario.html), e del quale abbiamo detto, che potrebbe essere utile appunto come un leggibile manifesto della destra politica italiana.

Leggendo questi libri, non si può fare a meno di constatare, che il progressivo inaridirsi, fino alla consunzione ,delle varie forze politiche di sinistra o progressiste ,di derivazione socialista in Occidente, ha portato alla nascita di una sempre più diffusa ideologia “populista”, che sposa incredibilmente proprio quelli che erano i cavalli di battaglia delle sinistre : prima di tutto, la lotta frontale alle élites ,descritte come corrotte e dedite a metodi di indottrinamento e manipolazione subdoli.

Ma i lettori, non più giovanissimi ,si ricorderanno gli slogan del famoso “sessantotto” ,nei quali sbrigativamente, si diceva ,che il grande Satana era da ricercare fra gli, allora, quasi misteriosi padroni delle multinazionali, veri gestori occulti del mondo.

Siamo tornati allo stesso punto ,ma a parti inverse.

Il povero Marcuse (il filosofo influencer di ultra sinistra, allora il più seguito dai sessantottini) si rivolterà nella tomba ,ad apprendere che le sue linee guida ,sono ora finite nel manifesto della destra repubblicana americana.

Ma obiettivamente, se Marcuse e i Sartre, erano pressoché illeggibili per lettori non ideologizzati, autori come questo Witt, sono molto più alla portata di tutti.

Non stanno a filosofare sulla alienazione delle masse proletarie, ma ci parlano di temi molto più reali, terra a terra, verificabili e verificati nella vita quotidiana di chiunque.

Eccoli qui i “puppari” che muovono le “multinazionali” ,diventate nel frattempo globali e, ora sì, per lo più, di potere monopolistico : Big Pharma; Big Tech e Big Media, messe alla berlina dalla destra e non dalla sinistra.

Ce le abbiamo sottomano tutti i santi giorni ,perché siamo gli utilizzatori dei loro gadget.

E che siamo contemporaneamente sia utilizzatori -consumatori, più o meno compulsivi, sia utilizzati da loro, in quanto, noi siamo anche loro fornitori dei nostri dati, che per loro hanno grande valore ,per “profilarci” e ricavare una infinità di informazioni utili per il loro business, nessuno di noi è tanto fesso da non averlo capito da tempo.

Doppiamente interessante, leggere critiche serrate e documentate ai big, sopra elencati ,da parte di un astro nascente di quella destra.

Come nel libro del Generale, non poteva mancare una critica, qui forse meno marcata del previsto, alla teoria “gender” che imperversa in America ,come da noi.

Ma rispetto al libro del Generale, Witt ha chiaramente una sua particolare ispirazione ideale, che è tipicamente americana.

La proclamazione pubblica ai quattro venti della sua fede religiosa cristiana, come proposta ispirazione per la soluzione dei problemi politici, che aveva analizzato nei primi due terzi del libro.

Non è una novità, le inverosimili contraddizioni degli Stati Uniti ,ci propongono un contenitore di tutti i vizi alla Las Vegas e le mega chiese ,ancora parecchio frequentate, dove si canta e ci si commuove, alle infuocate prediche di brillanti influencer religiosi, che certo non disdegnano il biglietto verde, come faceva San Francesco.

Ricordo ancora il mio stupore ,quando ai tempi delle guerre di Bush andandomi a cercare l’originale di certi suoi discorsi, mi sono imbattuto in un enorme crocefisso ,che compariva niente meno che nel sito istituzionale della Casa Bianca.

Questa è l’America e non da oggi.

Lo ripeto, val la pena di leggerlo questo libro ,per capire quanto è complessa l’America e come i criteri, tipo destra-sinistra ,ai quali ci affidavamo fino a ieri ,per cercare di capire la politica di oggi, siano orma ferri vecchi.





mercoledì 4 ottobre 2023

Hermann Rupold : Superpower China .Understanding the chinese world power from Asia. History, politics, education,economy and military

 



Devo dire subito che sono stato deluso da questo libro ma per una ragione soggettiva, nel senso che mi aspettavo che fosse una cosat e invece si è dimostrato essere un’altra.

Cioè avevo intuito dalla breve descrizionet che riporta Amazont che si trattava di un manualet preparato da un autore tedescot specializzato nella divulgazione e su questa base mi ero illuso di trovare una miniera di dati, tabelle, riferimenti.

Anche perché, diciamolo pure, la guerra fredda per ora combattuta solo sul piano del soft power e delle sanzioni economiche fra Usa e Cina è anche una guerra di numeri.

E quindi ,chi è interessato alla materia, vorrebbe trovare dei dati di fonti terze e attendibili ,per capire fin dove è arrivata la Cina.

Il Pil ha già superato o no quello americano?

Il Pil pro capite, pare assodato, che sia ancora lontano, ma quello nazionale balla secondo le fonti che si consultano.

Se poi andiamo in settori specifici ,come la tecnologia, telecomunicazioni, intelligence, non si sa più veramente a chi credere, evidentemente perché, essendo classificati come delicati e strategici, è ovvio che l’interesse politico o geopolitico delle due parti è massimo e quindi tendono ad allargarsi.

Ma questa è proprio la ragione per la quale cercavo qualcosa di più ,e non di meno, rispetto ai precedenti saggi sulla Cina, che avevo già letto e recensito su questo blog.

Non è andata così,ma non è certo colpa di questo saggio, che è destinato a chi parte da zero.

Per questa fascia di pubblico è invece un buon manuale.

Non aggiornatissimo, ma buono.

Purtroppo ,i pochi riferimenti bibliografici, che riporta, sono riferiti per la gran parte ad una produzione tedesca, che sarà anche buona, ma a causa della lingua, risulta inusabile per la maggior parte dei lettori.

Non manca per fortuna il :”The China model.Political meritocracy...” di Daniel A. Bell, che troverete recensito su questo sito (https://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2023/07/daniel-bell-china-model-political.html.

Mi spiace dover insistere nelle critiche ma, per fortuna che il libro sulla meritocrazia è citato nella bibliografia, perché nella trattazione, addirittura non ho trovato cenno , né agli esami imperiali, né al sistema rigidamente meritocratico ,che ha, a tuttoggi, espresso Xiginping e tutta la classe dirigente cinese.

E, caspita, se non si spiega questo, diventa veramente dura per il lettore, anche solo avere un’idea, di come è strutturato il sistema politico cinese.

Ancora purtroppo ,si dice poco o niente sulla radicale differenze ,esistenti fra il sistema di valori filosofico-culturali cinese e quello nostro occidentale.

Senza la filosofia confuciana, la Cina di oggi risulta inaccessibile alla nostra comprensione.

Capisco che il libro è stato strutturato volutamente come una sintesi essenziale,ma in quasi180 pagine io mi sarei dilungato su Confucio per qualche pagina.

Temo che ci sia anche qualche notizia contradditoria, ma sorvoliamo.

Non si può però sorvolare sul fatto che mentre si fa una disanima abbastanza estesa sull’uso del carbone come fonte energetica poco si dice sull’incredibile sviluppo dell’industria cinese nella costruzione di pannelli solari, arrivando nel primo posto nel mondo.

L’eolico addirittura non mi pare nemmeno menzionato.

Queste sono lacune piuttosto serie.

Comunque ,lo ripeto, per chi parte da zero e cerca un “bigino”, questo il libro riporta un utile carrellata di insieme.


domenica 1 ottobre 2023

Andrea Riccardi Lucio Caracciolo : Accoglienza. Ed. PM Mondadori - recensione


 

Leggere il libro scritto a due mani da Riccardi e Caracciolo è stato veramente un piacere, come capita raramente, perché purtroppo capita raramente di sentire che quello che si sta leggendo, lascerà il segno e ci arricchirà.

Pur trattando questo libro un argomento, che è addirittura considerato divisivo, nel campo della politica e dei media, al punto da non trovare una linea veramente unitaria, nemmeno nella maggioranza di governo,l’alto livello culturale dei due autori, riesce a portare il discorso su un piano più alto, dove gli argomenti della politica corrente ,spesso meschini ,non hanno circolazione.

Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio, che nei decenni di lavoro di questa associazione è passato dall’animare una pura assistenza caritativa, in senso cattolico, alla gente delle periferie romane, ad esperienze di vera e propria diplomazia, per cercare di far dialogare per ricavare progetti di riconciliazione fra fazioni in guerra (vedi Mozambico), ha avuto la capacità di dimostrare ai politici, che con la buona volontà e sopratutto con idee chiare è possibile provare a realizzare “corridoi umanitari” capaci di portare in Italia, del tutto legalmente, persone che vogliono emigrare, per di più,usando fondi privati ,con la collaborazione della Comunità Valdese (che beneficia dell’8 per mille e che lo usa forse meglio della Chiesa Cattolica).

Riccardi, quindi ,sa e sa bene di cosa si sta parlando, quando si discute di accoglienza.

Lucio Caracciolo, fondatore di Limes, ha “inventato” e portato in Italia la geopolitica, che è purtroppo, ancora oggi un oggetto non identificato nelle nostre università, e batte da decenni su un chiodo fisso, di importanza capitale : è stato un errore catastrofico quello fatto dalla nostra cultura, di seguire il pensiero unico che veniva da oltre-oceano che portava a credere seriamente nella “fine della storia”.

Gli americani si erano inebriati all’idea di apparire come gli unici egemoni di tutto l’orbe, dopo la caduta e la dissoluzione dell’Urss.

Se siamo gli unici imperatori del mondo ,pensarono, la storia è finita e possiamo dedicarci solo all’economia ed a incrementare il benessere a livello globale ,realizzando la nostra missione messianica di diffondere il bene nel mondo, va da sé, identificato con la democrazia formale e il liberismo economico,esercitando il nostro “soft power” su tutti quanti.

Oltre, ben inteso, al mantenimento del potere reale e militare, non molto soft per sua natura , delle sette flotte capaci di tenere sotto controllo l’intero globo.

Credere e praticare culturalmente la fine della storia, cioè considerare quasi politicamente scorretto, occuparsi delle nostre radici, significa semplicemente suicidarsi, ripete Caracciolo da un bel pezzo.

Se solo si tornasse a occuparsi di insegnare e insegnarsi la storia ,ricercando anche, ovviamente, la nostra storia, da un punto di vista culturale, l’accoglienza agli immigrati ,nel quadro di una sensata e coerente politica dell’immigrazione, diverrebbe ovvia, perché la nostra storia ci vede come un popolo di emigranti.

Scoprire la propria identità con lo studio della storia, ci vuole, diversamente non sapremmo chi siamo ,e quali sono i nostri interessi strategici come nazione,ma per passare poi subito dall’”io” al “noi”,perchè l’essere umano è innanzi tutto relazione.

Le altre culture servono a confrontarci con il “diverso” per crescere, ovviamente non per farci sottomettere.

Sottolineo questa impostazione, ben chiara in Riccardi e Caracciolo, aperti ,ma nient’affatto “buonisti” ideologici o ingenui.

L’urgenza di elaborare e mettere in atto una seria politica per l’immigrazione è fondata per ambedue gli autori sulla constatazione dell’entità del fenomeno della crisi demografica, che sta vivendo il nostro paese.

Con un paese che diviene a maggioranza di anziani non si va da nessuna parte.

Sono solo i giovani, che possono e devono avere fiducia del futuro, e trasmettere questa fiducia, meglio se girata a entusiasmo, a tutti gli altri.

Se i giovani noi non li abbiamo a sufficienza, allora bisogna andarli a prendere dove ci sono.

La strategia, forse non detta esplicitamente nel libro, ma che viene fuori netta fra le righe è questa : andarli a prendere dove ci sono è cosa diversa , molto diversa, che subire ondate di sbarchi.

Ci vuole una politica che pensi.

Il piano Mattei ,di cui parla la nostra Premier, è un’ottima scelta, anche se gli uomini che a suo tempo l’hanno sostenuto erano di ben altro calibro, ma almeno l’idea è centrata.

Speriamo bene.