giovedì 26 ottobre 2017

500 anni dalla Riforma di Lutero : celebrazioni fiacche e Papa Francesco in difficoltà



Siamo in Italia non in Germania e infatti Lutero in quel 1517 le famose 95 tesi le ha affisse sulla porta della chiesa di
Wittemberg (Sassonia Anhalt, Est della Germania) e non sulla porta di una chiesa italiana.

La Riforma provocò una rivoluzione con conseguenze durature, ma in Italia non attaccò mai sopratutto a causa dello strapotere della Chiesa cattolica che ne stroncò la diffusione usando tutta la forza del potere politico con determinazione e spregiudicatezza dall’uso dei tribunali dell’Inquisizione alle guerre di religione vere e proprie che hanno insanguinato l’Europa per decenni.

Eppure le idee di Lutero erano buone, sia sul piano razionale che sul piano storico.
La sua critica alla corruzione ed alla mala gestione della chiesa era di palese evidenza.
La dottrina delle indulgenze (acquistare meriti nell’altra vita, oppure ridurre la durata della pena per le marachelle commesse in questa vita col pagamento di una certa somma di danaro) era già di per sé di una strampalatezza cosmica, figuriamoci poi se sul tutto si abusava in modo sistemico come avveniva allora.

La vita del clero era ridotta ad uno stato palesemente penoso, fra l’ignoranza del basso clero e la cupidigia per il denaro dell’alto clero, che non si degnava nemmeno di partecipare a funzioni liturgiche e non abitava nemmeno nei luoghi sui quali erano titolari della carica vescovile, che veniva sfruttata solo come pura fonte di reddito, situazioni che il vocabolario italiano bolla come “simonia”.

I Papi facevano da sempre i loro comodi sia sul piano della gestione della propria vita sessuale sia nello sfruttamento della carica per sistemare socialmente ed economicamente concubine e figli, il vocabolario italiano chiama questo vizietto “nepotismo”.
E questa classe voleva insegnare e imporre la morale agli altri, con quale credibilità e con quale autorevolezza?
Vendendo e seminando la paura nera dell’inferno che sarebbe stato comminato a chi non accettasse l’autorità della chiesa.
Sulla Riforma sono state scritte una montagna di opere, alcune elaborate da storici rigorosi, ma altre, la maggioranza, scritte da apologeti cioè da propagandisti della fede cattolica, qualcuno in buona fede, altri puri mestieranti.
Il guaio è che lo stretto controllo del territorio ed ancora più il controllo sociale esercitato allora dalla chiesa cattolica non solo ha impedito la diffusione del protestantesimo in Italia, ma ha prodotto la non conoscenza pressoché assoluta di cosa sia quell’universo di pensiero.

Nelle benemerite conferenze che si stanno tenendo un po’ ovunque in giro per l’Italia, per celebrare la ricorrenza dei 500 anni della Riforma, si afferma che per quattrocento anni su Lutero si sono ripetute una montagna di sciocchezze, ispirate dalla chiesa e prese disgraziatamente per buone da tutti quanti.
Nel secolo scorso si è cominciato a parlarne più seriamente anche in campo ecclesiastico, ma le vecchie sciocchezze sono di fatto rimaste l’unica cosa che la gran parte della gente crede di conoscere della Riforma.
La prima di queste sciocchezze, che non hanno nulla a che vedere con la realtà storica è la descrizione di Lutero come un aspirante satiro, in preda a disordinate pulsioni sessuali, accusa ridicola per un monaco agostiniano austero che questa regola di vita non ha contraddetto nemmeno quando ha scelto il matrimonio con una ex-suora.
Consentitemi, per poterci capire qualche cosa di serio, di riassumere all’osso il contenuto di pensiero del protestantesimo con l’elencazione dei “5 solus” :

- “sulus Christus” : l’uomo può conoscere dio solo attraverso il Cristo storico, che si è presentato sopratutto come amore e grazia, dio è quindi un dio sopratutto misericordioso (non viene in mente l’insistenza della predicazione di Papa Francesco che batte sempre su questo chiodo?) ;

-”sola Gratia” : Lutero è impregnato purtroppo (dico io) della teologia di Agostino che come è noto era prigioniero di uno sconfinato pessimismo antropologico, cioè aveva una concezione disastrosa dell’uomo, ritenuto del tutto incapace di trascendere le proprie passioni e volto insanabilmente al peccato.
Lutero è talmente intimamente agostiniano di formazione che supera perfino il suo maestro in questo atteggiamento pessimistico sulla condizione umana e di conseguenza (del resto come Agostino) pensa che l’uomo è talmente ontologicamente diverso e inferiore a dio che per tanto che faccia non è lui che può salire verso dio.
L’iniziativa deve essere comunque di dio che con la Grazia può salvare l’uomo e consentirgli una relazione con la divinità.
Ecco quindi la famosa dottrina della “sola Gratia” e nello stesso senso della “sola fides” come strumenti di salvezza e conseguentemente la messa in secondo piano delle “opere”;

-”sola fide” fede in Cristo come operatore di salvezza.
Da qui nasce l’altrettanto famosa dottrina della “giustificazione” per sola fede, per la fede nella misericordia di dio divento giusto, anche si rimango peccatore;

-”sola Scriptura” la fonte alla quale risalire per interpretare la volontà di dio è solo e unicamente la Scrittura e non è invece la montagna della “dottrina” ,che la chiesa attribuendosi il potere di sostituirsi a dio nella catechesi ha elaborato nel tempo con la scusa di interpretare, ma stravolgendo nei fatti il vero messaggio di dio.
Tutti hanno diritto di leggere la scrittura e di interpretarla a proprio giudizio

-”soli Dei Gratia” : la gloria, l’esaltazione è attribuibile solo a Dio e quindi è stato un errore quello della chiesa di arrogarsi il diritto di proclamare dei “santi” e di spingere al loro culto.
E’ intrinsecamente erronea la pretesa di istituire mediatori fra Dio e l’uomo, perché il rapporto fra dio e l’uomo e esistenzialmente diretto.

Non ci sono mediatori e quindi niente santi e niente preti dotati di presunti poteri divini delegati.

Di conseguenza niente sacramenti intesi come “segni visibili della grazia”, se alcuni come l’eucristia e il battesimo vengono conservati a questi non si riconosce alcuna sacralità, cioè il potere divino di dispensare grazia rimane solo divino senza delega alcuna.

Salta quindi la “tradizione” ritenuta colonna portante della chiesa cattolica, cioè l’insieme delle interpretazioni elaborate nei secoli dalla medesima e radunate nel così detto “depositum fidei”, la montagna dottrinale proposta e imposta ai fedeli richiedendo sottomissione all’autorità gerarchica della chiesa, autodefinitasi unica fonte autorizzata di interpretazione.
Ecco la Riforma è stata rivoluzionaria proprio perché ha fatto saltare questo punto che è cardinale, perché qui sta il fondamento del potere della chiesa.
Niente gerarchia né clero dotati di poteri sacrali.
Il singolo fedele partecipe del sacerdozio universale.

Questa è la rivoluzione che la chiesa non ha mai né accettato né discusso.
Il Concilio di Trento convocato per elaborare la risposta cattolica alla rivoluzione protestante in realtà è stato una solenne lavoro di riorganizzazione della chiesa oggi si direbbe nella sua governance, cioè uno sforzo di rendere più efficace la sua “organizzazione aziendale”.
Da qui l’istituzione di seminari che sfornassero preti con una base culturale accettabile ed uniforme e l’ambizione di unificare la già elevatissima mole di precetti e interpretazioni culturali in una specie di “testo unico” formato dai canoni di quel Concilio, finiti pressochè immutati nell’attuale Catechismo della Chiesa Cattolica.
Ma discussione dei principi enunciati dalla rivoluzione protestante, pressochè nulla, incredibilmente fino ai tempi più recenti, quando il Concilio Vaticani II negli anni ‘60 ha proposto la necessità di lavorare per l’”ecumenismo”, cercando di dialogare con le altre denominazioni cristiane.
E’ cominciato quindi all’interno della chiesa uno studio del protestantesimo che uscisse dalle due o tre definizioni pregiudiziali e caricaturali, senza alcuna base storica che erano girate per secoli.
Da queste nuove posizioni si è arrivati a un dialogo finito in alcune dichiarazioni congiunte per esempio sulla dottrina della giustificazione, un ponderoso documento dottrinale rilasciato il 31 ottobre del 1999.

Segno apprezzabile di buona volontà, ma che sta ben lontano dal vero problema della libertà di interpretazione della Scrittura e dei presunti poteri sacrali della gerarchia e del clero cattolico.
Forse la chiesa cattolica è disposta a perire piuttosto che a :
- rinunciare al proprio potere basato sulla presunta autorità a interpretare in modo autentico la scrittura medesima attraverso il proprio apparato;
- rinunciare a proporre ed imporre la dottrina cioè il sopra citato “depositum fidei” come sostanzialmente intoccabile e immodificabile e di fatto inteso come fonte normativa solo formalmente sottoposta alla scrittura ma di fatto intesa come superiore alla stessa scrittura;
-rinunciare al proprio apparato organizzativo inteso come mediatore fra dio e i fedeli.

Papa Francesco lo si è accennato sopra con la sua insistenza sulla preminenza della “misericordia” di dio si è molto avvicinato al nucleo portante del pensiero di Lutero e infatti i suoi molti e autorevoli nemici interni lo tacciano da tempo di essere “protestante” e quindi di proporre dottrine eretiche.
Papa Francesco dimostra di sapere che se si lanciasse in dichiarazioni dottrinali ex cathedra per superare anche solo alcuni dei dogmi più irragionevoli ed oggi improponibili della tradizione cattolica, i medesimi suoi autorevoli avversari uscirebbero allo scoperto e provocherebbero uno scisma.
Si vedano gli articoli di Socci su Libero o la raccolta delle prese di posizione degli anti papa Francesco riportati quotidianamente dal sito di Sergio Magister (http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/).
Evidentemente crede di non potere fare di più, ma quello che fa, pur essendo molto basterà ?
Credo proprio di no e l’ho già scritto più volte nel tempo.
La chiesa cattolica per riacquistare un minimo di credibilità nel mondo moderno è debitrice all’umanità almeno di due o tre cose fondamentali :
-buttare alle ortiche pubblicamente la demenziale dottrina sulla sessualità con la quale si è colpevolizzato per secoli il piacere per principio, senza alcun fondamento né filosofico né morale in ossequio alle elucubrazioni di personaggi di dubbio equilibrio mentale come il presunto santo Alfonso de Liguori, che fra le altre insensatezze ha tra l’altro teorizzato il “peccato di intenzione”;
-buttare alle ortiche la curia romana, a cominciare dal così detto sacro collegio che di sacro non si capisce proprio cosa abbia
-disfarsi degli enormi beni della chiesa e degli ordini ecclesiastici, venderli e farne col ricavato una fondazione benefica dedicata alla lotta alla malattia ed alla povertà, facendola ovviamente gestire da qualificati tecnici esterni alla chiesa.
Fatto questo la gente prenderebbe sul serio le intenzioni ora solo verbali della chiesa di essere chiesa povera al servizio di tutti ,ma prioritariamente degli ultimi.
E’ chiedere troppo?
Se si da un giudizio politico-storico sì è troppo, ma non è troppo se si crede che il messaggio evangelico abbia un senso ancora nel mondo di oggi.










giovedì 19 ottobre 2017

Renzi, una volta che ne fa una giusta, recusando Ignazio Visco se li trova tutti contro




Matteo Renzi,come segretario del PD, nell’atto di prendere il treno che lo porterà in giro per tutte le province italiane, aprendo di fatto la campagna elettorale, cerca di acquistare crediti sparando una cannonata contro il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il cui incarico è in scadenza per fine mese.

Perchè lo fa? Ovvio, per scaricare su quell’istituto la responsabilità della peggiore crisi bancaria che questo paese abbia dovuto subire.
Ce ne era bisogno? Certo che ce ne era bisogno, il Governatore può scrivere come ha fatto anche 4.000 pagine di documentazione per cercare di dimostrare di avere agito correttamente, ma nessuno può negare che l’azione di vigilanza, che è il principale compito istituzionale dell’istituzione che dirige, ha fallito completamente nei riguardi delle banche che il governo è stato costretto a “salvare” lasciando comunque a bagno quei poveri risparmiatori che hanno perso tutti i loro risparmi a causa della mala gestione di quelle banche medesime.
Santo cielo, viviamo su Marte o sulla Terra?
E’ mai possibile che venga vilipeso nei fatti costantemente il principio elementare che recita : chi rompe paga?
Quest’ultima considerazione mi è venuta spontanea leggendo i giornali di ieri, il giorno dopo la sparata di Renzi.
Personalmente sono sempre stato lontanissimo dalle teorie complottiste, che quando succede qualcosa cercano di dare una risposta- spiegazione invocando appunto “il complotto”, messo in atto da una perversa mente geniale tipo “grande vecchio” che dominerebbe il mondo tramite “quelli di Aspen” o roba del genere.
Cioè c’è chi si mette l’anima in pace attribuendo tutti i mali a chi dirigerebbe la grande finanza, la globalizzazione eccetera.

Non è così che va il mondo, però quando si vedono tutti i “giornaloni” italiani ,nessuno escluso ,che all’unanimità danno veementemente contro allo stesso Renzi che fino al giorno prima era il loro beniamino, viene da pensar male.
Possibile che in Italia non si possano toccare le banche, anche quando sono visibilmente inefficienti, fanno tranquillamente cose turche a danno dei loro clienti e sono spesso state governate da incompetenti?
Si fa peccato in questa situazione pensar male e cioè ricordarsi che le medesime banche sono quasi sempre azioniste dei più grandi giornali italiani e che quindi le grandi e meno grandi firme di quei giornali abbiano difficoltà a dimostrare il coraggio di Riccardo Cuor di Leone parlando male dei loro azionisti, quando proprio non se ne potrebbe fare a meno?

Detto questo non si può negare che Renzi è Renzi, cioè è uno che ha dimostrato di avere nel suo dna una serie di difetti che proprio non vanno bene in un politico, aspirante statista.
Oggi Scalfari arriva addirittura a scrivere su Repubblica, che dovrebbe recarsi con urgenza da uno psichiatra per cercare di rimediarvi.
E’ tipico di Renzi fare di queste cose, cioè studiarsi la mossa da fare deflagrare il giorno di inizio della campagna elettorale.

Mi spiace per i direttoroni dei giornaloni ,ma non si può negare che la mossa per quanto spregiudicata abbia una sua forte valenza e capacità di presa sulla gente.
Renzi doveva uscire dall’angolo, sapeva benissimo che in campagna elettorale gli avrebbero tutti lanciato contro il facile argomento secondo il quale il PD aveva taciuto sulla crisi della banche e sulla necessità di far pagare il conto a chi quei disastri aveva causato, sottintendendo il Pd medesimo.
C’era e c’è di mezzo il coinvolgimento, se pure indiretto e per legami familiari, del personaggio politico di maggior peso addirittura del “giglio magico” quella Maria Elena Boschi che ne esce sempre più come l’ape regina in quel giglio.
Per Renzi la cosa era ed è più che imbarazzante e quindi come si può bastonarlo per aver tirato il colpo più eclatante appena ne ha avuto l’occasione?

E poi, quando la finiranno i medesimi “giornaloni” di scassarci ...tirando regolarmente in ballo la solita menata della necessità prioritaria di salvaguardare la continuità, la stabilità e via delirando?
Questo è sempre il solito mantra del vecchio Presidente emerito Giorgio Napolitano, che ha costretto gli italiani a non potere più esprimersi col voto, perché bisognava prima di tutto salvaguardare la stabilità.
Bel servizio che ha reso al paese! E non contento insiste e trova più seguaci di prima.
Secondo il mantra di Napolitano e seguaci all’estero ci considererebbero inaffidabili se cambiamo governi, governanti e governatori.
Questa è bella!
Quegli stessi tecnocrati di Bruxelles che quasi tutti hanno imparato il mestiere lavorando nelle grandi banche d’affari internazionali, e che quindi sono tecnici della materia, ci considererebbero inaffidabili quando decidessimo di non rinnovare l’incarico a quel governatore di Banchitalia che non è riuscito a cacciare gli amministratori delle banche che stavano facendo fallire i loro istituti sotto il suo naso.
Non ne aveva i mezzi, dice lui e ribadiscono i suoi sostenitori?
Non conosco sinceramente la macchinosa legislazione e regolamentazione della materia, ma se fosse vero che non avrebbe avuto i mezzi, allora è evidente che avrebbe dovuto dimettersi di sua iniziativa,invece di prendersi di fatto la responsabilità del disastro, che è sotto gli occhi di tutti.
La teoria napolatiniana dell’Europa che ci chiederebbe stabilità e continuità non sta in piedi.
A Renzi non si può imputare di essere Renzi e cioè un politico che non ha mai avuto una visione di medio-lungo periodo e che quindi riesce ad essere efficace solo in campagna elettorale, quando si pensa solo all’immediato ed alla sedia per sé e per i propri fedelissimi.

Dicono i giornaloni, così non sta bene, questo non è il modo di fare, non si licenzia di fatto uno del calibro di Visco, il giorno prima, Renzi avrebbe dovuto parlarne per tempo, coinvolgere chi di dovere, cercare consensi e cercarsi il successore parecchio tempo prima.
In linea teorica il ragionamento tiene,ma in pratica come si fa a promuovere rinnovandogli l’incarico, il “vigilante” che lasciato “andare a schifio” coloro sui quali esercitava la sua vigilanza?
In un caso del genere riproviamo pure la mala educazione nell’agire di Renzi, ma nella sostanza vale il principio : meglio tardi che mai.

Ma forse anche questa sorprendente levata di scudi anti-Renzi ,operata dalla grande stampa ha una sua ragione che non sta solo nella difesa della stabilità ad oltranza o negli interessi delle banche, ben rappresentati nei consigli di amministrazioni della grande stampa medesima.
Forse c’è in ballo qualcosa più, perché sotto sotto la medesima grande stampa lancia anche lei la sua bomba, in modo velato, ma non tanto, quando lascia capire che Renzi si sta dimostrando sempre più debole e più solo, là dove avrebbe dovuto poter dormire fra due guanciali, cioè in sella al suo partito, che riuscirebbe a controllare sempre di meno.

Che l’establishment stia elaborando la sua scelta e che intenda aprire la sua campagna elettorale a favore del felpato conte Paolo Gentiloni, che obiettivamente sembra fatto apposta per piacere a quegli ambienti che gratta gratta vogliono una cosa sola : lasciare le cose come stanno e stoppare quei maleducati “populisti” che vorrebbero invece le cose cambiarle veramente?


mercoledì 11 ottobre 2017

Con la sua assenza davanti ai cancelli dell’Ilva la sinistra in Italia ha non ha più alcun senso



l’Ilva è una delle poche realtà industriali sopravvissute in Italia all’era della globalizzazione.
Con quasi 10.000 dipendenti diretti e pare altrettanti nell’indotto, rappresenta parecchio e non solo per Taranto, Genova e Novi Ligure, dove sono dislocati i suoi maggiori stabilimenti.
Le vicende di questo gruppo sono ben note.

Mala gestione dei precedenti proprietari, inquinamento fuori da ogni controllo, vicende giudiziarie che hanno tra l’altro rischiato di fare chiudere definitivamente le fonderie e finalmente l’acquisizione da parte di uno dei giganti dell’acciaio, il gruppo indiano Arcelor Mittal unitamente al gruppo italiano Mercegaglia.
Francamente non si è capito bene su che base questa cordata , ma sopratutto il primo potessero avere interesse a mettere in atto questa acquisizione in un settore che da anni viene ritenuto con problemi di sovrapproduzione, sicuramente in Cina, dove si producono addirittura 800 milioni di tonnellate di acciaio ,per avere un’idea, negli Usa se ne producono 100, in Italia 20 o giù di lì.
Comunque bene per Taranto, e tutti hanno fatto finta di credere in questo affare.
Nei protocolli di intesa i nuovi proprietari hanno subito parlato di 4.000 esuberi, ma contemporaneamente hanno promesso di portare l’occupazione da 8.000 a quasi 10.000 facendo però cambiare contratto ai nuovi assunti ed a una parte dei precedenti, cioè in poche parole hanno messo le mani avanti per operare una diminuzione sensibile del costo del lavoro.
Arrivati a questi giorni si doveva andare al solito “tavolo” di prammatica in Italia, per dare inizio a una trattativa che specificasse la misura di quella diminuzione del costo del lavoro ed è scoppiata la bagarre.

Perché governo e sindacati hanno fatto finta di non sapere che si sarebbe dovuto trattare appunto di diminuzione del costo del lavoro, che sarebbe a quanto sembra l’unica ragione plausibile perché i nuovi proprietari avrebbero potuto trovare un elemento di interesse nell’acquisizione.
Si presume che abbiano ragionato in questo modo : noi acquisiamo stabilimenti che sfornano una produzione non decotta, ma quasi, in attesa di tempi migliori, voi però (governo,sindacati) ci date in cambio un ritocco a nostro favore del costo del lavoro.
Il governo in carica non è certo un governo forte e per di più siamo a circa quattro mesi dalle elezioni politiche, dalle quali si prevede che ,chissà quando, scaturirà un governo ancora più debole di quello attuale e allora che fa l’attuale ministro alla partita?
Essendo un giovane aspirante a una grande carriera (Carlo Calenda) cerca di mettersi in luce facendo il duro, dopo avere subodorato che le così dette sinistre, cioè quelle forze politiche che un tempo erano i partiti della “classe operaia” avrebbero disertato il campo per mancanza assoluta di idee.
I sindacati naturalmente si sono accodati applaudendo, ma poveretti loro stessi non stanno meglio del governo e sanno benissimo che a Taranto rischiano i fischi esattamente come i politici.
E’ scioccante però che l’unico leader politico nazionale disposto a metterci la faccia davanti ai cancelli dell’Ilva di Taranto sia stato Matteo Salvini.

Quei poveretti delle così dette sinistre erano occupati a correre fra un convegno e l’altro per recitare la telenovela, diretta come conduttore dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, autoproclamatosi volenteroso ricucitore dei colori dell’arcobaleno per portare tutte le sue fazioni nientedimeno che al prestigioso traguardo di un accordo più o meno sottobanco col sedicente sinistrorso Matteo Renzi, che ha già incassato accordi sottobanco ,ma non troppo, con la solita star della politica italiana Silvio Berlusconi.
Se poi ai pochi che ancora vogliono illudersi si potere trovare in loro la tradizione della sinistra viene vomito assistendo a queste indegne esibizioni, chi se ne frega, tanto leader ed ex leader dei partitini 2/3 % delle varie sinistre, la pensione da parlamentari l’hanno già acquisita da tempo.

E poi qualcuno rimane sorpreso quando vede che i poveri 5Stelle, non ostante le continue esibizioni disastrose della loro sindaca di Roma, non solo continuano a tenere le posizioni, ma riescono addirittura a guadagnare qualcosa nei sondaggi?
E l’altro esponente dei vituperati “populisti”, Matteo Salvini supera nei consensi l’immarcescibile Berlusconi?
E’ inutile ricorrere ad operazioni “amarcord” sentimentali pensando a quanto era motivata la base ai tempi d’oro dei festival dell’Unità o quanto erano seri e preparati erano i politici della sinistra sociale cattolica.
E’ finita, la sinistra, non solo non esiste più, ma addirittura non ha più alcun senso.
Nicola Fratoianni, 45 anni deputato segretario di Sinistra Italiana; Roberto Speranza 38 anni guida per conto di Bersani l’ala che si è separata dal PD ora si è denominata Mdp Articolo 1, ex deputato e capogruppo del PD alla Camera; Alleanza popolare per la democrazia di Anna Falcone 46 anni;
Rifondazione Comunista di Maurizio Acerbo 51 anni; Pippo Civati fondatore e segretario di “Possibile” 42 anni ex deputato; Giuliano Pisapia 68 anni fondatore di “Campo progressista”.
Tutta questa gente, magari presi uno per uno sono anche persone rispettabili, che credono in quello che dicono e magari sono addirittura puliti, cosa ormai molto rara in politica, ma oltre a sé stessi ed al loro salottino non rappresentano pressochè nessuno e non si vede come possano avere un futuro politico come rappresentanti delle opinioni di sinistra.
Non si può non notare che nel campo abbastanza affollato delle fazioni e fazioncine che si definiscono di sinistra, manchino vistosamente gli eredi della tradizione del cattolicesimo sociale.

E’ singolare che ai tempi di Papa Francesco ,che forse è rimasto nel mondo l’unico rappresentante credibile degli ideali del cattolicesimo sociale sia venuta meno in Italia una presenza presentabile in campo politico di quello stesso pensiero e tradizione.
C’è Prodi, brava persona, onesta, seria, preparato come economista, ma del tutto inefficace come politico, che ha avuto il grosso merito di avere saputo battere e ridimensionare il mito di Berlusconi, politico ancora più inefficiente e inefficace, ma che non ha saputo di fatto essere né uno statista né un politico con visioni di lungo respiro.
Messo in un angolo dalla politica se avesse avuto quelle qualità avrebbe potuto e dovuto farsi promotore di un movimento che avrebbe avuto tutti i numeri per rappresentare.
Da far crescere fondandolo prima di tutto sulle idee, su un team di intellettuali, che elaborassero analisi e risposte politiche, consone con i tempi nuovi, tenendo vive le radici del cattolicesimo sociale.
Aveva le relazioni necessarie per farlo ma non l’ha fatto.
Adesso sta diventando patetico spingendo in modo disordinato un po’ Pisapia, un po’ Saviano, ma ha perso l’autobus, peccato.
E la sinistra dove servirebbe non c’è più, davanti ai cancelli dell’Ilva non c’era nessuno di loro, ma c’era Salvini, come si è detto all’inizio.

Forse nel vuoto di idee della vecchia politica sarà inevitabile contare sui Salvini e sui DiMaio per dare uno scrollone al palazzo dell’establishment e dei poteri forti per affrontare in modo non ideologico i problemi nuovi, buttando alle ortiche i vecchi tabu’.
Ma questi due non hanno al momento né la statura né la preparazione né la visione per farci sognare.
Meglio loro che la palude della vecchia politica, con quelle facce talmente usurate da assomigliare a quelle di un museo delle cere.

Ma che si diano da fare non solo per arrivare al governo, ma per studiarsi prima cosa fare se mai al governo ci arriveranno, studiarlo adesso, per non dover improvvisare goffamente dopo, la sindaca Raggi docet.