venerdì 24 giugno 2016

Con il Brexit è finita una grande ipocrisia, ora tutto va ridiscusso in Europa




Gli inglesi ieri hanno scelto quello che hanno sempre pensato ed allora perché tanta sorpresa?
Non è facile ragionare da inglese perché quel popolo ci è vicino, ma le nostre storie sono state più diverse che simili.
Però non è così difficile e quindi il pianto greco e la grande sorpresa seguite alla loro scelta di uscire dalla Unione Europea ,mi lasciano parecchio perplesso, perché mi sembra che con la scelta di ieri gli inglesi abbiano solo formalizzato quello che hanno sempre pensato.
Il 52% di loro ha votato “leave” perché desideravano con trasparenza farci capire appunto quello che hanno sempre pensato.

matter of heart” e non “matter of economy”
Questi sono coloro che i commentatori della BBC dicevano che avrebbero inteso quel referendum come “matter of heart” e non “matter of economy”.
Al 48% che ha votato “remain” a parte i più giovani che spero abbiano votato così per idealismo, appartengono invece coloro che vedevano quel medesimo referendum come “matter of economy”.
Francamente tendo a stimare più i primi dei secondi, perché i secondi, lasciate che mi esprima crudamente, “volevano fregarci” e noi ,chissà perché, stavamo al gioco.
I governi inglesi non hanno mai nascosto di intendere l'Unione Europea come una semplice “unione doganale”, che consentisse a loro di esportare in tutti paesi dell'Unione senza barriere doganali e viceversa.
Questo però non era il primo obiettivo del Regno Unito, era tutt'al più il secondo, perché il primo obiettivo al quale sacrificavano tutto era invece conservare il ruolo del Regno Unito come capitale della finanza.

Abbiamo tollerato da decenni che l'Inghilterra fosse una specie di paradiso fiscale che ci sottraeva risorse attirando contribuenti
L'economia inglese non è più da tempo basata sulla produzione industriale, ma è un'economia di servizi ed in particolare di servizi finanziari.
Questo concetto è sicuramente difficile da far capire alla gran parte dei nostri connazionali ,che quando si parla di finanza, intendono banche, e quando si parla di banche intendono sportelli con gente che fa la fila per fare cose che ormai si possono fare tutte da casa o da ufficio usando il web.
Quel tipo di banca è finito, ma non è finita la finanza che è invece floridissima, perché vive non sugli sportelli, ma di erogazione di servizi finanziari il che significa proporre e gestire investimenti per conto dei clienti, che siano stati, privati o società commerciali.

L'Inghilterra non produce più tessuti e automobili, ma “prodotti e servizi finanziari”, molto, anzi troppo convenienti
L'Inghilterra non produce più tessuti o automobili, “produce” cioè offre servizi finanziari, che piazza sul mercato a condizioni più vantaggiose di altri.
E qui siamo al dunque ed alla ragione per la quale mi sono lasciato andare sopra a quel termine un po' sbrigativo e per niente inglese.
Sembra infatti che quei servizi siano offerti a condizioni “troppo” più convenienti di quelli degli altri paesi europei continentali, al punto da aver fatto diventare il Regno Unito un'enorme “paradiso fiscale” ,formalmente legale e riverito.
Come mai l'amico di Renzi ,Marchionne ha scelto l'Inghilterra per farci la sede legale della sua industria?
E come lui un codazzo a non finire di altri industriali italiani europei ed americani.
Come mai i Vip dello sport, dell'arte, del cinema eccetera hanno stabilito la loro residenza a Londra su suggerimento dei loro commercialisti?

Far pagare meno tasse è un richiamo irresistibile, ma il conto lo paghiamo noi
Venite da noi che vi faremo pagare meno tasse, è un richiamo irresistibile.
Ma ha un senso che gli altri 27 paesi dell'Unione Europea diano il loro assenso a un andazzo di questo genere, che porta un sacco di soggetti fiscali a non pagare in gran parte le tasse in Italia, Germania, Francia, Spagna eccetera per pagarne di meno a Londra col consenso di tutti?
Per di più la Commissione Europea ha come presidente Jean Claude Yunker ,il simpatico ex premier del Lussemburgo ,che campa da decenni facendo il medesimo giochetto.
Venite da noi che vi facciamo con poca spesa un bel “trust”, lo chiamiamo tanto per dire un nome “Eucalipto”e dal momento della firma che ha fatto nascere Eucalipto, i vostri appartamenti, auto, eccetera non compariranno all'agenzia delle entrate come intestate a voi, Signor Rossi, ma a una
fantomatica società lussemburghese Eucalipto, che pagherà poche tasse in Lussemburgo.
Con questo andazzo è vero o non è vero che ci siamo lasciati “fregare” da gente evidentemente più furba di noi, perché la “fregatura” è incontestabile, ma è anche perfettamente legale.
Ma questa è l'Europa come è ggi e come era ieri, e che quindi , al di là della retorica ,non è affatto un gran che.
Vediamola in positivo.

L'Unione Europea è materia di alta politica non di bassa finanza
L'Unione Europea ha dato l'abolizione delle frontiere e l'Euro a paesi che nei secoli si erano combattuti in continuazioni con le armi e con i dazi doganali.
E' quindi un obiettivo senz'altro di “alta politica”, ma è un gigante coi piedi di argilla se non acquisisce una politica fiscale unica che spazzi via i giochetti che si sono sopra accennati lasciando che ogni stato ci lucri sopra a danno dei partner, una forza militare unica, una politica estera unica, un parlamento unico e un governo federale unico,
Fantascienza dicono in molti, ma o ci si impegna per un disegno strategico con quegli obiettivi, o si gira a vuoto, alla fin fine con vantaggi troppo limitati.
Blateriamo tanto di globalizzazione, di modernità, del web che unisce tutto il mondo come fosse un unico paese, ma siamo spaventosamente “provinciali” quando torniamo a idealizzare le “piccole patrie”, le “identità” e via straparlando.

Gli americani ci considerano un po tonti per non avere ancora fatto un solo stato federale per contare qualcosa
Sono anni ,se non decenni, che per esempio i più noti opinionisti di uno dei giornali internazionali più letti nel mondo, il New York Times si domandano come mai gli Europei non siano ancora riusciti a capire quello che gli stati americani hanno capito nel '700 e cioè che o si arriva a uno stato federale o non si conta un bel niente nel mondo.
Soffriamo di provincialismo culturale, non c'è dubbio.
Ora gli inglesi ci hanno dato finalmente la sveglia.
Non mi sfugge certo che quei simpatici 52% che hanno votato “by heart” attanagliati dal richiamo insulare della “piccola patria” sono stati nei nostri confronti più onesti e trasparenti degli altri, ma indubbiamente si sono dati una bella zappata sui piedi, perché così hanno cancellato il “vantaggio competitivo” fiscale che “fregava” noi, ma faceva campare piuttosto bene loro.
Ma questi adesso sono fatti loro.

L'Italia rischia, grazie all'immobilismo di Renzi sul debito pubblico
Noi italiani non dovremmo essere trascinati in nulla di apocalittico, ma di rischi ne corriamo e di molto seri a causa di quel benedetto Renzi che in due anni di governo non ha alzato letteralmente un dito per far diminuire il macigno del debito pubblico che in questi casi di turbolenze sui mercati ci espone come anello debole della catena alla mercè della peggiore speculazione internazionale.
Glielo aveva messo per iscritto Carlo Cottarelli Direttore del settore debito pubblico del Fondo Monetario Internazionale, assunto da Renzi per fargli proposte, ma forse non ha avuto tempo di leggere il rapporto di Cottarelli.
Se “qualcuno” di quelli che contano nella finanza internazionale si mette a vendere titoli italiani a man bassa si va verso il precipizio se Draghi da Francoforte non para il colpo comprando lui, senza far fare alla Banca Europea un grande affare.
Speriamo bene, ma cerchiamoci anche un premier con qualche nozione di economia e finanza.
Luigi di Maio ha fatto qualche esame di economia? Se non ne ha fatti frequenti dei corsi serali, ma faccia in fretta.




Renzi umile e moderato dopo la sconfitta è ancora più irritante di quello arrogante di prima, ma intanto si è realizzato il sogno di molti






Renzi premier di un governo formalmente di centro-sinistra in due anni di governo ha fatto quello che avrebbe fatto Berlusconi
Renzi si è presentato all'esame di maturità (come migliaia di suoi giovani connazionali) ed è stato bocciato.
Gli elettori nel turno delle amministrative appena finito gli hanno detto : no non ci convinci, ti avevamo dato fiducia, hai governato per due anni ed hai realizzato il programma di Berlusconi,
80 Euro per tacitare almeno una fetta di popolo e poi tutto “c….e camicia” con grandi industriali e banchieri, allora tanto valeva votare addirittura Berlusconi, invece che per te.
Della sinistra non te ne è mai importato nulla.

Essere di sinistra vuol dire avere una sensibilità sociale come quella di Papa Francesco, né più né meno
E di questo potremmo anche fregarcene, visto come si è ridotta la sinistra-sinistra.
Ma quando era una cosa seria, sinistra significava né più né meno quel mondo ideale che oggi è paradossalmente espresso in modo chiaro e risoluto solo da Papa Francesco e di questo invece ce ne importa molto e infatti di questa indifferenza renziana per gli strati sociali che dovrebbe rappresentare politicamente non riusciamo a farcene una ragione, ma ad un certo momento dovremo ben prenderne atto ed agire di conseguenza, convincendoci che il renzismo sta fallendo se non è già fallito.

Ma i moderati hanno sempre paura di imprecisati “salti nel buio” e con questa scusa bloccano il cambiamento vero e si tengono Renzi raccontando la favola che non avrebbe alternative, ma il renzismo ha ormai esaurito la famosa “spinta propulsiva” e gira a vuoto
Lo so bene che tutti i “moderati” del mondo, moderati italiani compresi, cioè tutti quelli che un tempo erano contenuti nella capiente pancia della Balena Bianca D.C., per intenderci, hanno il sacro terrore per l'imprecisato “salto nel buio” che comporterebbe ogni cambiamento vero.
Però quando sentiamo lo stesso Renzi dichiarare che : se abbiamo perso là dove contava vincere, è perché i 5Stelle hanno rappresentato meglio di noi le istanze di cambiamento, beh, allora fermiamoci un momento a riflettere e vediamo se non è venuto il momento di buttare alle ortiche pregiudizi, mal di pancia eccetera e progettiamo almeno dentro di noi una vera svolta.
Renzi oltretutto la zappa sui piedi se l'è data da solo per eccesso di arroganza e di menefreghismo nei confronti dell'elettorato indicendo il referendum di autunno sulla riforma costituzionale.
Ormai non può più tornare indietro, come non ha potuto convincere nessuno quanto andava blaterando che le amministrative appena passate non avevano alcun significato politico.
Vedrà dai sorrisini micidiali della Merkel ,quando l'incontrerà, se la sua recente sconfitta era “amministrativa” o “politica”.
Ha voluto seguire Berlusconi in tutto, ebbene lo segua adesso anche nello scherno appena mascherato dei leader europei per un paese che da decenni non riesce a darsi un leader presentabile che duri almeno uno o due mandati.

Renzi non ha saputo affrontare i maggiori problemi del paese e per risolverli non ha tuttora alcuna politica
Lo si è detto e ripetuto su questo blog che Renzi ha sempre avuto il peccato originale di essere figlio di nessuno nel senso che non ha mai rivendicato alcuna appartenenza ad una delle famiglie e culture politiche italiane.
La mancanza di scelta può essere sembrata una furbata per confermare la sua volontà di “rottamare” vecchie caste politiche, ma in realtà era una grave carenza di riferimenti ideali, senza i quali non si può essere statisti con una visione a lungo periodo, ma solo avventurieri della politica.
Poi non ha affrontato in modo coerente alcuno dei problemi più gravi che assillano la gente.
Nessuna politica economica seria fatta di investimenti e non di parole per creare occupazione, nessuna politica per l'immigrazione, che non sia uno squallida divisione dei consistenti fondi europei per pagare quella miriade di improvvisate cooperative che gestiscono il business del collocamento dei migranti condannati a guardare il soffitto dal mattino alla sera, magari per anni.
Eccetera.
No Renzi non è all'altezza del ruolo ,con lui l'Italia è rimasta l'anello debole della catena europea appena dopo la Grecia, perché lui del macigno del debito pubblico se ne è sempre fregato, probabilmente perché non ha nozioni sufficienti di economia per capire almeno l'essenziale.

Bisogna imitare i romani i torinesi e i milanesi
I romani, i torinesi e persino i milanesi (Sala ha vinto perché si è smarcato da Renzi fin dove ha potuto, mentre il suo avversario andava in giro con Lupi e la vecchia classe dirigente ciellina) hanno avuto il coraggio di cambiare veramente, ora tocca agli italiani imitarli.


giovedì 16 giugno 2016

Strada spianata per Hillary Clinton ? Ma neanche per idea







Siamo abituati all'ambiente della politica italiana che non è esattamente quello di un collegio di educande, e quindi tendiamo a omologare con gli stessi schemi anche le liturgie americane delle primarie presidenziali.
Per la verità un tempo non era così, nel senso che mentre in Italia il sistema politico è sempre stato basato sui partiti tradizionali di massa, ben radicati territorialmente con apparati, sezioni etc., in America questo paesaggio europeo non è mai esistito ed al suo posto ci sono sempre stati i così detti partiti non di massa, ma di opinione senza apparati permanenti ma con presenza territoriale limitata nel tempo ai singoli eventi delle primarie presidenziali oltre ovviamente alle elezioni locali.

Più si avvicinano le presidenziali di novembre e più coltelli prendono il volo
Detto questo però pur essendo diversa la struttura organizzativa, non si può certo dire che la lotta politica in America si svolga con particolare “fair play”.
Anche qui man mano che ci si avvicina alle date fatidiche delle elezioni, i coltelli cominciano a volare spesso con particolare cattiveria.
Nella tornata delle primarie in corso la durezza della lotta è ancora più accentuata dal fatto che sono emersi fra i candidati di spicco due “outsiders” come sono Donald Trump, che ha sconvolto l'apparato dei Repubblicani ,presentandosi come portavoce del ceto medio che non ne può più dell'establishment politico tradizionale e dall'altra parte Sanders che, a sua volta, ha sconvolto l'apparato dei Democratici proponendo delle idee “socialiste” che in America non hanno mai attecchito.
Trump ha stravinto la sua battaglia sul fronte repubblicano, e la Clinton ha pure vinto la sua battaglia, ma con parecchia fatica.
Non solo perché Sanders è deciso a mollare solo quando le sue istanze saranno accolte nel programma della Clinton, ma perché Hillary Clinton ha il sì avuto fin dall'inizio il completo appoggio dell'apparato democratico, ma stenta ha imporsi tra la gente.
Ha avuto due giorni fa l'endorsment del Presidente Obama un po' all'ultimo minuto ed “obtorto collo”.
Sulla nostra stampa quasi non sono arrivate queste notizie dall'America, ma fra Obama e la Clinton non c'è mai stato un gran feeling, anche se la Clinton è stata addirittura Segretario di Stato di Obama.
I due non si sono mai amati.
L'elegante e sofisticata First lady Michelle, poi, pare che sia abituata a sparare battute non propriamente eleganti sia su Hillary, sia su tutto il clan Clinton.

Hillary Clinton ha da sempre dei problemi a intendersi con Obama
In America é addirittura uscito più di un libro dedicato proprio sull'odio che coverebbe fra gli Obama e i Clinton (“Faida sanguinosa di Ed Klein “ e “Clinton Inc.” di Daniel Harper).
E' noto che il candidato alle primarie che Obama avrebbe preferito non è mai stata la Clinton, ma l'attuale Vice Presidente Joe Biden, che in effetti si era messo in lizza ma poi si era ritirato.
Ci sono tutt'ora super-esperti di politica americana che dicono che i giochi non sarebbero ancora conclusi, perché se l'FBI dovesse intervenire con un formale “indictment” a carico di Hillary Clinton per avere usato un server di posta privato quando era stata Segretario di Stato, questa sarebbe costretta a uscire di scena e il Presidente Obama ,in questo caso, non sarebbe per niente dispiaciuto di dovere mettere in atto urgentemente un piano B ,che consisterebbe proprio nello schierare all'ultimo momento di fronte ai delegati della Convention democratica proprio il suo Vice Joe Biden, che verrebbe immancabilmente acclamato candidato ufficiale, con buone probabilità di prevalere poi su Donald Trump.
Come si vede non è che noi italiani siamo gli unici ad essere macchiavellici in politica, perché anche i nostri partner occidentali ci sanno fare ,eccome.
Sta di fatto però che questi piani macchiavellici non sono dovuti a calcoli strampalati, ma riflettono l'imbarazzo dell'apparato democratico di fronte a una candidata fortissima all'interno del partito, ma
che notoriamente trova molta difficoltà a farsi accettare dall'elettorato.
La situazione in effetti è tutto sommato facilmente leggibile.

Donald Trump è forse perfino volgare ma è riuscito a parlare al cuore dell'americano medio
Da una parte c'è quel prorompente personaggio di Donald Trump, che si è imposto a furor di popolo anche contro l'apparato repubblicano, e che sarà un populista fin che si vuole, ma risulta ormai un credibile porta voce delle aspirazioni del ceto medio impoverito che ce l'ha con l'establishment e i banchieri Wall Street, le tasse, e gli immigrati.
Dall'altra una Hillary Clinton, che è un politico di lungo corso, con un carattere molto tosto e determinato, ma che può presentarsi in qualsiasi modo, ma non certo come un personaggio nuovo.
Per di più la Clinton viaggia sfruttando colossali finanziamenti che le vengono proprio da quei banchieri, sui quali spara Trump.
Si pensi poi che Trump, le spara un po troppo grosse, ed è sicuramente un populista all'eccesso, ma è anche indubbio, che ha trovato un seguito molto ampio nel paese, giocando da solo e questa posizione non è affatto facile.
Hillary Clinton, purtroppo per lei ,si trova anche nell'imbarazzante posizione di chi verrà chiamato dall' elettorato a pagare il conto della presidenza Obama, che non è stata certo esaltante.
Ha realizzato poco, troppo poco e sopratutto ha lasciato l' impressione di una presidenza debole e incerta.
Amleto alla Casa Bianca è quello che gli americani non avrebbero mai voluto, per la semplice ragione che sono tutt'ora la principale potenza militare del pianeta.
Non è un caso che lo slogan principale di Donald Trump sia : io riporterò l'America alla sua grandezza.

La Clinton deve smarcarsi da un Obama che non ha affatto realizzato una presidenza esaltante
La Clinton per una delle solite ironie della storia quando ha ricoperto la carica di Segretario di Stato con Obama, è stata quasi sempre in contrasto col presidente proprio a causa della sua perenne indecisione e la sua tendenza ad un moderatismo esasperato, ed ha quasi sempre tentato di fargli prendere posizioni più coraggiose e definite, ma non riuscendoci quasi mai.
Ma ne pagherà lo stesso il conto, perché così funzionano le cose in politica, perché la gente la percepisce come uno dei pilastri dell' establishment.
Non bastasse questo, va altresì tenuto conto del fatto che c'è la sensazione diffusa che gli americani abbiano cominciato a guardare con fastidio e irritazione a questo fenomeno del perdurare delle dinastie politiche , che hanno prosperato (i Kennedy, i Bush, e ora proprio i Clinton), ma che sono sicuramente un'anomalia per la cultura politica americana.
Le monarchie in America sono viste con interesse , ma come cose molto folkloristiche, che divertono, affascinano, ma sono un genere assolutamente infantile che non può essere preso sul serio.
A leggere la sua autobiografia, la Clinton ne viene fuori come un personaggio che ha tutte le caratteristiche e la caratura per essere Presidente del suo paese, ma oggi probabilmente l'elettorato americano vorrebbe un presidente fuori dagli schemi e molto più decisionista.
Purtroppo la Clinton fa troppo parte del sistema e dei suoi schemi consolidati.
Non è facile per noi italiani ed europei in genere avere una idea chiara delle cose americane, perché quella storia e quella cultura hanno le stesse radici delle nostre, ma sono state coniugate in modo del tutto diverso.
Un esempio banale, la maggior parte di chi segue i media americani dall'Europa, al 90% legge il New York Times e cerca i filmati della CNN international.
Ora è ben noto che l'americano medio non legge il NYT e non vede la CNN International, perché li vede come roba da intellettuali.

Donald Trump non va preso sottogamba
E quindi ancora per esempio noi tendiamo a dare per scontato che uno che dice le cose che escono dai discorsi di Donald Trump, fa folklore ma non vincerà mai un'elezione presidenziale.
Probabilmente non è così affatto, perché l'America non è l'Europa, a votare ci vanno veramente in pochi e le minoranze etniche che ovviamente non tifano per Trump sono quelle che vanno a votare meno numerose.
Poi la mentalità politica americana è modellata in gran parte su un pragmatismo molto accentuato per cui uno non vota per l'”ideologia” e per i “valori” per i quali ha sempre votato, ma segue un ragionamento basato sul momento nel quale si vota, per cui oggi così, domani chissà.
Inutile dire che siamo abituati da decenni a importare quasi tutto dall'America, compreso i modi di fare e che questo costume politico finiremo per copiarlo, ma oggi non ci siamo ancora abituati.
Lo si è detto più volte nei post precedenti, l'elettorato italiano ed europeo sta diventando sempre più “liquido”.
In America è sempre stato mobile.
Queste caratteristiche del sistema americano non favoriscono affatto Hillary Clinton, che in quanto intellettuale liberal, viene percepita più come una fotocopia di Obama che altro, da chi non è uso a analisi politiche troppo sottili.
C'è poi il problema della “comunicazione”, avvertito nel paese di Hollywood e delle serie TV, che la comunicazione l'ha inventata, ancora di più che da noi.
Uno come Trump nei bar sport d'America è di casa, e quindi parla con naturalezza a quei cuori, che vogliono dichiarazioni d'intenti molto terra a terra.
Hillary è un po' meno peggio del suo siderale e ultra-intellettuale presidente, ma non “buca” e non ha mai “bucato”.
Non è avvertita come simpatica o come si dice oggi non ha “empatia”.
Ma Trump è tutto fuori dai binari, si dice da noi.
E' vero e non è questa una buona qualità per un possibile presidente, ma non è che la sua gente vuole proprio quello?
Prendiamo uno dei problemi più “sensibili” come quello del terrorismo islamico e dell'immigrazione e vediamo come gli si avvicinano i due candidati.
Gli Obama e i Clinton fanno un ragionamento razionalmente impeccabile, ma terribilmente intellettualistico.

La comunicazione elementare di Trump viene capita subito, quella della Clinton invece “non buca”
L'argomentazione è questa : il nostro primo obiettivo è quello di rimanere fedeli ai nostri “valori”, che ci impongono di mettere tutti i cittadini sullo stesso piano.
Noi abbiamo una consistente minoranza di cittadini islamici che sono sicuramente intenzionati a integrarsi nel nostro tessuto civile e quindi non possiamo dubitare di loro.
Poi dobbiamo considerare che nel mondo gli oltre un miliardo e mezzo di musulmani sono in grandissima maggioranza persone che non aderiscono ad alcun movimento terrorista.
I nostri valori e queste considerazioni ci impediscono quindi di parlare di “terrorismo islamico”, perché così offenderemmo gli islamici moderati americani e quelli nel mondo.
Poi non possiamo criminalizzare una religione dal momento che i nostri “valori” ci impongono di tenere tutte le religioni sullo stesso piano.
Questo il ragionamento Obama- Clinton.
Dall'altra parte Trump dice ben altro.
Non so se fra i musulmani che arrivano da noi ci sono terroristi, ma siccome potrebbero esserci, blocchiamo l'entrata negli Stati Uniti dei musulmani.
Secondo, il terrorismo islamico non si contrasta con dei bei discorsi, e di conseguenza da presidente mi propongo di incenerire qualsiasi insediamento dei terroristi islamici anche con piccole armi atomiche.
Rozzo? Estremamente rozzo, ma maledettamente immediato ed efficace.
Oltre tutto il ragionamento degli Obama-Clinton è sì articolato e argomentato in modo sottile, ma non è certo a prova di contraddittorio.

Obama è un intellettuale raffinato, ma il popolo sembra volere altro
Prima di tutto finora non ha cavato un ragno dal buco.
Poi anche solo sul piano intellettuale è fragile perché ancorarsi a “valori” è un discorso comunissimo in Europa, ma è spesso scivoloso se non addirittura pericoloso, perché va a parare inesorabilmente sulla difesa dell' “identità”, che è la base ideologica di tutte le destre.
Dall'illuminismo in poi i “valori” sono considerati “relativi” a un certo tempo ed alla sensibilità civile condivisa di quel tempo, nulla di più e nulla di immutabile.
Poi qualsiasi analisi approfondita storico- politica porta a dover riconoscere con assoluta chiarezza e determinazione che oggi esistono atti di terrorismo islamico e cioè di matrice religiosa.
Poi ancora per quanto il discorso sia delicato e imbarazzante non ha senso non riconoscere che le religioni non sono tutte uguali e che il Corano come “libro sacro” contiene incitamenti alla violenza contro gli “infedeli” impressionanti e costanti.
Esattamente come la “Bibbia”.
Ma almeno da parte dei cristiani si è fatta molta strada nel tempo per riconoscere la “non storicità” dei racconti biblici e la necessità di interpretare quei testi non in modo letterale, ma con una esegesi
approfondita secondo criteri scientifici, come quelli applicati alla letteratura antica.
Il fatto che gli islamici, anche “moderati” non riconoscano affatto la necessità di sottoporre il Corano ad analisi critica, mette l'intero universo islamico a rischio fondamentalismo.
Poi l'America è ancora fortemente in debito con i suoi caduti dell'11 settembre.
Come è possibile infatti che a distanza di tanto tempo non si siano ancora mosse dai governi americani precise accuse contro i governi dell'Arabia Saudita e degli Emirati del Golfo per il fatto che questi hanno inondato il mondo di moschee e centri islamici ,atti a diffondere l'Islam di confessione Wahabita, che è la radice ideologica di tutti gli Islamici “radicali” e cioè terroristi?
Obama ha già detto che metterebbe il veto su prese di posizione parlamentari di questo tenore, denunciando così tutta la pericolosa debolezza del suo ragionamento intellettualistico su terrorismo e immigrazione.

Obama affronta il problema del terrorismo islamico con ragionamenti intellettualistici inconcludenti e quindi la Clinton deve cambiare linea subito
La Clinton si è vista costretta solo ieri o l'altro ieri a dichiarare che da presidente prenderebbe in considerazione questo tema, del riconsiderare le alleanze in Medio Oriente, discriminando i paesi direttamente o indirettamente finanziatori del terrorismo.
Meglio tardi che mai, ma questo denuncia la grande debolezza dello schieramento Obama-Clinton
su questa materia, che è estremamente “sensibile” in una elezione presidenziale.
Non la vedo bene quindi per Hillary Clinton ed è un peccato, perché se perde è perché sarebbe costretta a pagare gli errori di altri, di conseguenza arrivati a questo punto ed incassato se pure con ritardo “l'endorsment” del Presidente uscente, deve assolutamente fare una campagna più “cattiva” non solo nei confronti di Trump, ma nei confronti dei suoi.
Voglio dire che prima di tutto deve scrollarsi di dosso se vuole vincere (e lo vuole) tutte le buone maniere dei salottini intellettuali dai quali proviene e sopratutto deve smarcarsi in modo visibile da Obama, perché se si lascia percepire come la continuazione di Obama, le sue probabilità di elezione si assottiglierebbero pericolosamente.
Nei riguardi di Trump poi non dico che deve mettersi alla pari perché una che viene dal suo mondo ,anche se si sforzasse non ci riuscirebbe mai, però deve imparare ad essere meno intellettuale e più diretta.
Poverina, ci ha provato a prendere l'autobus (nel caso specifico la metropolitana di New York) per far vedere che lei è come gli altri ,ma ne è venuto fuori un disastro mediatico perché non avendola usata da chissà quanto tempo quella Metro, non sapeva nemmeno dove e come si doveva infilare il biglietto.
Trump magari se la caverebbe anche peggio nella stessa situazione, ma se riesce a rendersi credibile, vuol dire che c'è una domanda politica per chi almeno mostra di interessarsi ai problemi della gente e la pianta di comportarsi in punta di forchetta.







martedì 7 giugno 2016

Dal primo turno delle amministrative viene l'ennesima conferma : Renzi è un leader inadeguato





Abbiamo conosciuto nella prima repubblica una serie di leader democristiani senza grandi pretese ma capaci di galleggiare sul filo del 5 che poteva estendersi al 6-.

galleggiare fra il 5 e il 6- non è sostenibile per un Renzi che vuole essere "il ducetto"
Oggi di molti di questi personaggi non si ricorda impietosamente nemmeno più il nome.
Archiviato il primo turno delle amministrative i commentatori sono quasi unanimi a dare a Renzi un voto appunto fra il 5 e il 6-, ma anche solo un 6- per Renzi pesa molto più negativamente di quello conseguito da certi vecchi democristiani, perché quelli come si è detto non avevano pretese, mentre Renzi campa sull'immagine del “ducetto”.
E se il politico che si costruisce questo tipo di immagine comincia ad afflosciarsi, la sua credibilità non regge più.
Renzi ha giocato tutto per identificarsi con quelle caratteristiche ed oggi non può più fare marcia indietro, almeno da quando ha indetto arrogantemente quel benedetto referendum- plebiscito proprio su sé stesso fissato per il prossimo ottobre.
I due anni di governo di Renzi non sono stati troppo modesti solo sul piano dei risultati concreti, ma sono stati ancora più deludenti sul piano della politica pura, nel senso che in questi due anni l'identità del Pd si è liquefatta.

un  PD che vince solo ai Parioli e in Via Montenapo è una mostruosità politica
E' scioccante nella sua efficacia visuale l'immagine che è circolata nei telegiornali di ieri sera quando ci hanno presentato uno “slide” direbbe Renzi rappresentante il cerchio compreso nel grande raccordo anulare di Roma tutto colorato di giallo (ad indicare le zone conquistate dai 5Stelle) salvo un piccolo cerchio rosso (a rappresentare le zone conquistate dal PD) perfettamente nel centro di Roma.
La rappresentazione visiva di un PD, che viene votato solo ai Parioli e dintorni è un pugno nello stomaco, non ha senso, è politicamente un mostro.
Disgraziatamente questa anomala distribuzione elettorale si è rivelata anche a Milano, dove a Montenapo eccetera hanno votato PD ed a Lorenteggio, Gratosoglio eccetera hanno votato Parisi.
Assoluto non senso politico.
E quindi se Renzi come capo del governo è stato quanto meno scarso, come segretario del PD è stato un Attila.
Sarà antipatico essere impietosi verso politici in difficoltà, ma pensiamo a quello che Renzi considerava la sua maggiore “furbata” politica : l'assegno degli 80 € ai redditi medio-bassi, ma non ai redditi minimi, cioè nella fascia 8.000- 24.000 €.
Il meccanismo macchinoso di erogazione studiato per farlo passare come riduzione fiscale invece che come sussidio ha fatto sì che oggi quasi un milione e mezzo di cittadini che lo avevano riscosso mese dopo mese adesso lo devono restituire tutto insieme (per il gioco anticipo-conguaglio dopo la dichiarazione dei redditi, tipico della materia fiscale), in quanto non più rientranti nei limiti di reddito stabiliti.

Renzi ha perso la rappresentanza dei ceti medi impoveriti 
Se pensiamo che questo atto politico (dell'erogazione di quell'assegno) voleva essere la forma concreta di un rinnovato patto PD -ceto medio, il suo fallimento risulta ancora più clamoroso come è documentato dalle più recenti indagini sulla distribuzione del voto realizzate da Ilvo Diamanti, in base alle quali risulta che il ceto medio non ha votato PD.
Essendo questi i dati, riconosciamo che non c'è santo che tenga : non può esistere un partito o un leader politico che non sia in grado di ancorarsi a una identità definita a sua volta specificata nella rappresentanza credibile degli interessi di ceti sociali precisi.
Chi non raggiunge questi risultati non fa politica ma solo della chiacchiera destinata a svanire come l'acqua che scorre.
Su questo tema, Galli della Loggia ha scritto nel suo editoriale sul Corriere di oggi proprio della incapacità di Renzi a qualificare sé e il suo partito nella rappresentanza degli interessi di ceti ben definiti.

gestione immigrazione e gestione crisi bancaria voto 4
Galli fonda il suo giudizio su questa argomentazione : Renzi non è riuscito a rappresentare gli interessi del ceto medio in due dei settori che stanno più a cuore a questo ceto.
Innanzitutto nella gestione del fenomeno dell'immigrazione, dove non è riuscito ad ottenere dall'Europa un bel nulla.
Due, nella gestione della crisi- salvataggio anti- fallimento delle banche locali, ben note dalla cronaca, non ha affatto saputo prendere la parte dei piccoli risparmiatori, ma anzi ha dato l'impressione non di difendere, ma di tollerare benevolmente la tardiva uscita di scena con osceni emolumenti dei pescecani locali, responsabili del disastro.
Sul medesimo tema, un' altro commentatore politico di grande qualità, come Massimo Gramellini sulla Stampa di venerdì scorso ha sottolineato l'incapacità di Renzi ad ascoltare “il grido di dolore proveniente dai salottini” del ceto medio impoverito.

dietro l'angolo stanno ammiccando i "lepenisti" di turno
Andando più a fondo, Gramellini ha messo in evidenza quello che bolle sotto la superficie di quei “salottini” e cioè il fatto che questi ceti, che sono sempre stati politicamente determinanti, se si sentono esclusi perché i loro problemi vengono trascurati, cominciano a pensare che se il sistema democratico va avanti senza o contro di loro, ebbene loro cominceranno a rivolgersi altrove.
Il problema a questo punto diventa serio, perché è vero che a un certo momento quando arriviamo alla sensazione di troppo pieno siamo portati a pensare che se i Renzi o i Berlusconi falliscono, chi se ne frega.
Però non so se possiamo permettercelo quando oramai i movimenti “lepenisti” stanno attecchendo in tutto il mondo proprio a causa della inadeguatezza dei leader democratici.
E' chiaro che questo non significa che Renzi o Berlusconi o chi altro non avrebbero alternative, perché questa è la litania che da sempre ripetono i conservatori che hanno il terrore di cambiare e in realtà vogliono comunque lasciare le cose come stanno.
A questo punto le alternative occorre trovarle mettendo fuori il dovuto coraggio ed i connessi rischi, perché dietro l'angolo il posto è già occupato e questo comporta rischi ancora più seri.


giovedì 2 giugno 2016

Nell'elettorato c'è ormai una forte tendenza a punire l'establishment






Non era mai accaduto prima, anche perché prima il mondo non era mai stato globalizzato, ma ora è ormai presente in ogni parte del mondo la forte tendenza a punire l'establishment, cioè il potere costituito, i gruppi che sono al potere da più tempo.
In Italia siamo andati avanti per decenni e decenni con spostamenti nelle scelte del corpo elettorale dello zero virgola o pressapoco.
C'era quindi la tendenza opposta, nel senso che la gente tendeva a ridare fiducia al partito che aveva votato alla tornata precedente.

Con un elettorato così mobile può succedere di tutto
Oggi invece, con un elettorato divenuto molto mobile, le previsioni diventano un terno al lotto, perché la mobilità , oltre ad essere cresciuta, sta per diventare lei stessa una tendenza costante e quindi ritenuta normale nel tempo, con la conseguenza che se si fa un sondaggio oggi anche con i criteri più seri della statistica , questo può essere smentito domani, perché l'elettore domani può già avere cambiato parere.
Quindi se una volta uno che cambiava parere sulla scelta del partito di riferimento ,veniva considerato un voltagabbana, una persona inaffidabile, oggi è chi non cambia che viene percepito come una persona un po' tonta che non si muove perché non capisce bene le cose.
Oggi i politici come è noto riscuotono il livello più basso di fiducia, fra le varie categorie, riscontrabile nel dopoguerra.
In gran parte se lo sono proprio meritato, se non altro per il livello abnorme di corruzione che si annida nella classe politica.
Ma bisogna anche dire, per essere obbiettivi, che qualche giustificazione ce l'hanno, nel senso che fare il politico oggi è molto più difficile e complicato di ieri, perché il mondo e le società sono diventate più complesse.
Se la società non solo cambia, ma cambia tanto di frequente da essere definita “liquida” dal solito e ultra-citato Bauman, il “povero” politico che voglia prendere sul serio il suo lavoro, come fa a individuare gli interessi e le esigenze di queste società?

Le classi sociali si sono liquefatte ma le disuguaglianze sono aumentate invece di diminuire
Era molto più semplice quando c'erano le classi, ben definite addirittura dal modo di vestire, dalle frequentazioni, dal modo di parlare, eccetera eccetera.
Adesso tutti ci vestiamo nello stesso modo, tutti parliamo (più o meno) nello stesso modo, tutti frequentiamo (più o meno) gli stessi posti.
Tanto che quel furbacchione del Berlusca per farsi eleggere al potere nel '94 ha subito venduto la favoletta : “io sono uno di voi”.
I nemici erano per lui i comunisti, d'accordo, ma è sempre stato tanto accorto dal guardarsi bene dall'andare a dire : “attenti che se i comunisti vanno al potere vi tolgono le vostre ricchezze” ,come facevano le destre di un tempo, perché se così avesse fatto si sarebbe inserito nella solita contrapposizione dei privilegiati che volevano non cambiare nulla per andare avanti a difendere i propri privilegi.
Il berlusconismo invece più furbamente diceva : “attenti che se i comunisti (che oramai non c'erano fisicamente più) vanno al potere, vi schiacceranno di tasse, e questo era uno spauracchio per tutti anche per le classi più disagiate.
E quindi, Berlusconi, pur continuando a difendere nella sostanza ,privilegi e privilegiati, come sempre, si presentava se non proprio sotto le spoglie del “tribuno della plebe” , almeno sotto quelle del “populista” che ha a cuore gli interessi della gente e che avrebbe operato perché chiunque potesse avere il successo che aveva avuto lui nella vita.
Era “il sogno americano” ,trapiantato in Italia.
Ma il giochetto non è riuscito né in Italia, nè in America, se è vero, come è vero, perché è documentato dai numeri, che in questi ultimi anni le classi si sono liquefatte, ma le diseguaglianze sono fortemente aumentate.
In soldoni : i ricchi sono divenuti più ricchi e spesso molto più ricchi ed i poveri sono diventati più poveri, anzi il numero dei poveri è molto aumentato nelle società sviluppate.
In Italia siamo a 10 milioni.
Per la precisione 5,7% povertà assoluta e 10,3% povertà relativa (Istat : “la povertà in Italia” pubblicazione 15/7/15).
E' una cifra piuttosto conturbante, trattandosi, pur sempre, della settima potenza economica del mondo.

La stabilità e la “pace sociale” sono più in pericolo oggi di ieri con un “ceto medio” e un'occupazione giovanile in caduta libera
E' chiaro che c'è qualcosa che non quadra, perché è illogico, è incoerente che la dissoluzione delle classi vada di pari passo con un aumento vistoso della povertà, che significa una cosa sola e cioè che una parte consistente del “ceto medio” sta precipitando in basso e questo è da sempre uno dei più gravi campanelli d'allarme per la stabilità sociale.
Se poi ricordiamo che il livello di disoccupazione della fascia di popolazione giovanile è stabile intorno al 40% e che a questa cifra va aggiunta quella dei “neet” (not in education, employment or training) arriviamo a cifre assolutamente assurde.
Fa in fretta Draghi, il super tecnocrate di Bruxelles a parlare di “generazione perduta”, ma chi c'è dentro in quella generazione, come reagisce e come reagirà?
E siamo già al secondo grave elemento di instabilità sociale.
Poi c'è l'economia che non si muove da anni, nemmeno prendendola a calci, e il politico che può fare, spararsi?
Attenzione che siamo ben lungi dall'aver fatto un elenco almeno delle maggiori questioni, abbiamo lasciato fuori, per esempio, degli elefanti come le ondate migratorie , la corruzione dilagante e il macigno del debito pubblico.
Il fatto che in questa imminente tornata di elezioni amministrative ci sia calma piatta è significativo, perché dimostra che i problemi stanno diventando troppo grossi e pesanti per la classe politica sulle scene.
Ormai temo che anche loro si accorgano della loro non adeguatezza.
I giornali hanno sottolineato, a titolo di esempio, che i problemi di Roma sono talmente giganteschi e al limite della irresolubilità, che nei pochi dibattiti all'americana fra i candidati sindaco, tutti sono stati generici e stringati nel presentare gli immancabili elenchi delle cose da fare.
Pare poi che ben pochi elettori siano decisi ad a votare, come se si desse per scontato che chiunque vinca, nessuno sarà capace di combinare qualcosa.
Non è un bel clima, anche se lo scetticismo è giustificato.

Quali forze politiche possono giocarsi la partita nel rivendicare in modo credibile la rappresentanza politica del sentimento “anti establishment?
Ma torniamo al punto di partenza : i popoli tendono a punire l'establishment.
Questa nuova tendenza, complica ancora di più le cose, perché così diminuiscono ancora di più i punti fermi.
E' vero che i politici ,essendo convinti di essere più volpi delle volpi, tentano di cavalcare anche questa tendenza.
Renzi docet ,essendo addirittura partito politicamente,presentandosi nelle vesti del “rottamatore” dell'establishment.
Certo che oggi il suo trono ha una gamba costituita dai Verdiniani, eletti nelle liste di Berlusconi e un'altra è costituita dai seguaci di Angelino Alfano ,che era il “delfino” designato , fatto eleggere, sempre da Berlusconi, anche se questi riscontrava nel suo pupillo una pericolosa mancanza del famoso “quid”.
Se questo è rottamare, tanto valeva che si tenesse Bersani, Veltroni, D'Alema e via dicendo, vecchi notabili, ma di ben altro livello rispetto ai nuovi compagni di cordata.
Ma le presunte volpi stanno rischiando parecchio se la tendenza a punire chi è al potere si consolidasse.
Non voglio fare propaganda per i 5Stelle, perché anche loro di problemi irrisolti se ne portano dietro parecchi e da troppo tempo, ma se per ipotesi di lavoro cerchiamo di posizionarci dal punto di vista appunto di coloro che vogliono punire l'establishment, dove andremmo a parare concretamente se non dai 5Stelle?
Da Salvini? Ha una proposta politica vistosamente e volutamente rozza, ed è troppo evidente che sia disposto a cavalcare qualsiasi tipo di malcontento.
Ma la sua palla al piede è proprio l'establishment, costituito dalla classe dirigente leghista delle varie regioni ,Lombardia in testa, che ha dato una prova di sé, assolutamente pessima.
Quindi Salvini può far tutto ma come fa a presentarsi come alternativa ai suoi?
Dovrebbe prima per lo meno cacciare Maroni, ma oltre a non riuscirci, quand'anche lo facesse, poi rimarrebbe in mutande, nel senso che come farebbe a rinunciare alle clientele, sistemate da quella classe dirigente regionale?
Lasciamo perdere i fascisti vecchi e nuovi, perché sarebbe anche per loro ridicolo rivendicare posizioni anti-establishment, dopo la prova terribile data al Comune di Roma da Alemanno ed alla Regione Lazio da Storace.
I Berlusconiani poi, non parliamone nemmeno, dato che sono diventati essi stessi l'establishment in oltre vent'anni di governo e quindi anche qui, nulla da fare.
Ne consegue che gli unici che possano giocarsi la partita anti establishment con la dovuta credibilità sono i 5Stelle.
E' crudele e cinico doverlo constatare, ma l'uscita di scena forzata del fondatore -guru-ideologo Casaleggio e quella di fatto dello stesso Grillo, hanno fatto fare un salto di qualità al Movimento.
Adesso, o comunque da qui a poco nessuno potrà più venire a dire : ma un movimento guidato da un comico, come si fa a prenderlo sul serio.
Il nuovo leader di fatto se lo sono già trovato in Luigi Di Maio, che è incredibilmente giovane (compirà 30 anni il 6 luglio prossimo) , ma sembra aver dimostrato di essere capace di imparare in fretta e sopratutto sembra aver capito, a differenza di molti dei suoi, che in politica bisogna agire con equilibrio e rispetto delle istituzioni.