sabato 19 novembre 2022

Francesco Costa : La fine del sogno - California – Ed. Mondadori – recensione

 





Ma guarda quest’arancia quanto è grossa, assomiglia a quelle della California che sono grosse come meloni, ecco questa era una delle cose che si dicevano fra noi e che sentivo dire fin da bambino.

Avevamo afferrato una delle caratteristiche di quello Stato americano dove tutto è “troppo”.

Bene Francesco Costa ci dice anche questo della California e in questo non contraddice il nostro bagaglio “culturale”.

Ma le conferme ve lo assicuro si fermano qui, il resto il lettore lo vedrà, è tutta una scoperta che contraddice eccome le leggende metropolitane e i luoghi comuni dei quali ci siamo convinti, a torto.

Ottimo libro questo saggio lungo quando basta e scritto bene da un giornalista abituato a parlare solo di cose delle quale ha esperienza diretta e sulle quali ha anche consultato i testi principali.

Costa prende subito il toro per le corna e parte esponendoci l’incredibile contraddizione di questo Stato che è forse quello al mondo che più di qualsiasi altro abbiamo promosso a simbolo “delle nostre brame”, del nostro immaginario collettivo, dove tutto va al massimo, dove il futuro è già lì. Dove giovani talenti in un garage ,trasformato in pensatoio-laboratorio, hanno cambiato il mondo e la storia inventando tutto quello che è moderno e diventando immensamente ricchi, come nelle botteghe-atelier dei nostri geni del Rinascimento con la differenza che quelli sono sì diventati famosissimi, ma certo mai ricchi sfondati.

La California insomma è al culmine dei nostri sogni.

Anche se Costa ci dice chiaramente che per uno che riesce a integrarsi e a sopportare i ritmi di lavoro infernali che usano nelle cattedrali della tecnologia, ce ne sono molti che non ce la fanno e che spesso deragliano.

Ahh! A proposito di quei luoghi, voi lettori cosa pensate che sia proprio geograficamente la Silicon Valley? Qualcosa tipo la Valtellina in California?

Non ve lo dico, ma il libro lo spiega bene.

Ma se la California la vediamo come il paradiso in terra , allora come si spiega il fatto, assolutamente contro-intuitivo, che ha fatto intitolare a Costa il primo capitolo del libro addirittura : “la fuga”, perché dalla California negli ultimi anni la gente scappa anzi è già scappata e in massa, perché non voleva più viverci, esasperata dai troppi problemi non risolti.

Per andare sapete dove? Prevalentemente in Texas dove nel nostro immaginario collettivo ci sarebbe tutto il contrario della California e cioè tradizionalismo esasperato, oscurantismo religioso e culturale eccetera eccetera.

Leggete il libro e vedrete che le cose non stanno proprio così e che la contraddizione della quale stiamo parlando è solo apparente.

Ma come nella mitica San Francisco, che per far vedere ai nostri amici che siamo “fluent in English”, chiamiamo confidenzialmente “Frisco” , come in California non fa proprio nessuno, ci dice Costa, c’è il più alto numero di senza tetto di tutta l’America e molti per le strade fanno quello che normalmente si fa nelle toilette, peggio che nei quartieri degradati di Mumbai?

Ma come ! disgustati dalla pochezza della nostra classe politica, vorremmo avere noi gli amministratori di quel paradiso in terra.

Forse perché non abbiamo la minima idea del fatto che l’ininterrotto potere del Partito Democratico che in California prende anche l’80 % dei voti da decenni ha cristallizzato quella classe politica che non essendo sollecitata da reali oppositori si è chiusa in un tale massimalismo ideologico, da essere del tutto fuori dal mondo e incapace di affrontare realisticamente problemi che sono divenuti immensi.

Non si può costruire più da anni neanche un pollaio per l’opposizione degli intransigenti ambientalisti democratici,manca addirittura l’acqua nel Paradiso dell’agricoltura, i servizi di base sono talmente mal gestiti che manca la corrente elettrica per qualche tempo quasi tutti i giorni, gli incendi divenuti sempre più giganteschi ,causa il cambiamento climatico, sono tali da essere praticamente ingestibili, e il big one è sempre lì a evocare la fine del mondo dato che la faglia di Sant’Andrea è sempre lì.

Ebbene non è tutto oro quello che luccica in California e Francesco Costa ce lo spiega bene e senza fare sconti a nessuno, ma di oro in California ce n’è ancora moltissimo sia in senso materiale che in senso metaforico.

Leggiamolo questo libro ,sarà tempo speso bene.





mercoledì 9 novembre 2022

Luca De Biase, Telmo Pievani : Come saremo. Storie di umanità tecnologicamente modificata Ed. Codice - recensione

 



Telmo Pievani, più volte recensito sul mio blog come è noto insegna Filosofia delle scienze biologiche all’Università di Padova, ma è anche e forse sopratutto un abilissimo divulgatore.

In parole povere penso sia corretto dire che quello che del pensiero evoluzionistico è stato metabolizzato nelle menti del cittadino comune è in gran parte merito della sua attività sia come scrittore sia come conferenziere.

Non è però un “futurologo”, ammesso che esista questa materia.

Quindi non aspettatevi da questo suo libro scritto in collaborazione con Luca De Biase, docente anche lui all’Università di Padova per il Master di Comunicazione ed Editor di innovazione al Sole 24 Ore, un elenco delle meraviglie futuribili con relative previsioni di accadimento.

Oddio, di fatto quest’elenco c’è ,ma viene riferito non per soddisfare le pur legittime curiosità del lettore ,ma per indurlo ad una più profonda riflessione sul fatto che l’incredibile progresso tecnologico di questi ultimi anni è qualcosa di assolutamente inedito per la specie Homo Sapiens.

E quindi se proprio vogliamo semplificare al massimo un problema così serio non siamo nelle condizioni di dire come andrà a finire, per il fatto che abbiamo manipolato il pianeta oltre ogni ragionevolezza al punto da rischiare non certo di essere noi a distruggere una natura alla quale di noi non importa proprio nulla, non illudiamoci di essere il dominus dell’universo ,come si credeva un tempo, ma di portare la nostra specie all’estinzione precoce, dato che siamo sulla Terra fra le specie più giovani e quindi con una storia minima confrontata con quella enormemente più lunga ad esempio dei batteri o dei virus.

Il filosofo della scienza che c’è in Pievani ha chiaramente l’ambizione di vole indicare il metodo evoluzionista come verosimile e funzionale candidato a spiegare il cammino rapidissimo della tecnologia.

Le domande al quale questo validissimo libro tenta di rispondere non riguardano quindi cose come quando cominceranno a diffondersi le automobili a guida autonoma o quando potremo comprarci un computer con tecnologia quantica.

La domanda delle domande che si pone questo libro è molto più seria e profonda : riusciremo ad essere noi a governare la tecnologia?

Pievani non lo dice ma illustri suoi colleghi e forse anche suoi maestri come i filosofi Emanuele Severino e Umberto Galimberti hanno dedicato allo sviluppo della tecnologia ponderose opere di primo piano che non sprizzano affatto troppo ottimismo, ma anzi affermano senza mezzi termini che la politica non è più nelle condizioni di governare alcunchè e che il potere reale ormai è nelle mani della tecnologia, per il fatto che risolvere problemi sempre più complessi non è più nelle capacità della politica.

Pievani mi pare sia più aperto a intravedere scenari governabili purché ovviamente si proceda in un certo modo.

Ci sono un sacco di spunti e di riflessioni di grande interesse in questo libro.

Vado a memoria e non in ordine di importanza.

Ad esempio l’enorme importanza che assume lo studio della città, del suo sviluppo e del ripensarla per consentire di vivere in modo più umano.

Il pensiero oggi dominante basato sul liberismo senza freni vuole che lo sviluppo prima di tutto economico sua continuo e sostiene che per avere sviluppo bisogna garantire proporzionale incremento demografico.

Questa opinione fortunatamente è stoppata dagli scienziati che vi oppongono l’analisi dei dati che dimostra che il pianeta non può sostenere ulteriore sviluppo demografico e che questo porterebbe inevitabilmente a un proporzionale incremento delle disuguaglianze e quindi ad un peggioramento delle condizioni di vita.

Ma la cosa più eclatante che emana dalla lettura dei libri di Pievani trovo che sia la dimensione temporale che risulta ogni volta scioccante.

Direi che tuttora non siamo culturalmente ancora preparati a guardare alla nostra specie come a un fenomeno che va nostro malgrado relativizzato.

Nel senso che non siamo il dominus dell’universo proprio a cominciare dalla dimensione storica.

La storia non comincia dalla mezzaluna fertile fra Tigri ed Eufrate dove abitarono i popoli che cominciarono ad esprimere una cultura tramandabile tramite la scrittura, ma molto ma molto prima.










mercoledì 2 novembre 2022

Maria Turchetto : “666 recensioni diaboliche a cardinali, papi ,teologi e dei “ Ed. Formamentis -recensione

 



Sono sorpreso, molto sorpreso perché non mi capita praticamente mai di pentirmi di avere speso tempo per leggere un libro.

Purtroppo questa volta è andata così, per colpa mia intendiamoci, dato che do ovviamente per scontato che l’autore, in questo caso l’autrice sia liberissima di scrivere quello di vuole e di praticare il pensiero che più le aggrada.

Quindi mi sono irritato più con mè stesso che con l’autrice.

Perchè allora mi sono imbarcato nella lettura di questo libro e per di più sono andato fino alla fine nella lettura?

Perchè mi è capitato di ascoltare su YouTube una interessantissima conferenza di Telmo Pievani dal titolo niente meno che :“Darwin credeva in dio?” e al medesimo tavolo di Pievani sedeva appunto anche l’Autrice di questo libro tra l’altro più volte citata dal conferenziere.

Di conseguenza ho fatto una breve ricerca e ho appurato che Maria Turchetto è un’accademica, che ha insegnato economia all’università che ha scritto alcuni libri su Rosa Luxemburg e altri ancora di argomento economico , che aveva collaborato al “Vernacoliere” e diretto l’”Ateo”.

Fra le sue pubblicazioni vedo segnalato questo libretto e mi aspetto di trovarvi una raccolta di gustose satire anticlericali.

Del resto io stesso sul mio blog non ho risparmiato insieme alle critiche non poche battutacce su alcuni degli esponenti del cattolicesimo più tradizionalista dei quali parla anche la Turchetto e quindi figuriamoci se potevo immaginare che i suoi articoli potessero scandalizzarmi.

Quello che mi irrita molto e forse anche mi scandalizza è invece trovare in questo libretto una assoluta mancanza di rispetto per chi d’accordo ha fatto parte del mondo clericale come il Cardinal Martini, ma che ritengo semplicemente offensivo per il più elementare buon senso e un minimo di onestà intellettuale possa essere equiparato a suoi colleghi ultra-tradizionalisti.

Conterà bene la cattedra per i non credenti che Martini aveva inventato e tenuto per anni riempendo regolarmente il Duomo di Milano non certo di beghine e beghini assortiti, ma sicuramente anche di una buona parte di atei agnostici e razionalisti, come penso si definisca la Prof. Turchetto.

Conterà bene la sottigliezza di pensiero e la sensibilità umana di un intellettuale che anche se portava la tonaca e e le insegne cardinalizie diceva per esempio grosso modo : non ho difficoltà a dialogare con un non credente, ho difficoltà a dialogare con chi non pensa o con chi ha la fede ma non sa usare il discernimento.

Non era un oscurantista dogmatico Martini, anche se sinceramente non ho mai capito come riuscisse a conciliare il suo pensiero umanista e razionale con l’indefesso studio di una Bibbia alla quale personalmente non ritengo si possa in alcun modo dare la dignità di libro rivelato, che riporta alcune tradizioni di antica saggezza insieme a una grossa quantità di sciocchezze.

Ma fare della satira su arroganti e supponenti reazionari in abito curiale è facilissimo e ce n’è una bella fila coi quali cimentarsi da Ruini a Biffi; da Scola a Bagnasco; da Caffarra a Fisichella e chi più ne ha più ne metta.

Ma Martini cosa c’entra con costoro,quando ha in comune con loro solo la veste, e mi sembra un po poco.

Peggio ancora mi chiedo come faccia la Turchetto a cercare di ridicolizzare il lavoro di un teologo diventato filosofo come Vito Mancuso, fingendo di ignorare il suo lungo e travagliato percorso intellettuale dal seminario al rifiuto della veste fino al riscrivere con grandissimo impegno la teologia cattolica cercando di liberarla dal peso di una dogmatica ormai fuori dal tempo e dal mondo ,per sposare una nuova forma di spiritualità razionale, contro ogni dogmatismo e presunte verità fondate su autorità esterne.

Trovo veramente inspiegabile che questo modo di ragionare provenga da una intellettuale qualificata.

Se penso alla costante considerazione e rispetto che Vito Mancuso manifesta per i non credenti e gli atei non vedo come sia possibile per una intellettuale atea farsi beffe di uno che ha dedicato una vita per consentire di parlarsi in nome della condivisa umanità ad atei e credenti semplicemente nella spiritualità non istituzionalizzata in alcuna religione, ma anche con quelli se almeno disposti a uscire dai dogmatismi autoritari.

Alla fin fine mi sembra che questo libretto dedicato a far satira non riesca a far ridere proprio perché alla fin fine contrappone al dogmatismo clericale un’altra forma uguale e contraria di dogmatismo anche se declinato come ateismo.

Ma lo ripeto l’autrice ha tutti i diritti di esprimere il suo punto di vista, sono io che ho sbagliato libro da leggere.