mercoledì 28 giugno 2023

Domino Rivista sul mondo che cambia Il mondo contro Nella guerra di Ucraina il Sud Globale è con la Russia (e con la Cina). Contro di noi. Mentre Francesco prova a mediare n.6 – 2023 - recensione

 





Finalmente è arrivato questo argomento.

Ma forse, se ci mettiamo nei panni di Direttore e analisti di Domino vedremmo che non potevano fare diversamente, perché questo è obiettivamente il discorso più ostico da fare per i lettori, informati solo dai notiziari tv e ancora peggio dagli editorialisti della carta stampata, tutti allineati. Sul pessimo dogma, secondo il quale la guerra d’Ucraina va seguita rigorosamente dividendo il mondo in buoni e cattivi ,in modo netto, ed anzi sottolineando l’ancora peggiore aggiunta “senza se e senza ma”.

E’ abbastanza ridicolo che tutti questi commentatori si ritengano tutti ”liberaloni”, che ,se fossero tali davvero, dovrebbero essere figli di Voltaire, che però giurerei ,che se li sentisse e li leggesse si rivolterebbe irritatissimo nella tomba.

Cerchiamo di capirci, a me è sembrato illuminante l’articolo molto calibrato ed acuto del gesuita, direttore di Civiltà Cattolica, Antonio Spadaro, che compare quasi alla fine di questo fascicolo.

Particolarmente là dove propone questo argomento.

Il giudizio della storia sul nazismo e su Adolf Hitler è quello che è, ma a nessuno verrebbe in mente di bollare come filo-nazista chi si chiede del tutto legittimamente : ma come è nato il nazismo?

Come sappiamo la risposta, che gli storici danno ,come più verosimile è : a causa delle perniciose conseguenze del trattati di Versailles, che hanno imposto condizioni umilianti per il popolo tedesco, dopo a sconfitta nella prima guerra mondiale, alimentandone il revanscismo

E allora ,perché, è così isolato e criticato il parere di Papa Francesco quando dice : l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia è un fatto esecrabile certo, ma ora a guerra in corso e in considerazione dell’enorme costo umano che ha già avuto, occorre pensare alla pace e sostituire le armi con la diplomazia, perché tutte le guerre finiscono.

Ed allora per convincere le parti ad accostarsi a un tavoli di trattativa, occorre analizzare gli avvenimenti per capire il perché della guerra e le sue cause più verosimili.

E’ lo stesso ragionamento fatto sopra a proposito del nazismo.

Se uno ragiona così va etichettato come pro -Mosca?

Spero di no, se no rimane veramente poco spazio per avviarsi su una qualsiasi strada razionale.

Certo che è paradossale dover sentire dire dal Papa : questa non è la favola di Cappuccetto Rosso, che mette i tutti buoni da una parte e i tutti cattivi dall’altra ,esercitando una didattica di tipo infantile, questa è una guerra reale, che ogni giorno che passa aumenta il peso delle sofferenze.

Del giudizio si occuperà chi di dovere nell’Altro Mondo, noi che siamo nel mondo di qui dobbiamo usare il buon senso e la ragione non i dogmi per trovare un compromesso accettabile per le parti.

Per potere avviarci su questa strada, dobbiamo avere l’umiltà di esaminare quelle che per le parti sono le ragioni; gli interessi; le narrazioni; le radici storiche; i sentimenti diffusi ,eccetera.

Dobbiamo cioè cercare di capire i due contendenti (tutti e due non uno solo scelto a priori) per via razionale non per dogmatismi ideologici, o per ragioni di schieramento aprioristico, come fanno i tifosi delle curve nel mondo del calcio.

Ecco, questa è la premessa, che credo sia indispensabile fare ,per uscire dalle opposte propagande ed entrare nella realtà togliendoci le fette di salame ideologiche che ci inducono a metterci davanti agli occhi.

E se ci mettiamo in questa prospettiva allora viene il bello, come argomentano le analisi di questo numero di Domino, che ci propone dati sgradevoli, ma che sono dati non interpretazioni o commenti.

La quasi totalità del mondo non è così facile agli entusiasmi a stelle e strisce come sembra siamo noi in questa Europa.

Anzi, il prestigio e la reputazione dell’America nei due terzi abbondanti del mondo che non è Occidente è in costante declino.

Il resto del mondo, che ora viene denominato Sud Globale, ha chiara un’idea : non gli va proprio giù che qualcuno gli imponga di schierarsi nelle schiere di un egemone qualsiasi.

E invece rivendicano il diritto di conservare la propria autonomia e la conseguente libertà di fare affari con l’uno e con l’altro, senza essere coinvolti in dispute ,che non coinvolgono i loro interessi.

Ma sopratutto, non digeriscono e non digeriranno nemmeno in futuro, la proclamazione del “nostri valori” come presunti universali e quindi da dovere accettare a scatola chiusa.

Nel mondo occorre prendere atto che esistono più filosofie, più culture, più storie.

E quindi nessuno è legittimato a dire che il suo universo valoriale è l’unico accettabile e che sarebbe migliore di quello di altre culture imponendo agli altri ad affrettarsi per accettare i “nostri valori”perché superiori.

L’arroganza occidental-europea di stampo coloniale è finita con la decolonizzazione e l’acquisita indipendenza dei paesi ex colonizzati negli anni ‘60.

Bisogna che ci mettiamo in testa, che il periodo coloniale non è stato indolore e senza conseguenze per chi l’ha vissuto dall’altra parte della barriccata.

E’ rimasto rancore e poca indulgenza per chi aveva avuto la cattiva idea di andare a “civilizzare” i popoli, che ,per loro sfortuna ,erano più deboli di noi e non erano in grado di far valere le lori ragioni.

La nostra pretesa di “esportare la democrazia” e “i diritti umani” ,come proclama l’afflato retorico del presunto messianismo imperiale degli Usa, va un momentino analizzato nel suo sviluppo storico per vedere se è così nobile, come sembra, o se non nasconde altro che troppo nobile non è.

Democrazia e diritti umani nel resto del mondo che è la maggioranza cosa significano e come sono intesi?

Forse è venuto il momento di chiederselo.

Il Sud Globale sospetta da sempre che i “nostri valori” siano interpretati regolarmente a senso unico, cioè conformemente non ad alti principi filosofici, ma ai nostri interessi e che siano usati ,quasi sempre, come foglia di fico.

Occorre prenderne atto di queste sensibilità, se non vogliamo finire in una terza guerra mondiale, semplicemente perché non vogliamo informarci e vedere la realtà.

Non è mai agevole e piacevole dire cose, che sono ben diverse dal “main stream” del momento, perché si suscita quanto meno la sorpresa del lettore, ma quando ci vuole ci vuole.















sabato 24 giugno 2023

Limes Lezioni ucraine Kiev lotta per la sopravvivenza Washington non le parla più di Nato Miraggi di tregua e guerra incontrollata n. 5/2023 – recensione

 




Ancora una volta l’argomento scelto da Limes è pienamente centrato per venire incontro alle esigenze di aggiornamento da parte dei lettori.

Questo numero è infatti dedicato a un bilancio della situazione nella guerra di , seguendo il criterio di vedere le cose dal di dentro sia a Kiev che a Mosca.

Ma partiamo, come è doveroso, dal corposo editoriale di Lucio Caracciolo ,che per nostra sfortuna, anche questo mese non è affatto di buon umore.

Agganciandosi alle ultime esternazione dell’ormai centenario Henry Kissinger, Caracciolo delinea quello che insegnano da sempre i “fondamentali” della geopolitica : se si vuole vivere in pace occorre che fra gli egemoni, che siano superpotenze o meno, sia in atto una situazione di equilibrio.

E quindi fra America e Cina è indispensabile che si trovi un compromesso, che realisticamente componga un contrasto, che diversamente sfocerebbe in guerra mondiale.

Questo è il fosco presagio, delineato da Kissinger, che Caracciolo fa suo.

La guerra d’Ucraina ,più meno per procura, purtroppo per i diretti interessati ,non ha rilevanza prioritaria in sé, ma solo come corollario dal vero confronto le due potenze egemoni l’America e la Cina.

La Russia, in mezzo ,è stata trascinata dagli errori di Putin a perdere rovinosamente posizioni su posizioni, ma, a suo proposito, torna in mente, la massima ,applicata in altra materia, ma non meno azzeccata : “too big to fail”, perché la sue dimensioni sono tali ,che sarebbe da folli augurarsi che vada in pezzi ,con conseguenze inimmaginabili, peggio che peggio, se si fa mente locale sulle quasi 3.000 atomiche ivi giacenti.

Ma anche sugli sviluppi della guerra di Ucraina, Caracciolo non la vede affatto rosea, perché le guerre lasciano una scia di odio, che proprio non giova a popolazioni destinate da una implacabile geografia a convivere ,che lo vogliano ,o che no lo vogliano.

E così è fra Russia e Ucraina.

Devo dire ,che quando leggo Cracciolo, che prende di fatto a schiaffoni gli editorialisti dei nostri media, che sembrano vivere su un altro pianeta ,sbattendo loro in faccia la dura realtà, che quelli si illudono di potere pigramente eludere ,per non turbare la tranquillità dei lettori, ne traggo un autentico godimento.

Ad esempio quando dice : non sognate che la Unione Europea si accolli ,come dice, i fantasmagorici costi della ricostruzione dell’Ucraina.

O quando accenna ,sornione, ai piani di investimenti privati del più grande fondo di investimenti del mondo, il BlackRock, che pare pensare al completamento di quanto già già iniziata con l’appropriazione degli asset di mezza Ucraina da parete di businessman americani,britannici ,cinesi eccetera.

Il loro tipo di aiuti ,per quanto indispensabili per la sopravvivenza di quello stato ,ora già fallito, ma che era comunque il più povero d’Europa ,anche in anteguerra, è di tipo molto peloso, come si usa dire.

Altra battuta alla quale ho applaudito dentro di me, è quella che Caracciolo fa quando constata che l’America è abilissima a suonare la grancassa della retorica e della propaganda sui “nostri valori” da difendere ed esportare con qualsiasi mezzo, salvo poi scappare in elicottero lasciando nei guai i poveretti che li avevano ingenuamente presi sul serio, poco tempo dopo.

Siamo seri, sembra concludere Caracciolo, siete proprio convinti che l’opinione pubblica americana, già in campagna elettorale ,sia disposta a “morire per Kiev?

Tanto più che gli obiettivi più volte conclamati dall’Ucraina (la vittoria per tornare ai confini alla fine e dissoluzione dell’Urss) sono in evidente contrasto con quelli dell’Occidente, Stati Uniti in testa, che hanno ripetutamente chiarito anche a Zelenski che le priorità sono altre.

Le guerre di attrito (termine tecnico per indicare la situazione nella quale giace la linea di contatto in Ucraina da mesi) sono una spaventosa carneficina e tali rimangono.

Non sarebbe bene che le parti riflettessero su questo aspetto tutt’altro che secondario?

Zelensky e Putin se decidessero la loro strategia riferendosi prioritariamente all’aspetto umano sarebbero probabilmente fatti fuori, perché hanno seminato narrazioni ben al dì da qualsiasi senso della realtà.

Questa è la causa dello stallo.

Ma sarebbe bene che il resto del mondo lo facesse loro presente, invece di soffiare sul fuoco.

Il fascicolo, come sempre, è corredato da analisi molto puntute degli analisti di Limes ,che i lettori conoscono ormai bene, anche attraverso il sito di Limes, youtube eccetera.

Sulla base di quelle analisi risulta che non è male che il lettore, prima di fissare Zelensky nel proprio immaginario, come il Garibaldi di Kiev, si conceda almeno un bagnetto nella realtà immergendosi nella declinazione molto particolare della democrazia come è veramente in Ucraina oggi e come era ieri e l’altro ieri.

Questo per cercare di immaginarsi come sarebbe declinata in una Ucraina vincitrice (cosa del tutto improbabile a parere di pressoché tutti gli esperti) o comunque post-bellica.

Perchè è proprio da questo dato che, inevitabilmente ,occorrerà nel dopo-guerra rispondere alla domanda : ma ne valeva la pena ?

Non poteva mancare anche il contributo degli specialisti della Russia, Orietta Moscatelli in testa.

Come pure sono di particolare utilità le valutazioni delle conseguenze di questa guerra in America, in Cina, in India e da noi in Europa.



sabato 17 giugno 2023

Jacopo Iacoboni Gian Luca Paolucci : Oligarchi Come gli amici di Putin stanno comprando l’Italia Editrice Laterza – recensione

 



Il titolo ed il sottotitolo di questo saggio sono abbastanza diretti, da non lasciare spazio per equivoci.

Quello che sorprende ,poi ,leggendolo è l’incredibile mole di documentazione, che gli autori presentano per dare un fondamento alle loro scioccanti affermazioni.

Ho trovato estremamente utile il fatto di avere letto prima di questo libro, il saggio di Pietrobon sulla guerra ibrida (Emanuele Pietrobon : L’arte della guerra ibrida. Teoria e prassi della destabilizzazione, che avevo recensito sul mio blog : http://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2023/02/emanuel-pietrobon-larte-della-guerra.html).

Perchè tutto si tiene, nel senso che oggidì, quella che Papa Francesco definisce la “guerra mondiale a pezzi”, viene combattuta per lo più in modo subdolo o mascherato e non con le armi convenzionali.

Oggi si preferisce far ricorso alla “proxy War”, cioè per procura ,da potenze egemoni ,che vogliono evitare di impegnare i propri soldati e che quindi pagano e forniscono armamenti a stati più,o meno gregari ,perché agiscano per loro conto.

Oppure, ricorrendo a sistemi di manipolazione dell’opinione pubblica e delle singole menti.

Usando, per esempio, ben orchestrate campagne sistematiche di disinformazione e di propaganda mascherata, usando i media, ma soprattutto il web.

Oppure, ancora, si comprano i favori di politici dei paesi che si vuole rendere “amici”, o ricorrendo alla corruzione diretta, o con le classiche operazioni di lobbismo.

Un’altro strumento indiretto, oggi molto usato, è quello di operare massicci investimenti per comprarsi influenza.

Non ultima arma, è quella dell’invadere il paese che si vuole in qualche modo assoggettare ,usando strumenti apparentemente nobili o neutri, come l’industria culturale e quella dell’intrattenimento, che è di per sé un potentissimo diffusore dei propri modi di vita e di visione del mondo.

Un’altro sistema di lobbismo, molto usato, e questo pure apparentemente nobile e neutro, è quello delle fondazioni, che vanno dal culturale ,all’economico.

Si organizzano eventi, e nel corso di questi, non si lesinano convincenti finanziamenti a sigle locali, che si dimostrino amichevoli per gli interessi che si vogliono promuovere.

Ecco è utilissimo avere le idee chiare su tutti i mezzi di influenza, diversi dalla brutale invasione militare, ma che possono portare risultati non meno efficaci che vanno dalla “fidelizzazione” ,all’inserimento nella propria sfera di influenza, usando organizzazioni di cooperazione economica ,fino ad arrivare, quando possibile, a quelle di alleanza militare vera e propria.

Fatta questa indispensabile premessa di carattere ,diciamo “tecnico”, si può passare alla incredibile rassegna contenuta in questo singolare saggio.

Intendiamoci, i fatti narrati hanno due o più facce e non è sempre scontato che nascondano ben altro.

Per una strana convenzione i riccastri russi vengono qualificati come “oligarchi”, mentre per quelli americani si usa il termine “tycoon”, i magnati dei media digitali ,poi ,sono considerati una tipologia a sé stante.

E’ chiaro che il termine oligarca viene usato caricandolo di una valenza negativa.

Per carità, rispetto l’enorme lavoro di analisi e di ricerca ,che hanno fatto gli autori di questo libro, ma prima di stupirmi o di rabbrividire, per le evidenze riferite, circa la volontà di una potenza straniera e in questi caso della Russia, di interferire negli affari interni del nostro paese, mi chiedo se non si visualizzerebbero situazioni per lo più sovrapponibili a quelle descritte nel volume se la medesima analisi venisse fatta da altri giornalisti di inchiesta ,sulle interferenze sempre negli affari italiani da parte delle agenzie statunitensi.

E perché no cinesi?

Voglio dire, di quello che è documentato, va presa doverosa contezza ,anche e sopratutto per gli aspetti sgradevoli e potenzialmente dannosi per i nostri interessi nazionali.

Ma, evitiamo di metterci puerili filtri ideologici, che ci spingano a passare dall’analisi fredda ,al giudizio di valore, colorando di buono e profumati tutto quello che è a stelle e strisce e disgustoso e barbaro quello che è russo o cinese.

Cioè ,i fatti sono fatti ,e sarebbe folle sottovalutarne la possibile pericolosità, ma prima di passarli ad un vaglio ed a una qualificazione etica, mettiamogli vicino le analoghe interferenze ,mascherate da altro ,che ci sono e saranno propinate dalle altre potenze egemoni o aspiranti egemoni.

Ecco il libro, del quale parliamo, riporta delle analisi puntuali e molto documentate, ma purtroppo, e questo è almeno il mio parere, gli autori non hanno sentito la necessità di fare anche loro questa premessa metodologica, sulla constatazione che le medesime cose le fanno tutte le potenze esistenti in geopolitica.

Questo non inficia la validità del lavoro, ma rischia di sminuirne il livello, se non viene mai smentito un pregiudizio ideologico di fondo.

Detto questo, i fatti riferiti sono veramente di grande peso sia sul piano quantitativo che sul piano qualitativo.

Gli autori sono giornalisti e Iacoboni con particolare esperienza nella conduzione di inchieste.

Non sono però analisti geopolitici, se lo fossero il saggio ci avrebbe guadagnato dando più senso complessivo al loro lavoro.

Dico questo, perché hanno fatto un enorme lavoro di analisi e di documentazione su un numero veramente elevato di oligarchi, mettendo in evidenza il loro legame con Putin.

Ecco, se avessero avuto una formazione da analisti geopolitici, il loro lavoro sarebbe diventato veramente fondamentale per decifrare la struttura della odierna “governance” russa.

Comunque i dati per arrivarci li forniscono.

Purtroppo, però ,il lavoro sembra lasciar credere alla favola dell ‘”uomo solo al comando” ,come se fosse onnipotente, mentre proprio la vastità della loro analisi, dimostra ,che qualsiasi potere per “autocratico” che sia, è sempre condiviso con una cerchia spesso anche ampia di sottopoteri.

Il capo, come spesso capita, ha pescato fra amici e colleghi.

Amici del suo circolo di judo di San Pietroburgo e colleghi dell’ex KGB a cominciare dalla sede di Dresda dove Putin si era formato.

Alcuni di questi sono diventati ricchissimi e potentissimi.

E hanno investito veramente molto in Italia ,Toscana e Sardegna in particolare.

Questa è un’ingerenza negli affari italiani ?

Può esserlo o diventarlo in parte, ma è anche una dimostrazione di interesse, di amicizia, che dà lavoro a non poche persone nel nostro paese, valorizzando intere zone turistiche.

La medaglia ha sempre due facce, vederne una sola non è un vantaggio.

La maggioranza delle figure citate e analizzate nel libro sono delle potenze nel campo energetico.

Va bene lo sono, ma ,padroni e gestori delle Sette Sorelle e loro discendenti ,erano e sono mammolette ?

Sembra proprio di no.

Le monarchie del Golfo, anche loro mammolette?

Proprio no, ma un accenno a questo fatto non avrebbe guastato.

Molto spazio è lasciato nel libro al lavoro nella disinformazione e nella propaganda, dove i russi non risparmiano impegno e soldi.

Certo che c’è ed è opportuno esserne a conoscenza.

Ma perché non fare nemmeno un accenno alla potenza di fuoco, pari e contraria ,delle agenzie americane, che hanno comunque, diciamo per essere gentili, una influenza comunque preponderante sulla capacità di indirizzare i nostri media?

In conclusione ,un libro di notevole interesse, non ostante qualche pecca, che si può agevolmente superare se si ha qualche nozione di geopolitica.






sabato 10 giugno 2023

Nikola Tesla La mia vita Prefazione di Gabriella Greison L’autobiografia di un genio. Editore Garzanti – recensione



Appena uscito in libreria in questa versione, l’autobiografia di Tesla si presenta come un volumetto di quasi cento pagine, agile e leggibilissimo.

E questa è da sola una notizia, perché stiamo parlando di uno dei massimi geni dell’umanità, che come gran parte dei suoi pari, ha provato a esternare agli umani normali il senso delle sue scoperte.

Peccato però che i libri che altri suoi pari hanno scritto sono risultati di difficile comprensione per chi non possiede una formazione scientifica specialistica.

Sto pensando, tanto per fare un esempio ,alla relatività di Einstein ,o alla cosmologia di Giordano Bruno ,o al dialogo sui massimi sistemi di Galileo.

Questa autobiografia di Tesla risulta invece accessibile e ben digeribile per tutti.

Con un’ulteriore, a mio parere, fondamentale elemento, che Tesla ci parla anche e spesso, della sua vita privata.

Cosa ,questa, tutt’altro che comune in opere di questo genere, dato che molti scienziati sono stati parecchio restii nel rendere pubbliche le loro vite quotidiane.

Questo elemento è veramente di grandissimo interesse e quasi direi spassoso nel caso di Tesla. Perché non credo sfuggisse a tale genio il fatto ,che descrivere nei particolari le qualità e le esperienze, veramente al limite dell’umano, potevano essere prese dai comuni mortali come stramberie di un matto, come infatti non pochi suoi contemporanei giudicarono Tesla.

Immagino che chi ,come lui, finisce per constatare di avere qualità visive a fondo scala ,per non dire, di un udito oltre a una decina di volte più sensibile di quello normale, provi un inevitabile sensazione di potenza, ma, immagino anche, un altrettanto inevitabile, sentimento di imbarazzo.

Perchè ,probabilmente, una persona in queste condizioni ,come minimo si chiede : ma se dico queste cose, gli altri ci crederanno?

Non parliamo poi del suo rapporto col mondo della psiche e della sua, tanto per cambiare ,eccezionale facoltà di passare fra realtà effettiva e universo onirico, stante il fatto che la sua capacità di rappresentarsi mentalmente in 3D i suoi progetti, anticipavano di un secolo la tecnologia dei visori per la realtà virtuale che compaiono solo oggi, e che lui non aveva nemmeno bisogno di portare, per crearsi gli stessi effetti visuali.

Ma non è finita.

Se non ho male interpretato ,dalla sua autobiografia ,sembra di poter dedurre che non dormiva più di mezzora.

Eccezionale? Non eccezionale, ma eccezionalissimo, se si può dire, perché lui stesso ci racconta come, proprio lui, in quanto supremo indagatore delle qualità e dei comportamenti dell’elettricità in tutte le sue forme, compreso ovviamente il tipo di trasmissione, comunicazione, intracerebrale, aveva intuito niente di meno che un processo atto a scaricare a terra e riavviare il computer della sua mente, che per quello che sappiamo ,è appunto lo scopo per il quale gli umani usano quotidianamente il sonno, appunto per scaricare lo stress della giornata e forse anche elaborare i ricordi.

Riuscire a inserirsi in questo meccanismo è veramente nel campo dell’ultra-umano, ma lui ne parla con naturalezza ,come di una sua normale esperienza.

Questo elemento ,tra l’altro spiega la sua capacità di lavoro, che avrebbe fatto impallidire il mitico Stakonov, di sovietica memoria.

Vorrei condividere poi col lettore un’altro mio personale particolare interesse : quando mi avvicino alla biografia dei grandi scienziati, sono sempre molto curioso di vedere se si riesce a dedurre quale era il rapporto di tali personaggi con la religione e le credenze su un al di là.

Come è noto per esempio Darwin ce ne ha parlato abbastanza a fondo.

Einstein non direttamente ma qualcosa ha fatto trapelare.

Ebbene Tesla, ci dice chiaramente che una sua esperienza di intuizione onirica, legata alla morte di una persona vicina, era stata da lui classificata come un inganno della mente, e che quindi non si trattava di nulla di reale.

Cercare di entrare nel mondo di Tesla ,tramite la lettura di questa autobiografia ,mi ha dato le medesime impressioni ,che ricordo di avere provato quando avevo letto , a suo tempo, Giulio Verne.

D’accordo, il paragone non sarà corretto, perché l’uno era uno scrittore visionario ,mentre l’altro è stato in grado ,non solo di inventare e rappresentarsi ,ma anche di realizzare grandi cose.

Ma non si può arrivare allo step della realizzazione senza passare da quello dell’invenzione ed è assolutamente affascinante immaginarsi il Tesla, quando usa la sua mente eccezionale ,non solo per immaginare, ma anche per rappresentarsi nei dettagli quello che oggi i computer sanno fare coi software di Cad avanzato in 3D, rappresentarsi cioè quello che oggi si definisce il “rendering” di un progetto.

Tesla era fin troppo avanti nel suo precedere il futuro.

Sto pensando per esempio alla sua saldissima convinzione che, dato che la terra è un conduttore, sarebbe possibile teletrasportare elettricità.

Altro che antropocene, Tesla vedeva oltre, se dava per scontata la possibilità di innescare la pioggia generando fulmini e controllando così le precipitazioni.

L’Homo Deus intravisto da Yuval Harari era già nella mente di Tesla, con in secolo abbondante di anticipo.

Non entro nelle scoperte realizzate dal genio.

Le lascio tutte al piacere della lettura.

E’ ovvio che ritengo la lettura di questo libro un must assoluto.

sabato 3 giugno 2023

Domino rivista sul mondo che cambia – Nel mondo dei Turchi. Provata da guerre e da crisi economica, Ankara vuole centrare sull’Asia il proprio impero. Con o senza Erdogn – n 5 – 2023 Ed GOL – recensione


 



Quanto mai azzeccata la tempistica della pubblicazione, proprio a ridosso delle elezioni presidenziali turche.

Non vivendo su Marte ed avendo seguito da tempo in particolare i saggi di geopolitica, ho acquisito una particolare sensibilità nel rilevare gli interventi esterni di manipolazione dell’opinione pubblica.

Di conseguenza non ho potuto non sorprendermi dell’editoriale dell’Economist che ha preceduto quelle elezioni che, e che ,lasciatemelo dire, sembrava una velina delle agenzie d’oltre Oceano per dettare la linea che in geopolitica, darà fastidio ad alcuni, ma viene denominata la linea imperiale americana, fortemente contraria al pragmatismo multi-lateralistico di Erdogan.

La vulgata vuole che il medesimo Erdogan porti addosso il marchio di “autocarate” e che quindi l’Occidente debba trovare il modo di riportare la Turchia fra le democrazie declinate secondo la teologia dogmatica di Washington.

Ecco, per capire che in questo modo di ragionare ci sono parecchie cose che non funzionano e che anzi sono fuorvianti rispetto alla comprensione della realtà , invito caldamente i lettori a impegnarsi nella lettura di questo volumetto di 140 pagine, agile, ma come sempre molto denso e documentato.

Gli analisti di geopolitica ripetono fino alla noia che la loro disciplina non è fatta per proclamare verità o emettere giudizi etici, a questo provvedono altre materie, ma che la geopolitica fa solo analisi accurate e indipendenti ,per consentire al cittadino di superare propaganda e preconcetti, per avvicinarsi alla visione dei fatti nel modo più verosimile possibile ,basandosi sui dati disponibili, che oggidì sono veramente molti ed anche abbastanza accessibili, se solo si vuole e si sa cercarli.

Leggendo il sempre brillante e gradevolissimo editoriale di Dario Fabbri, mi sono segnato apposta gli elementi di “contro-lettura” ,che porta a fare l’analisi geopolitica ,rispetto alle vulgate ed alle credenze correnti e quindi ve le propongo subito:

- Lo stato Turco, subentrato alla dissoluzione dell’Impero Ottomano dopo la Prima Guerra Mondiale, ispirato e costruito seguendo la visione di Mustfà Kemal Ataturk, aveva scelto la veste della democrazia e del laicismo simil - occidentale per tenere celata la atavica spinta a riproporre, quando possibile, le aspirazioni a ricomporre l’impero, ma in realtà non accolse mai la cifra della cultura europea;

- Il non troppo delicato invito dell’Economist a sostituire il non abbastanza allineato Erdogan con qualsiasi oppositore, ma meglio ancora col suo concorrente in queste presidenziali, nell’illusione di riportare la Turchia nel più chiaro Atlantismo possibile, sembra fatto apposta per indurre noi occidentali ed europei in particolare, a continuare a baloccarci col corto-circuito mentale che ci porta a sopravvalutare, fino a demonizzarla, la figura di qualsiasi capo politico ,che non si allinea perfettamente all’Atlantismo, bollandolo come “autocrate”.

Ma questo ,dice Fabbri, è una contorsione mentale, che ci spinge a guardare alla sovrastruttura ,trascurando o ignorando la struttura ,che è assolutamente più rilevante.

Oddio, il ragionamento è forse un po’ troppo tecnico ed intellettualistico, ma vuole dire semplicemente, che la politica anche negli stati gestiti dai bollati autocrati, quello che sembra “un uomo solo al comando” non è affatto solo e la politica di quei paesi non è affatto in balia dei capricci di uno solo, mai.

Il presunto “uno solo” che, quando sbaglia, cade in errori pacchiani come Putin nell’aggressione all’Ucraina o lo stesso Trump ,quando lasciò che accadesse l’aggressione al Congresso, cavalcando la favola della vittoria elettorale falsificata, viene definito sbrigativamente come “pazzo” ,illudendo chi ragiona così, di avere risolto un problema estremamente complesso in modo semplicissimo.

Le cose non funzionano affatto così nella realtà, perché l’analisi geopolitica mette in luce il fatto, che qualsiasi regime appare personale solo se non si va ad analizzare cosa c’è che lo tiene in piedi, e cioè una cerchia di apparati a volte addirittura pletorica, come nel caso del Partito Comunista Cinese, ma non solo quello,e una coalizione di interessi che ,sempre, ma proprio sempre, devono produrre consenso, diversamente il presunto uomo solo al comando viene sostituito con metodi più o meno drastici.

E’ ovvio che tutto il ragionamento sopra fatto si applica perfettamente anche a Erdogan, come il saggio del quale parliamo, spiega nei particolari, a volte anche minuti;

-Dopo la ennesima vittoria di Erdogan, la quasi totalità dei nostri media (salvo quelli che intelligentemente si erano accaparrati per l’occasione l’analisi di geopolitici come Caracciolo) frignavano ripetendo : ma come è possibile?, è inspiegabile che un popolo, tartassato da una situazione economica per niente brillante ,voti ancora per il capo, che ha causato quella congiuntura sfavorevole.

Questo ragionamento è l’indizio di un errore madornale, ci dice Fabbri, perché i popoli che si nutrono di una visione imperiale come i Turchi, antepongono quella “causa” ,alla corsa al benessere, che è il santo gral dell’Occidente (impero americano escluso e coperto da una foglia di fico, ovviamente);

-seguendo una linea di pensiero analoga ,l’analisi porta a chiarire il fatto che la religione è un elemento di coesione troppo potente e funzionale, perché un popolo che alberga dentro di sé una millenaria vocazione imperiale, come quello turco, possa accettare veramente il laicismo come lo intendiamo noi e che in realtà in Turchia è sempre stato non realmente metabolizzato e infatti oggi è in via di superamento.

Ecco quindi spiegata la vicinanza allora con la Fratellanza Musulmana e le strategie politiche, che Erdogan ha esibito in questi ultimi anni;

-Fabbri sembra dire che, vinca Erdogan o il suo rivale, poco o nulla cambierebbe nella traiettoria strategica della Turchia.

Superiamo quindi l’ennesimo mito ,secondo il quale solo le elezioni consentirebbero di capire con sicurezza dove vuole andare una collettività.

Questa ,dice Fabbri, è una distorsione epistemologica, perché vorrebbe trascurare gli umori “di pancia” dei popoli, lasciando credere che se non si svolgessero elezioni sarebbe del tutto impossibile rilevare gli orientamenti dei popoli.

E allora, chiosa Fabbri, fino al 1946, data delle prime elezioni libere ,i nostri antenati ignoravano completamente gli orientamenti dei popoli ?

Sarebbe ovviamente assurdo rispondere di ,sì perché ,se così fosse, vorrebbe dire che i libri di storia sarebbero racconti di favole.

La realtà è che non esiste solo l’Occidente e il suo modo di pensare, come non esiste solo il metodo elettorale della democrazia rappresentativa secondo le procedure considerate ortodosse in Europa, ma questo sistema va relativizzato ed analizzato nell’ambito del pensiero critico, come qualsiasi altra cosa, senza demonizzare sistemi concorrenti e differenti, in uso presso la grande maggioranza del mondo che non è affatto solo Occidente e senza considerare solo noi come civilizzati e gli altri come barbari da convertire.

Ultima osservazione.

Dopo avere letto la puntuale sinossi sulla storia della Turchia, abilmente messa insieme da Fabbri, mi sono chiesto cosa sono andato a scuola (nel senso di completo ciclo scolastico tutt’altro che breve) a fare ,per ignorare completamente il fatto che i Turchi ,non sono affatto nati in Anatolia ,come supponevo,ma sono originari dei lontanissimi territori fra steppe siberiane e mongole.

Ragione di più per leggere questo ottimo saggio.