giovedì 19 aprile 2018

Passa troppo tempo senza che i due vincitori delle elezioni dimostrino di avere un progetto politico realizzabile






Spero che sia presto per definirli dilettanti allo sbaraglio, ma certo non hanno proprio dimostrato di essere politici di un qualche livello.

Due forze politiche i 5Stelle e la rinnovata Lega di Salvini prendono la maggioranza dei voti perché la maggioranza degli elettori ha voluto scegliere il cambiamento e non la conservazione dell’esistente.
Passa il tempo, troppo tempo e i giovani leaders dei sue partiti sono li’ bloccati da veti reciproci a quanto pare pronti a dissipare il patrimonio di fiducia del quale sono stati investiti.
Difficile capire perché questi giovani sembrano dimostrare di essere nati vecchi, cioè appesantiti da vecchi schemi.
Si dice che cadere nelle teorie dietrologiche sia un vecchio vizio italico, ma come si fa in questa situazione a non chiedersi per quale recondita ragione quello stesso Salvini il giovane leader che ha rinnovato radicalmente la lega raccattandola dalla ininfluenza nella quale l’aveva portata la gestione del fondatore Bossi, finto nel tritacarne degli scandali sulla gestione allegra delle finanze del partito e ancor peggio dei suoi rampolli per portarla a raccogliere il doppio dei consensi di Forza Italia, voglia testardamente dimostrare di essere prigioniero del cadente Berlusconi.
Ne è ricattato come purtroppo succede da sempre in politica magari tanto per cambiare per questioni di soldi?
Non è inverosimile se ci si guarda intorno e si mettono insieme certi indizi dei quali il più eclatante è lo scoop dell’Espresso che improvvisamente, proprio quando Salvini sembrava una settimana fa sul punto di dare il ben servito al vecchio leader di Forza Italia, pubblica un servizio su presunti vorticosi giri di danaro, di molto danaro, che qualifica come afferente alla Lega fra vari paradisi fiscali.

D’accordo che la logica in politica non è mai stata troppo di casa, ma gli argomenti che lo stesso Salvini ripete a macchinetta per difendere Berlusconi ,sono talmente poveri che sicuramente non convincono nemmeno lui.
E’ lapalissiano che se il suo popolo lo ha inondato di consensi facendo fuori la vecchia classe dirigente di quel partito-movimento è perché da lui voleva un cambiamento e cambiamento è ancora lapalissiano che data la precedente collocazione della Lega significava e significa fine della leadership di Berlusconi, da realizzarsi proprio dal nuovo leader della Lega che è stato investito dall’elettorato della precisa “mission” di fare un nuovo partito della destra mettendoci dentro gli elettori di Forza Italia mandando Berlusconi alla Baggina, dorata perché se lo può permettere ma politicamente sempre Baggina.
Se l’elettorato avesse voluto conservare la Lega di bossiana memoria relegata al solo nord per non intralciare il berlusconismo o quella dell’ultimo Maroni che era ormai divenuto il portavoce di Berlusconi, avrebbe votato per loro non per Salvini.
Quanto al programma comune si tratta di una affermazione talmente ridicola da non stare veramente in piedi, e lo si vede tutti i giorni.
Salvini con Berlusconi non può stare insieme oltre, se non vuole contraddire sé stesso.
Che ci piaccia o non ci piaccia abbiamo dovuto imparare che in politica è più importante quello che appare del reale.

Ebbene, Salvini si è costruito l’immagine dell’uomo forte senza remore assumendo questo atteggiamento in modo chiaro senza usare alcun paravento per nascondere la sua vicinanza al lepenismo in Francia al neozarismo di Putin, agli atteggiamenti neo-autoritari dei vari Orban e soci.
E dopo i recentissimi avvenimenti in Siria è stato l’unico leader italiano che ha contestato frontalmente l’intervento Usa-Francia-Inghilterra, ponendo con questo atteggiamento in modo problematico sia l’adesione alla Nato, sia l’asse, per gli altri, scontato con gli Usa, sia l’altrettanto scontato asse con la Comunità Europea.
Una presa di posizione del genere in politica estera, che non ha precedenti, lo qualifica veramente come nuovo “uomo forte”.

E vi sembra che questo atteggiamento abbia qualcosa a che fare con le posizioni in politica estera sempre portate avanti da Berlusconi che cinguettava con Bush e i repubblicani americani?
Che baciava la mano a Gheddafi, ma che poi aderiva prontamente all’operazione anti-Gheddafi?
Che mostrava la sua personale amicizia con Putin, ma che nulla di concreto aveva mai fatto per perseguire una politica meno succube di quella americana e più vicina a quella russa?
E in Europa?
D’accordo, Berlusconi di fatto è stato cacciato dal potere dalla Comunità Europea o meglio da chi comandava politicamente in Europa Sarkozy e la Merkel, ma dopo aver firmato, tutto, assolutamente tutto quello che significava “austerità” iper liberismo, indegno sfruttamento del lavoro venduto per flessibilità eccetera eccetera, tutto il peggio l’ha sottoscritto e senza discutere.
Salvini tramite il suo guru economico, ora deputato, Claudio Borghi Aquilini sull’Europa è polemicissimo, si vedano su Facebook i post quotidiani dello stesso Aquilini.
Sulle flat tax tutti hanno capito che è farina del sacco della Lega salviniana e che Berlusca si è accodato al ribasso.
Non parliamo dell’argomento principe della Lega che è come tutti sanno il blocco dell’immigrazione e il sostegno a qualsiasi normativa a favore di un incremento della sicurezza.
Qui Berlusca nemmeno parla, perché è troppo evidente che il campo è già completamente occupato da un’altro.

E allora che senso ha per Salvini trascinarsi dietro quel vecchietto ormai per niente arzillo?
Si presume che l’accordo pre-elettorale fra Di Maio e Salvini prevedesse un copione con una serie di passi successivi volti ad arrivare a un Presidente del Consiglio terzo, che fosse Giorgetti o una personalità di fiducia dei 5Stelle e che questa scelta fosse combinata in modo da bilanciare il “sacrificio” dei due leader vincitori, proprio per coprire la contestuale “ritirata” di Berlusca, che in tal modo sarebbe apparsa onorevole.
Ma è chiaro che qualcosa è andato storto.

C’è sotto qualcosa di sporco e di innominabile, come molti commentatori politici di primo piano dicono sussurrando che “notoriamente la voce circola”, ma si guardano bene di accennare ad alcunché di meno esoterico?
Oppure la frittata l’ha fatta l’incorreggibile arrogante sopravvalutazione del proprio modesto ego da parte del leader di quel che rimane di Forza Italia?
Non escluderei la cosa, perché Berlusca è talmente fuori dalla realtà da essere probabilmente convinto che comunque vadano le cose a lui spetterebbe il posto di ministro degli esteri, appena gli dovesse venire la famosa sentenza favorevole che aspetta da Strasburgo.
Un evidente indizio di queste sue elucubrazioni sta nel fatto che fa continuamente ripetere dai suoi che in politica estera occorre tornare allo “spirito di Pratica di Mare” quando lui avrebbe condotto un improbabile mediazione fra Est ed Ovest da Presidente del Consiglio (vertice Nato 28 maggio 2002) .

Ma se Salvini ha esagerato nel trascinare avanti nel tempo un rapporto politico con Berlusconi che non ha basi reali e che come immagine gli può creare solo danni, come mai Di Maio ha dimostrato una capacità manovriera così a livello zero?
Possibile che non realizzi che le sue possibilità di essere presidente del consigliuo non ci sono mai state anche se ha vinto le elezioni, perché la legge elettorale è stata fatta apposta dagli incoscienti del PDI proprio per rendergli la vita impossibile?
E adesso cosa aspetta per fare il pur tardivo bel gesto? Che il Presidente Mattarella ,scocciato dalla sua dimostrata pochezza, gli dia davvero l’incarico per “segarlo” definitivamente?
Quasi se lo meriterebbe.
Insomma, non credo di essere il solo che si aspettava molto di più dai due giovani leader vincitori delle elezioni.

Spero solo che non siano tanto sciocchi e mediocri da fare il gioco di Renzi che sta aspettando dietro al sipario, che loro ci caschino.
Ci mancherebbe solo questa Berlusconi Mentore e Renzi delfino protegè , i due perdenti alle elezioni al governo coi 5Stelle presenti a loro insaputa.


mercoledì 11 aprile 2018

Di Maio e Salvini, due dilettanti allo sbaraglio o due emuli del Card. Richelieu ?







La prima reazione del sistema o all’inglese dell’establishment alla vittoria dei due principali movimenti anti- sistema è stata di sorpresa di sconcerto, proprio non ci volevano credere.
Poi se ne sono fatta una ragione e hanno cominciato a vedere meno fosco, anche perché in questo atteggiamento erano favoriti dalla evidente volontà dei due giovani politici vincitori Di Maio e Salvini di far capire che finite le elezioni nessuno voleva realmente gli sfracelli promessi o ventilati in campagna elettorale.
Tutti e due si sono ben presto presentati nella veste più istituzionale possibile.
Tutti e due sapevano di essere condannati ad accordarsi sulla base della più elementare delle leggi della politica, che non ammette vuoti di potere, legge che potrebbero essere tradotta in : non si tollerano mancanze di presa di responsabilità in chi è stato designato dagli elettori per governare.
Tutti e due sapevano però altrettanto bene di avere dei grossi problemi a far digerire alla loro base
aspetti tutt’altro che marginali del bagaglio politico dell’altro.

Non c’è dubbio che Berlusconi costituisca “il bagaglio” più ingombrante e più scomodo che Salvini si porta dietro e che non può sconfessarlo apertamente, né far finta che non ci sia.
Se è un dilettante sul problema Berlusconi rompe e spinge per riandare al voto.
Se è un aspirante Richelieu tira la corda vicino al limite di rottura fino a spingere il povero Berlusca a mettere a nudo la sua ormai acquisita irrilevanza costringendolo ad accettare di dare la fiducia a un governo a trazione Di Maio- Salvini naturalmente guidato da una tera persona magari il prode Giorgetti, vice di Salvini, contribuendo a un governo con qualche esponente di Forza Italia il più scolorito possibile e il più lontano possibile dal cerchio magico dell’uomo di Arcore,tanto per salvare la faccia.
Ho l’impressione che Berlusca sia disposto a digerire ormai qualsiasi cosa pur di tenere almeno una scarpa nelle stanze del potere sia per salvaguardare i suoi interessi aziendali come sempre, sia per essere un po meno alla mercè della polizia giudiziaria se i suoi processi in corso dovessero prendere una cattiva piega, tenuto conto che i capi di imputazione sulla presunta corruzione delle olgettine per indurle alla falsa testimonianza sono molto più pesanti di quelli per i quali era stato a suo tempo condannato in via definitiva per evasione fiscale.

Ma per condurre un’operazione del genere Salvini dovrebbe dimostrarsi un politico di furbizia andreottiana e proprio non so se ne è diciamo all’altezza.
Perchè Berlusca è ferito ma non è affatto morto e può usare contro Savini la spada, che ha in mano per il manico costituita dal ruolo determinante di Forza Italia nelle giunte regionali più importanti del Nord : Lombardia, Veneto e Liguria.
E’ chiaro che questa se riuscisse a Salvini sarebbe la mossa giusta e determinante per fare franare Forza Italia facendo cadere nelle braccia della Lega tutti quelli che Berlusconi dimostrerebbe di non essere più nelle condizioni di accontentare.
E’ veramente una bella partita, ancora tutta da giocare, ma Salvini può farcela, anche se lo ripeto, Berlusconi non è un ostacolo da poco , non è mai stato uno statista, ma la politica, sempre nel deteriore stile andreottiano la sa fare senza troppi scrupoli.

Sull’altro versante, Di Maio sta conducendo non meno brillantemente e pericolosamente la sua battaglia che avrebbe conseguenze non meno storiche di quella di Salvini.
Salvini si muove per mangrasi Forza Italia, boccone dopo boccone cercando di dare il meno nell’occhio possibile.
E Di Maio si muove per mangiarsi il PD boccone per boccone cercando di dare nell’occhio il meno possibile vedi i pazienti e ripetuti rispettosissimi appelli a tutto il PD, cioè a Renzi per sedersi a un tavolo insieme, naturalmente desiderando di ottenere risultati ben diversi da quelli dichiarati.
Molto abile e sottile anche la strategia di Di Maio.
Perchè tutto il sistema rimanente e i media ragionano così : i 5Stelle si sono beccati i voti tradizionalmente di competenza del PD, statali e ceti medi e quindi è ovvio che dovrebbe prioritariamente cercare di verificare la possibilità di fare un governo con la forza politica che ha più vicino nel senso di elettorato di riferimento.
Persino il polemicissimo Travaglio ha fatto il tifo in questi giorni per indurre i 5Stelle a insistere per tentare di trovare un accordo prioritariamente col PD.
Benissimo ha quindi fatto Di Maio a giocare questo gioco che gli viene veramente a fagiolo per portare avanti la sua strategia di scompaginamento del PD per mangiarsi il suo elettorato.

Se Di Maio riesce a far passare del tempo per far vedere la situazione di crescente irrilevanza del PD dopo la cura Renzi, fa in realtà un gioco di squadra con Salvini che sta facendo lo stesso gioco con Forza Italia.
Ce la faranno?
Sta a loro dimostrare di saper emulare Richelieu.
Se invece precipiteranno il paese a nuove elezioni, allora li giudicheremo come dilettanti che non meritano un futuro.
Si è detto sopra che quasi tutti i media invocano un incontro fra 5Stelle e PDI in via prioritaria presumibilmente per via del fatto che tutti e due pescano nel medesimo elettorato e i 5Stelle fanno riferimento a valori che correntemente vengono definiti di sinistra, piuttosto che di destra.
Capisco il senso di questo ragionamento però il fatto di razzolare nello stesso tipo sociologico di elettorato non può nascondere il fatto che questo sia un elemento di concorrenza, che non favorisce affatto una alleanza.

Viceversa il fatto che la Lega rappresenti un universo socio-economico diverso :partite Iva, anziani etc. rispetto a quello dei 5Stelle giovani precari etc. rende più funzionale un’alleanza fra forze diverse, ma fondamentali nella società.
Ricordiamoci che la preoccupazione di quello che è stato i più grande statista italiano nel dopoguerra ,Alcide De Gasperi era quella di portare al governo le forze più rappresentative della società,anche quando disponeva della maggioranza assoluta e avrebbe potuto farne a meno.
Già ma lui uno statista lo era veramente, e statista è colui che non vive alla giornata ma che ha un disegno strategico da realizzare.
Di Maio e Salvini sono alla loro prima prova, vedremo.
Del resto quelli prima di lui hanno fatto abbastanza schifo, l’Italia non è governata da uno statista appena appena da decenni.

domenica 1 aprile 2018

Papa Francesco : 5 anni di pontificato e zero riforme A questo punto è ora di riporre nel cassetto le etichette di papa progressista che gli avevamo appiccicato frettolosamente addosso







Confondere la realtà con i propri desideri è quanto di più umano si possa pensare,ma nel caso del giudizio su papa Francesco ci siamo caduti veramente in tanti in questa trappola mentale.
Chi ha vissuto con passione gli anni del Concilio che parevano avere impresso alla chiesa una scossa di rinnovamento e di riforma mai viste prima e che poi prima è stato scioccato dal rallentamento di papa Montini per arrivare alla brusca frenata e dalla marcia indietro dei papi Woityla eRatzinger, da papa Francesco si aspettava veramente la luna.
La sera stessa dell’elezione la scelta incredibile di quel nome evocativo Francesco che già apriva le porte a enormi aspettative, poi quell’inusuale “buonasera”, per arrivare alla famosa borsa sgualcita ed ai più sgualciti mocassini al posto delle scarpe firmate di ultra lusso del predecessore.
La scelta della residenza fuori dei sacri palazzi eccetera eccetera.

E ci siamo cascati.
Abbiamo confuso uno stile di vita, questo sì volutamente innovativo rispetto ai predecessori con una rivoluzione in atto, frenata dai quei cattivoni dei cardinaloni curiali, tutti dediti a danaro potere e a rapporti ambigui con la lobby gay.
Era facile cascarci se si pensa che ci siamo trovati davanti a un furbo gesuita che ha saputo presentarsi credibilmente con la veste sdrucita del parroco di campagna ma dotato di una capacità fuori dal comune di comunicazione.
In un mondo governato da una leadership quanto meno modesta ecco intromettersi questo papa che effondeva carisma da tutte le parti ,naturalmente seguito da folle sempre più numerose.
I giorni passavano e alcuni cardinaloni scivolavano miseramente su attici holliwoodiani pagati non si capisce come, banca vaticana in perenne crisi di trasparenza, scandali sessuali che mettevano in ginocchio non solo la reputazione ma anche le finanze di importantissime chiese locali.
E lui il nuovo leader, nuovo Papa buono che amava parlare a braccio alla gente comune e a comportarsi come un uomo comune e non come un semidio fra nuvole di incenso.

Dalle contrapposizione teolgiche fuggiva ben presto riconducendo tutto alla più umanamente comprensibile qualità di dio :la misericordia.

Col passare del tempo si concentrava sempre di più su una predicazione e una pastorale “sociale”, di stampo chiaramente “terzomondista” senza preoccuparsi minimamente di sparare contro ai dogmi del pensiero unico ultra- libersta imperante nell’economia globalizzata.
Insomma ce n’era più che abbastanza per entusiasmare gli animi dei progressisti di tutte le culture orfani di un riferimento al vertice della chiesa dai tempi di Papa Giovanni.
Ovviamente mi metto anch’io in fila, fra chi ha fatto il tifo per papa Francesco, come hanno rilevato i lettori di questo blog nel corso di questi primi cinque anni del suo pontificato.
Passati cinque anni che sono un bel periodo non possiamo però più fare a meno di confrontarci con una realtà che è stata diversa dalle aspettative, perché di fatto nessuna aspirazione dei”progressisti” si è realizzata in una riforma qualsiasi.
Limitiamoci ai tre settori chiave :
-sistema di governo della chiesa stessa con abolizione o riduzione dei poteri della Curia, superamento del sistema monarchico assoluto con la condivisione del potere papale tramite sinodi e conferenze episcopali eccetera;
-deciso superamento della attuale insostenibile dottrina della chiesa in materia sessuale in materia di controllo delle nascite ,divorzio, aborto,gay, diritti civili, ruolo della donna anche nella chiesa eccetera;
-revisione seria della montagna dogmatica costruita nei secoli, ritornando ai pochi principi ispiratori della chiesa primitiva.
Papa Francesco non ha fatto nessuna riforma in nessuno dei settori sopra elencati.
Ma è riuscito per anni a eludere le domande- aspirazioni dei suoi fans con atteggiamenti che in politica si chiamerebbero decisamente “populisti” mettendo in atto la strategia di parlare con tutti e di non scontrarsi con nessuno.

Per esempio ha navigato alla grande in una serie di iniziative ecumeniche ( che il suo predecessore temeva per le implicazioni teologiche che comportavano) mai viste prima : incontro ai limiti dell’ambiguità col primate di Russia; partecipazione alle celebrazioni dei 500 anni della Riforma luterana anche qui con interventi laudativi al limite dell’ambiguità in materia teologica; costante apertura nei confronti dei migranti di fede islamica, con interventi molto moderati in difesa delle chiese medio-orientali che versano in condizioni di aperta persecuzione.

Larga apertura e comprensione per i Movimenti, compresi i più discussi e discutibili.
Con Carron di CL è in ottimi rapporti,con l’Opus Dei altrettanto e sopratutto è in fraterni rapporti con i Neoctecumenali, che nel terzo mondo e in America Latina vanno a gonfie vele.
Ecco questa vicinanza con i Movimenti non avrebbe dovuto essere digerita dai “progressisti”, perché è obiettivamente indigeribile.
Consentitemi una antipatica autocitazione, anni fa su questo blog avevo scritto che avrei creduto che papa Francesco è un papa progressista solo quando avesse scacciato Don Carron da CL per quello che costui aveva detto di Martini, che usava dipingere come un eretico vestito da cardinale.
Visto come sono andate le cose almeno su questo avevo visto giusto.
Sul versante opposto cioè ad esempio quello della Fraternità di Mons. Lefevre, grande apertura.
Significativo della furbizia gesuitica di questo papa è l’atteggiamento verso gli un tempo ultra progressisti teologi della liberazione.
Ora che la loro predicazione non conta più niente perché nessuno li ha seguiti e i papi precedenti li avevano perseguitati,cioè in altre parole oggi che non contano più niente papa Francesco li ha ricevuti cordialmente.

Però chi nella chiesa ha osato esprimere contestazioni peggio ancora se in modo organizzato come i movimenti “Noi siamo la Chiesa” a cominciare dalla Germania è venuta addirittura la scomunica, né più né meno che come ai vecchi tempi.
Confesso, che come tutti gli altri che condividono una aspirazione a un rinnovamento “progressista” nella chiesa avevo bevuta la bufala secondo la quale la lobby “potentissima” dei curiali tradizionalisti avrebbero per cinque anni stoppato tutte le iniziative riformiste di papa Francesco.
Oggi però credo che tutti abbiamo capito che i vari ultra- tradizionalisti alla Carraffa, Negri eccetera, tutti ormai arzilli vecchietti in pensione lungi dal rappresentare una “lobby potentissima”, contano in realtà come il classico due di picche e non hanno neanche lontanamente il potere di ostacolare una eventuale volontà riformatrice di papa Francesco.

Ed ecco che siamo arrivati al problema vero : ma papa Francesco è davvero un progressista con velleità riformatrici?
Uno dei più autorevoli biografi di questo papa afferma chiaramente che il Card. Bergoglio in America Latina era universalmente percepito come un “moderato” e che probabilmente come portatore di quella qualifica era uscito dal Conclave come vincitore.
E quindi siamo noi che probabilmente siamo stati vittime di un abbaglio cognitivo, abbiamo voluto vederlo come desideravamo che fosse e non come era realmente.
Un vaticanista di provata esperienza Marco Marzano ha scritto recentemente un saggio ben documentato dal titolo : La chiesa immobile nel quale appunto esamina i primi cinque anni di pontificato di papa Francesco e sostiene tra l’altro che papa Francesco non ha riformato niente prima di tutto perché non è mai stato un progressista con velleità riformatrici, ma poi conclude in modo ancora più indigeribile per i “progressisti”, che non ha fatto e non farà riforme perché la chiesa è più facile che sopravviva prosperando nel terzo mondo se di riforme non se ne faranno per niente.
Quel libro l’ho letto e devo dire che mi ha aperto gli occhi e che devo condividerlo per larga parte.
Per esempio quando Marzano sostiene la tesi che la chiesa non avrebbe bisogno di riforme con questo argomento : quasi tutto quello che i “progressisti” vorrebbero introdurre nella chiesa con delle riforme radicali (che si aspettano senza fondamento da papa Francesco), è di fatto stato già realizzato dalla chiesa anglicana sia per quanto riguarda il sistema di governo della chiesa, sia per quanto riguarda le norme in materia sessuale che nel ruolo delle donne.
Ebbene il risultato è stata una disastrosa divisione fra la classe dirigente progressista di quella chiesa e una base che è rimasta in modo maggioritario tradizionalista.
A riforme già fatte da qualche tempo, si è rilevato che le percentuali di abbandono della chiesa anglicana risultano addirittura maggiori rispetto a quelle della chiesa cattolica.
Marzano dice che la chiesa è la più grande e longeva forma di burocrazia esistente al mondo e che i “fedeli” che rimangono non ostante le ben note conseguenze della “secolarizzazione” hanno bisogno di vedere la continuità di quel corpaccione per verificare agevolmente la propria identità.

La chiesa soffre di una crisi probabilmente irreversibile in Europa, dove è ridotta sempre più all’irrilevanza, ma non c’è solo l’Europa e nel terzo mondo a cominciare dall’Africa sta invece più che bene con tassi di aumento nei battesimi e addirittura nelle “vocazioni” incredibili.
Certo che è ben diversa da quella europea.
Nel terzo mondo il cattolicesimo è quello dei Neocatecumenali : miracoli, santi, liturgie che spingano all’esaltazione mistica, riflessione personale : meno ce n’è , meglio è.
Siamo ai Padre Pio, Medjugorie e i Padre Livio, fracciamocene una ragione.
Avevamo fatto affidamento in una forse impossibile capacità rifromatrice proveniente dal vertice e ci è andata buca.
Ma allora perchè non tornare allo spirito della chiesa primitiva dal basso realizzando qualcosa di diverso a cominciare da piccole comunità locali?