domenica 26 novembre 2017

Berlusca dice che Renzi non conta più niente perchè quelli del PD non sono più i “comunisti” ,mentre invece i 5Stelle sono peggio dei comunisti



Se fossi Renzi dopo questa affermazione di Silvio Berlusconi non avrei più il coraggio di uscire di casa, per la vergogna.
Renzi invece non sembra scosso per niente, ma questo non è un complimento per lui.
Come dicevo nei panni di Renzi sarei più che turbato a sentire un ultraottantenne che da a me quarantenne (nei panni di Renzi) una lezione di politica così lucida.

Berlusconi si è da sempre imposto di parlare alla gente indirizzandosi all'italiano medio di media bassa cultura , che i politologi descrivono come uno che non agisce troppo di testa come fanno o dovrebbero fare gli intellettuali, ma di pancia, d'istinto, sull'onda dell'ultima emozione più forte delle altre.
Seguendo questa filosofia ha sempre cercato di confezionare il messaggio che vuol far passare portandolo al massimo della semplificazione ricorrendo a questo scopo alla più elementare delle tipologie politche che consiste nella contrapposione fra "noi e loro" per indurre la gente a chiedersi : da che parte sto io? quali sono i miei amici e quali sono i miei nemici?

Il giochino è semplicissimo e sopratutto in politica funziona sempre a meraviglia, ma siccome è abbastanza complicato definire la propria identità, i più furbi fra i politici Berlusca in testa sanno che si fa prima a spingere la gente a identificare il proprio nemico.
E infatti sappiamo tutti che Berlusconi a partire dalla sua "discesa in politica" nel lontano 94 ha invitato i suoi fedeli a identificare i loro nemici genericamente nei "comunisti", che nel mondo reale non esistevano più ,essendo caduto il comunismo insieme al muro di Berlino nel 1989.

Ma Berlusconi aveva intuito che era rimasto nell'animo dei "moderati" il rancore, se non la paura di quel generico "Babau" del “comunismo”,che ti potrebbe portar via la casa o le case, le tue proprietà, la tua posizione sociale per la quale hai dato il sangue, con tutti i privilegi piccoli o grandi annessi e connessi.
Allora gli abbiamo detto dietro che tirare in ballo il comunismo in quegli anni era una castronata anacronistica, ma ora non possiamo negare che politicamente la cosa ha pagato , ha funzionato a meraviglia.
Ed è una genialata e non una castronata l'uso che oggi ne rifà Berlusconi , proprio perchè oggi ,oltre vent'anni di tempo dopo alla sua prima discesa in campo è ancora più chiaro che quell'invito a temere e ad opporsi ai comunisti non significa affatto pensare ai comunisti storici che non esistono più da un bel pezzo, ma a chi ed alle cose che i "moderati" più o meno benestanti aborrono da sempre, tanto per fare un esempio a chi vuole aumentare le tasse, difendere la burocrazia, aumentare l’ingerenza dello stato in economia eccetera.

In questa ottica, l'odierna demonizzazione dei 5Stelle da parte di Berlusconi, invece che la vecchia demonizzazione di generica sinistra o centro-sinistra, come un tempo, non è solo dovuta ai sondaggi ,he al momento danno i 5Stelle come il primo partito italiano, ma va più alla sostanza.
Renzi e il suo partito per Berlusconi non possono più fregiarsi del titolo col significato metaforico di "comunisti", cioè di alternativi politicamente rispetto ai moderati, perchè ormai è chiaro a tutti che quel ruolo oggi è visto dalla gente come l'"identità" dei 5Stelle e non del PD, che Renzi ha confuso e offuscato, cacciandolo in una nebbia di "non identità".
Che ci sia o non ci sia un patto fra Berlusconi e Renzi, che impegni quest'ultimo ad appoggiare un governo di centro-destra, dopo le elezioni, ha poca importanza, perchè nell'immaginario della gente, che è quello che conta in politica, sono convinto che sia ormai passata la convinzine che Renzi, se mai lo è stato, non è più la forza antagonista alle truppe "moderate" identificate nei berlusconiani, perchè questo ruolo è coperto con molta maggiore chiarezza e forza politica dai 5Stelle.
Bravo Berlusca, verrebbe da dire, hai il doppio degli anni di Renzi ma senti ancora bene il polso della gente.
Mentre Renzi a furia di fare il furbetto fuori dal suo "giglio magico" dei fedelissimi non sembra percepire più cosa pensa la gente.
Mancano tre mesi alle elezioni e quindi non dico che i giochi sono fatti, ma quasi.
Trovare la credibilità perduta con soli tre mesi di tempo mi sembra impresa impossibile per Renzi e seguaci.
Dicono tutti che è molto probabile che le elezioni le vinca il centro-destra.
Ma ancora più probabile è che questo non significhi nulla, perchè quella legge elettorale del cavolo, oggi in vigore, farà si che, per bene che vada, se un governo riuscisse a raccattare i voti necessari tappandosi naso, orecchie e occhi per imbarcare chissachì, sarà tuttalpiù un governicchio, destinato a durare quel tanto necessario a partorire con estrema fatica un’ altra legge elettorale, meno folle per andare nuovamente a votare.
Ammesso che la gente ,che poi siamo noi ,non si scocci dell'irresponsabilità di questi politici e non cerchi di affidarsi invece che ai "moderati" berlusconiani o piddini ,ai vituperati "populisti" ma non quelli di oggi cioè ai 5Stelle.


Ma se I 5Stelle continuassero a non riuscire a diventare forza determinante di governo la gente è verosimile che non vada più a votare mettendosi alla ricerca di altri “populisti” che promettano di usare metodi di governo se non proprio autoritari, certo più decisionisti e con polso più fermo, con tutti i rischi annessi e connessi.

mercoledì 15 novembre 2017

Berlusconi non è un gran che ma riesce ancora a mettere insieme truppe e a dettare la linea, Renzi invece continua a dividere e a perdere pezzi



La vicenda è sotto gli occhi di tutti.
Il vecchio Berlusca oramai può solo contare su entusiasmi finti di gente, diciamo attempata, però incredibilmente il gioco lo sa fare ed alla fin fine pure gli riesce.

Erano mesi che i sondaggi davano Forza Italia stagnante appena sopra al 10%, che sembrava il minimo per sopravvivere col sostegno dei soli fans irriducibili.
Poi l’ennesimo “ritorno in campo” del vecchio capo, opportunamente sbandierato dalla solita strapotenza di fuoco di tutti i suoi midia, Rai TV compresa, ha chiaramente fatto i suoi effetti ed ora si prospetta un trend di un suo sorpasso del principale concorrente interno, che è la Lega del giovane e pimpante Salvini.
Miracolo? Ma no è la solita storia dell’unico gallo in un pollaio di gallinacce e capponi.

Rarissimamente mi trovo d’accordo con Giuliano Ferrara, che mi sta antipatico da sempre, come il suo capo, del resto, ma ieri ho condiviso il suo argomentare sul “Foglio”, quando a proposito di Renzi diceva che non basta essere il riferimento di un partito personale, l’”uomo solo al comando”, bisogna anche essere e saper fare “il capo”, meglio ancora se con la tinta di “uomo forte”.
Macron, Putin, la Merkel di qualche anno fa, eccetera.
E come si fa a distinguere la caratteristica del capo, meglio se forte?
Si distingue dalla sua capacità di unire, di tessere, di mettere insieme, seguendo un disegno.
Berlusconi ci sta riuscendo, Renzi invece inanella risultati al contrario.

Obiettivamente, se mi sforzo di superare la reazione di rigetto che mi ha sempre suscitato il berlusconismo, devo riconoscere che all’uomo va riconosciuta una veramente notevole capacità di battagliare.
Chi glielo fa fare ?, è straricco per lo standard italiano,sembra di non dovere avere più bisogno della politica per difendere e promuovere le sue aziende e i suoi affari, e per i processi che lo perseguitano, ormai siamo tutti convinti che quand’anche fosse colpevole dei peggiori delitti il sistema giudiziario italiano ultra-garantista col giochetto delle prescrizioni da lui ulteriormente “migliorato” , sarà solo una scocciatura in più, potrebbe girare il mondo e gozzovigliare se volesse.
Invece ha avuto la determinazione anche fisica di imporsi una severa diminuzione di peso per apparire più in forma e si è ributtato nel giro infernale delle consultazioni e della tessitura di trame, ancora più gravose alla sua età, che stanno chiaramente già portandogli a casa frutti concreti.
In vent’anni di gestione del potere non è mai riuscito a conquistarsi il ruolo di statista, ma attento com’è alla forza dell’apparire, di come si è percepiti più di cosa si è veramente, è riuscito appunto a farsi percepire come statista riuscendo abilmente a instaurare rapporti che sembravano non solo di feeling, ma anche di amicizia con alcuni dei leader mondiali, suoi omologhi, da Bush a Putin a Blair.
Non è mai riuscito a combinare molto, nel senso che non gli è riuscito di portare in porto nessuna delle “riforme” strutturali del sistema Italia, quelle che a Bruxelles chiamano “i compiti a casa”,

costituiti prima di tutto dalla riduzione della spesa pubblica in modo abbastanza significativo da abbassare il livello del debito pubblico, che è il problema dei problemi.

Però sarebbe sciocco dire che non ha saputo fare niente, anche perché se davvero non avesse saputo fare niente per nessuno, stiamo sicuri che i voti per governare per vent’anni non li avrebbe mai trovati!
Ha tantissimi difetti, ma furbo lo è e probabilmente è anche capace di mettersi intorno dei consiglieri di qualità, vedi l’eminenza grigia di sempre Gianni Letta.

Fatto sta che non si è limitato a lanciare al popolo quattro monetine alla vigilia delle elezioni, come ha fatto Renzi con gli 80 € e il bonus per i diciottenni, ma ha dato al suo elettorato di riferimento, quel ceto medio bistrattato e impoverito qualcosa di sostanziale come l’abolizione della tassa di successione e di quella sulla prima casa.
La gente, noi, non siamo poi fessi come sembriamo, siamo disgustati dal vaniloquio di questa classe politica, ma sappiamo ancora distinguere qualcosa di concreto dal nulla.
Ecco perché Berlusconi, quando si ripresenta è ancora in grado di passare all’incasso e Renzi no.
D’accordo che fa un po ridere quando mostra di non aver perso la cattiva abitudine di spararle grosse come quando straparlava di creazione di milioni di posti di lavoro ed ora rilancia la favola della riduzione delle tasse, che non si vede proprio come possa essere praticabile con quel tetto di debito e come potrebbero essere rimpiazzate le minori entrate per mantenere in vita un wellfaire già abbastanza dimagrito.

Ma oggi Berlusca non è più l’uomo solo al comando che era una volta, oggi si trova nella spiacevole situazione di dover tutti i giorni fronteggiare la concorrenza del pimpante Salvini che si abbevera nello spazio del suo stesso elettorato, sostenuto da un plafond di voti vicinissimi al suo se non spesso superiore e quindi deve prendere nella massima considerazione quello che Salvini dice.
Per esempio in materia di immigrazione e di rapporti con l’Europa.
Non è più come una volta quando poteva permettersi di accattivarsi la platea dei bar sport con battute da caserma sul lato b della Cancelliera tedesca per nascondere la costante passiva subordinazione dei suoi governi alla linea tedesca a Bruxelles.
Oggi deve fare i conti con un Salvini che per di più a Strasburgo è di casa, essendo parlamentare europeo ,abbastanza frequentante per essere informato sui vari dossier.
Più facile anche se mai facilissimo lo sforzo che Berlusconi deve esercitare per “riportare a casa” i sempre meno riluttanti cespugli del così detto centro.
Insomma la vera difficoltà di Berlusconi sta nel corteggiare un Salvini che è capace di giocare in proprio anche dove il terreno è ancora tutto da arare come è capitato in Sicilia.
Era comoda per Berlusca quando Bossi, l’alleato di ferro, non mostrava alcun interesse fuori dal Lombardo-Veneto, oggi non è più così e Salvini se lo ritrova dappertutto e per di più ben intenzionato a portarsi via fette del suo elettorato.

Ma anche Salvini ha i suoi problemi.
D’accordo che le obiettive affinità programmatiche con i 5Stelle danno a Salvini la inedita possibilità di farsi un piano b e cioè di lavorare anche alla verifica di una possibile alleanza post elettorale con DiMaio.
La vedo dura però a livello locale.
Il potere dei Maroni e degli Zaia è da lungo tempo costruito sull’alleanza di ferro con Forza Italia.
Come farebbe Salvini ad allearsi con DiMaio a livello nazionale e con Forza Italia a livello locale?
Sarebbe un bel casino,diciamolo pure, ma non è detto che non si vada a finire lì da qui a quattro mesi.

Renzi purtroppo per lui e per chi in lui ha creduto, mi sembra all’angolo.
Cosa può fare, dopo aver sbagliato tutto ed essendo ben intenzionato ad andare avanti ripetendo i medesimi errori come se nulla fosse successo?
Sembra destinato a finire per fare la stampella non sempre indispensabile per consentire di governare alla coalizione di centro-destra.
Berlusconi ha l’enorme vantaggio di essere costretto dalla legge Severino a mettere in frigorifero il suo strabordante ego e quindi a cercarsi un’altro per fare il premier, questo lo avvantaggia perché salverebbe la faccia a una presunta “grande coalizione”.
Il Conte Gentiloni per di più sembra confezionato apposta per piacere a tutti, salvo che a Renzi che dovrebbe farselo piacere, ma in posizione subordinata.
Renzi ne sono certo non sa quello che vuole, ma presumo che tutto voglia meno che una possibile coalizione coi 5Stelle e quindi non può nemmeno giocarsi un piano b, come Salvini e quindi buona notte per Renzi e per il PD.
A meno che Franceschini non si riscopra gallo, ma non ci conto.


giovedì 9 novembre 2017

Questi politici nella campagna elettorale siciliana si sono dimostrati perfino patetici nel recitare vecchi copioni che non hanno più riscontro con la realtà.



Chi ha perso in Sicilia? Prima di tutto quelli che sono andati peggio sono sicuramente i vecchi idealisti della sinistra vera e tradizionale al seguito di Fava.
Gente seria ,troppo seria, con idee ferme e oneste, ma oggidì da mercato delle pulci.
Purtroppo o no in tutto il mondo le formazioni di sinistra tradizionali sono ridotte al lumicino.
Sembra che sia una singolare maledizione della storia che punisce regolarmente chi dalla storia ha avuto o sta per avere ragione.
Questo oggi che vede il capitalismo declinato come pensiero unico ultra liberista avviarsi verso il disastro dei ricchi sempre più ricchi e dei poveri sempre più poveri rischiando di finire in un grande clash, vede anche le idee del deploratissimo Marx sullo sfruttamento del lavoro ritornare di sconvolgente attualità, eppure bastona pesantemente i duri e i puri delle sinistre vere e coerenti.

Ma forse per capire perché questi della sinistra vera hanno perso , bisogna andare a vedere quelli che hanno vinto e chiedersi perché hanno vinto.
Hanno perso gli idealisti e ha vinto la realtà più dura di una regione nella quale la percentuale dei giovani disoccupati sfiora il 70% e l’istituzione regionale declinata nelle sue molteplici branche è il primo datore di lavoro.

In una situazione economico-sociale di questo tipo il clientelismo non è una piaga , è semplicemente l’unico modo di portare a casa la michetta, con la sola alternativa di doversi affiliare alla criminalità organizzata.
E quindi i ras politici locali presentabili o impresentabili che siano sono la versione moderna del barone al quale si va anche a baciare le mani se questo è necessario pur di portare a casa uno stipendio.
Purtroppo “primum vivere et postea filosofari”.

Ma qualcuno dei partiti in lizza ha parlato di questo che è il vero problema, cioè della situazione di degrado e di sottosviluppo in tutti i sensi del nostro Meridione? Se lo ha fatto non me ne sono accorto.
E allora ha vinto il blocco storico della destra ex democristiana,ex missina eccetera.
Il vecchio satiro furbastro, il solito Silvio ci ha messo su il cappello spendendoci le residue energie che l’età gli consente, ma obiettivamente non era difficile capire che c’erano tutte le condizioni per fare quel gioco e non altri.
Il giovane presunto furbetto, Matteo Renzi, non si è speso un gran chè, dimostrando che sapeva di giocare ormai da perdente e che il suo ruolo è oggi anche per colpa sua subordinato a quello di Berlusconi.

I 5Stelle hanno perso nel senso che il loro candidato Presidente è arrivato secondo, ma hanno guadagnato voti più di tutti diventando il primo partito della regione.
Però hanno perso la partita ,per di più dimostrando di essere arrivati al massimo delle loro possibilità, infatti il povero DiMaio si è speso tanto da rischiare di schiantare fisicamente, ma non poteva ottenere l’impossibile.

Temo anche che i 5Stelle abbiano fatto lo stesso errore ,probabilmente fatale, che aveva fatto Renzi quando ha caricato il famoso referendum costituzionale del significato di un referendum su sé stesso, col significato del dentro o fuori, dandogli una lettura epocale, che di per sé non aveva.
Quando ci si muove in questo modo e poi le cose vanno male, non ci si trova più davanti a una elezione persa di ruotine, ma a una mazzata storica.
I 5Stelle infatti avevano giocato la partita alla spasimo presentandola come la premessa necessaria per inverare la probabilità di una successiva vittoria alle politiche.
Errore forse fatale, perché adesso, dopo aver perso si ritrovano “in braghe di tela” come si usa dire e devono ripartire in feroce salita.

Tutto per rispettare in modo fondamentalista e ideologico il principio del “noi non facciamo alleanze con nessuno”.
Questo principio purista è semplicemente stupido, tanto che Renzi, che si muove ormai da pugile suonato, ha avuto la cattiva idea di straparlare dicendo che lui non molla ed anzi punta per le prossime politiche a un 40% , che è fuori dal mondo, come quello che inseguivano e continuano ad inseguire i 5Stelle.
Peccato.
Ma possibile che tutti si sforzino di dimostrare di non sapere fare politica, di non avere idee a medio-lungo periodo, di dimostrarsi continuamente incoerenti?
E’ passata in parlamento una legge elettorale fatta apposta per favorire le coalizioni.
L’elettorato è da anni diviso equamente in tre parti intorno al 30% ciascuna : 5Stelle, Pdi e associabili, destra e associabili.
Allora o non capiscono quello che fanno, oppure lo capiscono benissimo e ci prendono per i fondelli dicendoci una cosa ma progettando di farne un’altra.
Se il PD, cioè Renzi e compagni hanno votato e voluto quella legge o sono scemi e lo escludo, o vogliono fare oppure hanno già fatto un’alleanza per il post elezioni post elezioni con Berlusconi.
La stessa identica cosa si può ripetere per Berlusconi e il suo schieramento.
La cosa irritante è che al loro elettorato sia l’uno che l’altro continuano a dire che non faranno alleanze con l’altro.

Ed allora danno per scontato che la massa sia tanto sciocca da cascare nel giochetto senza capirci nulla, ma che quelli che contano sanno benissimo che sono cose che si dicono per prendere i voti al Bar Sport, ma che poi sarà giocoforza fare “le grandi intese”, magari già concordate?
Certo che prendere per il naso la gente in modo così scoperto può costare caro o carissimo all’intiero sistema politico, al quale appunto la gente medesima mostra di credere e fare affidamento sempre meno, ma per andare dove?
Non c’è un altrove conosciuto rispetto alla democrazia rappresentativa, questo rischia di diventare il problema del futuro, se i politici si comportano in questi modi.
Non stiamo parlando di noccioline, stiamo parlando di due schieramenti politici che 30+30, fanno il
60%, e che realmente possono anche mettersi insieme per fare “la grande coalizione”, ma per fare che cosa?
Ce lo diranno dopo, ma noi dovremmo votarli prima, attenzione!
Rimangono i 5Stelle.
Ma se questi guardano o per non dirlo volgarmente abbaiano alla luna illudendosi di poter correre per raggiungere un 40%, non alla portata loro né di nessun altro, allora sono e siamo incartati e i voti dati a loro finiranno nel cestino, come quelli dati agli altri.

In uno scenario del genere come può andare a finire?
Ovviamente come è finita in Sicilia.
Però se in qualcuno prevalesse un minimo di raziocinio si potrebbe intravvedere un luce tenue nel fatto che non è difficile rilevare che fra 5Stelle e Lega versione nazionale di Salvini si sono manifestate convergenze evidenti : -volontà di mettere in discussione i vincoli europei che frenano la nostra economia, - politica di freno all’immigrazione disordinata e non gestita né all’origine né nel nostro paese, -superamento della legge Fornero sulle pensioni, -nuovi metodi di tassazione eccetera.
C’è una notevole uniformità nei programmi, ma saranno pronti i 5 Stelle a buttare alle ortiche la scemenza del “noi non facciamo accordi con nessuno”?
Salvini sembra più “politico” nel senso di più realista dei Grillini.
Certo che non ci sarebbero solo rose e fiori da una ipotetica alleanza 5Stelle-Lega.
Tanto per dirne una la Lega continua a corteggiare l’ultradestra cattolica oscurantista sui diritti civili compreso il “testamento biologico”, ma se andasse in porto questa alleanza sarebbe almeno un tentativo di cambiare le cose che non vanno.
L’altra alternativa, la vittoria della destra supportata anche da un PD personale di Renzi, sarebbe la “stabilità” del non fare nulla, continuando a sostenere una situazione di asservimento agli interessi tedeschi, travestiti da interessi europei.

A loro fa comodo la decadenza dell’Italia, a noi no.

venerdì 3 novembre 2017

L’uomo e l’”al di là”. E’ possibile fare qualche ipotesi plausibile in questo periodo di santi, morti halloween?





Giornali e telegiornali ci hanno informati che Papa Francesco il 24 ottobre scorso ha affrontato pubblicamente il discorso su come potrebbe essere il Paradiso, argomento che dovrebbe essere quello principe per la chiesa cattolica ,che da sempre dice che quello che succede e si fa nell’al di qui, ha sostanzialmente valore solo per quello che ci fa perdere o guadagnare nell’al di là, quando verrà il momento di andarci.
Argomento che dovrebbe essere principe si diceva, ma che non lo è affatto perché su questa questione la chiesa medesima è sempre stata estremamente prudente al limite della reticenza.
Come è possibile? Si potrebbe pensare.
La ragione di tale ritegno è semplicissima, ma allo stesso tempo sconcertante e consiste nel fatto, citato proprio dal Papa nella catechesi del 24 scorso, che

il Nuovo Testamento parla del Paradiso incredibilmente una volta sola e in modo indiretto, quando Gesù dice al buon ladrone : “in verità ti dico tu oggi sarai con me in Paradiso” (Luca 23-48).
E per di più Matteo,Marco e Giovanni non fanno cenno di questo passo nei loro Vangeli.
Inutile dire che questo vuoto nella Scrittura costituisce un punto fra i più deboli dell’intiera predicazione cristiana, tutta orientata sull’al di là.
E’ quindi una inspiegabile contraddizione il fatto che la chiesa quel luogo dell’al di là non sa come descriverlo, tanto che molti teologi, oggi ne parlano non più come di un luogo fisico, ma come di uno “status” esistenziale, un modo di essere.
Il Papa, lo abbiamo detto, ne ha parlato come “la meta della nostra speranza” e “Gesù lo promette a un povero diavolo che, sul legno della croce, gli rivolge la più umile delle richieste: ricordati di me”.

Per conquistare il Paradiso basta un umile pentimento per i nostri peccati, commenta il Papa, che poi entra direttamente nell’argomento : “Che cos'è il Paradiso? “Non è un luogo da favola e nemmeno un giardino incantato” Il Paradiso è l’abbraccio con Dio amore infinito e ci entriamo grazie a Gesù” e poi soggiunge “ Gesù ci vuole portare nel posto più bello che esiste perché nulla vada perduto di ciò che aveva già redento”. “Se crediamo in questo, conclude papa Francesco, possiamo pensare di partire da questo mondo con serenità e fiducia. “In quell’istante finalmente non avremo più bisogno di nulla, non piangeremo più inutilmente perché tutto è passato, anche le profezie, anche la conoscenza. Ma l’Amore no, quello rimane perché la Carità non avrà mai fine”.
Belle parole, immaginifiche, che come visione teologico-filosofica sposano la tesi della quale si diceva sopra del non luogo fisico, ma piuttosto dello “stato dello spirito”.

La cosa singolare è che questo spinoso argomento lo stesso papa Francesco lo aveva già trattato in altre occasioni e in particolare nei colloqui con Eugenio Scalfari, ultranovantenne intellettuale ateo - agnostico, fondatore di “Repubblica”.
Con Scalfari papa Francesco aveva ribadito il concetto che essendo tutto basato sulla misericordia di dio, in Paradiso ci andrebbero quasi tutti, purché pentiti o almeno consapevoli delle proprie mancanze, mentre coloro che nemmeno riconoscono le male azioni compiute come tali (il grande e compianto Card. Martini usava dire “ coloro che non pensano”) andrebbero incontro alla fine che probabilmente desideravano, cioè semplicemente ad una fine vera, nel senso che la loro anima si dissolverebbe nel nulla (quindi niente inferno).
Naturalmente i soliti “cattoliconi” esponenti del tradizionalismo cattolico, auto-nominatisi difensori della fede, anche contro le presunte deviazioni dottrinali del papa, si sono stracciate le vesti : “ma come ! Il papa parla di argomenti così delicati e basilari con un laico e per di più non credente?
La solita ignoranza, nel senso di non conoscenza, del tradizionalismo cattolico.
Come non ricordare che il papa più intellettualmente preparato del secolo scorso, Paolo VI amava passare lunghe ore confrontandosi in discussioni con l’amico Jean Guitton, filosofo neo-tomista, guardando dai palazzi apostolici il favoloso panorama romano, che finiva nei colli cantati da Ovidio?
O l’accademico Papa Ratzinger ,che era uso rivedersi periodicamente con quelli che considerava i suoi allievi più vicini (quasi tutti laici) per intrattenere con loro lunghe discussioni.
O Papa Woytila che per tutta la vita, a costo di alimentare anche il più maligno dei “gossip” vaticani, ha continuato a mantenere per tutti gli anni del suo pontificato un profondo sodalizio intellettuale con la sua amica di gioventù, la neuropsichiatra infantile Wanda Poltawska, ospitandola per lunghi periodi addirittura nel sacro palazzo.
E così di seguito, forse i tradizionalisti cattolici rimpiangono i tempi dei Pii XII che si auto-relegavano in una torre d’avorio, tempi finiti da un bel pezzo.

Fatto sta che il bisogno perfino dei papi di confidarsi privatamente su argomenti di fede, anzi su argomenti principe di fede come quello dell’al di là, con amici sicuri, documentano il fatto che per nessuno, compresi i papi esistono in realtà verità così evidenti da non aver bisogno di essere discusse e di sentirne in merito il parere degli amici, con buona pace degli ultra-tradizionalisti, convinti di essere gli unici ad avere la verità in tasca.
Ma torniamo a noi.

E’ bello ma obiettivamente non è molto quello che il papa ci ha detto in proposito dell’”al di là”, anche se ,quando si tratta di cose provenienti dai sacri palazzi, occorre avere l’accortezza di “leggere fra le righe” nel senso che spesso quello che non viene detto, può essere più importante di quello che viene detto esplicitamente.
Mi ha fatto pensare alla necessità di adottare questo procedimento la piccata critica alla predicazione papale della quale stiamo parlando, fatta di recente con molta cautela e rispetto formale dall’ex prefetto del sant’uffizio, Card Mueller, recentemente giubilato, che sembrava dire nella sostanza (non esplicitata) : comodo per il papa accattivarsi folle plaudenti, battendo continuamente sul solo tasto della misericordia di dio, ma il resto della dottrina, sarebbe suo dovere ribadirlo, invece che saltarlo.
Non posso dargli torto nella sostanza, se cerco di ragionare seguendo il punto vista dei tradizionalisti e degli apparati clericali, che appaiono preoccupati più della sorte della loro “bottega”, che della felicità dei fedeli, perché

dire quello che il papa ha detto a Scalfari e nella catechesi del 24 scorso significa non dire appunto, per esempio, che paradiso, inferno, purgatorio e peggio ancora limbo sono concetti finiti nella più polverosa delle soffitte e destinati a rimanerci.
E poi, non voglio essere eccessivo nel lanciarmi in deduzioni, ma se in paradiso ci vanno tutti, come in pratica ha detto il papa, fidando nella misericordia di dio, purchè abbiano un minimo di cervello e di coscienza, che ce ne facciamo dei sacramenti? E delle liturgie?
Alla fin fine i preti perderebbero il lavoro.
In questa prospettiva infatti il papa riempirà sempre più piazze, ma i presbiteri rimarranno sempre più senza lavoro e chi pensa sopratutto a questo si preoccupa con qualche fondamento.
Non se ne preoccupano affatto invece i “preti da strada” perché il loro lavoro sta aumentando, non diminuendo, ma qui proprio sta il discrimine, che probabilmente papa Francesco non riuscirà ad evidenziare prendendo il toro per le corna della curia, per non essere incornato dalla forza enorme degli apparati autoreferenziali di tutti quelli che pensano al loro servizio come impiego che non rende poi così poco, se si pensa anche solo alle entrate da 8 per mille in Italia, molto di più in Germania, eccetera.
Se poi pensiamo al valore venale dei beni immobili ecclesiastici…….dovremmo beatificare Napoleone che li aveva espropriati a favore dello stato, tanto poi di fatto sono tornati dove stavano prima.

Tutto questo per dire che il “poco” che ha espresso il papa non è poi così poco.
Poco però è e rimane dal punti di vista di una presunta spiegazione razionale dell’al di là.
E infatti chiediamocelo : pur essendo questo “poco” significativamente molto più consistente per l’umanità rispetto al puro invito alla acritica e irrazionale sottomissione al “mistero” miracolistico e sacrale dei tempi di Pio XII, basta per soddisfare la sete di conoscenza dell’uomo moderno?
Temo di no.
Papa Francesco tradisce continuamente una autentica ansia di condividere la condizione umana e l’anelito a conseguire per quanto possibile la felicità della gente e questo ovviamente va benissimo e ci rende caro questo personaggio straordinario.
Personaggio che però forse per una sua insufficiente preparazione o interesse specifico in materia di scienza sembra non comprendere quanto l’uomo moderno si sia impossessato oramai forse inconsciamente ma decisamente dei fondamentali del pensiero scientifico.

L’uomo moderno ormai ha addestrato il suo cervello a richiedere conoscenza e la “conoscenza” è in una posizione di insuperabile contrasto con la “fede” che quindi non può in alcun modo essere considerata nel mondo moderno come un merito o una virtù, ma piuttosto come una superstizione, un pregiudizio, perché non è in grado di superare la minima verifica, affidata alla critica razionale.
La fede per definizione è un’operazione di “wishfull thinking” che wikipedia traduce come : pensiero illusorio, pio desiderio, pensiero desideroso.
Chi crede per fede, crede non perché ha elaborato e ottenuto una verifica razionale, dimostrabile almeno sul piano logico, a favore delle sue credenze, ma crede solo perché “vuole” credere, facendo in qualche modo violenza alla sua sete di conoscenza di interpretazioni della realtà che siano dimostrabili da qualche evidenza.
E qui ci si arresta, purtroppo.

Il pensiero scientifico sulla base delle moderne acquisizioni non può riconoscere l’esistenza di un “al di là” ,perché non c’è allo stato delle conoscenze alcuna evidenza a favore, ed al contrario, tutte le evidenze sono a favore del no.
Per il pensiero scientifico non esiste allo stato delle conoscenze alcuna possibilità di riconoscere un’esistenza autonoma a quelle che noi intendiamo come “realtà spirituali” : pensiero, sentimenti eccetera.
Queste realtà esistono con tutta evidenza, e in un certa misura la ricerca scientifica nelle neuroscienze oggi è vicina a poter riscontrare una loro presenza empirica, attraverso l’uso di macchine sempre più sofisticate che sono in grado di evidenziare le operazioni che sta compiendo in un certo momento il nostro cervello, compreso quelle che definiamo pensiero ed espressione di sentimenti.
Si sta arrivando in qualche modo a “misurare “ il pensiero e i sentimenti.
Questo evidentemente è un bene perché consentirà di affrontare per la prima volta la cura di malattie prima ritenute non trattabili empiricamente, come i disturbi mentali, quelli che una volta erano definiti “pazzia”.

Ma nello stesso tempo questi progressi delle neuroscienze, sembrano sottolineare la dipendenza di pensiero-sentimenti dall’hardware che li produce, l’organo cervello, estremamente complesso,ma sempre più studiato e conosciuto.
Mi pare che si parli di qualcosa come formato da 100 miliardi di neuroni, che per di più non sono tanto importanti di per sé e per il fatto che sono un numero enorme, ma per il modo con il quale questi neuroni formano le famose sinapsi, cioè i collegamenti fra di loro.
Uno scienziato che parla in quanto scienziato, può anche essere credente, queste sono scelte personali,che ognuno fa come meglio ritiene, ma non potrà mai dire , sulla base dello stato delle cose attuale, che ha trovato l’evidenza di una esistenza autonoma dello “spirito”, una volta che è perito l’hardware cervello, che lo ha prodotto.
Questo è un dato di fatto che sarebbe sciocco ignorare.

Purtroppo ! E dico purtroppo perché personalmente pur essendo agnostico o meglio “beliver but non denominational” cioè credente ma non etichettabile in nessuna delle denominazioni religiose, sono fra coloro che non si ritengono assolutamente soddisfatti da una simile constatazione negativa.
Mi tocca riconoscerla sul piano razionale, perché l’evidenza è quella che è, ma continuo a chiedermi se non c’è una qualche ipotesi razionalmente plausibile che consenta di pensare ad una esistenza autonoma di pensiero e sentimenti, cioè di quello che la filosofia chiama spirito e la teologia chiama anima.
Molti scienziati pur consapevoli delle risposte delle loro discipline in questa materia hanno manifestato interesse e sensibilità nei riguardi della questione della quale stiamo parlando perché cruciale per definire la condizione umana.

E’ per esempio di estremo interesse andare a leggere i passi nei quali Darwin affronta l’argomento religione, quello stesso Darwin, che obiettivamente ha dato il colpo di grazia a tutte le mitologie religiose, era anche una persona che soffriva nel suo animo a dover riconoscere le conseguenze che avrebbero avute le sue scoperte, non fosse altro per il grande affetto che nutriva verso la moglie che non solo era credente ma che praticava una fede molto tradizionalista, lontanissima dallo spirito critico.

Albert Einstein ha ribadito più volte in modo esplicito la sua sensibilità e il suo interesse nei confronti della religione.
Bisogna intendersi però sul significato delle parole perché se Einstein rivendicava il fatto di essere credente, probabilmente questo termine per lui aveva il medesimo significato di “pensante” che troviamo nelle meditazioni del Card.Martini, come si era accennato sopra.
Il dio di Einstein è lecito trovarlo nella enunciazione filosofica di Spinoza, quel “deus sive natura” e infatti di certo era concepito come “non personale” e come collegato col cosmo, coll’universo.
Veronesi altro scienziato dotato di una sensibilità aperta a ragionare sulle ipotesi religiose diceva che l’unica forma di immortalità nell’uomo risiede nella trasmissione ai discendenti del suo patrimonio genetico e di quello che ha fatto in vita.

Insomma nel pensiero in proposito al quesito sull’”al di la” da parte degli scienziati che hanno manifestato interesse al problema, si riscontra regolarmente l’intuizione a un legame con la natura che fa pensare che se esiste un divino questo deve essere connesso con la natura stessa.
C’è un filone di pensiero che si snoda da sempre su questa strada e che parte dalla constatazione che l’universo è estremamente complesso, ma è indiscutibilmente leggibile medianti costanti matematiche e fisiche che sono interpretbili dall’uomo, che quindi ha la facoltà per svilupparne al conoscenza.

Dio è la matematica?
Per certi aspetti c’è qualcosa di razionale in questa apparentemente strana affermazione.
Affermazione condivisa filosoficamente da molti scienziati come ipotesi di spiegazione della condizione umana, che ha delle conseguenze abbastanza drastiche perché taglia fuori tutte le mitologie, le narrazioni sulle quali si basano le scritture e le dottrine di tutte le religioni.
Forse sono stati troppo sbrigativi i positivisti e gli illuministi che ritenevano le religioni frutto di pregiudizi e ignoranza che sarebbero scomparse con il diffondersi dell’istruzione.
Molte belle anime ripetono in modo acritico uno degli argomenti ritenuti forti dagli apparati clericali, che affermano : vedete la nostra chiesa ha resistito per duemila anni e questa è la prova della sua forza.
Peccato che si dimentichino di aggiungere che la forza delle chiese non è stata basata nei secoli sulla obiettiva capacità di convincere razionalmente la gente di quanto andavano predicando, ma proprio sulla forza bruta del potere laico che ha da sempre usato le religioni per legittimare il loro potere e puntellarsi.
E quindi nessuno poteva permettersi di non credere, bella forza!
Ho capito perché i preti ,anche senza leggerlo, odiano e consigliano di non leggere Dan Brawn, leggendo l’ intervista che ha fatto di prammatica per il lancio del suo nuovo romanzo “Origin” in Italia, quando lo stesso Brawn afferma candidamente di ritenere che i miti religiosi (cristiano, musulmano, buddista, induista,confuciano, shintoista eccetera) abbiano i giorni contati, cioè che in un futuro probabilmente anche prossimo non avranno più alcun credito.

Temo di essere portato a condividere la profezia di Dan Brawn anche perché sul piano storico mi sono convinto che le religioni tradizionali abbiano dato all’umanità più problemi e guai che soluzioni di problemi.
Ma questa è altra cosa rispetto all’ipotetico possibile riconoscimento di un qualche modo di potere pensare a una esistenza autonoma di pensiero e sentimenti anche quando il cervello perisce con il resto del nostro corpo.
Naturalmente non sono tanto sciocco da dire ai miei lettori che dopo tanti anni di meditazione ho formulato una mia ipotesi sul problema dei problemi.
Non ho scoperto l’acqua calda, sono solo uno dei tantissimi che da sempre pensano e ricercano possibili risposte senza andare oltre a quegli orientamenti che si sono citati sopra.

In questi giorni mi sono imbattuto per caso in una lirica del poeta senegalese di lingua francese,Birago Diop, che se pure con linguaggio appunto poetico, tratta il nostro tema con una forza espressiva veramente notevole.
La ripropongo ai miei lettori che potranno trovarla a questo Link in italiano ( http://www.la-poesia.it/poesie-africane/birago-diop-i-morti-non-sono-morti-5090-1.html) oppure (https://www.youtube.com/watch?v=pDZhi5h2Gc4) in originale recitato dall’autore.
C’è tutta la forza ancestrale della sua Africa, che è non dimentichiamolo, come risulta scientificamente dimostrato, la nostra comune patria di origine come Homo sapiens.
In francese il titolo è “le souffle des ancetres”, la manifestazione dello spirito degli antenati. Bellissimo il modo di rappresentare le realtà spirituali in una perenne natura, le credenze ancestrali che si combinano con il filone di pensiero di alcuni dei più grandi scienziati che si sono sopra citati, senza bisogno di tirare in ballo le narrazioni mitiche delle varie religioni.