martedì 27 marzo 2012

Il Prof Monti, ovvero la sfinge

Quando c’era Silvio il Caimano era tutto prevedibile. Tutti sapevano che avrebbe fatto tutto quello che non doveva fare e quindi sapevano cosa avrebbe fatto. Gli unici brividi da comportamenti inaspettati derivavano da quelle che il suo biografo autorizzato Bruno Vespa ha chiamato la sua compulsione “a fare le marachelle” come i bambini piccoli.
Col Prof. Monti, come con tutti i professori tutto è diventato più difficile.
Berlusconi pur con tutti i suoi soldi che gli permettevano di ingaggiare i migliori esperti di marketing per vendere il prodotto Berlusconi era notoriamente uno che, detto molto terra –terra, “ragionava di pancia” come tutti i populisti.
Monti invece per definizione “ragiona di testa” che per di più è una testa fine.
Succede allora uno spettacolo divertente : tutti i cervelloni , le grandi firme dei migliori giornali dopo quattro mesi di governo Monti non sanno letteralmente più che pesci pigliare, perché l’uomo è illeggibile.
Ma chi è veramente questo Monti? si chiedono e si richiedono.
Dice di essere un moderno Cincinnato pronto a tornare nelle aule della Bocconi, ma chi ci crede? Gli esperti di cinismo italico sanno benissimo che il potere ha l’effetto della più potente delle droghe, inebria e trasforma anche Sant’Antonio.
Quando poi sentiamo una navigata vecchia volpe come Casini (ricordate che era l’ex delfino di quel Forlani, che i giovani di oggi non sanno nemmeno chi fosse stato, tanto è il tempo passato?) dire che Monti è più politico di Andreotti, allora finiamo per non capire più niente.
Nella puntata di ieri sera nel salottino di Gad Lerner l’ex direttore del Corriere Paolo Mieli, che a suo tempo aveva perso il posto per avere scommesso contro Berlusconi alle elezioni del 2008, ora stimato ed equilibrato divulgatore di storia ha detto la sua, che ha una sua logica intriseca e una sua verosimiglianza.
Monti andrebbe avanti diritto come uno schiaccia- sassi lasciando sotto art 18 e quant’altro per una compulsione ben diversa da quella berlusconiana per le marachelle facili.
Monti da professore di alto livello sarebbe vittima di una compulsione didattica : vorrebbe educare gli italiani, cioè cambiarli, cioè plasmarli.
Hai, hai. Ci aveva provato un altro con ben altri mezzi e non c’era riuscito pur avendo avuto a disposizione vent’anni e non pochi mesi.
L’interpretazione in chiave psiciologica di Mieli ha però un suo innegabile fascino intellettuale.
Illeggibile quindi il nostro Professore, ma fino a un certo punto.
Casini probabilmente non ha tutti i torti a vedere in Monti uno che sa eccome fare politica, ma soprattutto Casini ha un sogno tutt’altro che disprezzabile : quello di giocarsi la partita più grande della sua vita politica mettendo Monti alla prossime politiche del 2013 come candidato premier del terzo polo giocando sulla crisi evidente dei due maggiori partiti PDL e Pd che sono al limite dell’impolsione, dando alla vasta palude dei moderati quella casa che aspettano da decenni dopo il suicidio della DC.
Non è affatto un progetto inverosimile, potrebbe essere addirittura auspicabile, ma le variabili sono molte.
Personalmente azzardo un’altra ipotesi che mi sembra più vicina alla personalità del Professore.
Monti si è costruito non come leader italiano, ma come tecnocrate- politico europeo.
In quella veste ha fatto quello che non era riuscito a nessun altro : aveva costretto a pagare una somma enorme la Microsoft di Bill Gates per comportamenti contrari alla concorrenza.
Monti si sente non al livello di Merkel e Sarkosy, ma obiettivamente sopra di loro non per eccesso di arroganza, ma perché si è addestrato a ragionare un livello sopra di loro come politico- tecnocrete europeo di grande qualità.
Ma andiamo avanti.
Gli attuali titolari delle maggiori cariche della UE (Commissione ecc.) si era detto al momento della loro nomina che erano stati scelti fra personalità di basso profilo appositamente per non limitare il potere del duopolio Merkel Sarkozy, che si avvertiva già allora come debole.
Monti ha un’idea di cosa fare dell’Europa che Merkel e Sarkosy non hanno e sanno di non avere.
Ci sono quindi delle circostanze obiettive che portebbero consentire al nostro Professore di realizzare il suo sogno di Europa.
Gli storici e i politologi da secoli si chiedono perché Tizio viene messo sugli altari dalla poltica e Caio che non valeva meno di Tizio rimane invece a mangiare polvere?
Perché la politica è un’equazione a troppe incognite per essere risovibile razionalmente, non è matematica.
Però a questo mondo tutto alla fin fine è matematica nel senso che deve rispondere a una logica.
Monti sembra nato apposta per perseguire quell’obiettivo e le circostanze sono tali da rendere verosimile la sua corsa.
Auguri professore.
Peccato però che se lui andrà in Europa l’Italia dovrà cavarsela senza di lui.
A meno che non sia possibile una ulteriore ipotesi e cioè che la sua idea di Europa non possa essere perseguita da un Monti premier italiano dopo le elezioni del possimo anno.
Ed allora auguri due volte se….. si sapesse chi è il prof Monti.
Se fosse un politico eletto per farsi eleggere avrebbe dovuto fare almeno la fatica di mettere insieme un programma politico-strategico (anche se i programmi vengono regolarmente disattesi, ma questo è un altro discorso).
Il suo programma è stato un ultragenerico “salvare l’Italia”, in parte realizzato dato che ha superato i momenti di emergenza dell’inverno 2011.
Ma se fosse vero che il professore sarebbe una personalità con capacità politiche maggiori di quelle di Andreotti, allora dovrebbe uscire dall’involucro della sfinge e far sapere la sua idea di Italia in modo che il popolo possa giudicarlo.
Per uscire dalla teoria e stare coi piedi per terra oggi un numero sempre maggiore di persone comincia a fare due più due e su questa base conclude che saremo sì usciti dall’emergenza, ma facendo pagare il conto ai deboli ivi compreso il grande ceto medio, salvaguardando gli interessi dei forti e dei titolari di privilegi.
Viene cioè a molti il sospetto che la sfinge nasconda un Berlusoni che sostituisce alla buffoneria la serietà e la sobrietà professorale, ma per realizzare il programma che Berlusconi non è riuscito a realizzare nenache in parte almeno significativa.
Se fosse così è chiaro che saremmo allo stesso punto di prima con l’aggravante che l’opposizione al berlsuconismo che a novembre 2011 era data dai sondaggi 10/15 punti vincente sopra Pd-Lega sarebbe stata beffata dall’appoggio dato al governo Monti.
Allo stato delle cose il governo Monti ha impedito la dissoluzione di Pdl e Lega in atto fino a poco tempo fa e ha messo in difficoltà il PD, che sempre di più viene accusato di tessere un osceno inciucio con i berlusconiani.
L’unico che può cantare vittoria è Casini che col terzo polo ha il vento in poppa e che potenzialmente potrebbe essere il vero beneficairio dei moltissimi scontenti di Pd e PDL.
Ma come è possibile pensare che il vecchio partito del politicamente vecchissimo Casini, che per di più conta nelle sue file un numero spaventoso di indagati per i peggiori delitti, possa rispondere alla domanda di nuovo e di diverso in politica?
Ed allora se la sfinge si degnasse di dirci dove vuole andare a parare potrebbe essere una grande speranza.
Però attenzione se il suo programma politico fosse ispirato a sostituire l’art 1 della Costitiuzione : l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, con la proposta berlusconiana l’Italia è una repubblica fondata sull’impresa allora sarebbe megli che tornasse in Bocconi e che si andasse a votare domattina.
Perché se così fosse altro che l’art 18, sarebbe la storia della repubblica dalla sua nascita ad essere gettata alle ortiche.
Per i cattolici andrebbe bene contraddire il senso più elementre della dottrina sociale cristiana?
Per gli ex comunisti andrebbe bene sancire il contrario dei loro migliori ideali?
Per i moderati del ceto medio andrebbe bene continuare a credere nella sirena berlusconiana che li aveva illusi che se stando con lui sarebbero diventati ricchi?

giovedì 22 marzo 2012

Sobria abolizione dell’art. 18 senza creare un solo posto di lavoro

Bastava vedere Angelino Alfano tessere l’elogio della riforma del lavoro nel telegiornale di ieri sera per rendersi conto che questa cosa puzza.
Se poi uno andava a consultare qualche gioslavorista o economista del lavoro come ha fatto sempre ieri sera Sky Tg24 Economia si chiariva del tutto le idee su cosa sta combinando questo presunto governo dei tecnici.
Facciamola breve, l’impressione che si ricava è che con il marchingegno del licenziamento “economico” si apra la strada alla possibilità di licenziamento “ad libitum”, a discrezione dell’imprenditore e cioè si abolisca di fatto l’art.18.
I giuslavoristi hanno già detto che il meccanismo escogitato è talmente mal delineato e macchinoso che gli unici a guadagnarci da questa brillante riforma saranno gli avvocati del lavoro.
Questo benedetto art. 18 viene invocato nell’1% dei casi di licenziamento e quindi la sua rilevanza non è sicurametne tale da farne una quastione prioritaria in un momento di crisi.
Se si vuole tentare di caprici qualche cosa su questo argomento si tenga presente che si la riforma in questione riguarda i licenziamenti individuali e non quelli collettivi per i quali la porta per il licenziamento “economico” è spalancata da sempre, tanto che ogni giorno chiudono aziende “per motivi economici” lasciando a casa i loro dipendenti.
E allora di cosa stiamo tutti discutendo in questi giorni? Del sesso degli angeli come ai tempi della scolastica medioevale?
Il cuore del problema sta nel fatto che l’art. 18 non è importante di per sé, perché come abbiamo detto interessa un numero limitato di casi.
L’art 18, come ha sostenuto in modo finalmente trasparente la CGIL, ha un grande valore simbolico,perché è una delle poche cose che danno la sensazione alla parte più debole cioè il lavoratore di avere una qualche tutela e di non essere alla mercè di eventi incontrollabili.
In un momento di crisi nera avviata e diventare ancora più nera nei prossimi mesi essendo il paese in piena recessione (produzione e Pil negativi) si va a toccare il simbolo della garanzia che ha il lavoratore italiano contro l’arbitrio delle controparti più forti.
Oggi il problema è quello delle folle dei lavoratorin cacciati dal mercato del lavoro che si ingorssano. La priorità assoluta è quindi facilitare la creazione di sviluppo e di posti di lavoro.
I giovani sono obbligati a venerare san precario da un bel pezzo e per loro le variazioni dell’art 18 non porteranno nemmeno mezzo posto di lavoro, e in più daranno loro la sensazione di essere ancora più abbandonati a sé stessi.
Questa parte della riforma sull’art. 18 è una impuntatura ideologica più degna del peggior berlusconismo che di un presunto governo dei tecnici.
L’unica “pars construens” della riforma, è quella riguardante le procedure “di entrata” nel mondo del lavoro invece di quelle in uscita, che sembra tentare di incentivare quella figura dell’apprendistato incautamente messa da parte anche per responsabilità sindacale negli anni delle vacche grasse per emarginare quelle forme di lavoro che allora sembravano ingiustamtente discriminatorie verso i giovani.
A parte il fatto che nella situazione di oggi c’è poco da fare gli schizzinosi, la figura dell’apprendistato è qualcosa di connaturale al dna italico delle corporazioni artiginali dei mestieri nei comuni medioevali e della civiltà contadina dove spettava ai più anziani ed ai più tecnicametne preparati fornire le nozioni e le abilità ai giovani.
Disgraziatamente però da noi dove la cultura di questa figura professionale era più solida, la classe politica e sindacale l’ha sempre se non avversata certo non favorita.
Il sistema educativo italiano, essenziale per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, è stato da decenni orientato a favorire l’accesso all’istruzione “generalista” dei licei, relegando in serie B l’istruzione tecnica professionale.
E’ stato un errore strategico colossale e la prova provata di questo discorso si trova in Germania, dove il sistema paese funziona e prospera in buona parte perché costruito sulle scuole tecnico professionali e sull’apprendistato.
E’ su questa parte della riforma che occorrerebbe lavorare se esistessero ancora forze politiche in grado di rappresentare i lavoratori.
Se poi dovessimo concludere che questo parlamento non rappresenta più nessuno andiamo a votare e finamola con la foglia di fico dei tecnici.

giovedì 15 marzo 2012

Ancora sulla Tav Torino Lione

Ribadisco quello che avevo detto nel post del 2 marzo scorso. Certi pasticci elaborati come un labirinto dal quale non si riesce più ad uscire li sappiamo fare solo noi italiani, quando siamo in vena di esaltare non il nostro lato di santi navigatori e poeti, ma quello dei pasticcioni pressapochisti per il godimento degli stranieri che si beano dei luoghi comuni a nostro danno.

Al punto nel quale siamo arrivati in cui non si capisce più chi sia a favore e chi contro e soprattutto non si capisce perché lo facciano se non per partito preso, vediamo di ragionare su argomenti verificabili ed allora gli argomenti contrari alla realizzazione dell’opera sono numerosi e obiettivamente di peso :

-si tratta di un’opera progettata vent’anni fa che quand’anche fosse realizzata lo sarebbe fra altrettanti vent’anni, periodo di tempo che al giorno d’oggi corrisponde a tempi geologici, cioè totalmente al di fuori di ogni razionalità. Una volta finita l’opera pioverebbe in un mondo radicalmente diverso da quello che prevedevano i progettisti e quindi le probabilità che risulti inutile sono elevatissime;
-la Val di Susa è già percorsa da una grande opera altrettanto inutile della Tav o quanto meno del tutto surdimensionata per le esigenze del traffico che la attraversa ed è l’autostrada, di conseguenza i Valsusini sono già sufficientemente caricati dal peso di un’opera brutta, invasiva e poco utile.
-dalla stazione centrale di Milano parte ormai da anni il TGV (treno ad alta velocità) che va a Parigi, costoso, ma molto bello confortevole e sufficientemente veloce , la TAv Torino –Lione farebbe risparmiare un’ora : ne vale la pena se si considera il costo elevatissimo (per avere un’idea corrispondente a quello di tre ponti di Messina). Se poi si gira il discorso dal traffico passeggeri a quello merci il guadagno di un’ora ed a quel prezzo appare francamente ridicolo;
-le cifre relative al traffico ferroviario su quella tratta negli ultimi anni sono difficilmente contestabili : indicano una costante diminuzione e quindi sono solo loro la prova provata dell’inutilità dell’opera. Se vogliamo essere precisini, teniamo pure conto del fatto che negli ultimi tempi quella diminuzione è influenzata dal fatto straordinario dei lavori in corso nella galleria del Fréjus per alzare la campata al fine di consentire il passaggio dei containers dell’ultima generazione, caricati sugli appositi vagoni ferroviari. Però se è vero che quei lavori causano una diminuzione temporanea del traffico, questo non significa che l’ordine di tendenza sia diverso. Si tenga conto anche del fatto, per niente marginale, che la costruzione del tratto della linea di alta velocità successiva e cioè la Torino-Milano, già operativa, è stata finora un totale flop nel senso che non raggiunge neanche lontanamente i volumi di passeggeri ipotizzati al momento della progettazione;
-fenomeno tipicamente italiano su questa vicenda anche il genio di Leonardo da Vinci si troverebbe in difficoltà a farsi un giudizio attendibile a causa della assoluta mancanza di trasparenza su quasi tutto. Il Corriere della sera di qualche giorno fa ha pubblicato un bel disegnino fatto in modo da lasciar credere ai lettori che dalla pare francese il tunnel sarebbe quasi ultimato. Peccato che il pur autorevole meteorologo e ambientalista Luca Mercalli, che ricopre pur sempre una cattedra all’università di Torino, abbia dichiarato in un’intervista al Fatto due giorni dopo che i lavori dalla parte francese non sono ancora nemmeno partiti.
I giornali hanno insinuato in coro il fatto che la famosa cooperativa dei muratori di Ravenna, notissima mega coop nel campo delle grandi opere, per definizione vicina al PD (e io stesso avevo dato credito a queste voci perché plausibili) sarebbe destinata ad essere l’impresa “general contractor” ,ma per quanto se ne sa la società deputata a gestire tutti i lavori è francese e si chiama LTF.
Se poi cerchiamo di determinare i costi che si dovrà addossare lo stato cioè il famoso contribuente italiano, cioè noi tutti, finiamo al gioco del lotto.
Se poi mettiamo nel conto il fatto che viviamo in uno dei paesi appesantiti da una delle classi dirigenti più corrotte del mondo e che nella regione nordica dove dovrebbe sorgere l’opera l’indice di penetrazione della ndrangheta calabrese è molto elevato tanto che è stato sciolto di autorità il Consiglio comunale di Bardonecchia per indizi di infiltrazioni mafiose nel 1995, rischieremmo anche di arrabbiarci.
Se poi vogliamo dirla tutta non tralasciamo ancora un paio di considerazioni :
- se siamo incontestabilmente in una fase di stretta in tutti i sensi e di sacrifici generalizzati qualcuno ci spieghi perché dovremmo imbarcarci in un progetto faraonico del quale non si vedono per niente gli eventuali vantaggi, mentre gli svantaggi sono facili da elencare talmente sono evidenti, fra i quali le enormi somme di spesa che andrebbero ad appesantire ulteriormente il nostro deficit di bilancio.
- non sarebbe prioritario usare gli stessi soldi che rimarrebbero a carico dello stato italiano per le infrastrutture necessarie ai pendolari? Se esistesse ancora una qualunque forza politica di sinistra o almeno socialmente sensibile, non sarebbe il caso che si ricordasse del fatto che la grande velocità serve agli abbienti che se la possono permettere mentre il popolo ha bisogno quotidianamente di treni necessariamente a più bassa velocità a causa delle frequenti fermate indispensabili per chi va a lavorare? Se poi questa ex forza di sinistra favorisse quest’opera inutile per creare comunque occasioni di lavoro, allora vorrebbe dire che saremmo arrivati veramente alla canna del gas, come si usa dire. Ma speriamo che non sia così.
I fautori del sì non vanno oltre ad argomentazioni molto generiche e non documentate basate ad esempio :
- sulla necessità di rimanere legati all’Europa (forse sarebbero necessari altri tipi di vincoli di carattere politico e non stradali o ferroviari che già sono abbondanti)
- sul fatto che la realizzazione dell’opera sarebbe un fattore di adesione alla modernità (con questi tempi di realizzazione l’argomentazione fa veramente ridere)
-sul fatto che abbiamo firmato recentemente un accordo con la Francia relativamente alla nostra intenzione di realizzare l’opera (il tutto è talmente generico da non legarci minimamente)
-che si deve mantenere la parola data ( detto da politici siamo veramente oltre il limite del ridicolo)
-che una parte dell’opera sarebbe finanziata a livello europeo (vero ma lo stato italiano avrebbe a suo carico fra una e due decine di milioni, anche se le cifre comprese quelle ufficiali sono molto buttate là).
Mi spiace per i famosi tecnici al governo ma ribadisco che fa veramente pena sentire il pure autorevole Presidente Monti affidarsi ad argomenti tanto deboli e soprattutto tutt’altro che tecnici.
Perché lo fanno? Non sicuramente perché siano convinti delle ragioni ufficiali, ma allora siamo ancora ai tempi del berlusconismo riproposto con l’aggiunta solo di un sobrio loden, come dicono goliardicamente alcuni maligni?

venerdì 9 marzo 2012

Bravissimo Riccardi questa politica fa schifo ma allora andiamo a votare

Ieri il governo Monti ha ricevuto il primo scossone con rischio di deragliamento da parte del segretario dei berlusconiani, Angelino Alfano, che aveva necessità di fare vedere che esiste anche lui e che ogni tanto è capace di fare qualcosa di suo senza eseguire sempre pedissequamente gli ordini del capo e così ha fatto saltare la riunione programmata del vertice fra i tre segretari della maggioranza (PD-PDL-UDC).
La cosa però era talmente sporca (evitare di discutere di Rai TV e di leggi sulla corruzzione, cioè le uniche cose che stanno veramente a cuore a Berlusconi) che il ministro Riccardi ha commentato : questo modo di far politica mi fa schifo.
Apriti cielo, decine di senatori berlusconiani ne hanno chieste le dimissioni presumendo evidentemente di essere l’oggetto dello schifo.
Riccardi non è un ministro qualunque. E’ un tecnico nel senso che non è un politico di professione, è professore universitario, storico della chiesa.
Ma soprattutto è uno degli esponenti più “puliti” del così detto “mondo cattolico”, essendo il fondatore di Sant’Egidio, movimento cattolico nato a Transtevere dedicato alla cura degli ultimi e divenuto celebre per i suoi interventi nel campo della cooperazione internazionale, quando con un lavoro di cerotosina pazienza è riuscito a fare dialogare i capi delle opposte fazioni, che si combattevano da anni ferocemente in Mozambico riuscendo a portandovi la pace sulla base di un progetto intelligente,capace di tener conto degli interessi legittimi delle parti.
Sottolineo l’aggettivo “puliti” perché dopo la deriva della gerarchia cattolica italiana che si è spesa per vent’anni a favore di un berlusconismo che rappresentava tutto il contrario dello spirito evangelico, della morale cattolica, della dottrina sociale cattolica e che si era appoggiata in modo preferenziale al movimento di CL, la cui deriva affaristica è al disonore delle cronache quasi quotidianamente, era ben ora che sotto i riflettori ci andasse chi rispetto a quei mondi era sempre stato “altro”.
E’ venuta finalmente in luce una parte importante dell’altra faccia della luna del mondo cattolico.
Bravo Riccardi! Il suo commento sui fatti di ieri è perfettamente in linea con la sua storia personale e con quello che rappresenta.
Evidenzia però tutta la debolezza del governo dei tecnici risultati vincitori nell’abbattimento dello spread cioè in altre parole nell’avere impedito all’Italia di fallire trascinandosi dietro l’Europa.
Non è poco, ma a che prezzo?
Il sobrio e pure “pulito” Monti ha dovuto chiedere e coltivare la fiducia di un parlamento composto da un numero incredibile e indecoroso di pregiudicati e indagati per i reati più infamanti per dei politici, da un’altra fetta di faccendieri, una fetta di incapaci finiti lì per caso e da un pattuglia di poveracci onestuomini in cattiva compagnia.
Come possono gente come Monti e Riccardi vivere politicamente solo se conservano il favore e il consenso di così tanta gente di quel tipo?
Per salvare l’Italia si fa anche questo, l’argomento ha una sua logica, ma è inevitabile che dopo un po di tempo uno sbotti come Riccardi a dire : tutto questo mi fa schifo!
Quando è sorto il governo Monti si era detto che c’era prioritario un problema di tempo, cioè che c’era pochissimo tempo per varare le misure chieste dalla UE o il paese andava a gambe all’aria e che quindi non c’era tempo per consentire alla gente di andare al voto mandando a casa chi era stato responsabile di avere provocato la bancarotta con lo spread a 570 punti, corrispondente a un interesse sul debito decennale dell’8%.
Probabilmente era vero, ma tutto questo aveva un costo pesante che consisteva non solo nel non punire e mandare a casa subito chi aveva provocato il disastro, ma al contrario di legittimare quei furfanti in qualche modo offrendo loro una qualche via immeritata di riabilitazione facendoli partecipi dei buoni risultati che avrebbe ottenuto un governo di persone competenti e pulite.
Più si va avanti e più l’impresentabilità del vecchio parlamento diventa imbarazzante.
Risulta sempre più chiaro che il berlusconismo era stato un incredibile abbaglio collettivo.
Che non aveva mai avuto alcun vero progetto politico, essendo solo un partito padronale a supporto degli interessi delle imprese private del gruppo Fininvest Mediaset.
Televisioni e giustizia-corruzione questi sono le sole priorità del PDL come i fatti di ieri hanno dimostrato, cioè non i problemi del paese ma quelli di un imprenditore le cui imprese guarda caso si trovano oggi in cattive acque.
Una opposizione politicamente inesistente, incapace e corrotta come i berlusconiani ha peggiorato le cose.
Però insomma tutto questo è una ragione maggiore per farla finita e sciogliere questo parlamento indecente.
Monti e la sua squadra hanno bene operato e meritano la gratitudine del paese, ma non si può prolungare più di tanto il trucchetto della foglia di fico del governo tecnico.
Il governo tecnico non esiste. Ci sono solo governi politici appoggiati da forze politiche.
Monti non può illudersi di prolungare più di tanto il progetto di governare per un anno turandosi il naso per tornare alla Bocconi come Cincinnato facendo finta di non essersi sporcate le mani.
La politica costringe a fare della strada con chi c’è, questo è vero.
Però se chi c’è è una compagnia di briganti è meglio trovarsene una diversa e più consona alla propria personalità ed al proprio passato.
Mi spiace per lui e per la sua squadra di governo, ma è venuto ormai il momento che finisca la recita del governo tecnico che tecnico non è e non può essere.
Se vogliono veramente rendere al paese un beneficio durevole occorre che questi tecnici “entrino” in politica.
Berlusconi a suo tempo (1994) aveva affermato con un lapsus inconscio di grande interesse per il Dottor Freud che aveva deciso di “scendere” in politica.
Ora è necessario che Monti e i suoi “entrino” in politica o scegliendo forze politiche esistenti (sconsigliato) o inventandosi qualcosa di nuovo.
Comincino magari con una bella fondazione, poi da cosa nasce cosa, tanto più quando la fiducia della gente per loro è ancora alta e le aspettative sono ancora più alte.
Prendano esempio dai nuovi sindaci che hanno sparigliato completamente i giochi delle vecchie e inservibili oligarchie di partito.
Però bisogna spendersi e rischiare facendola finita col giocare a Cincinnato.

venerdì 2 marzo 2012

No Tav,si Tav

Chissà per quali atavici condizionamenti a noi italiani riesce così facile cacciarci in queste contrapposizioni manichee alla guelfi e ghibellini, come se il problema fosse sempre del tipo Milan-Inter o Roma-Lazio.
Del resto siamo appena reduci da un ventennio di contrapposizione feroce Berlusconi anti-Berlusconi, con il quale siamo riusciti a non combinare nulla rischiando per di più la bancarotta, perché invece di affrontare i problemi reali eravamo impegnatissimi a scaldarci su idiozie del tipo :Ruby era o non era la nipote di Mubarak?
I vicini e alleati non ci hanno giudicati bene per queste scappatelle dalla razionalità più elementare.
Ora però obiettivamente ricadere nuovamente nella spirale dei pro o contro, bianco o nero, senza occuparci di che cosa si tratti nel merito non potremo più permettercelo.
Cerchimo allora di capire almeno di cosa si sta parlando, anche se non è facile come sembra per una ragione semplicissima perché su questa vicenda ha influito in modo determinante il fattore tempo ed allora quello che era buono e giusto vent’anni fa potrebbe essere diventato una cosa senza senso oggi.
Ho paura che alla fine dei conti se si fanno alcune letture per documentarsi sul problema si finisca proprio per arrivare a questa conclusione.
Si era partiti a livello europeo con un progetto di grandi vie che unissero l’Europa con linee di comunicazione ferroviarie ad alta velocità dirette verso i quattro punti cardinali, come fossero le nuove vie consolari della moderna Europa.
Era un bel progetto di modernizzazione, una vera “grande opera” che i posteri avrebbero ammirato.
Non si è tenuto conto però del fatto che il mondo moderno va a un tipo di “grande velocità” che sembra non essere più alla portata dei politici contemporanei, che non solo rimangono sempre indietro ma non sanno nemmeno più andare avanti con la fantasia e l’immaginazione per padroneggiare e programmare gli eventi, invece di essere costretti a subirli in modo imprevisto.
Stiamo parlando di traffico ferroviario e quindi tutto il progetto era basato su precise ipotesi di sviluppo dei flussi del traffico passeggeri negli anni.
Soffermiamoci però a considerare che la civiltà umana è passata dall’età della pietra a quella del ferro, poi della ruota,…poi del motore a scoppio…fino ad arrivare ai computers e, come sappiamo, oggi il componente più significativo di queste macchine, cioè il CPU o processore diventa obsoleto in sei mesi, passati i quali il computer sul quale è installato è diventato sostanzialmente “vecchio”.
Sarà scocciante, ma sappiamo tutti che è così.
Se i tempi nel mondo moderno sono questi e non altri allora bisogna abitursi a tenerne conto e quindi stare bene attenti ad inserire nei contratti e nei trattati internazionali una clausola del tipo “rebus sic stantibus”, che vincolino o liberino le parti se gli elementi di fatto alla base dell’intesa saltassero completamente oltre un certo intervallo.
Sulla quastione dell’alta velocità Torino-Lione siamo proprio in un caso di questo tipo perché tutta la filosofia del progetto era basata sulla previsione di una forte crescita del traffico, crescita che non solo non c’è stata, ma si è verificata al contrario una forte diminuzione.
Una volta constata la svolta imprevista che scompaginava tutte le carte in tavola si è cercato di metterci una pezza ragionando non più sul traffico passeggeri, perché diventato palesemente superato dagli eventi, ma sul traffico merci.
Purtroppo però i conti non tornano affatto nemmeno per le merci nel senso che anche per questo tipo di traffico la domanda non c’è o non è tale da giustificare una tale opera.
Questi i dati tecnici facili da verificare (si vedano i numerosi interventi di Luca Mercalli o i dossiers sul sito di Beppe Grillo o quelli su la Voce it).
In una situazione di fatto già compromessa si è inserito in modo negativo anche il momentaccio che attraversa in questi ultimi anni la classe politica, che non sa più svolgere il suo ruolo con una qualche efficacia.
Per mettere in cantiere opere del genere si sa che è essenziale saper ascoltare le ragioni delle popolazioni attraversate dall’opera e che se si verificasse il caso che per questi cittadini i vantaggi non risultassero evidenti o peggio gli svantaggi fossero superiori ai vantaggi, occorrerebbe guadagnarne la fiducia offrendo “compensazioni” adeguate, che vanno da posti di lavoro ad opre pubbliche da realizzare a vantaggio di quelle comunità.
Purtroppo su questo piano le cose sono andate subito storte nel senso che il politico territorialmente di riferimento, che era la pur navigata Mercedes Bresso governatrice del Piemonte non ha saputo trovare una sintesi fra le posizioni dei valligiani fortemente divisi fra loro.
Con pazienza la Bresso ha allestito tavoli su tavoli per discutere il problema sia sul piano tecnico che sul piano politico, ma le divisioni restavano ed alla fine ci si è accontetati di una formale maggioranza numerica di favorevoli e su quella base si sono avviate le procedure che hanno portato a firmare un accordo con la Francia.
Dopo di che i rappresentanti delle istituzioni locali pare siano stati completamante ignorati mentre il tempo passava, i progetti operativi venivano cambiati anche tadicalmente ma la sostanza del problema cioè l’utilità dell’opera diventava sempre meno difendibile.
E siamo paradossalmente arrivati al governo tecnico che finge di ignorare il fatto che oggi la stragrande maggioranza dei tecnici che si occupano di economia dei trasporti, di impatto ambientale e di problemi sanitari connessi sono armai nettametne contrari al progetto sulla base dei dati che hanno studiato.
Non è una grande figura quella che sta facendo il governo Monti se l’unico argomento che porta in proposito pare non sia molto diverso da questo : a questo punto cosa andiamo a raccontare ai francesi ed a Bruxelles, non è il momento di non mantenere i patti.
Il ragionamento è obiettivamente talmente terra terra da non essere proprio all’altezza della fama dei tecnici.
Se ci sono ragioni tecniche, e ce ne sono una valanga, per uscire da quel progetto, si esca e si portino a giustificazione quelle ragioni, tanto più che i soldi necessari per realizzare la Torino Lione sono dello stesso ordine di grandezza di quelli che sarebbero stati buttati per le olimpiadi, per stoppare le quali fortunatamente i tecnici al governo hanno avuto il buon senso e la determinazione di dire di no in modo secco.
Il fatto che le ragioni del no siano state cavalcate nel modo peggiore dal popolo dell’antagonismo alla ricerca narcisistica delle telecamere per dimostrare di esistere ancora non sposta nulla nell’aritmetica della questione, un’opera inutile rimane un’opera inutile.
E non scordiamoci di un ultimo particolare e cioè che in questo paese corroso da una corruzzione dilagante, un’opera inutile per la collettività non è affatto inutile per i soliti noti.
Per esempio è sgradevolissimo il fatto che il progetto sia sostenuto con decisione non solo dalla destra, che è stata in questi ultimi anni il naturale riferimento politico delle cricche di costruttori e faccendieri di tutt’altro che specchiata moralità, ma anche dal PD e che si parli della Cooperativa muratori di Ravenna CMC, colosso espressione delle cooperative ex rosse, come di una delle principali ditte interessate.
Difficile non porsi allora domande imbarazzanti sul conto dei dirigenti DS.
Non che le cose sarebbero diverse se si parlasse per esempio di Impregilo, ogni impresa fa il suo lavoro e la CMC è ormai un colosso del settore più che in grado di realizzare l’opera a regola d’arte.
Il legittimo sospetto però che una parte del PD sia portata a sponsorizzare l’opera per conto di una impresa storicamente vicina agli ex comunisti e non per ragioni di merito sulla utiòità dell’opera, non giova certo alla credibilità di quel partito già parecchio mal ridotto.