martedì 30 giugno 2009

Live , un film non banale che in Italia ha particolare interesse





La critica lo ha per lo più stroncato.
Sul Guardian poi sono stati feroci, ma la storia della autrice di reality ( Eva Mendez) che architetta di mettere su uno spettacolo nel quale cinque persone giocano alla roulette russa in diretta non sarà la prima volta che viene proposta, ma, girata con stile documentaristico (il regista è un documentarista di primo piano ,Bill Guttentag), cioè in modo essenziale e con buon ritmo narrativo serve a quello che deve servire, cioè a costringere il pubblico a riflettere su uno dei problemi chiave del nostro tempo : l'effetto che fa la presenza della telecamera sulla gente.
In Italia dove i politologi e gli esperti di comunicazione si scervellano da anni per capire qual'è la ragione per la quale la maggioranza dei connazionali sente la “fascinazione” del Cav. Berlusconi, tycoon della televisione, il fenomeno è ancora più di rilievo.
Il film da per scontate alcune asserzioni che ,se pure spiacevoli, sono verificabili quotidianamente :
per comparire in televisione la gente farebbe qualsiasi cosa;
per procurarsi soldi facili altrettanto.
Il film però queste affermazioni le porta al limite del cinismo e della negazione dei valori morali più elementari.
I concorrenti vengono individuati col solito sistema di proporre l'americano medio nel quale lo spettatore si possa ritrovare,dotato però di un guizzo di genialità o di iniziativa, che richiami il mito dell'american way of life, dal ragazzo che ha appena finito il college e non vuole farsi assorbire dalla routine borghese, al buon lavoratore spiantato a causa delle spese mediche per il figlio , dall'aspirante starlette, al figlio di una coppia dell'alta borghesia che vuole imporsi autonomamente.
Benissimo, tutto come da copione si direbbe.
Quello che non è come da copione è il fatto che si parla solo ed esclusivamente dello shoow come di una esibizione, che consentirà a quattro persone normali di beccarsi un assegno da milioni di dollari per realizzare il sogno della loro vita.
Non si accenna mai al fatto che l'altra faccia della medaglia, cioè del gioco, contempla la morte in diretta del quinto uomo, che regolarmente avverrà senza clamore e distogliendo subito le immagini dal fatto spiacevole, ma centrale, taciuto, temuto ma atteso e attrazione dell'evento.
Violare il tabù di tutti i tabù non sarà originale, ma non può non far pensare.
Viene posto il problema, ma non si accenna a nessun giudizio.
Anzi il finale è del tutto ambiguo, perchè propone l'assassinio della autrice del reality da parte di uno che le spara, alla fine dello show ,ma che non viene descritto ed anzi una voce a fondo campo forse di un poliziotto dice che il gesto non aveva alcun movente.
Non c'è una qualsiasi forma di riprovazione sociale dell'evento.
Anzi nelle procedure dei produttori per dare disco verde alla trasmissione c'è un legale della società che giudica folle e non legalmente proponibile un suicidio in diretta,ma che alla fine viene attratto dalla prospettiva di essere parte del programma del secolo, che naturalmente batte tutti i primati di share.
L'idea che passa è che per i soldi facili tutto è lecito e che chi la pensa diversamente è un mentitore, perchè dentro di sé la pensa allo stesso modo.
Ma è vero che non ci sarebbe rimedio ad essere gregge omologati al pensiero unico?

lunedì 29 giugno 2009

Iran.Non è la rivoluzione ma è l'inizio della fine per la teocrazia.


Quanto è complicato l'Iran.
E' un paese asiatico e noi in Occidente dell'Asia non sappiamo molto.
E' un paese islamico ma non è arabo, come non è arabo l'Iraq.
La lingua non è l'arabo ma la sua variante farsi.
La religione islamica iraniana è quello della minoranza di osservanza sciita e non quello della maggioranza sunnita (Gli Sciiti contestano la legittimità dei successori del Profeta Maometto riconosciuti dai Sunniti).
E' fra i paesi di più antica civiltà della regione , gli Iraniani lo sanno bene e per questo vogliono che il loro paese sia riconosciuto per quello che si sente e che probabilmente è e merita di essere, cioè la potenza regionale di riferimento e questa è la base della loro pretesa di accedere al nucleare.
In Iran l'Occidente ha una pessima fama che si è del tutto meritata, dal momento che gli inglesi all'inizio del '900 si presero praticamente il petrolio iraniano come se fossero a casa loro e gli Americani nel 1953 con un colpo di stato organizzato dalla Cia abbatterono il governo legittimamente eletto di Mossadeq per intronizzare lo Scià ,mandato poi via a calci nel sedere e a furor di popolo dalla rivoluzione Komeinista del 1979.
Dopo di che è stato difficile e imbarazzante per americani e alleati parlare con gli Iraniani.
Noi tolleriamo di buon grado la presenza vistosa e negli ultimi tempi a volte perfino petulante del Vaticano, ma siamo molto infastiditi dagli uomini col turbante , gli ayatollah al potere in Iran.
Attenzione però quando si parla di Iran a non fare di tutto un gran minestrone come si fa al bar sport.
Gli uomini col turbante nero in Iran sono i vertici religiosi (presunti) diretti discendenti del Profeta , assolutamente da non confondere con i taliban in Iraq, Afganistan etc., che pure portano barba e turbante nero per tradizione ma che non pretendono di essere discendenti del profeta e sopratutto non sono sciiti, ma sunniti (che in Iraq a decine si sono fatti saltare in aria nelle moschee sciite per ammazzare quanti più sciiti possibile).
Amadinejan non è un fascistello di sacrestia, come comunemente lo si intende, sopratutto perchè non è per niente il detentore di tutto il potere.
Il potere in Iran è un sistema di pesi e contrappesi complicato e sofisticato, che non si riduce né si concentra affatto in Amadinejad e se i media continueranno a dare un po di spazio all'Iran anche nei prossimi tempi sarà possibile rendersene conto.
L'Iran come sistema religioso si avvicina di più al Vaticano con le sue consorterie di cardinali in perenne contrasto fra loro, rispetto agli altri sistemi islamici, con la differenza però non da poco che non esiste proprio il corrispondente del Papa.
Per complicare ulteriormente le cose nell'universo sciita di Vaticani (sedi di simboli religiosi e dei seminari principali) ne esistono due, uno a Qom in Iran e uno a Najaf in Iraq dove c'è il sepolcro dell'Imam Alì, genero di Maometto e figura di riferimento dello sciismo e questo ha anche conseguenze politiche di rilievo.
Infatti una corrente della chiesa sciita, che per semplicare identifichiamo con quella di Najaf, vede la religione come impegnata sul terreno solo spirituale e quindi è in contrasto con l'altra corrente, quella prevalente in Iran che invece dalla rivoluzione di Komeini in poi vuole che le gerarchie religiose siano impegnate direttamente in politica.
Esponente principale della prima corrente è l'Ayatollah Al Sistani ,uomo ascetico e riservato che però in Iraq è riuscito a zittire e mettere in fila il capo riconosciuto del popolo sciita locale Muqtada Al Sadr, nonostante il fatto che disponesse e disponga di milizie a lui fedeli (l'armata del Mahdi), del quale non per caso non si sente più parlare.
Esponente principale della corrente opposta è l'attuale guida suprema dell'Iran Ali Khamenei,scelto come successore di Komeini, ma con un peccato di origine, il suo rango clericale è sempre stato contestato ed è stato nominato ayatollah con una scelta politica e questo spiega in non piccola parte la sua debolezza attuale, nonostante il fatto che in quel sistema politico la sua fetta di potere sia la maggiore.Fatto curoso e tipico del complesso sistema iraniano, Kamenei deve il suo posto a Rafsanjani suo antico compagno di seminario,in pratica seconda carica dello stato e suo principale avversario oggi.
Kamenei uomo senza carisma, amante del potere, ma dedito alle letture, introverso e con una vision ben definita :quella di creare un utopico califfato islamico basato sul popolo più povero, con un atteggiamento di fanatica chiusura verso l'Occidente, ma molto più intellettuale di come viene presentato comunemente.
Rafsanjiani stoffa del leader e bernoccolo per gli affari, re dei bazar,aperto all'Occidente, si dice ricchissimo ed altrettanto corrotto.
Nella semplificazione che spesso sono costretti a fare i media per descrivere una situazione così complessa, fra i due schieramenti, quello che cerca di rimanere al potere di Kamenei e di Amadinejan e quello dei giovani in rivolta, ci sarebbe l'Ayatollah Rafsanjani, ex Presidente, che così apparirebbe come un liberale.
Non è esattamente così, perchè nel complesso meccanismo del potere iraniano Rafsanjani è il più potente esponente dei chierici politicanti, è lui che contemporaneamente ha le chiavi della cassaforte, (o meglio è lui che controlla una specie di gigantesca IRI iraniana) ed è però anche colui che è capo dell'organismo (Assemblea degli Esperti) che ha potere di nomina e di revoca della Guida Suprema, cioè gestisce un potere immenso.
Strano e complicatissimo sistema quello iraniano, dove i due che comandano veramente Khamenei e Rafsanjani non compaiono mai, non rilasciano interviste, non si sa cosa pensino e cosa facciano giorno per giorno, e sotto i riflettori vi è invece un terzo, Amadinejian ,eletto dal popolo da una rosa di candidati dalla quale vengono regolarmente epurati tutti quelli che non piacciono al gruppo di potere al governo, che in realtà non detiene alcun potere di peso.
La ribellione per le strade alla quale abbiamo assistito è stata l'inizio di una sicura modificazone dell'attuale regime ed è ovvio che l'Occidente si debba far carico di appoggiare chi ha avuto il coraggio di manifestare il proprio dissenso.
Va vista però nel quadro assai complesso della situazione iraniana.
Cioè per non essere superficiali occorre tenere conto del fatto che i manifestanti erano in gran parte giovani delle borghesia benestante, residente in Teheran Nord e che la loro ribellione non deve portare a credere che il regime Kamenei-Amadinejan sia privo di consenso.
Non è così, il regime pare abbia ancora un largo consenso, come lo ha sempre avuto, anzitutto nelle classi povere e rurali, nei dipendenti pubblici, nell'esercito, nelle milizie (in Iran per rendere le cose più semplici ci sono sette forze armate diverse).
Il regime non ha solo distribuito patate nei villaggi per vincere le elezioni, ha anche costruito un elementare sistema di welfaire per i più poveri.
Non è del tutto ingiustificato che queste classi si chiedano se a fare i loro interessi siano quelli del regime o lo saranno i giovani medio alto borghesi che hanno manifestato.
Ma non è finita, perchè si tratta di una teocrazia e quindi i giochi che contano si fanno solo all'ombra delle moschee e quindi ora tutti si chiedono cosa pensi e cosa faccia l'altro quasi papa del sistema sciita, quello di Najaf e cioè Al Sistani, ancora più nell'ombra e riservato degli altri ed al quale però si sa per certo che stanno sulle scatole per ragioni ideologico - teologiche sia Kamenei , sia Rafsanjani.
A questo punto è chiaro che per parlare di Iran occorrere prima leggere una mezza biblioteca.
Peccato che l'imperatore in pensione George W. Bush , che ha governato il mondo per due mandati, avesse pubblicamente dichiarato che non sapeva la differenza fra sunniti e sciiti e che nemmeno gliene importava, se fosse stato un po' più portato agli studi, ora il mondo avrebbe meno guai da gestire.
Detto questo è chiaro che solo uno sciocco si lancerebbe in previsioni su come evolveranno le cose a Teheran.
Però se ragioniamo sui fatti, un fatto è particolarmente rilevante e l'ha giustamente segnalato Fareed Zakaria su Newsweek.
Nel sistema iraniano il potere di Kamenei e compagni sta in piedi se la maggioranza della gente è disposta a credere che Allah è l'ispiratore di quella cricca di turbanti neri.
Fateci caso, quando le televisioni riportano filmati delle rare prediche di Kamenei,capita di vedere la prima fila con Amadinejian in lacrime.
Non è un caso, la liturgia prevede che alla fine del discorso la guida suprema volga gli occhi al cielo e rivolga parole incomprensibili per l'uditorio direttamente al dodicesimo imam (diretto successore di Maometto,scomparso e salito al cielo undici secoli fa del quale gli sciiti aspettano il ritorno) provocando la commozione dei presenti, che devono piangere per non esere considerati miscredenti.
L'insensato principio paolino “omnis autoritas a deo” che in Occidente ha giustificato la sottomissione del popolo ai regimi assoluti (cioè fino all'altro ieri e che ancora non è stato sconfessato dal Vaticano) in Iran è attualissimo e in pieno vigore, se cadesse, cadrebbe la teocrazia.
Ma se un numero consistente di persone va per le strade a manifestare contro la Guida Suprema, significa che una parte del popolo non crede più che Allah sia parte del gioco.
Ci vorrà del tempo, ma la linea di sviluppo sembra questa.

domenica 21 giugno 2009

Quante marchette Monsignori ?


Quante marchette tollererete per finanziare la scuola cattolica e i vostri altri privilegi?
Poco tempo fa si diceva : siamo arrivati alla frutta, per dire che era stato toccato il fondo.
Nessuno però prevedeva che ci aspettasse un fondo così torbido, imbarazzante, disgustoso.
I cortigiani del ducetto precettati a difendere il loro capo-padrone si sono espressi sui media mostrando tutta la miseria della loro statura professionale.
Un guizzo di dignità lo ha avuto, come in altre occasioni, Giuliano Ferrara che ha esortato il premier (del quale continua ad avere stima , solo lui sa su quali basi) a uscire da una situazione che ha definito di perenne 24 luglio.
Sofri su Repubblica si è augurato che qualcuno spieghi al premier cosa ha significato il 25 luglio 1943 nella storia d'Italia, traducendogli in linguaggio a lui comprensibile il senso dell'articolo, troppo british per la cultura da bar sport del premier medesimo.
Repubblica 19 Giugno

L'avvocato Ghedini, per altro professionista di prima qualità, ha sparigliato tutti con l'intervento difensivo in stretto linguaggio giuridico che è stato, ovviamente non di sua volontà, probabilmente il de profundis politico per il cavaliere, il famoso discorso del premier penalmente immacolato in quanto “utilizzatore finale “ delle allegre ragazze in questione e dello stesso premier in grado di avere ragazze a vagonate e gratis.
La recente scomparsa ha risparmiato a Don Gianni Baget Bozzo, una delle poche menti di elevato livello nella corte del cav., di dover intervenire esponendo la sua già nota e terribile dottrina in perfetto stile costantiniano controriformista secondo la quale la chiesa da sempre tollera il libertinaggio dei potenti se questi in cambio danno carta bianca alla chiesa nel controllo delle anime e i dovuti privilegi, conseguenti al riconoscimento della cultura cristiana-conservatrice, come cultura di stato prevalente nella formazione del processo legislativo.
Temo che non solo i vescovi ma anche gran parte dei preti si siano ridotti a pensarla nello stesso modo.
Il direttore di Libero,bisogna riconoscerlo forse il più brillante dei cortigiani anche se limitato dal linguaggio da bar sport che ha scelto di praticare, mi sembra sia arrivato alla disperazione, nel senso che oltre a questo non c'è più nulla, quando ha argomentato che tutto l'”affaire” delle ragazze compiacenti (resto volutamente castigato nei termini per rispetto del genere femminile e non certo del cav e della sua corte) è destinato a cadere per una condizione di fatto che l'orribile diritto canonico definirebbe di “impotentia coeundi”dell'interessato.
Che se ne farebbe di donne a pagamento uno che il sesso se lo può solo immaginare?
Punto! E' inutile proseguire perchè peggio di così.........

Nessuno piangerà quando il cav cadrà come una mela marcia, ma non cadrà da solo.
Purtroppo i signori Monsignori non hanno capito che questo “affaire” rischia di essere il de profundis anche per questa chiesa italiana da loro per anni così mal diretta, in quanto la loro legittimità e credibilità è stata troppo compromessa dal non voler vedere dal voler nascondere dal volere come il manzoniano conte zio “troncare, sopire” ogni discorso di giustizia, privilegiando solo discorsi di potere.
Il conto reverendi Monsignori la storia ve lo presenterà, anzi ve lo ha già presentato.
Cosa vuol dire il fatto che anche nei giorni del precetto pasquale i confessionali rimangono vuoti e che quei pochi che ci vanno ancora si rifiutano di elencare come peccati i fatti e tergiversano invece parlando solo di un generale disagio?
Voi signori Monsignori che un po di teologia l'avete studiata se pure molti anni fa sapete benissimo di che si tratta.
Si tratta del fatto che il popolo non riconosce più la vostra figura come mediatori e che anche nella confessione ritengono di poter parlare direttamente col vostro superiore e da lui ricevere perdono.
Si veda l'intervista a Mons. Girotti, reggente della Penitenzieria Apostolica su Repubblica del 20 giugno scorso

Stando così le cose : frate Martin Lutero hai vinto, ci sono voluti cinque secoli, ma hai vinto tu.
Monsignori della chiesa controriformista ratzingheriana, avete perso.