venerdì 25 novembre 2011

La controinformazione della Pravda berlusconiana











Credo valga la pena di insistere sul peso che può esercitare la controinformazione sistematica su un pubblico che non ama informarsi in modo decoroso.
L’illustrazione accanto al titolo penso che parli da sola.
Sono due giornali di oggi con due titoli che dicono uno il contrario dell’altro.
Facilissimo verificare chi ha ragione e chi mente al giorno d’oggi, basta accendere il computer o leggere un qualsiasi giornale di qualche prestigio professionale.
Facilissimo, ma l’elettorato berlusconiano, come hanno detto e ripetuto fino alla noia i più fini analisti amano sentirsi dire solo la favola bella della quale si sono invaghiti e se la realtà è un’altra, basta ignorarla sistematicamente.
Il titolo del Giornale di oggi è l’icona del berlusconismo. Non esiste, è talmente falso da fare tenerezza.
E’ vero che il Giornale lo leggono in pochi fedelissimi, ma come succedeva una volta con la Pravda, l’Unità e il Popolo d’Italia dà la linea.
È chiaro che i Tg, che sono il vero mezzo di apprendimento delle notizie per la stragrande maggioranza degli italiani, non possono lasciarsi andare a dichiarazioni così volgarmente sbracate, come fa l’organo di propaganda dell’ex regime berlusconiano, ma ne seguono la linea cercando di renderla appena appena appetibile in modo insinuante e indiretto.
E gran parte della gente se le beve perché il berlusconismo si è fondato ed è prosperato su questo assioma : dire alla gente solo quello che desidera sentirsi dire : va tutto bene, non vi metteremo mai le mani nelle tasche, fate i soldi con i mezzi che vi pare, non toccheremo mai i vostri privilegi, non contraddiremo mai i vostri preconcetti, divertitevi e perdetevi nell’intrattenimento infinito, sognate con la droga televisiva che vi fornisce la casa senza nemmeno chiedervi il canone.
Ma la crisi economico –finanziaria ha travolto il berlusconismo e la sua falsa filosofia.
Ed ora il conto verrà implacabilmente presentato a tutti gli italiani compresi i fedelissimi del caimano, che pensavano di avere blindato le proprie tasche con la acritica adesione alla bella favola berlusconiana.
Hanno finto di essere convinti delle panzane più ridicole come quella della nipote di Mubarak, quella delle cene eleganti, quella della persecuzione giudiziaria e del complotto dei poteri forti.
Per chi ha la memoria corta la macchina della propaganda berlusconiana ha perfino tirato fuori dagli armadi recentissimamente la maledizione mussoliniana contro le potenze plutocratiche della perfida
Albione che sarebbero dietro alla vendita dei titoli di stato italiani (in linguaggio più moderno ora li chiamano i peridi gestori degli hedge fund anglosassoni) ,ma la sostanza è sempre quella, dare agli altri la colpa delle proprie incapacità ed errori.
La Merkel sarà anche un po’ più tedesca del necessario, ma la sua logica è assolutamente intaccabile quando dice : avete aderito all’Euro firmando un patto col quale vi impegnavate a portare il debito al 60% del Pil, se pure gradualmente.
Ora son passati ben 11 anni e il vostro debito è al 120%,ed era al 113 al momento dell’entrata in vigore dell’Euro, cioè non avete fato nulla per ridurlo, anzi è aumentato.
Per quale ragione oggi i tedeschi dovrebbero aiutarvi, se lo facessero voi continuereste a fare più debito, ora tocca a voi ad essere più seri e ad onorare i patti.
Ora che la buffonata berlusconiana è finita è ora che chi lo ha appoggiato si svegli.
Sarà dura, come è stata dura per i lettori della Pravda dover verificare che in occidente si prosperava e da loro si moriva di fame, ma la favola comunista andava superata.
Prima cosa da fare ridimensionare il potere televisivo del pifferaio magico per evitare di finire nel burrone.

giovedì 24 novembre 2011

Passate le alluvioni sarebbe ora di fare quello che andava fatto prima per contenerle








Cinque Terre, Genova, Messinese ecco l’elenco dei disastri prodotti dalla alluvioni di questo finale di autunno 2011.
Colpa della fatalità o di epocali cambiamenti climatici? Ma figuriamoci. Facciamo sono un po’ di mente locale : alluvione del Polesine novembre 1951 (quella che compare nei film di Don Camillo); alluvione di Firenze novembre 1966 e siamo sempre in novembre.
Chi scrive abita a Pavia, splendida e antica città attraversata dal Ticino, che da sempre va in piena due volte all’anno in maggio e in novembre e proprio in novembre mediamente ogni 35 anni si produce in piene che allagano alcuni quartieri cittadini e di conseguenza ha una certa pratica di alluvioni.
E’ chiaro che se nessuno fa niente da un’alluvione all’altra il fenomeno si ripete.
Se poi oltre a non fare nulla su costruisce o in aree golenali o direttamente sul letto dei torrenti è ancora più ovvio che si va a cercare grane.
Se in sovrappiù nelle zone montane (e l’Italia è un paese prevalentemente montano ) non si sostituisce la manutenzione del territorio, che una volta facevano i contadini nei territori abbandonati dalle attività agricole, con opere adeguate tutto va in malora e le alluvioni colpiranno sempre più pesantemente.
Gli Egizi hanno costruito le piramidi disponendo di una tecnologia primitiva e noi dopo millenni con una tecnologia da brivido non siamo capaci di imbrigliare le acque?
Si diceva che l’Italia è un paese orograficamente montano ed allora il termine imbrigliare è tecnicamente corretto, perché per tutto il corso dei torrenti montani occorre realizzare quelle semplicissime opere che si chiamano appunto briglie idrauliche da disporsi a distanza di poche centinaia di metri una dall’altra formando così un numero elevatissimo di piccolissime dighe, capaci di trattenere le acque in caso di precipitazioni diffuse, come sa bene chi abita o frequenta questi territori, se mantenuti decentemente.
La manutenzione del territorio montano richiede poi quelle altre opere tecnologicamente elementari che sono i terrazzamenti da usarsi per rendere coltivabili terreni in pendenza o in forte pendenza, oppure, mancanza di attività agricole silvo – pastorali, usati per riforestare quei tratti che per qualsiasi ragione siano stati deforestati.
Non si tratta né del ponte di Messina, né dell’alta velocità ferroviaria, si tratta di cose banalissime, che qualunque impresetta di costruzioni è capacissima di fare.
Hanno un costo però e questo è ovvio.
E’ però un costo molto limitato rispetto a quello delle così dette grandi opere, ma ha un enorme handicap per un paese come il nostro nel quale il cittadino è stato da decenni rimbambito dalla cultura dell’apparenza.
Le opere per modeste manutenzioni, addirittura nella maggior parte dei casi non si vedono nemmeno a meno di avventurarsi per territori scoscesi e disagevoli.
E allora perché farle? Se nemmeno si vedono sicuramente non portano voti né consensi e quindi si preferisce usare i soldi per sistemare la piazza del paese piuttosto che il corso dei torrenti.
Sarà umano ma è molto poco intelligente.
L’Italia è fortunatamente un paese molto plurale e allora molti cittadini, divenuti turisti nei mesi estivi, non avranno creduto ai propri occhi nell’incontrare per esempio lungo i sentieri delle valli trentine o bolzanine dei baldi impiegati pubblici, addetti a ripulire periodicamente da ghiaia e fogliame le griglie di scolo dell’acqua, che attraversano quegli stessi sentieri.
Chi si ricorda di danni per alluvioni da quelle parti? Ovviamente nessuno.
Più complicato e molto più costoso costruire bacini di laminazione o canali scolmatori in pianura, anche se questi di vedrebbero eccome.
L’alluvione che ha duramente colpito la piattissima pianura veneta nel novembre 2010 ha però chiarito le idee delle popolazioni colpite che si stanno muovendo per spingere all’azione i loro politici.
Per non parlare della necessaria regolazione di Olona e Seveso di grande e sempre attuale interesse per i milanesi.
Occorre che la gente impari a punire i politici incapaci di fare le cose più elementari.

venerdì 18 novembre 2011

Il “governo tecnico” sospensione della democrazia ?

L’avevamo detto solo nel post di ieri. O si pone come priorità politica togliere il potere televisivo a Berlusconi o tornerà tutto come prima usando la solita potentissima arma della disinformazione sistematica a reti pressoché unificate.
E infatti addirittura proprio ieri il caimano in persona ha provveduto a confermare il nostro assunto dichiarando davanti alle telecamere che il governo tecnico di Monti rappresenterebbe una sospensione della democrazia.
Il suo primo gazzettiere in carica, Sallusti gli ha fatto eco con ancora maggiore chiarezza sul Giornale di oggi : la sospensione della democrazia consisterebbe nel fatto che il governo Monti non è un governo eletto dal popolo.
Berlusconi e Sallusti sanno benissimo di dire una balla colossale, ma chi se frega, il loro scopo è sempre lo stesso : fare una affermazione falsa, ripeterla per mesi fino a quando la gente che li segue non si sarà convinta che sia la pura verità.
Perché la storia del governo non eletto dal popolo è una balla?
Perché come sa bene chiunque abbia sfogliato le prime pagine di un testo di diritto pubblico anche solo al livello di diploma di ragioniere (ora diploma di Istituto Tecnico Commerciale) la Costituzione Italiana descrive una repubblica parlamentare nella quale eletto è solo il Parlamento.
Il governo non è affatto eletto dal popolo, ma è nominato con le procedure descritte per ricevere la fiducia del Parlamento, unico eletto al quale risponde costantemente.
Per favore spendete un minuto e andate a rileggervi l’art. 92 della Costituzione e poi tenetevi sempre la stessa Costituzione a portata di mano perché questo è solo l’inizio, la campagna di disinformazione è appena partita.
E qual è la puerile pezza d’appoggio delle affermazioni berlusconiane?
La solita lagna che nelle schede elettorali del 2008 nel contrassegno del Pdl di sarebbe stato scritto il nome del caimano e questo sarebbe stato sufficiente per cambiare la costituzione con il 30% dei voti raggiunti dallo stesso caimano.
Ci sarebbe da ridere, come sempre quando parla lui, ma sappiamo bene come anche le pure sciocchezze possano essere accolte come verità se ripetute all’infinito a reti unificate.
Come da vecchio democristiano, se pure di sinistra, rimpiango quella che nella prima repubblica era stata la sempre incombente presenza dei mastini del PCI, da Paietta a Fortebraccio, che sapevano bene fare una opposizione istituzionale di ferro.
Se allora quelli che per me erano “i nostri” avessero detto anche solo una balla insostenibile come quella sopra riportata il giorno dopo l’Italia sarebbe stata inondata di manifesti che quella balla l’avrebbero smascherata pesantemete.
Oggi la disinformazione sistematica dei media berlusconiani risulta così efficace anche perché l’opposizione sembra un coro di voci bianche, altro che di mastini.
Stiamo attenti però perché il pericolo è doppio.
Nelle università americane, che come è noto sono sempre avanti qualche anno rispetto a noi, l’emergente filosofo della politica Slavoj Zizek nei suoi corsi cita il berlusconismo come l’esempio paradigmatico se non proprio di fascismo, di autoritarismo declinato in una veste nuova ed esattamente nelle forme di “edonismo liberale e di autoritarismo soft”.
Non ne abbiamo abbastanza di guai, dobbiamo proprio essere noi a sperimentare un nuovo tipo di regime politico, già citato nei corsi universitari che contano come deplorevole?

mercoledì 16 novembre 2011

Politica : prima cosa da fare togliere il potere televisivo a Berlusconi

È successo l’impensabile. L’ingombrante protagonista della politica italiana negli ultimi diciotto anni se ne è andato per sempre dal governo fra le grida di “buffone”, “buffone”.
Per sempre? Questo non è un dettaglio da poco.
I gazzettieri dei suoi giornali di famiglia hanno già rispolverato la fortunata espressione che il grande Montanelli aveva inventato per descrivere le capacità di reinventarsi di Fanfani “il rieccolo”.
Loro sognano un Berlusconi dietro le quinte che si ritempra per ritornare alla ribalta nel 2013 con i trucchetti di sempre: la voce del padrone che ripete giorno per giorno le solite lagne della disinformazione sistematica.
In un altro paese non sarebbe un problema, ma in Italia lo è.
In Inghilterra, Francia, Germania i cittadini nella quasi totalità leggono quotidianamente un giornale, per lo più “indipendente” nel senso di non di partito o tanto meno di proprietà di un esponente politico.
In Italia il quotidiano di informazione (esclusi quindi quelli esclusivamente sportivi) viene letto da una stretta minoranza ed il mercato dell’informazione è per di più occupato anche da quegli oggetti misteriosi per i nostri cugini europei, che sono i giornali di partito, che sopravvivono esclusivamente perché usufruiscono del finanziamento pubblico, o ancora peggio una parte del mercato è occupato da fogli di proprietà di un solo esponente politico.
In Italia la stragrande maggioranza dei cittadini ha scelto di essere informata, si fa per dire, pressoché esclusivamente dai tg televisivi, controllati per cinque settimi da quel medesimo esponente politico.
Allora, parliamoci chiaro, il governo tecnico del Prof. Monti non è altro che una foglia di fico per fare alcune cose impopolari senza assumersene direttamente la responsabilità e facendo finta che le abbia fatte lo spirito santo.
Questa la forma, ma la realtà di fatto non cambia di un millimetro perché il parlamento è sempre quello e quelli che votano sono sempre quelli, da Berlusconi a Bersani a Scilipoti.
Con tutto questo ben venga questo espediente per fare di corsa in pochi mesi quello che non si è stati capaci di fare per anni o per decenni, ma evitiamo di ingannarci, la politica non si è affatto ritirata, è e sarà sempre lì incombente con tutti i suoi difetti irrisolti, compreso l’anomalo Berlusconi.
Pronto, anzi prontissimo a tornare se i non berlusconiani non si decideranno a capire che bisogna togliergli dalle mani lo strapotere televisivo.
Esercitare un’attività imprenditoriale anche nel campo televisivo è una cosa, controllare la quasi totalità dell’informazione è un’altra e in nessun paese del mondo democratico i cittadini potrebbero tollerare che un politico assuma nei confronti dei concorrenti il vantaggio competitivo di controllare i mezzi di informazione, perché in questo caso non ci sarebbe competizione.
Nessuno ne parla ma questo è il nodo della politica italiana, che non potrà ma diventare “normale” fino a quando non avrà risolto questo gigantesco problema.
Se non si sarà capaci di risolverlo nel 2013 Berlusconi avrebbe moltissime probabilità di tornare per rifarsi gli affari suoi trascurando del tutto i problemi del paese come ha fatto per quasi vent’anni.

venerdì 11 novembre 2011

Mario Monti, uomo di buon livello, ma non è Padre Pio

Ieri Radio 24, la radio del Sole 24 ore, prima di cena ha trasmesso parte delle interviste delle Iene a parlamentari italiani, rincorsi fuori dal Parlamento, secondo lo stile di quei giornalisti d’assalto : la domandina era facile, facile, elementare : lei sa cos’è lo spread?
Uno si è nascosto dietro al paravento di “io non conosco l’inglese”, per evitare di rispondere.
Un altro ha sproloquiato sulla crisi anche lui per evitare di dare la risposta, che evidentemente non conosceva.
Un altro ancora, forse il più acculturato, ha detto che lo spread è la differenza fra entrate e uscite, cioè ha confuso il deficit del bilancio annuale con il debito pubblico accumulato ( come temo faccia gran parte degli italiani).
E questo basterebbe per disperare, ma non basta.
L’altro ieri nella rubrica economico finanziaria del Tg 24 di Sky, Luigi Abete, ex presidente di Confindustria ha dichiarato candidamente di essere preoccupatissimo perché secondo lui i politici chiamati a votare l’ennesima manovra non erano in grado di capire per mancanza di adeguate conoscenze di cosa si trattava.
E beh, allora ecco perché il titolo evoca Padre Pio.
In questa situazione si direbbe che non c’è Monti che tenga.
Ieri Paul Krugman premio Nobel e autore del più diffuso manuale universitario di macro-economia ha scritto sul NY Times quella verità che agli italiani è stata sempre negata : l’Italia entrando nella zona Euro, pur essendo un paese relativamente ricco, si è trovata nella stessa situazione che mette in ginocchio i paesi in via di sviluppo quando richiedono prestiti in valuta straniera.
E’ questo, che Krugman chiama il peccato originale, che allora (1 gennaio 1999) non si era valutato come si sarebbe dovuto, entrando nell’Euro l’Italia trasformava il suo già enorme debito pubblico accumulato in un enorme prestito in valuta straniera, molto più forte dei suoi fondamentali.
Una classe politica avveduta ne avrebbe preso atto e di conseguenza avrebbe da subito introdotto misure a scadenza poliennali per riportare quel debito alla metà come richiesto per essere membri della zona Euro, ma non lo ha fatto, non ci ha nemmeno provato se non in misura risibile.
Ora potrebbe essere troppo tardi, con una classe politica di molto peggiore di quella di allora.
Non nascondiamoci l’evidenza : quale altro paese europeo avrebbe preso sul serio un Berlusconi padrone o potenziale controllore di tutti i media televisivi come capo del governo?
Il nostro purtroppo è un deficit di cultura generale e politica, perché quei parlamentari, dei quali è stata messa a nudo la allarmante ignoranza, rispecchiano un paese che come loro ha ritenuto l’istruzione, la formazione, la cultura, l’informazione libera una pratica troppo noiosa da praticare, meglio annegare nell’intrattenimento.
Questo atto di irresponsabile pigrizia ora, comunque vada, lo pagheremo tutti in moneta sonante.
E auguriamoci di poter pagare ancora in Euro, perché se dovessimo tornare a pagare in Lire, gli analisti hanno già fatto i calcoli, il conto sarebbe del 60% più caro.
E’ possibile venirne fuori ora che nel baratro ci siamo di già, come ha detto la Presidente in carica di Confindustria?
Questi partiti sono degli scatoloni, degli enormi e costosi contenitori con dentro niente.
Nel momento dell’Italia nel baratro ognuno fa per sé.
Ma questo atteggiamento cinico e immorale alla Guicciardini, come si era detto nel post precedente, ora potrebbe persino giovare, perché la ricerca del male minore potrebbe favorire il tentativo di Monti.
Meglio approdare sull’isola di Monti oggi, che finire naufraghi nel mare aperto domani.

giovedì 10 novembre 2011

Berlusconi “nuovo” non è mai stato, anzi il Berlusconismo l’ha inventato Guicciardini cinque secoli fa

Il più elegante epitaffio del berlusconismo l’ha scritto la filosofa De Monticelli nel suo libro sulla possibilità di fondare una morale sulla ragione, quindi in un contesto di tutt’altro genere e livello rispetto alla bassa politica italiana.
Nel primo capitolo dedicato all’atavica immoralità che alberga nella cultura civica e politica italiana la De Monticelli fornisce lunghe citazioni tratte dai famosi “Ricordi politici e civili” del Guicciardini.
Leggendoli si capisce perché il Guicciardini lo citano tutti per rifarsi alla sua individuazione della cura del “particulare” come la vera anima dell’italiano, ma quasi nessuno lo ha letto.
E infatti oltre ad essere le sue tesi francamente spiacevoli, il suo italiano è parecchio ostico e contorto, tale comunque da non invogliare alla lettura.
Le lunghe citazioni della De Monticelli sono comunque di interesse straordinario perché sembrano scritte per commentare gli anni grigi del berlusconismo e non quelli del cinquecento, ad ogni frase nella testa del lettore di oggi suona una campana che lo costringe a dire : ma non è possibile, questa è la fotografia del berlusconismo!
Ne elenco un florilegio :
“Pregate dio di trovarvi dove si vince”
Però attenzione, essere dalla parte giusta, alleati con un tiranno potrebbe essere pericoloso :”sotto un tiranno è meglio essere amico sino a un certo termine…godi anche tu della sua grandezza ..e nella ruina sua puoi sperare di salvarti”.
Questo l’hanno ben capito i suoi “traditori” palesi ed occulti.
“Chi sta a corte dei principi…stia quanto può loro innanzi agli occhi, perché nascono spesso faccende”.
Qui Guicciardini ha usato un termine oggi tanto attuale :infatti della pratica delle faccende se ne occupano i “faccendieri” di corte, vi viene in mente qualche nome?
E ora ne viene una proprio bella :
“Una delle maggiori fortune che possano avere gli uomini è avere occasione di poter mostrare che a quelle cose che loro fanno per interesse proprio , siano stati mossi per causa di pubblico bene”.
È incredibile, sembra proprio che questa frase sia stata scritta seppure cinque secoli prima per un personaggio oggi a noi ben noto.
“guardatevi dal fare quelli piaceri agli uomini che non si possono fare senza fare equale dispiacere a altri : perché chi è ingiuriato non dimentica…e chi è beneficiato non se ne ricorda”.
Ecco perché quella stessa persona della quale parlavamo in diciotto anni non ha fatto pressoché nulla di rilevante, non voleva dispiacere ai suoi elettori-sudditi.
“molti uomini si lasciano aggirare con le parole in modo che etiam non facendo tu quello che non volevi o non potevi, s’ha spesso, con quella finezza di rispondere , occasione di lasciare bene satisfatto colui al quale se da principio avessi negato, restava in ogni caso mal contento di te”
Attento a dire la verità, come a negare recisamente, meglio non essere di parola, meglio usare “finezza di rispondere” proprio come il personaggio che conosciamo, che di questa finezza ha usato ed abusato tanto spesso.
Ecco poi il colpo più secco del vero “immoralista” convinto : “fate ogni cosa per par buoni, che serve a infinite cose”.
E poi :”chi è in maneggi grandi o tende a grandezza, cuopri sempre le cose che gli dispiacciono , amplifichi quelle che gli sono favorevoli”
L’Osservatore Romano ha sotto i caratteri della testata i motti latini “uncuique suum” e “non praevalebunt” degni di tanto giornale.
I Tg di proprietà e quelli controllati dalla persona che conosciamo potrebbero mettere sotto la testata quella frase di Guicciardini, che riassume così bene in una riga la filosofia della casa.
E poi ancora :“el farsi fama che le cose ti vadano prospere ti giova, el contrario tu nuoce”
E infatti che in Italia siamo in crisi nera non si può dire e tanto i la persona in questione non ce l’ha mai detto se non ieri, sull’orlo del baratro.
“Lo affermare o negare gagliardamente mette spesso a partito el cervello di chi ti ode”
Fantastico Guicciardini, ha inventato la filosofia di “colui” : se ripeti una balla mostruosa “gagliardamente” e in continuazione alla fine apparirà vera.
“non si può tenere stati secondo coscienza perché chi considera la loro origine tutti sono violenti…e da questa regola non eccettuo manco e preti, la violenza dei quali è doppia perché ci sforzano con le arme temporali e con le spirituale”
E bravo Guicciardini ci voleva anche l’altro mantra del berlusconismo : se una porcata la fanno tutti non è più una porcata, la doppia morale è servita.
“lasciare un bene presente per paura di uno male futuro è el più delle volte pazzia….altrimenti ti perdi il bene che tu potevi avere” ,
Cioè abbuffati oggi e lascia debiti e guai a che verrà dopo di te.
“non crediate a costoro che predicano sì efficacemente la libertà, perché quasi tutti, anzi non è forse nessuno che non abbia l’obiettivo agli interessi particulari”.
E finalmente l’ha detto: pensate ai vostri interessi “particulari”, aziende , casi giudiziari, affari. Come “colui” l’ha imparata bene la lezione di Guicciardini, non è mai uscito da questi ristretti binari, mai un colpo d’ala, troppo rischioso secondo la filosofia dell’ “immoralista”.

mercoledì 2 novembre 2011

Il sogno dei giovani migliori : essere pagati per pensare il futuro

La decadenza del nostro paese si misura anche su queste cose che hanno poca visibilità, ma che contano enormemente.
Non si costruisce un futuro migliore se i giovani non hanno gli strumenti per elaborarlo ed allora si rimane avvitati su un eterno presente fatto di pensiero unico, di pregiudizi e si ristagna mentre altri corrono veloci davanti a noi.
Negli anni del boom economico e civile in Italia i “pensatoi” esistevano eccome.
Pensiamo a tutto quello che aveva messo insieme l’industriale visionario Adriano Olivetti, agli intellettuali che coltivava la Banca Commerciale di Raffaele Mattioli, alle intelligenze raccolte dalla Mediobanca di Cuccia, e soprattutto, per dimensioni e mezzi, ai grandi uffici studi che hanno dato linfa e strategie all’Iri.
Perfino gli oggi tanto disprezzati grandi partiti della prima repubblica avevano uffici studi e scuole di formazione di livello tutt’altro che disprezzabile.
Stesse cose hanno fornito i principali sindacati nazionali e le associazioni di categoria per non dire della sempre presente e incombente chiesa cattolica italiana con le sua galassia di associazioni.
E poi la più istituzionale Banca d’Italia che da sempre è stata una affidabile scuola di formazione di classe dirigente.
Oggi di tutto questo è rimasto ben poco.
Se la politica è ora gestita da screditati mestieranti e dilettanti allo sbaraglio è anche a causa di questo vuoto nelle istituzioni culturali e formative.
Pochi giorni fa il mondo ha reso omaggio al genio dello scomparso Steve Jobs, il fondatore e creatore della Apple.
E’ stata questa una occasione per fare riflettere la gente sul significato reale di una “istituzione” tipicamente americana, da noi poco conosciuta e cioè i milioni di box-garage inclusi o di lato alle famose villette che compongono le citta americane, tutti di dimensioni extra large, non solo perché le automobili in quell’immenso paese sono lunghe una volta e mezza le nostre, ma soprattutto perché ogni box in America è usato come il laboratorio di Archimede Pitagorico, il personaggio di “Topolino” disegnato con la lampadina accesa sopra la testa quando ne ha pensata una.
La cultura pragmatica americana, la società aperta hanno favorito questo fenomeno sociale di massa : ognuno pratica da sempre il “fai da te” almeno nei week end ed è quindi culturalmente predisposto a ricercare soluzioni nuove.
Non è quindi casuale che tutti i fenomeni informatici che ora quotano a Wall Street quanto le grandi compagnie petrolifere siano tutte nate in garage per opera di giovanissimi ragazzotti fiduciosi nelle potenzialità dei loro cervelli.
Sono stati facilitati anche dall’esistenza in loco di un sistema di finanziamento privato delle “start up” cioè delle nuove piccole ma promettenti piccole imprese (i venture capital) che in Italia non è mai esistito, ma prima ci hanno dovuto mettere del loro, cioè delle buone idee con prospettive di sfruttamento tecnologico e commerciale verosimili.
E con dietro un sistema paese che schiera tutt’ora le migliori università del mondo e, guarda caso, i migliori “pensatoi” del mondo.
Le fondazioni artistiche e culturali americane sono un serbatoio gigantesco di idee, di strategie di soluzioni alternative, in poche parole di studio e programmazione del futuro.
I grandi industriali da sempre in America si fanno perdonare le loro sterminate ricchezze investendo in fondazioni culturali e qui evito il troppo facile disastroso paragone con i costumi del nostro “imprenditore” aspirante statista.
Questa l’America che è sempre l’America nella sua capacità di innovare.
Ma se è vero che l’ago della bilancia dell’equilibrio e del potere mondiale si è ormai spostato in Asia il discorso non cambia.
Siamo prevenuti su questo fatto, che sotto sotto non ci piace : dovere ammettere la incombente superiorità delle millenarie civiltà asiatiche che consideravamo a noi inferiori per sviluppo, ma che ora vediamo viaggiare a ritmi impressionanti, vicinissimi a superarci in ogni campo.
L’enorme Cina ci piace ancora meno perché non è retta da un sistema politico clonato dal nostro, che riteniamo il migliore, o più realisticamente come diceva Churchill, il meno peggio.
Ma vinciamo la naturale diffidenza per un mondo del quale conosciamo ancora troppo poco, studiamocelo prima e vediamo per esempio se non è sensato ipotizzare anche per il nostro futuro un sistema politico che lasci spazio anche a organi di governo di tipo tecnocratico (largamente presenti in Cina) forse più adatti ad affrontare i problemi di un mondo sempre più complesso e complicato.
Fatto sta che i giovani cinesi ed asiatici non si sentono ingabbiati, spaesati e scoraggiati come i nostri, ma hanno fiducia nel futuro e voglia di viverlo da protagonisti.
Non è un caso. Hanno dietro istituzioni costruite sulla cultura millenaria degli “esami imperiali” . Traduciamo in italiano questa loro istituzione ben poco conosciuta da chi non si è mai occupato di cose cinesi. In italiano si traduce con la cultura del merito.
E’ detto tutto ed è quello che più ci manca in Italia.