venerdì 13 dicembre 2013

I forconi ex ceto medio ridotto a vivere con 700 € al mese



I cassintegrati, per chi non lo sapesse, devono vivere con 7/800 € al mese e sono molti  più del 1.500.000 registrato nel 2012.
I precari erano 3.300.000 nel 2012 e navigano con stipendi attorno ai 900 € al mese .  
I pensionati sono 16.700.000, la pensione media è di 860 € , il 17% è sotto ai 500 €
I disoccupati sono oltre il  12%.
I giovani disoccupati sono il 40% + il 20%, che sono quelli che non studiano e non cercano lavoro, e arriviamo al 60% di inattivi, è un dato impressionante.
Le donne inattive sono il 48%, il dato più alto della UE.
Lo stipendio medio degli  italiani è di 1.300 € , 900 per i neo assunti, 1.040 per le donne, 1.000 per gli stranieri.
Le partite Iva sono 7.000.000, ma oltre 2.000.000 sono inattive, e delle 5 milioni rimanenti, ce ne sono un mare a reddito appunto da 800€, anche se la media è di 1.400.

E’ antipatico snocciolare dati, ma occorre farlo per capire come siamo caduti in basso, in poco più di vent’anni.
Se una marea di gente deve vivere  con  800 € o poco più, occorre ricordare, che a Milano l’affitto di un monolocale costa più di 600 €, più spese di condominio , poi ci sono da pagare le bollette delle utenze, dopo di che o si va a mangiare alle mense della Caritas, o ci si fa aiutare da familiari, che magari sono anche loro al limite.
Con i dati sopra riportati, non c’è da stupirsi che ci siano per le strade quelli dei forconi a protestare un po’ su tutto, ma c’è da stupirsi che quella stessa gente, sia stata buona fino adesso, in quelle condizioni.
Con questi dati, i politici, che tentano di inserirsi nella protesta ,come Berlusconi, che ha governato l’Italia per 20 anni, o Salvini della Lega ,che ha co-governato, o i vari movimenti fascisti, sono addirittura patetici, talmente sono del tutto privi di una minima credibilità.
Che fanno, protestano contro sé stessi?
Le forze presunte di sinistra, sono ancora più penose, quando commentano irritate, che si tratta solo di fascisti, dimostrando di ignorare il problema.
Rimane Grillo, che non è compromesso col passato, ma che è chiamato a un compito, forse superiore alle sue capacità.
Se prima aveva un compito difficile, ora è costretto a camminare sulla corda senza tenda sotto.
Non è neanche un anno che i 5Stelle sono stati eletti.
Avevano assoluto bisogno di tempo per capirci qualcosa e fare un veloce corso di addestramento.
Hanno spesso preso atteggiamenti penosi.
Non si sono però compromessi e non si sono venduti.
Ma forse non basta.
C’è la novità di Renzi, segretario del PD, acclamato per mettere all’angolo i vari D’Alema e gli altri mandarini dell’ex PCI, che si sono in questi anni comportati peggio del peggiore democristiano.
Ma basterà Renzi?
Ha un programma nascosto nelle nebbie e quel poco che è venuto fuori è più che preoccupante, come l’andare a spogliare le pensioni in corso, di quello che percepiscono più dei contributi versati.
Per aspetti come questi è perfino peggio di Berlusconi, che oltre alle note buffonate si è limitato a governare facendo assolutamente nulla.
Per il resto è indubbio che se vincesse le elezioni lui sarebbe   meglio Renzi di Berlusconi.
Sinceramente però continuo a diffidare del modo di fare politica di Renzi.
Non vedo perché si debba essere costretti a firmare in  bianco la fiducia a un personaggio molto bravo nella comunicazione , ma che nemmeno si degna di proporre le sue idee guida strategiche.
Non mi piace la politica ridotta a un personaggio, personalizzata all’estremo.
Non mi piace la politica fatta in televisione.
Non mi piace uno che governa un partito, che dovrebbe essere di sinistra, ma che è chiaramente  ancorato a idee di politica economica liberista.
Non mi piace chi è tutto per il privato e niente per lo stato.
Non mi piace uno che ispira a Tony Blair, che è stato un gigantesco mentitore su un argomento pesantissimo come la guerra in Iraq.
Non mi piace chi gioca tutto sull’apparire.
Tutto questo mi richiamo troppo il berlusconismo.

Vedrei bene Renzi in un caso solo, se fosse capace di dialogare con i 5 Stelle, ma non ne ha neanche in mente, anzi considera i 5 Stelle il suo avversario da spolpare.

giovedì 12 dicembre 2013

Domani il futuro, un futuro di progresso tecnologico ineluttabile



Sta per finire un anno e cominciarne un altro.
Allora la gente, noi,  siamo portati a fare bilanci.
Ma non è di questo che vorrei parlare, anche perché, in crisi eravamo, ed oggi, siamo in una crisi ancora peggiore, nonostante le ripetute panzane, sparate dai nostri indegni governanti.
Mi interessa molto di più, invece, guardare al futuro, ma non nel senso di cosa farò io o cosa saremo noi l'anno prossimo.
Quello che mi interessa è guardare al futuro, nel senso di ineluttabile e straordinario progresso tecnologico.
Forse, è anche per questo che i governanti, appaiono così incerti,  e i politici, così terribilmente inadeguati.
Perché, se fossero anche onesti e preparati,  e non lo sono,  troverebbero ugualmente parecchio difficile star dietro al progresso esponenziale della tecnologia.
Ho detto senza volerlo “stare dietro”,  perché,  se è palesemente difficile,  star dietro,  governare questi fenomeni è quasi inverosimile per uomini, che sembrano rimasti indietro di troppo.
Eppure il compito della politica, con la P maiuscola, sarebbe proprio quello di governare, cioè di indirizzare i fenomeni,  non di lasciarsi trascinare da loro.
Ci sono appena stati  servizi televisivi e paginate di giornali per ricordare il mito positivo di John F. Kennedy e di Nelson Mandela.
Kennedy aveva  dato a vedere di voler fare proprio questo tipo di politica con la P maiuscola.
Il suo messaggio, in sintesi, era questo:  siamo la nazione più potente del mondo, abbiamo risorse materiali tecniche e umane impressionanti.
Se vogliamo, noi siamo, per la prima volta nella storia dell'umanità, nelle condizioni di poter risolvere i problemi, che né i nostri padri, né i nostri  progenitori consideravano risolvibili,  perché erano convinti che le discriminazioni fra razze, classi e persone fossero ineluttabili per natura.
Invece noi siamo nelle condizioni di poter vincere, per esempio, la povertà nel mondo e ridurre drasticamente la mortalità per malattie endemiche soprattutto nei paesi emergenti.
Siamo nelle condizioni di vincere l'ignoranza , anche dove non esiste un sistema scolastico adeguato.
Ognuno ci mette la sua parte di impegno.
Non chiedetevi mai cosa l'America può fare di voi,  ma cosa voi potete fare per l'America e per il mondo.
Nelson Mandela è stata un’altra formidabile  icona  di cosa rappresenta la politica con la P maiuscola, realizzando l’abolizione dell’apartheid senza fare la guerra civile, un’impresa quasi impossibile.
Questa, la politica vera ed alta, oggi può proporsi obiettivi ancora più ambiziosi se si propone di studiare, conoscere e capire le impressionanti potenzialità delle moderne tecnologie, per usarle a favore del progresso e per il bene dell'umanità.
Ecco, è di questo che conviene parlare ora, vicino all’inizio di un nuovo anno.
Perché qualunque sia il livello delle classi politiche nel mondo, la tecnologia andrà avanti.
Almeno questa è una grosso motivo di soddisfazione : la stupidità, l’ignoranza, la corruzione, i pregiudizi, i fondamentalismi e i dogmatismi non potranno farci nulla contro il potere della tecnologia che ormai avanza di forza propria,  piaccia o non piaccia.
Il progresso in atto nella tecnologia è semplicemente impressionante  e tale da prospettare scenari da fantascienza, per il domani prossimo.
Propongo tre esempi, che tutti probabilmente conoscono, per averne  letto o visto, come anticipazioni di stampa, tre fantascientifiche applicazioni, studiate dai gruppi industriali più all’avanguardia come Google e Amazon.

-  I Google Glass,  gli occhiali ,dotati di telecamera incorporata e di un piccolo schermo televisivo, che  viene proiettato sulla retina, ovviamente connessi col Web.
È uno strumento detto di “realtà aumentata”, che consente a chiunque li porti di poter fare foto e filmati dagli occhiali, in qualsiasi momento e situazione e di inviare poi quelle immagini via Web ad altri, sui loro computer, tablet,  telefonini o altri Google glass.
Si potranno dettare messaggi e spedirli, si potrà vedere un notiziario televisivo o un qualsiasi filmato, sempre camminando o in qualsiasi situazione ci si trovi, con gli occhiali sul naso, si intende.
Roba da fantascienza, indubbiamente, ma acquistabile in America da qui a poco, e in Europa, pare, nella primavera prossima.
Ma comunque in giro per il mondo ci sono già un sacco di questi strumenti,  per poter testare il prodotto.
E pare che abbiano riscosso un primo grande successo fra i chirurghi, che così possono rivedersi le operazioni e valutarsi.
Si pensi all'utilizzo di questo strumento, non come cosa bellissima,  ma da  classificare fra i beni superflui, quanto invece per cosa potranno diventare ad esempio per molti disabili.
I sordi potranno vedere scritto sullo schermo, proiettato nei loro occhi dagli occhiali, quello che gli altri dicono e che prima non potevano conoscere, usando software già comuni oggi.
Si pensi, poi, a tutti gli sviluppi possibili, ad esempio :  parlare nella propria lingua e fare in modo che gli altri sentano nella loro lingua, perché includendo questo aggeggio, praticamente, un piccolo computer, questo può far girare diversi programmi, compresi quelli di traduzione.

-  Come se non bastassero i Google glass, Google ha impegnato capitali ingenti sul progetto dell’auto, che viaggia  senza pilota.
L'auto che viaggia senza guidatore umano,  in prova ha già fatto un numero enorme di kilometri, senza causare alcun incidente ed è lecito prevedere che di qui a non molto apparirà sul mercato.

- Anche se Amazon ha sfruttato le foto del “drone Amazon”,  per consegnare i pacchi al posto del postino, al momento giusto, per poterlo usare ai fini della propaganda di vendita prenatalizia,  è assolutamente chiaro, che la tecnologia dei droni per uso civile (elicotteri in miniatura) è già in uso da tempo.
Ad esempio per monitorare lo stato dei ghiacciai; per monitorare lo stato dei monumenti storici o lo stato delle infrastrutture;  per portare viveri ai rifugiati in aree di guerra o siti difficilmente raggiungibili; per semplice uso cine-fotografico nei deserti o altri luoghi inospitali, eccetera, eccetera.

Ma al di là delle meraviglie tecnologiche di Google e Amazon , i due settori, che cambieranno in modo assolutamente radicale la nostra vita, nel prossimo futuro, sono probabilmente  la bionica e le nanotecnologie.
Tutti abbiamo sperimentato l'enorme aiuto, che ci possono dare i computer per fare cose. ma soprattutto per usarli come espansione del nostro cervello, sia per accumulare dati su supporti informatici, sia per cercare e usare i dati archiviati in tempi velocissimi.
Ora, facciamo un altro passo in avanti, e pensiamo a cosa saremo, quando alcuni dei componenti dei computer saranno materialmente inseriti nel nostro corpo per migliorarne e allargarne le prestazioni.
Questa è la parte più intrigante della bionica.
Avrà impieghi formidabili , e già ne ha parecchi,  innanzitutto per far sì che disabili non siano più disabili.
Per far vedere i ciechi, o per far funzionare perfettamente un arto artificiale, come se fosse di carne ed ossa.
Inutile ricordare le gambe bioniche di Oscar Pistorius, che gli hanno permesso di fare atletica ai massimi livelli.
Non da meno  sono le nanotecnologie.
Possono usare  componenti dei computer, su supporti tanto piccoli, da risultare invisibili, aprendo scenari ancora più importanti e inesplorati e non tutti, tali da non impensierirci.
Infatti, è noto che moltissimi laboratori stanno lavorando per studiare congegni per i più disparati usi militari.
Un altro campo nel quale si sta lavorando alacremente nel campo delle nanotecnologie è quello della fabbricazione di tessuti di tipo del tutto nuovo, ad esempio tessuti totalmente idrorepellenti.
O vernici o altri supporti da usarsi negli edifici per impedire in modo assoluto alla polvere ed allo sporco di fissarsi, renderli autopulenti.
Non parliamo poi,  dei possibili impieghi in campo medico diagnostico, dove è evidente, che usare congegni microscopici,  da ingerire o da inserire nel corpo, in grado di trasmettere dati di ogni genere, con tecniche totalmente non invasive, significa essere vicini a disporre di strumenti diagnostici, non solo a dolore zero, ma anche a disagio zero, per il paziente.
Questo è  un campo nel quale perfino il termine fantascienza appare inadeguato.
Se Kennedy, cinquant'anni fa, poteva dire quello che ha detto, ed essere considerato credibile, con la tecnica di oggi, enormemente più potente, 'l'umanità è già ora in grado di vincere le sue battaglie,  per la prima volta nella storia, allargando di molto i limiti dell'umano.
Siamo, in questi campi, talmente ai limiti dell’umano, che la politica, ma anche le religioni, sono messi di fronte a realtà, che le sorpassano talmente di tanto, da essere costrette ad annaspare e ad accampare vere o presunti dilemmi morali, quasi sempre  per mettersi di traverso alle sperimentazioni ed alla ricerca.
Non è un caso ad esempio, che i paesi europei, nei quali la ricerca sulle nanotecnologie è più trascurata, diciamo per resistenze ambientali, sono l’Italia e l’Irlanda, cioè i due paesi ritenuti teoricamente più cattolici degli altri.
Del resto, già da parecchi anni, il decano dei filosofi italiani, Emanuele Severino, aveva studiato in profondità la questione del potere della tecnica e aveva sostenuto, che, ineluttabilmente, la tecnica ha preso il posto di Dio e nessuno è più in grado di cambiare questo rapporto di forza.
La tecnica non è né buona né cattiva.
È però una forza enorme, che l'uomo, forse, come dicono i filosof, non è già più in grado di controllare, anche per i limiti del nostro cervello, che non può raddoppiare di velocità ogni tot anni, come fanno i computer, a seguito del progresso tecnico.
La nostra natura,  però, ci spinge a provarci, diversamente non saremmo più umani.
Non dimentichiamo, che le nostre radici culturali, assorbite dall’evoluzione, sono pur sempre negli immortali miti classici di Prometeo di Icaro e di Ulisse.
Come ci ricorda Dante nei celebri versi del Cap. XXVI dell’Inferno riferiti al mito di Ulisse :         
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”
La riflessione filosofica va sempre presa in considerazione con il massimo rispetto anche in questo caso.
Va detto però, che la visione sopra riportata di Severino, risulta  eccessivamente prigioniera di una cosmologia geocentrica.
Cioè, la tecnica si è impadronita dell'umanità sulla terra , ma la scienza ha una prospettiva molto più  ampia.
La scienza moderna parla infatti di un universo infinito ed eterno.
Margherita Hack, diceva, che noi umani siamo dalle formichine, che si agitano nell'infinita vastità del cosmo.
E quindi, la nostra tecnica, pur potentissima, non può fare altro che solletico all'universo.
E’ antipatico da dirsi e da metabolizzare, ma l’universo è totalmente indifferente a noi ed a quello che facciamo.
Se è lui dio, è un dio che non ci ama e nemmeno ci odia, ma che ci è estraneo.
Lasciamo pure perdere i miti religiosi di tutte le latitudini geografiche, tutte le teologie e tutte le dogmatiche, utili solo per suggerire intuizioni,  ma non certo per spiegare alcunché, e nemmeno più per consolare l’uomo moderno.
Rimane però il fatto, che chiunque coltivi interessi di carattere spirituale, usando le più varie discipline, lo fa anche perché non può non rilevare la sensazione, l’intuizione, chiamatela come volete, che quello che il senso comune intende come dio, sia soprattutto dentro di noi.
Tanto da rendere tutt’altro che inverosimile la famosa frase di Feurbach, condivisa poi da Nietzsche  : non sono gli dei, che hanno inventato o creato gli uomini, ma sono gli uomini che hanno inventato gli dei.
E quindi,  pur prendendo come punto di partenza, per qualsiasi ragionamento, le acquisizioni della scienza, che allo stato ci dicono, che il mondo appare governato dal caso, e che quello che chiamiamo spirito, anima, pensiero finisce al finire del cervello, che con le sinapsi fra i neuroni genera fisicamente il pensiero, niente ci impedisce di cercare con decisione vie che possano rendere verosimile quelle intuizioni di cui si diceva sopra, in base alle quali sia possibile rendere verosimile l’esistenza autonoma del pensiero e dello spirito.
L’immortalità del pensiero e dello spirito.
Lavorando quindi sull’ ipotesi, portata avanti dalla riflessione filosofica e dalla teologia più avvertita, secondo le quali, quello che chiamiamo spirito o  pensiero,  si possa considerare veramente qualcosa di più e di diverso del prodotto fisiologico materiale del funzionamento dei neuroni cerebrali e quindi risiedente autonomamente su qualche supporto, ancora ignoto.
L’enorme vantaggio, che la scienza ha sulle cattive teologie, imbalsamate nei loro dogmi, è il fatto che, per definizione, la scienza stessa è in continua evoluzione, e le neuroscienze in particolare ci aprono di continuo a nuove conoscenze.
La tecnica informatica, ad esempio, ci spinge a ipotizzare nuovi orizzonti a questo proposito.
Oggi la memoria dei computer ha fatto progressi talmente rapidi e clamorosi, che ci consente oggi di archiviare quantità assolutamente enormi di dati, per quantità quasi illimitate.
È quindi tecnicamente possibile archiviare quello che ogni singolo essere umano ha pensato nel corso di tutta la sua vita.
Riflettendo su questo fatto, per analogia, è difficile non andare a coltivare delle suggestioni affascinanti.
Per esempio, si potrebbe ipotizzare, che ci sia già tutto il pensiero, elaborato dall'umanità  nei 200.0000 anni, da quanto è comparso l’homo sapiens sulla terra, archiviato da qualche parte, che la scienza non ha ancora rivelato.
Le nanotecnologie, poi, ci inducono a coltivare altre suggestioni.

Infatti, se l’astrofisica ci consente, oggi, di conoscere l’universo come infinito ed eterno, il nostro orizzonte, probabilmente, si dovrà allargare ancora di più,  perché abbiamo di fronte a noi il campo, dove c’è quasi tutto ancora da scoprire, dell’ infinitamente piccolo, oltre al livello atomico e sub- atomico, che già ci ha rivelato le sorprese della meccanica quantistica, che ha rivoluzionato la nostra cosmologia e le nostre leggi fisiche, già una volta.

venerdì 6 dicembre 2013

Mandela è morto ma era già nel Panteon dell’umanità



Diversi anni fa ho letto la bellissima autobiografia di Nelson Mandela, sull’onda dell’euforia, derivante dalla possibilità di acquistare per la prima volta sul web libri nel circuito internazionale, senza sovra- costi di intermediari e con spedizione di una celerità sconosciuta, diversi anni prima della sua uscita in Italia.
Il personaggio era già un mito nella cerchia dei sessantottini e affini, anche se ne avevamo solo una conoscenza superficiale, ma era ben poco conosciuto dal più grande pubblico.
Purtroppo  in Italia ha avuto troppa poca eco anche la figura, che è stata vicinissima a Mandela nella fase della pacificazione nel dopo- apartheid, quella del vescovo anglicano Desmond Tutu.
La figura di Mandela risultava estremamente accattivante .
Come leader politico carismatico era anomalo per la sua epoca e per il suo continente, perché non era affatto un ideologo fanatico ed ancor meno era un sobillatore della lotta armata.
Per il mondo culturale nel quale è nata e cresciuta la mia generazione (quella dei non più giovani baby-boomers), Mandela risultava affine perché aveva più di qualcosa, che richiamava le figure austere e pulite del nostro Risorgimento.
A me, come a chissà quanti altri lettori, ha colpito il numero impressionante di anni che il nostro ha passato nella galera di quella piccola isola, che da lontano faceva intravedere il Sud Africa.
Ventisette anni, al primo colpo pensavo fosse un errore di stampa.
Per noi si tratta di un numero di anni di galera addirittura superiore a quello che in media passano gli ergastolani.
E’ molto interessante il modo come Mandela in quel libro descrive la sua lunghissima vita carceraria.
L‘impegno quotidiano, sistematico  e caparbio di dedicare tempo per istruirsi, tenersi al corrente e fare, nei limiti delle restrizioni carcerarie, scuola di politica con i suoi compagni.
Si era costruita una cultura anglosassone classica, e questo ovviamente lo favoriva nel cercare di capirsi con i suoi avversari del governo bianco Sud Africano, che pure erano di cultura anglosassone.
Con lo stesso impegno e caparbietà si dedicava con metodo all’esercizio fisico.
Sarà sempre uno sportivo appassionato, che del calcio e del rugby si servì anche come di strumenti potenti per fare aggregazione, al di là delle differenze di colore della pelle, di cultura e di lingua.
Di stirpe reale, in una piccola etnia di quella regione, si era trovato nella condizione di essere un africano, che sentiva di portarsi addosso la responsabilità per la sua gente.
Era un po’ nella condizione, che in Europa avevano quei cadetti di famiglie nobili, un tempo potenti e poi decadute, che però avevano nelle loro radici la cultura della nobiltà in senso positivo.
E poi la lunga preparazione, e infine la lotta per abolire l’apartheid, senza scatenare la guerra civile, cercando contemporaneamente di non cadere nella trappola dei contrapposti schieramenti geopolitici, in quegli anni di piena guerra fredda.
Ebbe successo, anche perché aveva la qualità principale del diplomatico di razza: cioè la capacità e la naturale inclinazione a fare lo sforzo intellettuale per mettersi nei panni dell’avversario, per cercare di individuare le sue esigenze  e possibilmente anche per entrare nei meandri delle loro motivazioni inconsce, passionali.
Ma la battaglia più grossa, perché più difficile  e coinvolgente sul piano umano l’ha dovuta combattere con le diverse componenti del suo schieramento, nel quale militavano molti compagni, troppo “compagni” nel senso di filo-comunisti.
Mosca era interessatissima ad inserirsi in quelle lotte e non badava a spese, cosa questa pericolosissima per quella congrega di intellettuali squattrinati.
La storia,   è lunga ed è andata a finire come sappiamo.
Mandela, primo presidente africano del Sud Africa ex bianco, anche se a stragrande maggioranza nera e premio Nobel per la pace.
Anche se questa è una storia bella e, una volta tanto, a lieto fine, non è però certo stata priva di ombre.
Anzi, soprattutto oggi, si vedono ambre molto fitte, costituite da una diffusa corruzione e da una impreparazione, a volte sorprendente di quella classe politica.
Madela era nato per volare alto e non per scendere nelle quotidiane grane dell’amministrazione e dell’economia.
Immaginiamoci, per fare un paragone, a noi più vicino, cosa sarebbe stato, se la sorte avesse voluto, che a fare l’unità d’Italia fosse riuscito non a Cavour, ma a Mazzini.
Ora Mandela è nel Panteon dell’umanità, perché è stato con umiltà e con sobrietà abbastanza grande da essere percepito come un eroe universale.
La lotta contro le discriminazioni di ogni tipo avranno sempre nella figura di Mandela il loro punto di riferimento.

Diversi anni fa ho letto la bellissima autobiografia di Nelson Mandela, sull’onda dell’euforia, derivante dalla possibilità di acquistare per la prima volta sul web libri nel circuito internazionale, senza sovra- costi di intermediari e con spedizione di una celerità sconosciuta, diversi anni prima della sua uscita in Italia.
Il personaggio era già un mito nella cerchia dei sessantottini e affini, anche se ne avevamo solo una conoscenza superficiale, ma era ben poco conosciuto dal più grande pubblico.
Purtroppo  in Italia ha avuto troppa poca eco anche la figura, che è stata vicinissima a Mandela nella fase della pacificazione nel dopo- apartheid, quella del vescovo anglicano Desmond Tutu.
La figura di Mandela risultava estremamente accattivante .
Come leader politico carismatico era anomalo per la sua epoca e per il suo continente, perché non era affatto un ideologo fanatico ed ancor meno era un sobillatore della lotta armata.
Per il mondo culturale nel quale è nata e cresciuta la mia generazione (quella dei non più giovani baby-boomers), Mandela risultava affine perché aveva più di qualcosa, che richiamava le figure austere e pulite del nostro Risorgimento.
A me, come a chissà quanti altri lettori, ha colpito il numero impressionante di anni che il nostro ha passato nella galera di quella piccola isola, che da lontano faceva intravedere il Sud Africa.
Ventisette anni, al primo colpo pensavo fosse un errore di stampa.
Per noi si tratta di un numero di anni di galera addirittura superiore a quello che in media passano gli ergastolani.
E’ molto interessante il modo come Mandela in quel libro descrive la sua lunghissima vita carceraria.
L‘impegno quotidiano, sistematico  e caparbio di dedicare tempo per istruirsi, tenersi al corrente e fare, nei limiti delle restrizioni carcerarie, scuola di politica con i suoi compagni.
Si era costruita una cultura anglosassone classica, e questo ovviamente lo favoriva nel cercare di capirsi con i suoi avversari del governo bianco Sud Africano, che pure erano di cultura anglosassone.
Con lo stesso impegno e caparbietà si dedicava con metodo all’esercizio fisico.
Sarà sempre uno sportivo appassionato, che del calcio e del rugby si servì anche come di strumenti potenti per fare aggregazione, al di là delle differenze di colore della pelle, di cultura e di lingua.
Di stirpe reale, in una piccola etnia di quella regione, si era trovato nella condizione di essere un africano, che sentiva di portarsi addosso la responsabilità per la sua gente.
Era un po’ nella condizione, che in Europa avevano quei cadetti di famiglie nobili, un tempo potenti e poi decadute, che però avevano nelle loro radici la cultura della nobiltà in senso positivo.
E poi la lunga preparazione, e infine la lotta per abolire l’apartheid, senza scatenare la guerra civile, cercando contemporaneamente di non cadere nella trappola dei contrapposti schieramenti geopolitici, in quegli anni di piena guerra fredda.
Ebbe successo, anche perché aveva la qualità principale del diplomatico di razza: cioè la capacità e la naturale inclinazione a fare lo sforzo intellettuale per mettersi nei panni dell’avversario, per cercare di individuare le sue esigenze  e possibilmente anche per entrare nei meandri delle loro motivazioni inconsce, passionali.
Ma la battaglia più grossa, perché più difficile  e coinvolgente sul piano umano l’ha dovuta combattere con le diverse componenti del suo schieramento, nel quale militavano molti compagni, troppo “compagni” nel senso di filo-comunisti.
Mosca era interessatissima ad inserirsi in quelle lotte e non badava a spese, cosa questa pericolosissima per quella congrega di intellettuali squattrinati.
La storia,   è lunga ed è andata a finire come sappiamo.
Mandela, primo presidente africano del Sud Africa ex bianco, anche se a stragrande maggioranza nera e premio Nobel per la pace.
Anche se questa è una storia bella e, una volta tanto, a lieto fine, non è però certo stata priva di ombre.
Anzi, soprattutto oggi, si vedono ambre molto fitte, costituite da una diffusa corruzione e da una impreparazione, a volte sorprendente di quella classe politica.
Madela era nato per volare alto e non per scendere nelle quotidiane grane dell’amministrazione e dell’economia.
Immaginiamoci, per fare un paragone, a noi più vicino, cosa sarebbe stato, se la sorte avesse voluto, che a fare l’unità d’Italia fosse riuscito non a Cavour, ma a Mazzini.
Ora Mandela è nel Panteon dell’umanità, perché è stato con umiltà e con sobrietà abbastanza grande da essere percepito come un eroe universale.

La lotta contro le discriminazioni di ogni tipo avranno sempre nella figura di Mandela il loro punto di riferimento.