mercoledì 28 dicembre 2022

Kwaidan ,storie spaventose dal Giappone di yokai ,fantasmi e demoni. Lafcadio Hearn - Editore Libreria Pienogiorno - recensione

 





Che questo sia un libro “strano” non ci vuole molto per capirlo, ma direi che il lettore vi si accosta proprio per quello, anche perchè   il titolo e relativo sottotitolo non lasciano molti dubbi su quelli che saranno i contenuti.

Se poi passiamo alla figura dell’autore la “stranezza” nel senso di fuori norma aumenta ancora al limite del paradossale perchè ,come recita la relativa voce di Wikipedia, Lafcadio Hearn è un irlandese nato in un isola Greca da padre irlandese e madre greca. 

Cresce a Dublino, a 18 anni va da solo negli Stati Uniti dove vive in povertà fino a quando un amico lo introduce al giornalismo.

Portando avanti questa professione manifesta subito un particolare talento di scrittore descrivendo la vita degli emarginati.

Mandato in Giappone come corrispondente vi trova quello che individua come la sua vera patria,sposò una giapponese e coltivò un particolare interesse per le “storie tradizionali giapponesi” divenendone un divulgatore molto appezzato in quel paese ma anche in Occidente dove la conoscenza di quel paese asiatico non era certo particolarmente diffusa.


  • Il libro è una raccolta , mettiamola così per semplificare, di storie di fantasmi della tradizione giapponese.

Il Giappone visse gran parte della sua parabola storica del tutto isolato dall’Occidente fino al famoso approdo dell’Ammiraglio americano Perry a metà  ‘800, che tolse quel paese dall’isolamento ed alla così detta rivoluzione Meiji negli ultimi anni dell’800 ,che “occidentalizzarono” quel paese desideroso di modernizzarsi recuperando il tempo perduto il più in fretta possibile.

Come è facile immaginare questo improvviso salto nella modernità non è stato colto con entusiasmo da tutti e paradossalmente nemmeno proprio dal nostro autore che nei racconti della tradizione giapponese guarda a quelle credenze ed ai tempi passati che esse  ripropongono con un atteggiamento “romantico”.


  • Interessantissima la loro lettura non solo e non tanto per il carattere “esotico” di quei racconti ma anche ,almeno questo è il mio parere, perchè ci porta a riflettere sulle evidenti assonanze fra  quelle “storie” e quelle che ci vengono dal nostro altrettanto fascinoso medioevo.

Un tempo al medioevo veniva rifilata la solita sbrigativa qualifica di “anni bui” , mentre oggi gli storici tendono invece a ricercare in quegli anni le “radici” tutt’altro che buie della modernità che era in essi in gestazione.

Ci potremmo infatti chiedere quanto delle moderne neuroscienze è presente nell’immaginario dei “racconti di fantasmi” medievali.

In questa prospettiva non c’è proprio niente di “infantile” in quel mondo e in quelle credenze che se è vero che tendevano a “vedere spiriti dappertutto” non facevano altro che dare una veste metaforica al vaso di Pandora che secoli dopo avrebbe rovesciato il  Dr. Freud e le discipline scientifiche che da quelle intuizioni hanno avuto origine.

Quei demoni e quei fantasmi proiettati nella natura dagli antichi  racconti sono assolutamente reali nella nostra psiche e con loro combattiamo ogni giorno.


  • Non posso non sottolineare che se lo sguardo “romantico” con il quale Hearan guarda a quelle storie è del tutto evidente, quando lascia trapelare  abbastanza spesso un atteggiamento nostalgico , la filosofia che l’Autore sottende alla sua opera viene da lui palesemente enunciata nell’appendice denominata “storie di insetti” ed in particolare in quella dedicata alle formiche, dove esplicita il fatto che segue come filosofo di riferimento Herbert Spencer ,teorico del “darwinismo sociale”.

Con una certa dose di ingenuità Hearn descrive con non celato entusiasmo la “perfezione sociale” della complessa e raffinata struttura sociale nella quale vivono le formiche che non conoscono il male per il semplice fatto che sono programmate solo ed esclusivamente per eseguire compiti “socialmente utili”.

Non esiste l’individuo fra le formiche esiste solo il bene comune della società.

Come non esiste nulla di simile alla proprietà privata.

La società essendo tutta programmata per relizzare il suo bene comune ha di fatto abolito il sesso dato che le formiche sono nella quasi totalità di sesso femminile e i pochi maschi sono una classe inferiore  con l’ingrato destino di eseguire le proprie funzioni e poi scomparire.

Abolite quindi le pulsioni sessuali e quelle dirette alla promozione del proprio ego nascerebbe quindi un modello di società perfetta anche dal punto di vista etico.


  • Singolare fascinazione questa di Hearn con due evidentissimi difetti.

Prima di tutto non è lecito guardare al mondo animale con una lettura antropomorfa perchè gli animali e tanto meno gli insetti non hanno alcuna delle proprietà che fanno dell’uomo un uomo (intelligenza astratta, autocoscienza ecc.).

Secondariamente se l’uomo fosse spinto per evoluzione naturale a privilegiare le pulsioni altruistiche e a soffocare quelle egoistiche, sarebbe ingabbiato nella necessità.

Realisticamente occorre quindi riconoscere quello che la filosofia ha da sempre appurato e cioè che la contropartita delle antinomie intrinseche alla natura umana nella dialettica male-bene sono il prezzo da pagare per godere della libertà, presupposto supremo per fondarvi qualunque forma di etica.


giovedì 22 dicembre 2022

Telmo Pievani : Homo sapiens ed altre catastrofi Per una archeologia della globalizzazione - Meltemi Editore - recensione







* Non voglio spaventare il lettore ma solo correttamente mettere a punto le cose.
 Questo libro potrebbe tranquillamente essere adottato come un testo universitario di paleoantropologia e quindi come tale va preso.

* Perchè allora mi sono sobbarcato la lettura o meglio lo studio di un libro del genere? Perchè si tratta di una materia nuova nel senso che è perennemente “in progress” in quanto nuovi scavi nuove scoperte possono sempre scompaginare le precedenti acquisizioni. Perchè la trattazione curricolare della storia nelle scuole comincia come tutti sappiamo con la mezzaluna fertile fra Tigri ed Eufrate e dà solo qualche cenno del tutto marginale ed insufficiente sul “tempo profondo” della così detta preistoria e quindi di fatto ignora la materia.
 In altre parole si è sempre seguito il criterio estremamente restrittivo di fare partire lo studio della storia dalle civiltà che hanno lasciato le prime testimonianze scritte. 

 * Ma non ha senso conservare e diffondere una dimensione del tempo di derivazione medioevale che è appunto coerente ed al servizio della visione del mondo basata sull’idea omni-comprensiva della cristianità che riduceva la storia di fatto alla “storia sacra” che gira intorno ai 2.000 anni della chiesa cattolica.
La storia vera è ben altro e ben oltre.

 = Occorre allora fissare e conservare nella memoria alcuni paletti fondamentali :

 -big bang e nascita dell’universo un po meno di 14 miliardi di anni fa 
 -formazione della Terra 4,5 miliardi di anni fa
 -nascita della vita 4 miliardi di anni fa
 -apparizione dei primati 55 milioni di anni fa 
 -apparizione degli ominini 4,5 milioni di anni fa
 -apparizione dell’homo sapiens 200.000 anni fa 
 -rivoluzione cognitiva (acquisizione dell’intelligenza astratta etc.) 60.000 anni fa 
 -rivoluzione agricola 11.500 anni fa 

 * Dallo studio di queste date appare del tutto evidente che i 2.000 anni di storia che di fatto finiamo per intendere come tutta la storia del genere umano, se pure con l’appendice dei 3.000 anni di storia prima di Cristo che si studiano a scuola sono in realtà solo una piccolissima parte della storia reale della nostra specie

 * Fissato il concetto di tempo profondo questo pregevole testo di Telmo Pievani, scienziato e divulgatore ben noto, ripropone i concetti fondamentali della evoluzione “inventata” da Charles Darwin, ai quali ha dedicato tutta la sua attività scientifica. 

 * In breve Pievani ribadisce che l’evoluzione non è un processo che va inesorabilmente verso un progresso continuo e necessitato ,ma è il risultato di mutazioni contingenti che avrebbero potuto quindi portare anche ad altri esiti. 
Ma questo non significa che il mondo sia in balia del caso perchè esistono come costanti le leggi fisiche, che ci rendono il mondo conoscibile e anche nel processo evolutivo esistono dei “patterns” che si ripetono.

 * Fondamentale a mio avviso il pensiero che non a caso Pievani ha espresso a conclusione del libro spiegando che il fatto che l'evoluzione proceda per contingenza e non per necessità verso un fine predeterminato da forze esterne è la base della nostra libertà e conseguente responsabilità.

giovedì 15 dicembre 2022

Alba Donati : la libreria sulla collina -Editore Einaudi - recensione

 




Avevo quasi perso il piacere di affrontare libri di narrativa, abituato come sono a leggere prevalentemente saggistica.

Mi ci sono avventurato e non mi sono pentito perchè questo è un libro molto particolare, provenendo da un personaggio veramente singolare.

Da Wikipedia apprendiamo che Alba Donati è lo pseudonimo di Alba Franceschini, poetessa e critica letteraria italiana,ha lavorato per la Rai ha pubblicato diverse raccolte ,presidente del Gabinetto Vieusseux, a un certo momento ha lasciato Firenze per vivere a Lucignana di Lucca,paesino abitato da 170 persona dove apre una libreria/cottage con giardino.

Ma usciamo da Wikipedia e andiamo direttamente al libro.

Lo dico subito, il primo impatto può lasciare perplessi perchè va bene la sperimentazione ma il lettore  medio non c'è abituato e si aspetterebbe un racconto con un capo e una coda.

Ebbene questo non è il caso.

Ma dopo qualche istante nel quale si boccheggia si sale ben presto in superficie e si scopre che l'autrice ci sa fare eccome e che la scelta formale del diario è il perfetto pretesto per parlare a ruota libera dei mille personaggi fotografati nella sua memoria in quel paesello dalle mille risorse.

Devo dire anche questo, mi è capitato nella vita di fare esperienza di un piccolo paese pure di appennino appunto come il Lucignana del nostro libro e conseguentemente ho vissuto nel mio immaginario l'esperienza della scoperta e della sorpresa.

La sorpresa di capire a poco a poco che quel piccolo mondo è in realtà un piccolo universo rappresentativo concedetemi la parolona "dell'universo mondo".

E che la scoperta e la sorpresa procurano soddisfazione ed appagamento a chi si trova a condividerle nella misura in cui si è più o meno ricchi di umanità.

L'autrice dimostra di possedere una cultura di livello e ampiezza invidiabili e questo può intimidire ma anche rischiare di colpirci come una non voluta forma di arroganza intellettuale se non fosse brillantemente superata proprio dalla continua dimostrazione di una grande sensibilità umana capace di relazionarsi con l'umanità degli altri che come sempre nella vita si presenta anche sotto la forma della sofferenza degli altri.

Sembra un paradosso ma questi altri, che giorno per giorno ci vengono presentati ,sono talmente tanti che alla fine ci possono risultare anche troppi per potere serbarcene la memoria.

Difficilmente però ci dimenticheremo delle figure che ci vengono descritte in modo estremamente vivido direi proprio per la loro singolare umanità a cominciare dalle persone dei familiari dell'autrice, madre, padre,fratello etc. che diventano personaggi.

Sarà eccesso di abilità da scrittrice o semplice caso ma ogni tanto nel libro viene citato il compagno dell'autrice ma di lui non ci viene detto incredibilmente assolutamente nulla al di là del nome di battesimo ,eppure ne esce come un comprimario.

Ho lodato la grande umanità dell'autrice ma non posso tacere anche che essendo un figura che si è trovata un posto non trascurabile nel panorama culturale ed editoriale italiano si permette anche qualche vezzo che del resto dimostra benissimo di sapere di avere e di non farsene alcun cruccio.

Per l'autrice tanto per cominciare essere una maschio e non una femmina per un autore è un bel guaio dato che lei è chiaramente portata a preferire di gran lunga le autrici rispetto agli autori.

Appena dopo non si può non osservare che gli autori, o meglio le autrici se parlano di argomenti legati alla natura declinata soprattutto nel settore piante e giardini sono destinate a giocare in serie A solo per questo.

Del resto lei stessa non nasconde il fatto che se i clienti-visitatori escono con i libri delle autrici da lei preferite prova un particolare piacere.

Singolarmente l'autrice non ritiene di far valutare la propria cultura facendo citazioni di classici, che anzi nomina con perfino eccessiva parsimonia.

Ognuno ha i propri "pallini" intellettuali e siccome anch'io come tutti ne ho ,mi sono trovato ad apprezzare particolarmente la sua vigorosa rivalutazione di Giovanni Pascoli così male interpretato in genere nei percorsi scolastici.

Per la stessa ragione ho condiviso l'amore per "la pioggia nel pineto" di D’Annunzio per la quale ho grandissima considerazione pur sapendo che non so per quale maledizione fa parte a quanto pare dei non buoni ricordi scolastici di molti.

Mi ha stupito invece che una una così raffinata cultrice di letture di paesaggi botanici non abbia citato le incredibili pagine che Marcel Proust dedica ai "myosotis" in "Du cotè de chez Swann".

Saggi, mi pare che non ne venga citato neanche mezzo ad eccezione ovviamente di un testo di Mancuso il botanico.

Di filosofia nulla.

La cosa mi lascia un po’ perplesso ma rispetto la scelta.

Libro singolare questa libreria sulla collina, ma che lascia il segno, e solo per questo vale la pena di leggerlo.





lunedì 5 dicembre 2022

Domino Rivista sul mondo che cambia numero 8 - 2022 L'importanza di essere America - la superpotenza si mostra depressa, divisa al suo interno.Intanto la Russia in Ucraina raffredda la crisi al confine polacco e allontana la Cina da Taiwan - recensione


 

Rischio di ripetermi ma ad ogni nuovo numero di Domino che leggo non posso fare a meno di sorprendermi di come Dario Fabbri inventandosi il format di Domino sia riuscito nell'impresa tutt'altro che facile di confezionare una rivista di geopolitica intrigante e leggibile anche da un lettore di media cultura che probabilmente non avrebbe mai affrontato la lettura di riviste di geopolitica più seriose e soprattutto più ponderose.

L'editoriale dello stesso Fabbri che a Limes, lo ricordo, era direttore scientifico proprio per l'area America e che quindi è uno dei più accreditati specialisti di Usa firma come sempre un pezzo brillante nel quale però non può fare a meno di sforzarsi di presentare anche al lettore alle prime armi i parametri di lettura tipici della geopolitica, parecchio diversi di quelli degli editorialisti dei media diciamo “generici”.

Se mi si consente l'ardita semplificazione gli analisti di geopolitica come Fabbri si sforzano di far capire al lettore prima di tutto che l'America è impegnata a perseguire nel mondo anzitutto quelli che ha individuato come il suo interesse strategicico di potenza egemone e se questi dovessero coincidere con la diffusione della libertà e della democrazia, tanto meglio, ma deve essere chiaro quale sia l'obiettivo primario reale, che è altro.

Molto simpatico il fatto che Fabbri abbia deciso di ospitare subito dopo il suo editoriale un articolo di Federico Rampini, cioè di un editorialista dei media "generici " ,se pure dotato di particolare caratura e di senso critico decisamente più elevato di quello dei suoi colleghi.

Ricorderà il lettore che quando Rampini è approdato a “coprire” la Cina aveva deciso tra l'altro non per vezzo ma per rispetto a quella cultura millenaria che era andato ad esplorare di vestirsi conformemente a quelle usanze (come aveva fatto del resto qualche anno prima anche il grande Terzani).

Poi dopo anni di permanenza in Asia, Rampini era tornato negli Usa, dove tra l'altro aveva conquistato da tempo la "carta verde" ,che dà diritto alla cittadinanza, e da allora sembra sempre più convinto della superiorità del "sistema americano".

Ricordo che anche Fabbri scommette sulla tenuta alla lunga della supremazia americana per il vantaggio competitivo dei suoi parametri geopolitici "fondamentali" (posizione geografica,demografia, narrazione e pedagogia imperiale ,supremazia economica-tecnologica e militare nei mari, ecc.).

Fabbri e Rampini non si sottraggono alla domanda che ci si fa in qualsiasi bar sport d'Italia : chi sta vincendo la guerra in Ucraina e come andrà a finire?

Ma non vi dico la risposta perchè la mia anticipazione sarebbe una banalizzazione di una analisi seria che va lasciata agli autori.

Posso però anticiparvi che gli articoli o brevi saggi che seguono quelli di Fabbri e di Rampini li ho trovati di grande interesse e di veramente piacevole lettura anche perchè con molto realismo relativizzano di molto il discorso su chi vince-chi perde.

Peggio che peggio poi se si tenta di ragionare su :ma allora ne valeva la pena?

La risposta che mi sembra venga fuori e che giudico corretta è un si ma.

Nel senso che va bene ottemperare a una esigenza etica (punire l'aggressore) ma va ancora meglio chiarire bene i costi e la sostenibilità che questo ne comporta.

Per non parlare della compatilbilità o meno con gli interessi strategici del nostro paese, come richiede l’approccio geopolitico.

Benissimo quindi costringere il lettore a mettere i piedi per terra vedendosi quello che viene fuori dall'intervista che Fabbri fa a Scaroni ,ex Ceo dell'Eni che non essendo al momento in quella carica può concedersi di parlare in modo molto chiaro e trasparente.

Tutto bene allora,tutto perfetto?

Ma no non è ragionevole pretenderlo e infatti avrei sinceramente evitato l'articolo dello storico militare Ilari ,dottissimo ma anche pesantissimo.

Personalmente ritengo però che la chicca del fascicolo sia l'articolo di Dario Quintavalle, esperto ed operatore di cooperazione internazionale ,che tra l'altro ha operato per conto della sua agenzia per cercare di formare nell'Ucraina pre guerra un sistema giudiziario che superasse almeno il minimo sindacale della decenza pare con scarso successo.

Ecco vi consiglio caldamente la lettura di questo articolo perchè ritengo che sia fondamentale per cercare di rispondere alla domanda che ponevo sopra : ma ne vale la pena? o meglio fino a che punto ne vale la pena?

Infine udite udite questa singolare rivista di geopolitca si permette di dedicare l'intero ultimo capitolo al calcio, cosa impensabile per una rivista specializzata di questa materia.

Capitolo per altro godibilissimo.