martedì 12 marzo 2019





Mentre in Italia impazza il dibattito tutto ideologico su o meglio contro il “reddito di cittadinanza”, ho avuto la fortuna di leggere un libro acquisibile sono come e-book che in veramente poche pagine e molte tabelle di dati descrive in modo essenziale, ma sufficiente il mercato del lavoro tedesco.
Il saggio non è recentissimo, ma fornisce gli elementi essenziali, tuttora fondamentali.
Conoscevo nella sostanza le linee di fondo di quel mercato, ma dato l’attuale clima politico, sono stato incredibilmente sorpreso di dover verificare con mano le solite incongruenze politiche italiane, amplificate da un sistema di media tutt’altro che obiettivo e praticamente tutto schierato contro il governo giallo-verde.

Mi ha infatti scioccato vedere che di fatto la filosofia (ma anche la prassi) del reddito di cittadinanza, portato a bandiera dal movimento grillino ,nato quantomeno euroscettico, se non proprio anti Euro, è la copia del sistema in vigore in Germania da 10/15 anni.
E permettetemi, sciocca un po vedere che un movimento parecchio euro-scettico copia il paese guida, mente e braccio dell’Unione Europea.
D’accordo i tedeschi sono precisi e ordinati e quindi il loro sistema è meno incasinato di quello costruito per ora sulla carta dai grillini, ma i difetti che si sono evidenziati negli anni in quello reale e collaudato della Germania ,sono gli stessi che quei marpioni degli editorialisti dei giornaloni italiani ripetono da settimane per demolire la riforma grillina.
Chissà che non abbiano copiato dalla stampa tedesca.
Solo che il sistema tedesco è più che lecito che venga criticato ,perché ha già dispiegato i suoi effetti per oltre dieci anni.
Mentre in Italia si critica un sistema che non è ancora nato, quindi lavorando su pure ipotesi e speculazioni.
Incredibile ma vero, lo stato confusionale nel quale versa la chiesa ha portato il suo vertice italiano a criticare duramente in sede istituzionale e cioè in una audizione parlamentare il reddito di cittadinanza, con le stesse argomentazioni di Confindustria! Complimenti l’ispirazione evangelica della gerarchia ecclesiastica così diventa sempre più credibile.
Facciamola breve, l’ultimo governo a guida socialdemocratica della Germania ha adottato il così detto sistema Hartz.

Il libro opportunamente inizia elencando i dati che fanno capire perché la Germania è il paese a cui guardare se non proprio da copiare.
Tanto per cominciare ,il livello della disoccupazione dei Laendern che tirano di più : Baviera 3,6%, Baden Wuertenberg 3,9%, quando in economia si ritiene che il livello di disoccupazione ritenuto fisiologico si aggira sul 5% (dati 2012) mentre lo stato che su questo settore sta peggio, la Spagna ha in Andalusia un livello di disoccupazione addirittura del 30% , da noi la disoccupazione giovanile è a livelli abnormi sopratutto al Sud.
Per di più in Germania non solo c’è lavoro, ma gli stipendi sono nettamente più alti.

I Tedeschi hanno fatto per tempo le riforme che gli altri non hanno fatto (tasse, lavoro,pensioni).
Virtuosi, ma fino a un certo punto, se si pensa che nel 2012 avevano ancora un debito pubblico all’80%, e quindi sforavano parecchio il tetto stabilito dai trattati nel 60%, ma proprio questo è il punto : loro la spesa in deficit l’hanno usata per fare le riforme di struttura, gli altri tanto per tirare avanti alla giornata.
Come è noto il punto di forza dell’economia tedesca sta nella straordinaria forza del suo sistema manifatturiero proiettato verso le esportazioni, negli anni recenti particolarmente verso i mercati asiatici.
Il problema è che la Germania esporta “troppo” nel senso che esporta troppo di più degli altri paesi partner dell’UE che nel frattempo invece importano molto dall’estero, contribuendo così a mantenere bassa la quotazione dell’Euro, perché importando dall’estero comprano dollari e vendono euro.
Così la Germania si ritrova con un forte surplus della sua bilancia commerciale.

Il libro della Lucchini chiarisce che se la Germania fosse rimasta al marco oggi i prodotti tedeschi all’estero costerebbero di più del 20/30% e quindi per la Germania l’entrata nell’Euro è stato un grosso affare.
Diciamolo sommessamente anche a scapito e a spese di chi invece di esportare come lei ,importa molto di più mantenendo basso il valore dell’Euro.
In altre parole il successo della Germania dipende anche dall’insuccesso degli altri paesi .
La Lucchini afferma senza mezzi termini che l’Euro così com’è una follia perché non si possono mettere sullo stesso piano sistemi come quello tedesco che campa sull’esportazione di macchine ad alta tecnologia con una Grecia che campa su porti e turismo.
Cioè un tasso di interesse uguale per paesi così diversi avvantaggia gli uni e schiaccia gli altri.
Con tutto questo la Germania quando ha lasciato il marco per l’euro ha fatto un grosso favore agli altri, perché è come se avesse garantito per loro.
Sono gli altri che invece di approfittare della stabilità della moneta per ridurre il debito non ne hanno fatto nulla.

Facciamo mente locale, è proprio quando l’Italia girava a vuoto nel ventennio berlusconiano, che in Germania i socialdemocratici di Gerhard Schroeder hanno fatto delle riforme radicali, che hanno fatto perdere loro definitivamente il potere nel 2005, ma che sono state fondamentali per ammodernare l’economia tedesca.
Sono state abbassate le tasse dal 20% al 16% e dal 48,8 al 45%.
Sopratutto la Germania allora ha rivoluzionato il mondo del lavoro con la commissione Hartz e i Job Center.

Hanno fatto scalpore i mini Jobs da 450 € al mese, con i pro e contro annessi e connessi a questo strumento che comunque lo si guardi ha dato comunque una dignità a tutti.
Giustamente la Lucchini sottolinea il fatto che la misura non ha senso che sia vista come uno strumento diretto sopratutto a ridurre il costo del lavoro, perché il tipo di esportazioni tedesche, essendo di alta fascia tecnologica ,vedono l’incidenza del costo del lavoro ridotta a un mero 6/7%.
I mini contratti piuttosto hanno fatto emergere i lavori in nero, hanno fatto uscire dalla disoccupazione chiunque ed hanno anche aumentata la domanda interna.
Ricordo il dibattito feroce in Italia quando è stata istituita la scuola media unica perché si diceva che non era possibile lasciare la scelta del tipo di studi e quindi l’età di entrata nel mondo del lavoro
a 11 anni, ma in Germania di fatto gran parte dei giovani comincia ad andare in azienda a 12 anni
mentre frequenta la scuola e nessuno si scandalizza.

La riforma Hartz era basata sulla ristrutturazione degli uffici di collocamento.
Guarda caso l’assegno sociale di disoccupazione (Arbeitlosengeld II) era calcolato in 380€ + 370 per l’affitto per un single.
Cioè siamo sul medesimo livello del nostro tanto disprezzato reddito di cittadinanza.
Con maggiore chiarezza rispetto a noi chi non può lavorare e quindi ha bisogno di pura assistenza riceve un assegno definito Sozialgeld.
Chi riceve il primo tipo di assegno deve dimostrare di essere in costante ricerca di una occupazione.
Il Job Center offre anche corsi di formazione a chi dimostri di poterne fare buon uso.
Le cifre sono impressionanti se si pensa che la platea dei mini jobber è di oltre 7 milioni di tedeschi.
E quindi anche nella ricca Germania c’è un grosso problema di disuguaglianza : il 10% più ricco controlla il 55% delle proprietà (era il 40% nel 1993).
A consultivo è considerato indiscutibile che la riforma abbia funzionato nel senso di diminuire i disoccupati, ma l’altra faccia della medaglia si è rivelata essere il fatto che le persone che necessitano del sussidio dello stato non sono diminuite.

Va poi bene sottolineato che in Germania vige un diverso costume politico-sociale in base al quale il sindacato segue una politica di collaborazione ,che non gli ha affatto tolto credibilità, ma ha consentito di seguire la filosofia del” lavorare meno per lavorare tutti” almeno nei periodi di stagnazione.
Sia chiaro però ,sottolineano gli autori, che i mini job hanno ridato dignità a chi era fuori dal circuito lavorativo, ma che se parliamo dei metalmeccanici della Volkswagen o della BMV siamo nel campo dei contratti strappati duramente con tutele all’italiana.
Stando ai numeri la Lucchini giustamente non omette di citare il livello siderale di esportazioni che la Germania è riuscita a piazzare in Cina con addirittura 65 miliardi nel 2011, proprio quando l’Italia di Berlusconi stava rischiando il fallimento.
E qui ovviamente i mini job non c’entrano nulla, non è merito loro.

I sindacati tedeschi hanno tra l’altro fatto la scelta saggia di distinguere bene fra Est e Ovest con salari diversi essendo diverso il costo della vita.
Vogliamo copiare?




lunedì 4 marzo 2019







Prima di tutto i miei più sinceri complimenti al “gost Writer” che presumibilmente l’ha scritto materialmente questo libro.
Si tratta di un ottimo lavoro fatto da un eccellente professionista.
Non solo il libro è scritto bene, ma è ben costruito e riporta parecchie citazioni abbastanza ben scelte fra alcune delle icone della intellighentia della sinistra.

Se non fosse che non ho mai stimato Renzi come un politico dotato delle delle qualità necessarie per fare il leader (visione, preparazione, capacità di fare squadra,ecc.) mi sarei addirittura entusiasmato leggendolo tutti quei riferimenti alla cultura liberal.
Dopo avere finito di leggerlo però mi chiedevo proprio questo : come è possibile che se l’ avesse scritto un’altro considererei questo libro una discreta sintesi di alcune delle cose da farsi in questa circostanza storica, ed invece sapendo chi è l’autore in copertina, la sua lettura mi lascia l’amaro in bocca, come se avessi visto un dipinto celebre, sapendo però che si trattava di un falso, ben copiato, ma falso.
Mi ha fatto venire in mente il ricordo di un avvenimento analogo, quando avevo ascoltato dal vivo un appassionato comizio della campagna elettorale di Veltroni anni fa e ne ero rimasto semplicemente entusiasta per la grande capacità di “visione” che esprimeva, citando l’educazione e l’istruzione come la priorità assoluta per il suo futuro governo.
Peccato però che poi al governo invece che lui era stato eletto Berlusconi, che l’elettorato evidentemente aveva giudicato credibile pur essendo culturalmente inconsistente.
Quella cocente delusione mi aveva insegnato che la capacità di visione in politica è essenziale, ma che deve andare di pari passo con la credibilità politica di chi ne fa la narrativa.
Anche nel libro di Renzi le idee ci sono e sono di quelle buone,ma non posso scordarmi del fatto che avevo sempre criticato il suo modo di fare politica concreta proprio perché mi è sempre sembrato privo di una visione organica a lungo periodo e interessato solo a vivere alla giornata.
E allora?

Allora non credo alla sua sincerità, non credo che creda veramente in quello che dice di credere, perché il suo modo di fare politica non è stato quello.
Il libro bello se fosse vero e sincero conferma però la sostanza di quello che sto dicendo perché da Renzi in 140 pagine non viene neanche lontanamente nemmeno il tentativo di chiedersi perché ha perso pesantemente sperperando due gloriose tradizioni politiche, quella degli ex comunisti e quella dei cattolici sociali.
Non basta citare La Pira mostrandone grande ammirazione per accreditarsi come un politico che ne abbia raccolto la fiaccola.
Il libro è tutto un su e giù per le montagne russe perché alterna in continuazione la visione tipica dei liberal anglosassoni e la rancorosa polemicuccia sulla politica da bar sport.
Non solo non tenta nemmeno di fare una autocritica che sarebbe stata più che doverosa, vista la batosta che si era presa, ma con la solita insopportabile arroganza tenta di girare la frittata cercando di dimostrare che non ha mai perso perché il PD avrebbe sempre veleggiato fra il 20 e il 30 per cento mentre lui lo aveva fatto salire al 40%, impresa da premio Nobel, che fortunatamente non c’è per la politica.

Anzi questo Renzi è ancora più insopportabile quando continua a inveire contro il “fuoco amico”, costituito dagli arcinemici Bersani e C. che mai nemmeno si degna di chiamare per nome, che sarebbero loro la vera causa di tutti i mali, compresa ovviamente la sua caduta politica per mancanza di consensi.
Oddio,può anche darsi che se uno è falso, gli altri lo siano altrettanto, ma mi ricordo chiaramente di avere sentito più volte il medesimo Bersani dire che come si usa in un partito democratico avrebbe gradito esprimere vis a vis le sue opinioni a Renzi,ma che non c’era verso.
La cosa del resto mi pare sia largamente condivisa dai commentatori politici, Renzi è uno che si rinchiudeva fra le mura del “giglio magico” e del parere degli altri sembrava non avere il minimo interesse, a maggior ragione se erano suoi oppositori interni.
Ma di questo ovviamente non c’è traccia nel libro.

C’è invece un non sempre gradevole peana ripetuto a favore di Obama, dei Clinton e di Tony Blair, chiaramente i suoi super eroi, i suoi idoli-modelli.
Contento lui….., ma se almeno si aggiornasse!
E invece non lo fa a ragion veduta proprio perché ripete la sua assoluta convinzione perdente che la sinistra per vincere deve andare al centro cioè a destra e quindi disprezza ad esempio la nuova leva dei giovani deputati democratici americani alla Alexandra Cortes, ovviamente da lui ritenuti pericolosi radicali.
C’è e forse non poteva non esserci visto come stanno andando le cose una parte, forse troppo ampia dedicata alla difesa dei suoi genitori, comprensibile, comprensibilissima, ma che sarebbe stata molto più efficace se contenesse almeno la constatazione che come imprenditori erano quanto meno una frana, non avrebbe guastato, anzi al contrario.
C’è invece delineata in modo poco chiaro e generico una accusa rivolta a un presunto complotto ordito contro di lui da parte sembra di “poteri forti” che ce l’avrebbero avuta con lui a causa del suo rifiuto di omologarsi a quell’establishment romano dove la regola è che quelli che formalmente sulla scena politica sono nemici giurati si siedano insieme a tavola e nei salotti sapendo di essere tutti di fatto alla stessa mensa.
Il mondo della politica romana è probabilmente descritto in modo corretto nel suo cinismo di fondo, ma l’oscuro complotto?
Si poteva forse anche risparmiarselo.
C’è poi ed è la colonna portante del libro una puntuale e corrosiva critica, spesso anche efficace condotta ai provvedimenti bandiera del governo giallo-verde : reddito di cittadinanza, pensione quota 100, decreto dignità, decreto anti corruzione, blocco dell’immigrazione.
Non è che ci voglia una verve polemica particolarmente puntuta per mettere in difficoltà, se non addirittura in ridicolo, provvedimenti e referenti politici impreparati e pasticcioni, ma va detto che questo libro ne fa una bella sintesi.
Il tentativo di sgretolare l’efficacia dei provvedimento governativi,servono al libro per consentire a Renzi di ricordare che lui avrebbe fatto le stesse cose e naturalmente meglio.
Se il governo giallo-verde rimarrà in piedi e i suoi provvedimenti avranno la possibilità materiale di dimostrare se sono fumo o se hanno consistenza, lo vedremo.
E’ chiaro a tutti noi che praticamene tutti i provvedimenti bandiera sono stati mal preparati, altrettanto male tradotti in termini giuridici e che hanno molte probabilità di concludersi in un grn pasticcio, anche perché i mezzi di comunicazione sono stati pressoché unanimi nel predicarci i loro difetti.
Un po di buon senso vorrebbe però che si giudicassero le cose per quello che sono e questi poveri provvedimenti ancora non sono in attuazione e quindi di cosa si blatera in continuazione?
Attenzione però a sparare a palle incatenate contro il reddito di cittadinanza, attenzione perché su questo specifico provvedimento è mia ferma convinzione che il PD si gioca l’anima oltre che la credibilità e la sua sopravvivenza politica.
Una politica contro la povertà chi l’ha mai fatta nell’Italia recente?
Berlusconi e Brunetta con quella card per disperati da usare per comprarsi quattro cose quattro?
Renzi con il ripetutissimo ed esaltatissimo RID, reddito di inclusione? 200 € medi che la ex ministra Boschi ha la sfacciataggine di alzare a 500 in televisione citando la quota calcolata per famiglia con 6 figli a carico, che rappresenta ovviamente la tipologia media italiana?
Il reddito di cittadinanza nasce pasticciato e quindi difficile da realizzare, ma vogliamo proprio cancellarci dalla testa per ragioni ideologiche e per partito preso il milione e oltre di persone che hanno dovuto restituire gli 80€ di Renzi.
Renzi, torniamo a lui, è talmente accecato da rancori ed odi che in questo libro arriva a dire che la storia dei 5 milioni di poveri è una gran balla perché conta anche evasori fiscali e lavoratori in nero.
Renzi infatti si produce in una critica puntuale spesso feroce e rancorosa contro questi provvedimenti e i loro autori, e questo poco si accorda con il continuo appello a superare il clima di odio che i giallo-verdi avrebbero diffuso, ammorbando il clima politico precedente.
Se questo discorso, forse fatto da un altro potrebbe anche avere un qualche senso, ma se si va alle pagine che Renzi dedica al fuoco amico della “vecchia sinistra” non viene fuori certo un condensato di buoni sentimenti ai quali ispirare la dialettica politica.
Se vogliamo usare questo libro per ricavarci una puntuale elencazione dei provvedimenti che Renzi ritiene sia riuscito a mettere a segno coi suoi governi per fare quello che lui ritiene un grosso e riuscito tentativo di riformismo, ebbene questa parte è ben costruita esponendo il punto di vista dell’autore.
Però sarà magari che mi sono distratto, ma mi pare proprio di non avere letto neanche un accenno alla riforma della pubblica amministrazione allora strombazzata come epocale, ci sarà una ragione.
Ma dove questo libro cade con il suo autore di copertina è sulla vicenda, questa si epocale, del rovinoso risultato del referendum costituzionale al quale il libro medesimo dedica solo pochissime e confuse parole.
Tralasciamo l’astio verso i costituzionalisti del fuoco amico, ma possibile che Renzi non ritenga di dovere al suo elettorato uno straccio di giustificazione ,un minimo di analisi, un accenno di autocritica?
Ma possibile che questo personaggio sia tanto arrogante e narciso da non aver ancora capito che quei costituzionalisti del fuoco amico erano gli esponenti più insigni della sua cultura e delle sue radici e che se a qualcuno avesse dovuto affidare una riforma costituzionale questi sarebbero stati proprio loro, che non avrebbero certo messo insieme quella indegna paccottiglia in sostituzione del Senato?
L’autore materiale di questo libro cioè probabilmente e come è d’uso il gost writer professionista, è stato abile nel cercare di mantenere coerente l’impostazione di fondo ispirata ,come avevamo detto all’inizio, a una visione tipica dei liberal anglosassoni ai quali chiaramente il Renzi vero si ispira apertamente, anche se come abbiamo visto il libro è un libro di contumelie, rancori e vero odio.
E infatti quando uno però arriva alla fine si dice : ma che c’entra l’alto pensiero liberal con tutte queste polemicucce?
I migliori e sinceri auguri a Renzi che è un giovane comunque brillante, ma dato che non ha saputo né fare autocritica né essere veramente sincero, che si dedichi ad altro, non alla politica, dove possiamo anche fare a meno di lui.