mercoledì 29 aprile 2015

Europa si, ma occorre ridarle un’anima



Renzi è senza dubbio un ottimo piazzista che riuscirebbe anche a vendere i famosi frigoriferi agli Esquimesi e infatti è stato l’unico che si è cimentato nel tentativo di fare apparire come un successo e una grossa novità il vertice europeo sull’immigrazione, che tutti i media hanno giudicato fra il deludente e il fiasco completo.
Quest’Europa purtroppo sta perdendo tutte le occasioni per cercare di darsi un senso.
E’ singolare che la quasi totalità dei governanti europei (quasi tutti di centro- destra) siano terrorizzati di fare cose che potrebbero favorire la propaganda dei partiti e movimenti xenofobi e di destra estrema, che esistono da tempo e che stanno crescendo in ogni paese.
Di conseguenza contraddicono regolarmente l’ispirazione liberale idealmente alta, alla quale i loro partiti storici si ispirano e prendono posizioni che non possano dispiacere alla solita “pancia” della loro opinione pubblica.
Verso i migranti quindi danno una adesione di facciata agli impegni umanitari e di apertura ai richiedenti asilo, perché non potrebbero fare diversamente, dati gli impegni di diritto internazionale che hanno a suo tempo sottoscritto.
Quando c’è da mettere mano al portafoglio, si attengono rigorosamente alle strettissime limitazioni di spesa che hanno imposto a tutti, compresi sé stessi, come se quei principi avessero la sacralità dei dieci comandamenti e qualsiasi cosa succeda.
Sono anni ormai che gli economisti che la pensano diversamente da loro, che sono soprattutto, ma non solo, oltre oceano, come Krugman, premio Nobel e opinionista del New York Times , affermano che la politica europea di austerità è una follia e che occorre cambiare rotta riapplicando le classiche ricette di politica economica Keynsiana di forti investimenti pubblici per trainare l’economia privata.
Ora dopo quasi un decennio di crisi nera ,con relativa stagnazione, parlano con ancora più decisione e autorevolezza, perché le loro tesi sono state validate dalla storia di questi anni : la politica di austerità ha prodotto stagnazione con conseguente disoccupazione e niente sviluppo.
Non serve a nulla rifare quadrare i bilanci in deficit, se questa operazione non rilancia lo sviluppo, perché in questo caso i sacrifici fatti si rivelano vani, inutili.
Niente da fare, sull’ispirazione ideale e sul buon senso, lasciano che prevalga la politica di breve periodo, l’occhio alle elezioni ed ai successi dei movimenti alla loro destra dei quali sentono fortemente la concorrenza.
Il risultato è una rincorsa al peggio, agli egoismi piccolo borghesi.
Manca l’anima. La solidarietà, che non va confusa col vuoto buonismo, ma che consiste in una doverosa visione di lungo respiro.
Una visione di lungo periodo farebbe capire anche al politico più modesto alcuni parametri fondamentali del nostro tempo.
1)- per l’elementare “principio del Bertoldo” dopo quasi dieci anni di stagnazione sarà inevitabile che riappaia la ripresa a livello mondiale
2)-i paesi più sviluppati da anni riscontrano una tendenza demografica costantemente diretta verso il calo delle nascite e l’aumento dell’età della popolazione e questo significa in prospettiva una tendenza alla carenza di mano d’opera.
3)-ne consegue che solo un forte tasso di assorbimento di immigrazione potrà consentire ai nostri paesi di
essere protagonisti della ripesa, che verosimilmente è ormai vicina.
Le considerazioni sopra esposte sono assolutamente ovvie, ma i politici europei hanno paura a raccontare la verità ai loro popoli.
E preferiscono rincorrere sul loro medesimo terreno i partiti xenofobi alla loro destra:
Così fanno una politica cattiva e controproducente, che non è nemmeno nel loro ristretto interesse di partito, perché se l’Europa sempre più senza un’anima non appare appetibile ai cittadini, nel caso in cui i governi si vedessero costretti ad andare a referendum sull’Europa, la loro gente boccerebbe “questa” Europa, ma così facendo porterebbero alla dissoluzione tutto il meccanismo e si tornerebbe alla competizione fra stati nazionali troppo piccoli per contare qualcosa nel mondo di oggi globalizzato.
Se si adottasse una strategia orientata ad una visione di lungo periodo che contempli la solidarietà sociale ed almeno una “politica compassionevole” seguita perfino da W. Bush, si guarderebbe non al 3% di deficit ad al’60% di debito, ma primariamente alle condizioni della gente, che sono sottese a quelle scelte di politica economica.
L’uomo, la persona, visto che il termine compagno non è più di moda, chissà che non si torni al più radicale ed atavico termine fratello.
Pensare al fratello prima che al pareggio di bilancio, diversamente la contabilità corretta non serve a nulla.
Papa Francesco ce la sta mettendo tutta per buttare alle ortiche quante più porpore e ammennicoli di potere e di strapotere possibile, per riportare alla luce i principi di fondo del cristianesimo.
La politica fa tanto starnazzare, ma poi finirà per ridursi a seguire la società.
E’ per questo che i buoni maestri e i leader di opinione, come papa Francesco non si devono stancare di predicare anche quando la situazione appare scoraggiante.

















martedì 21 aprile 2015

Primo : colpire gli scafisti, secondo : occuparsi delle guerre che espellono milioni di disperati, compresi quelli che li pagano per salire sulle loro carrette



E’ un po’ umiliante per la nostra umanità assistere agli onnipresenti talk show televisivi per assistere al solito teatrino che mette in scena Salvini e soci contro Renzi e soci ,allestito anche per trattare problemi di portata ben più ampia dell’Italicum o altre diatribe casalinghe.
Se c’è da parlare delle tragedie del mondo come l’annegamento di migliaia di persone in fuga dalle guerre, ci vorrebbero programmi di informazione televisiva di vero e serio approfondimento, come fa la BBC, France 24H eccetera, ma non Rai,Mesiaset,la7, eccetera.
Dove si vedono reportage di inchiesta e il commento spetta ad accademici o esperti di alto livello, e i politici nemmeno si intravedono.
Per i politici ci sono (poche) tavole rotonde, ma non approfondimento, che è un’altra cosa.
Perché da noi c’è sempre l’occasione per avvertire questo ritardo, rispetto ai nostri cugini meglio attrezzati?
Perché siamo ignoranti o perché non abbiamo soldi?
Assolutamente no, il fenomeno si verifica perché le nostre stazioni televisive dipendono da consigli di amministrazione nominati o posseduti più o meno direttamente dai politici, che si sentono eternamente in dovere di rendere favori al barone di riferimento.
Usciremo mai da questo medioevo dell’informazione?
Per la Rai, per la prima volta si sta parlando di una vera riforma, speriamo bene.
Ma torniamo all’argomento di fondo.
Discutere delle tragedie come quella immane di domenica scorsa usando come canovaccio quello dei talk show non è solo demoralizzante, ma è anche sviante.
Perché ci impedisce di capire realmente quale è il nocciolo del problema.
Per gli schieramenti politici di maniera da una parte cii sono i buonisti ,gran parte del PD, che dicono che anche fossero milioni, dobbiamo accogliere tutti e dall’altra ci sono i duri alla Salvini che dicono che bisogna distruggere i barconi quando sono a casa loro, stoppare i clandestini eccetera.
Va bene è intuitivo che la prima cosa da fare nell’immediato è trova
re vie tecniche umanamente accettabili per bloccare o frenare i traffici impedendo le partenze.
Ma fatta la prima cosa si è solo preso un po di tempo affrontare il problema vero, che non sono gli scafisti, ma la delocalizzazione di milioni di persone a causa di guerre ,delle quali siamo assolutamente disinteressati anche perché ancor peggio informati.
A che serve parlare di scafisti se si trasura il fatto che siamo davanti a una delle più bibliche migrazioni della storia?
Dalla sola Siria gli esperti parlano di una delocalizzazione già avvenuta di 8 milioni di persone, poi c’è la Somalia, l’Eritrea, il Sudan, la Nigeria, l’Iraq e non è finita.
Alla delocalizzazione forzata per guerre in corso, si aggiunge la più “normale” ondata migratoria causata dalle sacche di povertà che affliggono molti paesi emergenti.
Disgraziatamente le proporzioni bibliche di questi fenomeni geo-politici sono dovuti al fatto, confermato dai demografi, che povertà va sempre d’accordo con alti tassi di natalità, anche se la cosa sembra una contraddizione di termini.
E così non c’è la minima probabilità che questi fenomeni possano calare in futuro.
A meno che, invece di blaterare a vuoto e tenere un bel lucchetto sul portafoglio, non ci si decida a tutti i livelli ad occuparsi seriamente del problema.
Della Siria, devastata da una sanguinosissima guerra civile ora degenerata in guerra fra mille frazioni interne e di potentati locali e regionali, nonché di aspetti di guerra di religione, Sunniti contro Sciiti e tutti contro i cristiani, chi se ne occupa?
Della Somalia pure devastata da guerra di fazioni da decenni e da decenni in una situazione di caos, chi se ne occupa?
I poliziotti del mondo, gli americani, dopo i fatti finiti nel film “black hawk down”, relativi all’abbattimento da parte dei guerriglieri locali di elicotteri Usa da combattimento ai tempi di Clinton, se ne sono andati e tanti saluti.
In Libia, dopo il fattaccio dell’assalto imprevisto all’Ambasciata Usa, con relativa uccisione dell’ambasciatore, gli americani se ne sono andati e tanti saluti.
Negli altri paesi caldi dell’Africa, il saggio Obama, abituato a ponderare molto, si rifiuta da tempo probabilmente giustamente di fornire armi pesanti o elicotteri, perché non si fida minimamente degli attuali governanti.
Intanto però Boko Haram e le altre sigle estremiste più o meno collegate con l’Isis stanno facendo i loro comodi ,arricchendosi sempre di più.
Di tutte queste situazioni occorre occuparsi al più presto.
Il problema scafisti è la parte finale di una procedura che ha inizio in Siria, Somalia e tutti gli altri paesi sopra menzionati.
E’ in quelle guerre che non si può fare a meno di mettere il naso, soldi, armi e se necessario soldati.
Papa Francesco, spesso criticato come pecorella sacrificale e imbelle, è forse l’unica autorità mondiale che da tempo cerca di svegliare la politica internazionale parlando esplicitamente di guerra mondiale in atto formata da tutti i focolai che da locali e regionali, arrivano nelle nostre case sotto forma di emigranti forzati in cerca d’asilo.

Occorre prendere coscienza della estrema serietà del fenomeno in corso che è ben lungi dall’affievolirsi.

venerdì 17 aprile 2015

Il genocidio degli Armeni, un problema  serio trattato in modo superficiale



Ci sono avvenimenti storici che riguardano la  vita di un popolo che hanno da  sempre ampia copertura e che quindi sono noti praticamente  a tutti, altri  invece  che stentano  terribilmente ad essere presi  in considerazione e di conseguenza sono poco  studiati e su  di loro per  lo più si dicono e si scrivono  cose approssimative.
E’ antipatico dirlo, però in questi ultimi casi, la colpa non è quasi mai di un  ipotetico “fato”, ma è quasi sempre dei popoli  interessati.
Il genocidio armeno, perpetrato nel 1915 è un esempio emblematico di fatto di per sé eclatante, ma quasi  ignorato, perché poco noto e poco noto perché gli stessi  Armeni, spiace dirlo, hanno fatto pochissimo per metterlo  sotto i riflettori della storia.
Questa  impressione, che ho sempre  avuto sull’argomento, e che avevo riportato in diversi precedenti articoli su questo blog , è stata confermata da un articolo apparso due giorni fa su Repubblica a firma di  Nadia Urbinati, politologa che insegna scienze politiche alla  Columbia University di New York, e che riporta quanto Antonio Gramsci aveva commentato in proposito.
La cosa è di grandissimo interesse, non solo perché si  tratta del parere di uno dei massimi intellettuali italiani, ma  soprattutto perchè Gramsci è stato per ragioni di età ,un testimone dei fatti in questione.
Ebbene, dai brani gramsciani riportati dalla Urbinati  si ricava quasi lo stupore di Gramsci stesso per il fatto che quel popolo  non ha ritenuto o non è stato capace di comunicare col resto del mondo.
Gramsci scriveva in un articolo del 1916 che perché un fatto ci tocchi e ci commuova è necessario che riguardi gente che ci è vicina geograficamente, e della quale abbiamo sentito parlare ,in modo che così entri “nel cerchio della nostra umanità”.
Perché qualcosa venga percepita come vicina, abbiamo bisogno di averne notizie, diversamente rimaniamo indifferenti.
Gli Armeni hanno avuto il torto storico di non essersi fatti conoscere, e  di conseguenza la tragedia che li ha colpiti non ha suscitato niente di più di una generica pietà.
Così non è mai scattata né allora né dopo quell’empatia capace di far sentire quei fatti loro come fatti nostri.
Se io  personalmente ho conoscenza e mi sono documentato sul genocidio degli Armeni è solo perché il caso ha voluto che avessi una parente stretta di origine armena, diversamente, non ne saprei praticamente nulla.
E ricordo che quando quella mia parente mi raccontava quelle vicende, mi veniva da pensare : ma come mai questo popolo martoriato non ha saputo reagire e non ha utilizzato i decenni successivi a quei fatti tragici per costruirci sopra la propria riscossa?
Rimanendo in quella regione,  mi veniva da  pensare alla vicenda dei Palestinesi, anche loro strappati e sradicati dalle loro case e dal loro paese.
Però che reazione che hanno avuto, hanno creato un movimento anche armato, Al Fath ,si sono scelto un capo come era Yasser Arafat, che aveva saputo anche troppo apparire per decenni sulle prime pagine dei giornali per fare in modo che nessuno potesse fare a meno di pensare alla causa palestinese.
Gli Armeni, purtroppo  per loro, non hanno fatto niente di tutto questo e quando la storia ha dato loro l’occasione della grande rivincita nella la guerra locale con i vicini dell’Azerbagian  per mettere le mani sul petrolio, non erano preparati né militarmente, né prima ancora spiritualmente e psicologicamente per impegnarsi allo spasimo per sfruttare la loro grande occasione e l’hanno persa.
Hanno subito quello che sappiamo, ma guai a fare seguire a un’ingiustizia, per quanto grave, l’atteggiamento di piangerci sopra e dimostrarsi incapaci di reagire.
Sempre rimanendo in quella regione non parliamo dei Kurdi.
Oggi tutti li conoscono e sanno cosa vogliono.
Gli Armeni la gente non li conosce e non sa cosa vogliono al punto che lasciano pensare di non  volere nulla, e cioè che si accontentino del fazzoletto di terra nel quale vivono.
E’ singolare questa incapacità di reazione, quando il popolo che viene a loro accostato più di frequente, gli ebrei israeliani , per l’ovvia ragione che loro hanno subito l’olocausto più scioccante della storia contemporanea, sono proprio la dimostrazione del fatto che per ottenere qualcosa occorre reagire e combattere.
Al  punto che i primi coloni del movimento sionista, consci dell’errata e controproducente immagine che la gente si era fatta dell’ebreo pecorella sacrificale, debole e imbelle, dopo la shohà, hanno stabilito l’obbligo per i seguaci del movimento di seguire corsi di educazione fisica proprio per dare l’immagine di un uovo tipo di ebreo.
Questo fatto è significativo.
La non conoscenza con la conseguente non partecipazione alla vicenda del loro genocidio, fa sì che ancora oggi che si celebri il centenario in mezzo agli equivoci.
Quando non c’è chiarezza, ci salta subito dentro la politica, ognuno tira acqua al proprio mulino e la situazione diventa ancora più oscura.
Si veda l’equivoco sull’atteggiamento della Turchia.
La Turchia non nega affatto che in quei mesi del 1915 i fondatori del loro paese abbiano perpetrato il massacro di un numero enorme di Armeni, cacciandoli dalle loro case e costringendoli a una lunga marcia senza rifornimenti, fatta apposta per farli morire strada facendo.
Addirittura Erdogan si era spinto di recente ad evocare quei fatti ed a chiedere scusa.
Quello che l’attuale governo turco contesta è il numero delle vittime, generalmente riportate (un milione) che viene giudicato per lo meno doppio del reale, sostenendo quel governo che a quel tempo vivevano in Turchia solo proprio mezzo milione di Armeni.
Contestano poi l’uso del termine olocausto, che vuol significare la volontà di estinguere un popolo, ma usano loro stessi i termini analoghi di massacro, sterminio di massa, eccetera.
Questa però è l’ennesima conferma del fatto che i politici è bene che facciano i politici e che gli storici facciano gli storici.
Non sono né i governi, né i parlamenti, né le organizzazioni internazionali che si possono arrogare il lavoro e le conclusioni (sempre provvisorie) che spettano al rigoroso lavoro degli storici.
Detto questo è ovvio che giudico poco sensate le deliberazioni di consessi politici per denominare quello armeno un genocidio invece che uno sterminio di massa.
La differenza, se si ragiona pacatamente e con un po’ di buon senso è solo politica.
Spiace che il Papa si sia trovato invischiato in questa questione di lana caprina, facendo una dichiarazione che aveva un senso in tutto un contesto, ma che usata da lui  probabilmente in modo imprudente in questa situazione di grande confusione sui termini del problema, ha fatto sì che i media di tutto il mondo abbiano convinto i lettori che le intenzioni del papa fossero ben diverse da quelle che e non potevano essere altrimenti : invitare alla concordia , non certo alla polemica e all’odio, per di più retrospettivo.
Non è un caso che il Segretario di Stato Parolin, il giorno dopo si sia dovuto premurare di precisare quale era la reale intenzione del papa, ma il danno ormai era fatto.
Se si va a rileggere quel discorso del papa si vede in modo lampante che alla   citazione del termine “olocausto” seguiva una esortazione ovvia a superare gli orrori del passato.
Il papa ha detto chiaramente che la gente deve rendersi conto che i Turchi di oggi non sono i Turchi di ieri e comunque sarebbe insensato e folle ritenerli responsabili degli errori dei loro padri o nonni.
Così come gli Armeni di oggi non sono autorizzati a coltivare  alcun odio per il popolo turco di oggi, che non c’entra nulla con quello di un secolo fa.
Di qui le basi serie per la susseguente esortazione a parlarsi ed a costruire un futuro di concordia.
Perché mai il papa avrebbe dovuto essere tanto sciocco da voler suscitare una polemica politica proprio in un momento nel quale brucia sempre più viva la brace delle guerre di religione e i Turchi sono a pochi mesi da elezioni nazionali?
Qualcuno in Vaticano ed alla Segreteria di Stato non è  stato certo professionale e diligente nell’informare il papa della situazione e gli ha reso un pessimo servizio.
Sembra di essere  tornati alla scivolata di papa Ratzinger nell’infelice discorso di Ratisbona.




mercoledì 15 aprile 2015

Salvini e Grillo : attenti a quei due, se con un po’ di fantasia decidessero di coalizzarsi verrebbero fuori dei bei numeri



Il prode Mentana nel suo telegiornale del lunedì, come sa chi lo segue riporta regolarmente l’aggiornamento del sondaggio di opinione sulle intenzioni di voto.
Ebbene, da quei sondaggi si apprende che il Pd di Renzi è da qualche tempo in discesa costante.
Forse non potrebbe essere diversamente tanti e tali sono gli episodi di sistematica corruttela che vengono alla luce con uomini del Pd nella veste di principali indagati.
Per di più, Renzi, archiviato il “job Act”, che praticamente è stata l’unica riforma andata in porto in quest’anno, continua a raccontare favole ma non porta a casa nulla di concreto.
Comunque uno la pensi sulla bontà o meno del suo governo e della sua durata, si è quindi costretti a prendere in considerazione, l’ipotesi che Renzi possa non farcela a durare.
Quali contorni avrebbe un ipotetico “dopo Renzi”?
Mi rifiuto di pensare che Berlusconi possa avere un qualunque ruolo in un tale scenario.
Ormai il leader del centro- destra è Salvini, non è più Berlusconi.
Se rimaniamo ai sondaggi sopra menzionati, vediamo che la coalizione del centro- destra sta erodendo la distanza che la separa dal centro- sinistra.
Era di ben 10 punti e quindi insormontabile alcuni mesi fa, ma oggi è scesa a soli 5 punti e cioè se la tendenza non si inverte, il centro-sinistra comincia ad essere a rischio.
E’ chiaro a tutti però che l’area del centro- destra è al momento la più disastrata.
Berlusconi non ne azzecca più una e la sua leadership su Forza Italia è penosamente messa in discussione, ogni giorno.
Salvini è costretto a stipulare qualche patto elettorale con Berlusconi per cercare di salvare il salvabile in regioni una volta sicurissimamente leghiste come il Veneto.
Ma è chiaro che non solo non esiste alcuna simpatia fra i due, ma che Salvini medesimo avverte benissimo come ormai il nome di Berlusconi faccia più danno che altro.
Con Fratelli d’Italia della Meloni, le cose vanno meglio, oltretutto la giovane età della Meloni e di Salvini fanno intravedere a quell’elettorato un rinnovamento in atto.
Con Alfano le cose invece vanno malissimo, è noto che Salvini quando deve parlare di Alfano passa immediatamente agli insulti senza alcuna reticenza, e quindi è dura includere in una ipotetica coalizione di centro- destra l’Ncd di Alfano coi suoi cespugli centristi dell’UDC.
Quindi la somma dei voti dei partiti che si riconoscono nel Centro- destra non fanno una effettiva coalizione politica.
Come del resto nell’altro campo è pura teoria sommare ai voti del PD, quelli di Vendola (Sel) o di Rifondazione, dato che sono più le volte che si sparano contro di quelle che vanno d’accordo su qualche cosa.
Ed allora tutto questo significa che il panorama politico è cambiato profondamente.
Ora si ragiona non più su centro- sinistra contrapposto al centro – destra, ma su Renzi ed il suo partito personale contro Salvini ed il suo partito personale.
Nel nuovo scenario però c’è il terzo incomodo, del Movimento 5Stelle, che ha una forza elettorale vistosa (oltre il 20%, quando Salvini, se pure in costate ascesa arriva al massimo al 15%) , anche se mal gestita e incapace di farsi pesare per i voti che ha.
Renzi ci ha provato a incontrarsi coi 5Stelle, ma continua a schifarsi a condurre battaglie che possano comportare accordi politici palesi con loro.
Ha preferito a suo tempo l’accordo del Nazareno con un personaggio squalificato e impresentabile come Berlusconi.
Difficile trovare delle ragioni sensate a supporto, se non un calcolo di puro potere molto arrischiato e con più che probabili clausole sugli affari di Berlusconi del tutto indigeribili per l’elettorato del Pd.
Poi è saltato tutto nella corsa al Quirinale per un autogol di un Berlusconi ormai decotto.
Per i 5Stelle di conseguenza si prospetta o una continuazione di una permanenza in un assurdo frigorifero politico in perfetto isolamento o accettare la dura realtà dei fatti, che spinge insieme chi è contro Renzi.
C’è quindi una logica di fatto che porta ad attrarre Salvini e i 5Stelle.
E’ una logica non decifrabile e assurda se si adottano i vecchi canoni di giudizio.
Ma che ha un senso ed anche chiaro se si utilizzano i nuovi parametri dei partiti personali.
Oltre tutto anche adottando i vecchi parametri si potrebbero trovare sostanziosi elementi di convergenza su punti programmatici comuni ai due movimenti.
Salvini e Grillo sono in modo incontrovertibile le due maggiori forze politiche più ostili all’Euro ed alla attuale gestione della politica europea.
Hanno tutti e due un occhio di riguardo per il popolo delle partite Iva.
Hanno tutti e due particolare attenzione per le reazioni negative che gran parte della popolazione nutre per la presenza di un numero crescente di immigrati con tutte le conseguenze annesse e connesse.
I 5Stelle sono il partito dei giovani.
Qui Salvini è deboluccio, ma non è tagliato fuori come ad esempio Forza Italia, ha una classe dirigente mediamente giovane e potrebbe anche convergere sull’idea chiave dei 5Stelle relativa al reddito di cittadinanza.
L’idea della “flat Tax” cioè dell’aliquota unica portata avanti da Salvini potrebbe trovare la convergenza dei 5Stelle.
Sballata o meno che sia sul piano pratico, è chiaro che politicamente basterebbe questo punto programmatico per attirare i voti di tutti gli imprenditori e di tutto il lavoro autonomo.
Si tratta indiscutibilmente di due formazioni “antisistema”.
Questo significa che non sono giudicabili coi criteri tradizionali destra- sinistra, perché sono trasversali, più i 5Stelle, ma lo sta diventando anche la Lega, da quando è sempre meno la Lega e sempre più il partito nazionale di Salvini.

In politica la forza della “realpolitique” finisce quasi sempre per imporsi e di conseguenza a un certo momento potrebbe benissimo strutturarsi quello che è già l’unico schieramento credibile anti- Renzi : Salvini e Grillo insieme, i numeri ci sarebbero, e i numeri contano moltissimo. 

giovedì 9 aprile 2015

Il Saladino ci minaccia di nuovo e noi per lo più straparliamo e non facciamo nulla



La strage degli studenti cristiani del campus universitario di Garissa, nel nord del Kenya perpetrato dai fanatici islamisti del gruppo Shaab (giovinezza) costringe a ritornare pochi giorni dopo all’articolo del 26 marzo scorso, dedicato alla strage di turisti occidentali al museo di Tunisi, sullo stesso argomento.
Non perché si è ripetuto lo stesso tragico scenario, ma perché i nuovi commenti dei mezzi di informazione hanno ribadito quanto siamo culturalmente impreparati a far fronte all’offensiva del fondamentalismo islamico.
I giornali da quelli ispirati alle culture politiche di destra a quelli di opposta ispirazione culturale hanno dato nuovamente la sensazione di quanto si stia ancora annaspando nel buio o peggio di quanto anche i più qualificati commentatori siano ancora alla fase di macinare vecchia aria fritta, confezionando pezzi che riportavano tesi talmente deboli da non convincere nemmeno i loro autori.
Questo succede non perché la nostra stampa non abbia editorialisti di valore o perché siamo tutti rincitrulliti, ma perché ,crisi economica a parte, ci eravamo tutti illusi di vivere ormai alle soglie di quel mondo migliore possibile descritto dal Candido di Voltaire.
La globalizzazione o la mondializzazione , cioè il fenomeno per il quale anche chi non si muove mai dal suo paese, si accorge di essere investito da un fenomeno per il quale il mondo esterno, anche quello considerato più esotico, ha ormai molti modi per entrare in casa sua.
Si pensi al fenomeno eclatante delle badanti o comunque al fenomeno della massiccia immigrazione in Italia di extra-comunitari.
Basta mettere il naso fuori di casa per incontrarne quanti se ne vuole, provenienti da tutte le latitudini e portatori di tutte le culture, fedi, usanze.
Constatato che questo fenomeno, dopo non poco sconcerto iniziale non ci creava alcun serio problema, ma tutt’al più ci risolveva problemi ingenti, come la cura dei nostri anziani o dei nostro bambini e ci procurava mano d’opera volenterosa e con poche pretese, siamo stati portati a illuderci che il mondo ormai si fosse stabilizzato a un livello di convivenza mondializzato.
Tutti fratelli senza problemi.
Tutti multiculturali disposti a convivere pacificamente con le altre culture e con le altre fedi.
L’affermarsi del presunto califfato di Iraq e Siria ,voglioso di conquistare e sottomettere il mondi intero alla Saharia ci è arrivato addosso come una doccia fredda.
Il risultato non è stato una reazione violenta, uguale e contraria, come capita spesso, ma una ricerca di minimizzare e allontanare da sé il problema.
Basta andarsi a leggere i brodini insipidi, alternati a camomille, confezionati dai nostri giornali il giorno dopo ai tragici fatti del Kenya.
Il Corrierone chissà perché non ha saputo fare di meglio che ricorrere all’ormai anziano e spompato Vittorio Messori, penna di punta del cattolicesimo tradizionalista e militante dei tempi di Woytila di Ruini di Don Giussani e dell’Opus Dei, dalla quale è stato da tempo fulminato.
Il suo articolo- commento è riuscito il meno entusiasmante e convincente di tutto il pur mesto panorama.
Quando uno si compiace della presunta fecondità dello spargimento del sangue dei martiri lascia poco o nessuno spazio alla discussione, si chiude nella auto-celebrazione del suo mito cristiano e buona notte, come se fossimo in pieno medio evo quando la cristianità aveva una latitudine universale.
Nella visione di Messori la storia non ha lasciato tracce, del cristianesimo vede solo la sua presunta mitezza, come se i seguaci del Califfo- Saladino di oggi non si comportassero con la stessa ferocia a suo tempo usata dagli imperatori “cristiani” alla Carlo Magno ,dei crociati, indottrinati dai papi dell’epoca, dalle guerre di religione, sempre attizzate da papi poi perfino canonizzati, come Pio V, delle guerre coloniali eccetera eccetera.
Anzi la storia non ha alcuna rilevanza né incidenza se arriva a scrivere che globalizzazione e mondialismo sono utopie vane perché “per ogni paese e ogni popolo in realtà è avvenuto e avverrà, ciò che sempre historia docete” è avvenuto e avverrà”
Linguaggio arcaico e apocalittico per dire che non cambierà mai nulla nella sostanza, i popoli rimarranno sempre divisi dai loro nazionalismi, costumi e religioni autoctone.
E’ perfino sorprendente rileggere oggi parole così lontane anni luce dalla realtà e dalla esperienza di tutti giorni.
E il papa naturalmente in quanto capo di una chiesa tutta mitezza deve essere prudente esattamente come lo fu Pio XII, secondo Messori.
Sono concetti da brivido, che ci riportano non a Pio XII, ma al Pio IX del Sillabo e della lotta frontale alla modernità.
Qualcosa di un po più sensato è venuto da quanto ha scritto Vito Mancuso su Repubblica.
Con Mancuso almeno siamo nel mondo moderno e la storia c’è stata ed è in atto.
Mancuso rovescia proprio il discorso di Messori e comincia parlando dei secoli e secoli nei quali la croce era il simbolo della potenza dei vincitori e dei padroni del mondo, che usavano eccome la spada per difendere e imporre l’altare.
Altro che il cristianesimo religione di mitezza.
Ma se le cose sono andate così, come mai oggi sembra di essere ritornati alle persecuzioni delle prime comunità cristiane? Si chiede Mancuso.
Forse perché il cristianesimo non è percepito come la religione di Gesù, ma come la religione dell’Occidente.
E allora, che fare? Dobbiamo chiederci di come non lasciare sole le comunità cristiane perseguitate.
Non è un invito a prendere le armi, è solo un appello generico e forse un po’ timido, data la situazione, ma è almeno un incontrovertibile invito all’azione.
Di tutt’altro tono è il discorso di Vittorio Feltri sul Giornale di Berlusconi.
Qui siamo nel mondo moderno, ma purtroppo visto solo sotto l’aspetto della politica strettamente di parte.
Non c’è alcuno sforzo di analisi appena appena culturale.
Come è costume della destra si pensa di riscuotere consensi volando basso e rimanendo nel campo della più piatta semplificazione di problemi complessi.
E’ tutta una guerra di religione, i musulmani ci vogliono tutti morti perché non professiamo la loro fede. E questo purtroppo non è semplicismo, ma è la pura realtà.
Il problema è che non si va oltre e non si sanno proporre né analisi né indicazioni.
E’ al limite del ridicolo dire che è tutta colpa della sinistra al caviale che apre i cancelli a tutti, come se ci fosse un nesso accertato fra disgraziati che sbarcano a Lampedusa e i Jihadisti oggi in azione.
E’ ignobile semplicismo ,intriso di ignoranza completa dell’argomento sul quale si pontifica dare letteralmente del cretino al teologo Mancuso, additato fra gli ispiratori della sinistra al caviale.
Dire questo significa non avere mai letto nemmeno una riga dei libri o trattati di teologia di Mancuso e questo Feltri non può permettersi di farlo, per compiacere alla buona il suo pubblico, contando sul fatto che questo, sia ancora meno informato sul pensiero teologico di Mancuso.
E' probabile che Feltri confondesse Mancuso con i teologi della teologia della liberazione, quando invece il nostro ha scritto solo di teologia fondanentale.
Per scrivere quello che ha scritto, Feltri poteva anche risparmiarsi la fatica.
E' poi risultato abbastanza argomentato l'articolo che Galli della Loggia ha pubblicato sul Corriere, qualche giorno dopo i fatti del Kenya.
Galli parte molto male, ma arriva bene.
Cioè parte da quelli che a mio avviso sono gli argomenti più disastrosi per affrontare il problema, quelli dell’identità etnica, nazionale, religiosa, che noi occidentali trascureremmo erroneamente, per concludere però con un argomento molto sensato : decidiamoci per lo meno a metterci dei soldi per assistere i fratelli cristiani strappati dalle loro case e ora ridotti in campi profughi con condizioni di vita terribili.
Abbiamo speso cifre ingenti per l’operazione Mare Nostrum, degna fin quanto si vuole, ma non sappiamo dare una mano ai nostri correligionari (almeno in senso culturale) perseguitati, questo comportamento è assurdo dice Galli.
E’ un pressante invito all’azione che viene sulla base della logica più elementare.
Concludiamo infine con il commento del giornale confessionale per eccellenza, Avvenire della Conferenza Episcopale Italiana.
L'editoriale di Fulvio Scaglione è preciso e puntuale nel segnalare l'ampiezza della persecuzione dei cristiani, citando le statistiche del Pew Center, che è il più accreditato istituto demoscopico americano sui fenomeni religiosi : 139 paesi, corrispondenti al 75% delle nazioni riconosciute, discriminano i cristiani.
Scaglione, diversamente da Messori, non teme di dire finalmente la verità su quanto questa persecuzione sia di matrice in larga prevalenza islamica : 41 paesi su 50 dei più pericolosi sono islamici.
Invita infine a considerare questa come la vera emetgenza del nostro tempo.
Purtroppo però non accenna nemmeno ad alcuna azione pratica.
E' un po poco.
Visti gli argomenti usati dai maggiori commentatori, emergono alcune considerazioni:
-c’è ancora un atteggiamento di confusione e di sorpresa, tipico di quando qualcuno viene preso in contro-piede dagli avvenimenti della storia.
Si tratta di avvenimenti terribili e tragici che non avevamo minimamente previsto e quindi fatichiamo anche troppo a farcene una ragione e tendiamo a minimizzare e far finta di non vedere per non essere costretti a pensare a come reagire con delle azioni concrete.
-c’è l’invito degli osservatori della destra e della tradizione religiosa a dare assurdamente la colpa di tutto a chi ha creduto nella bontà della globalizzazione , del multiculturalismo, di un mondo plurale che avrebbe tutto l’interesse a vivere in pace, convergendo su acquisizioni culturali comuni e universalistiche.
E’ sorprendente che intellettuali del calibro di un Galli della Loggia si lascino trascinare dalla reazione emotiva all’orrore della barbarie a dare credito alle vuote sirene della destra classica a favore della riscoperta delle “radici” e dell’ “identità”, che altro non sono che nazionalismi, etnie, religioni tradizionali.
Contrapporre shaharia a shaharia che senso ha?
Per combattere efficacemente l'Isis occorrerebbe scadere al suo livello ideologico-culturale?
E' comprensibile che un intellettuale di livello come Galli finisca per essere infastidito dal buonismo ideologico imperante che vuole vedere solo rose e fiori e reagisca facendoci sopra dell'ironia, ma una cosa è denunciare giustamente la pericolosa inettitudine della “sinistra al caviale”, un'altra è dichiarare persa in anticipo la battaglia della modernità, della globalizzazione e del progresso verso traguardi culturali condivisi.
Se poi dalle culture ci spostiamo alle religioni occorre riconoscere che non ci sono religioni buone e religioni cattive.
Ma per arrivare a questa affermazione occorre ragionare sulla base della cultura moderna, vitalizzata dall’illuminismo, che rifiuta ogni dogmatismo ed ogni fondamentalismo.
Allora occorre anche riconoscere che tutte le religioni sono cattive nella misura nella quale pretendono di essere le uniche portatrici della unica verità, ricevuta da un'unica vera rivelazione e che quindi tutte le altre sarebbero religioni false.
Facciamo attenzione che questo tipo di affermazione in base alla quale, per esempio, il cristianesimo sarebbe la unica religione vera, perché portatrice della unica verità rivelata vera, non appartiene al medio evo , ma era abitualmente ripetuto anche da papa Ratzinger, solo ieri ,e che nemmeno papa Francesco dice chiaramente il contrario.
Il dato di fatto incontrovertibile dimostrato in tutto il corso della storia è che le religioni portano naturalmente alle guerre di religione, tanto che le hanno suscitate per secoli e secoli.
Per avere la pace c’è un solo antitodo : ispirarsi all’illuminismo, cioè al riconoscimento del valore relativo delle religioni.
La strada per combattere il fondamentalismo è molto più in salita per gli islamici, ma non è certo tutta in discesa nemmeno per i cattolici.
Questo sul piano teorico-culturale.
I commentatori che abbiamo sopra citato, queste riflessioni però non le hanno fatte e non le hanno nemmeno accennate, e la cosa non è un buon segno, perché non è certo indice di chiarezza di idee sull’argomento.
Passando dal piano teorico- culturale al piano pratico, è singolare che nemmeno i commentatori di destra dichiarata, abbiano il coraggio di dire chiaramente che una minaccia come quella del nuovo Saladino si può combattere solo come si è a suo tempo combattuto il vecchio Saladino, e cioè con le armi, l'esercito e la flotta (allora l’aviazione non c’era ancora).
Il teologo Mancuso accenna a un se pure timido invito all’azione, che è sempre meglio della invocazione pia, ma vuota di senso, alla presunta fecondità della dispersione del sangue dei martiri, avanzata da Messori.
Galli della Loggia, almeno, propone chiaramente un' azione di solo carattere umanitario, che però è una indicazione chiara, ben argomentata e doverosa, se pure colpevolmente tardiva.
E lo fa con un invito diretto al Presidente del Consiglio, che tanto ci tiene a passare per decisionista, ma che su questo argomento sonnecchia o non sa che pesci pigliare. Cominciamo a fare almeno quello, anche se è tragico dover constatare che per mettere in atto semplici aiuti umanitari mirati ai cristiani perseguitati occorrerà, a quanto pare, aspettare ancora che altri poveri disgraziati vengano sgozzati o malamente giustiziati, senza riflettere sul fatto che fra di loro la lotteria del caso potrebbe mettere anche uno qualsiasi di noi.
Per mandarci un esercito, poi, non so cosa dovrà succedere.


mercoledì 1 aprile 2015

Siamo alle solite : comincia la stagione delle tasse che ci regala la fregatura del 730 precompilato




Renzi viene accettato ormai più per stanchezza che per entusiasmo, ma non può permettersi di eccedere in manifestazioni di puro populismo, come è la presa in giro del 730 precompilato.
Avere i capelli bianchi procura diverse conseguenze spiacevoli ,ma almeno  consente di avere archiviata nella memoria una documentazione più vasta di quella a disposizione dei più giovani.
Ebbene nella mia memoria è archiviato visivamente il “modulo Vanoni”, cioè l’antenato del 730, che arrivava con precisione svizzera nelle cassette della posta di tutti gli italiani dalla fine degli anni ’50 in poi insieme alle prime rondini.
Di conseguenza quando si è cominciato a parlare del 730 precompilato, davo per scontato che sarebbe tornato nelle cassette della posta, come si converrebbe in un paese rispettoso del contribuente- cittadino.
Ma figuriamoci, neanche per sogno, troppa grazia!
Quando mai lo stato si pone al servizio del cittadino cercando di fargli almeno la .piccola cortesia di recapitargli comodamente a casa il modulo della tassa sul reddito, come pare si faccia nel resto del mondo sviluppato?
Niente da fare.
I nostri governanti, che infarciscono i loro discorsi di pessime citazioni inglesi spesso usate a sproposito o con pronunce penose, fingono di non sapere che a causa della loro insipienza il paese che governano non dispone di una “banda larga” appena decente, cioè di una velocità dei servizi internet confrontabile almeno con quella dei nostri cugini europei.
Fingono ancora di non sapere che la percentuale di italiani che giornalmente accedono al Web è la più bassa d’Europa.
E così fingendo impongono a tutti l’uso del “730 precompilato” da scaricarsi obbligatoriamente dal sito delle finanze, beninteso dopo essersi sobbarcata l’abituale via crucis della richiesta del Pin.
Ma attenzione del Pin delle finanze, che è ben diverso sa quello dell’Inps.
Il governo infatti è ben consapevole del fatto che la maggior parte degli italiani sono persone d’età, abituali “smanettoni” che fanno gare di velocità nell’uso della tastiera del  PC, come un tempo nelle scuole per “ragiunat”  e “segretarie d’azienda” si facevano le gare di velocità  nella scrittura commerciale abbreviata denominata stenografia.
Ora, che l’idea del 730 precompilato fosse una forma di “presa per i fondelli” del contribuente era bastanza intuitivo, perché non si vede come l’amministrazione finanziaria possa conoscere in anticipo le  spese che il contribuente ha accumulato  l’anno precedente e che possono essere detratte.
Quindi era dato per scontato che quel modulo avrebbe avuto precompilato solo il frontespizio, contenente in pratica solo i dato del Cud, cioè dei redditi da lavoro dipendente  o da pensione dell’anno precedente.
Caspita!, ma almeno , pur essendo un mezzo servizio, mal pensato all’origine, uno si aspettava che  il famoso modulo comparisse nella cassetta della posta.
Invece no.
Invece i poveri commercialisti ,già imbufaliti delle novità portate, della demenziale stagione fiscale dell’anno precedente (Tari, Tasi Ici  e via dicendo) , ora dovranno comunicare agli sconcertati clienti, che per poter fare il loro lavoro abituale, i clienti medesimi si dovranno presentare presso il loro studio per firmare una delega formale  al commercialista medesimo che lo autorizzi a scaricare il 730 precompilato dal sito delle finanze per conto del cliente.
Pura perdita di tempo e il tempo è notoriamente denaro.
Una corvè in più  significa conto più salato da pagare per il contribuente sia che si rechi dal commercialista di fiducia, sia che si rechi a un Caf  dei sindacati.
Conclusione : più burocrazia, più tempo perso, più soldi da pagare.
E le tasse di fatto aumentano invece che diminuire.
Un capolavoro di insipienza.